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AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015
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Caso clinico Titolo articolo anche lungo
[ tutto
su / 1
]
VRS: prevenzione, bronchiolite
e sequele a distanza
È possibile che sia l’interazione di più fattori a determinare l’outcome
dell’infezione acuta da VRS e delle manifestazioni a lungo termine.
I
l Virus Respiratorio Sinciziale (VRS)
ancora immaturo e la mancanza di precedente
Renato Cutrera1
1
Nicola
Ullmann
è un virus a RNA lineare a singola elica che
esposizione ad infezioni virali, potrebbe auElena Boccuzzi2
appartiene alla famiglia dei Paramyxovirimentare la frequenza delle coinfezioni virali
M.Chiara De
1
dae. Sono stati descritti due gruppi antigenici di
nella popolazione pediatrica mentre più rara è
Angelis
Giovanni Corsello3
RSV, il gruppo A e il gruppo B, in base alle difla coinfezione virus-batteri.
1
UOC Broncopneumologia
ferenze strutturali nelle due glicoproteine (G ed
– Dipartimento Medicina
F) che rivestono un ruolo principale per la loro
Pediatrica, Ospedale
attività immunogena. La glicoproteina G, infatti, Pediatrico “Bambino
Gesù” IRCCS, Roma
Prevenzione
ha la funzione di mediare l’adesione del virus alle
2
Dipartimento di
e misure preventive ambientali e
cellule ospiti; la proteina F è invece responsabile, Pediatria – “Sapienza”
Università di Roma
comportamentali vanno considerate come
oltre che della fusione, anche della formazione
3
Dipartimento di Scienze
il miglior approccio per ridurre il rischio delle
dei tipici sincizi cellulari. L’immunità acquisita
per la Promozione della
infezioni correlate al VRS in tutti i lattanti e
dopo una infezione da VRS è incompleta e di
Salute e MaternoInfantile
–
Università
in particolar modo nei bambini ad alto rischio.
breve durata, e ciò comporta frequenti reinfeziodegli Studi di Palermo
In considerazione delle modalità di trasmissioni nell’arco della vita. Dati di letteratura stimano
ne del virus, oltre ad evitare il contatto diretto
che quasi tutti i bambini vengono a contatto con
il VRS entro i due anni di vita ma solo lo 0,5–2% dei casi con persone affette (per esempio attraverso l’utilizzo di
di infezione da VRS è legato a sintomi respiratori più gravi mascherine chirurgiche da parte delle madri nutrici),
è importante evitare le condizioni di sovraffollamento.
con necessità di ospedalizzazione.
Il miglioramento delle pratiche igieniche personali ed
ambientali è una ulteriore misura da adottare nella prevenzione dell’infezione. Il lavaggio frequente delle mani,
Trasmissione
la decontaminazione con soluzioni alcoliche e la pulizia
l periodo di incubazione del virus varia da delle superfici andrebbero incoraggiate e promosse in tutti
2 a 8 giorni. L’infezione da VRS è estremamente con- gli ambienti, soprattutto in quelli a maggior rischio di
tagiosa, con una durata di trasmissibilità variabile dai 3 trasmissione (ambiente domestico, scolastico ed ospedaagli 8 giorni. Il virus si trasmette attraverso goccioline di liero). Particolare attenzione va ad esempio riservata alla
saliva per via aerea e attraverso il contatto con oggetti e pulizia del fonendoscopio, possibile vettore di contamisuperfici contaminate. È importante sapere che il virus nazione. Sensibilizzare le famiglie ad evitare l’esposizione
può resistere a temperatura ambiente, sulla pelle e sulle passiva al fumo di sigaretta ed incoraggiare l’allattamento
superfici anche fino a 6–8 ore. L’infezione da VRS ha un al seno sono ulteriori raccomandazioni utili nell’ambito
andamento stagionale con una distribuzione prevalente della misure preventive comportamentali. Oltre a quanto
tra ottobre e maggio nei paesi dell’emisfero nord. Il VRS detto, è stato segnalato in letteratura che il taglio cesaspesso non agisce da solo infatti in letteratura è stata reo può costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di
dimostrata una coinfezione virale nel 24% dei bambi- infezioni nei primi due anni di vita. Diversi studi infine
ni affetti da bronchiolite e questo aspetto sembra poter hanno dimostrato che il deficit di vitamina D aumenta
peggiorare la gravità dei sintomi. Il sistema immunitario il rischio di infezioni da VRS nel primo anno di vita e
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I
57
L
Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza
Quasi tutti i bambini vengono a contatto con il VRS
entro i due anni di vita, ma solo lo 0,5–2% dei casi di infezione
da VRS è legato a sintomi respiratori più gravi.
che pertanto la supplementazione, durante la gravidanza
e successivamente al bambino, è utile per la prevenzione.
Profilassi passiva
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N
ell’ambito della profilassi farmacologica, il primo anticorpo policlonale umano anti-VRS
utilizzato (Respigam) aveva fornito risultati incoraggianti
in termini di riduzione del tasso di ospedalizzazione ma la
necessità di somministrazione endovenosa, il costo elevato
ed il potenziale rischio di trasmissione di patogeni ne
hanno controindicato l’utilizzo. Il Palivizumab è un anticorpo monoclonale murino umanizzato (IgG1), prodotto
mediante tecnologia del DNA ricombinante, che lega un
epitopo della glicoproteina F presente sulla superficie del
VRS, bloccando il legame tra il virus e la cellula bersaglio.
Introdotto in studi clinici nel 1996, è stato approvato due
anni dopo dalla Food and Drugs Administration (FDA)
per la prevenzione delle infezioni da VRS in pazienti
pediatrici ad aumentato rischio di malattia grave ed è
tutt’ora l’unico prodotto approvato con tale indicazione.
In quegli anni, una collaborazione di ricercatori inglesi,
americani e canadesi, ha prodotto un importante lavoro
multicentrico randomizzato in doppio cieco che ha dimostrato una significativa riduzione dei ricoveri per infezione
da VRS in pazienti nati prematuri (≤35 settimane) fino a 6
mesi di età ed in bambini con malattia polmonare cronica
con meno di 2 anni di vita dopo trattamento con Palivizumab. La riduzione di ospedalizzazione è risultata pari
al 55% con variazioni nei diversi gruppi analizzati (78%
nei prematuri senza malattia polmonare cronica e 39%
nei bambini broncodisplasici). Qualche anno più tardi,
l’efficacia e la sicurezza del Palivizumab è stata confermata
da Feltes et al su bambini <2 anni di età con cardiopatia
congenita (CC) emodinamicamente significativa, evidenziando una riduzione delle ospedalizzazioni del 45%,
minore necessità di terapia intensiva e di ventilazione
meccanica. Da qui, numerosi altri studi hanno confermato
l’effetto favorevole della profilassi sull’incidenza di gravi
infezioni da VRS nelle suddette classi di pazienti a rischio.
La singola somministrazione intramuscolare di 15 mg/kg
dose permette di mantenere livelli anticorpali sierici sufficienti a prevenire l’infezione. Pertanto, in considerazione
dell’emivita di circa 20–30 giorni, è stata concordata la
somministrazione mensile durante il periodo epidemico
del VRS fino a 5 dosi totali. In considerazione degli elevati
costi del trattamento, l’indicazione alla profilassi non è
raccomandata in tutti i neonati e diverse linee guida o raccomandazioni nazionali sono state redatte per valutarne
il rapporto costo/beneficio nelle varie classi di pazienti.
Attualmente l’indicazione all’utilizzo del Palivizumab
riguarda i bambini con malattia polmonare cronica, CC
emodinamicamente significativa e prematurità. Tuttavia
mentre per le prime due classi di pazienti c’è sufficiente
uniformità di approccio terapeutico, per quanto riguarda
i neonati pretermine rimane ancora ampiamente dibattuto il cut-off dell’età gestazionale (EG) al di sotto del
quale consigliare la profilassi. L’American Academy of
Pediatrics (AAP) ha pubblicato le prime linee guida sulla
profilassi per il VRS nel 1998; da allora, sulla base dei dati
di letteratura, sono stati effettuati numerosi aggiornamenti fino al più recente del 2014 che ha posto significative
restrizioni alle precedenti indicazioni del 2009. Attualmente gli autori nord-americani raccomandano infatti la
profilassi nei bambini prematuri (EG<32 settimane) con
malattia polmonare cronica e CC emodinamicamente
significativa fino al compimento del 12° mese di vita. Per
quanto riguarda la sola prematurità, l’indicazione al Palivizumab è approvata esclusivamente in bambini con EG
<29 settimana e di età inferiore ai 12 mesi all’inizio del
periodo epidemico. In merito alla nostra realtà nazionale,
le raccomandazioni della Società Italiana di Neonatologia
pubblicate nel 2004 indicano la profilassi nei bambini
con malattia polmonare cronica e CC emodinamicamente significativa fino al compimento del 2° anno di età.
In merito alla prematurità viene effettuata invece una
stratificazione del rischio con successiva indicazione alla
profilassi nei prematuri di età inferiore ad 1 anno ed EG
≤32 settimane in assenza di altri fattori concomitanti o
EG tra 33 e 35 settimane in presenza di almeno due fattori
di rischio associati (tra cui peso alla nascita <2,5 Kg o
<10°C, esposizione al fumo passivo o a fonti di inquinamento atmosferico, dimissione nel periodo epidemico,
Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza
A
l momento non è ancora disponibile in commercio un vaccino sicuro ed efficace pertanto il suo
sviluppo resta una priorità nella sfida al VRS. Il primo
vaccino studiato e testato su una popolazione pediatrica,
risalente agli anni ’60, è stato il FI-RSV (vaccino inattivato
con formalina). L’utilizzo di questo vaccino ha però determinato un aumento dell’ospedalizzazione dopo l’esposizione al VRS e sono stati addirittura segnalati alcuni decessi.
In considerazione dell’evidenza di un livello inferiore di
anticorpi neutralizzanti in seguito all’infezione naturale
si era ipotizzato che il processo di inattivazione con formalina alterasse la struttura delle glicoproteine F e G, con
conseguente induzione di anticorpi non neutralizzanti.
Da questo fallimento sono nate numerose ricerche per
American
Academy of
Pediatrics 2014
Canadian
Paediatric
Society
Società Italiana
di Neonatologia
2004
Malattia
polmonare
cronica
Età < 1 anno*
Età < 2 anni
Età < 2 anni
CC emodinamicamente
significativa
Età < 1 anno
Età < 2 anni
Età < 2 anni
Prematurità
EG < 29
settimane
EG < 32
settimane**
EG ≤ 35
settimane
EG 32–35
settimane
da valutare
EG 33–35
settimane
se fattori
di rischio ***
CC Cardiopatia Congenita
* Ed EG <32 settimane
** Ed età < 6 mesi all’inizio del periodo epidemico
*** Almeno due fattori di rischio tra: basso peso alla nascita (<2,5 Kg o < 10°C),
esposizione al fumo passivo, esposizione a fonti di inquinamento atmosferico,
dimissione nel periodo epidemico, assenza di allattamento al seno, scolarizzazione,
patologie concomitanti gravi, familiarità per atopia, parto gemellare, presenza di
fratelli più grandi.
identificare il corretto target per la vaccinazione e sono
quindi stati sviluppati diversi tipi di vaccini (vivi attenuati,
coniugati). L’ambito di studio che attualmente desta maggiore interesse è quello dei vaccini vivi attenuati in quanto,
rispetto a quelli inattivati, i primi inducono risposte immunitarie più simili all’immunità naturale. In considerazione
della via di accesso mucosale attraverso la quale il VRS
infetta l’organismo, un vaccino ideale dovrebbe generare
risposte immunitarie umorali locali e durevoli (IgA nasali
con attività neutralizzante) per proteggere sia le vie aeree
superiori che quelle inferiori. Un vaccino vivo attenuato
somministrato per via intranasale è dunque al momento il
campo di studio di maggiore interesse per la lotta al VRS
in quanto ritenuto uno delle opzioni vaccinali più plausibili.
Tuttavia tale tipologia di vaccini non ha ancora raggiunto
un equilibrio accettabile tra immunogenicità e tollerabilità
nei bambini più piccoli nei quali anche una banale congestione nasale può essere sufficiente per interferire con
l’allattamento. Inoltre sembra che l’efficacia immunitaria
risulti più debole dell’infezione naturale per la perdita di
immunogenicità durante il processo di attenuazione del
virus. Alla luce di quanto detto, sono in corso di studio
altre tipologie di vaccini diversi e con modalità di somministrazione alternative. L’elemento che maggiormente
accomuna i vaccini oggetto di studio è l’identificazione
della glicoproteina F come target vaccinale principale; in
particolare si punta ad ottenere anticorpi ad alta specificità
che stabilizzino la proteina F nello stato di “prefusione”,
rendendo il VRS vulnerabile e bloccandone la virulenza. Il
VRS può dare una sintomatologia estremamente variabile
59
Profilassi attiva
Tabella 1. Le diverse raccomandazioni
per la profilassi con Palivizumab a confronto.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015
assenza di allattamento al seno, scolarizzazione, patologie
concomitanti). Le raccomandazioni del 2011 della Canadian Paediatric Society indicano la profilassi nei bambini
con CC e malattia polmonare cronica con età inferiore
ai due anni all’inizio del periodo epidemico ed in tutti
bambini con EG<32 settimane ed età <6 mesi all’inizio
della stagione del VRS. Le indicazioni in bambini con
EG compresa tra le 32 e le 35 settimane sono relative alla
valutazione del rischio di ospedalizzazione e dunque al
rapporto costo/beneficio.
Da quanto detto si evince dunque che uno dei principali
coni d’ombra relativi alla profilassi sia la fascia dei cosiddetti “late-preterm”, per i quali le indicazioni alla terapia
con Palivizumab sono ancora ampiamente discusse. Le
indicazioni più restrittive sull’utilizzo dell’anticorpo monoclonale sono ad oggi principalmente legate all’elevato
costo del farmaco ed ai suoi effetti limitati alla riduzione
del rischio di ospedalizzazione ma non della mortalità.
Sicuramente il corretto rapporto tra costo e beneficio dovrà
essere ancora discusso dai diversi specialisti coinvolti nella
cura di questi pazienti. Ugualmente ancora poco chiaro
rimane in letteratura l’approccio da adottare nei confronti
dei bambini con patologie polmonari croniche diverse dalla
broncodisplasia (es. anomalie anatomiche polmonari, fibrosi cistica), malattie neuromuscolari o immunodeficienze,
ritenute comunque classi potenzialmente a rischio per le
quali il trattamento dovrebbe essere considerato nel primo
anno di vita. Questi dunque sono attualmente i campi di
applicazione della profilassi che suscitano maggiore interesse e per i quali siamo pertanto in attesa di ulteriori
aggiornamenti delle raccomandazioni.
Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza
che può spaziare da un semplice quadro di rinite al coinvolgimento delle basse vie aeree come per esempio nei casi di
bronchiolite. Questo aspetto è ben espresso con il termine
generale di “infezione respiratoria da VRS”.
La bronchiolite
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015
60
L
a bronchiolite è la principale diagnosi di
ospedalizzazione per infezione respiratoria delle
basse vie aeree in bambini nel primo anno di vita ma è
anche causa di un elevato numero di visite ambulatoriali.
La definizione di questa patologia si basa su criteri clinici
ed in particolare, gli autori anglosassoni (statunitensi e
nord americani) definiscono la bronchiolite come una
malattia acuta ad eziologia virale, caratterizzata da iniziale
comparsa di sintomi delle alte vie respiratorie, seguiti poi
da rumori umidi e/o wheezing del bambino fino all’età
di 24 mesi. Diversamente, gli autori anglosassoni (inglesi
ed australiani) definiscono la bronchiolite con la presenza
di rantoli crepitanti e/o wheezing (primo episodio) in un
bambino di età inferiore ai 12 mesi di vita. A parere degli
scriventi, quest’ultima definizione risulta essere la più
appropriata in quanto riduce il rischio di comprendere
pazienti affetti da bronchite asmatiforme. Molti degli
studi pubblicati, soprattutto relativi agli approcci terapeutici, dovrebbero pertanto essere interpretati alla luce
delle possibili differenze di definizione adottata.
L’agente patogeno virale responsabile di più del 50%
dei casi di bronchiolite è il VRS, ma sono stati identificati
anche molti altri virus (il Rinovirus, il Bocavirus, i virus
parainfluenzali, il virus dell’influenza, il Metapneumovirus,
l’Adenovirus). Dal punto di vista anatomopatologico risulta
costante la presenza di una flogosi a livello dei bronchioli
respiratori con infiltrazione di linfociti e neutrofili, necrosi
delle cellule ciliate di parete ed accumulo intraluminale di
muco e detriti cellulari. Questa condizione forma “tappi”
nelle vie aeree che possono arrivare a provocare un’ostruzione al flusso d’aria con conseguente comparsa di atelettasie. Un esteso coinvolgimento alveolare può indurre la
formazione di essudato alveolare, un danno di membrana
e una grave alterazione del rapporto ventilazione/perfusione che clinicamente si può manifestare con ipossiemia
ed aumento della CO2. La contrazione dei muscoli lisci
sembra invece avere un ruolo marginale nella patogenesi
della bronchiolite e ciò potrebbe spiegare il limitato beneficio terapeutico dei broncodilatatori osservato negli studi
clinici. Le alterazioni anatomiche e funzionali comportano
un aumento del carico di lavoro respiratorio, il quale a sua
volta causa distress respiratorio e conseguenti difficoltà
nell’alimentazione, potendo portare ad un quadro di disidratazione talvolta grave, con possibile acidosi metabolica.
La maggior parte dei bambini presenta una forma lieve di
malattia, esistono però anche forme con sintomi respiratori
più gravi che richiedono cure maggiori. Tra i fattori correlati ad un aumento del rischio di ospedalizzazione sono stati
riconosciuti: la storia familiare per asma e/o atopia, il fumo
dei genitori e la mancanza di allattamento al seno. Inoltre
alcuni fattori clinici e demografici sono stati associati a
quadri di bronchiolite grave e necessità di maggior supporto respiratorio: il basso peso alla nascita, il sesso maschile,
l’età <3 mesi ed uno score elevato di gravità all’ammissione
in ospedale. Possiamo aggiungere, inoltre, che il rischio di
bronchiolite grave si correla con altri fattori come: la prematurità, la nascita durante il periodo epidemico, la nascita
da taglio cesareo, le basse condizioni socio-economiche,
l’inquinamento domestico, un sovraffollamento ambientale, l’infezione da VRS e la coesistenza di comorbidità
associate, quali cardiopatie congenite, patologie polmonari
croniche (es. la malattia polmonare cronica), sindrome di
Down ed uno stato di immunodepressione.
Quadro clinico
L
a bronchiolite clinicamente si presenta con
rinorrea, stato di flogosi delle alte vie aeree e tosse
ingravescente; talvolta può esser presente anche febbricola. Successivamente i sintomi legati all’interessamento delle basse vie respiratorie possono peggiorare con
comparsa di distress respiratorio, tachipnea e tachicardia,
quindi, rientramenti intercostali, alitamento delle pinne
nasali con uso dei muscoli accessori e nei casi moderati/
gravi, crisi di desaturazione talvolta con apnee. All’auscultazione del torace si apprezza un prolungamento
della fase espiratoria con gemiti e sibili, rantoli a piccole
bolle e talvolta crepitii diffusi. Solitamente questa patologia ha un’evoluzione benigna e può essere trattata a
domicilio per le forme più lievi con l’importante supporto del pediatra del territorio. Quando è necessario il
ricovero ospedaliero, questo può essere effettuato in un
reparto pediatrico di degenza ordinario ma, nei casi più
gravi o qualora si assista ad un peggioramento clinico,
si possono rendere necessarie cure più intensive con
l’ausilio della terapia ad alti flussi o altre metodiche di
supporto ventilatorio.
I criteri per l’ospedalizzazione includono: distress
respiratorio, presenza di apnee, persistente necessità di
Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza
La diagnosi di bronchiolite si basa su interpretazione dei dati
anamnestici, presentazione clinica ed esame obiettivo del bambino
piuttosto che su indagini di laboratorio o esami strumentali.
L
a diagnosi di bronchiolite si basa principalmente sull’interpretazione medica dei dati anamnestici, la presentazione clinica e sull’esame obiettivo del
bambino piuttosto che su indagini di laboratorio o esami
strumentali. Più in dettaglio possiamo affermare che l’orientamento diagnostico si basa essenzialmente su dati
epidemiologici, quali: l’età <12 mesi di vita, la stagione
dell’anno (periodo epidemico), il contatto con familiari
affetti da infezioni delle vie respiratorie, una recente storia
di rinite e tosse insistente. Inoltre importante è l’osservazione del quadro clinico caratterizzato da rinorrea, tosse,
tachipnea, rantoli crepitanti diffusi e/o sibili espiratori
all’auscultazione del torace. A questi talvolta si possono
aggiungere bassa saturazione di O2 e difficoltà nell’alimentazione con segni clinici di disidratazione. La diagnosi eziologica può essere definita attraverso l’isolamento
del virus mediante esame colturale o attraverso la ricerca
degli antigeni virali nelle cellule epiteliali delle secrezioni
nasofaringee. L’identificazione dell’agente specifico ed in
particolare del VRS, ha un impatto parziale sulla gestione
clinica del paziente ma, in ambito ospedaliero, può avere
importanza ai fini dell’isolamento o accoppiamento dei
pazienti per ridurre le infezioni nosocomiali e l’utilizzo
di terapie antibiotiche ingiustificate.
L’esame radiografico del torace si caratterizza per l’aumento del contenuto aereo polmonare ed in alcuni casi
può rilevare infiltrati peribronchiali in sede perilare e
talora aree di atelettasia che potrebbero essere scambiate
per addensamenti. La radiografia del torace che non è
indicata di routine, può essere presa in considerazione solo
Complicanze
L
a bronchiolite che spesso ha una evoluzione
favorevole, può però evolvere e complicarsi fino alla grave insufficienza respiratoria, sviluppare estese aree
di atelettasia, pneumotorace o pneumomediastino. La
complicanza acuta più temuta e frequente è l’insorgere di apnee, elemento importante nel management dei
bambini con bronchiolite. Alcuni studi hanno dimostrato
che vi sono alcuni fattori di rischio correlati all’insorgere
delle apnee, tra cui un precedente episodio di apnea, la
giovane età al momento dell’infezione (<1 mese di vita)
e la prematurità.
L’assistenza primaria
Q
uest’aspetto assistenziale, svolto in Italia
dai pediatri del territorio, rappresenta un primo
step fondamentale per le famiglie ed estremamente importante per ridurre gli accessi ed i ricoveri ospedalieri.
Nel paziente con bronchiolite assistito a domicilio vanno
controllati frequentemente le condizioni generali, i parametri cardio-respiratori includendo i valori saturimetrici,
la capacità di alimentarsi e la compliance familiare alle
indicazioni fornite. La famiglia infatti deve essere istruita
affinchè possa diventare parte attiva nella gestione domiciliare del lattante con bronchiolite e nella identificazione
di segni che possano suggerire un peggioramento clinico.
La terapia di supporto e farmacologica
P
er ciò che concerne il trattamento va ricordato che la bronchiolite è una malattia autolimitante ad eziologia virale. La terapia pertanto è sostanzialmente di supporto ed ha i seguenti obiettivi: a) ridurre il
lavoro respiratorio b) mantenere un’alimentazione ade-
61
Diagnosi
qualora il bambino ricoverato presenti un significativo
peggioramento clinico o sviluppi complicanze.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015
O2 terapia (per SpO2 <90–92%), disidratazione oppure
un quadro clinico moderato-grave. Da considerare ovviamente tutti i restanti fattori e categorie di pazienti
a maggior rischio di sviluppare complicanze come per
esempio pazienti con: difficoltà nell’alimentazione con
assunzione di liquidi ridotta di >50% nelle 24h precedenti, prematurità, cardiopatia, malattia polmonare cronica,
ridotta reattività, scarsa compliance familiare e così via.
Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza
guata prevenendo la disidratazione c) ridurre la necessità
di ricovero o la durata della degenza.
La terapia di supporto
La detersione delle alte vie aeree
Un’accurata pulizia delle alte vie respiratorie, soprattutto nei pazienti più piccoli, mediante frequenti lavaggi nasali con soluzione fisiologica ed aspirazione
superficiale, migliora la pervietà delle vie aeree e favorisce l’alimentazione.
L’ossigeno-terapia e l ’utilizzo delle cannule nasali
ad alto flusso
Una buona ossigenazione va garantita al paziente sia
durante la veglia che durante il sonno attraverso il
controllo della saturazione di ossigeno attraverso un
pulsossimetro con sensore adatto (ancora discusso se
sia più opportuno un monitoraggio continuo o saltuario come suggerito dall’AAP). L’ossigeno va somministrato in presenza di valori di SpO2 <90–92% in
aria ambiente e deve essere sospeso qualora il lattante
sia stabilmente normo-ossigenato. Qualora la desaturazione sia associata a significativo lavoro respiratorio
del lattante e/o ad iniziale ipercapnia, può essere utile
somministrare la miscela di O2 attraverso cannule nasali ad alto flusso (HFNC). Questa modalità è spesso
meglio tollerata e riduce il peggioramento clinico e
pertanto la necessità di ventilazione meccanica. L’ossigeno riscaldato e umidificato riduce gli effetti secondari della prolungata O2-terapia come la disidratazione
mucosale e l’alterazione della clearance ciliare. Inoltre
vi è il vantaggio che il flusso di O2, impostato a valori
maggiori rispetto al picco inspiratorio del bambino,
permette di mantenere una FiO2 costante e la pressione positiva continua (effetto CPAP) mantiene pervie
le vie aeree nella fase espiratoria, riducendo il lavoro
respiratorio ed aumentando il reclutamento alveolare.
L’efficacia della HFNC dipende da vari fattori come la
corretta selezione dei pazienti, la scelta delle cannule
nasali e l’impostazione del flusso, inoltre necessita di
un attento monitoraggio clinico e dei parametri vitali,
per cui deve essere effettuata da personale addestrato
ed in un setting pediatrico adeguato.
La soluzione salina ipertonica al 3%
Le recenti linee guida americane suggeriscono che la
soluzione ipertonica non dovrebbe essere somministrata
dai medici di pronto soccorso in quanto non riduce il
tasso di ospedalizzazione ma può essere presa in considerazione nel trattamento dei lattanti ricoverati avendo
mostrato un miglioramento nello score clinico ed una
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AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015
62
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riduzione della degenza ospedaliera. La soluzione salina
ipertonica agirebbe migliorando la clearance mucociliare, riducendo la viscosità delle secrezioni e l’edema
delle vie aeree. Il suo utilizzo, anche nella nostra realtà
nazionale, è sicuramente in crescita sia a livello ospedaliero che ambulatoriale ma sono necessari nuovi studi
che ne supportino il beneficio.
La terapia reidratante
La terapia reidratante attraverso tubo nasogastrico o
via endovenosa va considerata in presenza di segni di
disidratazione legati a diversi possibili fattori concomitanti quali: febbre, tachipnea e difficoltà nell’assunzione del pasto e di liquidi.
La terapia farmacologica
I broncodilatatori
La AAP non raccomanda l’utilizzo di questi farmaci
mentre un recente documento nazionale sul trattamento e la prevenzione della bronchiolite pubblicato
da Baraldi et al. ha un atteggiamento più moderato.
Quest’ultimo infatti suggerisce che, in presenza di una
storia familiare positiva per allergia, asma o atopia,
può essere tentato un singolo trial terapeutico con
broncodilatatori per via inalatoria ma questi vanno
sospesi in mancanza di risposta dopo 15–30 minuti
dal trattamento.
L’adrenalina
L’utilizzo di questo farmaco per via inalatoria non è
raccomandato dalle linee guida americane sebbene
uno studio multicentrico ha suggerito possibili effetti
nella riduzione dei ricoveri ospedalieri. In questo caso
l’adrenalina veniva somministrata insieme a desametasone ad alte dosi per via sistemica in un setting di
pronto soccorso.
I glucocorticoidi
Molti studi hanno dimostrato che la somministrazione
di corticosteroidi non è associata ad una significativa
riduzione dello score di gravità clinico, del numero
di ricoveri o della durata della degenza, pertanto il
loro utilizzo, sia per via sistemica che inalatoria, non
è raccomandato dalle più recenti linee guida.
Gli antibiotici
Gli antibiotici sono raccomandati solo per le bronchioliti gravi ricoverate in setting di cure intensive
ed in presenza di sovrainfezione batterica dimostrata
(test molecolari o colturali). Suggerito, ma non ancora confermato, il possibile effetto antinfiammatorio
ed immunomodulante della classe dei macrolidi in
pazienti affetti da bronchiolite.
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Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza
N
umerosi studi hanno documentato un’associazione tra l’infezione respiratoria da VRS ed il
wheezing ricorrente, l’asma e la sensibilizzazione allergica.
Il meccanismo patogenetico alla base di tale correlazione
è però ancora ampiamente discusso. L’ipotesi ad oggi
principalmente accreditata è che il VRS possa causare un
danno delle cellule epiteliali respiratorie ed interferire con
lo sviluppo del polmone ma soprattutto con l’immunità
locale, favorendo l’iperattività delle vie aeree. Il VRS infatti, riconosciuto dalle cellule epiteliali tramite i recettori
Toll-like (TLR), promuove l’espressione e la secrezione
di chemochine e citochine infiammatorie che attivano
inizialmente la risposta immunitaria innata e successivamente la risposta immunitaria adattativa. Quest’ultima
è caratterizzata da uno shift immunitario Th1-Th2, come
dimostrato dal riscontro di citochine del pattern Th2 (es.
IL4) in secrezioni respiratorie di bambini affetti dal virus.
Inoltre, esistono evidenze di un aumento di altre citochine
non specifiche della risposta Th2, come IL-11 ed IFN-γ,
capaci rispettivamente di indurre iperreattività bronchiale
ed ostruzione delle vie aeree. Accanto a suddette alterazioni immunologiche, esistono anche dei meccanismi
neuronali che sembrano giocare un ruolo importante nel
determinare l’iperreattività delle vie aeree. Sulla superficie
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63
Sequele a distanza
dell’epitelio respiratorio esiste infatti una rete di fibre
nervose la cui stimolazione da parte del VRS determina
il rilascio di neuropeptidi infiammatori. La persistenza
di queste risposte pro-infiammatoria dunque spiega l’insorgenza di wheezing e asma e potrebbe inoltre essere
responsabile di un aumentato rischio di sensibilizzazione
allergica. Resta però ancora dibattuto se lo shift immunologico verso il fenotipo Th2 sia legato ai soli effetti
del VRS o se questa esagerata risposta Th2 sia in realtà
spiegata da una predisposizione genetica. Numerosi polimorfismi genetici sono stati infatti ampiamente descritti
ed associati sia alla gravità delle infezioni che allo sviluppo
di atopia ed asma, evidenziando dunque l’esistenza di
determinanti genetici comuni. L’aumentata incidenza
di wheezing in pazienti con infezione da VRS sembra
essere direttamente associata alla gravità dell’infezione
ed inversamente correlata all’età del paziente, con una
massima incidenza nei primi tre mesi di vita. A sostegno
di tale tesi vi sono anche alcuni studi che hanno dimostrato un ruolo protettivo del Palivizumab nei confronti
dell’insorgenza di wheezing e asma. Una recente metaanalisi dimostra inoltre come tali manifestazioni tendano
a diminuire progressivamente con l’età che comunque
sembra potersi protrarre fino ad un massimo di 13 anni
di vita (Sigurs et al).
In conclusione, è possibile dunque che sia l’interazione
di più fattori (l’età precoce al momento dell’infezione,
la prolungata risposta infiammatoria che ne consegue,
l’azione immunomodulante del VRS e la suscettibilità
genetica) a determinare l’outcome dell’infezione acuta da
VRS e delle manifestazioni a lungo termine
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015
Per questioni di spazio, in questo articolo non tratteremo altri approcci terapeutici descritti in pazienti con
bronchiolite ma non raccomandati come: i farmaci antivirali, la miscela di elio ed ossigeno, gli antileucotrienici,
la fisioterapia respiratoria etc…
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