9. Broncopneumologia

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- Faringotonsilliti in età pediatrica
- Patologie del Laringe
- Bronchiolite
- Broncopolmonite
Faringotonsilliti in età pediatrica
Bertè L, Cuppari C, Meduri S, Sancetta F, Manti S Salpietro V, Caruso R, Gallizzi R
Le faringotonsilliti acute sono tra le più comuni infezioni delle alte vie respiratorie nei bambini e
rappresentano una delle cause più frequenti di accesso alle cure ambulatoriali e di utilizzo di
antibiotici.
Eziologia
Nel 65% circa dei casi gli agenti eziologici più importanti alla base delle faringotonsilliti sono gli
agenti virali, fra i quali l’Adenovirus è il più frequente. Altri virus coinvolti sono Rhinovirus,
Parainfluenzavirus, Herpes simplex virus 1 e 2, Virus respiratorio sinciziale, Epstein-Barr virus,
Influenza virus, Coxsackie virus, Enterovirus, Coronavirus e Citomegalovirus.
Fra i batteri implicati nella genesi della faringotonsillite lo S. pyogenes è quello più frequentemente
isolato: fino a 30% dei casi di faringodinia nei bambini di età maggiore di tre anni (Linder et al.,
2005).
Degli agenti eziologici più comunemente implicati, solo lo S. pyogenes deve essere individuato ed
eventualmente trattato: le altre forme infatti non solo guariscono spontaneamente, ma, a differenza
del piogene, non causano complicanze. Le infezioni da S. pyogenes possono essere associate a
complicanze suppurative (otite, sinusite, ascesso peritonsillare) e non suppurative (malattia
reumatica, glomerulonefrite acuta poststreptococcica). Le faringotonsilliti streptococciche seguono
un andamento stagionale: l’incidenza è più elevata durante l’autunno-inverno e minore in
primavera-estate (Rubinstein et al., 2005).
Non è possibile differenziare, sulla base dei segni clinici e dell’evoluzione della malattia, le forme
di faringotonsilliti batteriche da quelle virali e ancora meno riuscire ad identificare le
faringotonsilliti causate da S. pyogenes. In particolare, risulta difficile distinguere le infezioni da
piogene da quelle causate dal virus di Epstein Barr. Dato che una quota variabile fra 6% e 40%
della popolazione è comunque portatrice cronica di S. piogene, si deve prevedere che in un numero
rilevante di episodi di faringite non causati da piogene venga isolato questo germe.
Diagnosi
La faringotonsillite streptococcica è generalmente caratterizzata da:
• esordio dei sintomi improvviso
• essudato tonsillare
• linfoadenopatia cervicale anteriore
• febbre
• cefalea
• dolori addominali
Sintomi meno tipici ma che possono associarsi all’infezione da S. pyogenes sono:
• vomito
• malessere
• anoressia
• rash o orticaria
La sintomatologia della faringotonsillite non differisce in maniera significativa in relazione ai
diversi agenti patogeni; per questo motivo le linee guida internazionali di riferimento escludono la
possibilità di eseguire una diagnosi basata esclusivamente sull’esame clinico (Finnish Medical
Society Duodecim, 2005; ICSI, 2005; SIGN, 1999).
Alcuni studi che hanno quantificato il valore predittivo dei segni/sintomi associati alla
faringotonsillite hanno concluso che nessun segno/sintomo è in grado di identificare o escludere con
certezza l’infezione da piogene (Ebell et al., 2000; Lin et al., 2003).
Diversi tentativi sono stati fatti per delineare un algoritmo clinico, cioè un insieme di sintomi e
segni, in grado di orientare il sospetto verso il piogene. I due score validati in ambito pediatrico
sono quello di Attia (Attia et al., 2001) e quello di Centor modificato (Centor et al., 1981), anche
detto score di McIsaac (McIsaac et al., 2000, 2004).
Lo score di McIsaac, è più estesamente studiato a livello internazionale e più largamente utilizzato
dai pediatri (Tabella 1).
Si assegna un punto per il criterio dell’età e uno a ogni segno e sintomo presentato dal bambino, si
sommano tutti i punti e si ottiene uno score finale che può variare da 0 a 5.
In caso di punteggio basso (0-1) è improbabile che ci sia un’infezione da S. pyogenes, in caso di
punteggio elevato invece (4-5) la diagnosi di faringotonsillite streptococcica è molto più probabile.
L’utilizzo dello score da solo non serve comunque a porre una diagnosi definitiva, ma a quantificare
il sospetto di infezione, anche detta probabilità pre-test di avere l’infezione e a guidare quindi la
scelta successiva di fare o meno un test laboratoristico per porre la diagnosi.
Test rapido (RAD)
Le linee guida di riferimento, confermando che la sola valutazione clinica non è sufficiente a porre
diagnosi certa di faringotonsillite streptococcica, raccomandano di eseguire l’esame colturale
(Finnish Medical Society Duodecim, 2005; ICSI, 2005; SIGN, 1999).
I test attualmente più diffusi sono quelli di seconda generazione e si basano su una metodica
immuno-enzimatica (EIA enzyme immunoassay); sono di facile esecuzione, rapidi, non richiedono
alcuna attrezzatura specifica e sono dotati di una sensibilità e specificità migliori rispetto ai test su
latex. La maggior parte dei test attualmente utilizzati presenta una sensibilità inferiore al 95% e una
specificità superiore al95% (Gerber, Shulman, 2004; MHRA, 2005). Questo vuol dire che in
presenza di un test rapido con risultato negativo, il rischio di non identificare una malattia da
piogene, invece presente, è superiore al 5%; in questi casi può essere necessario confermare con un
esame colturale la diagnosi. Al contrario, quando il RAD risulta positivo, si può essere
sufficientemente sicuri della diagnosi (il rischio di falso positivo è infatti inferiore al 5%).
La diagnosi dovrebbe basarsi su:
• score di McIsaac
• RAD in caso di score >1 (a giudizio del medico se score = 5)
• in caso di RAD negativo esame colturale di conferma quando:
- lo score è pari a 3-4 se c’è un alto sospetto streptococcico (contatto stretto con un paziente infetto,
o rash scarlattiniforme, o periodo dell’anno in cui si registra un numero di infezioni streptococciche
superiore all’atteso)
- lo score è pari a 5
TERAPIA
La terapia antibiotica va riservata ai bambini che in cui il sospetto di infezione da S. pyogenes sia
supportato da uno score clinico suggestivo, da un RAD positivo ed eventualmente, laddove
necessario, da un esame colturale di conferma positivo.
In tutti gli altri casi, in presenza di infezione virale, la terapia antibiotica non trova indicazione
Va ricordato che le faringotonsilliti streptococciche sono destinate a guarire da sole dopo 3-4 giorni
dall’esordio e che la terapia antibiotica dunque ha, rispetto alla risoluzione dei sintomi acuti, un
valore aggiuntivo limitato.
In caso di faringotonsillite streptococcica le linee guida di riferimento indicano la penicillina V
(orale) come terapia di prima scelta (Finnish Medical Society Duodecim, 2005; ICSI, 2005; SIGN,
1999). In Italia la produzione di questo farmaco è stata sospesa a partire dalla fine 2002 e dal 2004
il farmaco non si trova più nelle farmacie.
Diversi studi hanno dimostrato che in caso di faringotonsillite streptococcica, l’ amoxicillina è più
efficace della penicillina V, sia sulla risoluzione dei sintomi sia sulla capacità di eradicare il germe.
I dati sulla sensibilità dello S. pyogenes ai diversi antibiotici supportano la raccomandazione di
utilizzare sempre come prima scelta l’amoxicillina, dal momento che le resistenze a questo
antibiotico risultano essere in Italia - come nel resto del mondo - inesistenti (NCCLS, 2002).
Si è dimostrato che amoxicillina al dosaggio di 50 mg/Kg/die somministrata ogni 12 ore è efficace
quanto amoxicillina o penicillina somministrate ogni 8 ore. (Aguilar et al., 2000, Clegg et al., 2006;
Cohen et al., 1996, Shvartzman et al., 1993). Il ciclo di trattamento breve (6 giorni) è parimenti
efficace in termini di risoluzione clinica ed eradicazione batterica di un ciclo tradizionale di 10
giorni.
Per quanto riguarda le cefalosporine, non ci sono prove di efficacia valide che ne supportino
l’utilizzo nella cura della faringotonsillite streptococcica. In considerazione dei dati di efficacia
clinica e della differenza in termini di costi, le cefalosporine orali non trovano indicazione nella
terapia della faringotonsillite streptococcica.
In caso di razioni avversa ad amoxicillina è indicato l’uso di Macrolidi quali: Azitromicina (10
mg/kg/die) per 3 giorni o Claritromicina (15 mg/kg/die in 2 dosi) per 10 giorni.
L’utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei (paracetamolo e ibuprofene) è efficace nel
ridurre i sintomi della faringotonsillite a tre giorni dall’esordio.
Bibliografia
1.
Pharyngotonsillitis
in
children:
view
from
otorhinolaryngologists, Braz J Otorhinolaryngol 2009
2.
Linee Guida 2007 SSR Emilia-Romagna
a
sample
of
pediatricians
and
Patologia del Laringe
Cuppari C, Bertè L, Comito D, Salpietro A, Manti S, Randazzo A, Piraino B, Sturiale M
È un’evenienza tipica del bambino piccolo, per la presenza di fattori anatomici favorenti: laringe in
posizione più alta, epiglottide alta e vicina al palato e base della lingua più vicina alla laringe,
mucose che vanno con maggiore facilità incontro ad edema.
Esistono diverse forme cliniche:
EPIGLOTTITE
È un’emergenza medica rapidamente progressiva, spesso fatale se non prontamente riconosciuta,
che colpisce principalmente i bambini fra i 2 e i 6 anni. Nella maggior parte dei casi il germe
responsabile è l’Haemophilus influenzae di tipo B, anche se potrebbero essere chiamati in causa
altri germi come lo Streptococco beta-emolitico di gruppo A e la Moraxella catarrhalis. Negli ultimi
anni, grazie alla vaccinazione contro l’Haemophilus influenzae di tipo B, l’incidenza appare in
diminuzione.
Caratteristiche cliniche: L’esordio, assai brusco, è connotato dalla presenza di febbre elevata,
faringodinia, disfonia. Entro 12 ore dai primi sintomi compaiono, inoltre, stridore, disfagia, dispnea
e stato tossico. Il bambino appare ansioso, presenta scialorrea e siede con tronco proiettato in avanti
e collo iperesteso, assumendo talora posizione a tripode.
Diagnosi: Nella maggior parte dei casi l’epiglottite acuta viene sospettata sulla base dei soli dati
clinici. L’esame obiettivo con un abbassalingua può risultare pericoloso, in quanto le reazioni
emotive possono peggiorare l’ostruzione delle vie aeree, inducendo un riflesso di laringospasmo
con arresto del respiro. L’esame diretto andrà, pertanto, praticato in sala operatoria dal personale
della rianimazione e mostrerà solitamente un’epiglottide tumefatta, rossa, grande come una piccola
ciliegia. Dal punto di vista laboratoristico, all’emocromo si avrà una spiccata leucocitosi e la PCR
risulterà elevata. Inoltre, la radiografia del collo – da eseguire in terapia intensiva – potrà mostrare
aumento di volume dell’epiglottide, ispessimento delle pieghe aritenoepiglottiche e distensione
dell’ipofaringe.
Terapia: Il bambino deve essere immediatamente trasportato in sala operatoria o in terapia
intensiva per essere intubato in modo da assicurare la pervietà delle vie aeree. Una volta avvenuta
l’intubazione, si avvierà terapia antibiotica con cefalosporine (ceftriaxone: 50-75 mg/kg/die;
cefotaxime 100-200 mg/kg/die).
LARINGOTRACHEITE
La laringo-tracheite (croup per gli Autori anglosassoni) è una patologia di frequente riscontro nei
bambini. E’ una situazione nella quale sono presenti infiammazione ed ostruzione del laringe e della
trachea ed è caratterizzata da tosse abbaiante, raucedine, stridore e/o distress respiratorio. E’ la
causa più frequente di ostruzione delle vie aeree in età pediatrica. La maggior parte dei casi si
verifica entro i 3 anni di età, con la più alta incidenza nel secondo anno di vita. Tradizionalmente si
distingue il croup virale dal croup spastico.
Il croup virale è preceduto da infezioni delle alte vie respiratorie, come la rinite. Il principale
agente eziologico è stato identificato nel Virus Parainfluenzale di tipo 1 (responsabile di circa il 18
% dei casi). Gli altri virus chiamati in causa sono essenzialmente: Virus Respiratorio sinciziale,
Virus Parainfluenzale di tipo 2 (9%), Virus Parainfluenzale di tipo 3 (3,8%). Più raramente sono
stati riscontrati inoltre: Virus Influenzale A, Rinovirus, Virus Influenzale B, Enterovirus e
Mycoplasma Pneumoniae.
Il croup spastico colpisce i bambini più grandi, non ha sintomi prodromici, si presenta
frequentemente di notte e tende a recidivare. Questi bambini e i loro familiari presentano spesso una
diatesi allergica. Molti autori hanno suggerito anche un legame tra il croup spastico ricorrente e il
reflusso gastro-esofageo, tuttavia i rapporti causali tra queste patologie non sono ancora ben chiariti.
Caratteristiche cliniche: Il croup ha in genere un esosrdio brusco e prevalentemente notturno; la
febbre è spesso presente ma non condiziona la gravità del quadro clinico. Sia il croup virale che il
croup spastico si presentano con lo stesso quadro clinico, caratterizzato da tosse abbaiante,
raucedine, stridore e/o distress respiratorio con rientramenti intercostali e al giugulo nelle forme più
gravi. In questi casi possono essere presenti anche cianosi e alterazioni del sensorio. La gravità della
laringite può essere determinata tramite lo score di Westley, che si basa sulla valutazione a
punteggio dei suddetti parametri.
SCORE DI WESTLEY
COSCIENZA
Normale ➔0
Disorientata ➔5
CIANOSI
No ➔0
Sì + in agitazione ➔4
Sì + a riposo ➔5
STRIDORE
No ➔0
Sì, se agitato ➔1
A riposo ➔2
INGRESSO
Normale ➔0
DI ARIA
Diminuito ➔1
Molto diminuito ➔2
RETRAZIONI
No ➔0
Modeste ➔1
Moderate ➔2
Severe ➔3
Laringite lieve: < =3; Moderata: 4-7; Grave >=8
DIAGNOSI
La diagnosi è essenzialmente clinica, in quanto nessuno degli esami ematochimici di routine è in
grado di fornire indicazioni utili alla diagnosi. Nemmeno la radiografia del collo apporta
informazioni certe poiché è gravata dal un elevato rischio sia di falsi positivi che negativi.
CRUP: DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Laringite Ipoglottica
Eziologia
Età
Esordio
Febbre
Tosse
Evoluzione
Respirazione orale?
6 m - 3 aa
Repentino nel sonno
Sì
“metallica”
Qualche giorno
Laringospasmo
Virus
1-5 aa (ricorrente)
Ingravescente
No o ±
“abbaiante”
Poche ore
TERAPIA
La gestione e la terapia della laringite sono ben codificate e delineate in un algoritmo ampiamente
condiviso illustrustrato qui di seguito
Bronchiolite
Sturiale M, Moschella E, Meduri S, Loddo I, Manti S, Deak A, Piraino B, Cuppari C
La bronchiolite è un'infezione respiratoria di origine virale, dovuta ad infiammazione ed ostruzione
dei bronchioli, che colpisce i bambini nei primi 2 anni di vita (prevalentemente lattanti di 2-8
mesi).
Eziologia
Il virus respiratorio-sinciziale (VRS) è l'agente responsabile della maggior parte delle bronchioliti,
soprattutto di quelle che si manifestano in forma epidemica. Ma a volte sono in causa altri agenti,
come i virus parainfluenzali, gli adenovirus, i virus influenzali, i rinovirus e perfino il Mycoplasma
pneumoniae.
La punta d'incidenza è nei mesi invernali, soprattutto nei bambini del primo anno di vita (circa il
15% dei lattanti si ammala di questa affezione). Il VRS viene trasmesso per contatto diretto dalle
secrezioni del cavo orale di soggetti infetti.
La diffusione del virus dai bambini più grandi o dagli adulti, che presentano quasi sempre solo una
rinite, avviene già due giorni prima della comparsa dei sintomi e continua per circa una settimana.
Tra i Fattori di rischio annoveriamo: esposizione al fumo di sigaretta, condizioni di
sovraffollamento, non essere mai stati allattati al seno, familiarità per asma, prematurità (<37°
settimana di gestazione)
Patogenesi
Una volta penetrato nelle vie aeree del lattante, il virus si localizza a livello delle diramazioni più
piccole (bronchioli). Alla necrosi dell'epitelio fa seguito un processo di rigenerazione di cellule che
si accumulano all'interno del piccolo lume, insieme alle cellule della flogosi. Contemporaneamente
si assiste alla comparsa di edema della sottomucosa e dell'avventizia. Ne consegue una ostruzione
delle piccole vie, con la comparsa di zone di atelectasia, d'iperinsufflazione e spesso di piccole aree
di addensamento.
Numerosi fattori contribuiscono all'insorgenza della bronchiolite nel primo anno di vita, fattori che
nelle età successive perdono la loro importanza, tanto che infezioni da VRS in soggetti di oltre i due
anni danno solo lievi manifestazioni a carico delle vie aeree superiori. Fra questi fattori
importantissimi sono l'iperreattività e il ridotto calibro delle vie aeree
Manifestazioni cliniche
Il periodo d'incubazione viene calcolato fra 3 e 5 giorni.
Il lattante, infettato con VRS presenta all'inizio i segni d'infezione delle vie aeree superiori, come
rinorrea, starnuti, tosse e scarsa febbre; dopo 3-5 giorni insorge all'improvviso polipnea e respiro
fischiante. Tale sintomatologia rende difficile l’alimentazione. All'ispezione, il lattante con
bronchiolite mostra i segni di una difficoltà respiratoria acuta: alitamento delle pinne nasali,
tachipnea fino alla dispnea, crisi di apnea accompagnata spesso da cianosi, rientramenti al giugulo,
intercostali e sottocostali, prolungamento della fase espiratoria; fischi e rantoli all'ascoltazione.
Diagnosi
È soprattutto clinica e si basa anche su dati epidemiologici familiari e di comunità. Il VRS può
essere facilmente identificato nelle secrezioni naso-faringee mediante coltura e con la ricerca
dell'antigene. Alla radiografia del torace, da eseguire solo nei casi più gravi, risulta evidente una
situazione d'iperinsufflazione, con abbattimento delle cupole diaframmatiche, ma si possono anche
notare aree di atelectasia, ispessimento peribronchiale e infiltrati. Risulta evidente anche un quadro
d'ipossiemia, con saturimetria (SpO2) inferiore al 95%, e più di rado d'ipercapnia quando i
meccanismi respiratori di compenso (muscoli accessori della respirazione) comincino a essere
insufficienti.
La diagnosi differenziale va posta con altre situazioni, che, nel primo anno di vita, danno malattie
respiratorie, associate a respiro fischiante, come l'asma, la polmonite, la presenza di corpi estranei
nelle vie aeree, l'insufficienza cardiaca, il reflusso gastro-esofageo, la fibrosi cistica e lo stridore
laringeo congenito.
Prognosi
La maggior parte dei bambini ha un singolo episodio di bronchiolite, altri hanno due o tre episodi a
breve distanza, dovuti probabilmente ad agenti diversi; un buon numero presenta successivamente
crisi di asma (intorno al 40%).
Nei lattanti sani, la bronchiolite non presenta alcun rischio: essa giunge sempre a guarigione in circa
7 giorni. Risultano essere a rischio prognostico sfavorevole i soggetti cardiopatici o che abbiano
presentato un peso molto basso alla nascita o che presentino i segni toracici del rachitismo (per
eccessiva flessibilità delle coste).
Le complicanze che possono insorgere in corso di bronchiolite sono rappresentate dall'insufficienza
respiratoria (con aumento dell'ipercapnia oltre i 50 mmHg), dall'atelectasia, dalle infezioni
batteriche secondarie, dallo pneumotorace e dallo pneumomediastino.
Anche lattanti che abbiano superato bene la malattia, possono presentare successivamente, anche
per qualche mese, un aumento della frequenza respiratoria.
Prevenzione
Non esiste un vaccino disponibile per VRS. Tuttavia, vi è un prodotto efficace,costituito da
anticorpi monoclonali, chiamato palivizumab (Synagis), per i neonati che sono ad alto rischio di
sviluppare la forma grave di VRS, da praticare prima o durante il periodo di maggiore diffusione
del VRS.
È stato inoltre osservato che la somministrazione d'immunoglobuline specifiche riduce
l'ospedalizzazione per infezioni da VRS in prematuri e lattanti con displasia broncopolmonare
Un lattante con bronchiolite, precedentemente in buona salute, può essere curato a domicilio, ma
necessita di un'attenta e frequente valutazione. Il numero degli atti respiratori/minuto è un elemento
essenziale, di facile rilievo, per valutare l’andamento clinico: quando il numero di respiri superi i
70/m' il ricovero è sempre indicato; ma è bene ricoverare il lattante con bronchiolite anche quando
appaia sofferente, quando presenti uno dei fattori aggravanti la prognosi o quando abbia un'età
inferiore ai 3 mesi. Terapia: la malattia ,se ben curata, oggi può guarire.
Terapia
Si basa essenzialmente sulla somministrazione di O2 umidificato, utilizzando apposite tende per
ossigenoterapia oppure culle termiche per i più piccini. Sono inoltre necessarie l’idratazione e la
nutrizione per ev, per evitare sforzi al bambina che peraltro non sarebbe in grado di assumere
liquidi per bocca. Farmaci di supporto per evitare complicanze batteriche , ma non di routine, sono
gli antibiotici e, per migliorare la funzione respiratoria, i broncodilatatori e/o i corticisteroidi e/o
l’adrenalina per via aerosolica
Antistaminici, anticongestionanti orali e vasocostrittori nasali non sono raccomandati
La somministrazione di ribavirina (=Viramid) per aerosol, va considerata solo per le forme più
gravi e ad alto rischio (prematurità, displasia broncopolmonare, malattia congenita di cuore
complicata, malattie croniche polmonari, condizioni debilitanti e alterazioni dell'immunità, PaO2 <
65 mm Hg, saturazione di O2 < 90% e PaCO2 in aumento)
Quando vi siano i segni di un'insufficienza respiratoria grave (cianosi o crisi convulsive da anossia,
l'intubazione e la ventilazione meccanica sono assolutamente indicate. Esse permettono di superare
la fase acuta.
Novità degli ultimi anni vede l’introduzione in terapia del Montelukast poiché si è visto che i
bambini con bronchiolite da VRS hanno una concentrazione elevata di leucotrieni (LT) nelle
secrezioni naso-faringee, di cui il montelukast ne è l’inibitore
Bibliografia
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Broncopolmonite
Comito D, Cutrupi MC, Talenti A, Vicchio P, Colavita L, Moschella E, Salpietro V, Briuglia S
La broncopolmonite è una malattia infiammatoria delle vie respiratorie inferiori, nella maggior
parte dei casi ad eziologia infettiva e decorso acuto. Le cause non infettive includono la polmonite
da aspirazione di cibo (polmonite ab ingestis) e da ingestione di corpo estraneo. E’ molto frequente
in età pediatrica e rappresenta una delle principali cause di morte nei Paesi in via di sviluppo e di
ospedalizzazione nei Paesi industrializzati. L’incidenza varia con l’età, con un picco nei bambini <5
anni di vita, e una maggiore prevalenza in inverno.
Si classifica in base a:

criterio eziologico: virali, batteriche, micotiche, protozoarie, elmintiche

criterio istopatologico: interstiziale, alveolare, alveolo-interstiziale, necrotizzante

criterio epidemiologico: secondo l’acquisizione in comunità o nosocomiale; secondo lo stato
immunitario.
POLMONITE NOSOCOMIALE
È un’infezione del parenchima polmonare acquisita in ambito ospedaliero che si sviluppa almeno
48-72 ore dopo il ricovero o entro 7 giorni dalla dimissione quando il ricovero ha avuto una durata
minima di 3 giorni.
POLMONITE ACQUISITA IN COMUNITÀ (CAP)
Si definisce CAP ogni forma di infezione acuta delle vie aeree inferiori accompagnata da un
infiltrato radiologico oppure da reperti auscultatori tipici della polmonite, contratta al di fuori
dell’ambiente ospedaliero da un soggetto precedentemente sano (che non sia stato ricoverato nelle
due settimane precedenti l’esordio dei sintomi).
Eziologia
Si distingueva la CAP tipica, di origine pneumococcica, più frequente < 5 anni di età, e la CAP
atipica, determinata da Mycoplasma pneumoniae e Chlamydia pneumoniae, > 5 anni di vita. Tale
classificazione è tuttavia obsoleta, in quanto tutti gli agenti infettivi possono essere responsabili di
broncopolmonite, con diversa prevalenza nelle diverse età pediatriche e solo nel 40-80% dei casi si
riesce ad individuarne l’agente eziologico. Lo Streptococcus pneumoniae è il più comune batterio
patogeno, seguito dal Mycoplasma pneumoniae e Chlamydia pneumoniae. Altri batteri causa di
CAP sono lo Streptococcus pyogenes e lo Staphylococcus aureus. Nei Paesi in via di Sviluppo lo
Streptococcus pneumoniae, l’Haemophilus influenzae e lo Staphylococcus aureus sono la principale
causa di morte e ospedalizzazione per polmonite. I virus patogeni (virus dell’influenza e il virus
respiratorio sinciziale (VRS) sono causa di polmonite più frequentemente nei bambini < 5 anni di
età, con un picco di incidenza tra i 2-3 anni e in autunno-inverno. Le infezioni virali delle basse vie
aeree possono inoltre predisporre ad una infezione batterica secondaria.
Patogenesi
I microrganismi patogeni agiscono con azione diretta di distruzione dell’epitelio respiratorio o con
azione indiretta di edema locale e ostruzione delle vie aeree di piccolo calibro.
Polmonite pneumococcica.
È la più diffusa tra le forme batteriche ed è causata dallo Streptococcus Pneumoniae, normale
saprofita della mucosa orofaringea. L’evoluzione del quadro anatomopatologico e clinico è
caratterizzato da 4 fasi:

1° fase = fase della congestione
- congestione vascolare associata a formazione di essudato intraalveolare (scarsi neutrofili e
numerosi batteri) che dura 24 ore e corrisponde al momento della colonizzazione batterica
del parenchima.
- clinicamente vi è una riduzione dell’espansione toracica, un aumento del fremito vocale
tattile, ipofonesi, respiro aspro, rantoli crepitanti inspiratori (crepitatio indux), soffio
bronchiale

2° fase = fase dell’epatizzazione rossa
- tessuto polmonare caratterizzato da consistenza ed aspetto macroscopico simili a quelli del
tessuto epatico; amplificazione della componente essudativa ed iperemica della 1° fase; lumi
alveolari ricchi di fibrina, globuli rossi e neutrofili fagocitanti numerosi pneumococchi

3° fase = fase dell’epatizzazione grigia
- nel lume alveolare continua la formazione e l’accumulo di fibrina con degradazione di
neutrofili e globuli rossi. L’essudato si ritrae progressivamente lasciando una piccola fessura
tra di esso e la parete alveolare

4° fase = fase di risoluzione
- progressiva fagocitosi e digestione enzimatica del materiale essudatizio da parte dei
macrofagi. Restitutio ad integrum del parenchima polmonare, nei casi ad evoluzione
favorevole
- clinicamente sono presenti rantoli crepitanti espiratori (crepitatio redux da degradazione e
fluidificazione del materiale essudatizio) e progressiva normalizzazione degli altri reperti
Polmonite da Micoplasma
È diffusa in tutto il mondo, con una maggiore incidenza in autunno e inverno e nei bambini in età
scolare. L’agente eziologico è il Mycoplasma Pneumoniae, un batterio intracellulare che penetra
nelle vie aeree inferiori per inalazione di droplet di secrezione nasofaringea da soggetto infetto
(contagio diretto) o per contatto con oggetti contaminati da poco dalle secrezioni dei soggetti con
polmonite (contagio indiretto), causando una polmonite interstiziale caratterizzata da scarsa
componente essudatizia alveolare.
Aspetti Clinici
L’obiettività clinica non consente in genere la differenziazione eziologica tra i vari microrganismi
patogeni. In caso di sospetta CAP si esegue un accurato esame obiettivo, in particolare del torace e,
in base alla gravità del quadro clinico, un esame radiologico del torace ed esami microbiologici per
la ricerca dell’agente eziologico.
I sintomi respiratori più frequenti sono la tosse, dispnea, alitamento delle pinne nasali, tachipnea, e
si accompagnano a febbre nel 70% dei casi. La febbre è più alta nelle CAP di origine batterica. La
tachipnea (incremento della frequenza respiratoria > 60 <2 mesi; > 50 FR 2-12 mesi; > 40 FR > 12
mesi) è altamente predittiva di CAP.
I reperti toracici indicativi di CAP sono: ipofonesi plessica, modificazioni del fremito vocale tattile,
riduzione del murmure vescicolare, riscontro di rantoli crepitanti.
Nel neonato la sintomatologia è in genere subdola: può mancare la febbre e prevalgono i sintomi
sistemici (anoressia, torpore, sonnolenza).
Valutazione di gravità della CAP in età pediatrica
FORME LIEVI
LATTANTI
FORME GRAVI
Temperatura rettale <38.5°C
Temperatura rettale > 39°C
FR <50 atti/minuto
FR > 70 atti/minuto
Rientramenti assenti o lievi
Rientramenti di grado medio-alto
Normali possibilità di
Alitamento delle pinne nasali
alimentazione
Cianosi
Respirazione rumorosa
Apnea intermittente
Difficoltà ad alimentarsi
Versamento pleurico
Segni di sepsi
BAMBINI PIÙ GRANDI
Temperatura rettale < 38,5°C
Temperatura rettale > 39°C
FR < 50 atti/minuto
FR > 50 atti/minuto
Dispnea lieve o assente
Dispnea grave
Assenza di vomito
Alitamento delle pinne nasali
Cianosi
Respirazione rumorosa
Segni di disidratazione
Versamento pleurico
Segni di sepsi
Indagini Diagnostiche
Il riscontro di leucocitosi neutrofila (15.000-40.000/mmc3) associata ad elevati valori di VES e
proteina C reattiva (PCR) è predittiva di infezione batterica o occasionalmente di Adenovirus
pneumoniae. Una normale o lievemente aumentata conta dei globuli bianchi (<20.000/mmc3)
associata a linfocitosi depone per un’origine virale. La CAP atipica ha caratteristiche intermedie.
Test sierologici (dosaggio di IgM specifiche) e molecolari (PCR per ricerca di RNA o DNA virale)
sono utili nella diagnosi eziologica definitiva.
La gravità del quadro radiologico non sempre correla coi dati clinici. La radiografia del torace
andrebbe effettuata nei lattanti (<6 mesi di età) con febbre e sintomi respiratori. Sono indicazioni
relative: bambini < 5 anni di età, con febbre ≥ 39°C e conta dei globuli bianchi ≥ 20.000/mm3,
associati a sintomi respiratori. Può inoltre indicare eventuali complicanze: pleurite o empiema. Non
è indicato ripetere l’Rx del torace per valutare la guarigione in assenza di complicanze.
Recentemente, è stato dimostrato che la decisione circa il ricovero e l’approfondimento diagnostico
di un bambino con CAP deve basarsi sulla gravità della sintomatologia.
Il ricovero in ambiente ospedaliero è consigliato in caso di:

Età < 6 mesi

Anemia falciforme con chest syndrome acuta

Coinvolgimento multilobare

Stato immunocompromesso

Sospetta sepsi

Distress respiratorio severo

Richiesta di supplementazione di Ossigeno

Disidratazione

Vomito

Mancata risposta ad appropriata antibioticoterapia per via orale

Mancata compliance familiare
TERAPIA
La terapia è inizialmente empirica e di supporto in base all’eziologia più frequente per fascia d’età.
Nelle polmoniti batteriche di grado lieve (che non richiedono ospedalizzazione) tipiche l’antibiotico
di 1° scelta è l’Amoxicillina a bassa dose (50mg/Kg/die in 3 dosi) o ad alta dose (80-90mg/Kg/die
in 3 dosi) in caso di Pneumococco penicillino-resistente; nelle atipiche è il macrolide
(Claritromicina 15mg/Kg/die in 2 dosi o Azitromicina 10mg/Kg/die). Nelle polmoniti batteriche di
grado moderato-severo (che richiedono ospedalizzazione) in base alla presentazione clinica si può
avviare una terapia con Cefalosporine di 3° generazione per via parenterale (Ceftriaxone 50-200
mg/Kg/die o Cefuroxime 150 mg/Kg/die in 1 dose). Nelle polmoniti virali non è indicato avviare un
trattamento antibiotico, ad eccezione dei casi di sospetta infezione batterica secondaria o
deterioramento delle condizioni cliniche generali.
La risposta clinica al trattamento di solito si evidenzia dopo 48-96 ore.
ETA’
ANTIBIOTICI
DURATA
ANTIBIOTICI
DURATA
DI SCELTA
TERAPIA (gg)
DI SECONDA
TERAPIA (gg)
SCELTA
Neonato
Ampicillina+
10-14
Amino glicoside
Macrolide(1)
14
Teicoplanina
o
vancomicina(2)
1-3 mesi
Amoxicillina o
10-14
Ampicillina
Macrolide(1)
Teicoplanina
vancomicina
4 mesi- 5 anni
10-14
Amoxicillina
7-10
o
(2)
Amoxicillina/ac.
Clavulanico
7-10
o
cefalosporine 2a3a generazione(3)
>5 anni
Macrolide
(es
14
Claritromicina)
Macrolide(4)
14
Amoxicillina
7-10
Amoxicillina/ac.
Clavulanico
o
cefalosporine 2a3a generazione(3)
(1) in caso di sospetta o accertata infezione da C. Trachomatis
(2) in caso di sospetta o accertata infezione da S. aureus
(3) in caso di sospetta o accertata infezione da S. pneumoniae penicillino-resistente o da H.
influenzae
-lattamasi produttore
(4) in caso di sospetta o accertata infezione da M. pneumoniae o C. pneumoniae
(5) in caso di sospetta o accertata infezione da S. pneumoniae resistente ai Macrolidi
Bibliografia
1. Kumar P, McKean MC. Evidence based paediatrics: review of BTS guidelines for the
management of community acquired pneumonia in children. J Infect. 2004 Feb;48(2):134-8.
2. British Toracic Society Standards of Care Committee, 2002
3. Maglietta. 2008
4. Nelson XVIII edition
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