Persia
A cura di Karim Julius Hassan Alizadeh Haghighi
PERSEPOLIS LA CITTA' PERDUTA
Le rovine dell'antica città imperiale di Persepoli si trovano a circa 50 chilometri a nord di Shiraz,
città dell'Iran. Riconosciuta tra i patrimoni dell'umanità UNESCO nel 1979, Persepoli rappresenta
uno dei siti archeologici tra i meglio conservati al mondo: la città, che è stata abitata per oltre due
secoli, presenta elementi come scalinate, parapetti e pavimenti in ottimo stato di conservazione, così
come gli utensili di pietra dei palazzi, che sembrano non essere mai stati usati.
Il complesso è stato riportato alla luce grazie ad un'opera di scavi compiuta negli anni '30 del
novecento.
Costruito a partire dal 520 a.C., sotto la guida del re Dario I, i lavori proseguirono per quasi
settant'anni, ma furono interrotti a causa dell'invasione achemenide da parte di Alessandro Magno
avvenuta nel 330 a.C., che rase al suolo la città.
Capitale dell'antica Persia, la città di Persepoli è stata realizzata con lo scopo di ospitare le
delegazioni straniere che vi si recavano in visita ed è ricca di palazzi regali decorati con
bassorilievi, di sculture e di tesori.
Tra gli interessanti esempi architettonici che si possono osservare all'interno di questo sito, troviamo
il Palazzo dell'Apadana, il Palazzo delle cento colonne (conosciuto anche come la Sala del
Trono), i palazzi dei re Dario e Serse e il Tesoro, una specie di magazzino utilizzato per raccogliere
e custodire i tributi che affluivano in città.
Il più grande e magnifico degli edifici del complesso è il Palazzo dell'Apadana: costruito al di sopra
di una terrazza in pietra, in posizione sopraelevata rispetto alla città, si compone di una grande corte
centrale delimitata da decine di colonne, (di cui oggi ne restano ancora 13) che si innalzano al di
sopra di basi a forma di fiore di loto capovolto.
Le decorazioni in bassorilievo raffigurano: scene di festa e cerimonie a cui partecipavano i
rappresentanti delle nazioni, processioni, doni, carri trainati da cavalli e divinità zoroastriane,
quando ancora l'invasione araba portatrice della religione islamica era lontana a venire.
Data la sua grandiosità, il palazzo era dedicato ad ospitare le grandi celebrazioni.
Di notevole attrattiva è anche il Palazzo delle cento colonne le cui pareti mostrano bassorilievi
raffiguranti i vari re in combattimento; la sala è ricca di lampade e presenta anche sculture di
animali.
Dietro l'Apadana troviamo il palazzo di Dario, a pianta rettangolare con una corte centrale
colonnata. Il palazzo è decorato da rilievi che mostrano scene che hanno come protagonista la figura
del re.
Simile a quello di Dario, ma grande il doppio è il palazzo di Serse, nel quale si trovano due grandi
iscrizioni del re sui lati est e ovest.
L'IMPERO ACHEMENIDE
Dinastia del primo impero persiano, detto anche achemenide dal nome del capostipite Achemene. Il
loro impero si estese dall'India nordoccidentale e dal fiume Jaxartes (Syrdarja) al Mar Egeo e
all'Egitto, unificando in un'unica organizzazione statale la massima parte del mondo civile fra i sec.
VI e IV a. C. La potenza del clan degli Achemenidi, appartenente alla tribù persiana dei Pasargadi,
ebbe inizio con Ciro II il Grande e fu riaffermata e consolidata da Dario I; prima di Ciro, re di
Anšan, gli Achemenidi erano stati vassalli del regno dell'Elam e poi dei Medi. Con Dario I,
succeduto al figlio di Ciro il Grande, Cambise, dopo un periodo oscuro di lotte intestine, salì al
trono un altro ramo della dinastia, discendente anch'esso, tuttavia, dal re Teispe, figlio di Achemene.
Dopo Dario I altri nove sovrani salirono al trono, fino a Dario III Codomanno cui Alessandro
Magno strappò il regno nel 330 a. C. Con gli Achemenidi il mondo iranico si impose come
protagonista della storia e il Vicino e il Medio Oriente, strettamente congiunti, vennero a un
contatto diretto e profondo con la civiltà ellenica. Sullo sfondo protostorico delle manifestazioni
artistiche dei popoli nomadi (Medi, Cimmeri, Sciti e Persiani), insediatisi sull'altopiano iranico nei
primi secoli del I millennio a. C., si matura e prende consistenza l'arte achemenide (550-330 a. C.),
che si arricchisce attraverso i vari contatti con i Paesi dell'Oriente antico (Assiria, Elam, Babilonia,
Urartu). Combinati a questi rapporti con le civiltà toccate dal mondo classico, attraverso i traffici
mercantili con le colonie greche sulle coste del Mar Nero, si innestavano gli apporti provenienti
dall'Est, ove fiorivano le culture dei nomadi dell'“Iran esteriore”. L'aspetto più caratteristico dell'arte
achemenide è quella sintesi stilistica a cui perviene mediante l'elaborazione delle arti protoiraniche
e di quelle delle civiltà vicine. L'originalità dell'arte achemenide si rileva nell'equilibrio di
interpretazione e fusione di tanti elementi diversi, senza tuttavia alterare quelle possibilità di
individuazione che consentono di risalire alle fonti originarie. L'esperienza costruttiva e urbanistica
degli Achemenidi ha origine dall'insediamento dei Persiani nella loro prima capitale di Masgid-i
Sulayman (sec. VIII-VII a. C.), costruita su una terrazza artificiale cinta da mura, secondo le
caratteristiche dei borghi fortificati suggerite dai Medi attraverso modelli di origine urartea. Questo
basilare concetto informatore impronterà di sé le future città imperiali di Pasargadae (che è la prima
capitale dell'Impero achemenide fondata da Ciro tra il 559 e il 550 a. C.), Persepoli (sorta nel 518 a.
C. sotto Dario) e Susa (capitale invernale voluta da Ciro) , dai favolosi palazzi costruiti con largo
impiego di materiali e manodopera di provenienza straniera. Le caratteristiche dell'architettura
achemenide e la precisa disposizione degli edifici sono già codificate nello schema di Pasargadae:
porta trionfale, apadāna (o sala di udienza) tutta aperta mediante porticati esterni e duplice ordine di
colonne, residenza imperiale. Anche la scultura, a integrazione dell'architettura, appare annunciata
nel suo inconfondibile repertorio di forme e raffigurazioni del soggetto animalistico, tema
essenziale dell'arte delle steppe: tori alati, leoni, leogrifi, cavalli e tutte quelle composizioni
zoomorfe care all'arte scita ed ereditate dalla bronzistica del Lorestān. L'importanza e l'allargamento
della potenza achemenide determinarono il sorgere di nuove capitali, i cui monumenti dovevano
affascinare e suggestionare i vari popoli sudditi del primo impero mondiale, che annualmente
convenivano alla corte achemenide per offrire il tributo di fedeltà al “re dei re”.
Si edificarono così Persepoli e Susa e nei rilievi dei grandi palazzi delle nuove capitali si
scolpirono, in serrate sequenze, gli episodi culminanti di queste cerimonie annuali. Sfilate
interminabili di personaggi disposti di profilo (pochi sono gli esempi della scultura achemenide a
tutto tondo) in fitto corteggio, raffigurati con i prodotti esotici per caratterizzarne il Paese di
provenienza. Naturalmente portata ai moduli ornamentali e decorativi, l'arte achemenide, che aveva
saputo tradurre in versione essenzialmente persiana la colonna mediterranea, la sala ipostila forse di
ispirazione egiziana, la facciata delle costruzioni urartee, la pianta del palazzo babilonese e perfino
la medesima decorazione a mattoni smaltati, dimostrò un certo disinteresse per l'evoluzione del
proprio linguaggio espressivo, trascurando alcuni problemi formali di fondo (per esempio, il
raggiungimento della terza dimensione). Uno dei rari pezzi di scultura a tutto tondo, dopo i
frammenti della statua di Dario, è la testa di giovane principe in pasta di lapislazzuli del Museo
Archeologico di Teheran. Attratta dal fascino del motivo decorativo, l'arte achemenide cristallizzò
ogni sua ricerca in soluzioni tecniche per riprodurre nelle applicazioni più diverse un medesimo
soggetto. È il caso della raffigurazione del leone, che appare come motivo decorativo sulla veste del
re, dopo essere stato sottratto da uno dei tanti bassorilievi, per trasfigurarsi ancora quale ornamento
di un oggetto di oreficeria. La grande scultura di palazzo si trasferisce tale e quale dalle architetture
imperiali della terrazza alle tombe rupestri dei re a Naqsh-i-Rustam (secondo una convenzione
compositiva suggerita da una tomba medo-scitica di Kizkapan) ove l'ingresso, ornato di un portico
colonnato, simula la facciata del palazzo. § Dove la sensibilità artistica achemenide trova originalità
di espressione è nelle arti minori, specie nella lavorazione dei metalli. Anche in questo campo si
tratta di rielaborazioni di forme e motivi provenienti da altre tradizioni artistiche. I famosi rhytá
d'oro massiccio hanno i loro immediati precedenti nell'arte fiorita presso i protomedi di Sialk (sec.
X-IX) o di quelle che seguono di Khūrvīn, di Hasanlu, di Amlash, di Ziwiyeh. E così per tanti altri
prodotti in metallo prezioso (vasellame, gioielli, spade) vi è sempre un riscontro con la matrice
originale di altre civiltà (Assiria, Lidia, Urartu, Steppe, Lorestān) sulla quale gli artefici achemenidi
intervengono con gusto e ricchezza di fantasia.
USI E COSTUMI DEI PERSIANI SECONDO ERODOTO
Nei suoi numerosi viaggi, Erodoto è venuto a contatto anche con la civiltà persiana.
Questo è il racconto di alcuni aspetti che lo hanno particolarmente interessato.
“So che i Persiani non sono soliti innalzare statue degli dei, templi e altari, ma
accusano di stoltezza chi lo fa, perchè non ritengono, come i Greci, che gli dei
abbiano l’aspetto dell'uomo. Sono soliti invece salire sui monti più alti per offrire
sacrifici.
Incontrandosi per strada, si può capire se appartengono alla stessa classe sociale:
infatti, invece di salutarsi, si baciano sulla bocca; se uno dei due è di una classe un
poco inferiore, si baciano sulle guance; se uno invece è inferiore di molto, si
prosterna all'altro inchinandosi.
Dopo se stessi, stimano maggiormente i loro vicini più prossimi. Stimano meno di
tutti quelli che abitano più lontano di loro, ritenendo se stessi i migliori fra gli uomini,
mentre quelli che abitano più lontano sarebbero,
secondo loro, gli uomini peggiori.
I Persiani adottano facilmente gli usi stranieri.
Indossano infatti il costume dei Medi (popolo che
abitava le terre intorno alle coste meridionali del mar
Caspio) poiché lo hanno ritenuto più bello del proprio, e
in guerra utilizzano corazze egiziane.
Ciascuno di loro sposa molte mogli. Per loro è segno di
forza essere guerrieri valorosi e avere molti figli: il re
ogni anno manda doni a chi ne ha di più.
A partire dai cinque e fino ai vent'anni, i Persiani
educano i figli in tre sole cose: a cavalcare, a tirare con
l'arco e a dire la verità. I bambini non incontrano il
padre fino ai cinque anni; vengono allevati dalle sole
donne per evitare al padre il dolore della perdita nel
caso muoiano in tenera età.
Il re non fa uccidere nessuno se questi è imputato con
una sola accusa; per una sola accusa nessun Persiano
punirebbe in modo irreparabile un suo parente. Dicono
anche che nessuno di loro ha mai ucciso il proprio
padre o la propria madre, perchè non è possibile che un
padre sia ucciso dal proprio figlio.
Ritengono che dire menzogne sia la cosa più vergognosa; in secondo luogo fare
debiti, perchè è inevitabile che chi ha debiti dica anche qualche menzogna. Non
sporcano i fiumi e neanche vi si lavano, né tollerano che alcun altro lo faccia: i fiumi
sono molto venerati.
(Erodoto, Le storie)
LO ZOROASTRISMO
Religione ufficiale ben prima dell'avvento dell'Islam, lo zoroastrismo (o mazdaismo dal dio Mazda,
o anche magismo dai "magi", i sacerdoti sacri) è stata per secoli la principale confessione di fede in
Iran, quando ancora si chiamava Persia, prima di essere scacciata a ovest dalla religione di Allah e il
suo profeta, e a est dagli influssi buddhisti provenienti dall'Estremo Oriente.
Gli zoroastriani sono i seguaci di Zoroastro (Zartosht, Zarathustra), nato probabilmente intorno al
550 a.C. a Mazar-é-Sharif nell'odierno Afghanistan, sebbene diverse località in Iran oggi si
contendano i natali di Zoroastro. La religione zoroastriana è stata una delle prime a postulare
l'esistenza di un Dio unico e onnipotente, Ahura Mazda. La sua ossatura teorica si basa sul
concetto di dualismo, secondo cui tutto è riconducibile alla contrapposizione perenne tra Bene e
Male, Vohu Mano (spirito del Bene) e Ahem Mano (spirito del Male), giorno e notte, in una
dialettica che divide e spiega il mondo e le sue cose.
La purezza degli elementi è centrale nella teorica zoroastriana. Infatti tipicamente gli zoroastriani
non usavano né seppellire i defunti né tanto meno cremarli, per non contaminare terra e aria; essi
venivano esposti nelle cosiddette "torri del silenzio" e lasciati in pasto agli avvoltoi. Questa antica
pratica oggi è stata sostituita con l'uso di casse in cemento in cui vengono rinchiusi i cadaveri.
Legato all'atto della purificazione e alla sua importanza è l'elemento del fuoco che,
sacro, arde perennemente nei templi esistenti, come nel tempio di Yazd in Iran, per
l'appunto.
Ricorrenti nel simbolismo zoroastriano sono anche le figure alate, molto ricorrenti soprattutto su
antichi monumenti funebri del periodo preislamico. I diversi strati di piume che li caratterizzano
simboleggiano la purezza del pensiero e dell'azione.
Dell'antica diffusione della religione zoroastriana in Iran oggi non resta che un gruppo sparuto di 30
mila persone e le tante forme dell'arte persiana preislamica che ricordano, soprattutto
nell'architettura, la vocazione persiana per la religione di Zoroastro.
Zoroastriani se ne possono trovare soprattutto a Yazd, ma anche a Shīrāz, Tehran, Isfahān e
Kermān; molti di essi, tuttavia, sono stati costretti a riparare in altri Paesi (per esempio in India)
dopo la conquista islamica.
Essi si distinguono ancora nell'abbigliamento. Questo vale soprattutto per le donne, che indossano
abiti ricamati con colori crema, bianco e rosso, e pur non ricorrendo al chador iraniano, non
rinunciano ad avvolgere il capo nell'hijab.
Nonostante oggi sia relegata a religione di minoranza, lo zoroastrismo torna ad affascinare molti
giovani, musulmani e non, che si accostano a conoscere l'antica fede preislamica e ne difendono
l'essenza erigendola quasi a simbolo della propria iranicità.
FESTIVITA' DI ORIGINE ZOROASTRIANA: YALDA E NOWRUZ
Yalda: è un' antica festa iraniana che risale all'epoca precedente a Zoroastro e viene festeggiato la
notte più lunga dell'anno: il solstizio d'inverno (21.12). In questa occasione, per interrompere il
rigore dell'inverno e le lunghe notti, si consuma la frutta di colore rosso conservata dal periodo
estivo unicamente per questa festa come melograni ed angurie perchè portatrici di allegria.
Il Noorooz (persiano ‫) ﻧﻮروز‬, anche detto Norouz o Nowruz o, nelle fonti arabe, Nayruz, è invece
una ricorrenza della tradizione che celebra il nuovo anno.
Si festeggia in Iran, Kurdistan, Azerbaijan, Afghanistan, Albania, Georgia, in vari paesi dell'Asia
Centrale come il Turkmenistan, il Tajikistan, l'Uzbekistan, il Kyrgyzstan e il Kazakhstan, e presso le
comunità iraniane in Iraq, Pakistan, Turchia, ed in molti altri Paesi.
Ricorre il 21 marzo, sebbene in alcune località lo si festeggi il 20 o il 22, e viene di fatto a
coincidere con l'equinozio di primavera. Nato in ambito persiano pre-islamico, e inizialmente festa
sacra zoroastriana, il Noorooz viene celebrato da molti Sufi e dai Baha'i. Nei paesi iranici che
computano il tempo in base a un calendario luni-solare (detto Hijrī-Shamsī, cioè "egira solare") è
considerata una festa profana, simile al capodanno in occidente.
Oltre a rappresentare la data di inizio del calendario legale iraniano e baha'i, il Noorooz viene anche
festeggiato come data di inizio della primavera. L'Iran è il Paese dove è nata questa festa e dove la
tradizione è probabilmente più sentita. Il periodo preparatorio alla festa inizia già nel mese di
Esfand, l'ultimo dell'anno nel calendario persiano nonché l'ultimo mese dell'inverno. I
festeggiamenti prevedono varie tradizioni e rituali. I più importanti sono: l'Khane Tekani, il
Chaharshanbe Suri e soprattutto la consumazione dell' Haft Sîn, il pasto tradizionale.
Etimologia
Il termine deriva dall'associazione di due parole antico-persiane: nava ("nuovo") e rəzaŋh
("giorno"), e significa quindi "nuovo giorno". Anche nel moderno persiano ha mantenuto lo stesso
significato, in quanto no vuol dire "nuovo" e rouz "giorno". Stando a fonti che risalgono al II secolo
d.C. il termine veniva utilizzato già durante l'Impero Partico e Sasanide, ma la festa veniva già
celebrata durante il periodo degli Achemenidi ed era il giorno in cui i popoli sottomessi portavano i
doni all'imperatore.
La storia e il folklore
Stando alla tradizione mitologica iraniana, il Noorooz viene fatto risalire a circa 15.000 anni fa,
all'epoca del leggendario re persiano Yima.
Figura mitica dello zoroastrismo, Yima viene solitamente indicato dalla tradizione come l'ideatore
della festività, che allora era una celebrazione dell'arrivo della primavera. In seguito Zoroastro
riorganizzò la festività in onore di Ahura Mazda, divinità principale del pantheon iraniano pre
islamico.
Recenti ricerche attestano come dodici secoli dopo, nel 487 a.C., l'imperatore persiano Dario fece
celebrare, con grandi preparativi, il Noorooz nel suo palazzo reale a Persepoli; in quell'anno, infatti,
il sole cadde esattamente al centro dell'osservatorio astronomico costruito nel palazzo; questo
evento eccezionale, previsto dagli astronomi persiani, venne visto come un segno di buon auspicio
per il Regno.
Successivamente divenne festa nazionale dell'Impero Persiano sotto la dinastia dei Parti; le più
ampie documentazioni dei festeggiamenti del Noorooz in tempi antichi risalgono però all'epoca di
Ardashir I, capostipite della dinastia dei Sasanidi. Durante questa dinastia, infatti, il Noorooz
divenne la festività più importante dell'anno e, sempre in quest'epoca, vennero introdotte tradizioni
quali l'udienza pubblica del sovrano, l'amnistia ai prigionieri e lo scambio di doni.
Il Noorooz fu una delle poche festività dell'antica Persia a sopravvivere all'avvento degli Arabi nel
650 d.C; i primi musulmani incorporano infatti la festività insieme alle feste solenni del loro
calendario, anche se ne eliminano gli aspetti più strettamente legati allo Zoroastrismo. La tradizione
passò attraverso il periodo del Califfato fino ad arrivare, in molti aspetti immutata, fino ad oggi.
Haft Sîn
L'Haft Sîn è il pasto tradizionale del Noorooz e la sua consumazione ne costituisce l'evento cardine.
Oltre alle portate vere e proprie, l'Haft Sîn è costituito anche dal particolare modo di disporre e di
imbandire la tavola, che viene adornata nel modo più ordinato ed esteticamente bello possibile, con
fiori ed oggetti simbolici. Il Haft Sin vero e proprio è comunque costituito da sette oggetti, ognuna
delle quale con un nome che inizia con la lettera 'S' -Sîn (‫ )س‬nell'alfabeto persiano:
1. sabzeh - chicchi di lenticchie, orzo o frumento, che simboleggiano la rinascita
2. samanu - una sorta di zuppa di cereali
3. senjed - frutti secchi di oleastro, che simboleggiano l'amore
4. sîr - aglio, che simboleggiano la salute
5. sîb - mele, che simboleggiano la bellezza
6. somaq - bacche di Sumac, che simboleggiano l'alba
7. serkeh - aceto, che simboleggiano la pazienza e la saggezza.
Khane Tekani
Il Khane Tekani è il rito che apre i festeggiamenti del Noorooz e consiste nella
completa pulizia e messa a nuovo della propria casa. Costituisce un riferimento al
rinnovamento della natura che avviene in primavera. La tradizione comprende
anche l'acquisto di vestiti nuovi e la decorazione delle case con fiori come il
giacinto e il tulipano. Il Khane Tekani inizia usualmente 12 giorni prima del Noorooz.
Durante questi giorni ogni famiglia si dedica alla pulizia della casa e alle visite ai
parenti e agli amici. Queste visite ai familiari e agli amici stretti sono una
componente fondamentale del Noorooz iraniano e raggiungono l'apice nel giorno
della festività vera e propria, in cui tutti si riuniscono intorno a una tavola imbandita
apparecchiata con il pranzo tradizionale, l'Haft Sîn, e si scambiano doni.
CONQUISTA ISLAMICA DELLA PERSIA
La prima espansione araba si era sviluppata in tre direzioni: verso la Mesopotamia, verso Siria e
Palestina e verso l'Egitto, favorita dall'indebolimento dei due grandi imperi. Il successore di
Maometto, il califfo Abù Bakr, si impadronì senza difficoltà di al-Hìda nel 633 e raggiunse le
sponde dell' Eufrate nel 634. Dopo aver sconfitto i Bizantini nella battaglia di Yarmuk(636), il
secondo califfo 'Umar b. al-Khattàb poté trasferire le sue truppe a oriente e riprendere le ostilità con
i Sasanidi.
Lo scontro decisivo avvenne a qadisiyya (637), dove l'esercito persiano guidato da Rostam fu
sconfitto al termine di una battaglia protrattasi per una settimana e abbandonò tutto il basso Iraq agli
Arabi che vi fondarono due basi fortificate (miṣr), Bassora e al-Kufa.
Da qui essi avanzarono verso nord e verso est, occuparono Ahwaz e il Khurdistan (639), presero
Ctesifonte (che rinominarono Madāʾin per il fatto che Ctesifonte sorgeva di fronte all'antica
Seleucia), sconfissero nel 642 lo Shahanshah Yazdegerd III a Nihavand, e si aprirono così la strada
verso Isfahan e l' Iran centrale.
Poiché gli arabi offrivano una relativa tolleranza religiosa e trattavano bene i popoli che si
sottomettevano senza opporre resistenza, i nativi non avevano molto da perdere nel cooperare con
gli invasori, facilitando così l'occupazione. Fu solo a metà del VII secolo, comunque, che cessò ogni
resistenza da parte dell'elemento persiano. La conversione, che portava indubitabili vantaggi, fu
abbastanza rapida tra la popolazione dei centri urbani, ma molto più lenta tra i contadini e la
popolazione rurale, sicché la maggioranza dei Persiani non divenne musulmana fino al IX secolo.
Gli zoroastriani, all'inizio perseguitati dagli arabi, furono infine riconosciuti tra la "Gente del
Libro" (Ahl al-Kitab) citata nel Corano, ai quali il profeta Maomettoaveva riservato la più
ampia tolleranza. Gli Alidi (seguaci diAli b. Abi Talib, più tardi evolutisi nello Sciismo),
sebbene già presenti fin dall'inizio dell'islamizzazione, non divennero maggioranza se non
a partire dal XV secolo per violenta imposizione alla popolazione persiana della dinastia
Safavide. La lingua persiana infine, adottò numerosi prestiti dall'arabo e non fu più scritta
con l'alfabeto pahlavi ma con caratteri arabi.
ARTE
L'arte del periodo achemenide ci é nota soprattutto dagli imponenti resti dei palazzi reali di
Pasargade , Susa, Persepoli e dalle tombe di Naqsh-i Rustam. Malgrado gli evidenti legami con
l`arte egiziana e con quella babilonese, l'arte iranica vi si dimostra altamente originale, tutta
rivolta all'esaltazione dell'autorità del re e alla creazione di forme solennemente grandiose.
Tipico carattere dei palazzi achemenidi, sorgenti su grandi terrazze artificali, è la presenza di
una sala centrale col tetto sorretto da numerose file di altissime colonne, fiancheggiata da
numerosi ambienti minori.
I portali di Persepoli sono decorati da grandi bassorilievi di ispirazione assiro-babilonese,
raffiguranti tori alati o geni o re in lotta con belve e mostri; le rampe delle scalinate reali invece
sono fiancheggiate da lastre con rilievi raffiguranti cortei di sudditi, cortigiani e soldati della
guardia. In tali sculture vi è qualche traccia di influssi greci, ma il contatto più evidente è
quello con l'arte assira. La tomba di Ciro a Pasargade, con una semplice cella su gradini, si
ricollega forse a un antico tipo di abitazione degli Irani. Quelle rupestri di Naqsh-i Rustam,
presso Persepoli, sono forse ispirate agli ipogei egiziani. Poco è rimasto delle arti minori
(statuette d'oro e d'argento, piccoli bronzi, terrecotte, sigilli). La conoscenza e l'apprezzamento
dell'arte del periodo partico sono tutt'ora in corso di approfondimento. Un carattere rivelatore
dell'arte partica appare la cura dei particolari, in contrasto con la visione sintetica
dell'ellenismo; infatti l'arte partica insiste sui valori descrittivi della linea, portati a un punto
tale da rimuovere ogni aspetto naturalistico per dare invece alla figura una fissità ieratica.
Notevoli le influenze greco-romane, anzi l'arte partica è stata vista come un derivazione, sia
pure trasfigurata, dell'arte greco-romana. Probabile invenzione partica è l'iwan, la sala di
rappresentanza, a volta, interamente aperta da un lato.
Con i Sasanidi (sec. III-VII d.C.) si ha una nuova fioritura della tradizione iranica. I maggiori
resti di architettura sasanide sono il cosiddetto Taq-i Kisra presso Baghdad, la grande sala del
trono nel palazzo reale, e poi i palazzi di Firuzabad e Sarvistan nella Perside, nei quali
predomina l'iwan. Assai diffusa la decorazione in stucco, con rappresentazioni figurate e
ornamentali. I bassorilievi regi dei Sasanidi, spesso eseguiti accanto a monumenti achemenidi,
ci confermano la loro intenzione di ricollegarsi con la più illustre tradizione nazionale.
Particolare importanza ha nell'arte sasanide la toreutica, rappresentata da coppe, piatti e vasi
lavorati a sbalzo e a cesello, spesso dorati.
Con la conversione all'islamismo, l'arte iranica non ruppe completamente con il passato, ma
conservò nel suo ambito parte dell'antico patrimonio iconografico, che subì un processo di
islamizzazione per il quale ciò che prima aveva un significato simbolico ebbe d'ora innanzi una
funzione esclusivamente decorativa.
Quasi nulla rimane rimane dell'epoca omayyade. In architettura si può parlare di uno stile
ufficiale abbaside (parti più antiche della moschea maggiore di Isfahan, 760 circa, e della
moschea di Shiraz, 871). Le arti minori, invece, si mantennero fedeli alla tradizione sasanide,
come dimostrano gli oggetti d'argento e di bronzo.
Con i Selgiuchidi (sec. XI-XIII) in architettura si svilupparono alcune tipologie iraniche
tredizionali; il contributo più notevole è rappresentato dalla trasformazione della moschea
ipostila nel cosiddetto tipo di moschea-madrese: primo esempio in tal senso è quello della
grande moschea di Zaware (1135-36).
L'architettura civile ci è nota dai palazzi dell'Afghanistan e dai caravanserragli. Nella
decorazione architettonica prevale negli esterni quella in mattone tagliato e scolpito con ornati
di tipo geometrico e vegetale. Eccellente qualità raggiunsero le officine ceramiche ( Kashan e
ar-Rayy) con la decorazione "a lustro metallico" e le ceramiche policrome dette mina'i.
Con i Selgiuchidi si affermò inoltre la decorazione parietale in ceramica smaltata realizzata con
mattonelle.
Con i Mongoli (Ilkhan, sec.XIII-XIV) l'architettura si sviluppò in senso monumentale e
grandioso e si fece largo uso della decorazione in mosaico ceramico (moschee di Tabriz, 131020, di Forumad, 1320, e di Varamin). Si introdussero motivi e iconografie estremo-orientali .
Centro della produzione pittorica fu soprattutto Tabriz, la capitale. Con i Timuridi l'architettura
non propone invenzioni nuove, ma presenta proprie variazioni dimostrando viva sensibilitá
peruna ricerca armonica della proporzioni pur nell'ambito del colossale cui spesso indulge. Si
inventa la cupola bulbosa su un alto tamburo e i rivestimenti finiscono per fasciare i
monumenti sia negli interni che negli esterni.
Particolare fortuna ebbe la miniatura. Grande sviluppo conobbe l'arte del tappeto che, a partire
dal XV sec. elaborò il tipo a medaglione. La dinastia Safavide (1502-1736) segna un periodo
molto florido e l'architettura ne rappresenta uno degli aspetti più sugnificativi, anche se nel
complesso non rinnova i suoi schemi (Moschea dello Shah e quella dello Sheyk Lotfollah, 160317 a Isfahan). Nell'edilizia palaziale si torna a un'antica concezione asiatica di tradizione
nomade nella quale le funzioni sono disaggregate: il palazzo si frantuma in padiglioni distribuiti
in un grande parco, come era quello di Isfahan (1588-1629). Notevolissma l'attività edilizia in
campo civile, con ponti e caravanserragli. La miniatura sotto i Safavidi conobbe una grande
fioritura nei centri di Tabriz (XVI sec.), nella nuova capitale Isfahan e a Shiraz. Tutti i settori
delle arti minori conoscono una loro eccellenza artistica.
Con il XVIII secolo l'arte iranica entra in crisi. Tuttavia con i Qajar, anche se spesso la qualità è
scadente, affiorano motivi popolareschi, sempre sdegnati dall'arte aulica, che riescono a dare
una gustosa forza comunicativa a certe opere, specialmente pittoriche. Con i Pahlavi l'arte
iranica viene inserita nel più vasto panorama mondiale.
Nel 1964 il Club degli Artisti, fondato nel 1946, si trasforma in ministero delle Arti e delle
Culture, accogliendo artisti di tutti i settori. Al periodo pre-rivoluzionario, ispirato soprattutto
alla tradizione miniaturistica, appartengono Sepehri (n. 1928), M. Oveissi (n. 1934) e F.
Pilaram (n.1936). Il periodo post-rivoluzionario è caratterizzato invece da un'arte insieme
rivoluzionaria e islamica, dove prevalgono opere grafiche dedicate ai temi della guerra e del
martirio, non di rado collettive ed anonime. In architettura vi è un ritorno alle tipologie
classiche: moschea di al-Qadir (1977-87) a Teheran e la nuova città di Shushtar (1976-87). La
letteratura dell'Iran antico comincia con il libro sacro dello zoroastrismo, l'Avesta, le cui parti
più antiche (le Gatha) risalgono a Zaratustra stesso (sec. VII-VI a.C.?). A esse si
contrappongono gli Yasht, o inni, che riflettono un'elaborazione della primitiva dottrina
zoroastriana, contaminata con residui della preesistente religione naturalistica iranica. Accanto
all'Avesta, la letteratura dell'età achemenide ci offre le iscrizioni dei Gran Re, da Ciro il Vecchio
ad Artaserse III: scolpite su roccia o su tavolette d'oro e altro materiale, esse magnificano le
gesta dei sovrani o illustrano le loro opere monumentali. Il numero di tali iscrizioni, dal grande
valore storico, letterario e linguistico, si è molto accresciuto negli ultimi decenni.
Il periodo arsacidico non ha lasciato tracce dirette di creazioni letterarie, ma per vari indizi la
letteratura sasanide appare continuazione della fase precedente. All'età sasanide appartiene la
produzione in medio-persiano o pahlavico, per la massima parte di argomento religioso
zoroastriano: si hanno traduzioni e commenti dell'Avesta, e opere originali come il Denkart e il
Bundahishn, specie di enciclopedie del sapere teologico di quell'età (III-VII sec. d.C.). Fra i non
molti testi di argomento profano della letteratura pahlavica vi sono due piccoli romanzi epicocavallereschi, che narrano due episodi della tradizione poi codificata nello Shahnamè:
l`Ayatkar-i Zareran ("Il memoriale di Zarer"), che celebra le gesta del re Vishtasp e di suo
fratello Zarer in difesa della fede zoroastriana, e il Karnamak-i Ardashir-i Papakan ("Il libro
delle gesta di Ardashir figlio di Papak"), sulle avventure del fondatore della dinastia sasanide.
La letteratura zoroastriana in pahlavico, come appare da recenti ricerche, continuò nei primi
secoli dopo la conquista araba; ma nell'enorme maggioranza la produzione letteraria posteriore
al sec.VII d.C. rispecchia, nella nuova fase linguistica del neopersiano, spiriti e forme della
civiltà iranica musulmana. Le prime manifestazioni letterarie dell'Iran islamico risalgono al sec.
IX, nella lirica cortigiana fiorita sotto i Tahiridi, i Saffaridi ed i Samanidi, le prime dinastie
autonome sorte in margine al califfato. Specialmente sotto i Samanidi, che regnarono nel
Khorasan dalla fine del sec. IX a tutto il X, la vita culturale iraniana rifiorì intensa e una pleiade
di poeti aulici (Rudaghi, Daqiqi, ecc.) sollevò ad alto livello d'arte e di stile la lingua nazionale.
I germi letterari dischiusisi sotto i Samanidi ebbero la loro piena fioritura nel seguente periodo
Gasnavide, illustrato da altri celebri lirici, come Farrukhi, Manoucheri, Asadi, e soprattutto
dall'epico Ferdousi (m. 1020 circa). Quest'ultimo riprese un lavoro iniziato da Daqiqi,
ilverseggiamento delle tradizioni epiche nazionali, e creò il grandioso Shahnamè ("Libro dei
Re"), rimasto ammirato modello dell'epopea persiana. Dall'età di Ferdousi a quella di Giami
(sec. XI-XV) si estende l'epoca classica della letteratura persiana, ricca e varia, dall'epica
eroica e cavalleresca alla lirica aulica e filosofico-mistica, alla prosa narrativa, storica e
parenetica.L'epica romanzesca, dopo Ferdousi, fu trattata da Fakhr ad-din As'ad Gurgani (sec.
XI), che verseggiò nel Vis u Ramin un'antica materia di origina partica, singolarmente affine al
ciclo celtico di Tristano e Isotta. Grande artista fu Nizami (sec. XII), l'autore azerbaijano della
celebre Khamsa o quintetto di poemi, che danno forma classica a popolarissime leggende
arabe o iraniche (gli amori di Khusraw e Shirin, Laila e Magnun ecc.). Questa materia
romanzesca fu ripresa nel XV sec. dal poligrafo Giami, che vi infuse però il proprio spirito
mistico. In realtà la mistica, forse la più profonda esperienza spirituale dell'Iran islamico, colorò
di sè a partire dal XII sec. quasi ogni manifestazione della poesia persiana. I maggiori classici
del Medioevo iranico sono mistici, dall'autore di quartine Abu Sai'd ibn Abi l-Khair ai grandi
creatori dei mathnavi (poemi) allegorici Farid ad-din 'Attar e Gialal ad-din Rumi (ambedue del
XIII sec.), allo gnomico e narratore Sa'di (XIII sec.) e al maestro del ghazal amoroso, Hafez
(XIV sec.). A Gialal ad-din Rumi, in particolare, si deve, tra l'altro, il Mathnavi per eccellanza,
vasto complesso di meditazioni, sfoghi mistici e racconti allegorici, rimasto normativo per il più
tardo sufismo persiano-turco; a Sa'di, il Bustan ("Giardino") in versi, e il Gulistan ("Roseto") in
Prosa eversi frammisti, breviario tipico della sapienza popolare persiana. Hafez, infine, è il
perfettissimo lirico che nel breve giro del ghazal (una dozzina di distici) racchiude con
insuperata versatilità ed eleganza un sospiro d'amore sacro o profano (l'ambivalenza del testo
ne aumenta il fascino), che incantò non solo gli orientali ma anche Goethe e il Romanticismo.
Una posizione a sè occupa come poeta 'Omar Khayyam (sec. XI-XII) misteriosa figura di
scienziato, cui va attribuito un fluttuante corpus di quartine che per originalità di concetto e
splendore di forma sono tra le più alte espressioni del genio orientaleLETTERATURA
FERDOWSI
Ferdowsi nacque nella provincia del Razavi Khorasan, in un villaggio presso Tus, nel 935. Suo
padre fu un ricco proprietario terriero. La sua grandiosa opera epico-letteraria chiamata Shāhnāmeh
("Codice Regio"), alla quale dedicò quasi tutta la sua vita, fu composta per essere presentata ai
sovrani Samanidi del Khorasan, che erano i capofila del movimento di rinascita culturale iranica
dopo la conquista del Paese da parte degli Arabi.
All’età di 23 anni scoprì uno “Shāhnāmeh” scritto da Abu Mansur al-Mo'ammari, che tuttavia non
era in forma poetica. Era una vecchia versione commissionata da Abu Mansur ibn Abdol-Razzaq.
Ferdowsi avviò la composizione del suo Shāhnāmeh nel 977. Nel corso della vita di Ferdowsi, la
dinastia Samanide fu abbattuta dall'Impero Ghaznavide. Dopo più di trent'anni di duro lavoro,
Ferdowsi completò la scrittura del poema e, due o tre anni dopo, andò a Ghazni, capitale
ghaznavide, per presentarlo al Sultano.
I testi medievali citano spesso lo scarso interesse mostrato dal nuovo sovrano, il Sultano Mahmud
di Ghazni, nei confronti di Ferdowsi e del suo Codice Regio. Secondo gli storici Mahmud aveva
promesso a Ferdowsi 60.000 dīnār ma in seguito ritrattò e gli donò appena 20.000 dirham, (che
avevano un valore decisamente inferiore rispetto al dīnār).
Alcuni storici sostengono che questo tradimento fosse causato dalla gelosia e dalle invidie degli altri
poeti che lavoravano alla corte reale; l'incidente rinforzò la posizione dei nemici di Ferdowsi
presenti a corte. Ferdowsi rifiutò il denaro anzi, secondo alcune fonti, lo donò a un uomo povero
che vendeva vino. Dopo aver peregrinato per un periodo nel Sistan e nel Mazandaran, egli ritornò
infine a Tus. Si ritiene che Ferdowsi sia morto, in estrema povertà, all'età di 90 anni, amareggiato
per il trattamento riservatagli dal sovrano Ghaznavide eppure pienamente fiducioso del successo
finale della sua opera e della fama che sarebbe arrivata postuma. Ferdowsi fu seppellito nel cortile
della sua abitazione, dove oggi si trova il suo Mausoleo, edificato durante il regno di Reza Shah
Pahlavi nel 1925.
RUMI
Mevlana Mohammed Rumi (nato nel 1207, morto nel 1273 a Konya). Sulla sua vita si è detto
molto, nel 1219 è scappato dalla sua patria, il nordest dell’Iran, forse a causa di una lite o per paura
dei Mongoli che si stavano avvicinando. Suo figlio Walad scrisse una biografia del padre, che
custodiva gli ordini dei Dervisci–Mevlana, come testimonianza vivente del suo fondatore.
Secondo la tradizione, passò con la sua famiglia anche attraverso Neishabur e lì incontrò il vecchio
poeta Attar. Il poeta avrebbe profetizzato un futuro splendente al giovane Rumi e gli avrebbe
donato un esemplare del suo poema epico Libro dei segreti, nominando al contempo il ragazzo
come il continuatore ideale della sua opera.
A Konya in Asia Minore, dove si stabilì la famiglia, Rumi fu introdotto da suo padre, un
predicatore di gran fama, nelle scienze teologiche e dopo la sua morte anche nella mistica. Lui
stesso divenne una guida spirituale molto conosciuta sia per le prediche sia anche per la dottrina, e
una risma di scolari si raccolsero intorno a lui e redassero una serie di scritti teologici. Rumi si
sposò due volte ed ebbe due figli.
A dare una svolta insolita alla vita di Rumi fu la conoscenza di Schamseddin-e Tabriziun derviscio
vagabondo che a quell’epoca (1244) aveva più di sessant’anni. Rumi lo idolatrò come l’immagine
terrestre della perfezione divina, e facendo così causo la gelosia dei suoi scolari, che costrinsero
Schams alla fuga. Rumi fu così disperato che il Sultano del Walad fu costretto a riportarglielo
indietro.
La situazione si ripetè una seconda e infine una terza volta. Schams sparì in circostanze
misteriose, questa volta per sempre. I canti del suo Diwan sono nati dalla nostalgia di Rumi
per il suo amato. Si sentiva così unito al suo amato che firmava le sue poesie con il nome di
Schams di Tabriz. Quando poi il poeta rivolse la sua simpatia verso l’orafo Sala‘eddin e in
seguito verso la sua segretaria Husameddin, vide in loro due l’incarnazione del suo primo
amico.
OMAR KHAYYAM
«Non ricordare il giorno trascorso
e non perderti in lacrime sul domani che viene:
su passato e futuro non far fondamento
vivi dell'oggi e non perdere al vento la vita.»
(Omar Khayyām, Rubʿayyāt)
Omar Khayyām (18 maggio 1048 – 4 dicembre 1131) è stato un matematico, astronomo, poeta e
filosofo persiano.
Il nome completo posto nell'intestazione della sua opera maggiore è Ghiyāth al-Dīn Abū l-Fatḥ
ʿUmar ibn Ibrāhīm al-Nīsābūrī al-Khayyāmī (o al-Khayyām).
L'ultima denominazione significa costruttore di tende, probabile attività di suo padre Ibrāhīm.
IRAN OGGI
ETNIE PRESENTI SUL TERRITORIO
persiani, o Farsi, rappresentano circa la metà della popolazione iraniana e sono diretti discendenti
delle tribù elamite e ariane che anticamente (nel II millennio a.C.) si stabilirono sull'altopiano
centrale, dando il nome di Persia al Paese.
Gli Āzāri vivono per lo più nei villaggi delle province del confinante Azerbaijan, ma numerosi sono
tuttora i cosiddetti Āzāri d'Iran (circa il 10% della popolazione) ad essere particolarmente legati ai
Turchi per usi e costumi, ma non completamente per religione, essendo questi ultimi in
maggioranza sunnita e i primi, invece, di fede sciita.
L'abbigliamento degli Āzāri ancora oggi ricalca la loro vicinanza alla Turchia piuttosto che ai Paesi
Arabi. Ciò si riflette nell'uso della cravatta, ad esempio, che è un complemento d'abbigliamento
molto diffuso tra gli uomini āzāri e considerato non prettamente "islamico" dalle autorità centrali
d'Iran.
Tipicamente āzāro è, inoltre, il turbante di feltro con la tesa indossato dai più anziani.Gli Āzāri in
Iran oggi vedono riconosciuta ufficialmente dal governo iraniano la lingua āzarā, una lingua
derivante dall'antico dialetto turco dell'Anatolia, un segno di legittimizzazione della diversità āzarā
nonostante dopo la Rivoluzione Islamica del '79 la frontiera tra la regione dell'Iran dove vivono in
maggioranza gli Āzāri (Tabriz) e l'Azerbaijan sia stata chiusa ai flussi migratori in entrambe le
direzioni.
I curdi, a primo impatto, rivelano subito la loro diversità rispetto alle altre etnie di cui si compone
la popolazione iraniana. Sunniti in maggioranza anziché sciiti, parlano dialetti curdi molto diversi
dal farsi e sentono le influenze turche.
La maggioranza dei curdi si trova in Turchia appunto, ma un gruppo molto folto lo si trova anche in
Iraq e Siria; in Iran la colonia curda è di circa 5 milioni di persone, tutte per lo più residenti nelle
province del Kurdistān, del Kermānshāh e del Zanjān, e si suddivide in tribù, tra cui le più
numerose sono quella Sanjābi e la Kalhor.
Pur essendo molto numerosi i curdi che si dividono tra Turchia, Iran e Paesi limitrofi, essi non
hanno mai avuto l'opportunità di costituirsi in una nazione autonoma e questo ha dato vita negli
anni a svariate rivendicazione separatiste, spesso violente, anche in Iran.
Anche nei costumi i curdi rivelano la loro particolarità: molti uomini indossano ancora oggi le
tradizionali tuniche con pantaloni larghi e una fusciacca in vita. Le donne, invece, si vestono di
tuniche coloratissime e spesso e volentieri non indossano il tipico chador iraniano.
I Lur sono un antichissimo gruppo etnico prevalentemente nomade che oggi si è stanziato nella
provincia a ovest del Paese, che da essi prende il nome, il Luristan. Antica, quindi, la loro presenza
sul suolo iraniano, e pure prestigiosa dacché Karīm Khān Zand ha governato con equilibrio
l'Impero Persiano per diversi anni nel XVIII secolo, eppure i luri non sono mai stati ben visti dal
governo centrale per via di una certa "indisciplinatezza" che li caratterizza: già ai tempi della
dinastia Pahlavī un cospicuo numero di dissidenti fu costretto all'esilio lontano dal Luristan, verso
altre province iraniane.
I Lur hanno subìto più di altri l'influenza araba da occidente e di fatto parlano un dialetto arabo,
l'avesta, in alternativa alla propria lingua, il lūr; le loro origini, tuttavia, sembrano risalire più a
un antico incontro tra i Cassiti e i Medi.
I Lur sono particolarmente abili nell'equitazione, nell'allevamento delle pecore, nella lavorazione
dei metalli e nella produzione di tappeti e stuoie.
Il punto di contatto maggiore tra Iran e Paesi Arabi è senza dubbio il Golfo Persico, che bagna tanto
le coste della grande Arabia Saudita, del Qatar, degli Emirati Arabi Uniti, del Bahrain e del Kuwait,
quanto quelle a sud-ovest dell'Iran: è qui che gli Arabi si sono mescolati alla popolazione persiana
trovando una collocazione privilegiata soprattutto nella provincia del Khūzestān.
Oggi gli arabi in Iran (detti Bandāri, dalla parola persiana che sta a significare "porto")
rappresentano all'incirca il 2% degli iraniani, ma si distinguono da loro oltre che per il colore della
pelle (che è più scura, a volte addirittura nera) anche per la confessione di fede sunnita anziché
sciita.
Ancora una volta sono i costumi tradizionali a rimarcare la differenza di etnia: molti arabi che
vivono nelle isole o nella provincia di Hormozgān indossano vesti diverse dal resto degli iraniani:
tuniche bianche e senza maniche per gli uomini, completate da sandali ai piedi e talvolta da un
turbante tipicamente arabo, abiti ampi e ricamati con colori vivaci indossati su ampi pantaloni per le
donne, che usano anche legare ai piedi cavigliere e infradito o indossare maschere caratteristiche
recanti un becco.
I capi di abbigliamento più diffusi tra gli arabi in Iran sono la tradizionale thobe (o dishdasha) e il
gutra, foulard lungo indossato dalle donne.
Gli arabi in Iran parlano soprattutto dialetti arabi.
Anche i Turkmeni, forse più degli Azari, portano in Iran una ventata proveniente direttamente dalla
vicina Turchia: è al confine con il Paese della mezza luna che si trova la colonia turkmena, dislocata
tra la provincia di Māzandarān e quella di Khorāsān.
Tutto dei Turmeni rivela la loro comunanza con i turchi: i tratti somatici, ad esempio, che fanno di
loro un popolo particolarmente alto e dalla fisionomia chiaramente mongola e caucasica.
L'abbigliamento degli uomini è caratterizzato da camicie bianche e giacche lunghe fino al
ginocchio, color ciliegia normalmente, sopra a larghi pantaloni che si infilano dentro gli stivali, sul
capo un tipico telpek in pelle di pecora (bianca o nera). Quello delle donne, invece, è caratterizzato
da larghe casacche di seta colorata che arrivano fino alle caviglie e scialli a fantasia floreale
indossati sopra a larghi pantaloni anch'essi colorati.
I Turkmeni parlano una lingua tutta loro che deriva da dialetti turchi e appartengono per lo più a
sette islamiche sufi.
Molti e significativi in Iran sono anche i gruppi nomadi in continuo spostamento da una regione
all'altra del Paese, alla ricerca di pascoli per il bestiame.
Alcuni di essi col tempo si sono stabiliti in qualche provincia o specifico centro urbano; molti
altri continuano tuttora il loro peregrinare, soprattutto a causa delle terre aride in cui vivono
(per lo più asud-est dell'Iran, nelle zone desertiche al confine col Pakistan) e che li costringe in
qualche modo a spostarsi continuamente.Tra i gruppi nomadi più noti, i Baluchi (la cui parola
significa non a caso "vagabondi") abitano le terre al confine col Pakistan e mantengono ancora
oggi uno stile di vita seminomade, e poi i Qashqā, nomadi di origine turca che girano
soprattutto nella provincia di Fārsi.
Difficile per il governo centrale convertire alla sedentarietà i numerosi e irriducibili gruppi nomadi
che continuano, anche per stile di vita, a rimandare la scelta di un villaggio dove stabilirsi una volta
per tutte.
ECONOMIA
Risorse energetiche e minerarie
ùsettore noto e particolarmente fiorente è rappresentato da petrolio e gas; questo è il settore
trainante dell'economia iraniana, da cui dipende circa l'80% degli introiti delle esportazioni.L’Iran è
tra i principali produttori petroliferi del mondo: i principali giacimenti di petrolio, che si
concentrano all’estremità del Golfo Persico, nella regione sudoccidentale del Paese, vengono
stimati tra i più grandi del pianeta e sono sufficienti a mantenere i livelli attuali di produzione per i
prossimi settant’anni. Nel 2004 la produzione fu di 1.367 milioni di barili di petrolio. L’Iran,
nazionalizzò l’industria petrolifera nel 1951 e da allora la produzione viene controllata dal
Ministero del Petrolio.
L'Iran è il secondo produttore mondiale di gas naturali dopo la Russia, con 28 trilioni di mc stimati
che rappresentano circa il 18% dell'intera riserva mondiale. Bisogna altresì dire che le riserve di gas
non costituiscono, in termini di sfruttamento, un'opportunità commerciale della portata del
comparto petrolifero. Attualmente è in fase di realizzazione un ambizioso progetto per lo sviluppo
del vasto giacimento del South Pars, tale progetto è sostenuto dal Governo sia per contenere
l'eccessivo consumo interno di petrolio sia per consentire una rilevante esportazione di gas verso la
Grecia.
Gran parte dei giacimenti minerari resta tuttora inesplorata, anche se sono stati già identificati
depositi di carbone, ferro, rame, piombo, zinco (di cui l'Iran è al primo posto nel mondo per
riserve) e cromite, argento, manganese, sale, magnesite e zolfo alimentano l’industria
estrattiva.In Iran la produzione industriale su larga scala si sviluppò negli anni Settanta e oggi il
settore contribuisce per il 44,6% alla formazione del PIL.
Industria
Le industrie più importanti sono quelle petrolchimiche, tessili, alimentari, di attrezzatura
elettronica, laterizi, acciaio, autoveicoli.Il 30% della popolazione attiva è impiegato nell’industria.
In forte ascesa è il settore automobilistico (+29%) anche grazie alla tutela del regime protezionistico
caratterizzato dall'esistenza di due aziende parastatali: Iran Khodro e Saipa.
Importante è il settore dell'artigianato, rappresentato soprattutto dalla produzione e
dall'esportazione dei tappeti, tessuti e annodati, e degli scialli di seta.
Agricoltura e allevamento
In base a un piano di riforma agraria iniziato in Iran negli anni Cinquanta, furono ridistribuiti tra i
contadini circa 800.000 ettari di terreni.
Il 30% della popolazione vive ancora di agricoltura, praticata su un territorio coltivato solo per il
10%, coltivando soprattutto pistacchi, cereali, orzo patate, riso, miglio, cotone (che viene
esportato) tabacco, barbabietola e canna da zucchero.
Tra i prodotti principali si annoverano anche pomodori, tè, datteri, olive, agrumi e semi
oleosi.Diffuso è l’allevamento bovino nelle zone di pascoli, ovino e caprino in quelle più aride. Si
allevano inoltre equini, cammelli, bufali e volatili da cortile.
Dalle uova di storione pescato nel Mar Caspio si ricava una pregiata qualità di caviale.
L'allevamento è una risorsa fondamentale sia per l'industria e sia per il settore alimentare (latte e
derivati), per il tessile (lana) e per il cuoio.Il pellame iraniano è il migliore sul mercato
internazionale per il tipo di grasso sottopelle degli animali.
L'Italia è uno dei maggiori importatori di pellame iraniano; vengono importate ogni anno circa 22
milioni di pelli di pecora e 8-10 milioni di pelli di vitello e capra.
INDICI IRAN
Ordinamento politico: Repubblica Islamica dell'Iran (Jomhuri-ye Eslami- ye Iran)
Tipo di Governo: Repubblica Islamica
Collocazione geografica: Medio Oriente, 32°nord - 53° est
Confini: Nord: Armenia (35Km di confine), Azerbaijan (432km), Turkmenistan (992 Km);
Est: Afghanistan (936 Km), Pakistan (909 Km); Ovest: Turchia (499 Km), Iraq (1458 Km).
Capitale: Tehran (10 milioni di abitanti)
Divisione amministrativa: 30 province (Ardabil, Azarbayjan-e Gharbi, Azarbayjan-e Sharqi,
Bushehr, Chahar Mahall va Bakhtiari, Esfahan, Fars, Gilan, Golestan, Hamadan,
Hormozgan, Ilam, Kerman, Kermanshah, Khorasan-e Janubi, Khorasan-e Razavi, Khorasane Shemali, Khuzestan, Kohgiluyeh va Buyer Ahmad, Kordestan, Lorestan, Markazi,
Mazandaran, Qazvin, Qom, Semnan, Sistan va Baluchestan, Tehran, Yazd, Zanjan)
Giorno di festa nazionale: 1 Aprile (1 Aprile 1979: giorno di proclamazione della Repubblica)
Sistema legale: Esiste una Costituzione approvata tra il 2 e il 3 Dicembre 1979 e
successivamente modificata nel 1989 per ampliare i poteri del Presidente della Repubblica ed
eliminare la figura del Primo Ministro.
Moneta corrente: Rial iraniano (IRR)
Partecipazioni a Organizzazoni Internazionali: CCC, CP, ECO, ESCAP, FAO, G-19, G-24, G77, IAEA, IBRD, ICAO, ICC, ICRM, IDA, IDB, IFAD, IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO,
Interpol, IOC, IOM, ISO, ITU, NAM, OIC, OPCW, OPEC, PCA, UN, UNCTAD, UNESCO,
UNHCR, UNIDO, UPU, WCL, WFTU, WHO, WIPO, WMO, WToO
Popolazione: 68,688,433 di abitanti (Luglio 2006), (69% tra i 15-64 anni, 26.1% tra 0-14 anni,
4.9% sopra i 65 anni)
Età media: 24 anni (maschi 24, femmine 25)
Percentuale di nascite: 17 nascite ogni 1000 abitanti (mediamente 1.8% per donna)
Percentuale di decessi: 5,55 ogni 1000 abitanti
Tasso di crescita: 1.1%
Vita media: 70 anni (maschi 68, femmine 71)
Mortalità infantile: 40.3 decessi ogni 1000 abitanti
Nazionalità: Iraniana
Gruppi etnici: Persiani 51%, Azeri 24%, Gilaki e Mazandarani 8%, Curdi 7%, Arabi 3%,
Lur 2%, Baloch 2%, Turkmeni 2%, altro 1%
Religioni: Islam sciita 89%, Islam sunnita 9%, Zoroastrianesimo, Ebraismo, Cristianesimo
Lingue: Persiani e dialetti Persiani 58%, Turco e dialetti turchi 26%, Curdo 9%, Lori 2%,
Balochi 1%, Arabo 1%, Turkish 1%, altri 2%
Alfabetizzazione: Totale 79.4% (maschi 85.6%, femmine 73%) [stime 2003]
TEHRAN - la capitale dell' Iran
Grande città di una piccolissima provincia omonima sulle pendici della catena montuosa Alborz,
Tehran, pur essendo una tra le più antiche città iraniane, nasce come un piccolo villaggio che nel X
secolo viveva un po' all'ombra della vicina Rey: solo nel 1795, per volere del re cagiaro Agha
Mohammad Khan-e-Qajar, venne scelta come capitale del Paese e punto di riferimento di
regnanti e popolazioni vicine.
Fatta inizialmente solo di pochi rigogliosi giardini che rinfrescavano le strade polverose di un
piccolo borgo di commercianti, Tehran, prima di diventare la città più importante del Paese, divenne
a poco a poco il rifugio di molti viandanti di passaggio o di genti che fuggivano dalle numerose
invasioni barbare che l'Iran ha subìto, attratti dalle forti mura che presto sono sorte intorno alla
ancor piccola città.
Già nel 1758 Karīm Khān Zand, shah all'epoca, minacciato dai Cagiari nella sua capitale, pensò di
trasferire la sede reale dalla più importante città di Shīrāz a quella ben più sicura di Tehran,
appunto, finché poi però, sconfitto dallo stesso erede cagiaro Agha Mohammad Khan-e-Qajar, lo
shah fu costretto a fuggire e riparare nuovamente nella antica Shīrāz.
Una storia molto giovane, dunque, quella della capitale iraniana, che ha visto poi l'inarrestabile
ascesa demografica della città, che oggi conta economicamente, socialmente e politicamente, più di
ogni altra città iraniana e raccoglie oltre 11 milioni di abitanti, senza contare l'area metropolitana
che circonda l'agglomerato urbano, che fa lievitare le stime anche a 15 milioni di abitanti.
La città è situata all'altitudine di 1100 metri, tuttavia, il suo centro più antico si sviluppava a partire
da una profonda valle all'ombra delle montagne; etimologicamente il suo nome, infatti, significa
"andare verso il basso", a indicare la strada che, evidentemente, i popoli e le tribù nomadi
dovevano percorrere per raggiungere l'originario villaggio.
MASHAD
Mashhad, 924 Km da Teheran.
Mashhad, o, come è più corretto dire, Mashhad-è Moghaddas (Mashad la Sacra), significa
letteralmente 'luogo del martirio' o 'luogo in cui è seppellito un martire' ed è sacra agli sciiti
perchè è la località in cui nell'871 morì l'ottavo imam, Reza e la sua tomba divenne
un'importante meta di pellegrinaggio per gli sciiti.
Quello che era un piccolo villaggio divene con il tempo una grande città. l'attuale Mashhad,
capoluogo della provincia del Khorasan e il più importante centro di pellegrinaggio dell'Iran.
Mashhad conta circa un milione e mezzo di abitanti ed ha un clima tipicamente continentale,
con inverni molto freddi quasi sempre ricchi di neve.
L'attrattiva principale della città è costituita dal santuario dell'imam Reza e gli edifici
circostanti, che sono senza dubbio una delle meraviglie del mondo islamico.
La storia di Mashhad è indissolubilmente legata a quella del suo tempio. Secondo le credenze
popolari, Reza, erede del califfato Abbaside e ottavo imam sciita, morì in quello che allora era
poco più di un villaggio nell'817 dopo aver mangiato dell'uva. Anche se non esistevano prove si
diffuse la voce che era stato avvelenato per ordine del califfo Ma'mun. In ogni caso, qualunque
fosse la verità, Ma'mun lo seppellì in una torre accanto alla tomba di suo padre, il famoso
Harun-ar-Rashid, e con il tempo il luogo della sepoltura incominciò ad attirare i pellegrini sciiti.
Il piccolo villaggio circostante il tempio crebbe e si trasformò in una piccola città, chiamata in
seguito Mashhad, ma per molti secoli il suo sviluppo fu lento e per lungo tempo essa rimase un
luogo di pellegrinaggio di importanza solo regionale. Nel 944 il tempio venne distrutto dal
fervente sunnita Saboktagin, fondatore della dinastia gasnavide, per essere ricostruito solo dal
figlio di questi Mahmud nel 1009.
Successivamente, anche negli anni bui del dominio mongolo Mashhad ebbe uno sviluppo tale
da farne nel XV secolo il capoluogo del Khorasan.
La città diventò un centro di pellegrinaggio di prima grandezza solo all'inizio del XVI secolo con
l'avvento della dinastia safavide. Dopo aver fatto del credo sciita la religione di Stato, i più
brillanti tra i primi re safavidi, tra cui Abbas I, attribuirono alla città ed al santuario
quell'importanza che da allora hanno sempre avuto presso gli sciiti.
Come si può immaginare, tutte le strade di Mashhad portano al Santuario dell'Imam Reza ed
alla strada circolare che lo racchiude, la Falakè-ye Haram-è Motahhar, e tutto ciò che può
essere di qualche interesse è raggiungibile facilmente da qui. Allontanadosi da questo centro
geografico e spirituale la città tende a diventare abbastanza anonima.
Haram-è Motahhar-è Emam Reza
Il santuario dell'Imam Reza e gli edifici circostanti l'haram-e motahhar (recinto sacro)
comprendono una delle meraviglie del mondo islamico. Oltre al santuario, questa grande isola
circolare circondata da mura e situata al centro di Mashhad contiene due moschee, sei collegi
teologici, due cortili principali e due minori, diverse biblioteche, due musei, una pensione e altri
edifici religiosi e amministrativi. Gran parte della storia del tempio è direttamente legata alla
storia di Mashhad stessa. La prima camera che ospitava la tomba dell'imam Reza fu costruita
all'inizio del IX secolo dal califfo Harun-ar-Fashid, ma in seguito venne più d'una volta distrutta
e successivamente restaurata; la struttura attuale situata al centro del complesso venne fatta
erigere dallo scià Abbas I all'inizio del XVII secolo. Da allora l'insieme degli edifici è stato
continuamente restaurato ed ingrandito. Il sarcofago è protetto da una grande ingabbiatura
d'oro a graticcio ed è questo l'oggetto che i fedeli abitualmente toccano o addirittura baciano
per implorare su di loro la protezione del potente Imam. Il mausoleo costruito sulla tomba ha
una scintillante cupola dorata e un unico minareto. Dal punto di vista architettonico la Masjedè Azim-è Gohar Shad o Grande Moschea di Gohar Shad è ancora più imponente del mausoleo.
Infatti è sormontata da una cupola di porcellana blu alta 50 metri ed ha un maestoso portale
dorato. Questa moschea fu fatta erigere all'inizio del XV secolo da Gohar Shad, la potente
moglie del figlio maggiore di Tamerlano, donna dalla forte personalità e amante delle arti.
Costruito tra il 1405 e il 1418, questo grandioso edificio è notevole per le sue ricercate
decorazioni. Annessi al recinto sacro ci sono due musei che custodiscono entrambi una raccolta
degli oggetti preziosi donati al santuario dai pellegrini sin dall'epoca dell'Imam Reza. Il Muzèye Moghaddas o Museo Sacro è il più grande e tra i molti oggetti possiede una porta con
bassorilievi d'oro del XVI secolo che in origine apparteneva al mausoleo e il Tappeto delle Sette
Città Amate, che si dice sia stato relizzato da 10.000 tessitori in 14 anni e che abbia
30.000.000 di nodi.Bazar
Intorno al santuario ci sono tre bazar nel più grande dei quali, il Bazar-e Bozorg, si possono
trovare i rinomati turchesi di Mashhad.
Gambad-e Sabs
Situata al centro della piazza che porta il suo nome, la Cupola Verde è probabilmente l'edificio
storico più interessante e meglio conservato di mashhad, oltre al Santuario dell'Imam Reza. Si
tratta di un piccolo mausoleo quadrangolare usato dai dervisci Naghshbandi e costruito
originariamente durante il periodo dei Safavidi ma parzialmente ricostruito in seguito. Il
gombad (la cupola) al suo interno ospita la tomba dello sceicco Mohammad Hakim Mo'men,
autore di un famoso libro di medicina.
Bogh'è-ye Khajè Rabi Si tratta di un bel mausoleo ottagonale del XVI secolo che si trova
quattro chilometri a nord del centro di Mashhad. Vale la pene di visitare questo edificio per le
famose iscrizioni del XVI secolo realizzate da Ali Reza Abbasi, uno dei più abili calligrafi
persiani. Il mausoleo è attualmente circondato da un grande cimitero di martiri che in origine
era un parco.
ISFAHAN
La città persiana più ricca di monumenti islamici è senza dubbio Isfahan: lo Zayandè Rud Isfahan.
Attraversata dal fiume Zayandè, essa si trova al centro dell'altipiano iranico e conta circa un
milione di abitanti.
A Isfahan il clima è assai gradevole e si mantiene temperato durante quasi tutto l'anno. Dista
da Teheran 414 Km.
Data la sua posizione strategica al centro del Paese, per molto tempo Isfahan è stata un
importante centro commerciale ma il suo momento di massimo splendore lo conobbe durante il
regno dello scià Abbas I (1578-1629). Cacciati dal Paese i Turchi Ottomani, Abbas il Grande,
della dinastia dei Safavidi, salì al potere nel 1578 con il proposito di rafforzare l'unità nazionale
e decise che Isfahan sarebbe diventata una grande e bellissima città. I monumenti che furono
innalzati sotto la sua guida sono tra i più splendidi esempi di architettura islamica mai costruiti
e ancora oggi testimoniano il potere e la lungimiranza dello Scià. La via principale, che
attraversa la parte più importante della città da nord a sud, è il Kheyabun-e Chahar Bagh
('quattro giardini').
La maggior parte dei monumenti e degli alberghi di Isfahan si trova nella zona adiacente alla
Chahar Bagh ed è piacevole passeggiare lungo questo viale ombreggiato di alberi Al centro
della città, oggi come in passato, si apre la splendida Meidun-e Emam, chiamata a volte anche
Meidun-e Naghsh-e Jahan. Questo enorme spazio aperto, con i suoi 500 metri di lunghezza e
160 di larghezza, è una delle piazze più grandi del mondo e rappresenta un maestoso esempio
di urbanistica. Realizzata nel 1612, intorno ad essa si concentrano molti tra i più preziosi
monumenti di Isfahan.Masjed-e Emam
Lungo uno dei lati più brevi della Meidun-e Emam, precisamente su quello meridionale, sorge
questa magnifica moschea, che costituisce una della più imponenti e favolose opere
architettoniche mai realizzate in Iran. Tanto gli esterni che gli interno sono completamente
rivestiti dalle piastrelle di maiolica azzurra che sono diventate uno dei simboli di Isfahan.
Sebbene il portale di ingresso, fiancheggiato da due minareti identici, si affacci direttamente
sulla piazza, l'edificio della moschea è orientato in direzione della Mecca. Commissionata dallo
Scià Abbas il Grande, la costruzione della moschea richiese 26 anni e fu ultimata nel1638. Il
colore delle piastrelle assume tonalità diverse a seconda delle condizioni di luce in modo che ad
ogni ora del giorno questo capolavoro dell'arte islamica ci appare con un volto diverso.
Attraversato il grande portale di ingresso. dopo un breve corridoio si accede alla sala che
immette nel cortile interno circondato da quattro iwan (atrii colonnati). Ciascuno di essi
conduce a una sala di preghiera a volta, la più grande della quali è quella sul lato meridionale.
Kakh-e Ali Ghapu
Sul lato ovest della Meidun-e Emam sorge questo palazzo a pianta quadrata costruito come
sede di governo, dal cui enorme padiglione lo scià e i suoi ospiti erano soliti seguire le parate e
le altre manifestazioni che si svolgevano nella piazza. Purtroppo molti degli affreschi e mosaici
che decoravano gli ambienti interni sono andati distrutti, tuttavia all'ultimo piano è possibile
ammirare i particolari soffitti traforati, intagliati con le forme degli strumenti musicali, opera
che probabilmente non ha eguali in tutto l'Iran.
Masjed-e Sheikh Lotfollah
Di fronte al Kakh-e Ali Ghapu, sul lato orientale della Meidun-e Emam, si trova questa
piccola moschea, alquanto singolare perché priva di minareti. Tale mancanza è dovuta al fatto
che in origine lo sceicco Lotfollah la fece costruire ad uso privato della sua famiglia e quindi
non c'era alcun bisogno di chiamare a raccolta i fedeli. Pur essendo meno importante della
Masjed-e Emam anche questa moschea rappresenta un piccolo gioiello architettonico, notevole
per l'armonia delle proporzioni e la raffinatezza delle decorazioni. A seconda della luce del
giorno, il colore delle piastrelle che rivestono la cupola varia dal crema al rosa.
Bazar
Per completare il perimetro della piazza, manca il lato breve a nord, sul quale si apre l'ingresso
del Bazar di Isfahan. Il Bazar si estende su di una superficie molto vasta: come la maggior
parte dei bazar iraniani, anche questo è suddiviso in varie strade collegate tra loro, in ognuna
delle quali si svolge una determinata attività o si di vende un certo prodotto.
Chehel Sotun
Dietro il Kakh-e Ali Ghapu si estende un parco che circonda il padiglione di Chehel Sotun, un
edificio destinato ai ricevimenti, fatto costruire dallo scià Abbasi. Il nome del padiglione
significa "Le quaranta colonne", benché in realtà ce ne siano solo venti: si crede comunemente
che le altre venti si vedono riflesse nella vasca del parco. All'interno della palazzina si possono
ammirare alcuni famosi affreschi.
Hasht Behesht
Il palazzo e il giardino safavide di Hasht Behesht (degli 'otto paradisi') si avvistano dal lato
orientale della Chahar Bagh Abbasi, ma l'ingresso si trova lungo il Kheyabun-e Fathiye.
Notevoli sono soprattutto i mosaici e le modanature a stalattite.
I ponti di Isfahan
Isfahan è famosa per i suoi antichi ponti che attraversano lo Zayandè Rud. Il Si o Se Pol 'ponte
delle 33 arcate, costruito nel 1602, collega i due tratti della Kheyabun-e Chahar Bagh e, con la
sua armoniosa struttura, è il ponte più conosciuto della città. Il Pol-e Khaju, circa un chilometro
e mezzo più a valle, è un po' più stretto ma ancora più bello del precedente. Costruito intorno
al 1650 per ordine dello scià Abbas, questo ponte fungeva anche da diga, oltre ad essere un
frequentato luogo di incontro. Ma il più antico dei ponti che attraversano lo Zayandè Rud si
trova fuori città, circa tre chilometri più a valle del Pol-e Khaju e merita sicuramente una visita,
tanto più che la passeggiata per raggiungerlo è piacevolissima. La costruzione in pietra e
mattoni viene fatta risalire al XII secolo, sebbene la struttura portante sia quella di un ponte
sasanide molto anteriore.
Menar Jombun
Benché non siano affatto unici, i "minareti oscillanti" di Isfahan sono probabilmente i più
famosi. Salendo la stretta e ripida scala che arriva in cima ad ognuno di essi e appoggiandosi
saldamente al muro, si può sentire il minareto dondolare avanti e indietro. Il mausoleo
sottostante risale al XIV secolo, ma i due minareti dovrebbero essere di epoca safavide. I
Menar Jombun si trovano circa sette chilometri ad ovest rispetto al centro della città. Jolfa, il
quartiere armeno.
SHIRAZ
Shiraz si trova 895 Km a sud di Teheran.Nel mondo islamico medievale Shiraz era una delle
città più importanti e fu la capitale dell'Iran dal 1750 al 1794, durante la dinastia Zand, periodo
durante il quale furono eretti o restaurati molti dei suoi edifici più belli.
A Shiraz inoltre nacquero e vissero i due poeti persiani più famosi, Hafez (1324-1389) e Sa'di
(circa 1270-1291) ed entrambi hanno qui il loro mausoleo.
Shiraz si trova ad un'altitudine di 1491 m ed è situata in una fertile valle. Il suo clima
gradevole ed i suoi ampi viali alberati la rendono pertanto una delle città più piacevoli di tutto il
Paese. La storia di Shiraz ci porta molto indietro nel tempo, fino all'epoca Achemenide, alla
quale risalgono i primi insediamenti umani nella zona, e successivamente a quella Sassanide in
cui la città era già un importante centro regionale.
Bisogna però attendere i secoli XIII e XIV per vedere il periodo di maggior splendore di Shiraz,
quando, durante la dinastia dei Timuridi, la presenza di Hafez, Sa'di e di molti altri brillanti
artisti e studiosi e le doti naturali della città contribuirono a renderla uno dei più grandi centri
del mondo islamico e un importante centro di calligrafia, pittura, architettura e letteratura. Per
diversi secoli, gli artisti e studiosi di Shiraz venivano inviati come emissari di attività culturali in
altre zone del Paese ed anche all'estero; tra di essi merita di essere ricordato Ostad Isa,
architetto vissuto nel XVII secolo, autore del progetto del Taj Mahal di Agra.
La città vide poi un secondo periodo di prosperità con l'illuminato sovrano Karim Khan che fu il
primo della breva dinastia Zand e che nel 1750 fece di Shiraz la capitale nazionale. Karim Khan
era un sovrano saggio e benevolo e fu uno dei maggiori mecenati dell'arte nella storia
dell'Iran: deciso a fare di Shiraz una capitale degna di questo nome, egli fondò un quartiere
reale, commissionò molti notevoli edifici e fece realizzare un funzionale sistema di irrigazione
ed una rete di fognature che servisse tutta la città. Purtroppo i suie eredi non furono degni di
lui, finchè nel 1798 Mhammad Khan, dopo avere ucciso l'ultimo sovrano della dinastia Zand,
spostò la capitale del Paese a Teheran.
Molte delle meraviglie architettoniche di Shiraz, specialmente il quartiere reale degli Zand,
furono trascurate o distrutte in seguito alla pianificazione irresponsabile della città durante la
dinastia dei Pahlavi. Shiraz è attraversata da ovest ad est dal fiume Rudkhune-ye Khoshk: la
città vecchia ed il centro commerciale di Shiraz sono a sud del fiume, mentre le zone
residenziali più eleganti sono a nord.
Bazar-e Vakil
Il Bazar-e Vakil (bazar del reggente) è situato sul lato sud all'estremità meridionale di Bolvar-e
Karim Khan-e Zand, l'ampio viale alberato, arteria principale della città, che si estende da
ovest ad est praticamente per tutta la larghezza della città. Il bazar venne costruito per
volontà di Karim Khan e si dice che sia uno dei più belli di tutto l'Iran: il soffitto a volta in
mattoni assicura che l'interno sia fresco in estate e caldo in inverno.
Bogh'e-ye Shah-e Cheragh
Questa famosa tomba del 'Re della luce' ospita i resti di Sayyed Mir Ahmad, fratello dell'Imam
Reza, morto o ucciso a Shiraz nell'853. Verso la metà del XIV secolo venne eretto sulla sua
tomba un mausoleo e da allora questo è un' importante meta di pellegrinaggi per gli sciiti. I
riflessi multicolori provocati dal gran numero di piccole piastrelle di vetro dentro il tempio sono
abbaglianti e costituiscono uno spettacolo che rende ragione del soprannome di 'Re della luce'.
Masjed-e Jame-e Atigh
Questa antica moschea, costruita per la prima volta nell'894, si trova poco a sud del Bogh'e-ye
Shah-e Cheragh. Praticamente tutta la struttura originaria è scomparsa in seguito a vari
terremoti e la maggior parte del tempio risale all'epoca safavide o a periodi posteriori.
L'interesse è costituito da un edificio turrito rettangolare molto insolito, situato al centro della
torre: chiamato Khodakhune ('Casa di Dio'), venne costruito nel XIV secolo come deposito per
copie di valore del Corano e si crede che sia modellato sulla Ka'ba della Mecca.
Aramgah-e Hafez
La tomba del famoso poeta Hafez si trova a nord del fiume, in un piccolo giardino. La lapide di
marmo, su cui è inciso un lungo verso tratto da un'opera del poeta, fu posta qui dentro una
piccola teca da Karim Khan nel 1773. Nel 1935 sopra di questa fu posto un padiglione
ottagonale sostenuto da otto colonne di pietra e sormontato da una cupola. Il giardino che
circonda il mausoleo è arricchito da numerose fontane ed è molto piacevole da visitare. Hafez
nacque verso il 1324. Rimasto orfano in giovane età, la sua educazione venne affidata ad
alcuni degli studiosi più importanti di Shiraz: in questo modo, oltre che ad imparare il Corano a
memoria, iniziò ad interessarsi profondamente di letteratura. Buona parte della sua opera
poetica, chiamata Divan-e Hafez, ha un carattere fortemente mistico che non è traducibile e
che ha sempre affascinato lìanimo dei persiani; molte poesie però parlano anche di vino,
usignoli e corti e molti suoi versi sono citati ancora oggi nel parlare quotidiano. Hafez morì nel
1398, dopo avere rifiutato molti generosi inviti a recarsi presso alcune tra le più grandi corti di
quel periodo a causa del suo amore per il luogo in cui era nato.
Aramgah-e Sa'di
Situata all'estremo nord-est di Shiraz, la Tomba di Sa'di si trova in un tranquillo giardino con
una sorgente naturale situato in ina valle ai piedi di una collina, ma il monumento in sè è un
esempio piuttosto infelice di architettura moderna. Il mausoleo che esisteva in precedenza, che
era il risultato di una lunga serie di restauri voluti da vari mecenati dopo la morte di Sa'di, fu
sostituito nel 1952 dopo che un comitato di studiosi lo ebbe dichiarato indegno del grande
uomo cui era dedicato. Lo sceicco Muhammad Shams-ed-Din, noto con lo pseudonimo di Sa'di,
visse all'incirca tra il 1207 e il 1291. Come Hafez perse il padre in tenera età e la sua
educazione venne affidata ad alcuni tra i più importanti studiosi di Shiraz. Diversamente da
Hafez, però, Sa'di trascorse gran parte della sua vita viaggiando in molti paesi e fu anche fatto
prigioniero in Siria dai Crociati prima di darsi alla letteratura nella sua città di origine. Molti dei
suoi eleganti versi riflettono la filosofia dell'umiltà e della pietà che elaborò durante i suoi
viaggi. La sua opera più famosa è il Golestan ('Roseto'). E' sepolto nel luogo che si dice sia
esattamente quello della sua morte. Bagh-e Eram In passato Shiraz era famosa per i suoi
grandi parchi fitti di cipressi, e oggi questo piccolo e ben tenuto 'Giardino del Paradiso', situato
a nord del fiume, vicino all'università, ospita probabilmente i più belli e alti alberi sopravvissuti.
Nei giardini c'è anche un bel palazzo cagiaro del XIX secolo, il Kakh-e Eram.
Bibliografia
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