AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 56 Caso clinico Titolo articolo anche lungo [ tutto su / 1 ] VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza È possibile che sia l’interazione di più fattori a determinare l’outcome dell’infezione acuta da VRS e delle manifestazioni a lungo termine. I l Virus Respiratorio Sinciziale (VRS) ancora immaturo e la mancanza di precedente Renato Cutrera1 1 Nicola Ullmann è un virus a RNA lineare a singola elica che esposizione ad infezioni virali, potrebbe auElena Boccuzzi2 appartiene alla famiglia dei Paramyxovirimentare la frequenza delle coinfezioni virali M.Chiara De 1 dae. Sono stati descritti due gruppi antigenici di nella popolazione pediatrica mentre più rara è Angelis Giovanni Corsello3 RSV, il gruppo A e il gruppo B, in base alle difla coinfezione virus-batteri. 1 UOC Broncopneumologia ferenze strutturali nelle due glicoproteine (G ed – Dipartimento Medicina F) che rivestono un ruolo principale per la loro Pediatrica, Ospedale attività immunogena. La glicoproteina G, infatti, Pediatrico “Bambino Gesù” IRCCS, Roma Prevenzione ha la funzione di mediare l’adesione del virus alle 2 Dipartimento di e misure preventive ambientali e cellule ospiti; la proteina F è invece responsabile, Pediatria – “Sapienza” Università di Roma comportamentali vanno considerate come oltre che della fusione, anche della formazione 3 Dipartimento di Scienze il miglior approccio per ridurre il rischio delle dei tipici sincizi cellulari. L’immunità acquisita per la Promozione della infezioni correlate al VRS in tutti i lattanti e dopo una infezione da VRS è incompleta e di Salute e MaternoInfantile – Università in particolar modo nei bambini ad alto rischio. breve durata, e ciò comporta frequenti reinfeziodegli Studi di Palermo In considerazione delle modalità di trasmissioni nell’arco della vita. Dati di letteratura stimano ne del virus, oltre ad evitare il contatto diretto che quasi tutti i bambini vengono a contatto con il VRS entro i due anni di vita ma solo lo 0,5–2% dei casi con persone affette (per esempio attraverso l’utilizzo di di infezione da VRS è legato a sintomi respiratori più gravi mascherine chirurgiche da parte delle madri nutrici), è importante evitare le condizioni di sovraffollamento. con necessità di ospedalizzazione. Il miglioramento delle pratiche igieniche personali ed ambientali è una ulteriore misura da adottare nella prevenzione dell’infezione. Il lavaggio frequente delle mani, Trasmissione la decontaminazione con soluzioni alcoliche e la pulizia l periodo di incubazione del virus varia da delle superfici andrebbero incoraggiate e promosse in tutti 2 a 8 giorni. L’infezione da VRS è estremamente con- gli ambienti, soprattutto in quelli a maggior rischio di tagiosa, con una durata di trasmissibilità variabile dai 3 trasmissione (ambiente domestico, scolastico ed ospedaagli 8 giorni. Il virus si trasmette attraverso goccioline di liero). Particolare attenzione va ad esempio riservata alla saliva per via aerea e attraverso il contatto con oggetti e pulizia del fonendoscopio, possibile vettore di contamisuperfici contaminate. È importante sapere che il virus nazione. Sensibilizzare le famiglie ad evitare l’esposizione può resistere a temperatura ambiente, sulla pelle e sulle passiva al fumo di sigaretta ed incoraggiare l’allattamento superfici anche fino a 6–8 ore. L’infezione da VRS ha un al seno sono ulteriori raccomandazioni utili nell’ambito andamento stagionale con una distribuzione prevalente della misure preventive comportamentali. Oltre a quanto tra ottobre e maggio nei paesi dell’emisfero nord. Il VRS detto, è stato segnalato in letteratura che il taglio cesaspesso non agisce da solo infatti in letteratura è stata reo può costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di dimostrata una coinfezione virale nel 24% dei bambi- infezioni nei primi due anni di vita. Diversi studi infine ni affetti da bronchiolite e questo aspetto sembra poter hanno dimostrato che il deficit di vitamina D aumenta peggiorare la gravità dei sintomi. Il sistema immunitario il rischio di infezioni da VRS nel primo anno di vita e AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 I 57 L Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza Quasi tutti i bambini vengono a contatto con il VRS entro i due anni di vita, ma solo lo 0,5–2% dei casi di infezione da VRS è legato a sintomi respiratori più gravi. che pertanto la supplementazione, durante la gravidanza e successivamente al bambino, è utile per la prevenzione. Profilassi passiva AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 58 N ell’ambito della profilassi farmacologica, il primo anticorpo policlonale umano anti-VRS utilizzato (Respigam) aveva fornito risultati incoraggianti in termini di riduzione del tasso di ospedalizzazione ma la necessità di somministrazione endovenosa, il costo elevato ed il potenziale rischio di trasmissione di patogeni ne hanno controindicato l’utilizzo. Il Palivizumab è un anticorpo monoclonale murino umanizzato (IgG1), prodotto mediante tecnologia del DNA ricombinante, che lega un epitopo della glicoproteina F presente sulla superficie del VRS, bloccando il legame tra il virus e la cellula bersaglio. Introdotto in studi clinici nel 1996, è stato approvato due anni dopo dalla Food and Drugs Administration (FDA) per la prevenzione delle infezioni da VRS in pazienti pediatrici ad aumentato rischio di malattia grave ed è tutt’ora l’unico prodotto approvato con tale indicazione. In quegli anni, una collaborazione di ricercatori inglesi, americani e canadesi, ha prodotto un importante lavoro multicentrico randomizzato in doppio cieco che ha dimostrato una significativa riduzione dei ricoveri per infezione da VRS in pazienti nati prematuri (≤35 settimane) fino a 6 mesi di età ed in bambini con malattia polmonare cronica con meno di 2 anni di vita dopo trattamento con Palivizumab. La riduzione di ospedalizzazione è risultata pari al 55% con variazioni nei diversi gruppi analizzati (78% nei prematuri senza malattia polmonare cronica e 39% nei bambini broncodisplasici). Qualche anno più tardi, l’efficacia e la sicurezza del Palivizumab è stata confermata da Feltes et al su bambini <2 anni di età con cardiopatia congenita (CC) emodinamicamente significativa, evidenziando una riduzione delle ospedalizzazioni del 45%, minore necessità di terapia intensiva e di ventilazione meccanica. Da qui, numerosi altri studi hanno confermato l’effetto favorevole della profilassi sull’incidenza di gravi infezioni da VRS nelle suddette classi di pazienti a rischio. La singola somministrazione intramuscolare di 15 mg/kg dose permette di mantenere livelli anticorpali sierici sufficienti a prevenire l’infezione. Pertanto, in considerazione dell’emivita di circa 20–30 giorni, è stata concordata la somministrazione mensile durante il periodo epidemico del VRS fino a 5 dosi totali. In considerazione degli elevati costi del trattamento, l’indicazione alla profilassi non è raccomandata in tutti i neonati e diverse linee guida o raccomandazioni nazionali sono state redatte per valutarne il rapporto costo/beneficio nelle varie classi di pazienti. Attualmente l’indicazione all’utilizzo del Palivizumab riguarda i bambini con malattia polmonare cronica, CC emodinamicamente significativa e prematurità. Tuttavia mentre per le prime due classi di pazienti c’è sufficiente uniformità di approccio terapeutico, per quanto riguarda i neonati pretermine rimane ancora ampiamente dibattuto il cut-off dell’età gestazionale (EG) al di sotto del quale consigliare la profilassi. L’American Academy of Pediatrics (AAP) ha pubblicato le prime linee guida sulla profilassi per il VRS nel 1998; da allora, sulla base dei dati di letteratura, sono stati effettuati numerosi aggiornamenti fino al più recente del 2014 che ha posto significative restrizioni alle precedenti indicazioni del 2009. Attualmente gli autori nord-americani raccomandano infatti la profilassi nei bambini prematuri (EG<32 settimane) con malattia polmonare cronica e CC emodinamicamente significativa fino al compimento del 12° mese di vita. Per quanto riguarda la sola prematurità, l’indicazione al Palivizumab è approvata esclusivamente in bambini con EG <29 settimana e di età inferiore ai 12 mesi all’inizio del periodo epidemico. In merito alla nostra realtà nazionale, le raccomandazioni della Società Italiana di Neonatologia pubblicate nel 2004 indicano la profilassi nei bambini con malattia polmonare cronica e CC emodinamicamente significativa fino al compimento del 2° anno di età. In merito alla prematurità viene effettuata invece una stratificazione del rischio con successiva indicazione alla profilassi nei prematuri di età inferiore ad 1 anno ed EG ≤32 settimane in assenza di altri fattori concomitanti o EG tra 33 e 35 settimane in presenza di almeno due fattori di rischio associati (tra cui peso alla nascita <2,5 Kg o <10°C, esposizione al fumo passivo o a fonti di inquinamento atmosferico, dimissione nel periodo epidemico, Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza A l momento non è ancora disponibile in commercio un vaccino sicuro ed efficace pertanto il suo sviluppo resta una priorità nella sfida al VRS. Il primo vaccino studiato e testato su una popolazione pediatrica, risalente agli anni ’60, è stato il FI-RSV (vaccino inattivato con formalina). L’utilizzo di questo vaccino ha però determinato un aumento dell’ospedalizzazione dopo l’esposizione al VRS e sono stati addirittura segnalati alcuni decessi. In considerazione dell’evidenza di un livello inferiore di anticorpi neutralizzanti in seguito all’infezione naturale si era ipotizzato che il processo di inattivazione con formalina alterasse la struttura delle glicoproteine F e G, con conseguente induzione di anticorpi non neutralizzanti. Da questo fallimento sono nate numerose ricerche per American Academy of Pediatrics 2014 Canadian Paediatric Society Società Italiana di Neonatologia 2004 Malattia polmonare cronica Età < 1 anno* Età < 2 anni Età < 2 anni CC emodinamicamente significativa Età < 1 anno Età < 2 anni Età < 2 anni Prematurità EG < 29 settimane EG < 32 settimane** EG ≤ 35 settimane EG 32–35 settimane da valutare EG 33–35 settimane se fattori di rischio *** CC Cardiopatia Congenita * Ed EG <32 settimane ** Ed età < 6 mesi all’inizio del periodo epidemico *** Almeno due fattori di rischio tra: basso peso alla nascita (<2,5 Kg o < 10°C), esposizione al fumo passivo, esposizione a fonti di inquinamento atmosferico, dimissione nel periodo epidemico, assenza di allattamento al seno, scolarizzazione, patologie concomitanti gravi, familiarità per atopia, parto gemellare, presenza di fratelli più grandi. identificare il corretto target per la vaccinazione e sono quindi stati sviluppati diversi tipi di vaccini (vivi attenuati, coniugati). L’ambito di studio che attualmente desta maggiore interesse è quello dei vaccini vivi attenuati in quanto, rispetto a quelli inattivati, i primi inducono risposte immunitarie più simili all’immunità naturale. In considerazione della via di accesso mucosale attraverso la quale il VRS infetta l’organismo, un vaccino ideale dovrebbe generare risposte immunitarie umorali locali e durevoli (IgA nasali con attività neutralizzante) per proteggere sia le vie aeree superiori che quelle inferiori. Un vaccino vivo attenuato somministrato per via intranasale è dunque al momento il campo di studio di maggiore interesse per la lotta al VRS in quanto ritenuto uno delle opzioni vaccinali più plausibili. Tuttavia tale tipologia di vaccini non ha ancora raggiunto un equilibrio accettabile tra immunogenicità e tollerabilità nei bambini più piccoli nei quali anche una banale congestione nasale può essere sufficiente per interferire con l’allattamento. Inoltre sembra che l’efficacia immunitaria risulti più debole dell’infezione naturale per la perdita di immunogenicità durante il processo di attenuazione del virus. Alla luce di quanto detto, sono in corso di studio altre tipologie di vaccini diversi e con modalità di somministrazione alternative. L’elemento che maggiormente accomuna i vaccini oggetto di studio è l’identificazione della glicoproteina F come target vaccinale principale; in particolare si punta ad ottenere anticorpi ad alta specificità che stabilizzino la proteina F nello stato di “prefusione”, rendendo il VRS vulnerabile e bloccandone la virulenza. Il VRS può dare una sintomatologia estremamente variabile 59 Profilassi attiva Tabella 1. Le diverse raccomandazioni per la profilassi con Palivizumab a confronto. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 assenza di allattamento al seno, scolarizzazione, patologie concomitanti). Le raccomandazioni del 2011 della Canadian Paediatric Society indicano la profilassi nei bambini con CC e malattia polmonare cronica con età inferiore ai due anni all’inizio del periodo epidemico ed in tutti bambini con EG<32 settimane ed età <6 mesi all’inizio della stagione del VRS. Le indicazioni in bambini con EG compresa tra le 32 e le 35 settimane sono relative alla valutazione del rischio di ospedalizzazione e dunque al rapporto costo/beneficio. Da quanto detto si evince dunque che uno dei principali coni d’ombra relativi alla profilassi sia la fascia dei cosiddetti “late-preterm”, per i quali le indicazioni alla terapia con Palivizumab sono ancora ampiamente discusse. Le indicazioni più restrittive sull’utilizzo dell’anticorpo monoclonale sono ad oggi principalmente legate all’elevato costo del farmaco ed ai suoi effetti limitati alla riduzione del rischio di ospedalizzazione ma non della mortalità. Sicuramente il corretto rapporto tra costo e beneficio dovrà essere ancora discusso dai diversi specialisti coinvolti nella cura di questi pazienti. Ugualmente ancora poco chiaro rimane in letteratura l’approccio da adottare nei confronti dei bambini con patologie polmonari croniche diverse dalla broncodisplasia (es. anomalie anatomiche polmonari, fibrosi cistica), malattie neuromuscolari o immunodeficienze, ritenute comunque classi potenzialmente a rischio per le quali il trattamento dovrebbe essere considerato nel primo anno di vita. Questi dunque sono attualmente i campi di applicazione della profilassi che suscitano maggiore interesse e per i quali siamo pertanto in attesa di ulteriori aggiornamenti delle raccomandazioni. Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza che può spaziare da un semplice quadro di rinite al coinvolgimento delle basse vie aeree come per esempio nei casi di bronchiolite. Questo aspetto è ben espresso con il termine generale di “infezione respiratoria da VRS”. La bronchiolite AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 60 L a bronchiolite è la principale diagnosi di ospedalizzazione per infezione respiratoria delle basse vie aeree in bambini nel primo anno di vita ma è anche causa di un elevato numero di visite ambulatoriali. La definizione di questa patologia si basa su criteri clinici ed in particolare, gli autori anglosassoni (statunitensi e nord americani) definiscono la bronchiolite come una malattia acuta ad eziologia virale, caratterizzata da iniziale comparsa di sintomi delle alte vie respiratorie, seguiti poi da rumori umidi e/o wheezing del bambino fino all’età di 24 mesi. Diversamente, gli autori anglosassoni (inglesi ed australiani) definiscono la bronchiolite con la presenza di rantoli crepitanti e/o wheezing (primo episodio) in un bambino di età inferiore ai 12 mesi di vita. A parere degli scriventi, quest’ultima definizione risulta essere la più appropriata in quanto riduce il rischio di comprendere pazienti affetti da bronchite asmatiforme. Molti degli studi pubblicati, soprattutto relativi agli approcci terapeutici, dovrebbero pertanto essere interpretati alla luce delle possibili differenze di definizione adottata. L’agente patogeno virale responsabile di più del 50% dei casi di bronchiolite è il VRS, ma sono stati identificati anche molti altri virus (il Rinovirus, il Bocavirus, i virus parainfluenzali, il virus dell’influenza, il Metapneumovirus, l’Adenovirus). Dal punto di vista anatomopatologico risulta costante la presenza di una flogosi a livello dei bronchioli respiratori con infiltrazione di linfociti e neutrofili, necrosi delle cellule ciliate di parete ed accumulo intraluminale di muco e detriti cellulari. Questa condizione forma “tappi” nelle vie aeree che possono arrivare a provocare un’ostruzione al flusso d’aria con conseguente comparsa di atelettasie. Un esteso coinvolgimento alveolare può indurre la formazione di essudato alveolare, un danno di membrana e una grave alterazione del rapporto ventilazione/perfusione che clinicamente si può manifestare con ipossiemia ed aumento della CO2. La contrazione dei muscoli lisci sembra invece avere un ruolo marginale nella patogenesi della bronchiolite e ciò potrebbe spiegare il limitato beneficio terapeutico dei broncodilatatori osservato negli studi clinici. Le alterazioni anatomiche e funzionali comportano un aumento del carico di lavoro respiratorio, il quale a sua volta causa distress respiratorio e conseguenti difficoltà nell’alimentazione, potendo portare ad un quadro di disidratazione talvolta grave, con possibile acidosi metabolica. La maggior parte dei bambini presenta una forma lieve di malattia, esistono però anche forme con sintomi respiratori più gravi che richiedono cure maggiori. Tra i fattori correlati ad un aumento del rischio di ospedalizzazione sono stati riconosciuti: la storia familiare per asma e/o atopia, il fumo dei genitori e la mancanza di allattamento al seno. Inoltre alcuni fattori clinici e demografici sono stati associati a quadri di bronchiolite grave e necessità di maggior supporto respiratorio: il basso peso alla nascita, il sesso maschile, l’età <3 mesi ed uno score elevato di gravità all’ammissione in ospedale. Possiamo aggiungere, inoltre, che il rischio di bronchiolite grave si correla con altri fattori come: la prematurità, la nascita durante il periodo epidemico, la nascita da taglio cesareo, le basse condizioni socio-economiche, l’inquinamento domestico, un sovraffollamento ambientale, l’infezione da VRS e la coesistenza di comorbidità associate, quali cardiopatie congenite, patologie polmonari croniche (es. la malattia polmonare cronica), sindrome di Down ed uno stato di immunodepressione. Quadro clinico L a bronchiolite clinicamente si presenta con rinorrea, stato di flogosi delle alte vie aeree e tosse ingravescente; talvolta può esser presente anche febbricola. Successivamente i sintomi legati all’interessamento delle basse vie respiratorie possono peggiorare con comparsa di distress respiratorio, tachipnea e tachicardia, quindi, rientramenti intercostali, alitamento delle pinne nasali con uso dei muscoli accessori e nei casi moderati/ gravi, crisi di desaturazione talvolta con apnee. All’auscultazione del torace si apprezza un prolungamento della fase espiratoria con gemiti e sibili, rantoli a piccole bolle e talvolta crepitii diffusi. Solitamente questa patologia ha un’evoluzione benigna e può essere trattata a domicilio per le forme più lievi con l’importante supporto del pediatra del territorio. Quando è necessario il ricovero ospedaliero, questo può essere effettuato in un reparto pediatrico di degenza ordinario ma, nei casi più gravi o qualora si assista ad un peggioramento clinico, si possono rendere necessarie cure più intensive con l’ausilio della terapia ad alti flussi o altre metodiche di supporto ventilatorio. I criteri per l’ospedalizzazione includono: distress respiratorio, presenza di apnee, persistente necessità di Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza La diagnosi di bronchiolite si basa su interpretazione dei dati anamnestici, presentazione clinica ed esame obiettivo del bambino piuttosto che su indagini di laboratorio o esami strumentali. L a diagnosi di bronchiolite si basa principalmente sull’interpretazione medica dei dati anamnestici, la presentazione clinica e sull’esame obiettivo del bambino piuttosto che su indagini di laboratorio o esami strumentali. Più in dettaglio possiamo affermare che l’orientamento diagnostico si basa essenzialmente su dati epidemiologici, quali: l’età <12 mesi di vita, la stagione dell’anno (periodo epidemico), il contatto con familiari affetti da infezioni delle vie respiratorie, una recente storia di rinite e tosse insistente. Inoltre importante è l’osservazione del quadro clinico caratterizzato da rinorrea, tosse, tachipnea, rantoli crepitanti diffusi e/o sibili espiratori all’auscultazione del torace. A questi talvolta si possono aggiungere bassa saturazione di O2 e difficoltà nell’alimentazione con segni clinici di disidratazione. La diagnosi eziologica può essere definita attraverso l’isolamento del virus mediante esame colturale o attraverso la ricerca degli antigeni virali nelle cellule epiteliali delle secrezioni nasofaringee. L’identificazione dell’agente specifico ed in particolare del VRS, ha un impatto parziale sulla gestione clinica del paziente ma, in ambito ospedaliero, può avere importanza ai fini dell’isolamento o accoppiamento dei pazienti per ridurre le infezioni nosocomiali e l’utilizzo di terapie antibiotiche ingiustificate. L’esame radiografico del torace si caratterizza per l’aumento del contenuto aereo polmonare ed in alcuni casi può rilevare infiltrati peribronchiali in sede perilare e talora aree di atelettasia che potrebbero essere scambiate per addensamenti. La radiografia del torace che non è indicata di routine, può essere presa in considerazione solo Complicanze L a bronchiolite che spesso ha una evoluzione favorevole, può però evolvere e complicarsi fino alla grave insufficienza respiratoria, sviluppare estese aree di atelettasia, pneumotorace o pneumomediastino. La complicanza acuta più temuta e frequente è l’insorgere di apnee, elemento importante nel management dei bambini con bronchiolite. Alcuni studi hanno dimostrato che vi sono alcuni fattori di rischio correlati all’insorgere delle apnee, tra cui un precedente episodio di apnea, la giovane età al momento dell’infezione (<1 mese di vita) e la prematurità. L’assistenza primaria Q uest’aspetto assistenziale, svolto in Italia dai pediatri del territorio, rappresenta un primo step fondamentale per le famiglie ed estremamente importante per ridurre gli accessi ed i ricoveri ospedalieri. Nel paziente con bronchiolite assistito a domicilio vanno controllati frequentemente le condizioni generali, i parametri cardio-respiratori includendo i valori saturimetrici, la capacità di alimentarsi e la compliance familiare alle indicazioni fornite. La famiglia infatti deve essere istruita affinchè possa diventare parte attiva nella gestione domiciliare del lattante con bronchiolite e nella identificazione di segni che possano suggerire un peggioramento clinico. La terapia di supporto e farmacologica P er ciò che concerne il trattamento va ricordato che la bronchiolite è una malattia autolimitante ad eziologia virale. La terapia pertanto è sostanzialmente di supporto ed ha i seguenti obiettivi: a) ridurre il lavoro respiratorio b) mantenere un’alimentazione ade- 61 Diagnosi qualora il bambino ricoverato presenti un significativo peggioramento clinico o sviluppi complicanze. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 O2 terapia (per SpO2 <90–92%), disidratazione oppure un quadro clinico moderato-grave. Da considerare ovviamente tutti i restanti fattori e categorie di pazienti a maggior rischio di sviluppare complicanze come per esempio pazienti con: difficoltà nell’alimentazione con assunzione di liquidi ridotta di >50% nelle 24h precedenti, prematurità, cardiopatia, malattia polmonare cronica, ridotta reattività, scarsa compliance familiare e così via. Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza guata prevenendo la disidratazione c) ridurre la necessità di ricovero o la durata della degenza. La terapia di supporto La detersione delle alte vie aeree Un’accurata pulizia delle alte vie respiratorie, soprattutto nei pazienti più piccoli, mediante frequenti lavaggi nasali con soluzione fisiologica ed aspirazione superficiale, migliora la pervietà delle vie aeree e favorisce l’alimentazione. L’ossigeno-terapia e l ’utilizzo delle cannule nasali ad alto flusso Una buona ossigenazione va garantita al paziente sia durante la veglia che durante il sonno attraverso il controllo della saturazione di ossigeno attraverso un pulsossimetro con sensore adatto (ancora discusso se sia più opportuno un monitoraggio continuo o saltuario come suggerito dall’AAP). L’ossigeno va somministrato in presenza di valori di SpO2 <90–92% in aria ambiente e deve essere sospeso qualora il lattante sia stabilmente normo-ossigenato. Qualora la desaturazione sia associata a significativo lavoro respiratorio del lattante e/o ad iniziale ipercapnia, può essere utile somministrare la miscela di O2 attraverso cannule nasali ad alto flusso (HFNC). Questa modalità è spesso meglio tollerata e riduce il peggioramento clinico e pertanto la necessità di ventilazione meccanica. L’ossigeno riscaldato e umidificato riduce gli effetti secondari della prolungata O2-terapia come la disidratazione mucosale e l’alterazione della clearance ciliare. Inoltre vi è il vantaggio che il flusso di O2, impostato a valori maggiori rispetto al picco inspiratorio del bambino, permette di mantenere una FiO2 costante e la pressione positiva continua (effetto CPAP) mantiene pervie le vie aeree nella fase espiratoria, riducendo il lavoro respiratorio ed aumentando il reclutamento alveolare. L’efficacia della HFNC dipende da vari fattori come la corretta selezione dei pazienti, la scelta delle cannule nasali e l’impostazione del flusso, inoltre necessita di un attento monitoraggio clinico e dei parametri vitali, per cui deve essere effettuata da personale addestrato ed in un setting pediatrico adeguato. La soluzione salina ipertonica al 3% Le recenti linee guida americane suggeriscono che la soluzione ipertonica non dovrebbe essere somministrata dai medici di pronto soccorso in quanto non riduce il tasso di ospedalizzazione ma può essere presa in considerazione nel trattamento dei lattanti ricoverati avendo mostrato un miglioramento nello score clinico ed una · · AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 62 · · riduzione della degenza ospedaliera. La soluzione salina ipertonica agirebbe migliorando la clearance mucociliare, riducendo la viscosità delle secrezioni e l’edema delle vie aeree. Il suo utilizzo, anche nella nostra realtà nazionale, è sicuramente in crescita sia a livello ospedaliero che ambulatoriale ma sono necessari nuovi studi che ne supportino il beneficio. La terapia reidratante La terapia reidratante attraverso tubo nasogastrico o via endovenosa va considerata in presenza di segni di disidratazione legati a diversi possibili fattori concomitanti quali: febbre, tachipnea e difficoltà nell’assunzione del pasto e di liquidi. La terapia farmacologica I broncodilatatori La AAP non raccomanda l’utilizzo di questi farmaci mentre un recente documento nazionale sul trattamento e la prevenzione della bronchiolite pubblicato da Baraldi et al. ha un atteggiamento più moderato. Quest’ultimo infatti suggerisce che, in presenza di una storia familiare positiva per allergia, asma o atopia, può essere tentato un singolo trial terapeutico con broncodilatatori per via inalatoria ma questi vanno sospesi in mancanza di risposta dopo 15–30 minuti dal trattamento. L’adrenalina L’utilizzo di questo farmaco per via inalatoria non è raccomandato dalle linee guida americane sebbene uno studio multicentrico ha suggerito possibili effetti nella riduzione dei ricoveri ospedalieri. In questo caso l’adrenalina veniva somministrata insieme a desametasone ad alte dosi per via sistemica in un setting di pronto soccorso. I glucocorticoidi Molti studi hanno dimostrato che la somministrazione di corticosteroidi non è associata ad una significativa riduzione dello score di gravità clinico, del numero di ricoveri o della durata della degenza, pertanto il loro utilizzo, sia per via sistemica che inalatoria, non è raccomandato dalle più recenti linee guida. Gli antibiotici Gli antibiotici sono raccomandati solo per le bronchioliti gravi ricoverate in setting di cure intensive ed in presenza di sovrainfezione batterica dimostrata (test molecolari o colturali). Suggerito, ma non ancora confermato, il possibile effetto antinfiammatorio ed immunomodulante della classe dei macrolidi in pazienti affetti da bronchiolite. · · · · Tutto su / 1 VRS: prevenzione, bronchiolite e sequele a distanza N umerosi studi hanno documentato un’associazione tra l’infezione respiratoria da VRS ed il wheezing ricorrente, l’asma e la sensibilizzazione allergica. Il meccanismo patogenetico alla base di tale correlazione è però ancora ampiamente discusso. L’ipotesi ad oggi principalmente accreditata è che il VRS possa causare un danno delle cellule epiteliali respiratorie ed interferire con lo sviluppo del polmone ma soprattutto con l’immunità locale, favorendo l’iperattività delle vie aeree. Il VRS infatti, riconosciuto dalle cellule epiteliali tramite i recettori Toll-like (TLR), promuove l’espressione e la secrezione di chemochine e citochine infiammatorie che attivano inizialmente la risposta immunitaria innata e successivamente la risposta immunitaria adattativa. Quest’ultima è caratterizzata da uno shift immunitario Th1-Th2, come dimostrato dal riscontro di citochine del pattern Th2 (es. IL4) in secrezioni respiratorie di bambini affetti dal virus. Inoltre, esistono evidenze di un aumento di altre citochine non specifiche della risposta Th2, come IL-11 ed IFN-γ, capaci rispettivamente di indurre iperreattività bronchiale ed ostruzione delle vie aeree. Accanto a suddette alterazioni immunologiche, esistono anche dei meccanismi neuronali che sembrano giocare un ruolo importante nel determinare l’iperreattività delle vie aeree. Sulla superficie Bibliografia 1. Homaira N, Rawlinson W, Snelling TL, Jaffe A. 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La persistenza di queste risposte pro-infiammatoria dunque spiega l’insorgenza di wheezing e asma e potrebbe inoltre essere responsabile di un aumentato rischio di sensibilizzazione allergica. Resta però ancora dibattuto se lo shift immunologico verso il fenotipo Th2 sia legato ai soli effetti del VRS o se questa esagerata risposta Th2 sia in realtà spiegata da una predisposizione genetica. Numerosi polimorfismi genetici sono stati infatti ampiamente descritti ed associati sia alla gravità delle infezioni che allo sviluppo di atopia ed asma, evidenziando dunque l’esistenza di determinanti genetici comuni. L’aumentata incidenza di wheezing in pazienti con infezione da VRS sembra essere direttamente associata alla gravità dell’infezione ed inversamente correlata all’età del paziente, con una massima incidenza nei primi tre mesi di vita. A sostegno di tale tesi vi sono anche alcuni studi che hanno dimostrato un ruolo protettivo del Palivizumab nei confronti dell’insorgenza di wheezing e asma. Una recente metaanalisi dimostra inoltre come tali manifestazioni tendano a diminuire progressivamente con l’età che comunque sembra potersi protrarre fino ad un massimo di 13 anni di vita (Sigurs et al). In conclusione, è possibile dunque che sia l’interazione di più fattori (l’età precoce al momento dell’infezione, la prolungata risposta infiammatoria che ne consegue, l’azione immunomodulante del VRS e la suscettibilità genetica) a determinare l’outcome dell’infezione acuta da VRS e delle manifestazioni a lungo termine AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 Per questioni di spazio, in questo articolo non tratteremo altri approcci terapeutici descritti in pazienti con bronchiolite ma non raccomandati come: i farmaci antivirali, la miscela di elio ed ossigeno, gli antileucotrienici, la fisioterapia respiratoria etc…