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L’OLIVO E LA SUA STORIA
L’olivo è una pianta che ancora oggi è presente nelle tradizioni e nella
cultura dei popoli. Fin dalla antichità ha rappresentato un simbolo di pace
e di prosperità ed è stata oggetto di culto da parte dei Greci, Romani ed
Ebrei. Nella Bibbia si nomina l’olivo come uno degli alberi della Terra
Promessa, si racconta inoltre che un giorno Noè mandò fuori dall’arca una
colomba , la quale tornò con un ramoscello di olivo nel becco , segno della
fine del diluvio e del ritorno della pace.
L’olivo è uno degli elementi caratteristici dell’ambiente mediterraneo e
l’olio d’oliva è uno dei prodotti più antichi e importanti della cultura di
questa parte del globo.
Durante il quarto millennio a.C. , ha inizio la storia dell’ olivo domestico
che lega la diffusione di quest’albero allo sviluppo delle grandi civiltà
mediterranee, dalle prime società organizzate del Medio Oriente al
mondo contemporaneo.
Solamente all’interno di una società stabile, dotata di una organizzazione
politica ed economica piuttosto evoluta e complessa possono essere
praticate la coltivazione dell’olivo e la produzione olearia , queste infatti
richiedono conoscenze botaniche e pratiche agricole (potatura , innesto),
abbastanza sofisticate e il perfezionamento di tecniche di lavorazione
specifiche; proprio per questo la coltivazione dell’olivo nei paesi
mediterranei ha subito nel corso dei millenni vicende alterne, in relazione
al fatto che le condizioni sociali economiche e politiche dei popoli ne
permettessero o meno l’affermazione. Resti fossilizzati dell’antenato
dell’albero dell’olivo furono trovati vicino Livorno, risalenti probabilmente
a 20 milioni di anni fa, sebbene l’effettiva coltivazione in quell’area non
ebbe luogo prima del V° sec. a.C..
La coltivazione dell’olivo è sicuramente attestata in siti archeologici
databili al 3500 a.C. sotto forma di noccioli di grandi dimensioni e di
numerosi carboni di legno d’olivo , usato per il fuoco o come materiale da
costruzione . Talvolta questi resti sono presenti in aree semidesertiche
dove l’olivo non avrebbe potuto crescere spontaneamente e quindi
testimoniano i primi sforzi umani per diffondere l’olivo coltivato.
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L’olivo fu da principio coltivato nella parte orientale del Mediterraneo,
nella fertilissima regione della Mesopotamia, per poi diffondersi ad
Occidente nel corso dei millenni. Dal 5000 fino al 1400 a. C. la coltivazione
dell’ olivo si diffuse largamente da Creta alla Siria dove Ebla divenne uno
dei principali centri della rete commerciale carovaniera rifornendo altri
centri mesopotamici quali l’Assiria di prodotti tipicamente mediterranei,
vino e olio d’oliva in sostituzione di birra e sesamo. Da qui la coltivazione
dell’olivo si diffuse ben presto in Palestina fino ad Israele; prima Re
Salomone e poi Re Davide mostrarono grande interesse per la cura e lo
sfruttamento commerciale degli olivi. Davide aveva persino delle guardie
che sorvegliavano le piante e i magazzini di olive assicurando l’incolumità
del loro prezioso olio.
In seguito con lo sviluppo della rete commerciale e le nuove scoperte la
coltivazione di questa pianta si estese anche alla Turchia del Sud, a Cipro
e all’Egitto.
Gli Egizi utilizzarono l’olio d’oliva non
solo a scopi alimentari, se ne
servivano anche come medicinale,
come profumo, e come unguento ed
era
largamente
utilizzato
per
l’imbalsamazione.
Si racconta che il faraone e i
sacerdoti si ungessero da capo ai
piedi : avere il cranio completamente
rasato e cosparso di olio era il massimo della bellezza maschile.
Fino al 1500 a.C. comunque fu la Grecia ed in particolare Micene l’area più
intensamente coltivata.
Un aneddoto mitologico racconta della lite tra Atena (la Dea Minerva) e
Poseidone (Nettuno , Dio del Mare) in guerra per il possesso di Attica.
Giove intervenne per calmare la situazione con un compromesso: Attica
sarebbe toccata a chi tra i due avesse fatto un regalo utile agli uomini,
così mentre Poseidone fece uscire dal mare degli inutili cavalli marini
Atena ottenne l’Attica in quanto donò agli uomini l’albero dell’olivo fatto
scaturire dal suolo con un colpo di lancia.
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Una leggenda racconta che da quest’albero simbolo di pace e prosperità,
ritenuto sacro e piantato sull’acropoli di Atene, nacquero tutti gli olivi
ateniesi.
Anche le corone dei vincitori dei giochi olimpici in Grecia erano composte
dal classico ramoscello d’ulivo. Gli atleti prima di ogni gara si scaldavano i
muscoli e li tonificavano con massaggi di olio di oliva .
Numerosi nell’ Antica Grecia sono i LEKYTHOS, vasi da
olio profumato realizzati in ceramica che raffigurano un
atleta che corre e figure maschili che assistono
all'esercizio.
Solone uno dei sette savi della Grecia Antica aveva dato alla città un
codice di leggi che esaltava il ruolo dell’olivicoltura ateniese. Secondo
queste norme era assolutamente proibito tagliare olivi, se non per il
servizio di un santuario o della collettività ed in ogni caso fino ad un
massimo di due piante all’anno. Chiunque tagliasse un olivo per scopi
diversi veniva punito severamente con l’esilio , la confisca dei beni o
addirittura con la pena di morte. Regole precise stabilivano con grande
minuzia anche gli aspetti concreti delle pratiche agricole, come
l’allineamento e la distanza dei filari di olivi.
Ogni città greca fabbricava anfore di forma diversa per rendere il
contenuto immediatamente riconoscibile. L’olio di Atene veniva
commerciato in un’anfora detta “SOS“ che garantiva agli acquirenti la
qualità e la quantità del prodotto.
Le ANFORE A STAFFA di MICENE realizzate
in ceramica furono i primi vasi per olio ad uso non
solo
commerciale
che
attraversarono
il
Mediterraneo da Oriente ad Occidente.
Queste stesse anfore sono raffigurate sulle
pareti delle tombe egizie e sono state rinvenute
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in molti centri costieri, qua e là nel Mediterraneo.
Con l’espansione delle colonie greche la coltivazione dell’olivo raggiunse il
sud Italia, la Sicilia prima e la Calabria poi,da qui si estese al Nord
Africa e al sud della Francia. Intorno al 500 a.C. l’olio era già utilizzato a
Roma e fu proprio sotto la dominazione romana che gli olivi cominciarono
ad essere coltivati in tutto il Mediterraneo.
In Africa settentrionale gli oliveti di
proprietà dell’imperatore occuparono superfici
estremamente estese , con centinaia di migliaia
di alberi ed innumerevoli frantoi nei quali
lavoravano un numero incalcolabile di schiavi. Il
commercio dell’olio era, con quello dei cereali, il
più importante dell’Impero: coinvolgeva ogni
anno intere flotte che attraversavano il
Mediterraneo sotto il controllo dello Stato
Romano e risalivano i fiumi navigabili. Barche
evolute furono progettate e costruite dai
Romani al solo scopo di trasportare le olive e l’olio nel Mediterraneo, in
risposta all’ incremento costante del commercio e delle esportazioni. Ma
l’olio d’oliva per i Romani non fu solo un buon affare. La credenza che
questo conferisse forza e giovinezza era diffusissima in tutto l’Impero,
così accompagnato da fiori ed erbe veniva utilizzato come infuso per la
produzione di medicine e cosmetici. All’epoca di Tarquinio Prisco, i Romani
traevano buoni auspici per i frutti campestri dalla vista degli olivi pieni di
fiori ed usavano adornare con corone d’ulivo i cittadini che si erano
distinti nel dare prestigio alla patria. In età romana furono introdotti
alcuni importanti perfezionamenti nella tecnologia olearia e numerose
opere latine di agronomia scritte a partire dal II° sec. a.C. da autori come
Catone e Columella, indicavano le migliori forme di coltivazione da
adottare e tutti gli opportuni accorgimenti nelle pratiche di potatura,
concimazione, raccolta e lavorazione delle olive. Durante i primi secoli
dell’Impero Romano la Spagna divenne la principale provincia olearia
mediterranea e, le caratteristiche anfore DRESSEL 20, che da qui
venivano importate a Roma, accumulatesi tra il I° e il II° sec. d. C. nelle
vicinanze delle installazioni portuali sul Tevere, hanno creato un monte
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alto circa 50 metri, con una superficie di circa 22.000 mq., il Monte
Testaccio. L’olivo era giunto sulle coste iberiche nell’ottavo secolo a.C. ad
opera dei mercanti fenici che offrivano le proprie merci al popolo
spagnolo per avere in cambio i metalli di cui la Spagna era ricca: rame,
argento e oro. Da questi contatti nacque una cultura originale, ricca di
elementi locali, fenici, greci e cartaginesi.
E’ noto che sotto il regno di Costantino (IV secolo d.C.) nella capitale
dell'Impero esistevano 250 forni per il pane e ben 2300 distributori di
olio che fornivano ai cittadini l'olio per cucinare, per la cosmesi, per i
massaggi e la cura del corpo alle terme, per la palestra, per accendere le
lucerne, ecc. Da Roma la coltivazione dell’ olivo si estese in seguito a
tutto il litorale adriatico e tirrenico e dopo essersi imposta in Umbria e
Toscana , si affermò più lentamente in Liguria.
Qui dalle Alpi discendevano le vallate che precipitavano al mare: valli e
dorsali scoscese, fatte di pietra ricoperta da un sottile strato di terra.
Per rendere le colline coltivabili fu necessario un ciclopico lavoro di
terrazzamento: costruire dei muri per contenere la poca terra necessaria
per piantare alberi di olivo. Così, dal basso in alto, fascia dopo fascia,
nacque la nostra Liguria: pietra su pietra, con le mani dei nostri padri, per
secoli e secoli, dal mare fin su alla montagna.
Tipico contenitore ligure in legno di castagno e
ferro (funzionalità pari a circa 20 lt.) fu la QUARTA
che veniva utilizzata come unità tradizionale per
misurare le olive durante la raccolta, nei frantoi prima
della lavorazione o nelle trattative di vendita. Il suo
uso richiedeva una notevole attenzione, il livello del
contenuto doveva corrispondere esattamente al bordo
e veniva regolarizzato con un apposito bastone
perfettamente circolare. Veniva fabbricata e
controllata con grande cura per evitare che eventuali
difetti potessero alterarne la precisione.
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Dalla Liguria l’olio d’oliva partì verso la Francia, l’Inghilterra,
Germania.
e la
Durante il Medio Evo l’olio d’oliva divenne
assai raro e prezioso, tanto da essere
utilizzato in alcuni casi come denaro
contante. A partire infatti dal V° sec. , i
controlli statali sull’olio iniziarono a
diminuire fino a scomparire quasi del tutto.
In questo periodo erano gli ordini religiosi a
possedere la maggior parte degli olivi ancora
coltivati e l’olio si trovava solo alla mensa dei
ricchi, ma soprattutto degli ecclesiastici.
Nei Monasteri erano i CELLARI i
responsabili della dispensa , che si occupavano di dare ogni giorno a
ciascuno l’olio necessario per condire i cibi, senza prodigalità né avarizia.
Ma la destinazione principale dell’olio d’oliva in quest’ epoca non fu quella
alimentare, bensì quella liturgica.
Gli oli sacri , necessari ad impartire i sacramenti venivano benedetti
durante la Messa del Vescovo. L’olio consacrato distribuito nelle varie
Chiese doveva durare tutto l’anno e, se veniva a mancare, ci si doveva
rivolgere esclusivamente al Vescovo.
Anche le lampade che ardevano sugli altari potevano essere alimentate
come scritto nelle Sacre Scritture, solo con olio d’oliva.
A partire dalla fine del Medioevo il panorama dei paesi affacciati sul
Mediterraneo tornò a coprirsi di oliveti e il commercio oleario raggiunse
di nuovo l’importanza dei traffici antichi.
Navi cariche di barili d’olio e
carovane di animali da carico che
trasportavano olio contenuto in otri di pelle partivano dalle regioni olearie
per raggiungere il Nord Europa.
Verso la fine del XVIII sec. la coltivazione dell’olivo si propagò in
America per opera dei missionari spagnoli e nel sec. XIX in Australia ad
opera degli inglesi.
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Gli antichi dicevano ; “Il Mediterraneo comincia e finisce con l’olivo”,
questo stava ad indicare il legame profondo intimo e strettissimo tra
questa pianta e la sua area geografica, considerate come un’unica unità
organica che non aveva niente a che vedere con le province fredde e
umide del nord e con le zone desertiche e aride del meridione e
dell’Oriente.
Oggi l’olivo si è spinto oltre le zone mediterranee fino a diffondersi su
tutti i continenti della terra; ci sono oliveti in sud Africa, in Cina, in
Vietnam, in Oceania Meridionale nel Nord, Centro e Sud America e la
produzione complessiva di olio è in costante crescita dall’inizio del 1900.
In tutti questi secoli, l’olivo ha continuato ad essere circondato da una
speciale aura mistica e sacra. Il poeta Giovanni Pascoli , nella poesia “La
canzone dell’ olivo” esalta questa umile pianta come simbolo di pace e di
gloria ma anche di forza, pazienza e luce. Con la benedizione dei rametti
di olivo si festeggia nel mondo cristiano la Domenica delle Palme che
ricorda l’ingresso di Gesù in Gerusalemme.
Sala 8 - Spagna. Fine del viaggio alle colonne
d’Ercole