ASTRONOMIA DELL'INVISIBILE: I BUCHI NERI Massimo Cappi Istituto di Tecnologie e Studio delle Radiazioni Extraterrestri Uno dei misteri più affascinanti dell'astrofisica moderna riguarda l'origine ed il funzionamento dei buchi neri. Cosa sono? Come si formano? Come si "vedono"? Quanti/dove sono? Come e perché studiarli? Di seguito, riassumo brevemente l’attuale stato dell’arte delle nostre conoscenze su questi oggetti enigmatici. Che cos’è un buco nero? Per la teoria della relatività generale di Einstein, qualsiasi oggetto (di massa non nulla) distorce lo spazio-tempo che lo circonda (vedi Figura); tanto più è grande la massa dell’oggetto, maggiore è la distorsione che ne risulta. In questa teoria, la forza gravitazionale (la gravità) di un oggetto si può quindi intendere come un semplice effetto geometrico (una pallina che passa vicino alla terra viene deviata oppure cade sulla terra per via della "buca" nello spazio-tempo creata dalla terra stessa). Anche la luce segue le "linee rette" dello spazio-tempo, e quindi anch’essa è deviata da oggetti massicci. Un buco nero si può definire come un oggetto per cui la velocità di fuga (velocità necessaria per sfuggire dall’attrazione gravitazionale dell’oggetto) è maggiore della velocità della luce. Ossia si definisce buco nero quella zona dove la materia è cosi densa, che la gravità esercitata è tale da "catturare" anche la luce (vedi figura). Già nel 1790, John Michell (UK) e Pierre Laplace (Francia) suggerirono indipendentemente l’esistenza di stelle così compatte da risultare "invisibili" (ossia nere), ma solo nel 1967 il termine "black hole" (buco nero) fu introdotto dal fisico teorico americano John Wheeler. Come si formano? Ad oggi, si conoscono due grandi "famiglie" di buchi neri: quelli "stellari" di massa pari ad 1-10 volte la massa del sole (Msol) e quelli "supermassicci" di massa 1-100 milioni di volte Msol. I primi sono il risultato finale ("morte") dell’evoluzione di stelle massicce (Mstella=10-100Msol), che dopo aver bruciato tutto il loro "carburante" (l’idrogeno) in qualche milione di anni, espellono le loro parti più esterne Rappresentazione visiva della forza di gravità (esplosione di Supernovae) mentre le loro parti interne per terra, sole, stella di neutroni e buco nero. implodono in una stella di neutroni o buco nero. I secondi sono al centro di molte (forse tutte) le galassie, inclusa la nostra (la Via Lattea), e si sono probabilmente formati al loro centro quando anch’esse si formavano (circa 10-15 miliardi di anni fa). Questi sono probabilmente il risultato di un collasso gravitazionale veloce di enormi Resoconto, Porte Aperte sulla Ricerca: Universo 2000 (a cura di B. Gualandi e C. Melis) Area della Ricerca del C.N.R., Bologna, Dicembre 2000 32 concentrazioni di stelle/materia primordiali (anche 100 milioni di stelle). Questa materia ora occupa volumi pari a quello del nostro sistema solare. Come si vedono? Secondo quanto scritto sopra, i buchi neri dovrebbero essere neri ed effettivamente questi sono neri. Tuttavia si riescono a vedere grazie alla materia circostante che, attratta dal buco nero, si accumula in un disco di accrescimento (vedi figura) che si comprime, si scalda (per attrito), e quindi emette in realtà moltissima luce, in particolare raggi X e Gamma. John Wheeler ha paragonato l’osservazione dei dischi di accrescimento ad una ballerina vestita di bianco che balla con un ballerino vestito di nero in una sala buia…si riesce a vedere solo la ballerina, ma il suo ruotare intorno ad un asse fisso permette di indovinare la presenza del ballerino! Immagine ottica HST di una galassia con Paradossalmente quindi, i buchi neri supermassicci (o probabile buco nero supermassiccio (AGN) meglio, il loro disco di accrescimento, (vedi figura) sono di fatto gli oggetti più luminosi dell’Universo (assieme ai Gamma-Ray Bursts, vedi conferenza di E. Pian) e, pur essendo di dimensioni ridottissime, raggiungono spesso luminosità pari ad 1 milione di volte quella dell’intera Via Lattea. In gergo astronomico, vengono chiamati Nuclei Galattici Attivi (AGN) e/o quasars. Quanti/dove sono? L’Universo è composto da circa 100 miliardi di galassie, che sono composte a loro volta di 100 miliardi di stelle. Si stima che ci possano essere circa 100 buchi neri stellari e circa 1 buco nero supermassiccio per galassia! Come si studiano? Disegno di un disco di accrescimento L’informazione sui buchi neri, cioè dalla materia circostante, ci proviene dallo spazio sotto forma di luce a varie energie che gli astronomi rivelano ed analizzano. I buchi neri supermassicci si possono ad es. studiare nelle onde radio (con telescopi/antenne a terra), nella luce ottica (con telescopi/osservatori ottici), e soprattutto nei raggi X e Gamma (con satelliti orbitanti, ad es. il satellite italiano BeppoSAX). Perché si studano? In generale per imparare di più del nostro Universo e delle leggi che lo regolano, anche in condizioni estreme. In particolare, essendo i buchi neri supermassicci gli oggetti più luminosi che conosciamo, possiamo vederli anche quando sono molto lontani. Essendo la velocità della luce finita (e pari a 300.000 km/s) e non infinita, "vedere" un oggetto lontano significa vederlo quando era "giovane", e questo ci permette di ricavare informazioni su come era l’Universo quando era ancora molto giovane (meno di 1/10 l’età attuale), all’epoca in cui le galassie e le stelle ancora si stavano formando. Resoconto, Porte Aperte sulla Ricerca: Universo 2000 (a cura di B. Gualandi e C. Melis) Area della Ricerca del C.N.R., Bologna, Dicembre 2000 33