AGGIORNAMENTO SULLA TERAPIA DELLA FARINGOTONSILLITE
STREPTOCOCCICA
Nicola Principi - Susanna Esposito
Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura.
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico.
Università degli Studi di Milano
La faringotonsillite è malattia estremamente comune in pediatria e causa il 6%-8% di
tutte le visite effettuate giornalmente da un pediatra che lavora sul territorio. Anche
se oltre il 70% dei casi è secondario ad una infezione virale, la ricerca microbiologica
dimostra che in un numero di bambini che può superare il 35%-40% la malattia è
associata alla presenza in faringe di Streptococcus pyogenes (Spy). A questo riguardo
da tempo sono ben dimostrate due cose. La prima è che le infezioni da Spy possono
evolvere negativamente per lo sviluppo sia di gravi complicanze suppurative ad
insorgenza acuta, sia di malattie non suppurative che insorgono a distanza di qualche
settimane dalla faringotonsillite. La seconda è che in una parte dei casi di
faringotonsillite, assai variabile da studio a studio ma certamente non inferiore al 20%30%, Spy è semplicemente portato e non è, quindi, il vero responsabile della malattia.
La paura delle complicanze e la difficoltà di differenziare il portatore dal vero infetto
hanno da tempo orientato la massima parte degli esperti a raccomandare il sistematico
trattamento antibiotico di tutti i casi di faringotonsillite nei quali fosse dimostrata la
presenza di Spy. Per selezionare questi casi da quelli di origine virale, vista la quasi
assoluta sovrapponibilità sintomatologica tra le due forme, molto spazio è stato dato
allo sviluppo dei test rapidi, oggi dotati di una sensibilità e specificità nella
identificazione di Spy assai vicine al 100%.
Negli ultimi anni, tuttavia, alcune società scientifiche hanno sollevato perplessità circa
il trattamento sistematico di tutte le forme di faringotonsillite associate alla presenza
di Spy. Da alcune parti si è ritenuto, infatti, che il rischio di comparsa di complicanze
da Spy fosse diventato così basso da rendere inopportuna la terapia perché questa
avrebbe avuto un rapporto costo/efficacia troppo sbilanciato a favore del costo.
Dei due diversi atteggiamenti, quale è quello che meglio rispetta le esigenze insite nel
comportamento medico, quelle cioè di fare di tutto per garantire al paziente la
conservazione dello stato di salute al meglio delle conoscenze scientifiche con il minimo
del dispendio economico per il sistema sanitario? Non è facile rispondere a questa
domanda, anche se una accurata valutazione di quanto emerso negli ultimi anni sembra
indicare che l’idea di abbandonare il trattamento antibiotico della faringite
streptococcica sembra poco razionale ed eticamente scorretto. Un primo punto a favore
del trattamento è rappresentato dalla constatazione che non sembra esatta
l’affermazione che le complicanze della faringite da Spy sono oggi di scarso rilievo.
Diversi studi hanno dimostrato che il numero di bambini ricoverati in ospedale per
ascessi laterocervicali o retrofaringei è salito in questi anni in modo significativo.
Inoltre è stato verificato che il ruolo eziologico di Spy in queste patologie è aumentato
in modo superiore all’aumento delle patologie stesse. Negli USA è stato documentato
che l’isolamento di Spy dagli ascessi retrofaringei è passato dal 35% al 54% negli ultimi
12 anni.
Il dato più significativo riguarda, tuttavia, la malattia reumatica. Questa patologia, data
come scomparsa negli ultimi decenni del secolo scorso, almeno nei paesi industrializzati,
ha presentato un significativo incremento di frequenza, con ovvi, non trascurabili
problemi clinici. Per fare l’esempio del nostro paese, si è dimostrato che in Abruzzo,
dove l’incidenza della malattia reumatica era scesa a valori estremamente ridotti,
questa è risalita nei primi anni di questo secolo a 4,1 casi per 100.000, un valore
sovrapponibile a quanto rilevato negli anni ‘50. Nella zona di Trieste è stata addirittura
segnalata una incidenza di 23-27 casi per 100.000.
Tutto ciò sembra indicare la necessità della terapia. Ciò che appare necessario, è una
attenta selezione della casistica da trattare, con opportuna valutazione della
sintomatologia clinica e con sistematica utilizzazione dei test rapidi nei bambini per i
quali l’eziologia streptococcica appare più probabile.
Una volta che si sia scelto il bambino da trattare, resta aperto il problema della terapia.
Da tempo si sa che penicillina V o amoxicillina sono gli antibiotici di scelta ma si sa anche
che, perché questi siano efficaci, la somministrazione deve essere protratta per 10
giorni. Trattamenti di durata inferiore lasciano aperta la possibilità di una mancata
eradicazione del patogeno e del conseguente sviluppo di recidive o di insorgenza di
complicanze. Somministrazioni prolungate sono, tuttavia, associate ad un elevato rischio
di sospensioni premature della terapia. La sintomatologia tende, infatti, a regredire in
pochi giorni ed è facilmente comprensibile che, a fronte di un bambino che sta
apparente bene, i genitori tendano a limitare nel tempo la somministrazione, spesso non
facile, dell’antibiotico. Tutto ciò spiega l’interessa per tutte le possibilità di riduzione
della durata del trattamento attraverso l’uso di antibiotici che, per le loro
caratteristiche
farmacocinetiche,
possono
assicurare
con
una
limitata
somministrazione una completa eradicazione di Spy. Per molti anni si sono utilizzati a
questo proposito le cefalosporine orali e
l’azitromicina, un macrolide a lenta
eliminazione. Entrambe queste vie appaiono oggi discutibili, l’uso delle cefalosporine
perché, quale che sia la molecola utilizzata, non si può scendere sotto i 4-7 giorni di
trattamento, quello dell’azitromicina perché una parte non trascurabile di Spy è
resistente a questo farmaco. Una soluzione possibile è quella di utilizzare la penicillina
benzatina, una penicillina ritardo che assicura, con una singola somministrazione
intramuscolare, livelli di antibiotico sufficienti ad eradicare Spy dal faringe per oltre
10 giorni, il limite del periodo necessario. Entrata nelle linee guida internazionali
all’inizio dell’era antibiotica, la penicillina benzatina è rimasta presente in tutte le linee
guida dei pasi favorevoli al trattamento della faringotonsillite da Spy. In Italia non è
stata disponibile per motivi commerciali per diversi anni ma è da qualche tempo di nuovo
sul mercato, offrendo una possibile soluzione efficace e sicura alla terapia della
faringotonsillite streptococcica.
Bibliografia essenziale
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London
PROSPETTIVE ATTUALI E FUTURE DELLA PREVENZIONE DELLA PATOLOGIA
PNEUMOCOCCICA
Nicola Principi – Susanna Esposito
Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura.
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico.
Università degli Studi di Milano
L’introduzione nei programmi vaccinali dei soggetti di età pediatrica del vaccino
pneumococcico coniugato a 7 componenti (PCV7) ha radicalmente mutato
l’epidemiologia delle infezioni sostenute da Streptococcus pneumoniae (Sp) sia nei
bambini vaccinati, sia, per il fenomeno dell’immunità di gregge, dei soggetti non
vaccinati di ogni età. Nel tempo, tuttavia, alla pressochè totale scomparsa delle
infezioni sostenute dai sierotipi contenuti in PCV7, è corrisposto un aumento di quelle
dovute ad un certo numero di sierotipi non compresi in questo vaccino per il
cosiddetto fenomeno del rimpiazzo. Per far fronte a questo problema sono stati
preparati vaccini a più alto contenuto in sierotipi, tra i quali quello a 10 (PCV10) e
quello a 13 componenti (PCV13) sono quelli che sono stati registrati per l’uso.
Entrambe queste preparazioni si sono dimostrate efficaci, ben tollerate e sicure,
anche se la loro efficacia sul campo si è rivelata un poco diversa. Di fatto, sembra
assodato che PCV13 sia in grado di assicurare una lievemente maggiore efficacia nei
confronti delle infezioni sostenute dai sierotipi 3 e 19A e che possa avere un impatto
maggiore sullo stato di portatore e, quindi, possa indurre effetti indiretti più
significativi. Un buon esempio della diversa efficacia dei due vaccini è data dai dati
raccolti in Svezia sull’impatto della vaccinazione pneumococcica sulla incidenza delle
polmoniti di comunità nei bambini di età inferiore a 2 anni. In questo paese PCV7 è
stato implementato nel 2009 e sostituito nel 2013 da PCV10 e PCV13. La scelta di
quale dei due utilizzare è stata lasciata ai dirigenti delle singole Contee col risultato
che alcune hanno utilizzato l’uno e altre l’altro. L’analisi della frequenza di polmonite
da qualsiasi causa ha dimostrato che PCV7 aveva indotto una caduta della frequenza di
questa malattia del 23%. L’introduzione di PCV13 aveva ulteriormente limitato
l’incidenza di CXAP del 18%. Al contrario, dove era stato utilizzato PCV10 non si era a
evidenziata alcuna ulteriore diminuzione.
Attualmente PCV10 e PCV13 sono quanto di meglio si ha a dispossizione per fr fronte
al problema della patologia da Sp. E’, tuttavia, assai probabile che nel prossimo futuro
il fenomeno del rimpiazzo potrà, come successo in precedenza con PCV7, ridurne
l’impatto positivo. Solo l’utilizzo di vaccini universali potrà risolvere il problema.
Vaccini contenenti proteine batteriche comuni a tutti o gran parte dei sierotipi così
come vaccini basati sull’intera cellula batterica sono attualmente in studio ed alcuni di
questi sembrano offrire rilevanti possibilità di utilizzo pratico. Diversi anni saranno,
tuttavia, necessari perché i più avanzati ed efficaci possano essere registrati per
l’uso clinico. Al momento, quindi, non resta che utilzzare quanto abbiamo a
disposizione, ben consci che quello che possiamo ottenere è ancora ampio ed
estremamente valido, specie con PCV13.
Bibliografia essenziale
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