La chiesa di Nostra Signora di Monserrato ad Aversa «Grandissima è la divotione che da’ Catalani, anzi da tutta la Spagna si porta alla Madonna Santissima di Monserrato, la quale cosi vogliono che si dichi per istar situata fra monti asprissimi, avvenga che nel bel mezzo del Principato di Catalunga in Ispagna si alzano monti cosi alti, et aspri, che par che siano con arte segati in forma di molte peramidi et obelischi, onde n’hebbe la Chiesa il nome di Monserrato... Quindi non solamente nella Spagna, ma in altre parti ancora d’Italia e del Mondo si sono forzati i Catalani di dilatare ed ingrandire tal divotione con ergere tempii et Spedali sotto di tal titolo». Cosi si esprime Cesare De Lellis in un manoscritto della seconda metà del XVII secolo, attualmente conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli, quando prende a parlare della chiesa di Napoli dedicata alla Madonna di Monserrato (distrutta in seguito, durante il Risanamento). Pur tenendo nella debita considerazione, la testimonianza del De Lellis molto più verosimilmente furono pero i monaci benedettini, allora, come adesso, tenutari del convento catalano, dove si conserva la succitata statua lignea della Vergine di fattura romanica risalente al XII secolo e popolarmente nota anche con l’epiteto di «Morosita» a ragione del colorito brunastro – a diffonderne il culto, tra il XV e il XVI secolo, in tutta Europa, e quindi pure a Napoli, donde si diffuse in tutto il vicereame. Ad Aversa, sede di due importanti conventi benedettini (San Lorenzo e San Biagio), il culto si concretizzò - invero abbastanza velocemente – nell’edificazione, prima, di un’edicola a ridosso delle antiche mura della città, e poi tra il 1689 e il 1692 - per l’impegno di alcuni devoti desiderosi di «... trasferire la SS. immagine della beatissima vergine di Monteserrato», nell’erezione di una cappella, tuttora esistente, la cui presenza ha finito col Aversa, Chiesa della Madonna conferire, fin dal secolo scorso, il toponimo di Monserrato, Interno alla strada nella quale è situata, prima di allora denominata via Pertusa. Nella chiesetta ebbe pure sede, qui trasferita dalla cattedrale per diretto interessamento del cardinale Innico Caracciolo, e fino alla soppressione, la confraternita di San Benedetto, altrimenti denominata della Buona Dottrina. Dopo essere rimasta lungamente sottoposta alla giurisdizione della parrocchia di Santa Maria la Nova, la cappella passò, negli anni sessanta di questo secolo, sotto le cure della parrocchia di San Giovanni Evangelista. Gravemente colpita dal terremoto del 1980, per effetto del quale andò persa la bella tela con l’Assunta di autore giordanesco cha adornava la volta, ha subito massicci interventi di restauro che le hanno conferito, in parte, l’antico splendore Per cui oggi, essa, curata con particolare devozione dalla famiglia De Biase, presenta pur nella modestia delle proporzioni, oltre che l'affresco con la Madonna del Monserrato e una tavola degli inizi del XVI secolo raffigurante la Vergine col Bambino su fondo oro (ahimè entrambe malamente ridipinte nel secolo scorso) alcune pregevoli decorazioni di stucco, e ai lati dell’altare maggiore, sei bellissimi busti-reliquario di legno e cartapesta; mentre risulta oltremodo danneggiata dal tempo la tela con l'immagine di San Benedetto (ricordo dell’antica confraternita e nel contempo dell’originaria fondazione caldeggiata da questi Padri) che reca la firma, a monogramma, del pittore Aversa, Chiesa della Madonna di Monserrato, Ignoto pittore del XVI secolo, aversano Carlo Mercurio. L’affresco con la Madonna di Monserrato si presenta secondo la consueta tipologia: la Vergine è avvolta nel mantello mentre seduta sulle nuvole regge il Bambino; in alto due angeli la cingono della corona. In basso altri due angeli sono raffigurati nell'atto di segare un monte, chiaro riferimento al monte Serratus, cioè segato, il luogo dove tale culto mariano nacque e prese il nome; completano la scena alcune figurine di monaci benedettini. Franco Pezzella