Invito alla lettura della Storia della Astronomia di Giacomo Leopardi

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SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE
Invito alla lettura della “Storia della
Astronomia dalla sua origine sino
all’anno 1811” di Giacomo Leopardi
FILOMENA MONTELLA
Docente di Lettere
«L
a più sublime, la più nobile tra le
Fisiche scienze ella è senza dubbio l’Astronomia».
È con questo inno alla scienza
del cielo che si apre l’ardito progetto che un giovane quindicenne di Recanati di nome Giacomo Leopardi ha realizzato con il titolo
Storia della Astronomia dalla sua origine
sino all’anno 1811, un’opera che propone
un excursus storico-culturale della storia
dell’astronomia, partendo dalle “stravaganze” dei primi filosofi per giungere alla
più sobria scienza dei suoi tempi, edificata
dall’”immortale” Newton e seguaci.
L’opera del giovane Giacomo, tuttavia,
non è soltanto una sterile storia che parte
dall’antichità fino al 1811, ma un affresco
vivo e piacevole degli sviluppi delle indagini sul cielo, e affronta anche temi quali
la pluralità dei mondi, l’eventuale vita extraterrestre, l’infinità dell’universo.
L’idea di Leopardi, quindi, era quella
di realizzare una biblioteca, e, allo stesso
tempo, non solo una biblioteca, ma anche
una storia, in altre parole, una narrazione
concatenata dei progressi compiuti dall’a- Giacomo Leopardi
stronomia, in un modo colto e letterario. E
c’è riuscito pienamente.
Per sei mesi del 1813, Leopardi si è dedicato alla stesura
di un lavoro che è veramente ammirevole ancora ai nostri
giorni. Si tratta di un’opera davvero stupefacente, se si pensa
all’incredibile estensione della bibliografia citata da Leopardi. A fine opera, infatti, è riportato un elenco di testi consultati (circa 224 nomi). E non bisogna dimenticarsi che nello
stesso periodo il giovane studiava greco, latino ed ebraico
(l’opera in questione è ricca di citazioni non tradotte) e incominciava a tracciare le linee di quella sua poetica, che si
affinerà in seguito.
La formazione di Leopardi era classica ed era alimentata, soprattutto, dai testi presenti nella biblioteca del “paterno ostello”, ricca di oltre 16000 volumi, collocati in diverse
stanze. Nella stanza centrale il giovanissimo Giacomo, prima dei quindici anni, compose la sua monumentale Storia
dell’Astronomia. Scriveva ad un «tavolino presso la finestra,
con le spalle rivolte a levante», così racconta Monaldo del
suo «dilettissimo figlio» in una lettera inviata ad un amico
romano per sollecitargli la ricerca di un ennesimo libro di
astronomia.
Diamo un po’ di cifre che possono chiarirci la grandiosità
della Storia dell’Astronomia: 300 libri citati in 1700 note nei
primi quattro capitoli; oltre 300 pagine di testo; oltre 2000
nomi di astronomi, filosofi, poeti, tutti in una ottocentesca
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italianizzazione; numerosissime citazioni in greco e latino.
Non è una lettura facile né scorrevole per la ricchezza di
informazioni che letteralmente bombardano ed investono il
lettore, ma, tuttavia, questi è facilmente coinvolto nella scoperta e nella ricerca, nonché nei voli romantici, ricolmi di
poesia.
La scansione dei capitoli obbedisce ad esigenze di carattere cronologico: i primi quattro capitoli, che costituiscono
la prima stesura del 1811, sono dedicati rispettivamente
all’astronomia dalle origini a Talete, da Talete a Tolomeo,
da Tolomeo a Copernico, da Copernico sino all’apparizione
della cometa dell’anno 1811. Seguono alcune considerazioni sui Progressi fatti dall’astronomia, che costituiscono il
quinto capitolo, nato dall’esigenza di mettere in ordine tutte
le informazioni raccolte nei primi quattro capitoli, una serie
di aggiunte, una raccolta di testi consultati (bibliografia) e
infine una Dissertazione sopra l’origine e i primi progressi
dell’astronomia del 18141.
Il carattere principale – come si intuisce da questa struttura – resta quello di un immenso, e il più possibile esaustivo,
repertorio bio-bibliografico, in cui il quindicenne e già “enciclopedissimo” Leopardi ha modo di sfoggiare con entusiasmo tutta la sua estrema erudizione. Così, molto spesso, nel
testo i collegamenti sono dettati, più che dai contenuti, dalla
cronologia, o dall’esigenza di ordinare per gruppi gli oltre
2000 riferimenti bibliografici.
Per questo la Storia dell’astronomia, che lo stesso Leopardi non volle dare alle stampe perché non ne era pienamente
soddisfatto, e che fu pubblicata postuma nel 1880 da Halle, è
stata spesso sottovalutata dalla critica, ritenendola un’opera
di esercizio erudito. Tuttavia, se si elimina il contesto eruditissimo che sembra soffocare l’opera, ci si accorge che sono
in nuce i pensieri che si svilupperanno in età matura (come
ad esempio l’idea della natura benigna). L’esempio di Finck
e Halley, espediente effimero per passare da un autore all’altro, dimostra già l’idea centralissima del pensiero leopardiano della natura in itinere.
E ci si trova spesso a chiedersi come possa un’opera tanto
ricca e documentata essere stata scritta da un quindicenne,
pur eccezionalmente dotato. A volte lo sfoggio di erudizione
si fa un po’ pesante, specie nella parte di astronomia antica,
e si fatica a procedere tra riferimenti bibliografici e citazioni
in latino, greco e aramaico. La prosa diventa godibile, come
1 Questo è il piano dell’opera:
* INTRODUZIONE
* CAPITOLO I: Storia della astronomia dalla sua origine sino alla
nascita di Talete
* CAPITOLO II: Storia della astronomia dalla nascita di Talete sino a
quella di Ptolomeo
* CAPITOLO III: Storia della astronomia dalla nascita di Ptolomeo sino
a quella di Copernico
* CAPITOLO IV: Storia della astronomia dalla nascita di Copernico sino
alla cometa dell’anno 1811
* CAPITOLO V: PROGRESSI FATTI DALLA ASTRONOMIA
* GIUNTE ALLA STORIA DELLA ASTRONOMIA
* BIBLIOGRAFIA
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nell’invettiva contro l’«astrologia giudiciaria», che vuole legare agli astri il destino degli uomini: «Il creder possibile la
cognizion del futuro serve a pascere la curiosità dell’uomo,
e il riputar di conoscerlo in effetto lusinga la sua ambizione.
Questa infermità di mente fu ed è tuttora incurabile, e gli
astrologi divennero ben presto l’oggetto dell’ammirazione
del volgo». E, tuttavia, l’opera è ricca di excursus poetici
molto delicati e che dimostrano la vena artistica e sentimentale del poeta Leopardi. I passaggi sono tenui e armoniosi, le
descrizioni sottili e romantiche.
Dallo scritto si evince la necessità della conoscenza: «Il
mondo è pieno di errori e prima cura dell’uomo deve essere
quella di conoscere il vero»; «La natura generalmente nasconde delle verità, ma non insegna degli errori; […]. La
cattiva educazione fa ciò che non fa la natura. Essa riempie
l’idee vane le deboli menti puerili: la culla del bambino è
circondata da pregiudizi d’ogni sorta, e il fanciullo è allevato
con questi perversi compagni».
Nel corso del tempo Leopardi si convincerà che non è solo
la «cattiva educazione» a produrre tali effetti, ma la migliore
istruzione e civiltà: «tutte le scoperte fondate sulla nuda osservazione delle cose, non fanno quasi altro che convincerci
de’ nostri errori e delle false opinioni da noi prese e formate
e create col nostro proprio raziocinio o naturale o coltivato e (come si dice) istituto». Per questo Leopardi è sempre
più tentato di definire «sapientissima» proprio l’ingenuità e
l’ignoranza, e di proporre una «ultrafilosofia» capace di riportarci in qualche modo (un modo che sappia, però, tener
conto della cultura, dalla quale comunque non si torna indietro) allo stato di dimenticanza e di ingenuità proprio degli
animali e dei selvaggi. «E questo dovrebb’essere il frutto dei
lumi straordinari di questo secolo».
La natura non insegna né verità né errori. La vita dell’uomo invece ne è piena. Ma a che serve sradicarli, a che serve
il progresso della ragione, della conoscenza, della filosofia,
dei lumi, se poi tutto questo nuoce alla vita? I vecchi errori
vengono sistematicamente sostituiti da nuovi errori. Da acuto osservatore delle cose scientifiche, egli ci fa capire che
una teoria può “vacillare”, ma che questo non significa che
abbiano meno valore. Il problema piuttosto è che, in certi
momenti, non vi sono grandi uomini capaci di inventare
nuove favole più credibili e meglio fondate sulle precedenti.
Leopardi denuncia la pigrizia nell’accettare acriticamente un
sistema (Newton).
Un elemento caratteristico è l’idea della continuità degli
studi: dalla morte di uno segue la nascita di un altro. Ad
esempio Leopardi scrive: «Nel 1656 morì in età di 96 anni
Tommaso Finck Danese […]. La natura non distrugge, che
per creare, e non crea, che per distruggere. Togliendo la vita
a Finck, la diede ad Halley, uno dei più insigni illustratori
della scienza degli astri». Di Finck è difficile che qualcuno
oggi si ricordi. Di Halley invece tutti sanno almeno che il suo
nome appartiene – e sempre apparterà – a una cometa. C’è
una involontaria ironia in questo creare della natura qualcosa
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di qualitativamente
migliore di ciò che
aveva distrutto; un
segno della natura
del suo “operare
verso il bene”, elemento che verrà poi
rifiutato da Leopardi in età matura.
Il libro, inoltre,
ci ricorda quale
rapporto complesso, ma profondo,
esista tra scienza e
arte. Arte e scienza
sono due modalità,
diverse ma potenti, di interpretare il
mondo. E ciascuna
può aiutare l’altra,
sia pure in maniera non lineare.
Grazie alla Storia
dell’Astronomia si
può trarre una piccola morale: arte e
scienza si rimandano l’un l’altra idee
e concetti, che poi
ciascuno interpreta
secondo le proprie modalità e che contribuiscono a creare
«visioni del mondo». Questa reciproca contaminazione rende unica, anche se articolata, la cultura umana.
L’opera del giovane Leopardi ha ispirato la stessa Margherita Hack per comporre la sua Storia dell’astronomia. Dalle
origini al duemila e oltre. Ovviamente, si tratta di una scelta
editoriale quanto mai originale: proseguire, fino ai primi risultati del ventunesimo secolo, la Storia dell’astronomia che
Leopardi fa concludere con l’inizio dell’Ottocento. Un’operazione riuscita? Sembrerebbe di sì. La prima parte del libro,
che giunge sino agli inizi dell’Ottocento, appartiene a Giacomo Leopardi. La seconda parte, scritta da Margherita Hack,
comincia dove Leopardi finisce e si proietta sino a illustrare
le prospettive aperte sul XXI secolo dalle straordinarie conquiste più recenti. Lo scienziato moderno “prende per mano”
il geniale studioso giovinetto dallo studio di Recanati e, con
lui, accompagna noi tutti lungo l’affascinante itinerario, non
ancora concluso, sulle strade del firmamento, con un linguaggio che unisce precisione e chiarezza.
La scoperta del cielo accomuna i due autori. Una storia,
due autori. Giacomo Leopardi, Margherita Hack, solo in apparenza fra loro estranei e lontani. Li unisce in realtà la passione per l’astronomia.
Si è convinti che anche il cittadino colto, purché ami i
libri e coltivi giuste curiosità attorno ai cammini
di scoperta che
ruotano
attorno
a l l’ a s t r o n o m i a ,
troverà attraente
questa coraggiosa
iniziativa editoriale: dai tempi di
Leopardi ai giorni
nostri, la crescita
delle conoscenze
umane ha fatto
passi giganteschi.
E, come annota la
Hack in chiusura,
forse «noi ci siamo perché questo
universo, casualmente, ha i valori
adatti alla nostra
comparsa».
Entriamo
ora
in medias res. Si
desidera illustrare
alcuni punti fondamentali dell’introduzione e del
capitolo V. Successivamente, saranno analizzati alcuni punti dei capitoli
I-IV.
Fine dell’opera è: «L’Astronomia dunque sì stimata da tutti i sapienti, sì favorita da tutti i principi saggi ed illuminati,
sì utile ad ogni genere di persone, condotta dalle umane ricerche allo stato in cui al presente si ritrova merita alcerto
che lo studioso filosofo si applichi ad indagarne l’origine,
a ricercarne i progressi, e a conoscerne l’epoche principali.
Non credei far cosa discara alla letteraria repubblica nel tesser la Storia delle più ardite imprese dell’umano intelletto. I
più celebri astronomi sì antichi, che moderni, e le più interessanti vicende dell’astronomia verranno in questa con la
possibile esattezza noverate e descritte».
Nell’introduzione, l’astronomia è presentata subito come
una scienza (complesso organico delle conoscenze che si
posseggono intorno a un determinato ordine di fenomeni).
Una scienza utile, risorta dopo che per molto tempo era
stata soggetta alle tenebre dell’errore ed alle follie degli antichi filosofi.
L’astronomia è nata con l’uomo: le prime osservazioni
furono fatte per curiosità. Per curiosità l’uomo iniziò a contemplare «quei corpi che, senza urtarsi e senza distruggersi,
annunziavano la potenza del Creatore e la magnificenza della
natura».
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SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016
Lo studio degli astri dimostra la grandezza dell’Essere Supremo, il Creatore: esso non ha la pretesa di identificarsi con
un dio religioso, ma è un essere supremo che ha dato origine
al tutto.
Dopo la curiosità, subentrò la necessità: l’astronomia è utile per la navigazione e quindi per il commercio e per l’agricoltura. Di qui la conclusione che esiste una relazione a chiamo fra Terra-uomini e ammiratori-cielo, sicché l’astronomia
è una scienza utile e dilettosa.
Nell’introduzione Leopardi rileva che l’astronomia ha
avuto molti ammiratori illustri (Lucrezio, Orazio, Virgilio).
Lo stesso Davide «prendeva dalle stelle argomento di elevarsi a Dio». E da sempre gli astronomi hanno occupato anche
ruoli di prestigio. I sapienti hanno sempre dato importanza
all’astronomia. Si consideri Anassagora, VI a.C. che, alla
domanda quale fosse la sua patria, rispose elevando gli occhi
al cielo che era il Cielo stesso. O si veda Ovidio, che nelle
Metamorfosi, un’opera in versi, afferma che gli occhi sono
stati dati per l’astronomia.
E che dire poi degli eventi astronomici non capiti per ignoranza in corrispondenza di episodi storici importanti: Nicia
e l’eclissi di Luna; Luigi il Buono, figlio di Carlo Magno e
la cometa dell’837; lo scisma della chiesa in Inghilterra e la
cometa; Newton e la cometa del 1680; Leopardi che assiste
allo spavento del volgo per l’eclissi di Sole dell’11 febbraio
1804.
E inoltre: «Di quali stravaganze non è capace lo spirito
umano allorquando non è regolato da cognizioni astronomiche». Al contrario capire gli eventi astronomici è utile: ne è
un esempio il comportamento di Pericle, che, mentre si verificava un’eclissi di Sole, assicura l’equipaggio della flotta ateniese, spaventato, «con una comparazione familiare»:
«Vedendo Pericle, che quivi trovavasi, il suo piloto incerto
e smarrito, gli pose sul volto il suo mantello, e gli domandò
poi, se vedeva. Al che avendo risposto il piloto, che glielo
impediva il suo mantello, Pericle mostrogli, che per simile
causa il corpo della Luna, interposto fra essi ed il Sole, impediva loro di vedere quest’ultimo».
Le cognizioni astronomiche hanno necessità pratiche: si
consideri che il calendario, utile per le vicende umane, è realizzato in base a conoscenze astronomiche. È necessario,
pertanto, dare onori agli astronomi e per questo il fine dell’opera è: «L’Astronomia dunque sì stimata da tutti i sapienti, sì
favorita da tutti i principi saggi ed illuminati, sì utile ad ogni
genere di persone, condotte dalle umane ricerche allo stato in
cui al presente si ritrova merita alcerto che lo studioso filosofo si applichi ad indagare l’origine, a ricercarne i progressi, e
a conoscerne l’epoche principali. Non credei far cosa discara
alla letteraria repubblica nel tesser la Storia delle più ardite
imprese dell’umano intelletto. I più celebri astronomi sì antichi, che moderni, e le più interessanti vicende dell’Astronomia verranno in questa con la possibile esattezza noverate e
descritte».
Il capitolo quinto si apre con questa affermazione:
«La principal cura dell’uomo esser dee quella di riordinar
le sue idee, e di dare un’adequata distribuzione ai suoi pen10
sieri. Noi abbiamo veduto il successivo sviluppo dell’Astronomia in tutte le sue parti prese insieme. Vediamolo ora nelle
sue parti considerate separatamente l’una dall’altra. Abbiamo sin qui veduta la scienza degli astri acquistar sempre
maggior perfezione nelle mani di quegli uomini grandi che
si sono applicati ad illustrarla, ad apprenderla e ad accrescerla. Ma questi uomini grandi hanno impiegato diversi mezzi a
tale effetto. Sminuzziamo ora il loro lavoro. Vediamo a parte
a parte i progressi della scienza degli astri. Così verrà vie
meglio a conoscersi lo sviluppo delle nostre cognizioni, ed il
carattere dello spirito umano».
Il capitolo è poi diviso in cinque paragrafi:
1.
Origine dell’Astronomia
2.
Prime osservazioni astronomiche
3.
Sole
4.
Luna
5.
Stelle
Ancora una volta si afferma che l’astronomia è nata
coll’uomo e che per curiosità l’uomo iniziò a contemplare
«quei corpi che, senza urtarsi e senza distruggersi, annunziavano la potenza del Creatore e la magnificenza della natura».
Il paragrafo sul Sole si apre con un excursus storico sulle
interpretazioni e gli studi fatti su questa stella (Anassagora, Aristotele, Galilei). Sono prese in considerazione anche
le macchie solari, considerate dall’astronomo M. de la Hire
«come le eminenze di una materia solida, e iregolare, che
nuota sulla materia fluida del Sole, e talvolta vi s’immerge».
Nella parte finale è presentato un elogio poetico al Sole, rappresentato come il regolatore della natura: «il suo incarico è
di diffonder per ogni dove insieme con la luce il calore e la
vita. Egli si affetta per adempiere a questo incarico: scaglia
i suoi fuochi penetranti, ravviva tutto ciò a cui giunge il suo
calore, scorre da un lato all’altro del cielo, e termina la sua
carriera come un instancabile atleta. Tutto si anima, tutto acquista un nuovo vigore, al diffondersi de’ suoi benefici raggi,
egli apporta alla natura refrigerio e sollievo, e colle penetranti sue fiamme giunge perfino in quei luoghi ove giunger non
possono i suoi raggi».
«Ma già il Sole è giunto al termine del diurno suo corso...
Il palagio della natura non rimane però privo di luce. Benché
la notte bon sia destinata che al silenzio ed al sonno, può
nondimeno l’uomo aver mestieri di prolungare il suo travaglio, o di continuare i suoi viaggi. La natura sempre attenta a provvedere a tutti i suoi bisogni, oltre le varie fiaccole
che nel cielo ha disposte, e che abbastanza rischiarano il suo
cammino, gli ha altresì somministrato un luminare superiore
in chiarezza a tutte le stelle, un magnifico specchio, da cui
gli vien resa nella notte una parte della luce solare che avea
perduta».
Così, anche per la Luna Leopardi segue lo stesso schema:
dopo un’analisi degli studi sulla Luna (da Talete, ad Eraclito,
da Newton a Galilei, fino agli astronomi contemporanei), si
passa alla poesia, affermando che essa è il magnifico specchio che restituisce di notte la luce solare.
«La notte sembra incaricata di far sì che il Re della natu-
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ra (il Sole) tranquillamente riposi, e che si rispetti in ogni
dove il suo sonno. Non era però conveniente che a coloro
che vegliano, un lume si dasse capace di disturbare la quiete
di coloro che riposano. Fu quindi disposto che la Luna non
risplendesse che di una luce soave e poco brillante, capace di
recar soccorso all’uomo che veglia, e incapace di recar molestia all’uomo che riposa. Tutto è provvidamente distribuito
dalla natura. La confusione, e il disordine non possono aver
luogo nelle opere di quella sapienza che detta leggi a tutto il
creato».
Ma «la Luna non è la sola che adorna e rende bello lo
spettacolo della notte», perché ci sono le stelle, “innumerabili faci” che accrescono la bellezza delle terrestri regioni.
«L’uomo divien come statico nel contemplare l’ordine ammirabile in cui schierate sono e disposte quelle sfolgoranti
lumiere che brillan sospese alla ricca volta che cuopre la sua
abitazione... Il Creatore ha così provveduto perché l’uomo
godesse della vista di quella moltitudine di globi senza che
questi arrecassero alcun pregiudizio alla freschezza della
notte e alla tranquillità del sonno».
Segue un excursus storico sull’osservazioni delle stelle,
con numerose citazioni in latino.
Passiamo ora ai capitoli I-IV.
Nel primo capitolo si afferma di nuovo che l’astronomia
è una delle più antiche scienze, necessaria e utile all’uomo.
È presentato anche il giudizio del grande Cassini, il quale
affermò che l’astronomia «fu inventata al principio del mondo»; «non fu sola la curiosità che trasportò gli uomini ad
applicarsi all’osservazioni astronomiche; si può dire che vi
furon costretti dalla necessità. Poiché se non si osservano le
stagioni, che si distinguono dal moto del Sole, è impossibile
di riuscire nell’agricoltura».
Proprio perché si tratta di una scienza antica, è difficile
determinare «presso qual popolo ebbe ella la prima sua origine». Molti credono che l’invenzione sia attribuibile ai Caldei, che conoscevano il periodo luni-solare di 6000 anni e il
ciclo di Sarö di 223 mesi Lunari, che riconduce il Sole e la
Luna quasi al medesimo punto del cielo.
Quando parla di Egiziani e astronomia, Leopardi considera
l’utilità di tale conoscenza per questo popolo per la presenza
del Nilo.
Segue un excursus sullo Zodiaco e su quale popolo lo abbia inventato.
Leopardi descrive i dodici segni:
Ariete: «mostra la robustezza degli agnelli, i quali al cominciar di primavera sono ormai pronti a seguire al pascolo
il montone ne’ prati»;
Toro: «ingrossa la mandra uniti ai capretti»;
Gemelli: «capretti»;
Cancro: «il quale cammina allo indietro e obliquamente …
esprime il moto retrogrado ed obliquo, che fa il Sole dopo
oltrepassato questo segno»;
Leone: «la ferocia del leone simboleggia l’ardore e la forza de’ raggi del Sole»;
Vergine: «esprime la mietitura»;
Bilancia: «vale a contrassegnare l’equinozio»;
Scorpione: «il veleno dello Scorpione dinota le malattie
autunnali»;
Sagittario: «caccia delle fiere selvaggie, che gli antichi solean fare all’approssimarsi del verno»
Capricorno: «ed il costume della Capra di andar per le
montagne, inerpicandosi, in cerca del
pascolo, mostra l’ascendere che fa il Sole per lo Zodiaco,
dopo oltrepassato un tal segno»;
Acquario: «dinota le invernali pioggie»;
Pesci: «dinota l’abbondanti pesche, che soglion farsi al
declinar della fredda stagione»;
Non sembra che gli inventori siano stati gli Egiziani perché la loro agricoltura era diversa per la presenza del Nilo e
sulla loro regione non erano frequenti le piogge (Acquario);
tuttavia, nei loro geroglifici sono presenti dei segni zodiacali.
L’invenzione fu realizzata per descrivere il corso del Sole.
Fra i vari sistemi proposti sull’invenzione dello Zodiaco,
curioso è quello che affida l’invenzione dei dodici segni a
Giacobbe (essi rappresenterebbero i suoi undici figli maschi,
fra cui i gemelli, Simeone e Levi, e della figlia Dina, la Vergine); i segni rispetterebbero i loro caratteri.
A questo punto Leopardi passa in rassegna gli effetti deplorabili delle osservazioni del cielo.
L’astrologia, in primo luogo, è considerata un «parto infelice dell’umana ambizione e follia». E dopo aver fornito un
elenco di astrologi, afferma che l’unico merito dell’astrologia è che «ne’ secoli barbari, quando le scienze non avevano
attrattiva, il desiderio di saper l’avvenire ha occupato il cuore
dell’uomo, ed ha sostenuta in qualche modo l’astronomia.
Ciò serve a provare, che non v’è quasi alcun male, dal quale
non tragga origine qualche bene».
L’astrolatria, invece, è il culto religioso riservato agli astri,
soprattutto al Sole e alla Luna.
Continua poi con la descrizione dell’astronomia presso i
Babilonesi, gli Egiziani (sistema geocentrico), gli Indiani, i
Cinesi (Dragone), i Persiani, gli Arabi, i Druidi, gli Etiopi, i
popoli dell’America (Peruviani e la descrizione favolosa del
tempio del Sole, i Messicani e la notte buia cercata dal re).
Continua con Adamo, Urano e Atlante.
Nel secondo capitolo, il giovane Leopardi prende in esame l’astronomia greca. Il capitolo si apre con un excursus
sull’eclissi, la prima predetta da Talete. Questi sono i filosofi-astronomi dei quali si riportano delle notizie:
TALETE (Mileto, nato nel 640 a.C.), che fu in grado di
prevedere l’eclissi solare del 585 a.C.;
ANASSIMANDRO (Mileto, floruit nel 547 a.C.);
ANASSIMENE (Mileto, floruit metà del VI secolo), costruttore di uno gnomone ;
ANASSAGORA (Clazomene, nato nel 500 a.C.) e le pietre nel cielo;
SENOFANE (Colofone, floruit nel 540 a.C.) e l’excursus
sulla pluralità dei mondi;
FERECIDE (Siro, floruit metà VI secolo);
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SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016
PITAGORA (Samo o Toscana, nato nel 570 a.C.) e il valore della matematica;
CLEOSTRATO (Tenedo, floruit 536 a.C.);
ARPALO (floruit nel 480 a.C.);
SOCRATE (Atene, 470-400 a.C.), il quale “fe’ scendere
la filosofia dal cielo in Terra, e nelle città la introdusse, ed
abitar la fece tra le mura delle domestiche magioni, e la stabilì regolatrice della vita e dei costumi degli uomini”;
FAINO (Elide, V secolo a.C.);
METONE (Elide, V secolo a.C.), discepolo di Faino;
LEUCIPPO (Abdera, floruit 428 a.C.), discepolo di Zenone e maestro di Democrito;
FILOLAO (Crotone, floruit 392 a.C.);
PLATONE (Atene, 427-347);
FILIPPO MEDMEO (discepolo di Platone, IV secolo
a.C.);
EUDOSSO (Cnido, floruit 390 a.C.);
ARISTOTELE, detto l’immortale (Stagira, in Macedonia,
nato nel 384);
DICEARCO (Messina, IV secolo a.C.) discepolo di Aristotele;
DEMOCRITO (Abdera, costa della Tracia, nato nel 460
a.C.);
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BIONE (Abdera, V secolo a.C.) discepolo di Democrito;
AUTOLICO (Eolide, V secolo a.C.) discepolo di Democrito;
PITEA (Marsiglia, floruit 330 a.C.);
Excursus sulla costruzione del primo quadrante solare ad
opera di Papirio Cursore nel 306 a.C;
EUCLIDE (floruit 300 a.C.);
ERATOSTENE (Cirene, 290-195 a.C.) e il suo esperimento per la misurazione della circonferenza della Terra;
ARATO (Soli, III secolo a.C.);
CONONE (Samo, III secolo a.C.);
ARISTARCO (Samo floruit nel 264 a.C.)
APOLLONIO (Perge in Panfilia, III secolo a.C.);
ARCHIMEDE (Siracusa, nato nel 287 a.C.);
IPPARCO (Nicea, in Bitinia, nato nel 190 a.C.) e il suo
catalogo delle stelle;
GAIO SULPICIO GALLO (Roma, II a.C.), con un giudizio di Leopardi sull’astronomia nel Lazio;
GEMINO (Rodi, floruit 137 a.C.);
ASTRONOMI CINESI
POSIDONIO (Apamea, in Siria, 135-51 a.C.);
GAIO GIULIO CESARE (morto nel 44 a.C.);
MANILIO (floruit I secolo d.C.);
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Excursus sui poeti che hanno scritto di astronomia;
RE MAGI e apparizione di un astro meraviglioso;
TEODOSIO TRIPOLITA (floruit 30 d.C.);
Apparizione di una cometa crinita (79 d.C.);
PLUTARCO (Cheronea, in Beozia, 47-127 d.C.);
AGRIPPA (Roma, floruit 93 d.C.);
MENELAO (Roma, floruit 98 d.C.).
Le parole conclusive del capitolo sono: «Tale progressi
fece lo spirito umano nell’Astronomia in tutto il tempo, che
passò dalla nascita di Talete sino a quella di Ptolomeo. Ciò
che accadde, da quest’epoca sino al nascimento di Copernico, intorno alla scienza degli astri, formerà il soggetto del
seguente capitolo»
L’incipit del terzo capitolo recita: «La scienza astronomica. Illustra precipuamente da Talete, da Anassimandro, da
Pitagora, da Metone, da Eratostene e da Ipparco, non era
ancora che un composto di dottrine disordinate e confuse.
L’immortale Claudio Ptolomeo pose in ordine coteste dottrine, e dette una forma regolare alla scienza degli astri».
Gli autori, che hanno scritto di astronomia, analizzati da
Leopardi, sono:
TOLOMEO (I secolo d.C.);
S. IPPOLITO, vescovo di Porto (inizio III secolo);
EUSEBIO (? 260 ca. - Cesarea di Palestina 340);
GIULIO MATERNO FIRMICO (floruit nel 355);
IERARCA EGIZIO, DIDIMO ALESSANDRINO, PAPPO, DIODORO TARSETE, TEONE DI ALESSANDIA
(astronomi del IV secolo);
TEONE SMIRNEO (Smirne, IV d.C.);
IPAZIA (Alessandria d’Egitto ? - 415 d.C.), figlia di Teone;
SINESIO (discepolo di Ipazia, vescovo di Ptolemaide);
Prime osservazioni della luce zodiacale;
CLEOMEDE (floruit nel 427);
EUDOCIA, SIMPLICIO, PROTERIO, PROCLO DIADOCO (floruerunt nel V secolo);
CASSIODORO (fondatore del monastero di Vivarium
presso Squillace, VI secolo);
GIOVANNI FILOPONE, ANDREA CRETESE (floruerunt nel VII secolo);
GIOVANNI DAMASCENO, B. FLACCO ALBIBO o
ALCUOINO (floruerunt nell’VIII secolo);
Incendio Biblioteca di Alessandria (metà VII secolo);
CALIFFO ABU ABBAS ALMAMONN (inizia il suo impero nell’813);
MOHAMMED BEN GELLER (floruit nell’870);
Astronomi durante la dinastia degli ABASSIDI;
ALFRAGANO ALFERGANI (X secolo);
Riflessione sul ruolo che ebbero i “barbari” nello studio
dell’astronomia;
GERBERTO, poi papa SILVESTRO II nel 999;
Ottico ALHAZEN (XI secolo);
COSTANTINO CARTAGINESE, G. GARLANDIO, S.
GUGLIELMO ABATE, HIRSANGE, ERMANNO, PAN-
DOLFO CAPUANO, RAIMONDO MONACO, ABRAMO
CHUA, MICHELE PSELLO, SIMEONE SET (secolo XI);
ALEARDO (fine XI inizio XII secolo);
ABEN-EZRA e GENEBRARDO (XII secolo);
AVERROE (XII secolo);
FEDERICO II (1230-1250) ;
ALFONSO IX (re di Leone e di Pastiglia, chiamato il Savio e l’Astronomo);
MELITENIOTA (fine XIII secolo);
SACROBOSCO (vissuto al tempo di Alfonso IX);
COCHEOU-KING (floruit nel 1278, astronomo cinese);
RUGGERO BACONE (morto circa 16 anni dopo questa
epoca);
ENRICO di Bruxelles (inizio XIV secolo);
FLAVIO GIOIA AMALFITANO (nel 1302 inventò la
bussola);
TEODORO METOCHITE (morto nel 1332);
GREGORA, GIACOMO DONDO, ISACCO ARGIRO e
altri (XIV secolo);
GIOVANNI LEGNANO (morto nel 1383);
GIOVANNI AVONIO INGLESE e altri (XIV secolo);
PAOLO TOSCANELLO (nato nel 1397);
G. GMUNDEN, G. GUALTERIO e altri (XV secolo);
ULUG BEG (re della Battriana nel 1430);
GIOVANNI MÜLLER (nato in Franconia nel 1436);
WALTHER (inizio XVI secolo);
G. CAPUANO, G. VALLA e altri (XVI secolo);
LEONARDO (nato a Vinci nel 1443);
MANFREDI (astronomo di Bologna, floruit nel 1450);
CARDINALE NICCOLÒ di Cusa (contemporaneo del
precedente);
COPERNICO (Thorn 1473 - Frauenburg, odierna Frombork 1543)
La conclusione del capitolo recita: «Di tutto ciò, che dopo
il nascimento di quest’uomo immortale accadde di spettante
nell’Astronomia, ci serbiamo a parlare nel seguente capitolo».
Il quarto capitolo si apre con queste paroel: «Benché gli
uomini fatti avessero de’ grandi progressi nella scienza degli Astri, non avevano ancora sufficiente cognizione del vero
sistema del mondo. Il famoso Copernico fu quello, che pose
in chiaro la ipotesi di Pitagora, di Aristarco di Samo e del
Cardinale di Cusa, e rese finalmente manifesta la verità».
Gli astronomi, dei quali Leopardi riporta notizie biografiche e imprese, sono:
COPERNICO (nato nel 1473 o nel 1474 – morto nel
1543); il sistema copernicano: «il Sole occupa il centro del
nostro sistema planetario. Intorno ad esso si aggirano Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove e Saturno, ed il tutto è
terminato dal cielo delle stelle fisse. I pianeti vanno da occidente in oriente, e la Luna gira intorno alla Terra, la quale
cotidianamente si rivolge intorno al suo asse»;
PIASIO Cremonese (nato nel 1410 e morto nel 1492);
FEDERICO COMMANDINO (nato nel 1509);
ERASMO REINHOLD ed altri, vissuti al tempo di Co13
SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016
pernico;
GUGLIELMO II, Langravio di Assia-Cassel ;
TICONE BRAHE (nato nel 1546 – morto nel 1630) (culto
dell’astrologia);
WENDELIN e altri, vissuti al tempo di Ticone;
GIOVANNI SCHONER (morto nel 1547 a 62 anni), matematico;
ORONZIO
FINÈ
(morto nel 1555);
LUCA
GUARICO
(morto nel 1559);
FILIPPO LAUSBERG
(nato nel 1561);
CRISTIANO SEVERINI (nato nel 1562);
GALILEO GALILEI
(nato nel 1564 e morto
nel 1642): moto, pendolo, telescopio, nuove scoperte, il metodo matematico-sperimentale;
GIOVANNI KEPLERO (nato nel 1571); la
vita di Keplero fornisce
al Leopardi l’occasione di ribadire l’atavico confitto fra giovani e dotti, i quali non riconoscono ai primi la saggezza, a
causa della loro tenera età ed inesperienza; la morte prematura dell’astronomo sottrasse un genio al bene umano: «Egli fu
un uomo grande, un uomo meraviglioso; e il titolo brillante
di Padre dell’astronomia è appena sufficiente a rimunerarlo
de’ benefizi inestimabili, che egli ha fatti a questa scienza»;
CIPRIANO LEOWIEZ (morto nel 1574);
M. AUROLICO (morto nel 1575);
CORNELIO GEMMA (morto nel 1579);
Excursus sulla riforma del Calendario;
GIOVAN BAATTISTA MORIN (nato nel 1583);
IGRAZIO DANTI (morto nel 1586);
GIUSEPPE MOLETTI (morto nel 1588);
PIETRO GASSENDI (nato nel 1592);
RENATO DESCARTES (Cartesio, nato nel 1596);
B. CAVALIERI e G. B. RICCIOLI (nati nel 1598);
ENRICO RANTZAW (morto nel 1599 a 73 anni);
A. PICCOLOMINI (morto nel 1600);
G. BAYER (floruit nel 1603);
I. BOUILLAUD (nato nel 1605);
G. HEVELIO (nato nel 1611);
SNELLIO (abile matematico, vissuto al tempo di Hevelio);
G. MAGINI (morto nel 1617);
L. BOOK (nato pochi anni dopo la morte di Magini);
P. MEGERLIN (nato nel 1623);
G. B. du HAMEL (nato nel 1624);
G. CASSINI (nato nel 1625) “uomo immortale”, colpito,
come Galilei, dalla cecità (entrambi sono paragonati al veggente Tiresia);
C. HUGHENS (nato nel 1629);
14
N. MULERIO e M. di PEIRESC (morti nel 1630);
C. WREN (nato nel 1632);
R. HOOKE (nato nel 1635);
BLAEU (morto nel 1638);
L. TOZZI ed EIMMART (nati nel 1638);
G. KIRCH (floruit nel 1681);
F. de la HIRE (nato nel 1640);
MARIA CUNITZ (vissuta al tempo del precedente);
G. CRABTREE (morto nel 1641);
I. NEWTON (nato nel
1642 e morto nel 1727);
con lui nasce l’astronomia fisica;
A. MONFORTE ed
O. BOEMERO (nati nel
1644);
G. GOTTIFREDO e
G. FLAMSTEED (nati
nel 1646);
F. VILLEMOT e N.
di MALEZIEU (nati nel
1650);
D. PETAU e FLORIMONDO di BEAUNE (morti nel
1652);
GIACOMO BERNOULLI (nato nel 1654);
GIOVANNI BERNOULLI (più giovane del precedente);
TOMMASO FINCK (morto nel 1656);
HALLEY (nato nel 1656);
G. M. di CHAZELLES (vissuto al tempo di Halley);
A. TACQUET (morto nel 1660);
F. BIANCHINI (nato nel 1662);
A. LAVAL (vissuto al tempo di Bianchini);
G. F. MARALDI (nato nel 1665);
B. F. Conte di Pagan (morto nel 1665);
AUZOUT (vissuto al tempo di Maraldi);
G. KEILL (nato nel 1671);
RICHER (floruit nel 1672);
S. LUBIENIETSKI (morto avvelenato nel 1675);
L. OMODEO (morto nel 1680);
PICARD (morto nel 1682);
BORDONI e altri vissuti al tempo di Picard;
N. G. DE L’ISLE (nato nel 1688);
L. DE L’ISLE (morto nel 1741);
F. VERBIEST (morto nel 1688);
E. BERNARDI (morto nel 1696);
WEGELIO (morto nel 1699);
D. GREGORY (morto nel 1708);
D. GUGLIELMINI (morto nel 1710);
N. L. de la Caille (nato nel 1713);
la Regina Anna in Inghilterra promulga un atto del Parlamento nel 1714, col quale prometteva 20.000 lire sterline
a chi avesse scoperto le longitudini in mare di circa mezzo
grado;
SCIENZE E RICERCHE • N. 24 • 1° MARZO 2016 | SCIENZE FILOLOGICO-LETTERARIE
G. WITTY e altri (vissuti al tempo di N. L. de la Caille);
G. POLENI (floruit nel 1723);
BRADLEY e MOLINEUX (floruerunt nel 1727);
G. L. ROST (morto nel 1727);
G. E. d’Allonville (morto nel 1732);
E. MANFREDI (morto nel 1739);
Padre O. BORGONDIO (morto nel 1741);
R. G. BOSCOVICH (nato nel 1711);
Padre S. SOUCIET (morto nel 1744);
M. WARGENTIN (floruit nel 1746);
G. F. SIMONELLI (floruit nel 1747);
MELCHIORRE della BRIGA (morto nel 1749);
G. P. GUGLIENZI (morto nel 1750);
G. F. WEIDLER (floruit nel 1755);
T. SIMPSON (morto nel 1760);
nel 1761 avvenne il passaggio di Venere sul disco solare;
nel 3 maggio dello stesso anno M. MONTAGNE scoprì un
satellite intorno allo stesso pianeta;
M. de la LANDE e M. MAUDUIT (floruerunt nel 1764);
A. CLAIRAUT (morto nel 1765);
nel 1769 avvenne il passaggio di Venere sul disco solare e
apparve una cometa, osservata da P. Pingré;
D. MELANDER e altri (seconda metà del 700);
Excursus su aurore boreali;
1781 G. HERSCHEL scopre un nuovo pianeta (Urano);
PALCANI (floruit nel 1791);
1801 Padre Piazzi teatino scopre un nuovo pianeta (Cerere);
1802 OLBERS scopre un nuovo pianeta (Pallade);
1804 HARDING scopre un nuovo pianeta;
Al 1811, dopo la scoperta di nuovi corpi, questo era l’ordine del sistema solare: «il Sole occupa il centro di questo
sistema. Girano intorno ad esso Mercurio, Venere e la Terra.
Seguono Marte, Pallade, Cerere, Giunone, Giove, Saturno ed
Urano. Vien terminato il tutto dal cielo delle stelle fisse»;
Nel 1811 apparve una cometa, creando molta paura fra il
volgo.
A fine capitolo, Leopardi scrive: «Qui pongo la fine della Storia dell’Astronomia. Plinio lamentossi un tempo della
negligenza degli antichi nello scrivere la storia de’ progressi
dello spirito umano nella scienza degli astri. Ella è, dic’egli,
una vera depravazione dello spirito, che si ami riempir le carte di narrazioni di guerre, di stragi e di delitti, e non si voglia
poi tramandare alla posterità nelle storie i benefici di coloro,
che han posta ogni cura nell’illustrare una scienza così utile.
Mosso da questo sì giusto rimprovero, intrapresi di scrivere
la Storia dell’Astronomia, della quale son giunto a compimento. Se di codesto mio lavoro non curasi la presente età,
possano almeno sapermene grado le ombre sacre di coloro,
che contribuirono all’avanzamento della scienza degli astri».
Con le stesse parole del giovane Leopardi, desidero
anch’io completare questo breve contributo sulla sua opera
giovanile, invitando tutti i lettori a non fermarsi a questo lavoro, ma a leggere personalmente la Storia dell’astronomia,
per gustare personalmente la meraviglia che vi traspare.
BIBLIOGRAFIA
A. BATTISTINI, Letteratura e scienza, a cura di Andrea
Battistini, Zanichelli Editore, Bologna 1977.
S. BERGIA, G. DRAGONI, G. GOTTARDI, Dizionario
biografico degli scienziati e dei tecnici, Bologna 2000.
G. LEOPARDI, Storia della Astronomia dalla sua origine
sino all’anno MDCCCXIII (con uno scritto di A. Massarenti
e un’appendice di L. Zampieri),
G. LEOPARDI - M. HACK, Storia dell’Astronomia dalle
origini al 2000 e oltre, Edizioni dell’Altana, 2002.
A. NEGRI, Leopardi e la scienza moderna. Sott’altra luce
che l’usata errando, Milano 1998.
F. VETRANO, Giacomo Leopardi e la scienza, in «Giornale di Fisica», Vol. XXXIX, N.1, Gennaio – Marzo 1998,
pp. 39-44.
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