Nel quinto secolo Lipari ebbe una diaconessa?
di Michele Giacomantonio
Il 12 maggio scorso Papa Francesco ha annunciato l'intenzione di istituire una Commissione di
studio sul diaconato femminile, di cui si fa menzione nella Tradizione della Chiesa primitiva,
ritenendo che le donne diacono sono "una possibilità per oggi".
Forse è interessante conoscere che nella chiesa liparense dei primi secoli – la Santa e Cattolica
Chiesa dei Liparéi come si legge in una epigrafe del V secolo - può essere esistita almeno una
diaconessa che si chiamava Proba.
L’epigrafe funeraria su cui si basa questa ipotesi, fu rinvenuta nel gennaio del 1981 nel corso di una
delle ultime campagne di scavo condotte da Luigi Bernabò Brea e da Madelene Cavalier nel
cosiddetto “predio” Zagami in contrada Diana e risalirebbe alla seconda metà del V secolo. Lo
scritto, in lingua greca, molto compromesso ed in parte cancellato è stato frutto di molte
elaborazioni anche con tecniche digitali e di molte discussioni, oggi si trova nella sezione romana,
bizantina, medioevale e moderna del Museo archeologico eoliano “L.Bernabò Brea”, sala XXVI
(inv.13978).
Qui pubblichiamo due immagini di questa epigrafe tratte da A. Pagliara, Epigraphica Liparensia. Una
proposta per l’ortodossia di Proba.
L’iscrizione è stata così ricostruita:
Abbiamo utilizzato la traduzione italiana del prof. Giuseppe Iacolino mettendo al posto delle parole
fra parentesi, frutto di congetture, dove le lettere sono cancellate o non si riescono ad interpretare, i
puntini lasciando aperta l’interpretazione . La frase che ne risulta è la seguente:
“Si è addormentata in lungo sonno …….nella pace la serva … Dio Proba……. di Cristo.. della
Santa e Cattolica Chiesa dei Liparei, moriva di anni 20 avanti al primo delle calende di
settembre” 1.
Il primo vuoto potrebbe essere ricostruito con le parole “nella fede e”, il secondo con “di”, l’ultimo
con “e”. Il punto più controverso è dato dalla parola che segue il nome Proba e precede “di Cristo
e della Santa e Cattolica Chiesa dei Liparei”.
Santi Luigi Agnello, che alla epigrafe ha dedicato un attento studio, osserva che “di regola, ma con
numerose eccezioni, le parole ‘della santa chiesa cattolica’ sono precedute dal titolo del ministero
cui il defunto era ascritto” 2, e pur con alcuni dubbi, avanza l’ipotesi che questo possa essere
dicono/essa 3.
Già il titolo di diacono attribuito alle donne aveva nella Chiesa primitiva, in genere, un significato
riduttivo. Il vescovo Epifanio di Salamina, (Eleuteropoli, 315 circa – 403), venerato dalle Chiese
cattolica e ortodossa come santo e Padre della chiesa ha scritto, probabilmente fra 374/375 e
377/378, il Panarion che costituisce una fonte preziosa sulla Chiesa del IV secolo. Nella sua opera
egli torna per ben due volte su questo argomento.
«E’ vero – afferma nel primo intervento - che nella Chiesa esiste l'ordine delle diaconesse, ma non
per esercitare funzioni sacerdotali , né per affidare loro qualche compito, ma a causa della decenza
del sesso femminile, o al momento del battesimo , o per l'esame di una sofferenza o di un dolore, o
quando il corpo della donna dev'essere denudato, perché non sia esposto alla vista degli uomini che
officiano, ma sia visto dalla diaconessa che riceve dal sacerdote l'ordine di prendersi cura della
donna nel momento della sua nudità; così l'ordine della disciplina e la regola ecclesiastica sono
assicurate assai solidamente e saggiamente dal canone. Perciò la parola divina non permette a una
donna di parlare nell'assemblea né di esercitare autorità sull'uomo (cf. 1 Cor. 14, 34; 1 Tim. 2, 12)
(...). Inoltre, bisogna osservare che quando l'organizzazione ecclesiastica ha avuto bisogno di
diaconesse: ha nominato vedove, e le più anziane tra queste sono chiamate “presbitere”, ma non ha
mai ammesso delle donne presbitero o sacerdotesse. Neppure gli stessi diaconi, d'altronde, si sono
visti affidare nell'organizzazione ecclesiastica il compito di celebrare alcun sacramento, ma soltanto
quello di collaborare ai sacramenti celebrati».
Il secondo testo di Epifanio sulle diaconesse si trova nel De fide, che segue il Panarion. Dopo aver
presentato i diversi stati della vita (verginità, vita solitaria, continenza, vedovanza, matrimonio),
egli espone l'esigenza della continenza nel matrimonio e l'esclusione delle seconde nozze per coloro
che fanno parte del clero: il vescovo, il presbitero, il diacono e il suddiacono. Resta escluso da
quest'obbligo l'ordine dei lettori . Quanto alle diaconesse ripete che sono stabilite unicamente per il
servizio delle donne a causa delle decenza allorché si presenta il bisogno, a causa del battesimo ( o
1
G.Iacolino, Le Isole Eolie nel risveglio delle memorie sopite. Il primo millennio cristiano, Lipari 1996, pag.68.
Santi Luigi Agnello, L’iscrizione di Proba, in L. Berabò Brea, Le Isole Eolie dal tardo antico ai Normanni, Ravenna
1989
3
A. Pagliara, Epigraphica Liparensia. Una proposta per l’ortodossia di Proba, in “Seia” , 6-7, 2001-2002
2
per esaminare i loro corpi). Le diaconesse devono essere state sposate una sola volta ed essere
continenti o vedove dopo un solo matrimonio o sempre vergini».
Le diaconesse, dunque ,- osserva il prof. Giovanni Antonio Nigro dell’Università di Bari occupavano una posizione intermedia all'interno dell' “organizzazione ecclesiastica”, dopo diaconi,
suddiaconi e lettori e prima di esorcisti, traduttori, becchini e portinai; gli obblighi loro imposti in
materia di matrimonio sono gli stessi di quelli dei membri della gerarchia sacerdotale, di cui però
non fanno parte: i loro compiti liturgici o caritativi sono sostanzialmente limitati all'assistenza delle
donne al momento del battesimo e in caso di malattia. Non si accennava invece ad un loro ruolo
nella catechesi 4.
Certo quanto scriveva il vescovo Epifanio era l’indirizzo generale poi vi potevano essere sempre
differenziazioni da luogo a luogo. Comunque sul significato di quelle tre lettere che seguono il
nome di Proba non c’è unanimità fra gli studiosi.
Secondo il Manganaro 5 Proba sarebbe stata una ostaria . Gli ostari erano il primo gradino
dell’ordine ecclesiastico e rappresentavano una sorta di filtro fra l’esterno e l’interno dei luoghi di
culto, delle Chiese e dei monasteri, in particolare lei sarebbe stata una sorta di portiera della Chiesa
Madre di Lipari. Secondo invece il Ferrua sarebbe stata addirittura la moglie dell’ostarius 6.
Infine una terza interpretazione leggerebbe in quelle lettere di una parola monca il termine
“pesciolino” 7. Infatti Tertulliano in De baptismo (1, 3), per dire che il Battesimo ci fa seguaci di
Gesù Cristo, porta la figura del pesce e dell’acqua: i primi cristiani usavano come simbolo ignoto ai
pagani la figura del pesce, (in greco icthus) da questa parola formavano un acrostico per ricordare
Gesù: Iesos Christos Theou Uiòs Sotèr e cioè: Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore. Da qui il
termine “pesciolini” per indicare i cristiani :«Noi pesciolini nasciamo nell’acqua, secondo il Pesce
nostro Gesù Cristo».
Qualunque fosse il ruolo di Proba una diaconessa con funzione di Portiera della Chiesa Madre,
moglie dell’ostiarius, o semplice cristiana battezzata, quegli anni erano per la Santa Chiesa di Lipari
anni difficili. Lo si desume dalla stessa epigrafe funeraria di Proba. Infatti osserva l’Agnello 8 che la
maggior parte delle formule e delle espressioni che compongono l’”iscrizione“ – dormitio, titolo di
devozione, età vissuta, indicazione della data di morte – è molto diffusa anche nelle iscrizioni
siciliane. Del tutto eccezionale è invece la menzione della “santa chiesa cattolica” che compare la
prima volta nell’epigrafica siciliana. Dopo l’editto di Teodosio del 380, “cattolico” sta per
ortodosso e non più per “universale” quindi si deve presumere che a Lipari ci fossero degli eretici e
per questo viene sottolineato che Proba era “cattolica” cioè ortodossa come in altre epigrafe di
Lipari vengono richiamati altri dati di fede come la Trinità nell’epigrafe di Asella.
L’eresia di cui si parla e che dovrebbe essersi insediata a Lipari è quella di Ario portata
probabilmente dai Vandali invasori anche se, secondo il Pagliara 9, le Eolie, come Ustica, devono
4
5
Diaconi e diaconesse in Epifanio di Salamina: un rapporto problematico? , in www.accademia.eu
G.Manganaro, Greco nei pagi e latino nelle città della Sicilia “romana” fra il I e VI secolo dopo Cristo, in Epigrafia
del villaggio, Atti del Colloquio Borghesi, Forlì 27-30 settembre 1990, Faenza pp. 543-594
6
A. Ferrua, Note e giunte alle iscrizioni cristiane antiche della Sicilia, Città del Vaticano.
7
G.Iacolino, op.cit.
8
S.L. Agnello, L’iscrizione di Proba, op. cit,
9
Op. Cit.
avere svolto soprattutto un ruolo di presidio per qualche gruppo di cristiani sfuggiti alle
persecuzioni vandaliche . Ma, lo stesso Pagliara, non esclude che a Lipari possa essersi sviluppato
un gruppo ariano in concomitanza con l’esilio di Attalo 10 nell’isola di Lipari voluta da Onorio.
Attalo, il cui arianesimo, sincero o strumentale che fosse, era risaputo.
Addirittura il Pagliara per sostenere la rilevanza nelle Eolie della presenza di Attalo si lancia in una
tesi avventurosa. Ad Attalo sarebbe stato intestato addirittura nelle Eolie un isolotto nei pressi di
Panarea che il linguaggio popolare avrebbe distorto in Dattalo (sic). Ed a riprova di questo il
Pagliara cita l’Houel che nel suo Voyage parlando di esso continuerebbe a chiamarlo “isola di
Attalo”. Una ipotesi tirata per i capelli perché l’isolotto-scoglio non si chiama Dattalo ma Dattilo e
il nome con ogni probabilità deriva dal greco antico dáctylos (δάκτυλος), ossia “dito”, a causa della sua
forma di roccia slanciata verso il cielo che assume appunto la forma di un dito .
10
Lietta De Salvo, Le isole Eolie come luogo di relegazione nella tarda antichità, in “www.archiviostoricoeoliano.it