Tiziano Cappelletto
menopausa
conoscerla e prendersi cura di sé
azienda Ulss 12 veneziana
Comune di Venezia
con la collaborazione di
Zonta International
per una migliore condizione della donna
Club di Venezia
Soroptimist International
Club di Venezia
Organon Italia spa
sommario
2
presentazione
3
la menopausa
6
cosa cambia in menopausa
premenopausa
postmenopausa
8
“sindrome climaterica” e malattie correlate alla menopausa
disturbi neurovegetativi
modificazioni distrofiche
malattie dismetaboliche
17
disturbi psicologici e sessuali
il ruolo degli ormoni
fattori psicologici e culturali
19
i tumori
21
stile di vita e abitudini alimentari
attività fisica
alimentazione
alcuni suggerimenti specifici per la menopausa
26
terapie ormonali
terapia ormonale sostitutiva
altre terapie ormonali
benefici, interrogativi e rischi
32
conclusioni
presentazione
Evelyn Surrelot, nel suo libro Il fenomeno donna scrisse:
“È molto più facile modificare gli eventi della natura
che quelli della cultura”.
Questa riflessione mi sembra sia quanto mai appropriata
nel caso della menopausa: malgrado essa sia sempre più
un passaggio da una fase di vita a un’altra, per molte donne
continua a rappresentare il fantasma di un arrivo.
Viviamo la contraddizione di cinquantenni sempre più
giovani e scattanti che tuttavia ancora si dibattono nelle
angosce delle nostre nonne.
In realtà la menopausa ancora oggi, per molte, continua a
presentarsi come età critica, come periodo di trasformazioni,
con un insieme di angosce e di paure. Ma oggi, rispetto a ieri,
sappiamo che, dopo i 50 anni, vi sono ancora 30 anni davanti.
Anni da riempire con vitalità, cercando ancora esperienze
positive, da arricchire con eventi gioiosi, con progettualità
nuova.
Questo l’obiettivo più importante: sapere percepire il tanto
che si è acquisito, e che oggi è disponibile, nel lavoro,
nella famiglia e nella ricerca della buona salute.
Occorre sapere essere protagoniste della propria esistenza.
Per muoversi in questa direzione è necessario sapersi
riappropriare della nuova cultura, delle nuove conoscenze,
quelle oggi già condivise e quelle scientificamente rese
ormai ben accertate.
Questo libro di Tiziano Cappelletto rappresenta, a tal fine,
un vademecum prezioso e una guida autorevole.
Un contributo significativo, scritto per le donne, con
l’esperienza di chi ha voluto impegnarsi nella professione
e con la chiarezza di chi vuole soprattutto condividere
e comunicare.
Le particolari capacità dell’autore, e la sua sensibilità
umana e scientifica, rendono davvero possibile
per ogni donna conoscere la menopausa
e stimolare la voglia di prendersi cura di sé.
prof. Giovan Battista Serra
presidente della Società Italiana Menopausa
2 _ menopausa
L’età della menopausa non si è modificata nel corso dei secoli
e i cinquant’anni hanno sempre rappresentato per la donna
il passaggio “critico” (climaterio = gradino) dal periodo della
fertilità a quello della senilità; una fase della vita caratterizzata
da importanti cambiamenti biologici, psicologici, relazionali e
sessuali.
Alla fine del Cinquecento, Scipione Mercurio nel libro La
comare o raccoglitrice scrive: “Il tempo nel quale vengono tal
purghe alle donne, se ben non si può distintamente assegnare,
per lo più nondimeno è nell’anno quarto decimo, e finisce nel
cinquantesimo”.
È solo nel corso dell’Ottocento che si comincia a parlare di
menopausa (men-pausis = fine delle mestruazioni), termine
usato per la prima volta nel 1821 dal medico francese Gardanne.
la menopausa
Le mestruazioni che il volgo
chiama “fiori”… avvengono nelle
donne tra i dodici e tredici anni:
durano poi fino al cinquantesimo
anno se è il caso di una donna
magra; se lo è di una donna
umida, fino al sessantesimo
o sessantacinquesimo;
e quando si tratta di donne
moderatamente pingui,
fino al quarantacinquesimo.
dal trattato Sulle malattie delle donne
di Trotula de Ruggero, prima
“donna-medico” della Scuola Medica
di Salerno, 1100 circa
Nel 1887 viene pubblicato a Parigi un manuale sull’argomento
Studio sulla menopausa nel quale l’autore, Ernest Barie, si
pone per la prima volta l’interrogativo, ancora attuale, della
menopausa vista e vissuta come evento naturale oppure come
una malattia; e conclude: “Pensiamo che tra queste due posizioni opposte, la verità stia nel mezzo: che la menopausa non
sia causa, in generale, di malattie gravi e mortali, questo è il
nostro parere; ma, d’altra parte, ci sembra incontestabile che
essa abbia potuto, in alcune donne, dar luogo ad alcune patologie tra le più gravi”.
Nel 1900, sulla “Gazzetta degli Ospedali e delle Cliniche”, a
proposito dei rapporti tra menopausa e malattie cardiache, è
scritto che “Gli accessi di angor pectoris (infarto) che si osservano per la prima volta nella donna al momento della menopausa, devono essere ritenuti in rapporto diretto con questo
periodo critico della mestruazione. Tali accessi possono avere
un’origine isterica, per il fatto che sotto l’influenza della menopausa i fenomeni nervosi diventano più accentuati”.
Di ormoni si comincia a parlare nel 1905 quando il fisiologo
Starling espone le sue cognizioni sulle “correlazioni chimiche
delle funzioni corporee” e definisce come ormoni le “sostanze
proprie dell’organismo, riversate da ghiandole prive di canali
di uscita direttamente nel sangue, avendo parte, quali messaggeri chimici, a queste regolazioni corporee”.
3 _ menopausa
menopausa _ 3
Non è ancora ben definita la causa della menopausa. Pare che
sia caratteristica della sola specie umana e della donna la cessazione della capacità riproduttiva parecchi anni prima del fisiologico processo di invecchiamento. Tutti gli altri mammiferi,
pur con qualche eccezione, mantengono invece una normale
attività ovarica e quindi riproduttiva fino alla morte.
La menopausa è da considerarsi come un evento naturale, così
come naturale era stato l’inizio delle mestruazioni (menarca),
la pubertà e il successivo periodo della maturità sessuale e
della fertilità.
C’è chi a questa cessazione dell’attività riproduttiva dà una
spiegazione finalistica: l’impossibilità di procreare dopo una
certa età, quando è più elevato il rischio di malattie e difetti
congeniti del feto, servirebbe a perpetuare una specie umana
con meno patologia neonatale e quindi più sana.
L’aspettativa di vita della donna
negli ultimi secoli è notevolmente
aumentata mentre è rimasta
invariata l’età media della
menopausa.
Al di là di queste considerazioni, se è indubbio che la menopausa è un evento “naturale”, non si può certo considerare
“fisiologica” una situazione che non sempre è associata a una
migliore qualità della vita e che spesso è causa di disturbi più o
meno sopportabili o accettabili, e può predisporre nel tempo a
patologie anche gravi.
90 anni
80 anni
70 anni
asp
60 anni
ett
at
di
iva
vit
a
età media menopausa
50 anni
40 anni
30 anni
20 anni
10 anni
1850
4 _ menopausa
1900
1950
2000
Negli ultimi 30 anni sono stati fatti notevoli progressi nella
comprensione delle modificazioni ormonali, biologiche e
psicologiche che si verificano durante il climaterio e dopo la
menopausa. Sono stati messi a disposizione dei medici farmaci,
ormonali e non, in grado di controllare i disturbi del climaterio
e di prevenire o ritardare alcune malattie correlate alla menopausa.
Tre considerazioni dimostrano come non sia più giustificabile,
di fronte al “problema menopausa”, né l’astensionismo dei
medici, né il silenzio dei mass media e neppure che medici e
mass media diano informazioni non corrette o discordanti tra
loro:
Considerazioni
•
più di un terzo delle donne è in menopausa e la metà di
esse vive ancora più di 30 anni dopo la cessazione del periodo fertile.
demografiche
•
la carenza ormonale che si verifica dopo la menopausa è
causa, a breve termine, di disturbi fisici e disagi psichici,
relazionali e sessuali; a lungo termine, è un fattore di
rischio per alcune malattie degenerative.
epidemiologiche
•
informazioni sui cambiamenti che la menopausa comporta, indicazioni per un corretto stile di vita e sull’alimentazione, trattamenti ormonali sostitutivi e altri presidi
terapeutici, possono eliminare o ridurre la maggior parte
dei sintomi climaterici e prevenire o ritardare l’insorgenza
di alcune patologie correlate alla menopausa.
preventivi e terapeutici
Nonostante queste considerazioni, si tende a considerare ancora oggi la menopausa come un evento naturale e anche fisiologico, un processo ineluttabile di invecchiamento. Tutto ciò
mentre pubblicità e riviste femminili propongono trattamenti
cosmetici contro rughe e cellulite; e prospettano irraggiungibili “elisir” di giovinezza.
Non tutte le donne in menopausa stanno male o vanno
incontro a malattie gravi; molto dipende da come arrivano ai
“fatidici cinquant’anni”, sia dal punto di vista della salute fisica,
sia rispetto al proprio vissuto psicologico, familiare, sociale e
culturale, al personale livello di autostima.
Considerazioni
Possibilità di interventi
“Tutti parlano di cambiamento
in senso negativo.
Ma vi sono donne che non sono
mai state vigorose, né sane
durante il periodo centrale
della loro vita, o altre sofferenti
di lunghe malattie, che dopo
questo periodo si stabilizzano
in pieno benessere”.
Samuel Ashwell,
Trattato sulle malattie delle donne,
1840
Per questo è importante una corretta informazione, che rassicuri e stimoli, non solo a prendersi cura di sé e a prevenire
malattie, ma anche a “tirar fuori il meglio di sé”.
menopausa _ 5
cosa cambia in menopausa
Per menopausa si intende la cessazione dei cicli mestruali,
cosa che avviene mediamente intorno ai 50 anni.
Si parla di menopausa precoce quando ciò avviene prima dei
40 anni e menopausa tardiva dopo i 55 anni; artificiale è la
menopausa che segue a un intervento chirurgico di asportazione delle ovaie oppure a chemioterapie o radioterapie per
forme tumorali.
L’ultima mestruazione è preceduta da un periodo più o meno
lungo definito premenopausa (circa 5 anni) durante il quale
si manifestano irregolarità mestruali e disturbi funzionali che
caratterizzano la cosiddetta sindrome climaterica.
Per climaterio si intende pertanto il periodo di transizione
tra vita riproduttiva e non riproduttiva. Indicativamente il climaterio si conclude dopo un anno dall’ultima mestruazione,
quando inizia la postmenopausa vera e propria, comunemente indicata come menopausa.
menopausa
premenopausa postmenopausa
fer
0
10 anni
tilità
20
premenopausa
climaterio
30
40
50
60
70
80
90
Dopo i 45 anni si verificano sempre più spesso cicli privi
di ovulazione, cosa che comporta, oltre che una diminuita
capacità riproduttiva, anche e soprattutto quelle alterazioni
ormonali che caratterizzano la premenopausa.
L’assenza di ovulazione è causa infatti della mancata produzione di progesterone (l’ormone femminile prodotto solo nella
seconda parte dei ciclo e solo se è avvenuta l’ovulazione); di
conseguenza si ha un eccesso relativo di estrogeni.
6 _ menopausa
Questo squilibrio ormonale può essere causa, inizialmente, di
un raccorciamento del ciclo mestruale o dell’alternarsi di cicli
corti e lunghi. Successivamente si possono manifestare irregolari perdite di sangue tra una mestruazione e l’altra (metrorragie) oppure mestruazioni abbondanti di tipo emorragico
(menorragie), oppure ancora l’insieme delle due situazioni
(meno-metrorragie).
L’eccessivo stimolo estrogenico è causa dei frequenti fenomeni
di iperplasia delle ghiandole dell’endometrio, cioè di crescita
disordinata della mucosa interna dell’utero; fenomeno che è
considerato fattore di rischio per i tumori endometriali.
Ancora all’aumentato stimolo degli estrogeni sembra essere
imputabile la formazione di fibromi dell’utero e della fibromatosi uterina. A carico della mammella è tipica del periodo
climaterico la mastopatia fibrocistica.
Il quadro ormonale proprio della premenopausa è dunque
caratterizzato soprattutto dalla mancanza del progesterone e
della sua attività “anti-estrogenica”.
La terapia più opportuna consiste quindi nell’uso di progesterone o di progestinici di sintesi. In alternativa può essere usata
un’associazione di estrogeni e progestinici (la pillola), che permette, oltre al “bilanciamento” del quadro ormonale, anche
una protezione contraccettiva, in alcuni casi richiesta o necessaria, in quanto anche in premenopausa, nonostante il minor
numero di ovulazioni, persiste la possibilità di gravidanze.
Questi trattamenti, come ogni tipo di terapia ormonale e
come ogni terapia medica, non vanno iniziati senza che sia
fatto prima un completo inquadramento clinico della singola
donna, per personalizzare la terapia, valutando indicazioni e
controindicazioni, controllando eventuali effetti collaterali che
possono manifestarsi durante il trattamento e valutando assieme alla donna stessa il rapporto beneficio/rischio.
La definitiva cessazione dell’attività ovarica segna l’inizio della
postmenopausa, periodo che schematicamente va da un anno
dopo la fine delle mestruazioni (menopausa propriamente
detta) fino ai 65 anni, quando si parla di senilità.
postmenopausa
Intorno ai 50 anni si riduce, fino a esaurirsi, anche la produzione di estrogeni: ed è questa la causa principale dei disturbi
della postmenopausa e della patologia a essa correlata.
menopausa _ 7
“sindrome climaterica” e malattie correlate alla menopausa
La sindrome climaterica comprende una serie di disturbi e di
patologie, spesso tra loro correlate, che possono essere schematicamente classificate in quattro categorie e che si manifestano
in periodi diversi e successivi.
Oltre a quelli ormonali, sulla presenza e gravità di questi
sintomi e malattie, influiscono anche altri fattori quali la
predisposizione genetica e familiare, le abitudini di vita e l’alimentazione, fattori socio-culturali.
disturbi
neurovegetativi
modificazioni
distrofiche
malattie
dismetaboliche
disturbi psicologici
e sessuali
vampate di calore
sudorazione eccessiva
palpitazioni
cefalea
vertigini
atrofia dell’apparato
osteoporosi
genitale e urinario
malattie cardiovascolari
difficoltà nei rapporti
Alzheimer
sessuali
incontinenza urinaria
dolori articolari e muscolari
modificazioni della pelle e
delle mucose
modificazione dell’umore
instabilità emotiva
ansia
depressione
facile affaticamento
insonnia
modificazioni del desiderio
sessuale
irregolarità mestruali
disturbi neurovegetativi
disturbi psicologici e sessuali
distrofia genito-urinaria
difficoltà nei rapporti sessuali
incontinenza urinaria
dolori alle articolazioni
modificazioni della pelle e delle mucose
osteoporosi
malattie cardiovascolari
malattia di Alzheimer
20 anni
30
40
50
60
70
80
periodo di insorgenza dei disturbi e delle malattie correlati alla menopausa
8 _ menopausa
90
Le vampate di calore sono state definite il “marchio” della
menopausa in quanto sono tipiche di questo periodo della vita,
interessano il 65% circa delle donne e sono uno dei principali
motivi che le induce a porsi per la prima volta il problema
stesso della menopausa e a consultare il medico.
disturbi
neurovegetativi
Tipicamente la vampata è caratterizzata da rossore localizzato
al volto, al collo e al petto.
Le vampate si presentano più o meno frequentemente nel
corso della giornata e anche durante la notte, accompagnate
da un generale senso di malessere, da alterazioni del ritmo
sonno-veglia, con conseguente stanchezza e irritabilità, e da
accelerazione del ritmo cardiaco (tachicardia e palpitazioni).
Sono associate a crisi di sudorazione, spesso abbondante, che
possono creare situazioni d’imbarazzo.
Abbastanza frequenti sono in menopausa anche le cefalee, talvolta anche di intensità tale da essere causa di nausea e episodi
di vomito. Altri sintomi meno frequenti, spesso causa di stati
d’ansia, sono le vertigini e i formicolii agli arti superiori.
Si verificano precocemente soprattutto a carico dei genitali
esterni con atrofia (riduzione dello spessore di cute e mucose)
e successivamente anche distrofia (modificazioni qualitative
dei tessuti). Diminuisce la lubrificazione vaginale e la vulva
può andare incontro a una progressiva restrizione dell’orifizio.
Ciò crea spesso dolore durante i rapporti sessuali.
modificazioni
distrofiche
Anche l’apparato urinario inferiore, soprattutto vescica e uretra
(condotto attraverso il quale l’urina esce all’esterno), vanno
incontro a fenomeni di atrofia favorendo le infiammazioni
(cistiti).
Queste alterazioni, associate a una diminuzione del tono della
muscolatura che sostiene gli organi genito-urinari, possono
essere causa (o concausa) di prolasso dell’utero, delle pareti
vaginali e della vescica, nonché di incontinenza urinaria
nelle sue varie forme: “da sforzo” (perdita involontaria di urina
quando si compiono anche piccoli sforzi, tipo tossire, starnutire) oppure “da urgenza” (stimolo a urinare così intenso da non
permettere di raggiungere una toilette).
Tali sintomi e patologie possono trarre beneficio dalla terapia
ormonale sostitutiva e/o da ormoni usati localmente in forma
di creme, ovuli o compresse vaginali.
menopausa _ 9
Dopo la menopausa si manifestano frequentemente dolori
alle articolazioni (artrosi) o infiammazioni delle stesse (atriti).
Non sono sintomi “specifici” del climaterio; si manifestano
anche negli uomini (anche se in percentuale molto inferiore)
e sono collegabili al generale processo di invecchiamento. È
dimostrato che nelle cartilagini che rivestono le articolazioni
vi sono “recettori” (modulatori dell’attività degli ormoni) per
gli estrogeni. È quindi probabile che la donna sia più protetta,
durante il periodo fertile, anche rispetto ai processi artrosici
e/o atritici. Dopo la menopausa, i disturbi osteoarticolari possono dunque essere collegati, almeno in parte, alla carenza
estrogenica e quindi, anche per queste patologie, può essere
utile una terapia ormonale.
Anche nella pelle e nelle mucose esistono recettori per gli
estrogeni, oltre che per gli androgeni (gli ormoni maschili).
Dopo la menopausa, la carenza estrogenica è “concausa”,
assieme al processo di invecchiamento, della riduzione dello
spessore e della irrorazione sanguigna della pelle e delle mucose, con conseguente riduzione, a carico di queste strutture, di
elasticità e lubrificazione.
La mancanza inoltre degli estrogeni crea un relativo maggiore
effetto degli androgeni che sono chiamati in causa, pur con
variabilità individuale, nell’aumento della peluria, del sebo
cutaneo (grasso) e quindi della caduta di capelli.
Senza pensare quindi a un “lifting farmacologico”, anche in
questo caso la terapia ormonale può essere, in alcuni casi,
utile. Il trattamento con estrogeni esercita inoltre un effetto
di contrasto rispetto agli androgeni, rallentando l’aumento
dei peli e, grazie a un aumento dell’efficienza delle ghiandole
sebacee, limita la caduta dei capelli.
probabilità di malattia
per la donna oltre i 50 anni
46% malattie cardiovascolari
25% frattura vertebrale
20% ictus cerebrale
15% frattura del femore
10% tumore al seno
10 _ menopausa
Osteoporosi
L’osteoporosi è una malattia cronica dell’apparato scheletrico
caratterizzata dalla riduzione della massa ossea e dal deterioramento della “architettura” dell’osso con conseguente riduzione
di resistenza e aumentato rischio di fratture, anche per traumi
minimi oppure spontanee, a carico della colonna vertebrale,
del polso e del femore.
Non si tratta quindi solo di un processo di demineralizzazione
(perdita dei sali di calcio e fosforo costituenti l’osso), ma anche
di una progressiva rarefazione della “matrice” ossea, paragonabile a ciò che fa il tarlo con il legno.
Ancora nel 1941, per primo Albright indicò nella mancanza di
estrogeni che segue alla menopausa una delle principali cause
dell’osteoporosi.
Da allora altre osservazioni hanno confermato questa ipotesi:
•
•
•
•
l’incidenza dell’osteoporosi dopo i 50 anni è nettamente
superiore nella donna rispetto all’uomo di pari età, nel
quale la malattia è legata al generale processo di invecchiamento dell’organismo
le donne oltre i 65 anni hanno il 30% di probabilità di
andare incontro a fratture vertebrali e a 80 anni una donna
su quattro avrà avuto una frattura alle vertebre, a livello
dell’avambraccio o del femore
esiste una stretta correlazione tra la gravità della perdita
ossea e l’età di insorgenza della menopausa, nel senso che
più è precoce la menopausa, più è accelerato il processo
osteoporotico
il trattamento con estrogeni, soprattutto se iniziato subito
dopo la menopausa e protratto per lungo tempo (almeno
5 anni), riduce il rischio di osteoporosi.
malattie
dismetaboliche
fattori di rischio di osteoporosi:
fattori costituzionali
predisposizione genetica,
antecedenti familiari per
osteoporosi, eccessiva magrezza
abitudini di vita e alimentari
alimentazione povera di calcio,
scarsa esposizione al sole
e quindi carenza di vitamina D,
poca attività fisica, abuso
di alcol e fumo
malattie associate
diabete, alterata funzionalità
della tiroide e della paratiroide,
insufficienza renale cronica,
malattie con malassorbimento
intestinale
farmaci
cortisonici, antiacidi,
ormoni tiroidei, antiepilettici
maschi
femmine
40 anni
50
60
70
80
menopausa _ 11
La prevenzione e il trattamento
dell’osteoporosi postmenopausale
si propone di diminuire la perdita
della massa ossea e quindi di
ridurre l’incidenza delle fratture e
della mobilità e mortalità
ad esse collegate.
A partire dai 25-30 anni (quando, indipendentemente dal
sesso, si ha il massimo di massa ossea) tutti i soggetti vanno
incontro a una graduale riduzione della densità ossea (osteopenia fisiologica).
Ma mentre nell’uomo questa riduzione procede con lo stesso
ritmo per tutta la vita, nella donna la riduzione della massa
ossea si accelera dopo la menopausa, soprattutto nei primi
5 anni, quando può perdere dal 5 al 10% annuo di contenuto
minerale. Si stima che il 25-30% della popolazione femminile
raggiunge la soglia di frattura prima dei 65 anni.
Altri fattori non legati agli estrogeni sono da considerarsi fattori
di rischio per l’osteoporosi e anche su questi è necessario intervenire a fini preventivi.
La diagnosi e il controllo del rischio di osteoporosi si effettua
mediante la misura della densità minerale ossea (BDM o MOC)
che consente di individuare precocemente i soggetti che più
facilmente possono andare incontro a fratture.
Attualmente la tecnica che consente una buona accuratezza
diagnostica e quindi una valida predittività per il rischio di
frattura è la densitometria ossea a raggi X (DEXA), che misura
la densità minerale ossea a livello della colonna vertebrale (più
utile nei primi anni dopo la menopausa) e dei femori (per le
più anziane). La misurazione di tutto lo scheletro (total body)
non ha alcun valore clinico perché ha bassa precisione e accuratezza.
Recentemente sono state introdotte metodiche che non prevedono l’utilizzo di radiazioni ma degli ultrasuoni.
La ultrasonografia ossea, soprattutto quella effettuata a livello
delle falangi della mano, oltre alla valutazione della densità
minerale ossea, può fornire indicazioni anche sulla struttura,
architettura ed elasticità dell’osso, dando informazioni più
dirette sulla “resistenza meccanica” dell’osso stesso. Ha inoltre il vantaggio che non vi è esposizione a raggi X ed è quindi
ripetibile (ad esempio per controllare l’efficacia delle terapie)
a cadenze anche relativamente ravvicinate.
Non è possibile uno screening di massa con questi esami, ma
solo uno “selettivo”, nel senso che è consigliabile nelle donne,
dopo un anno dalla menopausa, che hanno uno o più fattori di
rischio per osteoporosi.
12 _ menopausa
Quando la terapia ormonale è controindicata, oppure in associazione a essa, oppure ancora dopo alcuni anni di trattamenti
ormonali e nella menopausa avanzata, possono essere utilizzate terapie non ormonali:
•
i bisfosfonati sono farmaci che inibiscono il riassorbimento osseo inibendo l’attività degli osteoclasti, cioè delle
cellule che distruggono l’osso vecchio.
•
anche la calcitonina agisce inibendo il riassorbimento dell’osso; mancano però dati sulla reale efficacia nel prevenire
le fratture.
•
i fluoruri agiscono invece sugli osteoblasti, le cellule che
producono osso nuovo e possono essere utili nella menopausa avanzata.
•
l’ipriflavone, oltre che ridurre l’attività degli osteoclasti, ha
anche un’azione di stimolo sugli osteoblasti; pare anche
che potenzi l’effetto degli estrogeni sul metabolismo
osseo.
Importante, specie a fini preventivi, è ridurre i fattori di rischio,
con sano stile di vita e corrette abitudini alimentari.
L’attività fisica, soprattutto nei primi decenni della vita,
contribuisce ad aumentare la massa ossea; al contrario la vita
sedentaria è riconosciuta come un fattore che accelera la fisiologica (legata all’età) riduzione della densità ossea.
Il calcio è un elemento fondamentale della struttura ossea.
Dopo la menopausa l’introito di calcio dovrebbe essere di circa
1.200-1.500 mg al giorno ed è stato calcolato che una donna tra
i 40 e i 60 anni non ne assume più di 650 mg con la dieta: è
quindi spesso necessario un supplemento farmacologico.
La vitamina D è necessaria per l’assorbimento del calcio e
viene sintetizzata nella pelle grazie all’esposizione al sole. Pare
che la sola assunzione di vitamina D, nelle sue forme cosiddette “attive” (calcidiolo, calcitriolo), non sia sufficiente a ridurre
l’incidenza di fratture.
fabbisogni giornalieri di calcio
raccomandati per la donna
crescita 800 – 1.000 mg
11-29 anni 1.000 – 1.200 mg
30-49 anni 800 mg
gravidanza 1.200 mg
allattamento 1.000 mg
oltre 50 anni 1.200 – 1.500 mg
L’associazione invece di calcio+vitamina D sembra invece
efficace nel ridurre il rischio di fratture, soprattutto nella
menopausa avanzata e limitatamente alle fratture del femore.
menopausa _ 13
Malattie cardiovascolari
In Italia l’incidenza delle malattie cardiovascolari è notevolmente aumentata nel corso degli ultimi anni, tanto che
attualmente questa patologia è diventata la principale causa
di morte.
Anche questo dato epidemiologico è legato, oltre a non corrette abitudini di vita, all’aumento dell’età media della popolazione e quindi al maggior numero di anziani, soggetti più a
rischio di malattie cardiovascolari.
Il 48% dei decessi e il 32% delle invalidità sono causate dall’aterosclerosi, l’ostruzione cioè delle arterie per la formazione
di placche costituite prevalentemente da colesterolo. Il 56% di
questi decessi è dovuto agli infarti cardiaci, il 29% a malattie
vascolari del cervello e il 6% a quelle degli arti.
La frequenza di queste malattie aumenta progressivamente e
in entrambi i sessi a partire dai 50 anni. Prima dei 50 anni tali
malattie sono triste privilegio dell’uomo e praticamente assenti
nella donna. Il sesso femminile risulta quindi relativamente
protetto nei confronti di queste patologie durante l’età fertile e
tale protezione è messa in relazione con la fisiologica produzione degli estrogeni.
È stato calcolato che nella popolazione femminile in postmenopausa il rischio di patologia cardiovascolare subisce un
rapido incremento: sette volte maggiore rispetto all’uomo per
ogni decennio.
Il sistema cardiocircolatorio funziona in maniera ottimale quando il cuore è ben irrorato dalle coronarie e può quindi svolgere
al meglio la sua funzione di “pompa”; quando tutte le arterie
del corpo sono sufficientemente elastiche e non sono ridotte
di calibro per la presenza di “depositi di grasso”; quando la
pressione arteriosa non è troppo elevata (oltre i 160/90 mmHg);
quando non sono presenti disordini della coagulazione del
sangue, del metabolismo dei grassi (colesterolo/trigliceridi)
e degli zuccheri (diabete). Se queste situazioni ottimali non
vengono garantite (possono comunque essere prevenute e/o
curate) aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. E ciò
indipendentemente dall’età e dal sesso.
14 _ menopausa
A questi fattori di rischio ne vanno aggiunti altri, anch’essi
“modificabili” in senso preventivo: alimentazione non corretta, sovrappeso corporeo, vita sedentaria, fumo, abuso di alcol,
stress.
“Non modificabili” sono invece la predisposizione genetica,
la presenza nei familiari di patologia cardiovascolare, l’età e il
sesso.
La donna sarebbe più “protetta” dell’uomo grazie alla produzione di estrogeni durante l’età fertile, e per questo si è dedotto
che lo può essere (almeno in parte) anche dopo la menopausa,
nella misura in cui, oltre a modificare alcuni atteggiamenti
nel proprio stile di vita e nell’alimentazione, può attuare una
terapia ormonale sostitutiva. Su quest’ultimo punto però le
ricerche più recenti non sono concordi e di ciò si tratterà
nell’ultimo capitolo.
È dimostrato comunque un effetto protettivo degli estrogeni
sul sistema cardiovascolare che riguarda essenzialmente:
•
metabolismo dei grassi riduzione del colesterolo, soprattutto LDL (colesterolo “cattivo”) e aumento del colesterolo
HDL (colesterolo “buono”) con conseguente riduzione di
depositi di grasso nelle arterie.
•
cuore e vasi sanguigni aumento della gettata cardiaca,
dilatazione dei vasi arteriosi, sia delle coronarie che degli
altri distretti corporei, con migliore circolazione del sangue
e minore resistenza al passaggio dello stesso e conseguente
abbassamento della pressione arteriosa.
•
metabolismo degli zuccheri riduzione della cosiddetta
resistenza periferica all’insulina, l’ormone che regola la
glicemia e quindi protegge dal diabete, a sua volta fattore
di rischio cardiovascolare.
•
ipertensione arteriosa in entrambi i sessi, la pressione
arteriosa aumenta progressivamente con l’età; nella donna,
dopo la menopausa, i valori pressori tendono a superare
quelli dell’uomo.
fattori di rischio cardiovascolare
fattori non modificabili
fattori modificabili minori
fattori modificabili maggiori
sesso maschile, età,
aumento trigliceridi,
fumo, ipertensione arteriosa,
antecedenti familiari
basso colesterolo HDL
diabete, alto colesterolo LDL
per malattie cardiovascolari
(colesterolo “buono”),
(colestrolo “cattivo”)
obesità, vita sedentaria,
fattori psicosociali
menopausa _ 15
Alzheimer
È la principale forma di demenza senile, più frequente nelle
donne rispetto agli uomini: rapporto di circa 3 a 1.
Questo dato porta a ritenere che la carenza di estrogeni può
favorire l’evoluzione dei processi che sono alla base, o almeno una concausa, di queste patologie e che quindi la terapia
ormonale può esercitare un ruolo favorevole nella prevenzione
di questa malattia.
Circa il 5% delle donne intorno ai 60 anni subisce forme
di decadimento cerebrale: calo della memoria, difficoltà di
orientamento nel tempo e nello spazio ecc. Tale percentuale
si innalza al 12% circa dopo i 75 anni.
Alcuni studi hanno dimostrato che l’uso degli estrogeni è associato a una riduzione del rischio relativo di Alzheimer, anche
se limitato a chi presenta sintomi lievi-moderati e solo ad alcuni di essi: memoria, orientamento nel tempo e nello spazio.
Esistono anche prove sperimentali e cliniche che confermano
un effetto diretto degli estrogeni sui meccanismi cerebrali
associati alla malattia.
Gli estrogeni aumentano la produzione a livello cerebrale
della acetilcolina, una sostanza che facilita le connessioni tra
i centri nervosi del cervello correlati alle funzioni intellettive,
migliorano il flusso cerebrale e l’utilizzo da parte del cervello
degli zuccheri.
Nonostante queste osservazioni, cliniche e sperimentali, il rapporto estrogeni/Alzheimer e un reale effetto preventivo della
terapia ormonale sostitutiva non sono stati ancora chiaramente
dimostrati.
Le donne comunque che mantengono inalterate per tutta la
vita le loro funzioni mentali hanno in comune alcune caratteristiche che possono anche essere indicate, come suggerimenti
preventivi: buona salute generale, abitudini di vita regolari,
soddisfacente vita familiare e relazionale, interessi personali
vari.
16 _ menopausa
disturbi psicologigici e sessuali
Instabilità emotiva, modificazioni dell’umore, stati di ansia o di
depressione, facile affaticamento, insonnia, modificazioni del
desiderio sessuale sono situazioni che frequentemente si manifestano durante il climaterio e soprattutto dopo la menopausa. La
presenza di questi disturbi viene messa in relazione anche con le
modificazioni ormonali che si verificano in questo periodo della
vita, ma certamente concorrono al loro manifestarsi e alla loro
intensità anche fattori psicologici, relazionali, sociali e culturali
che rendono estremamente complesso l’inquadramento (e un
eventuale trattamento) di queste componenti della sindrome
climaterica.
il ruolo
degli ormoni
Non solo gli estrogeni e il progesterone, ormoni sessuali femminili, ma anche gli androgeni, prodotti dall’ovaio, dai surreni e da tessuti periferici, possono influenzare la sfera psicosessuale, attraverso una modulazione dei cosiddetti “neurotrasmettitori”: sostanze
che agiscono, a livello del sistema nervoso centrale, in zone che
regolano comportamenti e reazioni psichiche e sessuali.
Durante la vita fertile, quando alla fine del ciclo si va riducendo
la produzione degli estrogeni e del progesterone (fase premestruale e mestruale), si manifestano frequentemente modificazioni dell’umore oppure stati ansiosi o depressivi.
Alcune ricerche hanno dimostrato che l’ansia e l’irritabilità coincidono più spesso con l’immediato periodo premestruale, quando
minore è l’influenza del progesterone con conseguente prevalenza
degli estrogeni. La stessa cosa si verifica anche durante la premenopausa, cioè nel periodo che precede la menopausa vera e propria.
Al contrario, i sintomi di tipo depressivo si osservano nell’età fertile durante la mestruazione, quando cala anche la produzione
degli estrogeni; così come avviene dopo la menopausa.
Gli androgeni agiscono sia a livello centrale, condizionando prevalentemente il tono dell’umore e il desiderio sessuale, sia a livello genitale, aumentando la lubrificazione vaginale e la reattività
del clitoride. Dopo la menopausa si ha anche una minore attività
androgenica. Sulla base di queste considerazioni, la terapia ormonale trova indicazione anche per un miglioramento di alcuni
disturbi psicologici e sessuali della postmenopausa.
A tal fine, possono essere utilizzati, assieme agli estrogeni, progestinici a debole affetto androgenico, oppure l’associazione con basse
dosi di androgeni, oppure ancora il tibolone (di cui si parlerà oltre)
che ha una attività estrogenica, progestinica e androgenica.
menopausa _ 17
fattori psicologici
e culturali
La nostra cultura ha il mito della giovinezza, della bellezza,
della produttività e dell’efficienza, anche sessuale e procreativa.
La menopausa può quindi essere vissuta anche come un
allontanamento da questi modelli ben radicati; la perdita della
“femminilità” è di conseguenza vista quasi come il periodo
che segna la fine dell’essere donna, con le intuibili conseguenze psicologiche che questo comporta.
Rinunciare alla sessualità significa
per molte donne, non solo
chiudere definitivamente la
stagione dell’amore, ma rischiare
anche di perdere il senso della
vita, il proprio gusto vitale.
Jole Baldaro Verde
È un momento delicato di cambiamento che in molti casi
è accompagnato da sentimenti depressivi, stati d’ansia per la
nuova situazione che si sta creando e dalla sensazione di aver
perso qualcosa della propria identità.
Ognuno ha avuto esperienza di periodi, magari transitori, di
depressione durante i quali ci si sente come disinteressati e
disimpegnati rispetto al mondo esterno e alle relazioni con gli
altri. In questo senso anche il disinteresse sessuale, che spesso
si attribuisce alla menopausa, è in realtà un sintomo che si
riscontra in molte altre situazioni di depressione; e come tale
va valutato.
Gli psicologi parlano anche di senso di vuoto durante il periodo menopausale, contrapposto al senso di pieno del periodo
fertile. Questo vuoto non va inteso solo in senso fisico, ma
anche e soprattutto in senso psicologico.
Il vuoto della casa quando i figli se ne sono andati; il vuoto
dopo una vita lavorativa per chi è vicina o già in pensione; infine il vuoto, quasi il fantasma di una nuova vita futura, quando
quella trascorsa è giunta a una fase di più o meno drastico
cambiamento.
In questa situazione “psico-somatica”, che interessa cioè il
corpo strettamente influenzato dall’atteggiamento psicologico
e dagli stati d’animo, sempre più le donne si rivolgono al medico, soprattutto al ginecologo. Quasi sempre la richiesta iniziale
riguarda il sollievo da quei disturbi, tipo le vampate, che tutti,
e senza alcun imbarazzo, attribuiscono direttamente alla
menopausa. Spesso però sotto questa richiesta se ne nascondono anche altre, più difficili da comunicare.
18 _ menopausa
Richieste di informazione e di rassicurazione su ciò che sta
succedendo, di aiuto di fronte a quel senso di vuoto di cui si è
parlato; e anche, quasi una autorizzazione a desiderare ancora la propria attività sessuale, spesso ritenuta a torto non più
necessaria e legittima.
i tumori
La maggiore aspettativa di vita espone a un maggiore rischio
di tumori che costituiscono la seconda causa di mortalità dopo
quella legata alle malattie cardiovascolari.
Non essendo ancora possibile una completa ed efficace “prevenzione primaria”, cioè l’eliminazione dei fattori di rischio
oncologico, è importante che si sfruttino tutte le possibilità
attualmente disponibili per la diagnosi precoce.
La diagnosi precoce consente non solo interventi chirurgici
“conservativi”, ma anche un aumento della sopravvivenza (con
una migliore qualità di vita) e spesso la guarigione completa.
È il caso ad esempio del tumore della mammella, diagnosticabile precocemente con la mammografia, e del tumore del
collo dell’utero, che pur non essendo altrettanto frequente,
può arrivare a “mortalità zero” se viene eseguito regolarmente
il pap-test.
In termini numerici, grazie alla diagnosi precoce, “guariscono”
dal tumore della mammella 68 donne su 100 che ne vengono
colpite e dal tumore dell’utero 76 su 100. Al contrario, il tumore del polmone, dell’ovaio e dell’intestino sono responsabili del
decesso rispettivamente di 74, 55 e 44 donne su 100.
Per questi tumori però, mentre è più difficile una diagnosi
precoce, è possibile ridurne l’incidenza eliminando alcuni
fattori di rischio noti.
Il fumo aumenta l’incidenza del tumore del polmone che ormai
rappresenta anche per la donna, come già da tempo per gli
uomini, una delle prime cause di decesso per tumore. L’obesità, una dieta ricca di grassi e un eccessivo consumo di alcolici
aumenta il rischio di tumori della mammella e dell’intestino.
percentuale dei decessi per
tumore rispetto all’incidenza
il grafico illustra come è bassa,
rispetto all’incidenza,
la mortalità per tumori
diagnosticabili precocemente
(utero e mammella), mentre
è alta per quelli in cui è difficile
una diagnosi precoce
mortalità
24%
32%
44%
55%
74%
utero
mammella
intestino
ovaio
polmone
menopausa _ 19
alcune indicazioni
per la diagnosi
precoce dei tumori
ginecologici
Tumore della mammella
È opportuno eseguire una mammografia a 40 anni, altre due
tra i 40 e i 50 anni e una mammografia ogni 2 anni dopo la
menopausa. L’ecografia mammaria da sola non consente una
diagnosi precoce, ma può essere utile su indicazione della
mammografia.
È consigliata ogni anno per chi ha precedenti familiari.
Tumore del collo dell’utero
Un pap-test va eseguito almeno ogni 3 anni dall’età dei primi
rapporti sessuali e comunque in età compresa tra i 25 e i 65 anni.
Se è stato asportato l’utero, viene consigliato comunque, ogni
4-5 anni. La colposcopia (controllo dei collo dell’utero con
apposito apparecchio ingranditore e particolari colorazioni) e
altre indagini cosiddette di “secondo livello” vanno eseguite su
indicazione del pap-test.
L’atteggiamento della donna,
anche rispetto ai tumori, è spesso
quello di non “prendersi cura
di sé”, di affidarsi al destino e
di sperare che... non tocchi a lei.
Tumori dell’endometrio
La massima incidenza si ha tra i 60 e i 70 anni, ma l’età di
insorgenza coincide con il climaterio, cioè verso i 45-50 anni
soprattutto in donne diabetiche, ipertese e obese. I sintomi
compaiono tardivamente e consistono essenzialmente in irregolari sanguinamenti o in perdite ematiche dopo la menopausa.
In questi casi è utile eseguire una ecografia per via vaginale per
valutare lo spessore della mucosa interna dell’utero.
Tumori dell’ovaio
Sono al quarto posto tra i tumori ginecologici, con la massima
incidenza tra i 50 e i 60 anni, e anche i più difficili da diagnosticare precocemente.
È opportuno eseguire, soprattutto dopo la menopausa, una
visita ginecologica ogni anno e una eventuale ecografia.
20 _ menopausa
stile di vita e abitudini alimentari
Per tutti e a tutte le età, una regolare attività fisica, una alimentazione equilibrata, l’uso moderato di alcolici e l’abolizione del fumo, possono garantire maggior benessere fisico
e psichico e prevenire molte malattie. E ciò anche senza
ricorrere a “palestre specializzate” o rinunciare al piacere
della buona tavola.
Uno degli obiettivi principali è quello di ridurre il numero
di calorie quotidiane, diminuendone l’apporto alimentare e
aumentandone il consumo con l’attività fisica. Il “bilancio
energetico” ideale non dovrebbe superare le 2.000-2.200
calorie al giorno, mentre si calcola che gli italiani assumano
mediamente circa 1.000 calorie di troppo.
Dopo la menopausa, aumenta l’incidenza di malattie cardiovascolari, dell’osteoporosi e dei tumori; patologie che possono,
almeno in parte, essere prevenute anche con un corretto “stile
di vita”.
L’effetto protettivo dell’attività fisica sulle malattie cardiovascolari si esplica attraverso un migliore bilancio energetico,
il mantenimento di un peso corporeo ottimale, un buon
metabolismo dei grassi e una migliore funzionalità cardiaca.
Stimola inoltre il trofismo delle ossa (struttura e resistenza) e
il tono muscolare.
attività fisica
L’esercizio più semplice (ed economico!) consiste nell’eseguire ogni giorno lunghe camminate, almeno 20-30 minuti, con
scarpe comode e a passo spedito, non semplici passeggiate. In
un’ora si possono perdere fino a 350 calorie: circa 1 kg di peso
corporeo al mese.
A questo si possono aggiungere, 2-3 volte la settimana, altri
esercizi, soprattutto quelli “aerobici”, che consentono cioè di
utilizzare una maggiore quantità di ossigeno: correre, andare
in bicicletta, nuotare, fare ginnastica all’aperto, meglio se al
sole.
Altri esercizi possono essere fatti in casa, soprattutto al fine di
mantenere eretta ed elastica la colonna vertebrale e di aumentare il tono della muscolatura addominale e dorsale.
menopausa _ 21
alcuni esercizi utili
da eseguire ogni giorno
per 20 volte
in piedi, con talloni avvicinati,
busto appoggiato al muro,
estendere al massimo prima
un braccio, poi l’altro
straiate sul pavimento e con
due cuscini sotto l’addome,
sollevare prima il braccio sinistro
e la gamba destra, poi il braccio
destro e la gamba sinistra
in posizione distesa, estendere
le braccia sopra la testa
e mantenere la massima
estensione per 10 secondi
distese sul dorso e con le braccia
sull’addome, sollevare le due
gambe, ben distese, e mantenerle
sollevate per 5 secondi
22 _ menopausa
Il modello alimentare italiano è ritenuto dai nutrizionisti
di tutto il mondo uno dei più validi per la protezione della
salute.
alimentazione
La piramide alimentare rappresenta in modo schematico la
dieta mediterranea tradizionale che può guidare verso un’alimentazione sana ed equilibrata.
Gli alimenti alla base della piramide sono quelli fondamentali e il cui apporto giornaliero non dovrebbe mai mancare:
pane, pasta, riso, patate, frutta, verdura, formaggi, yogurt, olio
d’oliva.
Man mano che si sale lungo la piramide, è necessario limitare
gradualmente gli alimenti indicati (carne, pesce, uova), fino
al vertice, dove si trovano i grassi, gli zuccheri e i dolci, il cui
utilizzo deve essere moderato.
con moderazione
più volte la settimana
ogni giorno
menopausa _ 23
È anche importante una
alimentazione che comprenda
tutti i sette gruppi alimentari
principali, che si integrano a
vicenda grazie ai principi nutritivi
in essi contenuti.
forniscono proteine ad alto valore biologico, minerali (ferro, zinco, rame ecc.) e vitamine del complesso
b. Sono da preferire le carni magre, sia rosse (manzo e vitello)
che bianche (pollo, tacchino, coniglio) e il pesce. Consigliabile è il consumo di 3 uova la settimana.
1° carne, pesce, uova –
oltre a fornire proteine e vitamine del
complesso b, costituiscono la principale fonte di calcio. Sono da
preferire i prodotti parzialmente scremati e i formaggi stagionati
in quanto meno calorici e a basso contenuto di colesterolo.
2° latte, latticini e formaggi –
pane, pasta, altri cereali e patate costituiscono la più importante fonte di carboidrati complessi (amidi),
vitamine del complesso b e proteine.
3° cereali e derivati –
fagioli, fagiolini, piselli, lenticchie ecc., forniscono
fibre, ferro, zinco, rame e proteine che, con quelle dei cereali,
raggiungono una qualità paragonabile a quella delle più costose proteine animali.
4° legumi –
il loro consumo va contenuto e sono da
preferire quelli di origine vegetale (olio d’oliva) rispetto a quelli di origine animale (burro, panna, strutto). Forniscono buone
quantità di calorie e di vitamine.
5° grassi e oli vegetali –
6° ortaggi verdi e gialli, frutta – forniscono
fibre, sali minerali (fosforo e ferro) e vitamine (a, b1, b2, pp, c).
7° agrumi e pomodori – forniscono
soprattutto vitamina c e hanno
caratteristiche simili a quelle del 6° gruppo.
24 _ menopausa
SÍ
NO
carni magre e pesce
carni grasse e insaccati
formaggi, latte, yogurt magri
latte e yogurt interi
frutta e verdura fresca, patate
formaggi grassi
pane, pasta, riso (meglio se integrali)
dolci
oli vegetali (oliva, mais, soia)
burro, panna
Oltre ad attenersi a questi consigli generali sullo stile di vita
e sull’alimentazione, si può anche far ricorso, in relazione
ai disturbi della sindrome climaterica e ai fattori di rischio di
malattie correlate alla menopausa, ad alcuni accorgimenti.
alcuni suggerimenti
specifici per
la menopausa
• vampate e sudorazioni usare indumenti di cotone o di
tessuti naturali che assorbono il sudore; vestirsi “a strati”
in modo da togliere qualche indumento al momento della
vampata; privilegiare le docce tiepide ai bagni caldi; a
tavola, limitare sale e spezie piccanti, zucchero, cioccolato,
caffè, thè e zuppe calde.
• disturbi urogenitali fare, almeno mezz’ora al giorno, alcuni
esercizi che rinforzano il perineo, la muscolatura vaginale
e anale, contraendola per 15-20 volte, come per trattenere
l’urina; bere molta acqua durante il giorno, fino a 1-1,5 litri;
limitare l’uso di lavande vaginali (e utilizzare solo quelle ad
acidità fisiologica), detergenti e deodoranti intimi; usare gli
assorbenti interni solo quando necessari; indossare il meno
possibile indumenti intimi sintetici e pantaloni troppo aderenti, soprattutto jeans.
• malattie cardiovascolari mantenere il peso corporeo entro
i limiti della normalità; non fumare e ridurre l’uso del sale;
privilegiare nell’alimentazione pesce e proteine di origine
vegetale rispetto a quelle animali; ridurre il consumo di
zucchero, dolci ecc.
• osteoporosi fare ogni giorno semplici esercizi tipo quelli
riportati nelle figure precedenti; assumere cibi e bevande
ricche di calcio (latte, yogurt e formaggi, purché magri);
esporsi al sole, anche se con una certa cautela.
• disturbi psicologici aumentare il livello cerebrale di serotonina, una sostanza con proprietà anti-ansia, assumendo
amidi (pane, pasta, cereali), vitamina B6 e triptofano, presente nelle proteine della carne di pollo, nei semi e nelle
noci; tenere “allenata” la memoria (letture, enigmistica) e
mantenere, o cominciare, rapporti e attività sociali.
menopausa _ 25
terapie ormonali
terapia
ormonale
sostitutiva
In Italia, solo l’8% circa delle donne di età compresa tra i 50
e i 55 anni fa uso di terapie ormonali sostitutive e la metà di
queste sospende la terapia prima di un anno. Nel Nord Europa la percentuale delle utilizzatrici delle terapie ormonali
varia tra il 25 e il 35%.
La scarsa “fiducia” nelle terapie ormonali in menopausa è
paragonabile all’altrettanto basso utilizzo dei contraccettivi
orali (pillola) durante l’età fertile.
Rispetto a queste terapie (qualcuno ha definito gli ormoni i
“farmaci del diavolo”), la resistenza a prescriverli da parte dei
medici e ad assumerli da parte delle donne ha sicuramente
anche radici culturali e religiose. Sono considerati farmaci che
“non curano” una malattia vera e propria.
Interferiscono invece con il “naturale” ruolo riproduttivo
(pillola) e, dopo la menopausa, si deve accettare l’ancora
“naturale” processo di invecchiamento, senza altro aspettarsi
o chiedere di più.
Eppure nessun medico rifiuta l’insulina ad un diabetico o gli
ormoni tiroidei a pazienti nei quali la tiroide non funziona; e
nessuna donna diabetica o con problemi di tiroide non accetta
gli “ormoni sostitutivi”.
Oltre a queste considerazioni altre cause contribuiscono alla
scarsa accettazione della terapia ormonale in menopausa da
parte delle potenziali utenti:
• paura del rischio di tumori, specie quello della mammella
• effetti collaterali (perdite irregolari di sangue, tensione
al seno ecc.)
• timore di aumento di peso
• desiderio di non “medicalizzare” la menopausa
• scarsa accettazione dei necessari controlli periodici
• abitudine ad una medicina di tipo curativo più che
preventivo (è infatti maggiore l’accettazione della terapia da
parte chi presenta sintomi climaterici)
• informazioni scarse e/o discordanti
26 _ menopausa
È soprattutto il problema dell’inadeguata informazione che
spiega lo scarso utilizzo e la “paura” della terapia ormonale
sostitutiva.
indicazioni e
controindicazioni
Questa terapia dev’essere “proposta” in relazione alla presenza
e gravità dei sintomi climaterici e al rischio più o meno elevato
di andare incontro a malattie correlate alla menopausa, tenendo conto delle controindicazioni relative o assolute.
Quando è consigliata/raccomandata
• menopausa precoce (prima dei 45 anni),
soprattutto se artificiale
• presenza di sintomi vasomotori e/o disturbi psicologici
• presenza di modificazioni distrofiche genito-urinarie
• dieta a basso valore nutritivo, povera di calcio, ricca di grassi
• fumo, abuso di alcol, vita sedentaria
• corporatura esile, basso peso corporeo, scarsa densità ossea
• casi di osteoporosi tra i familiari
• casi di malattia di Alzheimer tra i familiari
Quando è relativamente controindicata
• storia di endometriosi specie con residuo dopo terapia
• fibromi dell’utero multipli o di diametro maggiore di 5 cm
• flebiti gravi o tromboembolie pregresse
• calcoli della colecisti
• aumento dei trigliceridi oltre i 300 mg/dl
• cefalea persistente
Quando è assolutamente controindicata
• tumore della mammella e dell’endometrio
• perdite ematiche dai genitali atipiche e non diagnosticate
• esame ginecologico e/o ecografico con sospetto
di patologia delle ovaie
• malattie del fegato acute oppure croniche e persistenti
• flebiti e tromboflebiti acute o recenti
• precedenti infarti cardiaci, trombosi, ictus cerebrale
menopausa _ 27
schemi di trattamento
Scopo della terapia ormonale sostitutiva è quello di riprodurre
quanto avviene durante il periodo fertile, di sostituire cioè
all’ovaio che non produce più ormoni, un “ovaio artificiale farmacologico”: utilizzare cioè estrogeni associati al progesterone
o a progestinici di sintesi.
Questi trattamenti devono essere, oltre che personalizzati,
anche concordati, dopo una esauriente informazione e attenta
valutazione dei benefici, possibili effetti collaterali ed eventuali rischi.
Come per ogni tipo di terapia medica, soprattutto nei primi
mesi è opportuno controllare la risposta al trattamento, che è
diversa da donna a donna e che spesso necessita di un periodo
di adattamento, anche nel caso si passi da un tipo di terapia ad
un altro.
I due ormoni femminili (estrogeni e progestinici) possono essere utilizzati in modo ciclico, cioè tre settimane di trattamento e
una di pausa, oppure in modo continuo, senza alcuna pausa.
Con lo schema ciclico, durante l’intervallo della terapia,
quasi sempre si verificano perdite ematiche di tipo mestruale;
inoltre possono ripresentarsi sintomi vasomotori (ad esempio
le vampate).
Con la terapia continua, la pseudomestruazione non si verifica;
possono comunque manifestarsi irregolari sanguinamenti (spotting), specie nei primi mesi di trattamento, che comunque non
necessariamente comportano l’interruzione del trattamento.
Anche le diverse vie di somministrazione permettono di personalizzare la terapia.
La via orale implica un primo passaggio degli ormoni attraverso il fegato. Se ciò può costituire una “controindicazione
relativa” per soggetti con precedenti patologie epatiche o della
colecisti, d’altra parte consente un migliore effetto sul metabolismo dei grassi, soprattutto sul colesterolo “buono” HDL.
Con la via transdermica (cerotti) gli ormoni passano direttamente dalla pelle al circolo sanguigno, saltando quindi il
passaggio attraverso il fegato. Questo permette di ridurre la
dose degli ormoni e di ottenere un maggiore effetto positivo
sui trigliceridi rispetto all’assunzione orale.
28 _ menopausa
La via vaginale trova indicazione principale quando prevalgono disturbi vulvo-vaginali (secchezza, difficoltà nei rapporti
sessuali) e/o urinari (cistiti ricorrenti, incontinenza urinaria).
Altre terapie ormonali possono permettere di personalizzare
ulteriormente il trattamento, utilizzandole in alternativa oppure in sequenza: la cosiddetta “terapia a staffetta”.
Il tibolone (Livial) è un farmaco di sintesi per uso orale che
possiede deboli attività estrogeniche, progestiniche e androgeniche. Ha effetti simili agli estrogeni sui sintomi vasomotori e
sulla distrofia dei genitali, con miglioramento della secchezza
vaginale e dei dolori durante i rapporti. Grazie alle proprietà
debolmente androgeniche, ha effetti positivi sull’umore e sul
desiderio sessuale. Non ha effetti di stimolo proliferativo sull’endometrio e sulla mammella, a livello della quale non aumenta
la densità della ghiandola alla mammografia, permettendo così
una diagnosi più precisa. È dimostrata anche l’efficacia nel prevenire la perdita ossea; tuttavia, essendo un farmaco di relativa
recente introduzione (1992), mancano dati certi sulla sua efficacia nei tempi lunghi sulla riduzione dell’incidenza delle fratture. Poiché raramente induce mestruazioni o irregolari perdite
vaginali di sangue, trova indicazione principale in menopausa
avanzata con persistenza di sintomi climaterici e/o quando c’è
necessità di un effetto psico-sessuale positivo.
altre terapie
ormonali
tibolone
I SERMs (modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni)
sono un gruppo di farmaci, il più studiato e utilizzato dei quali
è il raloxifene (Evista, Optruma), che agiscono sugli “organi
bersaglio” degli estrogeni in modo selettivo.
Sull’endometrio (la mucosa interna dell’utero) e sulla mammella si comportano come “anti-estrogeni”, riducendo pertanto il rischio di tumori a carico di questi organi.
Sul tessuto osseo e su alcuni parametri relativi al rischio cardiovascolare hanno un’azione simile a quella degli estrogeni.
Non avendo alcun effetto sui sintomi vasomotori e distrofici
urogenitali, sono indicati principalmente per la prevenzione e
trattamento dell’osteoporosi.
serms
I fitoestrogeni (Isoflavoni, Lignani) sono sostanze di origine
vegetale presenti in natura in molte piante, soprattutto cereali
e legumi. Tali sostanze, definite anche “estrogeni deboli”,
migliorano i sintomi vasomotori, soprattutto se di intensità
lieve/media. Pare abbiano anche un’azione preventiva nei
confronti dell’osteoporosi. Tuttavia, i risultati degli studi finora
condotti non hanno ancora chiarito sufficientemente il ruolo
dei fitoestrogeni rispetto alla loro efficacia e sicurezza.
fitoestrogeni
menopausa _ 29
benefici,
interrogativi
e rischi
Sono provati i benefici della terapia ormonale sostitutiva
nella riduzione/scomparsa dei sintomi climaterici (vampate,
sudorazioni, palpitazioni ecc.), e di alcuni disturbi psicologici
e sessuali: ansia, depressione, irritabilità, calo del desiderio
sessuale.
Migliorano anche i sintomi legati alla distrofia urogenitale:
secchezza e irritazione vaginale, spesso causa di dolore durante
i rapporti sessuali, cistiti ricorrenti, incontinenza urinaria.
Tutto ciò contribuisce senz’altro al miglioramento della “qualità della vita”.
È anche provata l’efficacia della terapia ormonale nella prevenzione dell’osteoporosi e nella riduzione della incidenza
delle fratture (-34% per le fratture del femore, -24% delle fratture complessive).
Altri benefici recentemente documentati riguardano la protezione rispetto ai tumori intestinali (-37%) e ai tumori dell’endometrio (-17%).
Interrogativi rimangono invece sulla reale possibilità di prevenzione della malattia di Alzheimer.
Anche se i dati epidemiologici e clinici finora disponibili indicano che la terapia ormonale può essere in grado di ridurre
alcuni meccanismi favorenti l’instaurarsi e lo sviluppo della
“demenza senile”, sono ancora troppo scarsi gli studi eseguiti
su vasta popolazione per dare giudizi definitivi.
Per quanto riguarda le malattie cardiocircolatorie, recenti studi
(anche contrastanti tra loro) hanno ridimensionato l’effetto
“preventivo” delle terapie ormonali.
Al momento si può dire che rimane documentato un “ruolo
protettivo” per le donne in menopausa recente e in buona
salute, collegato all’effetto degli estrogeni su alcuni fattori di
rischio: metabolismo dei grassi e degli zuccheri, cuore e vasi
sanguigni, pressione arteriosa.
Non è però opportuno ricorrere alla terapia ormonale al “solo”
scopo di prevenire le malattie cardiovascolari, soprattutto in
donne che già presentano fattori di rischio: menopausa avanzata, obesità, ipertensione, diabete ecc.
30 _ menopausa
Per quanto riguarda invece i rischi legati alle terapie ormonali,
peraltro già noti (e correlati alla durata della terapia, al tipo e
dosaggio dei farmaci, di cui si è già scritto), riguardano essenzialmente il tumore della mammella e le tromboembolie.
Tumore della mammella
La durata della terapia ormonale e il tempo trascorso dall’ultima assunzione influenzano l’incidenza (ma non la mortalità)
del tumore mammario.
Periodi di trattamento inferiori ai 5 anni non aumentano il
rischio di tumore. Oltre i 5 anni di terapia si ha un aumento
del rischio del 26% che in termini numerici risulta comunque
modesto: 3 casi di tumore all’anno su 1.000 donne non in trattamento, rispetto a 3,8 casi nelle donne in terapia ormonale.
Quindi 8 casi in più su 10.000 attribuibili alla terapia stessa.
Nelle donne con maggior rischio di tumore mammario (familiarità, storia riproduttiva ecc.), la terapia non comporta un
ulteriore aumento di rischio. Infine è dimostrato che i tumori
della mammella “indotti” dalle terapie ormonali (tumori cosiddetti ormonosensibili) sono i meno aggressivi.
Tromboembolie
Nei primi anni di terapia ormonale il rischio di tromboembolia aumenta di circa due volte. Anche questo rischio è da considerarsi abbastanza modesto in termini assoluti. In un anno
1,6 casi su 1.000 donne non trattate, rispetto a 3,6 casi su 1.000
donne trattate con ormoni: 18 casi in più di tromboembolie su
10.000 donne in trattamento.
Dopo i primi due anni di trattamento, non ci sono differenze
tra chi fa uso di ormoni e chi non ne utilizza. Per questo si
ritiene che il trattamento ormonale possa essere in realtà la
causa scatenante solo in soggetti già predisposti a fenomeni
tromboembolici.
terapia ormonale sostitutiva
benefici
interrogativi
rischi
sintomi climaterici
malattia di Alzheimer
tumore della mammella
e modificazioni distrofiche
disturbi psicologici e sessuali
fratture da osteoporosi
tumori intestinali
tumori dell’endometrio
malattie cardiovascolari
(solo oltre 5 anni di terapia,
8 casi in più su 10.000 donne
in terapia all’anno)
tromboembolie
(18 casi in più su 10.000
donne in terapia all’anno)
menopausa _ 31
conclusioni
Il 30% circa delle donne in menopausa non ha né disturbi né
fattori di rischio. Vivono anzi questo periodo quasi come una
“nuova stagione”, anche più ricca di stimoli, gratificazioni e…
libertà da vincoli che precedentemente le legavano a obblighi
familiari, impegni di lavoro e sociali.
In questi casi può essere sufficiente seguire i suggerimenti e i
consigli precedentemente dati rispetto al corretto stile di vita,
all’alimentazione e ai controlli periodici indicati per individuare precocemente il manifestarsi di malattie.
Altre donne invece hanno disturbi, più o meno sopportabili,
oppure sono predisposte a malattie correlate alla menopausa.
Per queste può essere indicata la terapia ormonale sostitutiva, o
altri presidi terapeutici “personalizzati”, al fine di migliorare la
qualità della vita, in quanto riduce i sintomi e disturbi climaterici; oppure a scopo preventivo, per ridurre il rischio di osteoporosi e di fratture, di tumori intestinali e, quasi certamente, di
malattia di Alzheimer.
La statistica tende a fare un freddo calcolo matematico e
trasferirlo a tutte le donne, ma è solo un rapporto di fiducia e
confidenza tra il medico e la “singola” donna che può indicare
il modo migliore di affrontare la menopausa.
Ed è la donna stessa, sulla quale influisce in modo diverso,
oltre lo stato di salute, anche il vissuto personale, le aspettative
e la “visione della vita”, che, esaurientemente e correttamente
informata, può prendersi cura di sé.
Non esiste altro periodo nell’esistenza di una donna
che offra maggiori opportunità per attingere alla
forza femminile, purché la donna riesca a farsi strada
attraverso la generale negatività culturale che circonda
la menopausa da secoli.
Cristiane Northrup,
Guida medica da donna a donna, 2000
32 _ menopausa
GRAFICA
Scibilia
STAMPA
Grafiche veneziane
“Tutti parlano di cambiamento in senso negativo. Ma vi sono donne che non sono
mai state vigorose, né sane durante il periodo centrale della loro vita, o altre sofferenti
di lunghe malattie, che dopo questo periodo si stabilizzano in pieno benessere”.
Samuel Ashwell, Trattato sulle malattie delle donne, 1840
La menopausa è un periodo “naturale” della vita della donna, come naturale è l’inizio
delle mestruazioni (menarca), la pubertà e gli anni successivi della maturità sessuale e
della fertilità. Non tutte le donne, dopo la menopausa, lamentano disturbi e/o disagi.
Molto dipende da come arrivano ai “fatidici cinquant’anni”, sia dal punto di vista della
salute fisica, sia rispetto al proprio vissuto psicologico, familiare, sociale e culturale...
al personale livello di autostima.
Questa publicazione vuole informare e rassicurare sui cambiamenti che la menopausa
comporta, dando alcune utili indicazioni sullo stile di vita e sull’alimentazione,
vuole inoltre orientare le scelte rispetto ai trattamenti ormonali sostitutivi e altri presidi
terapeutici, che possono eliminare o ridurre la maggior parte dei sintomi climaterici
e prevenire o ritardare l’insorgenza di alcune malattie correlate alla menopausa.
E ciò anche e soprattutto al fine di migliorare la qualità della vita.
La donna, esaurientemente informata e consapevole che la menopausa non
è un processo ineluttabile di invecchiamento ma un periodo, anche “critico”,
di cambiamento, potrà non solo prendersi cura di sé, ma anche “tirar fuori
il meglio di sé”, ciò di cui ancora dispone e di cui potrà disporre.
“Non esiste altro periodo nell’esistenza di una donna che offra maggiori opportunità
per attingere alla forza femminile, purché la donna riesca a farsi strada attraverso
la generale negatività culturale che circonda la menopausa da secoli”
Cristiane Northrup, Guida medica da donna a donna, 2000
Tiziano Cappelletto si è specializzato nel 1979 in ostetricia e ginecologia
a Verona con la tesi I recettori ormonali nei tumori della mammella
e dell’endometrio, pubblicata dalla Libreria Cortina Editrice.
Da allora si è occupato prevalentemente di endocrinologia ginecologica,
contraccezione ormonale e menopausa.
Su questi argomenti ha pubblicato più di 80 studi e ricerche su riviste
nazionali ed internazionali ed ha partecipato, anche come relatore ufficiale,
a numerosi congressi in Italia e all’estero.
Nel 1988 ha scritto un libretto divulgativo/informativo sulla menopausa,
inviato a tutte le donne del Comune di Venezia in fascia di età
menopausale. Nello stesso anno ha organizzato il secondo
“Centro Menopausa” del Triveneto, dopo quello di Padova,
con sede all’Ospedale Civile di Venezia.
È membro della Società italiana menopausa.