Attenti al buco nero! Gentile prof. Peruso, spesso alla TV sento parlare di quegli oggetti dello spazio stellato che sono i buchi neri. Vorrei chiederle questo: ma se sono neri come fanno gli astronomi ad osservarli nel fondo buio del cielo notturno? La ringrazio e cordialmente la saluto. Dr. Fausto Longo, Trento. Tra tutti i corpi celesti i buchi neri sono certamente i più affascinanti, terrificanti e strabilianti. Praticamente quasi ogni film di fantascienza spaziale che si rispetti ha il suo bel buco nero. Ma cos’è un buco nero? Facciamo un po’ di storia. Tutto comincia con una mela. No, non la mela a cui forse state pensando, quella di Adamo ed Eva, ma una mela che tra gli scienziati è quasi altrettanto famosa: la mela di Isaac Newton. Vissuto nel milleseicento in Inghilterra, Newton è stato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Narrano le leggende che mentre era assorto sotto un melo del suo giardino in contemplazione delle meraviglie del creato (diciamola tutta: dormiva alla grande!) un frutto cadde dall’albero colpendo la sua geniale testa. L’incidente non fu grave però Newton scoprì la forza di gravità e la legge della gravitazione universale! Scoprì cioè che tutti i corpi, di qualunque natura essi siano, sassi, mele o pianeti, si attraggono tra loro. E’ la forza di gravità che ci mantiene incollati a terra, non ci fa cadere verso il cielo quando andiamo in vacanza in Australia, fa cadere i frutti al suolo e mantiene la Luna sulla sua orbita come se ci fosse un’invisibile fune che la lega alla Terra. Ma se questa forza è presente tra tutti i corpi com’è che, ad esempio, non vediamo due mele attrarsi tra loro e “cadere” una verso l’altra? In realtà, spiega la legge di Newton, le mele si attraggono, solo che la loro forza d’attrazione è molto piccola e difficilmente osservabile. L’intensità della forza di gravità dipende infatti dalla massa dei corpi. Diciamo che più un corpo è pesante e più grande è la sua massa. Dunque la forza d’attrazione tra i nostri oggetti e la Terra è grande perché la Terra ha una grande massa. Inoltre, ci dice sempre le legge della gravitazione, più gli oggetti si allontanano dal centro della Terra e più la forza d’attrazione tra essi e la Terra si indebolisce secondo una relazione matematica ben precisa. Senza la conoscenza di questa relazione sarebbe stato impossibile per gli uomini andare sulla Luna, predire esattamente il moto dei pianeti e porre in orbita i tanti satelliti artificiali oggi indispensabili per le telecomunicazioni e il controllo del clima. Ma torniamo a Newton. Ad un certo punto quel gran genio si domandò: supponiamo di trascurare gli effetti dell’aria e di lanciare un sasso in direzione parallela al terreno. Questo cadrà a terra ad una certa distanza da noi. E se lo lanciassimo ad una velocità maggiore? Toccherà il suolo ad una distanza da noi ancora più grande. Allora, pensò Newton, deve esistere una velocità tanto grande per cui il sasso girerà attorno alla Terra senza più toccarla, proprio come fa la Luna! Ora immaginiamo di lanciare il sasso verso l’alto, sopra le nostre teste (fate attenzione: a meno che non siate degli intelligentoni come Newton rischiate di farvi un bernoccolo senza scoprire un bel nulla!). Quanto più velocemente l’oggetto viene lanciato verso l’alto, tanto più in alto arriva prima di ricadere verso di noi. Ma c’è una velocità iniziale, chiamata velocità di fuga, oltrepassata la quale l’oggetto può sfuggire alla Terra e non farvi più ritorno. Cioè se riusciamo ad imprimere all’oggetto all’atto del lancio una velocità maggiore della velocità di fuga, allora quel corpo si svincolerà dall’attrazione terrestre e si allontanerà sempre più da noi. Per quanto riguarda la Terra la velocità di fuga è di circa 11 km/s. Infatti essa non dipende dalla massa del corpo che viene lanciato, ma solo dalle caratteristiche della Terra come la sua massa e il suo raggio (immaginate il nostro pianeta come una sfera). Naturalmente quel che abbiamo detto per la Terra vale anche per tutti gli altri corpi celesti. Più un corpo celeste ha una grande massa e un piccolo raggio, diciamo per semplicità, più è compatto e massiccio, e più la velocità di fuga è grande. La Luna, per esempio ha un raggio più piccolo di quello della Terra, però ha anche una massa molto minore di questa, perciò è meno compatta, e allora ha una velocità di fuga minore della velocità di fuga della Terra. Infatti essa e di circa 2 km/s. Quindi perché un corpo possa sfuggire all’attrazione lunare deve avere almeno una velocità di 2 km/s. Alla fine del settecento, dopo la morte di Newton, due scienziati, l’inglese John Michell e il francese Pierre Simon de Laplace, fecero indipendentemente tra loro e quasi contemporaneamente questa interessante considerazione. Possiamo immaginare l’esistenza di un corpo celeste così massiccio e compatto da far sì che la velocità di fuga sulla sua superficie sia maggiore della velocità della luce di 300000 km/s, cioè, considerando la luce composta da corpuscoli, il campo gravitazionale di quel corpo sia tanto intenso che la luce emessa da esso gli ricada sopra e non possa sfuggirgli. Ma allora quel corpo apparirà nero! E’possibile, pensarono Michell e Laplace, che proprio le stelle più grandi, dotate di grande massa, risultino a noi invisibili perché intrappolano nel loro stesso campo gravitazionale la loro luce, che così non può arrivare fino a noi. Ma a rendere le cose molto più interessanti ci penserà un altro grande scienziato: Albert Einstein. Nei primi del novecento Einstein inventa una nuova teoria della gravitazione nella quale gli effetti della gravità sono descritti non per mezzo del concetto di forza ma ipotizzando una deformazione della geometria dello spaziotempo. Proverò a spiegare il concetto fondamentale della complicata teoria di Einstein con un esempio classico. Immaginiamo lo spazio come un telo elastico. Facendo rotolare una pallina sul telo, questa procederà in linea retta. Supponiamo poi di collocare sul telo una sfera molto pesante. La pallina in tal caso non procederà più indisturbata in linea retta come prima, ma seguirà una traiettoria curva, un po’ come un pianeta attorno al Sole. Secondo la teoria di Einstein, quando le stelle di massa più grande terminano la loro vita con una grande esplosione, se ciò che rimane al centro dell’esplosione è un oggetto che supera il limite di alcune volte la massa del Sole, quel corpo si contrae sotto il proprio peso fino a ridursi ad un punto di densità infinita, detto singolarità, e si ha una deformazione dello spaziotempo che, ritornando all’analogia del telo elastico, assomiglia ad un abisso dalla profondità infinita. Riguardo alla singolarità sappiamo dire poco e forse le leggi della fisica come noi le conosciamo in essa cessano di valere. Attorno alla singolarità vi è una superficie, chiamata orizzonte degli eventi, oltrepassata la quale il campo gravitazionale diviene così intenso che nulla, nemmeno la luce che ha la massima velocità possibile dell’universo può uscire da essa. Da qui il termine “buco nero” coniato dal fisico americano John Wheeler. L’interno di questa superficie è il nostro buco nero. Ed ora veniamo finalmente alla risposta relativa al quesito sollevato dal Dr. Longo: se sono neri come facciamo a distinguerli del fondo scuro del cielo? Per fortuna i buchi neri anche se invisibili si mettono un bel vestito quando mangiano!. L’intenso campo gravitazionale del buco nero può catturare la materia di una o più stelle vicine formando attorno ad esso una specie di vortice. In questo moto vorticoso le particelle che lo compongono si urtano tra loro raggiungendo temperature elevatissime ed emettendo onde elettromagnetiche di eccezionale energia sotto forma di raggi X. Perciò quando gli astronomi scovano nel cielo oggetti molto compatti, con una massa che supera molte volte quella del Sole, e che emettono grande energia, succhiando per esempio materia da una stella compagna, essi sono abbastanza certi (se la teoria è giusta) di aver a che fare un buco nero. Il primo buco nero che gli scienziati hanno pensato di aver scoperto durante gli anni sessanta risiede nella costellazione del Cigno ed è esattamente di questo tipo. I buchi neri sono all’origine di tantissimi altri meravigliosi fenomeni che sfidano la nostra immaginazione e che ne fanno uno degli argomenti più interessanti di tutta la fisica. Perciò vi prometto che tornerò prestissimo a parlarvi di essi più dettagliatamente come anche della teoria dello spaziotempo di Einstein. [A cura di Fabrizio Logiurato]