La Sindrome con iper-IgE e infezioni ricorrenti

QUADERNI SULLE IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE
N. 7
La Sindrome con iper-IgE
e infezioni ricorrenti
(Sindrome di Giobbe)
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ASSOCIAZIONE
IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE
ASSOCIAZIONE
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IMMUNODEFICIENZE
PRIMITIVE
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Quaderni pubblicati da AIP onlus
N.1
La sindrome di Wiskott Aldrich (WAS)
N.2
Il sistema immunitario
N.3
Le immunodeficienze primitive
N.4
L’ Agammaglobulinemia X-recessiva (XLA) o malattia di Bruton
N.5
Le immunoglobuline
N.6
La malattia Granulomatosa Cronica (CGD)
N.7
La sindrome con iper-IgE e infezioni ricorrenti (sindrome di Giobbe)
N.8
La fisioterapia respiratoria nelle immunodeficienze primitive
N.9
Sindrome da delezione 22q11.2
(Sindrome di DiGeorge - Sindrome velo-cardio-facciale)
N.10
Atassia Telangiectasia (AT) e sindromi correlate
N.11
Immunodeficienza Comune Variabile (ICV)
N.12
Le vaccinazioni nelle IDP
Quaderno N7 La Sindrome con iper-IgE e infezioni ricorrenti (Sindrome di Giobbe)
Revisione gennaio 2007
Ristampa maggio 2014
È vietata la riproduzione totale o parziale dell’opera senza l’autorizzazione di AIP onlus.
Finito di stampare nel mese di maggio 2014 presso Color Art, Rodengo Saiano (Bs).
AIP onlus
Sede legale
Cattedra di Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Brescia,
Piazzale Spedali Civili, 1 - 25123 Brescia
Fausto Cossu
Ospedale Microcitemico Università di Cagliari
La Sindrome con iper-IgE
e infezioni ricorrenti
(Sindrome di Giobbe)
Definizione
La storia
A cosa è dovuta questa malattia?
Come si manifesta la malattia?
Diagnosi
Ereditarietà
Come si cura la malattia?
Consigli sulle vaccinazioni
Prospettive di vita
Come si vive la malattia (esperienza di una famiglia)
Coordinamento scientifico della serie
Alessandro Plebani
Università di Brescia
Revisione
Antonio Cao
Università di Cagliari
Giuseppe Tovo
Università di Torino
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Definizione
La Sindrome con iper-IgE e infezioni ricorrenti (in inglese: HIERIS, cioè
Hyper-IgE Recurrent Infection Syndrome; oppure, HIES: Hyper-IgE Syndrome) e una rara immunodeficienza ereditaria; i pazienti affetti presentano nel sangue livelli altissimi di immunoglobuline E (IgE, anticorpi di classe
E), e soffrono di gravi infezioni ricorrenti a carico della cute, dei polmoni e
in altre sedi, nonchè dermatite cronica (infiammazione cronica della pelle)
con severo prurito, e manifestazioni allergiche.
II gene mutato e la corrispondente proteina responsabili della sindrome
sono ancora sconosciuti, tanto più che sembrano esistere tre distinte forme genetiche della malattia. Un gene è stato pero localizzato e si sa che
la relativa proteina deve avere un ruolo oltre che nella risposta immune
anche nello sviluppo dello scheletro, del tessuto connettivo e della dentizione.
La malattia è nota anche come Sindrome di Giobbe (Job’s Syndrome)
in riferimento al personaggio della Bibbia, afflitto da “pustole urenti dalla
pianta dei piedi fino alla cima del capo” (Libro di Giobbe 2,7).
Inoltre, è talvolta indicata come Sindrome della Buckley, dal nome della
scienziata americana Rebecca H. Buckley. Colpisce circa un bambino su
100.000 nati vivi, senza differenze tra maschi e femmine, ed è presente
con frequenza simile in tutte le popolazioni del mondo.
La storia
Nel 1966, in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista medica inglese
Lancet (autori: Davis, Schaller e Wedgwood), vennero descritte due ragazzine dai capelli rossi e dalla carnagione chiara affette da grave dermatite cronica e da ripetuti ascessi “freddi” (cioè con debole infiammazione
acuta) di cute, sottocute, linfonodi, polmoni e fegato.
Gli ascessi erano causati dallo stafilococco, un batterio ubiquitario e molto resistente che si ritrova spesso nell’ambiente e sulla cute o nel naso di
“portatori sani”.
Sempre nel 1966, con una serie di articoli pubblicati sul Journal of Allergy
e sul Journal of Immunology, due ricercatori giapponesi entrambi di nome
Ishizaka riferirono la scoperta delle immunoglobuline E (IgE), identificandole con Ie proteine del siero (“anticorpi reaginici” o “reagine”) responsaLe Immunodeficienze Primitive
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bili delle reazioni di tipo allergico (quali ad es. l’orticaria allergica, l’asma
allergico, lo shock anafilattico). I primi anticorpi di questa classe furono
identificati nel siero di un paziente allergico all’antigene E del polline delle
erbe Ambrosiacee, da cui il nome di immunoglobuline “E”.
Nel 1972, in un articolo pubblicato sulla rivista Pediatrics, Rebecca H.
Buckley descrisse altri pazienti con un quadro clinico analogo a quello
descritto da Davis, individuando però alcuni particolari molto importanti: i
pazienti potevano anche essere maschi e avere carnagione e capelli scuri;
presentavano infezioni ricorrenti causate non soltanto dallo Stafilococco
ma anche da altri microrganismi (es. Candida, un fungo microscopico
patogeno) e avevano nel siero livelli straordinariamente alti di IgE (erano
nel frattempo diventati disponibili i metodi per dosare queste immunoglobuline).
La “Sindrome con iper-IgE e infezioni ricorrenti” veniva così definita per
la prima volta.
Negli anni successivi sono stati eseguiti e descritti molti altri studi clinici
e di laboratorio sulla HIERIS. Lo studio più esteso è molto recente (1999):
vi hanno partecipato pazienti, famiglie e medici di molti paesi (USA, Germania, Spagna, Italia, Israele), ed è stato portato avanti da Bodo Grimbacher, un giovane medico tedesco, e dalla scienziata americana Jennifer
M. Puck. Sono stati esaminati 44 pazienti, 70 loro parenti, e 19 diverse
famiglie con più persone affette. Disegnando gli alberi genealogici delle
famiglie si è meglio definita la modalità di trasmissione della malattia e,
data l’età ormai adulta di molti pazienti, si è potuta descrivere bene l’evoluzione della sindrome durante il corso degli anni. Inoltre, studiando il
DNA (la molecola del nucleo cellulare che contiene i geni) dei pazienti e
dei loro familiari si è visto che la malattia si trasmette nella maggioranza
delle famiglie con il DNA localizzato in un segmento del braccio lungo del
cromosoma n.4, che quindi contiene un gene responsabile della sindrome. Lo studio molecolare è naturalmente ancora in corso, con lo scopo di
identificare questo ed altri eventuali geni coinvolti.
A cosa e dovuta questa malattia?
Come noto, i linfociti B reagiscono contro gli antigeni dei microrganismi
patogeni, es. Ie proteine dei batteri o dei virus, con la produzione di anticorpi specifici (immunoglobuline, Ig) di diverse classi:
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IgM, IgG, IgA. I linfociti B producono anche una quantità minima di immunoglobuline di classe E (IgE), che poi se ne stanno legate sulle mastcellule
(particolari cellule sparse nella cute, mucose respiratorie e gastrointestinali, ed inoltre circolanti nel sangue come granulociti basofili). L’unica funzione nota delle IgE è la difesa contro i macroparassiti multicellulari (vermi
elminti, Trichinella, Schistosoma, ecc.) che in passato erano assai diffusi e
oggi causano ancora malattie molto frequenti e gravi nei paesi piu poveri.
Le IgE attaccano i parassiti insieme con le mastcellule (per questo localizzate nelle possibili sedi dell’ingresso nell’organismo) e con i granulociti
eosinofili.
Normalmente le IgE vengono prodotte in quantità significative soltanto
come anticorpi contro gli antigeni dei parassiti; se invece vengono prodotte contro antigeni di microbi o antigeni ambientali (di per sè innocui
o anzi utili, come pollini, latte vaccino, penicillina, ecc.) possono essere
dannose per l’organismo. Non contribuiscono infatti a distruggere o far
distruggere i microbi (al contrario delle altre Ig), ed in più determinano le
cosiddette reazioni atopiche o allergiche. Le IgE restano fissate sulle mastcellule anche per molti mesi. Se l’antigene (“allergene”) contro cui erano
state prodotte viene reintrodotto nell’organismo (es. inalato, ingerito, o
iniettato) il legame allergene-IgE scatena la rapidissima degranulazione
delle mastcellule chelibera nei tessuti e nel sangue numerose molecole (la
più nota e l’istamina) che causano vasodilatazione, edema, broncospasmo (asma bronchiale), iperperistaisi intestinale (vomito e diarrea), e nei
casi più gravi crollo della pressione e collasso (shock anafilattico). Nella
cute si formano dei pomfi (orticaria), e questo viene anche sfruttato nei
test cutanei (prick test) quando si iniettano superficialmente vari allergeni
per vedere se una persona ha IgE dirette contro di essi sulle mastcellule
della cute ed e quindi allergica.
La concentrazione normale delle IgE nel siero è < 100 IU/mL (inferiore a
100 unità per mL); invece, nei pazienti con HIERIS, le IgE sono presenti
in quantità straordinarie: sono sempre più di 2.500 lU/mL (ma possono
arrivare fino a più di 100.000 IU/mL), prodotte a titolo altissimo contro
i più svariati antigeni di batteri, funghi, alimenti, insetti, pollini, farmaci,
materiali vari, ecc. Si hanno spesso gravi manifestazioni allergiche. Sono
inoltre favorite Ie infezioni, soprattutto batteriche, in quanto Ie IgE prodotte
ad esempio contro lo stafilococco non solo non contribuiscono alla sua
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distruzione ma, anzi, lo proteggono dalle normali difese.
L’aumento straordinario delle IgE è il dato più evidente di una complessa
disfunzione immunologica che interessa anche i linfociti T (si tratta in effetti
di una immunodeficienza primitiva combinata).
Inoltre, l’istamina e altre molecole liberate dalle mastcellule inibiscono la
motilità (“chemiotassi”) dei granulociti più importanti, i neutrofili. Questi
non accorrono come di norma dove ci sono ad es. stafilococchi da fagocitare e distruggere, e così i microbi sono ancora una volta favoriti. Gli
ascessi sono “freddi”, cioè senza i tipici segni della infiammazione acuta
(arrossamento, calore, dolore, formazione di pus), normalmente causati
proprio dall’accumulo locale di neutrofili.
Come si manifesta la malattia?
La dermatite si manifesta nei pazienti affetti da HIERIS entro i primi due
mesi dopo la nascita, talvolta già nella prima settimana, e poi li affligge
cronicamente con fasi alterne di attenuazione e riaccensione.
La pelle si riempie di chiazze formate da micropapule e microvescicole
molto pruriginose, che si ricoprono di essudato sieroso e croste e col
tempo (anche per il grattamento) si induriscono ed assumono un colore
grigiastro.
Le lesioni molto facilmente si infettano (di regola con lo stafilococco), e
vengono spesso interessati anche il sottocute ed eventualmente i linfonodi vicini, con la formazione di “ascessi freddi”.
Si manifestano già dai primi mesi di vita anche le infezioni ricorrenti, causate soprattutto da batteri: Stafilococco aureo, ed inoltre Haemophilus influenzae, streptococco di gruppo A, Pseudomonas, Escherichia coli, ecc.
Oltre alle infezioni di cute e linfonodi, si possono avere sinusiti, otiti medie,
artriti, osteomieliti, sepsi; le più tipiche sono però le polmoniti da Stafilococco o da Haemophilus, che se non curate tempestivamente evolvono
in “pneumatoceli”: cioè, parti dei polmoni vengono distrutte dal microbo
e si trasformano in cavità piene d’aria, che possono superinfettarsi con
nuovi microbi (es. Pseudomonas) o rompersi dando un pneumotorace
ed un’infezione del cavo pleurico. Sono frequenti anche le infezioni da
miceti (funghi): è molto comune l’infezione da Candida (candidiasi mucocutanea), specialmente alle mani e alle unghie, mentre l’Aspergillus può
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invadere un pneumatocele, ed il Criptococco può causare meningite. In
rari pazienti si è osservata polmonite da Pneumocystis carinii. Tra i virus è
soprattutto pericoloso l’Herpes simplex (il virus dell’herpes delle labbra),
che può estendersi sulla cute lesa ed anche causare cheratite e leucomi
(lesioni ed opacamenti della cornea).
Le manifestazioni allergiche sono spesso gravi: asma bronchiale, gastroenterite allergica (con possibile intolleranza a più alimenti), cheratocongiuntivite, reazioni a farmaci, shock anafilattico.
La HIERIS è una sindrome multisistemica, cioè interessa oltre al sistema
immunitario anche altri apparati ed in particolare lo scheletro: le ossa sono
più fragili del normale, e possono aversi a tutte le età fratture conseguenti
a traumi lievi o inapparenti (soprattutto alle ossa degli arti, bacino, e costole). I legamenti sono deboli (“iperlassita legamentosa”), ed i bambini affetti
fanno talvolta a gara nel piegare il pollice fino a fargli toccare la superficie
dell’avambraccio. Possono verificarsi craniosinostosi (saldatura troppo
precoce delle ossa del cranio, con rischio per lo sviluppo dell’encefalo), ed
inoltre piccole malformazioni della linea mediana del corpo (fessura mediana della lingua, emivertebra, spina bifida occulta). Dopo l’adolescenza
si instaura molto spesso una scoliosi (si deve cercare di prevenirla), mentre il viso assume un aspetto particolare (“facies” tipica: fronte prominente,
radice e ali del naso larghe, occhi infossati, asimmetria del viso), per cui
molti pazienti si somigliano tra loro.
Infine, la dentizione: a causa di un caratteristico mancato riassorbimento
della radice, i denti decidui (“denti da latte”) cadono con molta difficoltà o
non cadono affatto, per cui è spesso necessario che il dentista li estragga
per lasciar spuntare normalmente i sottostanti denti permanenti.
Diagnosi
A parte la storia familiare (vedi ereditarietà), si basa sui segni clinici precoci (dermatite, infezioni, manifestazioni allergiche, iperlassita legamentosa)
e su alcuni esami di laboratorio: presenza di IgE dirette contro antigeni
microbici, es. dello Stafilococco o della Candida (queste IgE specifiche
anti-microbi sono del tutto peculiari della HIERIS, e si possono evidenziare
anche con un prick test); ovviamente, livelli di IgE > 2.500 lU/mL (mentre
le altre Ig sono in genere normali, a parte talvolta lieve diminuzione delle
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IgA e deficit delle IgG2); marcato aumento nel sangue dei granulociti eosinofìli (eosinofilia); deficit di risposta dei T linfociti verso gli antigeni, es. il
tossoide tetanico e la candidina, evidenziabile con il test di proliferazione
in vitro oppure con il multitest (si avrà un pomfo immediato, ma non la
normale reazione micronodulare ritardata); piastrine normali per numero
e dimensioni.
All’inizio, nel bambino piccolo, la HIERIS viene quasi sempre scambiata
con la “dermatite atopica” (o “eczema atopico”), una malattia molto più
comune e meno grave. Nella dermatite atopica però l’esordio è più tardivo (dopo i due mesi), le IgE possono anche essere molto aumentate
ma senza mai presenza di IgE specifiche anti-microbi, le lesioni cutanee
sono più infiammate (ad es. sono eritematose, cioè arrossate), e mancano
l’immunodeficenza e le conseguenti infezioni; anche l’eventuale infezione
delle lesioni cutanee (“impetiginizzazione”) resta superficiale, senza ascessi freddi.
Ereditarietà
La HIERIS è una malattia genetica ereditata con “trasmissione auto-somica dominante” a “espressività variabile”, e con il fenomeno della “anticipazione genetica”. Vediamo cosa significano questi termini:
• il gene della HIERIS è localizzato su un cromosoma autosomico (come
il cromosoma n.4); nelle nostre cellule ogni cromosoma autosomico
(dal n.1 al n.22) è presente in due copie, uno ricevuto dal padre e
l’altro dalla madre (ci sono poi due cromosomi X nelle femmine, o un
cromosoma X ed un cromosoma Y nei maschi), e quindi anche ogni
gene posto su un cromosoma autosomico è presente in due copie;
nel caso della HIERIS uno solo dei due geni è anomalo (mutato) e questo basta per avere la malattia, cioè il gene mutato è dominante su
quello normale;
• di conseguenza, non possono esistere portatori sani del gene mutato
della HIERIS, e la malattia viene trasmessa da un genitore affetto (può
essere sia il padre che la madre) ad un figlio (sia maschio che femmina)
con un rischio del 50%; cioè, da un genitore affetto può nascere al 50%
un figlio affetto (se riceve il cromosoma col gene mutato) ed al 50 % un
figlio sano (se riceve il cromosoma col gene normale);
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• in molte famiglie colpite dalla HIERIS questa modalità di trasmissione è
ben evidente, ma in altre invece entrambi i genitori di un paziente affetto
sono apparentemente normali; come si spiega questo? Esistono due
possibilità: il paziente è affetto a causa di nuova mutazione, verificatasi
in un gene HIERIS di uno dei gameti (cellule sessuali: uovo o spermatozoo) che formarono l’embrione; oppure, più spesso, uno dei genitori
è in realtà affetto da HIERIS, però con un quadro clinico attenuato, non
diagnosticato;
• appunto, la HIERIS (come molte altre malattie a trasmissione autosomica dominante) può presentarsi, anche tra le persone affette appartenenti ad una stessa famiglia, con un quadro clinico differente (molto
grave o invece attenuato), cioè con “espressività variabile”; e, di solito,
la HIERIS è molto più grave nella generazione successiva, cioè nei figli
affetti rispetto al genitore affetto (“anticipazione genetica”).
Come si cura la malattia?
La HIERIS è prima di tutto una immunodeficienza e va trattata come
tale. Si deve fare una chemioprofilassi antibiotica continua rivolta soprattutto contro lo Stafilococco (con ad es. dicloxacillina, cefaclor, oppure
amoxicillina-clavulanico); e, in caso di febbre o altri sintomi sospetti per
un’infezione, dopo aver avviato le colture per cercare di isolare il microbo
responsabile, si deve subito iniziare una terapia antimicrobica endovenosa ad alte dosi e ad ampio spettro d’azione (contro lo Stafilococco ma
anche contro gli altri batteri e contro i funghi). La candidiasi mucocutanea
e l’herpes simplex vanno trattati, ed eventualmente prevenuti in profilassi,
rispettivamente con un farmaco anti-fungino (es. fluconazolo o itraconazolo) e con l’aciclovir.
Naturalmente, anche in assenza di sintomi (ma la dermatite c’è sempre)
è molto utile eseguire periodicamente le colture da cute, naso, faringe,
espettorato, ecc., per vedere quali microbi sono presenti (ancora una volta si ritrova spesso lo stafilococco, ed è molto importante farne l’antibiogramma, cioè vedere a quali antibiotici è sensibile o invece resistente).
La dermatite, oltre ad essere un importante focolaio d’ingresso dei microbi, è molto disturbante: il prurito può essere davvero insopportabile, mentre l’aspetto estetico può creare gravi problemi relazionali e psicologici già
dai primi anni di scuola e tanto più con l’adolescenza. II prurito è talvolta
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alleviato dagli antistaminici per os (es. idrossizina, cetirizina, o clorfenamina), che hanno anche un effetto sedativo e sono perciò utili soprattutto
per consentire il riposo notturno. La dermatite richiede un trattamento
locale quotidiano con lo scopo di detergere le croste (bagni brevi e tiepidi, con detergenti oleosi non saponosi), alleviare Ie lesioni della cute e
idratarla (cortisonici topici nelle fasi di acuzie; pomate emollienti semplici)
e prevenire Ie infezioni sovrapposte (impacchi con garze medicate, creme
antimicrobiche). Le manifestazioni allergiche possono essere gravi, ed è
molto difficile individuare singoli allergeni scatenanti dato che vengono
prodotte IgE contro moltissimi antigeni. Comunque, si deve seguire la
profilassi e la terapia delle normali malattie allergiche, con ad es. dieta priva degli alimenti che hanno causato vomito, diarrea o orticaria (talvolta ne
beneficia anche la dermatite), indumenti di cotone (evitare lana e tessuti
sintetici), casa libera dagli acari della polvere, profilassi e terapia dell’asma
bronchiale, ecc. In questi pazienti si devono sempre prevedere reazioni
allergiche verso i farmaci (ad es. è comune esperienza procurarsi con mille
difficoltà la dicloxacillina, che in pratica non è più in commercio, e doverla
sospendere dopo poche somministrazioni).
Ogni paziente affetto da HIERIS può presentare shock anafilattico dopo
ingestione, inalazione o, tanto più, inoculazione di svariati allergeni (anche
in caso di semplici prick test), e perciò deve avere sempre con sè la siringa autoiniettante di Adrenalina pronta e, eventualmente, anche le fiale di
clorfenamina (antistaminico) e di idrocortisone e lo spray di salbutamolo.
È discussa l’efficacia nella HIERIS di farmaci come ciclosporina, gammainterferone, alfa-interferone, mentre in situazioni infettive critiche si è ricorso alle Ig umane per via endovenosa (con adeguata premedicazione!) ed
alla plasmaferesi.
Nei pazienti affetti da HIERIS molto grave è spontaneo porsi il quesito se
un trapianto di midollo osseo possa guarire la sindrome: la risposta è al
momento negativa. Infatti, molto recentemente è stato descritto il primo
trapianto di midollo, eseguito in una bambina inglese di 7 anni: il trapianto
è attecchito stabilmente (sono passati quasi 4 anni), cioè tutte le cellule
del sistema immunitario e del sangue (linfociti, granulociti, monociti) sono
del donatore normale, ma, purtroppo, la bambina ha di nuovo tutte le manifestazioni cliniche e immunologiche della HIERIS. Questo, naturalmente,
suggerisce che il difetto primitivo della HIERIS (la proteina mutata) non sta
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nei linfociti nè nelle altre cellule del sangue; probabilmente è invece una
molecola del tessuto connettivo, che in qualche modo regola in modo
anomalo la funzione dei linfociti T e secondariamente dei linfociti B.
Consigli sulle vaccinazioni
In una paziente affetta da HIERIS è stata osservata un’infezione disseminata dopo vaccinazione anti-tubercolosi con BCG (Bacillo di CalmetteGuerin, che è un mycobatterio normalmente non patogeno). La vaccinazione anti-TBC è quindi da evitare.
Le altre vaccinazioni (anche quelle con virus “vivi” attenuati”) non sono
controindicate e non sono mai state descritte complicanze sfavorevoli.
Da ricordare che l’inoculazione di un vaccino può causare in individui
predisposti reazioni allergiche anche gravi (soprattutto per la presenza di
sostanze accessorie varie quali gelatina, neomicina, polimixina, ecc.), e
quindi il medico dovrà sempre osservare le adeguate precauzioni.
Prospettive di vita
In passato le complicanze più frequenti e pericolose per questi pazienti erano i pneumatoceli post-polmoniti (che richiedevano anche ripetuti
interventi chirurgici sul torace e guarivano molto raramente), le infezioni
“fulminanti”, gli ascessi multipli, la “distrofia” generalizzata.
Attualmente, con la migliore conoscenza della malattia (e quindi diagnosi
precoce e soprattutto profilassi e terapia anti-microbica appropriate) anche i pazienti che presentano le forme cliniche di HIERIS più gravi possono condurre una vita quasi normale e raggiungere le età piu avanzate.
Tanto piu che si è osservato come nell’età adulta la sindrome possa spesso migliorare (addirittura, si è visto che nel 25% dei pazienti le IgE sieriche
si riducono, fino anche a livelli normali!).
Naturalmente, la dermatite cronica, le frequenti ospedalizzazioni, gli episodi di “crisi”, ecc., causano notevoli sofferenze, ed è fondamentale un
adeguato sostegno psicologico dei pazienti e dei loro familiari. Al riguardo,
si dimostrano ancora una volta molto utili la comunicazione ed il confronto
con altri pazienti affetti dalla stessa sindrome o da malattie simili.
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Come si vive la malattia (esperienza di una famiglia)
È grande lo sconforto quando un figlio, un bambino piccolissimo, soffre
di una malattia rara e grave, che non si sa cosa sia e come andrà avanti.
Finalmente, dopo aver girato molti ospedali, si scopre che il problema non
è una “semplice” dermatite atopica ma è invece “qualcos’altro”, molto più
impegnativo.
E lo sconforto aumenta. Ma ora la malattia si conosce e si può capire,
pertanto, la si può affrontare. Con la profilassi antibiotica il bambino migliora, ed i ricoveri per infezioni gravi diventano meno frequenti e, comunque, si superano meglio e causano meno ansia anche per il futuro. Intanto
il bambino cresce, inizia ad andare a scuola e deve trovare insegnanti e
compagni che lo aiutino a non sentirsi malato o “diverso”, anche se la
pelle e piena di macchie (e qualcuno pensa che siano contagiose), anche
se i gessetti, la plastilina e Ie merendine non si possono toccare, viene
spesso l’asma e Ie assenze sono molte. Nell’adolescenza i problemi psicologici aumentano, perche è più difficile accettare la malattia ed inserirsi
nei “gruppi” di coetanei (soprattutto nei nuovi gruppi). È facile stancarsi
di prendere Ie medicine tutti i giorni, portare certi farmaci sempre con
sè, rinunciare a certi cibi, ecc. Si può provare un pericoloso “rifiuto” del
problema.
Però, al contrario, l’adolescente può adesso affiancare in pieno i genitori
nello studiare e conoscere la propria malattia e nell’informarsi su di essa.
Insieme si spera che qualcosa di nuovo venga scoperto e possa aiutare,
e magari Ie notizie (quelle serie, non quelle sensazionalistiche dei giornali)
possono anche essere buone, come il sapere che si sta scoprendo il gene
responsabile o che si è dimostrato che con gli anni la malattia migliora.
Le malattie “rare” sono rare ognuna per sè, ma tutte insieme sono invece
molto comuni: frequentando gli ospedali, si conoscono tanti bambini con
storie simili e li si vede crescere insieme al proprio figlio, con certe famiglie
e con certi medici si instaura anche un rapporto di amicizia, e ci si aiuta,
si affrontano le burocrazie socio-sanitarie, si superano i momenti peggiori,
si va avanti nella vita di tutti i giorni.
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Le Immunodeficienze Primitive
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La Sindrome con iper-IgE
R
ASSOCIAZIONE IMMUNODEFICIENZE
PRIMITIVE
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