IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori SOMMARIO Il tema 5 9 11 CAPITOLO 1 Le domande 13 Autori L'obiettivo 13 16 18 19 20 21 1. cosa è oggi l'immunoncologia? 2. quali sono le prime acquisizioni cliniche? 3. quale è il rapporto efficacia/tossicità? 4. quali sono i criteri di valutazione del risultato? 5. quale modifica di prospettiva ci si può aspettare? 6. come si posiziona la immunoncologia nella guerra al cancro ad oggi? CAPITOLO 2 Le risposte 23 Introduzione: il percorso verso l'immunoncologia 23 24 25 28 28 29 31 33 36 36 37 40 L'immunologia nello studio dei tumori: il tema e le potenzialità attuali Le potenzialità attuali Tumori e anticorpi: melanoma, carcinoma del polmone, carcinoma renale e linfoma Melanoma Carcinoma del polmone Carcinoma renale Linfoma Quadri clinici e gestione della tossicità: la sicurezza a oggi Sicurezza nei profili di tossicità Quadri clinici e gestione della tossicità La sicurezza a oggi direttore responsabile ROBERTO NAPOLETANO vice direttore ROBERTO TURNO Allegato al n. 42 17­23 novembre 2015 reg. Trib. Milano n. 679 del 7/10/98 Novembre 2015 3 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Biomarkers: fattori predittivi di efficacia e indicatori di risposta Fattori predittivi di efficacia Indicatori di risposta Benefici e valutazione economica dell'immunoterapia Valutazione del beneficio clinico dell'immunoterapia Valutazione economica Alcune conclusioni: l'immunoncologia ad oggi Bibliografia Glossario 4 42 42 43 46 46 47 51 53 63 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Gli Autori Paolo Antonio ASCIERTO. Direttore, UOC Melanoma, Immunologia Oncologica e Terapie Innovative. Istituto Nazionale Tumori. Fondazione Pascale. Napoli. e­mail: [email protected] Sergio BRACARDA. Direttore, UOC di Oncologia Medica e Dipartimento Oncologico, Azienda USL­8, Istituto Toscano Tumori (ITT), Ospedale San Donato. Arezzo. e­mail: [email protected] Paolo BRUZZI. Direttore, UOC Epidemiologia Clinica, IRCCS AOU San Martino ­ IST ­ Isti­ tuto Nazionale per la Ricerca sul Cancro. Genova. e­mail: [email protected] Lucio CRINÒ. Professore di Oncologia Medica e Direttore di Oncologia, Azienda Ospedalie­ ra e Università di Perugia. Perugia. e­mail: [email protected] Stefania GORI. Direttore, Dipartimento di Oncologia, Ospedale Sacro Cuore ­ Don Calabria. Negrar (Verona). e­mail: [email protected] Alberto LOMBARDI. Consulente Medico­Scientifico, Fondazione Giovanni Lorenzini, Medical Science Foundation. Milano. e­mail: [email protected] Francesco Saverio MENNINI. Professore di Economia Sanitaria, Facoltà di Economia, Uni­ versità Tor Vergata, Roma; Visiting Professor, Institute for Leadership and Management, Kingston University. London (UK). e­mail: [email protected] Antonio PALUMBO. Myeloma Unit, Dipartimento di Ematologia. Università di Torino. Torino. e­mail: [email protected] Andrea PERACINO. Vice Presidente, Fondazione Giovanni Lorenzini, Medical Science Foun­ dation. Milano e Houston, TX (USA). e­mail: [email protected] Pier Luigi ZINZANI. Professore di Ematologia, Istituto di Ematologia "L. e A. Seràgnoli". Uni­ versità di Bologna. Bologna. e­mail: [email protected] Coordinamento del Progetto Emanuela Folco, Alberto Lombardi e Andrea Peracino (Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation. Milano, Italia ­ Houston, TX, USA) Novembre 2015 5 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori La Fondazione Giovanni Lorenzini (www.lorenzinifoundation.org), con sede in Italia a Milano e negli USA a Houston (Texas), è Ente Morale senza fini di lucro legalmente riconosciuto dallo Stato Italiano con DPR 243 del 30 marzo 1976, ed è registrata nel Bo­ ard degli enti non­profit riconosciuti dallo Stato del Texas (USA). Dal 1969 promuove la diffusione delle conoscenze bioscientifiche, biomediche, cliniche e di bioeconomia nell'am­ bito della Medicina translazionale, sia in Italia che all'estero. L'obiettivo primario della Fon­ dazione è far sì che le principali acquisizioni della ricerca di base e clinica vengano rese di­ sponibili e applicabili sia presso la comunità medica nazionale ed internazionale che presso i cittadini. Per questo la Fondazione mantiene e stabilisce collaborazioni e intese con le principali istituzioni accademiche del mondo, occupandosi anche di formazione e aggiorna­ mento sulla proiezione, a favore del cittadino, della sostenibilità clinica ed economica del percorso medico. La Fondazione ha un ruolo riconosciuto internazionalmente di facilitatore indipendente e di promotore di efficaci campagne di prevenzione nei confronti delle patologie a largo impatto sociale. In prospettiva di soluzioni specifiche la Fondazione mette la sua ultra­qua­ rantennale esperienza nel campo della comunicazione sulla salute a disposizione di organiz­ zazioni nazionali e internazionali, come università, ospedali, società scientifiche, industria, mondo dell'economia e non ultimo il mondo regolatorio e di decisione politica. Segreteria del Progetto Elena Colombo Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation Viale Piave, 35 ­ 20129 Milano Tel.: 02 ­ 29006267 Email: [email protected] Website: www.lorenzinifoundation.org Novembre 2015 7 IMMUNONCOLOGIA L'obiettivo L a medicina sta attraversando un pe­ riodo di significative innovazioni, per le nuove conoscenze che la ricerca e la clinica stanno introducendo e per le risposte che il malato e la so­ cietà stanno producendo. Lo sviluppo delle co­ noscenze diagnostiche, l'introduzione di nuovi trattamenti farmacologici, e la sempre più vasta presenza di tecnologie nel trattamento del pa­ ziente, consolidano ogni giorno la necessità di rivedere in modo continuo il rapporto medico­ cura­malattia­paziente e quindi il rapporto tra gli attori della medicina che non sono più solo il medico e il malato, e il ricercatore di base ma anche gli economisti, i revisori, gli esperti di processi e di funzioni, e non ultimi i decisori di sistema o di stato. La complessità di questo scenario non deve spaventare, anzi sta apportando al malato e in definitiva al cittadino sempre più efficienti e consolidati sistemi di diagnosi e cura e quindi un maggior consolidamento della difesa o della ricerca della salute. L'oncologia è una delle aree in cui il beneficio di una crescita esponenziale di conoscenze e di una coerente adesione organizzativa produce un effetto importante. E proprio nell'oncologia si osserva, in modo fortemente indicativo come effetto della congiunzione di queste diverse te­ matiche, il ritorno efficace della immunologia. L'immunoncologia rappresenta oggi un punto nodale della nuova oncologia, grazie ad esempio alla sviluppata capacità di produrre anticorpi specifici nei confronti di sistemi bloccanti il si­ stema immunitario nella risposta alla prolifera­ zione della cellula neoplastica. Va sottolineato che questo percorso di sviluppo nasce non solo dal lavoro di ricercatori, nei laboratori, e di cli­ nici, nel reparto, ma dalla collaborazione stretta con altri mondi quali, per citarne alcuni, quelli dell'economia, della gestione e della regolamen­ tazione. Ma soprattutto nasce dalla capacità di coesione di queste figure tra loro in un percor­ so dalle profonde caratteristiche industriali. E' questa un'operazione per il malato che non so­ lo nasce e si sviluppa nell'industria, ma deve po­ tere conservare il concetto industriale nei per­ Novembre 2015 QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori corsi di trasferimento e di consolidamento della nuova immunoncologia a vantaggio di un sog­ getto paziente all'interno di una società che de­ ve partecipare al percorso in un'ottica di effica­ cia e sostenibilità. L'immunoncologia, come il documento cerche­ rà di evidenziare, è infatti un modo nuovo di sviluppare un percorso terapeutico nell'area dei tumori. Al significato della stimolazione dell'an­ ticorpo con una introduzione naturale o provo­ cata da un antigene, come inteso e riconosciuto dalla fine del 1700 ad oggi, si aggiunge la costru­ zione di un sistema di sblocco della "prigionia" in cui viene tenuta la cellula immune in seguito alla proliferazione e aggressione diretta del tu­ more. Su questo preciso percorso "industriale" si moltiplicano gli interventi delle diverse com­ petenze mediche e di controllo per dare o rida­ re al malato la capacità di difendersi dalla cellula tumorale così come è abituato a fare nel caso di batteri e virus. La riattivazione del sistema immunitario di fron­ te al tumore, rappresenta quindi la rivoluzione di un approccio che ripristina una funzione di difesa (immune). Non in alternativa, almeno per ora, alla chemioterapia e alla radioterapia, che per quanto guidate e perfezionate provocano danni non solo alla cellula neoplastica ma anche a quanto sta intorno ad essa nell'organismo. In questa fase iniziale appare importante supporta­ re nella comprensione di queste tematiche non tanto gli oncologi, che già stanno cercando di dare una maggiore efficacia ai loro interventi te­ rapeutici anche con la nuova immunoncologia, quanto chi non ha l'esperienza dell'oncologo, ma è impegnato a collaborare con l'oncologo stesso, facilitando in tutti i sensi il percorso del malato nella guerra al tumore. Naturalmente in questo momento non si puo' dire quanti tumori potranno essere trattati con successo con approcci derivanti dall'immunon­ cologia e non è ancora completamente cono­ sciuta la durata dell'effetto di questi trattamenti. Appare comunque importante che tutti gli esperti in questo campo possano lavorare insie­ me per aprire e consolidare una strada che ap­ pare sempre piu' importante. O 9 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Il tema L a ricerca clinica sullo sviluppo del cancro ha portato in questi ultimi tempi a una serie di percorsi diagno­ stici e terapeutici che stanno met­ tendo robuste basi ad un cambia­ mento importante del percorso medico, sia per quanto riguarda la ricerca sia per quanto riguar­ da la validazione regolatoria ed economica dello sviluppo clinico, che porti a riduzione di morta­ lità a breve e anche a lunga distanza, del pazien­ te con tumore. L'immunoncologia rappresenta oggi una nuo­ va e decisamente promettente sfida che la ri­ cerca medica sta portando nel trattamento del cancro e che si basa sulle nuove conoscenze della neo­sintesi di anticorpi. Questi studi e sviluppi hanno evidenziato la possibilità di utilizzare il meccanismo di rove­ sciamento del blocco che la cellula tumorale in­ duce sulla risposta naturale immune, restauran­ do la potenzialità della difesa immunologica contro l'aggressione. Tale nuovo percorso si associa, e in futuro condizionerà positivamente, l'attuale strategia terapeutica dei tumori basata su programmi chemioterapici, radioterapici e chirurgici, introducendo un modo completa­ mente nuovo di affrontare tumori anche diversi con percorso trasversale comune di aggressio­ ne ed evidenti possibilità di guarigione. A sostegno di questa prospettiva si sono voluti riassumere in due percorsi la valutazione e quindi la espansione delle potenzialità reali dell'immunoncologia: da un lato con la risposta della medicina oncologica che sta consolidando l'efficienza clinica, e dall'altro con la domanda del mondo della strategia medica e del­ la organizza­ zione sanita­ ria che è chia­ mata a rende­ re efficace e sostenibile questa trasformazione. Per consentire al lettore di mantenere una ri­ gorosità di valutazione, i due percorsi sono af­ frontati in due capitoli distinti, in modo da pro­ porre un documento di analisi, ma anche di di­ scussione, sulla effettiva introduzione e sull'effi­ ciente utilizzo di questi nuovi approcci terapeutici con indubbi benefici per il paziente. Il primo capitolo viene dedicato alla domanda che il decisore, nel sistema regolatorio, regio­ nale, ospedaliero, espone per poter conoscere potenzialità e riflessi dell'immunoncologia nel mondo della sanità. In questo contesto il signifi­ cato e il valore del nuovo percorso immunon­ cologico viene confrontato con le risposte degli specialisti al mondo dirigenziale e di gestione del Sistema Sanitario Nazionale. Nel secondo capitolo viene riassunta la evolu­ zione delle potenzialità dell'immunoncologia nell'ampio scenario del trattamento emergente per alcuni tumori. Qui è raccolta la configurazio­ ne della immunoncologia come conoscenza ed esperienza in oncologia medica. L'obiettivo finale è quello di ottenere da una necessaria sinergia pratica e culturale dei due percorsi, la valutazione del progresso che la nuova immunoncologia potrà portare al tratta­ mento del malato oggi e domani. O Il tema dell'immunoncologia oggi L'immunoncologia rappresenta oggi una nuova, e decisamente promettente, sfida che la ri­ cerca medica sta portando nel trattamento del cancro: è basata su nuove conoscenze nella neo­ sintesi di anticorpi. L'immunoncologia si unisce alla chirurgia, alla radioterapia, alla chemioterapia e alla endocri­ noterapia, quale importante opzione terapeutica per i pazienti oncologici. L'immunoncologia, detta anche immuno­oncoterapia non è da confondere con l'immunote­ rapia ‘classica', utilizzata per le malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, lupus eritema­ toso sistemico, sclerosi multipla, psoriasi, etc… Novembre 2015 11 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 1 / LE DOMANDE 1. COSA È OGGI L'IMMUNONCOLOGIA? Quali sono gli elementi essenziali che la rappresentano? Quanto e perché essa ha un ruolo fondamentale nel cancro? Perché se ne deve parlare oggi? P artendo dalle co­ noscenze sulla immunoterapia, negli ultimi anni è stato possibile isolare e produrre anticorpi monoclonali umanizzati a fini terapeutici. Gli anticorpi mo­ noclonali sono anticorpi in grado di riconoscere mole­ cole o antigeni specifici e possono essere sintetizzati in modo adeguato nei con­ fronti di ogni singolo antige­ ne. L'avanzamento tecnologi­ co degli ultimi anni ha per­ messo di umanizzare tali an­ ticorpi e di impiegarli come vettori di terapia in quanto riconosciuti dal sistema im­ munitario come propri. La stimolazione infatti delle T cellule (i T linfociti), che me­ diano la risposta immune an­ ti­tumorale, rappresenta un goal dei molti studi di questi ultimi anni. Le T cellule non agiscono da sole ma, insieme alle B cellule e agli anticorpi che queste producono, pos­ sono attivare o sopprimere la risposta nei confronti degli antigeni tumorali e, quindi, agire in modo da risultare sempre più efficaci come te­ rapia. La crescita delle conoscenze sulla aggressione del tumore sull'organismo ha evidenzia­ to come le cellule neoplasti­ che siano capaci di legare e Novembre 2015 La stimolazione delle T cellule, che mediano la risposta immune anti­tumorale, rappresenta un «goal» dei molti studi realizzati in questi ultimi anni inibire le cellule T bloccan­ done la azione, e quindi fa­ vorendo la progressione del­ la moltiplicazione neoplasti­ ca. L'importante sviluppo della ricerca in questi ultimi anni ha consentito di sviluppare nuovi anticorpi umani capaci di scindere lo stretto legame tra cellula neoplastica e il T linfocita, ridando alla rispo­ sta immune naturale dell'or­ ganismo la potenzialità di su­ perare la aggressione del tu­ more. Questo percorso ha aggiunto nuovi strumenti alla terapia oncologica aggiun­ gendo nuova efficacia tera­ peutica alle consolidate tera­ pie chemioterapiche, radio­ logiche e chirurgiche. Nel marzo 2011, FDA (Food and Drug Administration) approvava l'ipilimumab per il trattamento del melanoma non asportabile o metastati­ co, cui seguiva nel luglio del­ lo stesso anno l'approvazio­ ne da parte di EMA (Europe­ an Medicine Agencies). Nel settembre del 2014 veniva accelerata la approvazione del pembrolizumab da parte di FDA che nel dicembre dello stesso anno approvava il nivolumab per il tratta­ mento del melanoma meta­ statico o non operabile. Nel gennaio 2015 la approvazio­ ne del nivolumab veniva commentata dagli scienziati come una importante nuova opzione terapeutica conside­ rando l'alto tasso della rispo­ sta terapeutica (32%) e della sua durata. EMA approvava nel giugno del 2015 il nivolu­ mab e, nel luglio del 2015, il pembrolizumab per il tratta­ mento del melanoma meta­ statico o non operabile. Questi momenti di impor­ tanza ufficiale consolidano l'avvio della immunoncolo­ gia come intervento efficace nei pazienti e non solo per il melanoma. Questi momenti richiamano oggi i risultati che possono essere attesi dallo sviluppo della immuno­ logia nei tumori (Tabella 1.1). O 13 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Tabella 1.1 Quando è nata la Immunoncologia? 2015 ­ FDA approva nivolumab per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) squamoso metastatico 2015 ­ EMA approvato nivolumab per il trattamento del tumore del polmone non a picco­ le cellule (NSCLC) squamoso metastatico 2015 ­ EMA approva nivolumab e pembrolizumab per il trattamento del melanoma meta­ statico 2014 ­ FDA approva nivolumab e pembrolizumab per il trattamento del melanoma meta­ statico 2013 ­ AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) approva ipilimumab per il trattamento in Italia del melanoma metastatico 2011­ FDA ed EMA approvano ipilimumab per il trattamento del melanoma metastatico 2010 ­ FDA approva l'uso del vaccino sipuleucel­T nel trattamento del carcinoma prostati­ co metastatico resistente alla castrazione 1986­2000 ­ Garantite le approvazioni per l'utilizzo di interferoni (IFNs) e IL­2 nel tratta­ mento delle neoplasie 1975 ­ George Köhler e César Milstein sviluppano la tecnologia per la produzione di anti­ corpi monoclonali 1970 ­ Donald Morton descrive una regressione tumorale significativa dopo iniezione di vaccino BCG (Bacillo Calmette­Guerin) in pazienti affetti da melanoma; più tardi il BCG di­ venta terapia standard per il tumore superficiale della vescica 1968 ­ Primo trapianto di midollo osseo allogenico (ABMT); dagli anni ‘80 l'ABMT diventa trattamento standard per le malattie ematologiche 1957 ­ Sir Frank Macfarlane Burnet suggerisce che le cellule tumorali possono causare una risposta immunitaria in grado di distruggere il tumore senza alcuna manifestazione clinica 14 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 1901 ­ Emil Adolf von Behring riceveva il primo premio nobel della medicina per i suoi stu­ di sulla sieroterapia 1900 ­ Paul Ehrlich suggerisce che alcune molecole all'interno dell'organismo possono es­ sere in grado di combattere i tumori 1891 ­ William Coley usa l'infezione batterica con la tossina Coley per curare il cancro 1798 ­ Edward Jenner pubblica lo studio che dimostra l'efficacia del vaccino del vaiolo Novembre 2015 15 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 2. QUALI SONO LE PRIME ACQUISIZIONI CLINICHE? In quali patologie è oggi riconosciuta la attività dei nuovi anticorpi immunoncologici? Quali sono i risultati che emergono dalla applicazione immunoterapica in tali sedi? Quali sono gli elementi che giustificano la trasversalità di impiego? I n Italia 11.000 nuovi casi di melanoma sono stati diagnosticati nel 2014 e 81.000 sono le persone che convivono con una pregressa diagnosi di melanoma cutaneo (circa 34.000 maschi e 47.000 fem­ mine). L'incidenza del melano­ ma maligno è da anni in co­ stante ascesa sia negli uomini (+ 3,6%/anno), che nelle don­ ne (+ 3,7%/anno). Questo fe­ nomeno è attribuibile al con­ testuale aumento della diagno­ si precoce e al ruolo eziopato­ genetico delle radiazioni UV, mentre la frazione di malattia attribuibile a fattori genetici sembra stabile nel tempo. In Italia i decessi per melanoma maligno costituiscono l'1% di tutta la mortalità per tumore (circa 1.800 all'anno). Il melanoma rappresenta og­ gi un'area di studio e di impor­ tanti risultati nell'utilizzo di al­ cuni percorsi anticorpali come quelli autorizzati per l'uso: l'ipilimumab, il nivolumab e il pembrolizumab. Queste os­ servazioni nel melanoma han­ no consentito di meglio carat­ terizzare il potenziale mecca­ nismo d'azione trasversale per differenti neoplasie e pongono con urgenza la necessità di comprendere meglio le carat­ teristiche degli ammalati che beneficiano del trattamento e, soprattutto, le ragioni del falli­ mento dell'immunoterapia in quegli ammalati che non ne beneficiano. Il carcinoma del polmone 16 Il melanoma è oggi un’area di studi e di importanti risultati nell’utilizzo di alcuni percorsi anticorpali come quelli autorizzati per l’uso: ipilimumab, nivolumab e pembrolizumab rappresenta oggi nel mondo la prima causa di morte per can­ cro, superando la mortalità complessiva del carcinoma della prostata, della mammella e del colon retto. Circa l'85% dei tumori del polmone sono rappresentati dal non ­small cell ­lung ­carcinoma­ NSCLC, in cui l'adenocarcinoma (> 50%) e il carcinoma a cellule squa­ mose (25%) rappresentano i due tipi istologici predominan­ ti. Si valuta che in Italia nel 2014 vi siano stati 40.000 nuovi casi di tumore del polmone per il 30% nel sesso femminile, con una mortalità di circa 34.000 casi. Alla base di questi dati, che pongono i tumori del pol­ mone come una vera emer­ genza in campo socio­sanita­ rio, rimane la constatazione che la maggior parte delle neoplasie polmonari viene dia­ gnosticata in fase avanzata (60­ 70%) per lo più al IV stadio di malattia, dove il trattamento di scelta nella maggior parte dei casi è rappresentato dalla te­ rapia farmacologica sistemica. La medicina di precisione, ba­ sata sull'individualizzazione di bersagli terapeutici specifici, rappresenta un indubbio pro­ gresso nel trattamento delle neoplasie polmonari dando all'immunoterapia un significa­ to importante. L'impiego di anticorpi monoclonali in prima linea o in associazione o in se­ quenza con la chemioterapia, è già oggetto non solo di rifles­ sione e di studi, ma è già nel percorso di consolidamento terapeutico nei maggiori centri internazionali di oncologia. Il carcinoma a cellule rena­ li (RCC), o a cellule chiare, rappresenta il 3­4% dei tumori epiteliali nel mondo e il 75% circa dei tumori renali paren­ chimali (sono esclusi quelli dell'alta via escretrice). Un 20­ 30% circa di questi pazienti si presenta alla diagnosi già con metastasi, mentre un altro 30% circa le sviluppa successi­ vamente alla chirurgia renale (quasi sempre nephron spa­ ring). RCC rappresenta quindi nel mondo occidentale uno dei primi dieci tumori solidi per incidenza. Le sedi di malat­ tia a distanza più frequenti so­ no quelle polmonari, epatiche, linfonodali e ossee, queste ul­ time presenti in quasi il 35% dei casi. Il carcinoma renale è stato uno delle prime neo­ Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA plasie in cui, in passato, si è tentato di impiegare un tratta­ mento immunologico, anche in considerazione della sua stori­ ca chemio­ e radio­resistenza. Oggi è un'importante area di studio non solo per i nuovi an­ ticorpi ma anche per la messa a punto di innovative modalità di valutazione dei risultati dei nuovi approcci terapeutici im­ munoncologici. Il linfoma rappresenta sicura­ mente la neoplasia ematologi­ ca con la più alta percentuale di guarigione (circa l'80% dei pazienti) utilizzando la chemio­ terapia convenzionale rappre­ sentata dal regime ABVD (adriamicina, bleomicina, vin­ blastina e dacarbazina). Allo stesso tempo è da oltre 20 an­ ni che si cerca di ridurre quel 20% di "zoccolo duro" rappre­ sentato dai pazienti refrattari alla chemioterapia. Il linfoma oggi rappresenta il nuovo obiettivo della immu­ noncologia: l'area di studio è assai complessa considerando che a proliferare neoplastica­ mente sono le cellule linfocita­ rie che sono chiamate nelle al­ tre condizioni neoplastiche alla protezione del soggetto. La nuova era per quanto riguarda la terapia dei linfomi, dove uno degli obiettivi dei prossimi an­ ni sarà quello di poter riuscire a trattare questi pazienti con una esclusiva terapia immuno­ logica, porrà delle domande sul ruolo attuale della chemio­ terapia. La varietà anatomopatologica di intervento (ad oggi) e di prognosi (ad oggi) dei tumori presi in considerazione costi­ tuisce la ragione della scelta proprio per aprire la discus­ sione su un approccio tera­ peutico oncologico comune. Quanto descritto richiama la evidenza del percorso trasver­ sale che la immunoncologia sta affrontando (Figura 1.1 e Figu­ ra 1.2). O QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Figura 1.1 Le cellule di alcuni carcinomi Melonoma metastatico Spino cellulare del polmone A larghe cellule del polmone Cellule chiare del rene Novembre 2015 Linfoma 17 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 3. QUALE È IL RAPPORTO EFFICACIA/TOSSICITÀ? Quali sono le valutazioni riscontrate di questo rapporto? Qual è il significato di queste valutazioni sull'impiego clinico? Quale deve essere l'approccio medico nella gestione del rapporto efficacia/tossicità? L e diverse fasi di stu­ dio dei primi anticor­ pi registrati (ipilimu­ mab, nivolumab, pembrolizumab) han­ no consentito di verificare il rap­ porto efficacia/tossicità, e di me­ glio identificare anche il percorso fisiopatologico di attività nei con­ fronti del legame tra cellula neo­ plastica e anticorpo. A differenza degli effetti collaterali dei chemio­ terapici e degli agenti a bersaglio molecolare, quelli legati alla som­ ministrazione di inibitori del c.d. immune­checkpoint, risultano gesti­ bili e abbastanza ben tollerati dai pazienti. Nella valutazione della potenziale tossicità immuno­cor­ relata (vedere anche Tabella 1.2), è importante considerare le co­ morbidità dei pazienti quando si propone un trattamento di que­ sto tipo, tenendo conto che le malattie autoimmunitarie pre­esi­ stenti rappresentano una contro­ indicazione al trattamento. Una corretta gestione della risposta nel rapporto efficacia/tossicità de­ ve essere impostata su: un'ade­ Nella valutazione della potenziale tossicità immunocorrelata è importante considerare le comorbidità dei pazienti quando si propone questo tipo di trattamento guata conoscenza delle tossicità da parte dell'oncologo; un'ade­ guata informazione dei pazienti e una buona comunicazione del pa­ ziente con il proprio medico di famiglia. La segnalazione degli ef­ fetti collaterali diventa un neces­ sario impegno del medico curan­ te e una adeguata risposta tempe­ stiva da parte non solo della auto­ rità specifica, ma soprattutto da parte della azienda industriale. Proprio le caratteristiche di inno­ vazione dell'approccio immunolo­ gico spingono l'industria sviluppa­ trice del percorso terapeutico a operare in stretta vicinanza al me­ dico e in perfetta considerazione della singolarità del paziente. Il singolo paziente è sempre un in­ sieme di caratteristiche non solo fisiopatologiche o di malattia, ma anche di cultura e di appartenen­ za sociale sempre diverse dagli al­ tri. Una diagnosi e un trattamento tempestivi modificano enorme­ mente il percorso di efficacia ma anche gli effetti collaterali. È fondamentale che il clinico sia formato al riconoscimento pre­ coce della tossicità e all'applicazio­ ne dei protocolli di corretta ge­ stione degli effetti collaterali, pos­ sibilmente nell'ambito di una col­ laborazione multidisciplinare (oncologo medico, gastroentero­ logo, endocrinologo, medico di medicina generale, patologo, ra­ diologo, chirurgo, economista, etc.), al fine di garantire la sicurez­ za dei pazienti. O Tabella 1.2 Chemioterapia e Immunoterapia Immunoterapia Chemioterapia O Agisce sul sistema immunitario per lanciare un attacco O Agisce in generale sulla divisione cellulare delle cellule alle cellule tumorali tumorali O Il potenziamento del sistema immunitario può portare ad O La chemioterapia tradizionale non è selettiva nelle cellule un aumento delle cellule immunitarie in altre parti del che colpisce; per questo può anche bloccare la separazione corpo in cui la risposta non è necessaria delle cellule sane e ciò può causare effetti collaterali O Un temporaneo effetto infiammatorio su tessuti sani, O Gli effetti collaterali possono includere *: quali *: ­ Perdita di capelli ­ intestino: causa diarrea come effetto collaterale ­ Nausea e vomito anticipato ­ Neuropatia ­ cute: provoca prurito e dermatite ­ Infezioni * Solo alcuni esempi forniti a scopo illustrativo 18 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA 4. QUALI SONO I CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RISULTATO? QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Esistono dei marcatori dell'effetto dell'intervento? Quali sono gli indicatori di efficacia? Quale è l'attesa del paziente? L a valutazione a breve distanza ma soprattut­ to a lunga distanza del paziente oncologico, inserito nel percorso immunoncologico in modo avanza­ to o adiuvante, richiede sempre più una standardizzazione di rico­ noscimento multi specialistico (Fi­ gura 1.2). L'oncologo raccoglie oggi una serie di dati individuali anche con l'utilizzo di biomarkers a diver­ so livello semeiotico. Il valore in­ terpretativo dei biomarkers utilizza­ bili nella immunoncologia necessi­ tano di un miglioramento continuo delle conoscenze legate al loro uti­ lizzo: come supporto nella diagnosi di una malattia (markers diagnostici); per fare previsioni sull'evoluzione della malattia/condizione (markers prognostici); per fare previsioni sugli effetti di una terapia (markers pre­ dittivi); per valutare se una terapia è stata (o si sta dimostrando) efficace (indicatori di efficacia). La distinzione tra questi possibili impieghi di un marcatore è fondamentale, perché lo stesso marcatore può essere proposto per più di un utilizzo, ma i requisiti necessari sono molto di­ versi. In comune a tutti gli utilizzi c'è il fatto che si parla di predizioni/ valutazioni probabilistiche: come per tutta la medicina moderna, il linguaggio dei biomarkers è quello della statistica, ed è caratterizzato da una notevole complessità e, quasi sempre, da un'elevata incer­ tezza, soprattutto in oncologia. In questa prospettiva appare indi­ spensabile la stretta collaborazione con l'oncologo delle altre figure mediche o di decisione, che insie­ me possono contribuire a dare Novembre 2015 Il valore interpretativo dei biomarkers utilizzabili nella immunoncologia necessita di un miglioramento continuo delle conoscenze legate al loro utilizzo quel miglioramento al sistema di verifica e di valutazione di efficacia che gli attuali biomarkers possono dimostrare. Va precisato che gli interventi pre­ ventivi, diagnostici e terapeutici vengono chiesti o accettati dai pa­ zienti oncologici nella speranza che permettano loro di vivere più a lungo e/o meglio. Dunque, il bene­ ficio di un intervento dovrebbe es­ sere misurato in termini di quantità e qualità di vita per il paziente, e in questa azione l'oncologo deve po­ tere essere accompagnato con si­ curezza dagli esperti di controllo regionale. Nei nuovi trattamenti antitumorali con un meccanismo d'azione immunologico, l'effetto che colpisce maggiormente non è solo l'incremento nel tasso di ri­ sposte o nella sopravvivenza a bre­ ve o a lungo termine, ma si aggiun­ ge anche la condizione di vita del soggetto che spesso non è seguita dall'oncologo, ma deve potere es­ sere registrata dal medico di fami­ glia. Il prolungamento di vita del sogget­ to va misurato non solo nel riflesso della azione sul tumore, ma nella sua più ampia prospettiva di confi­ gurazione dell'insieme dell'indivi­ duo nella sua vita sociale o di lavo­ ro. E qui è importante in modo as­ soluto l'intervento del sistema dei decisori regionali e sociali. O Figura 1.2 Schema della costellazione di rapporti tra anticorpi specifici e antigeni della T cellula 19 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 5. QUALE MODIFICA DI PROSPETTIVA CI SI PUÒ ASPETTARE? Può l'immunoncologia aiutare il medico a dare prospettive nuove in alcune neoplasie? Quanto può essere ottenuto nella vita del malato nello sviluppo delle terapie in atto nella introduzione dell'immunoncologia? Quale è il significato del rapporto costo/investimento nella immunoterapia? È un cambio di pro­ spettiva radicale: non più un orizzon­ te temporale limita­ to, caratterizzato da terapie successive con re­ gressioni della malattia seguite da nuove progressioni; ma lo spiraglio di un ritorno a un'at­ tesa di vita quasi normale, dieci anni per ora, e potrebbero es­ sere molti di più. Se la combi­ nazione di immunoterapie si confermerà, da un lato avremo uno strumento da utilizzare nella lotta insieme ai pazienti oncologici; dall'altro questo strumento ci può permettere di offrire a molti pazienti, per i quali oggi è quasi inesistente, una concreta possibilità di re­ missione a lungo termine, con una tossicità certamente non trascurabile, e ancora da cono­ scere a fondo, ma che non sembra superiore a quella della chemioterapia. Sicuramente questo nuovo sce­ nario impone lo sviluppo di nuovi strumenti statistici per la valutazione degli effetti dei trattamenti e degli strumenti fi­ nalizzati a descrivere la distri­ 20 Il nuovo scenario impone lo sviluppo di strumenti statistici per valutare gli effetti dei trattamenti e degli strumenti che descrivano la distribuzione dei benefici in termini di sopravvivenza buzione dei benefici in termini di sopravvivenza valutando gli effetti a lungo termine di un trattamento in base ai suoi ef­ fetti precoci. L'invecchiamento della popola­ zione e l'incremento dei costi sanitari stanno ponendo nuove sfide ai sistemi sanitari naziona­ li di tutto il mondo. L'invec­ chiamento della popolazione aumenta la richiesta di assi­ stenza sanitaria, e l'innovazione biotecnologica aumenta i costi delle terapie e delle procedure, accompagnati comunque da benefici incrementali non tra­ scurabili e misurabili. Una mag­ giore attenzione alla qualità della vita aumenta la richiesta di percorsi diagnostici terapeu­ tici sempre meno invasivi e sempre più vicini al domicilio dei pazienti. L'insieme di que­ ste nuove realtà impone una ri­ flessione sulle scelte di assi­ stenza sanitaria che coniughino l'efficacia delle terapie impiega­ te, i costi che queste compor­ tano, e i rischi di effetti collate­ rali indesiderati o di tossicità indotte che possono limitare fortemente l'autonomia perso­ nale. Il costo del trattamento dei tu­ mori in Europa supera i 150 miliardi all'anno, la terza fonte di spesa/investimento nei servi­ zi sanitari ed anche nei sistemi previdenziali (in Italia le neopla­ sie rappresentano la prima vo­ ce di spesa per il sistema previ­ denziale). Ma dal punto di vista della mortalità e della necessità di interventi oggi il cancro rap­ presenta in tutto il mondo la prima fonte di impegno. O Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA 6. COME SI POSIZIONA LA IMMUNONCOLOGIA NELLA GUERRA AL CANCRO AD OGGI? QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Può la nuova immunoncologia accelerare un cambiamento significativo nella lotta al cancro? Quali sono i maccanismi che condizionano la inibizione ovvero il recupero della azione di controllo condotta dal T linfocita sulla proliferazione della cellula neoplastica? Può l'insieme del mondo della medicina indicare le strade di domani nella immunoncologia? N el 1971 con il progetto deno­ minato War on Cancer voluto dal Presidente Nixon, iniziò un'intensa attività di ricerca scientifica sulle cause e i meccanismi molecolari alla base della formazione dei tu­ mori. Con gli anni e soprattutto con l'avvento di nuove tecnolo­ gie in grado di sequenziare il ge­ noma umano e in particolare quello di diversi tumori umani, sono emerse alcune informa­ zioni decisive per la compren­ sione dei meccanismi della cre­ scita neoplastica. Ogni cellula umana ha una vita media di cir­ ca un mese. Ogni mese queste cellule vanno incontro a morte e nello stesso tempo a duplica­ zione cellulare per sostituire le cellule morte. In ognuna di que­ ste duplicazioni cellulari è possi­ bile un errore nella replicazione del DNA, una cosiddetta muta­ zione genetica, che cambia le caratteristiche della cellula tra­ sformandola da cellula normale a cellula tumorale. Da qui pos­ siamo capire come sia difficile se non impossibile prevedere l'andamento di un tumore. Ogni mese una mutazione genetica può improvvisamente cambiare le caratteristiche di un tumore e di conseguenza la prognosi di una malattia. Alcuni tumori han­ no maggiore probabilità di mu­ tazioni genetiche, altri meno, ma questo meccanismo è alla base dell'estrema eterogeneità dei tumori e dell'impossibilità medica di prevedere la progno­ Novembre 2015 In ogni duplicazione cellulare è possibile un errore nella replicazione del Dna, una mutazione genetica, che cambia le caratteristiche della cellula e la trasforma da cellula normale a tumorale si delle malattie. Negli ultimi 30 anni la cono­ scenza dettagliata di diverse mutazioni genetiche che attiva­ no o inattivano attività enzimati­ che, vie metaboliche e in ultima analisi vie di crescita e sviluppo del cancro, ha permesso di svi­ luppare diversi farmaci innovati­ vi in grado di interferire in mo­ do specifico sulle vie di sviluppo del cancro. Queste innovazioni hanno comportato la cura di al­ cuni tumori e il miglioramento significativo della sopravvivenza di molti altri. In diverse circo­ stanze il tumore detiene la ca­ pacità di adattarsi ai cambia­ menti e di sviluppare nuove mutazioni genetiche in grado di conferire alle cellule mutate la capacità di diventare resistenti ai farmaci prima in grado di controllare la neoplasia. Il sistema immunitario umano è in grado di riconoscere gli anti­ geni rilasciati dalle cellule tumo­ rali vive, o a seguito della loro morte, e innescare meccanismi di difesa con anticorpi o me­ diante linfociti T in grado di controllare o anche eliminare completamente il tumore. I tu­ mori umani nella loro lotta per la sopravvivenza contro l'ospite (l'ammalato), non solo sviluppa­ no la capacità di mutare geneti­ camente le proprie caratteristi­ che biochimiche, ma sviluppano anche la capacità di inibire la normale attività del sistema im­ munitario umano che è in gra­ do in talune situazioni di con­ trollare lo sviluppo di un tumo­ re, ma in altre perde totalmen­ te, o in parte, questa capacità di controllo. Nei primi anni del 1990, si è iniziato a capire che sulla su­ perficie dei T linfociti esistono alcuni antigeni in grado di inibi­ re l'attivazione e l'azione di controllo dei linfociti T contro il tumore. L'impiego di anticor­ pi monoclonali umanizzati in grado di bloccare l'azione di questi antigeni con funzione inibitoria, ha permesso di rivi­ talizzare un sistema immunita­ rio addormentato dal tumore con sorprendenti e inaspettati risultati clinici. Il grande vantag­ gio di questo approccio è che è possibile non richiedere una terapia specifica per ogni sin­ golo tumore, ma, in principio, solo una semplice attivazione di un'attività di regolazione im­ munologica già presente in ogni individuo e semplicemen­ te inibita dal tumore. O 21 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori VENGONO RIPORTATI ALCUNI TERMINI CHE NON SONO CONSIDERATI NEL GLOSSARIO ALLA FINE DEL DOCUMENTO ­ Antigene tumorale: molecola presente nelle cellule cancerose, capace di scatenare nell'organismo reazioni difensive di tipo immunitario. ­ Biomarker: o marcatore biologico che rappresenta un indicatore misurabile di uno stato biologico o condizione o attività biologica. ­ B Linfociti/B cellule: cellule del sistema immunitario capaci di produrre anticorpi specifici nei con­ fronti di antigeni; sono responsabili della risposta immunitaria tumorale. Hanno un recettore specifico per l'antigene costituito da molecole di immunoglobuline. ­ Carcinoma del polmone: cancro originato dalle cellule epiteliali del polmone. ­ Carcinoma renale: cancro originato dalle cellule del tubulo renale. ­ Cellula neoplastica: cellula che sfugge ai meccanismi di controllo e di sede della proliferazione e se­ gue un percorso autonomo di proliferazione di migrazione al di fuori della sede di origine. ­ Comorbidità o comorbilità: richiama la presenza nella stessa persona di due o più processi patolo­ gici a caratterizzazione clinica diversa. ­ DNA o acido desossiribonucleico: un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche ne­ cessarie alla biosintesi di RNA ­ acido ribonucleico e proteine. ­ Effetto collaterale: effetto che si accompagna ad un effetto fondamentale o desiderato per cui è sta­ to somministrato un farmaco, o impostato un percorso di intervento sull'organismo; può causare an­ che uno o più effetti secondari: effetti collaterali e reazioni avverse. ­ Genoma umano: l'insieme delle informazioni contenute nei 46 geni dell'uomo. ­ Immune­checkpoint: molecole del sistema immune che attivano o spengono un segnale. ­ Ipilimumab: un anticorpo monoclonale IgG1k interamente umano che agisce come anti­CTLA­4 (cytotoxic T­lymphocyte­associated antigen­4). Approvato nel 2011 da FDA per il trattamento del me­ lanoma avanzato (metastatico o inoperabile) in soggetti adulti e sui quali siano state provate altre terapie. ­ Linfoma: un tumore di cellule linfocitarie T o B o anaplastiche. ­ Marker diagnostico, marker predittivo: in oncologia indicano la presenza nel sangue, o nei liquidi o nei tessuti indagati, di elementi che percentualmente aumentano in occasione dello sviluppo di un tu­ more. Detti markers possono essere prodotti o causati dal tumore o dalla reazione dell'ospite alla presenza del tumore. ­ Melanoma: un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti della cute. Il melano­ cita è una cellula della cute che produce melanina. ­ Metastasi: è il percorso di distacco e della diffusione in altre sedi, per contiguità, via ematica, linfatica, etc delle cellule neoplastiche dalla sede originaria. ­ Mutazione genetica: modifica stabile ed ereditabile nella sequenza nucleotidica di un genoma. ­ Nivolumab: anticorpo monoclonale IgG4 umano che agisce come immunomodulatore bloccando il legame di attivazione del PD­1 (programmed cell death 1) con i suoi ligandi PD­L1 e PD­L2 (program­ med death­ligand 1 and 2). Legandosi al recettore PD­1 e bloccando l'interazione con i ligandi del re­ cettore, provoca l'inibizione mediata dal pathway di PD­1 della risposta immunitaria, compresa la ri­ sposta immunitaria antitumorale. ­ Pembrolizumab: anticorpo monoclonale umanizzato che blocca l'interazione tra il PD­1 e suoi ligan­ di, PD­L1 e PD­L2 (programmed death­ligand 1 and 2). Legandosi al recettore PD­1 e bloccando l'inte­ razione con i ligandi del recettore, provoca l'inibizione mediata dal pathway di PD­1 della risposta im­ munitaria, compresa la risposta immunitaria antitumorale. ­ T linfociti/T cellule: cellule del sistema immunitario responsabili della immunità adattiva cellulo­spe­ cifica e cellulo­mediata. Hanno un recettore specifico per l'antigene costituito specificatamente da struttura recettoriale (T­cell receptor). O 22 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE Introduzione: il percorso verso l’immunoncologia I l costo del trattamento dei tumori in Europa supera i 150 miliardi all'anno, la terza fonte di spesa/investimento nei servizi sanitari. Ma dal punto di vista della mortalità e della necessità di interventi oggi il cancro rappresenta in tutto il mondo la prima fonte di impegno. L'immunoncologia si ripresenta a oggi come un'area di crescente in­ teresse e trova una sua dimensione di essenzialità nel necessario per­ corso di innovazione che la "scienza dei tumori" è chiamata ad avere. Il coinvolgimento del sistema im­ munitario nella gestione terapeutica dei tumori non è nuovo. Il rinnova­ to riconoscimento, in questi ultimi anni, della potenzialità del sistema immunologico e quindi il recupero del ruolo del linfocita in tale per­ corso, richiede un'adeguata valuta­ zione di dove siamo adesso e di co­ me le attuali conoscenze possano diventare una componente anche essenziale dell'attività chirurgica, ra­ diogena e chemioterapica (inten­ dendo con tale termine tutte le te­ rapie mediche in campo oncologi­ co) in tali patologie. Interleukina­2 (IL2) e interferon alpha (IFNa), ad esempio, sono stati utilizzati per an­ ni nel trattamento di pazienti con carcinoma renale (RCC) o melano­ ma. A fronte di una loro scarsa spe­ cificità e alta tossicità, queste cito­ Sono numerose le strategie ipotizzate per superare il fenomeno della immunoevasione del cancro e possono interessare allo stesso modo tumori diversi tra loro chine hanno, tuttavia, dimostrato un'efficacia anche se limitata e an­ che se scarsi erano i benefici per i pazienti. Numerose sono le strategie ipotiz­ zate per superare il fenomeno dell'immunoevasione del tumore e queste possono interessare allo stesso modo tumori diversi tra lo­ ro. Gli approcci fondamentali ri­ chiamano, per esempio: la riduzione o eliminazione del blocco dell'im­ munità adattativa che blocca il pun­ to chiave della risposta della T cel­ lula; l'attivazione dell'immunità adat­ tativa, con la promozione di segnali co­stimolatori dei recettori delle T cellule usando anticorpi agonisti; il miglioramento della funzione di im­ munocellule innate; l'attivazione del sistema immune, potenziando la funzione dell'effettore della cellula immune (Antonia SJ et alii, 2014). Per meglio capire le potenzialità di questo percorso clinico è necessa­ rio tenere sempre presente la ne­ cessità o l'opportunità di combinare i nuovi approcci immunoterapici con le esistenti e consolidate che­ mioterapie e, a volte, anche con la terapia radiogena. Nei primi anni del 1990, si è iniziato a capire che sulla superficie dei T linfociti esistono alcuni antigeni ­ fra i più noti il cytotoxic T­lymphocyte ­ CTLA­4, il programmed cell death protein­1 ­ PD­1, o il suo ligando programmed death­ligand­1 ­ PD­L1 ­ in grado di inibire l'attivazione e l'azione di controllo dei linfociti T contro il tumore. L'impiego di anti­ corpi monoclonali umanizzati in grado di bloccare l'azione di questi antigeni con funzione inibitoria ha permesso di rivitalizzare un sistema immunitario addormentato dal tu­ more con sorprendenti e inaspetta­ ti risultati clinici. Il grande vantaggio di questo approccio è che potrebbe non richiedere una terapia specifica per ogni singolo tumore, ma una semplice attivazione di un'attività di regolazione immunologica già pre­ sente in ogni individuo e semplice­ mente inibita dal tumore. O Il percorso verso l'immunoncologia Per meglio capire le potenzialità di questo percorso clinico è necessario tenere sempre pre­ sente la necessità o l'opportunità di combinare i nuovi approcci immunoterapici con le esistenti e consolidate chemio­terapie e, a volte, anche con la terapia radiogena. L'impiego di anticorpi monoclonali umanizzati in grado di bloccare o inibire la funzione di al­ cuni antigeni di superficie linfocitaria permette di rivitalizzare il sistema immunitario addor­ mentato dal tumore. Novembre 2015 23 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE L’immunologia nello studio dei tumori: il tema e le potenzialità attuali G li studi sull'im­ munologia nel campo dei tu­ mori hanno atti­ rato l'attenzione dei ricercatori da diverso tem­ po (Lesterhuis WJ et alii, 2011). Negli ultimi anni si è accumula­ ta un'importante evidenza sulla potenzialità dell'immunoterapia nell'aumentare la sopravviven­ za a lungo termine nel campo di alcuni tumori. Lo studio di diversi checkpoints ha eviden­ ziato alcuni meccanismi delle cellule tumorali che consento­ no a queste di sottrarsi al con­ trollo del sistema immune (Ascierto PA et al, 2014). La risposta immune inizia quando proteine o antigeni estranei all'organismo vengono riconosciuti come tali, cattura­ ti e sottoposti a valutazione biochimico­funzionale all'inter­ no delle antigen­presenting cells ­ APCs le quali, a loro volta, presentano tali molecole alle T cellule nel contesto più ampio Lo sviluppo dei tumori maligni legati a modificazioni genetiche delle cellule interessate necessita di un’elusione o di un sovvertimento della risposta immunologica dell’ospite del maggiore complesso di isto­ compatibilità ­ MHC. L'attiva­ zione delle T cellule è poi re­ golata dal bilanciamento dei percorsi fisiopatologici inibito­ ri e co­stimolatori, che rap­ presentano un'area critica di protezione nel soggetto sano nei confronti dell'autoimmuni­ tà, e di protezione del sistema immune quando il sistema im­ mune è attivato nei confronti di un patogeno (Pardoll DM, 2012). I recettori delle T cel­ lule possono essere raggiunti da anticorpi monoclonali che possono interferire con il lega­ me tra recettore e ligando e quindi modificare in aumento o in riduzione la risposta im­ mune. La stimolazione delle T cellule che mediano la risposta immu­ ne anti­tumorale rappresenta un goal dei molti studi che si stanno portando avanti in que­ sti ultimi anni. Le T cellule non agiscono da sole ma, insieme alle B cellule e agli anticorpi che queste producono, posso­ no attivare o sopprimere la ri­ sposta (Zitvogel L et al, 2015). Lo sviluppo dei tumori maligni legati a modificazioni genetiche delle cellule interessate neces­ sita di un'elusione o un sov­ vertimento della risposta im­ munologica dell'ospite. Da quanto detto appare necessa­ La risposta immunologica nei tumori Lo sviluppo dei tumori maligni legati a modificazioni genetiche delle cellule interessate necessita di un'elusione o un sovvertimento della risposta immunologica dell'ospite. Da quanto detto appare necessario riconoscere che l'opzione migliore, o l'unica opzione te­ rapeutica per detti tumori maligni, è l'attivazione dei meccanismi di immunosorveglianza. Si riconosce che le dendritic cells inglobano alcune porzioni della cellula tumorale, ne estraggono gli antigeni e li presentano alle T cellule, attivandole, alla fine, a distruggere la cellula cancerosa. La stimolazione delle T cellule che mediano la risposta immune anti­tumorale rappre­ senta un goal dei molti studi che si stanno portando avanti. Le T cellule non agiscono da sole ma, insieme alle B cellule e agli anticorpi che queste producono, possono attivare o sopprimere la risposta. Il ruolo delle B cellule non è ancora molto chiaro in questo percorso immunologico, ma certamente gli anticorpi IgG che riconoscono gli antigeni tumorali possono attivare il pri­ mo momento della risposta cellulare immune, e le B cellule che infiltrano il tumore e pro­ ducono IgA possono esercitare una immunosoppressione locale. 24 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA rio riconoscere che l'opzione migliore, o l'unica opzione te­ rapeutica per detti tumori ma­ ligni, è l'attivazione dei mecca­ nismi di immunosorveglianza. L'immunoterapia attualmente sta diventando un percorso non alternativo ma di accom­ pagnamento alla chemioterapia e alla radioterapia in modo di meglio modificare l'immunità anticancro. Le risposte immuni anticancro, come in altre for­ me di immunoterapie antitu­ morali, dipendono dall'attività delle T cellule che riconosco­ no molecole antigeniche speci­ fiche del tumore, mentre l'atti­ vità delle B cellule in questo senso è meno frequente, o co­ munque ancora non completa­ mente chiarita (Carmi Y et alii, 2015). È noto che i tumori non riescono a proliferare, nella persona, in seguito a tra­ pianto da un altro individuo della stessa specie, così come gli organi trapiantati sono ri­ gettati dal sistema immune del ricevente. Si riconosce che le dendritic cells ­ DCs inglobano alcune porzioni della cellula tumorale, ne estraggono gli antigeni e li presentano alle T cellule (del subset citotossico CD8), attivandole, alla fine, a distruggere la cellula cancero­ sa. Si dimostra che anticorpi naturali allogenici della classe IgG inducono potenti risposte anticancro mediate dalle T cel­ lule. Come detto, l'attività di questi anticorpi IgG non è sempre così evidente e co­ munque richiede altri inter­ venti, come per esempio, quello dell'oxaliplatino (Shala­ pour S et alii, 2015). L'oxalipla­ tino induce sia le T cellule sia le B cellule a infiltrare il tumo­ re, e la scomparsa delle B cel­ lule induce ad aumentare l'in­ filtrazione delle T cellule. Il Novembre 2015 ruolo delle B cellule non è an­ cora molto chiaro in questo percorso immunologico, ma certamente gli anticorpi IgG che riconoscono gli antigeni tumorali possono attivare il primo momento della risposta cellulare immune: il Fc gamma che media l'assorbimento degli antigeni tumorali da parte del­ le DCs. Accanto a questo, le B cellule che infiltrano il tumore e producono IgA possono esercitare un'immunosoppres­ sione locale. Le potenzialità attuali Negli ultimi anni, dall'esperien­ za dell'immunoncologia nel Le caratteristiche di adattabilità e di “memoria” del sistema immunitario permettono sopravvivenze a lungo termine melanoma, abbiamo imparato che: 1. Le caratteristiche di adatta­ bilità e "memoria" del sistema immunitario permettono di ottenere sopravvivenze a lun­ go termine. La sopravvivenza a lungo termine rappresenta il valore maggiore dell'immuno­ terapia. Con riferimento nello specifico a ipilimumab, recen­ temente è stata pubblicata una metanalisi che ha considerato 4.846 pazienti trattati con tale anticorpo nell'ambito di studi clinici e di expanded access pro­ gram (Schadendorf D et alii, 2015). Tale studio ha dimo­ strato che il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni. Questo dato ci permette di affermare che ipi­ limumab è in grado di croni­ cizzare la malattia nel 20% dei pazienti. Inoltre, la curva di so­ pravvivenza estrapolata dalla metanalisi presenta un plateau che inizia a partire dal terzo anno. Pertanto si può asserire che un paziente vivo a 3 anni ha elevate probabilità di essere un long­term survivor. Per quan­ to riguarda nivolumab, al mo­ mento non abbiamo dati a 10 anni come per l'ipilimumab. Tuttavia, nello studio di fase I la curva di sopravvivenza del nivolumab ha evidenziato una coda di long­term survivor del 32% a 4 anni che fa ben spera­ re (Hodi FS et alii, 2014). Inol­ tre, l'immunoterapia rallenta la progressione tumorale e non seleziona forme più aggressive della neoplasia stessa, come capita ad es. per i tyrosine kina­ se inhibitors ­ TKIs (Ascierto PA et alii, 2013). Infatti, un'osser­ vazione importante che è stata fatta nell'ambito dello studio registrativo MDX010­020 (Ho­ di FS et alii, 2010) riguarda i pazienti andati incontro a pro­ gressione (cioè quelli che non hanno risposto). Se conside­ riamo la mediana di sopravvi­ venza di questi pazienti nei due gruppi di terapia (trattati e non trattati con ipilimumab), mentre nel gruppo di pazienti trattati con vaccinazione la mediana di sopravvivenza do­ po la progressione è stata di 5,8 mesi, in quelli trattati con ipilimumab, nonostante la pro­ gressione, la mediana di so­ pravvivenza è stata di 7,6 mesi, ovvero circa 2 mesi in più. 2. L'immunoterapia funziona indipendentemente dall'istolo­ gia e dalla presenza o meno di mutazioni. Nell'Expanded Ac­ QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 25 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 26 cess Program Italiano di ipilimu­ mab nel melanoma è stato chiaramente dimostrato che l'outcome dei pazienti trattati con ipilimumab era lo stesso indipendentemente dallo sta­ tus mutazionale (Ascierto PA et alii, 2014). Nello studio di fase I con nivolumab nel non­small cell­lung­carcinoma ­ NSCLC è risultato chiaramente evidente che la sopravvivenza dei pa­ zienti è la stessa indipendente­ mente dall'istologia squamosa o non­squamosa e dalla pre­ senza di mutazioni (epidermal growth factor receptor ­ EGFR, Kirsten rat sarcoma ­ KRAS) (Gettinger SN et alii, 2015). 3. Oltre ai criteri classici di valu­ tazione della risposta ­ RECIST abbiamo bisogno dei criteri im­ muno­correlati ­ irRC per la va­ lutazione delle risposte così dette non convenzionali. Que­ sto è vero sia per ipilimumab che per nivolumab. Infatti, l'im­ patto del trattamento con ipi­ limumab sulla sopravvivenza è palesemente visibile dalla cur­ va di sopravvivenza dello stu­ dio MDX010­020 (Hodi FS et alii, 2010). Tuttavia, la percen­ tuale delle risposte al tratta­ mento (calcolata utilizzando i classici criteri di risposta) non corrisponde all'effettivo bene­ ficio clinico dei pazienti. Infatti, l'impatto sulla sopravvivenza non è altrettanto chiaramente evidente se consideriamo i pa­ rametri surrogati (best overall response rate ­ BORR e disease free survival ­ DFS). Fermo re­ stando che comunque sia il BORR che il DFS sono co­ munque migliori e statistica­ mente significativi nei due bracci di trattamento con ipili­ mumab, la curva di DFS non è paragonabile a quella relativa alla sopravvivenza totale. Una delle possibili spiegazioni è da­ ta dai nuovi criteri di risposta all'immunoterapia. Infatti, nel corso degli studi di fase II con ipilimumab, è stata notata la possibilità delle "false" pro­ gressioni di malattia dovute essenzialmente all'incremento volumetrico delle lesioni per un incremento del numero delle cellule linfocitarie anzi­ ché tumorali e conseguente ri­ sposta "tardiva" alla terapia stessa. È possibile anche che si abbia la risposta su di una le­ sione target e la contempora­ nea comparsa di una nuova le­ sione (che corrisponderebbe a una classica progressione di malattia secondo i criteri tra­ Sono possibili le combinazioni tra checkpoint inhibitors con chemioterapia, radioterapia e target therapy dizionali) ma con un volume tumorale totale inferiore a quello di partenza (risposta immunocorrelata). In questo modo, è stato dimostrato che i pazienti che incontrano i cri­ teri immunocorrelati hanno una sopravvivenza simile a quelli che rispondono al trat­ tamento secondo i criteri tra­ dizionali di risposta. La per­ centuale di pazienti che incon­ tra tali criteri di risposta im­ munocorrelati con l'ipilimumab è di circa il 10%. Con nivolumab abbiamo un 8% di pazienti con tali risposte non convenzionali (Long GV et alii, 2014; Weber JS et alii, 2015). Inoltre, sia con gli anti­ PD­1 che con la combinazione ipilimumab/nivolumab, in di­ versi casi dove il trattamento è stato sospeso per cause di­ verse dalla progressione, le ri­ sposte sono state mantenute per molto tempo. 4. Le tossicità sono caratteri­ stiche e mediate dal sistema immunitario (tossicità immu­ nocorrelate) e possono essere gestite attraverso le linee gui­ da di trattamento sviluppate nel corso degli anni. È comun­ que importante la diagnosi precoce di tali eventi avversi e il consequenziale trattamento precoce con steroidi. 5. L'immunoterapia permette la possibilità di combinazioni tra i diversi checkpoint inhibitors con chemioterapia, radiotera­ pia e target therapy. Per quanto riguarda i bio­ markers, al momento non è possibile predire chi risponde e chi no (sia per ipilimumab che per nivolumab). Per quan­ to riguarda gli anti­PD­1/PD­ L1, l'espressione intratumorale del PD­L1 potrebbe essere un fattore predittivo di risposta al trattamento. Questa convin­ zione è nata nell'ambito dello studio di fase I con nivolumab (Topalian SL et alii, 2012), dove i pazienti che avevano positivi­ tà al PD­L1 intratumorale pre­ sentavano un maggior numero di risposte al trattamento ri­ spetto ai negativi. Ulteriori studi, sia nel melanoma che nel NSCLC, hanno però evi­ denziato come vi sia comun­ que una percentuale di pazien­ ti con PD­L1 negativo (15­ 20%) che risponde al tratta­ mento. Recentemente sono stati pubblicati due studi di fa­ se III con nivolumab nel mela­ noma in cui i pazienti erano Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA stati stratificati in base all'espressione del PD­L1 (Long GV et alii, 2014; Weber JS et alii, 2015). Tali studi hanno confermato che anche i pa­ zienti PD­L1 negativi hanno un beneficio clinico dal tratta­ mento con nivolumab. Il trattamento della malattia avanzata con immunoterapia ha rappresentato una svolta innovativa nella terapia del melanoma metastatico. Infatti, l'ipilimumab è in grado di pro­ lungare la sopravvivenza dei pazienti con la possibilità di lungo­sopravviventi (a 10 anni) nel 20% dei casi. O QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Cosa si sta imparando sull'immunoterapia La possibile sopravvivenza a lungo termine rappresenta il valore maggiore dell'immunoterapia. L'immunoterapia funziona indipendentemente dall'istologia e dalla presenza o meno di mu­ tazioni. Oltre ai criteri classici di valutazione della risposta, abbiamo bisogno dei criteri immuno­cor­ relati per la valutazione di risposte così dette non convenzionali. È comunque importante la diagnosi precoce degli eventi avversi e il consequenziale tratta­ mento precoce, anche con steroidi. L'immunoterapia permette combinazioni tra i diversi checkpoint inhibitors e di questi con chemioterapia, radioterapia e target therapy. Novembre 2015 27 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE Tumori e anticorpi: melanoma, carcinoma del polmone, carcinoma renale, linfoma M elanoma In Italia sono quasi 11.000 i nuovi casi at­ tesi per il 2014 e 81.000 persone convivono con una pregressa diagnosi di melanoma cutaneo (circa 34.000 maschi e 47.000 fem­ mine). L'incidenza del melano­ ma maligno è da anni in co­ stante ascesa sia negli uomini (+ 3,6%/anno), che nelle don­ ne (+ 3,7%/anno) (Anonimo 1, 2014). Questo fenomeno è at­ tribuibile al contestuale au­ mento della diagnosi precoce e al ruolo eziopatogenetico delle radiazioni UV, mentre la frazione di malattia attribuibile a fattori genetici sembra stabi­ le nel tempo. In Italia i decessi per melanoma maligno costi­ tuiscono l'1% di tutta la mor­ talità per tumore (circa 1.800 all'anno). La chirurgia è sicuramente il trattamento di elezione per il melanoma negli stadi iniziali di malattia. Nel caso di melanomi sottili (<1 mm di spessore) alla biopsia escissionale della lesio­ ne primitiva segue un inter­ vento di radicalizzazione me­ diante ampliamento del piano cicatriziale; nei melanomi più spessi (³1 mm o in presenza di ulcerazione e/o di mitosi > 1/x mm2 anche se con spesso­ re inferiore a 1 mm), conte­ stualmente all'ampliamento del piano cicatriziale si effettua la biopsia del linfonodo sentinel­ la. Attualmente l'unico tratta­ mento adiuvante disponibile per le forme ad alto rischio di recidiva (stadio IIB­C­III) è l'in­ 28 Le quattro nuove classi di farmaci per trattare il melanoma rivoluzionano il percorso di cura dello stadio avanzato e stanno sostenendo un modello trasferibile ad altri tipi di cancro terferone il cui beneficio asso­ luto in termini di sopravviven­ za (indipendentemente dal do­ saggio e dallo schema di som­ ministrazione) è del 3% (riduzione del rischio relativo del 18% per disease free survi­ val ­ DFS e dell'11% per so­ pravvivenza totale ­ OS) (Mocel­ lin S et alii, 2010). I risultati dello studio sul trattamento adiuvante del melanoma III stadio con ipilimumab sono stati molto interessanti (Egger­ mont AM et alii, 2015). Infatti, hanno mostrato un migliora­ mento della recurrence free sur­ vival ­ RFS nel braccio di trat­ tamento con ipilimumab ri­ spetto al braccio con placebo con una riduzione del rischio di progressione del 25%. I dati di OS non sono ancora dispo­ nibili. Sono ancora in fase di sperimentazione il vemurafe­ nib e la combinazione dabrafe­ nib/trametinib (nei pazienti con mutazione del gene BRAF). Sono attualmente in corso al­ tri due studi di immunoterapia adiuvante: il primo confronta il nivolumab all'ipilimumab al do­ saggio di 10 mg/kg (potranno essere arruolati pazienti ad al­ to rischio: IIIB­C e IV NED ­ no evidence of disease), il se­ condo confronta il pembro­ lizumab al placebo (possono essere arruolati tutti gli stadi III). Nei prossimi anni i risultati definitivi di queste sperimenta­ zioni potrebbero modificare lo standard del trattamento adiu­ vante del melanoma. L'approvazione negli ultimi an­ ni di quattro differenti classi di nuovi farmaci per il trattamen­ to del melanoma, come l'anti­ CTLA­4, i BRAF inibitori (BRA­ Fi), i MEK inibitori (MEKi) e gli anti­PD­1, sta contribuendo a rivoluzionare il percorso di cura del melanoma avanzato, considerando anche che tali approcci stanno sostenendo un modello di trattamento tra­ sferibile anche ad altri tipi di tumori (Ascierto PA, 2015). Il primo step nel trattamento di un paziente con melanoma metastatico è la valutazione dello status mutazionale. Il 40­ 50% dei melanomi cutanei ha una mutazione in V600 del ge­ ne BRAF. Tale mutazione iden­ tifica quei pazienti che posso­ no beneficiare del trattamento con gli inibitori di BRAF (vemu­ rafenib, dabrafenib), o della combinazione di questi con gli inibitori di MEK (cobimetinib, trametinib). Infatti, recente­ mente sono stati riportati i da­ ti di due importanti sperimen­ tazioni di fase III che hanno Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA confrontato il trattamento con la combinazione BRAF/MEK (dabrafenib/trametinib) (Long GV et alii, 2014) e vemurafe­ nib/cobimetinib (Larkin J et alii, 2014) verso il trattamento con vemurafenib in monotera­ pia. Entrambe le combinazioni sono risultate superiori in ter­ mini di risposte, PFS e OS, ri­ spetto alla monoterapia. Il trattamento della malattia avanzata con immunoterapia ha rappresentato una svolta innovativa nella terapia del melanoma metastatico. Infatti, l'ipilimumab è in grado di pro­ lungare la sopravvivenza dei pazienti con la possibilità di lunga sopravvivenza (a 10 an­ ni) nel 20% dei casi. Recente­ mente sono stati riportati i da­ ti di alcuni studi randomizzati di fase II e III che hanno valu­ tato il trattamento del mela­ noma con gli anti­PD­1 (nivo­ lumab e pembrolizumab) in prima e successive linee di trattamento. Il nivolumab, in uno studio randomizzato di fa­ se III nel trattamento di prima linea dei pazienti BRAF wild type, ha evidenziato una supe­ riorità rispetto al braccio di controllo con la dacarbazina in termini di progression­free survi­ val e overall survival ­ OS (Long GV et alii, 2014). Inoltre, in un altro studio randomizzato di fase III nei pazienti pretrattati con ipilimumab e inibitori di BRAF (seconda e terza linea), il nivolumab si è dimostrato su­ periore al trattamento con chemioterapia in termini di ri­ sposte e PFS (Weber JS et alii, 2015). Anche il pembrolizu­ mab, in uno studio randomiz­ zato di fase II nei pazienti resi­ stenti all'ipilimumab (setting di pazienti molto simile allo stu­ dio con nivolumab nei pretrat­ tati con ipilimumab) ha dimo­ strato una superiorità in ter­ mini di risposte e parimenti di PFS a quanto visto nello studio con il nivolumab. Recentemen­ te sono stati riportati i dati di uno studio randomizzato di fa­ se III che ha confrontato il pembrolizumab con due diver­ se schede di trattamento (10 mg/kg ogni 2 o 3 settimane) all'ipilimumab nei pazienti ipili­ mumab naive (Robert C et alii, 2015). Il pembrolizumab ha di­ mostrato una superiorità in termini di risposte PFS e OS rispetto all'ipilimumab. Infine, la combinazione di ipili­ mumab/nivolumab nel melano­ ma ha mostrato risultati inte­ ressanti in due studi clinici pubblicati di recente (Postow MA et alii, 2015; Larkin J et alii, 2015). In entrambi, la combi­ nazione si è dimostrata supe­ riore in termini di risposte e PFS all'ipilimumab in monote­ rapia. Nei prossimi anni, se i dati di OS dovessero confer­ mare tali risultati preliminari, la combinazione potrebbe proporsi come standard di trattamento in prima linea. In futuro ulteriori studi di combinazione o di sequenza potranno incrementare il be­ neficio a lungo termine per questi pazienti. QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Carcinoma del polmone Il carcinoma del polmone rap­ presenta oggi nel mondo la prima causa di morte per can­ cro, superando la mortalità complessiva del carcinoma della prostata, della mammella e del colon retto (Siegel RL et alii, 2015). Circa l'85% dei tu­ mori del polmone sono rap­ presentati dal NSCLC, in cui l'adenocarcinoma (> 50%) e il carcinoma a cellule squamose (25%) rappresentano i due tipi istologici predominanti (Molina JR et alii, 2008). Si valuta che in Italia nel 2014 vi siano stati 40.000 nuovi casi di tumore del polmone per il 30% nel sesso femminile, con una mortalità di circa 34.000 casi (Anonimo 1, 2014). Alla base di questi dati, che pongo­ no i tumori del polmone come una vera emergenza in campo socio­sanitario, rimane la con­ statazione che la maggior par­ te delle neoplasie polmonari viene diagnosticata in fase avanzata (60­70%) per lo più al IV stadio di malattia, dove il trattamento di scelta nella maggior parte dei casi è rap­ presentato dalla terapia farma­ cologica sistemica. Il melanoma ha aperto la rivoluzione immunoncologica L'approvazione negli ultimi anni di nuovi farmaci immunoncologici sta contribuendo a rivolu­ zionare il percorso di cura del melanoma avanzato, considerando anche che tali approcci stan­ no sostenendo un modello di trattamento trasferibile anche ad altri tipi di tumori. La combinazione di ipilimumab/nivolumab nel melanoma si è dimostrata superiore, in termi­ ni di risposte e progression ­ free survival, all'ipilimumab in monoterapia. Nei prossimi anni, se i dati di overall survival dovessero confermare tali risultati preliminari, la combinazione potrebbe proporsi come standard di trattamento in prima linea. Novembre 2015 29 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 30 In questi ultimi anni, in gruppi selezionati di ammalati, in cui esistono specifiche alterazioni molecolari di oncogeni, sono stati ottenuti importanti risul­ tati con i nuovi farmaci a ber­ saglio molecolare attivi nelle mutazioni di epidermal growth factor receptor ­ EGFR e nel riarrangiamento di anaplastic lymphoma kinase ­ ALK e reac­ tive oxygen species ­ ROS che hanno sensibilmente migliora­ to la storia naturale e la pro­ gnosi di questi ammalati (Mok TS et alii, 2009; Shaw AT et alii, 2013). Se la medicina di precisione basata sull'individualizzazione di bersagli terapeutici specifici ha rappresentato un indubbio progresso nel trattamento delle neoplasie polmonari, i ri­ sultati, presentati nel 2015 al congresso di Chicago dall'Ame­ rican Society of Clinical Oncology ­ ASCO, sull'immunoterapia costituiscono un vero punto di svolta nella terapia dei tumori del polmone. Il nivolumab sulla base degli studi di fase I e II è stato quin­ di valutato in due esperienze internazionali di fase III in pa­ zienti che hanno fallito la pri­ ma linea di chemioterapia, in un confronto randomizzato ri­ spetto al docetaxel, farmaco di riferimento per la seconda li­ nea di terapia nei tumori del polmone, sia nell'istotipo squa­ moso che nell'adenocarcino­ ma. I due studi, presentati entram­ bi all'ASCO nel giugno 2015 si caratterizzano per l'innovazio­ ne terapeutica basata sull'im­ munoterapia e per l'originalità del disegno che confronta di­ rettamente due diverse strate­ gie terapeutiche ponendo la sopravvivenza come obiettivo principale degli studi. Il primo studio è stato com­ pletato in una sperimentazione svolta in tutto il mondo su 272 pazienti con carcinoma squa­ moso (NSCLC) andati in pro­ gressione a una prima linea di chemioterapia convenzionale. Il nivolumab si è dimostrato superiore al docetaxel otte­ nendo una sopravvivenza me­ diana di 9,2 mesi rispetto a 6 mesi e una riduzione del ri­ schio di morte del 41% (HR 0.59). La percentuale di pa­ zienti vivi a un anno era del 42% rispetto al 24% e la rispo­ sta obiettiva era stata del 20% per il nivolumab contro il 9% del docetaxel (Brahmer J et alii, I risultati presentati nel 2015 a Chicago dall'ASCO sono un vero punto di svolta nella terapia dei tumori del polmone 2015). Il profilo di tossicità inoltre è nettamente favorevo­ le per il nivolumab per i para­ metri più significativi di tossici­ tà ematologica e gastroenteri­ ca, e l'efficacia del nivolumab era presente in tutti i sotto­ gruppi degli ammalati trattati, indipendentemente dalle ca­ ratteristiche cliniche e dall'espressione di PD­L1. Il secondo studio (Paz­Ares L et alii, 2015), anch'esso presenta­ to nello stesso congresso ASCO di Chicago nel mese di giugno 2015, era stato formu­ lato in maniera parallela e si­ mile con la sola differenza che gli ammalati arruolati erano af­ fetti da carcinoma del polmo­ ne a istologia non squamosa. Anche in questo caso si tratta­ va di 582 ammalati in progres­ sione dopo la prima linea di chemioterapia, randomizzati per ricevere nivolumab 3 mg/ kg nel gruppo sperimentale vs docetaxel 75 mg/m 2 come trattamento convenzionale, con la sopravvivenza come obiettivo principale. Lo studio completato in tutto il mondo ha registrato un mi­ glioramento della sopravviven­ za con 12,2 mesi per il nivolu­ mab contro 9,4 mesi per il do­ cetaxel e una riduzione del 27% del rischio di morte (HR 0,73). La sopravvivenza a un anno era del 51% nel gruppo trattato con nivolumab rispet­ to al 39% del docetaxel e la probabilità di risposta obietti­ va era stata del 19% per il ni­ volumab contro il 12% per il docetaxel. Se la lettura dei risultati dei due studi appare equivalente e tutti i dati di efficacia e sicu­ rezza convergono nella stessa direzione, esistono tuttavia al­ cune importanti osservazioni che vanno messe in evidenza. Nel secondo studio il benefi­ cio in sopravvivenza e in rispo­ sta era evidente nella popola­ zione a istologia non squamo­ sa che presentasse una qual­ che espressione in immunoistochimica di PD­L1 sulle cellule tumorali, espres­ sione quantificata in tre gruppi, all'1%, 5% e 10% delle cellule tumorali. Questo studio quin­ di, che non escludeva alcun paziente in base allo stato di PD­L1, è il primo a dimostrare un potenziale beneficio in so­ pravvivenza legato all'espres­ sione di PD­L1 e al trattamen­ to con farmaci anti PD­L1/ Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA PD­1. Nel gruppo che non presenta­ va all'immunoistochimica PD­ L1 nelle cellule tumorali (circa il 50%), non vi era differenza di sopravvivenza tra immuno e chemioterapia, restando a van­ taggio del nivolumab comun­ que un profilo di tossicità net­ tamente più favorevole rispet­ to al docetaxel. In entrambi gli studi randomiz­ zati, sia nell'istologia squamosa che nell'adenocarcinoma, sono emerse in una bassa percen­ tuale (<3%) tossicità caratteri­ stiche e peculiari dell’immuno­ terapia che vanno ricordate per un loro tempestivo rico­ noscimento che ne consenta un trattamento adeguato: in particolare sono importanti la polmonite interstiziale e lo svi­ luppo di ipotiroidismo che ap­ paiano strettamente legati al­ l’esposizione a nivolumab. La presentazione dei risultati dei due studi ha segnato un momento di grande rilievo per il trattamento dei tumori del polmone, e ha suscitato enor­ me interesse nella comunità scientifica internazionale in quanto, per la prima volta, due studi randomizzati documen­ tano la superiorità in termini di sopravvivenza di una immu­ noterapia specifica nella se­ conda linea di trattamento del NSCLC rispetto alla chemio­ terapia di riferimento, il doce­ taxel. Il nivolumab quindi rap­ presenta il nuovo standard te­ rapeutico per la seconda linea di trattamento del carcinoma del polmone. L’andamento delle curve di sopravvivenza nei due studi suggerisce che in un gruppo rilevante di pazien­ ti, intorno al 25­30%, potreb­ be verificarsi un prolungato controllo della malattia con un persistente miglioramento del­ la sopravvivenza, legato presu­ mibilmente a una persistente e significativa attività del sistema immune contro il tumore. Questa osservazione già verifi­ cata in altri tumori, in partico­ lare nel melanoma, indica un potenziale meccanismo d’azio­ ne trasversale per differenti neoplasie e pone con urgenza la necessità di comprendere meglio le caratteristiche degli ammalati che beneficiano del trattamento, ma soprattutto le ragioni del fallimento dell’im­ munoterapia in un consistente gruppo di ammalati. La ricerca scientifica dovrà ri­ solvere nel breve periodo un numero importante di quesiti aperti da questi studi, dal ruo­ lo di biomarcatore di PD­L1 sulle cellule tumorali, al signifi­ cato della sua presenza nello stroma del tumore, al ruolo di altri recettori e di altri immu­ no­checkpoints. Inoltre la collaborazione di questi e di altri anticorpi mo­ noclonali anti PD­1, anti PD­ L1, in prima linea o nel mante­ nimento nella terapia della fase avanzata, in adiuvante o in as­ sociazione o in sequenza con la chemioterapia, è già oggetto di riflessione e di studi in cor­ so nei maggiori centri interna­ zionali di oncologia. QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Carcinoma renale Il carcinoma a cellule renali ­ RCC, o a cellule chiare, rap­ presenta il 3­4% dei tumori epiteliali nel mondo e il 75% circa dei tumori renali paren­ chimali (sono esclusi quelli dell'alta via escretrice). Un 20­ 30% di questi pazienti si pre­ senta alla diagnosi già con me­ tastasi, mentre un altro 30% circa le sviluppa successiva­ mente alla chirurgia renale (quasi sempre nephron sparing) (Santoni M et alii, 2015; Santini D et alii, 2013). RCC rappre­ senta quindi nel mondo occi­ dentale uno dei primi dieci tu­ mori solidi per incidenza (Ljun­ gberg B et alii, 2011). Le sedi di malattia a distanza più fre­ quenti sono quelle polmonari, epatiche, linfonodali e ossee, queste ultime presenti in quasi il 35% dei casi. In assenza di E oggi l'immunoncologia guarda al carcinoma del polmone I risultati di due studi, presentati nel 2015 al congresso di Chicago dall'American Society of Clinical Oncology sull'immunoterapia, costituiscono un vero punto di svolta nella terapia dei tu­ mori del polmone. La presentazione dei risultati dei due studi ha segnato un momento di grande rilievo per il trattamento dei tumori del polmone, e ha suscitato enorme interesse nella comunità scientifica internazionale in quanto, per la prima volta, gli studi randomizzati documentano la superiorità in termini di sopravvivenza di una immunoterapia specifica nella seconda linea di trattamento del non­small­cell­lung­carcinoma rispetto alla chemioterapia di riferimento. Il nivolumab quindi rappresenta il nuovo standard terapeutico per la seconda linea di tratta­ mento del carcinoma del polmone. Novembre 2015 31 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori fattori predittivi validati (Bra­ carda S et alii, 2012) è estre­ mamente importante la valuta­ zione di alcuni parametri pro­ gnostici quali l'eastern coopera­ tive oncology group ­ ECOG o il Karnofsky­Performance Status ­ PS, l'intervallo libero dalla dia­ gnosi, il valore di LDH e calce­ mia corretta, raccolti nello score prognostico dell'Interna­ tional Metastatic Renal Cell Car­ cinoma Database Consortium ­ IMDC o del Memorial Sloan­ Kettering Cancer Center ­ MSKCC. Accanto a questi vanno valutati l'istologia tumo­ rale e alcuni parametri emato­ logici presenti solo nello score IMDC. Il carcinoma renale è stato una delle prime neoplasie in cui, in passato, si è tentato di svilup­ pare un trattamento immuno­ logico, anche in considerazio­ ne della sua storica chemio­ e radio­resistenza. L'introduzio­ ne in terapia degli inibitori del­ la tyrosine kinase ­ TKIs e del pathway del mammalian target of rapamycin ­ mTOR, a segui­ to della scoperta di una pecu­ liarità del metastatic renal cell carcinoma ­ mRCC e cioè della sua particolare propensione a indurre vasi neoformati (neo­ angiogenesi), ha completamen­ te rivoluzionato lo scenario terapeutico di questi tumori pochi anni fa, rimuovendo fra l'altro l'immunoterapia dalla posizione di approccio di cura standard. Molti agenti terapeu­ tici sono stati approvati dalla FDA per il trattamento del mRCC, a iniziare da sorafenib nel 2005, seguito da sunitinib, bevacizumab più interferon, everolimus, temsirolimus, pa­ zopanib e axitinib, mentre altri sono in corso di valutazione. Da poco sono stati pubblicati i risultati di un nuovo studio che ha dimostrato significativi vantaggi in progression free sur­ vival ­ PFS e un trend in overall survival per cabozantinib, un dual inhibitor di VEGF e c­ MET (Choueiri TK et alii, 2015). Nuovi biomarkers sono tutta­ via sicuramente necessari per meglio ottimizzare l'uso di questi agenti e di ogni altro farmaco che si renderà dispo­ nibile per il trattamento del mRCC (Santoni M et alii, 2015). I farmaci sopra elencati, in lar­ ga parte inibitori del vascular endothelial growth factor ­ VEGF, pur avendo dato im­ portanti risultati clinici in ter­ mini di controllo di malattia e progression­free survival ­ PFS, non hanno dato dimostrazione di efficacia (aumento cioè dell'overall survival ­ OS), con l'eccezione del temsirolimus nel setting "poor risk". Tra i nuovi farmaci immunoterapici testati nell'mRCC nivolumab è stato provato in studi di fase 1 e II, per identificare una rispo­ sta al trattamento e il com­ portamento per attività e sa­ fety nel RCC. Gli studi sono stati condotti in diversi paesi come USA, Canada, Finlandia e Italia e hanno consentito di evidenziare meglio le diversità di comportamento in popola­ zioni diverse per ambiente, ma soprattutto per condizioni fi­ siopatologiche. L'attività anti­ tumorale, intesa come riduzio­ ne importante del volume tu­ morale, è risultata compresa fra il 20% e il 22%; a questo dato va aggiunto un controllo di malattia (sostanziale stabili­ tà) ben più ampio e l'evidenza di risposte al trattamento an­ che tardive. Non è stata rico­ nosciuta una relazione dose­ri­ sposta e comunque i risultati hanno portato all'avvio di studi comparativi di fase III di se­ conda e prima linea. I risultati dello studio di fase III in linee di trattamento successive alla prima sono stati recentissima­ mente comunicati e pubblicati, e hanno dimostrato l'efficacia di nivolumab con un significati­ I prossimi passi sono nel carcinoma renale Tra i nuovi farmaci immunoterapici testati nel carcinoma a cellule renali metastatico, nivolu­ mab è stato provato in studi di fase 1 e II, per identificare una risposta al trattamento e il com­ portamento per attività e safety. L'attività antitumorale, intesa come riduzione importante del volume tumorale, è risultata compresa fra il 20% e il 22%; a questo dato va aggiunto un controllo di malattia (sostanziale sta­ bilità) ben più ampio e l'evidenza di risposte al trattamento anche tardive. Appare, sempre più necessario meglio identificare le modalità di valutazione di questi farma­ ci, anche a causa di alcune loro peculiarità, quali i fenomeni di pseudo­progressione iniziale, di risposte tardive, di nuove tossicità, per meglio chiarire la correlazione, il potere e l'analisi di bench­marking tra progression­free survival e overall survival negli studi randomizzati con agenti target o con percorsi di immunoterapia per il carcinoma a cellule renali. 32 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA vo incremento di overall survi­ val (Motzer RJ et alii, NEJM 2015). Tra gli altri farmaci va­ lutati o in corso di valutazione per mRCC troviamo ipilimu­ mab, atezolizumab e pembro­ lizumab (Bracarda S et alii, 2015). Gli studi sulla safety di questi farmaci in monoterapia hanno dimostrato la comparsa di effetti collaterali gestibili e confrontabili in tutti i gruppi di studio (Motzer RJ et alii, JCO 2015). Appare, comunque, sempre più necessario meglio identifi­ care le modalità di valutazione di questi farmaci, anche a cau­ sa di alcune loro peculiarità, quali i fenomeni di pseudo­ progressione iniziale, di rispo­ ste tardive, di nuove tossicità, per meglio chiarire la correla­ zione, il potere e l'analisi di bench­marking tra PFS e OS negli studi randomizzati con agenti target o con percorsi di immunoterapia per RCC (Bria E et alii, 2015). Una migliore caratterizzazione di base del quadro immunolo­ gico potrebbe consentire mi­ gliori scelte nel trattamento del mRCC e in quest'ambito un ruolo importante potrebbe avere la valutazione prima del trattamento di neutrofilia, lin­ focitopenia e del rapporto neu­ trofili/linfociti ­ NLR (Santoni M et alii, 2015) e la valutazione dello status di PD­L1, al mo­ mento un punto abbastanza controverso in tutte le patolo­ gie oncologiche (Bracarda S et alii, 2015). Linfoma Il linfoma di Hodgkin (LH) rap­ presenta il fiore all'occhiello dell'ematologo perché rappre­ senta sicuramente la neoplasia ematologica con la più alta percentuale di guarigione (cir­ Novembre 2015 ca l'80% dei pazienti) utilizzan­ do la chemioterapia conven­ zionale rappresentata dal regi­ me ABVD (adriamicina, bleo­ m i c i n a , v i n b l a s t i n a e dacarbazina) (Viviani S et alii, 2011; Mounier N et alii, 2014). Allo stesso tempo è da oltre 20 anni che si cerca di ridurre quel 20% di "zoccolo duro" rappresentato dai pazienti re­ frattari alla chemioterapia. Per questo gruppo di pazienti a prognosi sfavorevole l'utilizzo di una seconda linea di che­ mioterapia di salvataggio, asso­ ciato a un consolidamento con la terapia ad alte dosi con re­ scue delle cellule staminali pe­ Il primo anticorpo monoclonale efficace nella terapia del LH è stato un punto importante per il trattamento di questa patologia ematologica riferiche autologhe, non rap­ presenta un armamentario te­ rapeutico in grado di modifica­ re l'andamento del LH (Santoro A et alii, 2007; Zinzani PL et alii, 2003). Brentuximab vedotin è un anticorpo coniu­ gato a un farmaco (ADC) composto da un anticorpo monoclonale anti­CD30 lega­ to, tramite un legante scissibile per proteasi, all'agente antimi­ crotubulare monometilaurista­ tina E ­ MMAE. L'ADC usa un ligante disegnato per essere stabile in circolo e rilasciare MMAE al momento dell'inter­ nalizzazione nelle cellule tu­ morali che esprimono CD30. Negli ultimi anni l'avvento del primo anticorpo monoclonale efficace nella terapia del LH ha sicuramente rappresentato un punto importante nello svilup­ po del miglior trattamento per questa patologia ematologica. L'anticorpo anti­CD30 coniu­ gato con l'agente antimitotico monometil auristatina E (bren­ tuximab vedotin) è in grado di indurre remissioni stabili con una tossicità accettabile nei pazienti affetti da neoplasie ematologiche CD30­positive recidivate o resistenti; i risul­ tati clinici nel LH mostrano una percentuale di risposta globale (risposta completa as­ sociata alla risposta parziale) pari al 65­70% con un 30% di risposte complete nei pazienti ricaduti/refrattari alla chemio­ terapia convenzionale utiliz­ zando un "meccanismo intelli­ gente" in cui l'anticorpo veico­ la direttamente sulla cellula linfomatosa la sostanza cito­ tossica che penetra attraverso la membrana cellulare ucci­ dendo direttamente ed esclu­ sivamente la cellula neoplasti­ ca. La modalità di sommini­ strazione è endovena in regi­ me di day hospital al dosaggio di 1,8 μg/kg ogni 3 settimane per un massimo di 16 sommi­ nistrazioni. È fondamentale ri­ cordare le caratteristiche clini­ che dei pazienti inclusi nei due studi di fase I ed in quello regi­ strativo di fase II: tutti i pa­ zienti erano precedentemente pretrattati con 3­4 linee di chemioterapia convenziale in­ cludendo anche la terapia ad alte dosi con reinfusione di cellule staminali autologhe da sangue periferico (Younes A et alii, 2010; Fanale MA et alii, 2012; Younes A et alii, 2012). L'anticorpo monoclonale so­ QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 33 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 34 pra indicato rappresenta sicu­ ramente un ulteriore strumen­ to terapeutico con un profilo di tossicità praticamente as­ sente nell'ambito di questi pa­ zienti con LH non responsivi alla chemioterapia; nonostante questi incoraggianti dati il brentuximab vedotin ha una sua efficacia tangibile e duratu­ ra in una ridotta frazione di pazienti (Gopal AK et alii, 2015; Zinzani PL et alii, 2013). Recen­ temente, sulla base del succes­ so degli anticorpi anti­PD­1 nelle neoplasie solide e da al­ cune importanti evidenze pre­ cliniche, è stato suggerito che il LH può avere una dipenden­ za genetica nel "PD­1 pa­ thway" per la sopravvivenza, e che, targettando questa via, si potrebbe effettivamente ren­ dere inefficiente l'abilità tumo­ rale di sfuggire alla sorveglian­ za immunologica (Green MR et alii, 2012; Chen BJ et alii, 2013). Quindi, sulla base di queste considerazioni i pazienti con LH sono stati inclusi come co­ orte indipendente nell'ambito di due studi di fase I utilizzan­ do rispettivamente il nivolu­ mab e il pembrolizumab (Ansell SM et alii, 2015; Moskowitz CH et alii, 2014). In entrambi gli studi sono stati arruolati pazienti con LH rica­ duti/refrattari con una media­ na di 4­5 linee di precedenti terapie includenti anche il tra­ pianto autologo e il brentuxi­ mab vedotin. Nonostante que­ sta popolazione prognostica­ mente sfavorevole di entrambi gli studi, l'anticorpo anti­PD­1 ha prodotto rispettivamente una risposta globale pari all'87% con una risposta com­ pleta del 17% relativamente al­ la sperimentazione con nivolu­ mab (Ansell SM et alii, 2015); allo stesso tempo anche nello studio di fase I con il pembro­ lizumab la percentuale della ri­ sposta globale è stata del 65% con una remissione completa pari al 21% (Moskowitz CH et alii, 2014). Nonostante al mo­ mento il follow­up sia breve, molti pazienti mostrano una risposta duratura, mantenuta per oltre un anno e l'evidenza di una risposta rapida in termi­ ni di riduzione/scomparsa della sintomatologia clinica sistemi­ ca già dopo le prime 2­3 som­ ministrazioni. Allo stesso tem­ po, la modalità di somministra­ zione anche in questo caso è per entrambe le molecole en­ dovena in regime di day hospi­ I risultati ottenuti in una popolazione pesantemente pretrattata aprono una potenziale nuova modalità di algoritmo terapeutico del LH tal senza alcun tipo di reazioni in corso di somministrazione; inoltre la tolleranza è ottima senza alcuna tossicità ematolo­ gica. Questi importanti risultati ot­ tenuti in una popolazione pe­ santemente pretrattata (diver­ se linee di chemioterapia con­ venzionale, terapia ad alte dosi con rescue di cellule staminali periferiche autologhe ed anche il brentuximab vedotin) apro­ no una potenziale nuova mo­ dalità di algoritmo terapeutico del LH. Infatti, il passaggio suc­ cessivo è quello di combinare i due anticorpi, l'anti­PD­1 e il brentuximab vedotin in un re­ gime esclusivamente immuno­ terapico, con un bassissimo profilo di tossicità e, allo stes­ so tempo, con una potenziale alta efficacia terapeutica com­ binata nell'ambito dei pazienti con LH non responsivi alla pri­ ma linea convenzionale di te­ rapia. Stanno partendo alcuni studi di fase I­II di combinazio­ ne in pazienti giovani­adulti con LH in prima ricaduta o re­ frattari alla prima linea di tera­ pia chemioterapica e in pazien­ ti anziani (età superiore ai 65 anni) con LH in prima linea dove l'utilizzo della classica chemioterapia non mostra ri­ sultati terapeutici entusia­ smanti e soprattutto in questi pazienti, che presentano diver­ se comorbidità, la tossicità ematologica ed extraematolo­ gica può diventare rilevante. Anche nell'ambito dei linfomi non Hodgkin (LNH) di deriva­ zione B­linfocitaria sono già presenti interessanti dati preli­ minari del ruolo che può gioca­ re l'anticorpo anti­PD­1. I primi risultati sono stati riportati in una fase I includente diverse patologie ematologiche con il pidilizumab (Berger R et alii, 2008) nel quale un paziente con LNH indolente follicolare ha ottenuto una remissione completa. Successivamente l'ef­ ficacia del pidilizumab nel LNH follicolare è stata testata in uno studio di fase II in cui l'anti­ PD­1 veniva utilizzato in com­ binazione con il rituximab (an­ ticorpo anti­CD20 normalmen­ te utilizzato in combinazione con la chemioterapia nell'ambi­ to dei LNH di derivazione B­ linfocitaria) in pazienti con lin­ foma follicolare ricaduto. La ri­ sposta globale è stata pari al 66% con una percentuale di ri­ sposta completa del 52% (We­ Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA stin JR et alii, 2014); quest'ulti­ mo risultato è nettamente su­ periore a quello che si può ot­ tenere nella stessa popolazione utilizzando il solo rituximab. Inoltre, anche lo stesso nivolu­ mab ha mostrato una sua spe­ cifica efficacia nell'ambito sia dei LNH aggressivi, tipo il linfo­ ma diffuso a grandi cellule (ri­ sposta globale pari al 36%), sia nei LNH indolenti follicolari (40% come risposta globale) (Ansell SM et alii, 2015). Infine, interessanti risultati preliminari sono stati ottenuti con il nivolumab anche in pa­ zienti con LNH di derivazione T­linfocitaria nodali e primitivi cutanei (Ansell SM et alii, 2015). Come per il LH, anche per i LNH di derivazione B­linfoci­ taria, sia indolenti che aggres­ sivi, stanno partendo diversi studi di fase I­II di combinazio­ ne, tesi a valutare l'efficacia degli anticorpi anti­PD­1 con chemio­immunoterapia (rituxi­ mab), con immunomodulanti quali la lenalidomide, e con gli inibitori dell'istone deacetilasi. Siamo sicuramente all'inizio di nuova era per quanto riguarda la terapia dei linfomi dove uno degli obiettivi dei prossimi an­ ni sarà quello di poter riuscire a trattare questi pazienti con una esclusiva terapia immuno­ logica andando a ridurre rapi­ damente l'attuale ruolo della chemioterapia. O QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Nel linfoma cresce la sfida della immunoncologia Negli ultimi anni l'avvento del primo anticorpo monoclonale efficace nella terapia del Linfo­ ma di Hodgkin ha sicuramente rappresentato un punto importante nello sviluppo del miglior trattamento per questa patologia ematologica. Come per il Linfoma di Hodgkin, anche per i Linfomi non Hodgkin, di derivazione B­linfocita­ ria, sia indolenti che aggressivi, stanno partendo diversi studi di fase I­II di combinazione, tesi a valutare l'efficacia degli anticorpi anti­PD­1 con chemio­immunoterapia, con immunomodulan­ ti, e con gli inibitori dell'istone deacetilasi. Si è sicuramente all'inizio di nuova era per quanto riguarda la terapia dei linfomi dove uno degli obiettivi dei prossimi anni sarà quello di poter riuscire a trattare questi pazienti con una esclusiva terapia immunologica andando a ridurre rapidamente l'attuale ruolo della chemiote­ rapia. Novembre 2015 35 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE Quadri clinici e gestione della tossicità : la sicurezza a oggi L o sviluppo dell'im­ munoncologia pre­ senta problemati­ che ancora in parte irrisolte relativa­ mente all'efficacia e alla tossici­ tà e quindi al rapporto effica­ cia/tossicità. Sicurezza nei profili di tossicità A differenza degli effetti colla­ terali dei chemioterapici e degli agenti a bersaglio molecolare, quelli legati alla somministra­ zione di inibitori dell'"immune­ checkpoint", definiti "eventi av­ versi immuno­correlati" (immune related adverse events – irAEs), sono tipicamente gestibili e ab­ bastanza ben tollerati dai pa­ zienti. La tossicità associata al blocco delle vie CTLA­4 e/o del PD­1, entrambe coinvolte nella rego­ lazione della tolleranza perife­ rica del sistema immunitario e fondamentali per prevenire i fenomeni di autoimmunità, è comunque del tutto peculiare. Include infatti una serie di Gli effetti collaterali legati alla somministrazione di inibitori dell' immune­checkpoint sono tipicamente gestibili e abbastanza ben tollerati dai pazienti eventi infiammatori tessutali che sono conseguenti al mec­ canismo di attivazione della ri­ sposta immune correlata in ge­ nere all'attività dei linfociti T (Luke JJ et al, 2015), e ricorda­ no le manifestazioni delle ma­ lattie auto­immuni (Haanen JB et alii, 2015). Un'eccezione è rappresentata dalla ipofisite, ri­ portata nel 4% dei pazienti che ricevono ipilimumab, e attribu­ ibile all'espressione ectopica di CTLA­4 nell'ipofisi con conse­ guente legame dell'ipilimumab alle cellule endocrine con suc­ cessiva fissazione del comple­ mento e infiammazione (Iwama S et alii, 2014). La tossicità più frequentemente riportata dai pazienti in trattamento con ipi­ limumab è la fatigue, mentre gli effetti collaterali immuno­relati clinicamente più frequente­ mente osservati con l'utilizzo di ipilimumab sono di tipo der­ matologico (rash cutaneo e prurito), gastrointestinale (co­ lite e diarrea), epatico (epatite autoimmune), endocrinologico (tiroiditi, ipofisiti); meno fre­ quenti sono quelli di tipo neu­ rologico. Un'analisi combinata di 14 studi nei quali erano stati trattati con ipilimumab 1.498 pazienti ha dimostrato che gli eventi avversi immuno­corre­ lati di qualsiasi grado si verifi­ cano in circa due terzi dei pa­ zienti trattati con questo far­ maco (64% dei casi): nella maggior parte dei casi sono tuttavia di intensità lieve o mo­ Tabella 2.1 Ipilimumab: frequenza di eventi avversi immuno­relati (irAEs) in una pooled­analysis n=1.498 pazienti (modif. da Ibrahim RA, 2011) Eventi avversi Qualsiasi Grado Grado immuno­correlati grado 3­4 5 Qualsiasi evento avverso (irAEs) 963 (64,2%) 266 (17,8%) 9 (0,6%) Dermatologici 672 (44,9%) 39 (2,6%) 0 (0%) Gastrointestinali 487 (32,5%) 137 (9,1%) 3 (0,2%) Endocrini 68 (4,5%) 34 (2,3%) 0 (0%) Epatici 24 (1,6%) 16 (1,1%) 2 (0,1%) Oculari 20 (1,3%) 6 (0,4%) 0 (0%) Neurologici 2 (0,1%) 0 (0%) 1 (< 0,1%) Cardiovascolari 2 (0,1%) 2 (0,1%) 0 (0%) 36 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA derata (Grado 1­2) (Ibrahim RA et alii, 2011). Eventi avversi di Grado 3­4 sono stati riportati solo nel 17% dei casi. La tossicità cutanea è stata ri­ portata nel 45% circa dei casi (Grado 3­4: 2,6%), la tossicità gastrointestinale (colite e diar­ rea) nel 32% dei casi (Grado 3­4: 9%) (Tabella 2.1). Il tasso di decessi attribuibile a eventi avversi è risultato esse­ re inferiore all'1% (0,6%) (Ta­ bella 2.1) (Ibrahim RA et alii, 2011). Le tossicità di Grado 3­4 da ipilimumab sono dose­correla­ te, aumentando dal 5% al 18% con l'aumento della dose da 3 a 10 mg/kg e con un 0% alla dose di 0,3 mg/kg (Wolchok JD et alii, 2010). In genere la tempistica di in­ sorgenza degli effetti collaterali da ipilimumab è differente in base alla tipologia: quelli der­ matologici si verificano entro le prime 3­4 settimane di trat­ tamento, quelli gastrointestina­ li dopo 5­7 settimane e quelli endocrini intorno alla ottava­ nona settimana. La maggior parte degli effetti collaterali si manifesta entro i tre mesi dall'inizio della terapia, ma ta­ lora la tossicità può essere tar­ diva e comparire anche dopo il termine del trattamento (Gan­ gadhar TC et al, 2014). La tossicità degli anticorpi anti­ PD­1 (nivolumab, pembrolizu­ mab) ha un'incidenza inferiore rispetto a quella degli anticorpi anti­CTLA­4. Gli eventi avversi più frequentemente riportati con questa classe di farmaci, dopo l'astenia, sono l'eruzione cutanea, il prurito e la diarrea, tutti generalmente di grado lie­ ve. Il tasso di eventi avversi di Grado 3­4 riportato con en­ trambi questi farmaci è del 5­6% (Topalian SL et alii, 2014) e del 7%­10% in studi di fase III condotti nel NSCLC (Brahmer J et alii, 2015; Paz­Ares L et alii, 2015). Con il pembrolizumab sono stati riportati eventi av­ versi di Grado 3­4 nel 14% dei pazienti (Hamid O et alii, 2013). Sono stati descritti tuttavia rari casi (circa 1%) di polmonite autoimmune Grado 3­4 (Howell M et alii, 2015). Vedere anche: (Robert C et alii, 2015; Spesso gli effetti collaterali si hanno entro 3 mesi da inizio terapia, ma la tossicità può comparire anche a fine trattamento Ribas A et alii, 2015). La combinazione di anti­ corpi anti­CTLA­4 e anti­ PD­1 se da una parte aumenta l'efficacia del trattamento, dall'altra aumenta anche il ri­ schio di effetti collaterali. Nel­ lo studio di fase III che ha con­ frontato nivolumab, ipilimu­ mab e la combinazione di en­ trambi i farmaci in 945 pazienti con melanoma metastatico, gli eventi avversi di Grado 3­4 so­ no stati del 16,3% per nivolu­ mab, del 27,3% per ipilimumab, e del 55% per la combinazione. Inoltre, il trattamento è stato più frequentemente interrotto per eventi avversi nei pazienti trattati con la combinazione (36,4%) rispetto a quelli tratta­ ti con i singoli farmaci (7,7% per nivolumab e 14,8% per ipi­ limumab). Tuttavia, nel gruppo di pazienti trattati con la com­ binazione e che avevano inter­ rotto il trattamento per tossi­ cità, circa il 68% ha continuato a rispondere al trattamento nonostante l'interruzione della terapia (Larkin J et alii, 2015). QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Quadri clinici e gestione della tossicità Oltre al rash cutaneo e alla fa­ tigue, molto frequenti, esistono tossicità peculiari da agenti an­ ti­CTLA­4 e anti­PD­1, che si manifestano durante il tratta­ mento, che debbono essere ben conosciuti dal medico e dei quali deve essere data tem­ pestiva e corretta informazio­ ne al paziente, in modo tale che egli possa riportare al me­ dico il più precocemente pos­ sibile l'eventuale tossicità. Gli irAEs vengono graduati se­ condo i criteri CTCAE (Com­ mon Terminology Criteria for Adverse Events): nel caso di tossicità di grado lieve (Grado 1), la gestione degli eventi av­ versi prevede in genere terapia di supporto dei sintomi e un attento monitoraggio, senza necessità di interrompere l'im­ L'immune­checkpoint A differenza degli effetti collaterali dei chemioterapici e degli agenti a bersaglio molecolare, quelli legati alla somministrazione di inibitori dell'"immune­checkpoint", definiti "eventi avversi immuno­correlati", sono tipicamente gestibili e abbastanza ben tollerati dai pazienti. Novembre 2015 37 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori munoterapia. Per tossicità di Grado 2 va presa in considera­ zione anche l'interruzione del farmaco immunoterapico fino a risoluzione della tossicità e va considerata una terapia ste­ roidea severa, mentre nel caso di tossicità di Grado 3­4 l'im­ munoterapia deve essere in­ terrotta (in maniera definitiva nel caso di tossicità di Grado 4) e deve essere prontamente iniziata una terapia con steroi­ di per via endovenosa e, nei casi più gravi, con immuno­ soppressori (Tabella 2.2). Tossicità cutanea La tossicità cutanea che si veri­ fica in circa il 40% dei pazienti trattati con ipilimumab risulta essere di Grado 3­4 solo nel 2% circa dei pazienti (Ibrahim RA et alii, 2011; Robert C et alii, 2011). Si manifesta tipica­ mente come eruzione maculo­ papulare e prurito; raramente può insorgere anche depig­ mentazione dei capelli e vitili­ gine e rarissimi sono i gravi ca­ si di tossicità cutanea con ne­ crolisi tossica. Per la tossicità lieve si possono applicare creme emollienti, o pomate a base di steroidi (1% di idrocortisone) e antistaminici. I casi di tossicità cutanea di Gra­ do 3­4 che si manifestano come sindrome di Stevens­Johnson o necrolisi tossica dell'epidermide richiedono somministrazioni di steroidi ad alte dosi (metilpred­ nisolone 1­2 mg/kg) e l'interru­ zione dell'immunoterapia (We­ ber JS et alii, 2012). La ripresa del trattamento con immunote­ rapici dopo una tossicità di Gra­ do 3 può essere presa in consi­ derazione dopo una risoluzione al Grado 1 e riduzione degli ste­ roidi. Il rash maculo­papulare (36%) e il prurito (28%) sono le tos­ 38 sicità più comunemente osser­ vate con nivolumab (Topalian SL et alii, 2012), con pochi casi di Grado 3­4. Diarrea La diarrea è un effetto collate­ rale frequente, soprattutto con ipilimumab (27,5% alla dose di 3 mg/kg e 32,8% alla dose di 10 mg/kg) e con la combinazione di anti­CTLA­4 e anti­PD­1, mentre è meno frequente con i farmaci anti­PD­1 (18%) e di Grado 3­4 solo nel 2% dei casi (Topalian SL et alii, 2014). Se di Grado 1 e 2 (fino a 6 scariche al giorno rispetto al basale), la diarrea può essere Per la tossicità cutanea lieve si possono applicare creme emollienti o pomate a base di steroidi (cortisone all'1%) e antistaminici gestita con farmaci antidiarroi­ ci, idratazione per via orale e integratori elettrolitici; se per­ siste per oltre 5 giorni, deve essere iniziata una terapia ste­ roidea orale (0,5 mg/kg di pre­ dnisone) che andrà ridotta o aumentata in base alla sinto­ matologia. L'ipilimumab va so­ speso ed eventualmente ripre­ so nel caso di miglioramento (riduzione al Grado 1) o di ri­ soluzione della diarrea. La colonscopia dovrebbe esse­ re presa in considerazione per valutare l'eventuale presenza di ulcerazioni e la necessità di una terapia immunosoppressiva più aggressiva tenendo sempre presente il pericolo teorico di perforazione durante colon­ scopia (Weber JS et alii, 2012). Se la diarrea è di Grado 3­4 (oltre 7 scariche al giorno o necessità di ospedalizzazione) l'immunoterapia deve essere definitivamente interrotta, e devono essere somministrati steroidi ad alte dosi per via endovenosa (metilprednisolo­ ne 1­2 mg/kg/die) (Weber JS et alii, 2012), con riduzione gra­ duale (in almeno un mese per evitare la ricomparsa dei sinto­ mi) al momento della risolu­ zione dei sintomi o alla ridu­ zione a un Grado 1. Nel sospetto di perforazione intestinale devono essere so­ spesi gli steroidi e richiesta una valutazione chirurgica. L'infliximab (anticorpo mono­ clonale che inibisce il fattore di necrosi tumorale­alfa) può es­ sere preso in considerazione per la diarrea refrattaria agli steroidi (Minor DR et alii, 2009), ma è controindicato nel caso di perforazione inte­ stinale e sepsi. Tossicità endocrina Per l'ipilimumab le tossicità en­ docrine più frequentemente ri­ portate sono a livello tiroideo, surrenalico e ipofisario, con quadri di ipotiroidismo, insuffi­ cienza surrenalica e ipopituita­ rismo (Grado 3­4 in meno del 2% dei pazienti trattati) (Brah­ mer JR et alii, 2012; Robert C et alii, 2011). Gli effetti collate­ rali di tipo endocrino da im­ munoterapia possono essere irreversibili e richiedere quindi una terapia ormonale conti­ nuativa (Weber JS et alii, 2012). A livello ipofisario si può veri­ ficare una ipofisite linfocitaria con aumento di dimensioni Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA dell'ipofisi e ridotto rilascio di ormoni da parte dell'adenoipo­ fisi, come TSH e ACTH. I pa­ zienti possono presentare ce­ falea, disturbi visivi e fatigue e la diagnosi è confermata con risonanza magnetica e valuta­ zione degli ormoni ipofisari (cortisolo, ACTH, TSH, LH, FSH, prolattina). Nei casi di ipofisite Grado 3­4 può essere richiesta ospedalizzazione e te­ rapia endovenosa con steroidi ad alte dosi: in uno studio re­ trospettivo (Min L et alii, 2015) non è stato riportato benefi­ cio, tuttavia, da una terapia steroidea in caso di ipofisite da ipilimumab. È solitamente ne­ cessaria una terapia ormonale sostitutiva. A livello surrenalico, le manife­ stazioni cliniche di tossicità da immunoterapia sono quelle dell'insufficienza surrenalica (conseguente a tossicità diretta sulle ghiandole surrenaliche o secondaria a danno ipofisario) che necessita di terapia sosti­ tutiva con cortisolo. Qualora siano state utilizzate alte dosi di steroidi per trattare eventi avversi immuno­correlati di al­ tro tipo e siano sospesi troppo velocemente, potrebbe scate­ narsi una crisi surrenalica. A livello tiroideo si può verifi­ care una tiroidite autoimmune simile alla tiroidite di Hashi­ moto, che è caratterizzata da una fase iniziale di ipertiroidi­ smo, in cui i sintomi possono essere controllati con beta­ bloccanti, e una fase successiva di ipotiroidismo che deve es­ sere corretto con la sommini­ strazione di ormoni tiroidei (Topalian SL et alii, 2012). Tossicità epatica Un aumento asintomatico de­ gli enzimi epatici è stato ri­ portato in circa il 5­10% dei Novembre 2015 pazienti trattati con ipilimu­ mab e con nivolumab (1% di Grado 3­4), conseguente a diffusa infiltrazione linfocitaria evidenziabile alla biopsia epa­ tica. Un controllo della funzionalità epatica dovrebbe pertanto es­ sere eseguito prima di ogni somministrazione di immuno­ terapia e dovrebbe essere va­ lutato anche se un eventuale aumento degli enzimi epatici potesse essere legato ad altre cause. Nel caso di tossicità di Grado 2, il trattamento dovrebbe es­ sere interrotto fino a risolu­ La tossicità neurologica si verifica in meno dell’1% dei pazienti trattati e si manifesta con disturbi sensitivi e motori zione della tossicità o a ridu­ zione al Grado 1. Nel caso di tossicità di Grado 3, il trattamento andrebbe so­ speso e andrebbe iniziata una terapia steroidea ad alte dosi (Weber JS et alii, 2012); se non si verifica un miglioramento entro 48 ore, andrebbe consi­ derato un farmaco immuno­ soppressore: il micofenolato mofetile; esiste invece una con­ troindicazione relativa all'utiliz­ zo di infliximab a causa della sua potenziale epatotossicità. Tossicità pancreatica La tossicità pancreatica si può verificare con aumento asinto­ matico degli enzimi pancreati­ ci, fino a una pancreatite au­ toimmune sintomatica in me­ no del 2% dei pazienti. QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Tossicità neurologica Si verifica in meno dell'1% dei pazienti trattati e si manifesta con disturbi sia sensitivi che motori. Spesso di grado lieve, si risolve spontaneamente, ma si può verificare anche una meningite e sono stati riportati due casi di sindrome di Guil­ lan­Barré (di cui uno risoltosi con terapia steroidea) e tossi­ cità oculare (uveiti ed episcle­ riti che si manifestano con fo­ tofobia, dolore, secchezza oculare, offuscamento della vi­ sione) (Howell M et alii, 2015). Tossicità polmonare Caratterizzata da polmonite autoimmune, è un evento mol­ to raro ma, se di grado seve­ ro, può essere fatale. Il tasso di polmoniti è vera­ mente basso con ipilimumab, mentre con anti­PD­1 sono state osservate polmoniti di Grado 1­2 nel 9% dei casi e di Grado 3­4 nel 3% (Topalian SL et alii, 2012). Per i pazienti asintomatici in cui la polmonite è soltanto un riscontro radiologico (Rx­to­ race o TC) (Grado 1) è consi­ gliabile solo un attento moni­ toraggio clinico, senza interru­ zione dell'immunoterapico. Per tossicità di Grado 2, do­ vrebbe essere iniziata una te­ rapia steroidea (1 mg/kg/die prednisolone) (Howell M et alii, 2015), interrotta l'immu­ noterapia e preso in conside­ razione un eventuale ricovero. Nel caso di miglioramento del­ la sintomatologia, gli steroidi andranno ridotti gradualmente (almeno 1 mese) e poi rico­ 39 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori minciata la terapia con i farma­ ci anti­PD­1. Negli studi iniziali le polmoniti potevano essere ricorrenti e in tal caso l‘anti­ PD­1 veniva interrotto in ma­ niera definitiva. Per tossicità di Grado 3­4 è necessaria l'ospedalizzazione del paziente, consulenza pneu­ mologica e terapia steroidea ad alte dosi (2­4 mg/kg/die di metilprednisolone) e interru­ zione dell'immunoterapia (To­ palian SL et alii, 2012). Per i pa­ zienti con sintomatologia seve­ ra nonostante gli steroidi ad alte dosi è necessario eseguire broncoscopia e biopsia polmo­ nare per accertare la diagnosi. Nei pazienti con NSCLC è im­ portante, prima di iniziare l'an­ ti­PD­1, valutare la funzionalità polmonare poiché preesistenti patologie croniche, special­ mente la malattia polmonare interstiziale, possono esporre a particolare rischio di polmo­ niti. Inoltre, la radioterapia to­ racica può aumentare l'infiam­ mazione locale e il rilascio di antigeni tessutali, potenziando così la tossicità polmonare dei farmaci immunoterapici. La sicurezza a oggi Anche se a differenza degli ef­ fetti collaterali dei chemiotera­ pici e degli agenti a bersaglio molecolare, quelli legati alla somministrazione degli anti­ CTLA­4 e degli anti­PD­1 ri­ sultano essere gestibili e abba­ stanza ben tollerati dai pazien­ ti, è necessario conoscere la potenziale tossicità immuno­ Gli immune related adverse events Gli immune related adverse events vengono graduati secondo i criteri CTCAE (Common Ter­ minology Criteria for Adverse Events): nel caso di tossicità di grado lieve (Grado 1), la gestione degli eventi avversi prevede in genere terapia di supporto dei sintomi e un attento monitorag­ gio, senza necessità di interrompere l'immunoterapia. Per tossicità di Grado 2 va presa in con­ siderazione anche l'interruzione del farmaco immunoterapico fino a risoluzione della tossicità e va considerata una terapia steroidea severa, mentre nel caso di tossicità di Grado 3­4 l'immu­ noterapia deve essere interrotta (in maniera definitiva nel caso di tossicità di Grado 4) e deve essere prontamente iniziata una terapia con steroidi per via endovenosa e, nei casi più gravi, con immuno­soppressori. Tabella 2.2 Gestione delle tossicità immuno­relate in base al Grado di severità secondo CTCAE (modif. da Howell M, 2015) Grado di tossicità secondo i criteri CTCAE 1 2 3 4 40 Interventi consigliati O O O Trattamento di supporto; Attento monitoraggio dei sintomi; Esclusione di eventuali infezioni. Oltre agli interventi consigliati per la tossicità di Grado 1: O Interrompere il farmaco immunoterapico fino a risoluzione completa della tossicità o fino a tossicità Grado 1; O Prendere in considerazione steroidi per via orale nel caso di sintomi persistenti per oltre 5 giorni. O Terapia di supporto; O Iniziare terapia con steroidi ad alte dosi per via endovenosa (metilprednisolone 1­2 mg/kg); O Nel caso di non risoluzione dei sintomi entro 48 ore, prendere in considerazione l’aggiunta di altri farmaci immunosoppressivi (infliximib, micofenolato); O Prendere in considerazione esami strumentali specifici (ad esempio: colonscopia); O Acquisire l’opinione di altri specialisti; O Indagare e trattare eventuali infezioni; O Sospendere il farmaco immunoterapico e prenderne in considerazione la ripresa nel caso di risoluzione completa della tossicità o di riduzione al Grado 1; O Gli steroidi devono essere ridotti dopo 3­6 settimane. Oltre agli interventi consigliati per la tossicità di Grado 3: O Interrompere in maniera definitiva il farmaco immunoterapico. Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA correlata: a tal fine, è impor­ tante considerare le comorbi­ dità dei pazienti quando si pro­ pone un trattamento di questo tipo, tenendo conto che le ma­ lattie autoimmunitarie pre­esi­ stenti rappresentano una con­ troindicazione al trattamento. Al momento non sono stati identificati con certezza dei fat­ tori predittivi per identificare i pazienti maggiormente a ri­ schio di tossicità e non è anco­ ra chiaro se la tossicità sia cor­ relata con l'efficacia del tratta­ mento (Howell M et alii, 2015). Una corretta gestione degli ef­ fetti collaterali immuno­corre­ lati da farmaci anti­CTLA­4 e anti­PD­1 si avvale quindi di: O una adeguata conoscenza delle tossicità da parte dell'on­ cologo; O una adeguata informazione dei pazienti e una buona co­ municazione medico­paziente; O una diagnosi e un trattamen­ to tempestivi, con l'utilizzo, se indicato, di steroidi o altri far­ maci immunosoppressori, in quanto è stato riportato che un intervento medico precoce riduce la gravità e la durata de­ gli eventi avversi immunocor­ relati (O'Day S et alii, 2010). È fondamentale che il clinico sia formato al riconoscimento precoce della tossicità e all'ap­ plicazione dei protocolli di corretta gestione degli effetti collaterali, possibilmente nell'ambito di una collabora­ zione multidisciplinare (onco­ logo medico, gastroenterolo­ go, endocrinologo, medico di medicina generale, etc.), al fine di garantire la sicurezza dei pa­ zienti (Weber JS et alii, 2015). O QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori È necessario conoscere la potenziale tossicità immuno­correlata Anche se a differenza degli effetti collaterali dei chemioterapici e degli agenti a bersaglio mo­ lecolare, quelli legati alla somministrazione degli anti­CTLA­4 e degli anti­PD­1 risultano essere gestibili e abbastanza ben tollerati dai pazienti, è necessario conoscere la potenziale tossicità immuno­correlata: a tal fine, è importante considerare le comorbidità dei pazienti quando si propone un trattamento di questo tipo, tenendo conto che le malattie autoimmunitarie pre­ esistenti rappresentano una controindicazione al trattamento. Una corretta gestione degli effetti collaterali immuno­correlati da farmaci anti­CTLA­4 e an­ ti­PD­1 si avvale quindi di: una adeguata conoscenza delle tossicità da parte dell'oncologo; una adeguata informazione dei pazienti e una buona comunicazione medico­paziente; una diagnosi e un trattamento tempestivi, con l'utilizzo, se indicato, di steroidi o altri farmaci immunosop­ pressori, in quanto è stato riportato che un intervento medico precoce riduce la gravità e la du­ rata degli eventi avversi immunocorrelati. E' fondamentale che il clinico sia formato al riconoscimento precoce della tossicità e all'appli­ cazione dei protocolli di corretta gestione degli effetti collaterali, possibilmente nell'ambito di una collaborazione multidisciplinare (oncologo medico, gastroenterologo, endocrinologo, medi­ co di medicina generale, etc.), al fine di garantire la sicurezza dei pazienti. Novembre 2015 41 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE Biomarkers: fattori predittivi di efficacia e indicatori di risposta I l termine Biomarkers, largamente utilizzato, è molto generico e di conseguenza spesso ri­ sulta ambiguo: teorica­ mente anche un segno clinico come la febbre, o addirittura un sintomo, potrebbero esse­ re considerati come bio­ markers. In questa sede utiliz­ zeremo il termine per indicare una caratteristica biologica o clinica misurabile in modo obiettivo (nel 1998, il National Institutes of Health Biomarkers Definitions Working Group definì un biomarker come "a cha­ racteristic that is objectively mea­ sured and evaluated as an indi­ cator of normal biological proces­ ses, pathogenic processes, or pharmacologic responses to a therapeutic intervention"), quindi strumentale. Questa definizio­ ne include misurazioni/valuta­ zioni eseguite su campioni di tessuto sano (es. sangue) o malato (es. biopsia tumorale), ma anche quelle eseguite su immagini (es. Risonanza Nu­ cleare Magnetica) o in altri tipi di esami diagnostici (es. scinti­ grafia, ECG). Le misurazioni possono essere eseguite su in­ dividui sani, su soggetti affetti da condizioni "a rischio", o su pazienti. In campo oncologico, classicamente, i biomarkers sono utilizzati con quattro Sono quattro gli scopi per l’uso dei biomarkers: supporto nella diagnosi, previsioni sulla evoluzione della malattia, effetti della terapia, valutazione di efficacia della terapia scopi: 1. come supporto nella dia­ gnosi di una malattia (markers diagnostici); 2. per fare previsioni sull'evo­ luzione della malattia/condizio­ ne (markers prognostici); 3. per fare previsioni sugli ef­ fetti di una terapia (markers predittivi); 4. per valutare se una terapia è stata (o si sta dimostrando) efficace (indicatori di efficacia). La distinzione tra questi possi­ bili impieghi di un marcatore è fondamentale, perchè lo stesso marcatore può essere propo­ sto per più di un utilizzo (per fare un esempio, il dosaggio del PSA viene utilizzato per la dia­ gnosi del cancro della prostata, a scopo prognostico nei pazienti operati e per anche valutare la ri­ sposta alle terapie), ma i requisi­ ti necessari sono molto diversi. In comune a tutti gli utilizzi c'è il fatto che si parla di predizio­ ni/valutazioni probabilistiche: come per tutta la medicina moderna, il linguaggio dei bio­ markers è quello della statisti­ ca, ed è caratterizzato da una notevole complessità e, quasi sempre, da un'elevata incertez­ za, soprattutto in oncologia. Fattori predittivi di efficacia Il ruolo diagnostico dei bio­ markers esula dal tema in di­ scussione, perchè l'immunon­ cologia ha a che fare con pa­ zienti oncologici, nei quali la diagnosi è già stata fatta. Il ruolo prognostico va invece esaminato con attenzione, perchè la distinzione tra fattori prognostici e fattori predittivi è spesso difficile. Entrambi so­ no misurati nel momento in cui si decide la terapia e pos­ sono condizionare questa scel­ ta: un fattore predittivo per­ mette di individuare i pazienti in cui una certa terapia sarà (più) efficace: viceversa, un fat­ tore prognostico dovrebbe predire l'esito della malattia a prescindere dalla terapia. Per Perché i biomarkers I biomarkers sono utilizzati con i seguenti scopi: come supporto nella diagnosi di una malattia (markers diagnostici); per fare previsioni sull'evoluzione della malattia/condizione (markers pro­ gnostici); per fare previsioni sugli effetti di una terapia (markers predittivi); per valutare se una terapia è stata (o si sta dimostrando) efficace (indicatori di efficacia). 42 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA definizione, il fattore preditti­ vo deve essere prognostico in qualche sottogruppo di pazien­ ti. Al contrario, la presenza di certe alterazioni molecolari, non associata in sè alla pro­ gnosi, acquista una forte valen­ za prognostica perchè condi­ ziona l'efficacia di terapie che hanno come bersaglio quelle alterazioni. Di conseguenza, se osserviamo un gruppo di pa­ zienti trattati omogeneamente, sarà impossibile capire se quel­ lo che stiamo osservando è un fattore prognostico o un fatto­ re predittivo. Solo nell'ambito di uno studio controllato (ran­ domizzato) si potrà quindi ca­ pire se un certo fattore è pro­ gnostico o predittivo. La distinzione, nell'ambito dell'immunoncologia, è di fon­ damentale importanza per vari motivi: 1) I fattori prognostici sono importanti nella scelta tera­ peutica quando il trattamento in studio ha una tossicità im­ portante (nei pazienti a pro­ gnosi peggiore il trattamento più tossico è maggiormente giustificato se più efficace) e questo non è il caso dei tratta­ menti immunoterapici in corso di sperimentazione/registrazio­ ne. Per di più, nella malattia avanzata, che è quella in cui si stanno attualmente impiegan­ do queste terapie, si parla co­ munque di una prognosi sfavo­ revole, per cui anche nei pa­ zienti con un profilo progno­ stico più favorevole si impone la scelta della terapia più effi­ cace. Di fatto, in questo mo­ mento la stima della prognosi di un paziente non riveste un grande interesse nell'ambito dell'immunoncologia, se non per i pazienti operati radical­ mente, dove il rischio di reci­ diva e morte può variare note­ Novembre 2015 volmente. 2) Gli alti costi dei tratta­ menti immunoterapici ne condizionano le strategie di utilizzo, anche in relazione al crescente numero di neoplasie in cui si stanno dimostrando efficaci. La disponibilità di markers predittivi in grado di individuare i pazienti che trar­ ranno realmente beneficio dal trattamento permetterebbe di limitare il numero di pazienti da avviare a queste terapie e di conseguenza di ridurre note­ volmente i costi generati dalla loro introduzione, senza negar­ li ai pazienti per i quali potreb­ bero realmente essere utili. I fattori prognostici sono fondamentali nella scelta terapeutica quando il trattamento ha una tossicità importante 3) I pochi studi a lungo ter­ mine disponibili, che riguar­ dano in realtà solo gli anti­ CTLA­4 nel melanoma meta­ statico, sembrano indicare che l'immunoterapia si contraddi­ stingue perchè in una mino­ ranza dei pazienti si osservano benefici molto importanti, con pazienti vivi e in buone condi­ zioni a più di dieci anni dall'ini­ zio della terapia. La selezione preventiva dei pazienti destina­ ti a benefici di questo tipo per­ metterebbe di avviare invece gli altri a trattamenti che per loro sarebbero più efficaci, o di inserirli in sperimentazioni cliniche. Con le immunoterapie di II ge­ nerazione (anti PD­1/PD­L1) e con i trattamenti che combina­ no in associazione o in se­ quenza più immunoterapie, o immunoterapie e agenti a ber­ saglio molecolare, è verosimile che lo scenario clinico, specie quello a lungo termine, si mo­ difichi notevolmente, in manie­ ra a oggi difficile da prevedere, ma l'identificazione preventiva dei soggetti "suscettibili" ai be­ nefici della terapia continue­ rebbe a essere estremamente vantaggiosa, sia sul piano clini­ co che su quello del rapporto tra costi e benefici. Purtroppo, i dati disponibili al momento sono, se non del tutto negativi, contraddittori e non sembra ipotizzabile che nel breve ter­ mine sia disponibile un bio­ marker utile a questo scopo. L'over­espressione sul tumore del PD­L1 (Programmed Cell Death Ligand 1), che è il bio­ marker più studiato in immu­ noncologia e che aveva gene­ rato molte speranze, si è con­ fermata un fattore prognostico negativo in vari tumori solidi, ma la sua capacità di predire l'efficacia dell'immunoterapia, tuttora oggetto di discussione, sarebbe comunque limitata. Segnalazioni relative ad altri biomarkers predittivi derivano da studi di piccole dimensioni e attendono conferme più ri­ gorose. Ad esempio, dati mol­ to recenti suggeriscono che la sensibilità di un paziente al blocco del PD­1 è correlata al carico e al tipo di mutazioni (il "panorama" mutazionale) del suo tumore (Rizvi NA et alii, 2015). QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Indicatori di risposta La risposta al trattamento ha avuto un ruolo fondamentale 43 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori nella storia dell'oncologia: la risposta obiettiva, ossia la ri­ duzione volumetrica del tumo­ re definita e misurata utilizzan­ do criteri standardizzati, è sta­ ta il caposaldo dello sviluppo dei farmaci e regimi chemiote­ rapici, come endpoint primario negli studi di attività (fase II), ma anche come indispensabile correlato della sopravvivenza negli studi di efficacia (fase III). Ne è stata anche dimostrata la validità come endpoint surroga­ to della sopravvivenza nel car­ cinoma colorettale, nel tumo­ re mammario e nel tumore polmonare e questo è l'aspet­ to che più ci interessa in que­ sta sede. Il concetto di "endpoint surro­ gato" impone una chiara distin­ zione tra questo e l'endpoint naturale, "vero", che rappre­ senta il beneficio che si cerca di ottenere con il trattamento. Per fare un esempio, l'obietti­ vo di un trattamento ipertensi­ vo non è la riduzione della pressione arteriosa, come end­ point surrogato, ma la riduzione del rischio di malattia cardio­ vascolare, come endpoint natu­ rale. Analogamente, l'obiettivo di un trattamento antineopla­ stico non è la riduzione volu­ metrica del tumore ma il pro­ lungamento della sopravviven­ za del paziente. Un endpoint in­ termedio si può qualificare come surrogato se dagli effetti di un trattamento su questo endpoint intermedio è possibile stimarne gli effetti sull'endpoint naturale. Il presupposto per questa proprietà (la cosiddetta "surrogacy"), è che l'endpoint intermedio "assorba" i benefici del trattamento: in pratica, nella problematica di cui stia­ mo discutendo, i benefici di un trattamento in termini di so­ pravvivenza dovrebbero tran­ sitare attraverso una risposta obiettiva ed essere presenti solo nei pazienti che rispondo­ no al trattamento con una ri­ duzione volumetrica del tumo­ re. Se si considera che la ri­ sposta obiettiva si manifesta dopo poche settimane o mesi, mentre i benefici dell'immuno­ terapia in termini di sopravvi­ venza si manifestano dopo molti anni, la dimostrazione che la risposta obiettiva a un trattamento immmunoterapi­ co è il tramite attraverso cui si realizzano i benefici in termini di sopravvivenza sarebbe mol­ to importante non solo a livel­ lo di trials, ma anche per la ge­ stione del singolo paziente. Questa dimostrazione esiste solo per la risposta obiettiva alla chemioterapia in alcuni tu­ mori solidi, perchè gli studi necessari per ottenerla sono molto complessi. In realtà, il ruolo della risposta obiettiva, sia come endpoint primario ne­ gli studi di attività che come endpoint surrogato di efficacia, è stato negli anni oggetto di di­ scussioni e critiche, soprattut­ to quando dai farmaci citotos­ sici la ricerca si è spostata sui farmaci a bersaglio molecolare e, più di recente, sulle immu­ noterapie. In particolare per quest'ultime, l'osservazione di risposte tardive, o di prolunga­ te stabilità, in certi casi prece­ dute da apparenti progressioni e anche dalla comparsa di nuo­ ve lesioni, aveva portato allo sviluppo di criteri specifici per la valutazione della risposta ai trattamenti immunoterapici (Wolchok JD et alii, 2009) e a un generale scetticismo sul si­ gnificato della risposta obietti­ va in questo ambito. Sembra però che la maggiore efficacia dei trattamenti immunoterapi­ ci più recenti (anti­PD­1/PD­ L1), da soli o in associazione con gli anti­CTLA­4, si accom­ Obiettivi del trattamento I fattori prognostici sono importanti nella scelta terapeutica quando il trattamento in studio ha una tossicità importante (nei pazienti a prognosi peggiore il trattamento più tossico è mag­ giormente giustificato se più efficace) e questo non è il caso dei trattamenti immunoterapici in corso di sperimentazione/registrazione. L'obiettivo di un trattamento antineoplastico non è la riduzione volumetrica del tumore ma il prolungamento della sopravvivenza del paziente. La disponibilità di markers predittivi in grado di individuare i pazienti che trarranno realmen­ te beneficio dal trattamento permetterebbe di limitare il numero di pazienti da avviare a que­ ste terapie e di conseguenza di ridurre notevolmente i costi generati dalla loro introduzione, senza negarli ai pazienti per i quali potrebbero realmente essere utili. Sembra però che la maggiore efficacia dei trattamenti immunoterapici più recenti (anti­ PD­1/PD­L1), da soli o in associazione con gli anti­CTLA­4, si accompagni a percentuali di rispo­ ste obiettive molto elevate nel melanoma metastatico e anche nel carcinoma polmonare non­ microcitoma. 44 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA pagni a percentuali di risposte obiettive molto elevate nel melanoma metastatico e anche nel carcinoma polmonare non­ microcitoma. L'argomento è di estrema im­ portanza, perchè alcune di queste terapie prevedono trattamenti prolungati: un bio­ Novembre 2015 marker che permettesse di selezionare precocemente i pazienti che non stanno tra­ endo beneficio dal trattamen­ to permetterebbe di rispar­ miare sui costi e di evitare a questi pazienti tossicità inutili, per avviarli subito ad altre te­ rapie che nel loro caso po­ trebbero essere efficaci. Pur­ troppo, anche qui siamo anco­ ra in una fase di ricerca abba­ stanza preliminare e non esiste al momento alcun mar­ catore intermedio che ci per­ metta di monitorare in manie­ ra affidabile gli effetti dell'im­ munoterapia. O QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 45 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE Benefici e valutazione economica dell’immunoterapia L a chemioterapia ha un duplice effetto sul sistema immu­ ne. Uno positivo di stimolazione della risposta immune ai tumori, il che può favorire un’attività te­ rapeutica antitumorale, come per esempio la morte cellula­ re/rilascio antigenico o la mo­ dulazione del microenviroment del tumore (Treg/MDSC inhibi­ tion, upregulation of MHC­1). Un altro, negativo, come effet­ to immunosoppressivo. Evi­ denza della sinergia tra che­ mioterapia e immunoterapia è stata vista nel melanoma e re­ centemente nel tumore del polmone (Lynch TJ et alii, 2012). I trials di combinazione del nivolumab con altri diffe­ renti regimi nel NSCLC, sono altri esempi (Antonia SJ et alii, 2014; Rizvi NA et alii, 2014; Gettinger SN et alii, 2014). Valutazione del beneficio clinico dell'immunoterapia Gli interventi preventivi, dia­ gnostici e terapeutici vengono chiesti o accettati dai pazienti nella speranza che permettano loro di vivere più a lungo e/o meglio. Dunque, il beneficio di un intervento dovrebbe essere misurato in termini di quantità e qualità di vita per il paziente. Gli effetti di un trattamento sulla sopravvivenza hanno si­ gnificato solo in un'ottica com­ parativa: sapere che su 100 pa­ zienti sottoposti a un certo trattamento 30 erano vivi do­ po 5 anni, o che la loro so­ pravvivenza mediana è stata di 3 anni, non ha alcun significato, 46 La sopravvivenza a lungo termine è il parametro rivoluzionario che apre nuove frontiere anche per la ricerca e l’HTA mentre vanno affinandosi le considerazioni su costi ed efficacia se questi numeri non sono confrontati con quello che sa­ rebbe successo con un altro o senza nessun trattamento. La prima e più importante di­ stinzione è quella relativa ai trattamenti somministrati per "guarire" rispetto ai trattamen­ ti che si propongono di arre­ stare o rallentare la progres­ sione della malattia. Nel primo caso l'esito della malattia è mi­ surato con una variabile bina­ ria (si/no, guarigione/decesso) e il beneficio di un trattamento va espresso in termini di effet­ to sulla "probabilità" di questo esito (guarigione). Nel secon­ do caso, l'esito della malattia è misurato con un tempo (dura­ ta della sopravvivenza) e il be­ neficio del trattamento si mi­ sura in termini di prolunga­ mento di questa durata (setti­ mane, mesi, anni). In oncologia è indispensabile distinguere tra due tipi di ef­ fetti che un trattamento può avere sulla sopravvivenza (Roy­ ston P et al, 2011): effetti mo­ derati/modesti di cui beneficia la maggioranza dei pazienti trattati ed effetti molto marca­ ti di cui beneficia una parte, più o meno piccola dei pazien­ ti. Nei nuovi trattamenti antitu­ morali con un meccanismo d'azione immunologico, l'effet­ to che colpisce maggiormente non è l'incremento nel tasso di risposte o nella sopravvivenza a breve termine che si osser­ vano in tumori tradizionalmen­ te molto resistenti alle terapie quando in stadio avanzato, co­ me il melanoma o carcinoma squamoso del polmone. Quel­ lo che colpisce è la possibilità di sopravvivere a lungo termi­ ne grazie a queste terapie, oramai accertata per il mela­ noma metastatico con l'uso degli anti­CTLA­4. È un cambio di prospettiva ra­ dicale: non più un orizzonte temporale limitato, caratteriz­ zato da terapie successive con regressioni della malattia se­ guite da nuove progressioni. Di colpo si apre lo spiraglio di un ritorno a un'attesa di vita quasi normale, dieci anni per ora e potrebbero essere molti di più. Lo spiraglio non è pic­ colo (1 paziente su 5), ma se le aspettative suscitate dai ri­ sultati dei farmaci di II genera­ zione (anti­PD­1/PD­L1) e dal­ le immunoterapie di combina­ zione si dovessero conferma­ re, potremmo essere di fronte a una vera e propria rivoluzio­ ne: da un lato ci troveremmo in mano un nuovo strumento Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA da utilizzare nella lotta da combattere insieme ai pazienti oncologici, che sembra essere più attivo dei trattamenti con­ venzionali ed esserlo in modo trasversale, nelle neoplasie più svariate; dall'altro questo stru­ mento ci permetterebbe di of­ frire a molti pazienti, per i quali oggi è quasi inesistente, una concreta possibilità di re­ missione a lungo termine, a prezzo di tossicità certamente non trascurabili e ancora da conoscere a fondo (Haanen JB et alii, 2015), ma che non sem­ brano superiori a quelle della chemioterapia. Sicuramente questo nuovo scenario apre problematiche nuove per la ricerca clinica in oncologia: impone lo sviluppo di nuovi strumenti statistici per la valutazione degli effetti dei trattamenti, strumenti fina­ lizzati a descrivere la distribu­ zione dei benefici in termini di sopravvivenza e non solo il lo­ ro valore mediano e la ridu­ zione "media" del tasso di mortalità (HR). Il disegno degli studi clinici deve prendere at­ to di questa nuova prospettiva ed è necessario capire fino a che punto, e in che modo, è possibile valutare gli effetti a lungo termine di un trattamen­ to in base ai suoi effetti preco­ ci. Nel caso delle immunotera­ pie, dove in presenza di im­ portanti benefici a breve ter­ mine in condizioni cliniche orfane, ci si deve chiedere se è lecito aspettare di valutare gli effetti a lungo termine prima di chiudere la fase sperimenta­ le e rendere disponibile il trat­ tamento per tutti i pazienti. La risposta a questa domanda condiziona sicuramente il dise­ gno degli studi e ha implicazio­ ni ancor maggiori in un ambito di valutazioni di Health Techno­ logy Assessment (HTA), soprat­ tutto in un'ottica di rapporto tra costo ed efficacia. Infatti, se si misurano i benefici in termi­ ni di tempo di vita guadagnato, una valutazione costi­benefici basata su studi a breve termi­ ne dovrà fatalmente utilizzare estrapolazioni e assunzioni non ancora verificate per ef­ fetti a lungo termine. Di con­ tro, si potrà arrivare a conclu­ sioni opposte con il rischio di ritrovarsi ad aver negato trat­ tamenti salvavita a generazioni di pazienti senza speranza, o di aver pagato cifre enormi per benefici di breve respiro e, tutto sommato, marginali. Non ci sono soluzioni semplici: co­ me tutte le rivoluzioni, anche l'immunoterapia genera per ora almeno tanti problemi quanti ne risolve, che richiedo­ no un impegno feroce non so­ lo nella ricerca traslazionale ma anche in quella clinica, sta­ tistica, farmaco­economica e organizzativa in tutta la comu­ nità scientifica e della sanità pubblica. QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Valutazione economica L'investimento per la salute e il concetto di costo Le immunoterapie general­ mente hanno un profilo di tos­ sicità ben tollerato, con limita­ ti danni ai tessuti normali nel lungo termine. La continua ri­ cerca in questo campo ci aiu­ terà ad affrontare bisogni in­ soddisfatti e a capire come l'immunoncologia può miglio­ rare gli attuali standard di cura e, infine, migliorare i risultati di sopravvivenza con importanti ricadute anche in termini eco­ nomici e di impatto tanto sul SSN che sulla spesa sociale e previdenziale. Da 30 anni, infatti, non si ve­ Valutazione del beneficio clinico in oncologia In oncologia è indispensabile distinguere tra due tipi di effetti che un trattamento può avere sulla sopravvivenza: effetti moderati/modesti di cui beneficia la maggioranza dei pazienti tratta­ ti ed effetti molto marcati di cui beneficia una parte, più o meno piccola dei pazienti. Quello che colpisce è la possibilità di sopravvivere a lungo termine grazie a queste terapie, oramai accertata per esempio per il melanoma metastatico. Il disegno degli studi clinici deve prendere atto di questa nuova prospettiva ed è necessario capire fino a che punto, e in che modo, è possibile valutare gli effetti a lungo termine di un trat­ tamento in base ai suoi effetti precoci. Nel caso delle immunoterapie, dove in presenza di im­ portanti benefici a breve termine in condizioni cliniche orfane, ci si deve chiedere se è lecito aspettare di valutare gli effetti a lungo termine prima di chiudere la fase sperimentale e rende­ re disponibile il trattamento per tutti i pazienti. Come tutte le rivoluzioni, anche l'immunoterapia genera per ora almeno tanti problemi quanti ne risolve, che richiedono un impegno feroce non solo nella ricerca traslazionale ma an­ che in quella clinica, statistica, farmaco­economica e organizzativa in tutta la comunità scientifi­ ca e della sanità pubblica. Novembre 2015 47 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori devano progressi nelle cure e nessun trattamento poteva mi­ gliorare la sopravvivenza in fa­ se avanzata, che in media era di 6 mesi. Ipilimumab ha dimo­ strato di raddoppiarla a uno e due anni, e un quinto dei pa­ zienti è vivo a un decennio dal­ la diagnosi. Questo significa che, in alcuni casi, è possibile parlare di lungo sopravviventi e quindi l'emergere di benefici economici incrementali che vanno, in parte, a compensare i costi incrementali che carat­ terizzano le nuove tecnologie. Quanto evidenziato, quindi, nei paragrafi precedenti ci deve portare a riconsiderare il con­ cetto di investimento per la sa­ lute. È ormai chiaro a tutti che, alla luce dei promettenti risul­ tati, anche nel lungo periodo e accompagnati da valori di sa­ fety e tollerabilità molto più elevati che in passato, diviene necessario non considerare questi trattamenti solo quali un "costo" per il sistema. Ovviamente c'è da affrontare anche un problema relativo alla sostenibilità del sistema stesso. Conseguentemente, il farmaco deve essere valutato seguendo anche un percorso di HTA che non può non prescindere, quale primo step, da un'analisi di costo­efficacia, così da forni­ re a quei trattamenti, dotati di un reale impatto sulla storia naturale della malattia, il bene­ ficio di essere resi disponibili con rapidità. La valorizzazione dell'innova­ zione deve, almeno nel nostro Paese, passare attraverso il processo negoziale. Questa fa­ se dovrebbe basarsi in primo luogo sul suo valore (valore terapeutico aggiunto rispetto a uno o più comparatori signifi­ cativi per il SSN). Dovrebbe, quindi, evidenziare tanto i co­ sti incrementali quanto, so­ prattutto, i benefici incremen­ tali che possono generarsi gra­ zie all'utilizzo di nuovi e più ef­ ficaci trattamenti. Lo strumento principale da utiliz­ zarsi in questa fase è certa­ mente rappresentato dall'Incre­ mental Cost Effectiveness Ratio ­ ICER, che, nella dimensione dei costi, dovrebbe basarsi tanto nella prospettiva del SSN che nella prospettiva so­ ciale e previdenziale. Per l'immunoncologia in parti­ colare, il nuovo paradigma di valutazione deve tenere in considerazione la valorizzazio­ ne e la definizione della dispo­ nibilità a pagare del sistema (willingness to pay ­ WTP) alla luce dei vantaggi economici (riduzione dei costi, sia diretti che indiretti) che una nuova tecnologia potrebbe garantire. Questo dovrebbe portare a una valutazione correlata alla globale strategia di controllo della specifica patologia neo­ plastica, con il conseguente su­ peramento della "mera" logica del prezzo a favore di una più completa valorizzazione della tecnologia. In conclusione, il nuovo para­ digma di valutazione dovrà: sti­ mare la disponibilità a pagare da parte del sistema (WTP); stimare il costo/opportunità; strutturare un nuovo modello di differenti valori soglia. ll giudizio economico nella valuta­ zione L'oncologia è una delle zone di ricerca medica più avanzata in cui la terapia mirata, essenzial­ mente diretta a specifici per­ corsi biologici, è prevalente (Shaw AT et alii, 2009; Mok TS et alii, 2009; Verstovsek S et alii, 2014; Moja L et alii, 2012). Dal momento che le risorse eco­ nomiche associate con lo sfor­ zo di ricerca e sviluppo da un lato, e dei prezzi risultanti di questi farmaci dall'altro, sono importanti, l'analisi della soste­ Verso la valorizzazione dell'innovazione Le immunoterapie generalmente hanno un profilo di tossicità ben tollerato, con limitati dan­ ni ai tessuti normali nel lungo termine. E' ormai chiaro a tutti che, alla luce dei promettenti risultati, anche nel lungo periodo e ac­ compagnati da valori di safety e tollerabilità molto più elevati che in passato, diviene necessario non considerare questi trattamenti solo quali un "costo" per il sistema. Il farmaco deve essere valutato seguendo anche un percorso di HTA che non può non pre­ scindere, da un'analisi di costo­efficacia, così da fornire a quei trattamenti, dotati di un reale im­ patto sulla storia naturale della malattia, il beneficio di essere resi disponibili con rapidità. La valorizzazione dell'innovazione deve, almeno nel nostro Paese, passare attraverso il pro­ cesso negoziale. In conclusione, il nuovo paradigma di valutazione dovrà: stimare la disponibilità a pagare da parte del sistema (WTP); stimare il costo/opportunità; strutturare un nuovo modello di diffe­ renti valori soglia. 48 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA nibilità e del valore creato da nuovi trattamenti oncologici merita di essere eseguita. Per definizione, la disponibilità a pagare (willingness to pay ­ WTP) è una procedura per va­ lutare quanto un individuo, l'autorità sanitaria o il gover­ no, sarebbe disponibile a (o preferiscono) pagare per ma­ turare (probabilità di accadi­ mento) un beneficio o per evi­ tare determinati eventi (Anoni­ mo 2, 2015; Drummond MF et alii, 2005; Anonimo 3, 2006). Questo metodo è comune­ mente utilizzato per quantifica­ re i risultati in termini moneta­ ri quando viene effettuata un'analisi costo/beneficio. Tut­ tavia, l'efficacia economica de­ gli interventi sanitari è preferi­ bilmente espressa come bene­ ficio incrementale netto, co­ me: Quality Adjusted Life Years ­ QALY maturata, per i quali viene assunto il valore soglia (Anonimo 4, 2015). Il QALY (rapporto incrementale costo­efficacia) e la soglia di WTP associata, dovrebbero essere indicati per ogni stima del vantaggio netto, come chiaramente riportato dalla Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health ­ CA­ DTH (Anonimo 3, 2006), non­ ché da altri organismi sanitari di salute. Vale la pena ricorda­ re che il range della soglia è soggetto a critiche per la sua natura individualistica che vie­ ne invocata mediante l'elicita­ zione di una WTP soggettiva per unità di salute guadagnata. Infatti, il valore di WTP gene­ ralmente può dipendere dalla capacità dell'individuo di gua­ dagnare reddito (Whitehead SJ et al, 2010). Tuttavia i decisori devono ef­ fettuare la propria valutazione al fine di assicurare un corret­ Novembre 2015 to e sostenibile accesso alle nuove tecnologie (nello speci­ fico i farmaci) spesso in un contesto di risorse limitate. Ciò è particolarmente vero quando devono fornire tratta­ menti terapeutici che consen­ tono di risparmiare, prolunga­ re o migliorare la vita dei pa­ zienti affetti da patologie di na­ tura oncologica, condizioni rare o in soggetti con limitate opzioni terapeutiche. Anche se è più complesso e molto meno riconosciuto, per i nuovi prodotti oncologici vi è chiaramente un legame tra le condizioni economiche, i pre­ ziosi benefici in termini di mi­ Va progressivamente ridefinendosi la soglia della “willingness to pay”, cioè della disponibilità a pagare anche in economie fiorenti glioramento della salute della popolazione e la sostenibilità a medio termine della loro in­ troduzione. Mentre molto è stato scritto circa il rapporto costo/efficacia e il miglioramento dei risultati (outcome) determinati da nuovi trattamenti oncologici, valuta­ zioni limitate sono state con­ dotte per indagare sulle impli­ cazioni delle condizioni econo­ miche generali in relazione alla soglia di WTP. In effetti, una fiorente economia può ma­ scherare l'impatto di un valore soglia definito in maniera arbi­ traria (con valori che si spo­ stano verso entrambi gli estre­ mi della catena) (Buxton M, 2006). Idealmente, ci sono diverse va­ riabili macroeconomiche che possono svolgere un ruolo centrale nell'influenzare le pre­ ferenze dei pazienti e gli altri soggetti interessati nella defini­ zione del valore di soglia WTP, e in particolare si ricor­ da il tasso di crescita del Pro­ dotto Interno Lordo, il salario medio annuo, i prezzi al con­ sumo e il tasso di disoccupa­ zione. Come è noto, la spesa sanita­ ria ha registrato, soprattutto in termini nominali piuttosto che reali, un aumento negli ul­ timi dieci anni, e i valori di so­ glia assunti potrebbero essere visti come troppo alti o trop­ po bassi a seconda della pro­ spettiva considerata. Tuttavia, la soglia WTP non può essere valutata a prescindere da un equilibrio dinamico tra doman­ da per la cura del cancro, le condizioni macroeconomiche e le considerazioni etiche. L'obiettivo, quindi, dovrebbe essere quello di introdurre un "nuovo" paradigma per la valu­ tazione di questa tipologia di trattamenti, che è quello di va­ lutare: 1. il WTP per i trattamenti oncologici innovativi in Italia considerando anche gli indica­ tori macroeconomici; 2. una sub analisi della WTP associata a farmaci approvati per specifiche categorie onco­ logiche (esempio: il carcinoma del polmone non a piccole cel­ lule e altri). Ancora, è ormai acclarato l'im­ patto che i nuovi farmaci pos­ sono avere in relazione ai co­ sti indiretti, intesi tanto quali perdita di produttività che di impatto sulla spesa previden­ QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 49 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori ziale. A questo proposito è utile ricordare quanto il siste­ ma previdenziale (INPS) spen­ de per i pazienti affetti da ma­ lattie oncologiche. Infatti, tra i costi indiretti, quelli a carico del sistema pre­ videnziale rappresentano una voce molto importante in ter­ mini di spesa pubblica. In particolare, per quanto at­ tiene al totale delle prestazioni erogate dall'INPS dal 2001 al 2012, è interessante sottoline­ are come le prestazioni per le neoplasie rappresentano il 25% del totale delle prestazio­ ni erogate posizionando le neoplasie al primo posto tra tutte le patologie. Anche per quanto riguarda gli assegni di invalidità e le indennità di ac­ compagnamento le neoplasie si trovano al primo posto in termini di prestazioni erogate dall'INPS. Complessivamente, partendo dai dati pubblicati nel rapporto FAVO (2010­2015) sono state effettuate alcune elaborazioni (Elaborazioni effettuate dal CEIS EEHTA, Università "Tor Verga­ ta", Roma) tendenti a eviden­ ziare l'andamento, nello speci­ fico, della spesa previdenziale (INPS) per le malattie oncolo­ giche. L'analisi ha mostrato una cre­ scita costante per quanto at­ tiene le prestazione relative al­ le neoplasie: O per gli assegni di invalidità si è passati dai 600 milioni di Eu­ ro del 2009 ai circa 700 milio­ ni di Euro del 2012; O per le pensioni di inabilità si è passati dai 335 milioni di Eu­ ro del 2009 ai 380 milioni di Euro del 2012. Ancora, nel periodo 2009 ­ 2012, le prestazioni previden­ ziali sono passate da 935 milio­ ni di Euro a 1 Miliardo e 100 milioni di Euro, seguendo un trend simile a quello registrato dai costi diretti. Riuscire a disegnare percorsi assistenziali e di accesso tem­ pestivo alle cure (trattamenti di comprovata efficacia) po­ trebbe, quindi, permettere una riduzione tanto dei costi diretti quanto dei costi relati­ vi alla spesa previdenziale, senza dimenticare l'obiettivo fondamentale che è rappre­ sentato dal miglioramento dello stato di salute dei pa­ zienti. O Verso il giudizio economico nella valutazione L'obiettivo dovrebbe essere quello di introdurre un "nuovo" paradigma per la valutazione di questa tipologia di trattamenti, che è quello di valutare: la willingness to pay per i trattamenti oncologici innovativi in Italia considerando anche gli indicatori macroeconomici; una sub analisi della willingness to pay associata a farmaci approvati per specifiche categorie oncologiche (esempio: il carcinoma del polmone non a piccole cellule e altri). Riuscire a disegnare percorsi assistenziali e di accesso tempestivo alle cure (trattamenti di comprovata efficacia) potrebbe, quindi, permettere una riduzione tanto dei costi diretti quanto dei costi relativi alla spesa previdenziale, senza dimenticare l'obiettivo fondamentale che è rap­ presentato dal miglioramento dello stato di salute dei pazienti. 50 Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE Alcune conclusioni: l’immunoncologia ad oggi D opo l'approva­ zione nel 2011 di ipilimumab numerosi sono i meccanismi di azione su cui conta oggi l'im­ munoncologia. Negli ultimi an­ ni l'immunoterapia è stata ri­ conosciuta come quinto per­ corso nel trattamento dei can­ cri avanzati insieme a chirurgia, radioterapia, endo­ crinoterapia e chemioterapia. Accanto a questi percorsi l'im­ munoncologia ha contribuito a identificare una azione in tutte le sottopopolazioni indipen­ dentemente dal genotipo di tumore (Ascierto PA et al, 2014). Il progredire nella co­ noscenza del sistema immune in generale e della modulazio­ ne del checkpoint in particola­ re, costituisce un nuovo capi­ tolo da scrivere, e quindi da studiare, nella storia dello svi­ luppo di un farmaco, nel caso si tratti di un immunoncologi­ co. L'introduzione di una nuo­ va modalità di trattamento del tumore deve potere essere in­ tegrata o sostituire una forma tradizionale di trattamento. Tutto questo va visto come Oggi la disciplina sta offrendo nuovi standard di efficacia contro i tumori con la potenzialità di aprire nuove strade di conoscenza ai clinici e di beneficio al paziente grossa opportunità di sviluppo e innovazione nell'ambito on­ cologico. Tale processo deve potersi basare su una continua connettività fra chi sviluppa un farmaco, investigatori accade­ mici, scienziati di laboratorio e oncologi clinici. E questa è la formula che può accelerare lo sviluppo. Sicuramente gli studi sul sistema anti­PD­1/PD­L1 hanno consentito di ampliare il percorso terapeutico del me­ lanoma, del tumore del pol­ mone e del carcinoma renale e potrebbero consentirlo nel cancro dello stomaco, nel glio­ blastoma e nel carcinoma del colon­retto. La potenzialità del sistema anti­PD­1/PD­L1, co­ me quella di altri inibitori di checkpoint, può dare all'immu­ noterapia un ruolo decisivo nel trattamento dei tumori (Ascierto PA et al, 2015; Bracar­ da S et al, 2015). Con l'introduzione dei "fanta­ stici 4" (Ascierto PA, 2015), ipi­ limumab, BRAFi, MEKi e anti­ PD­1, la gestione del melano­ ma appare fondamentalmente cambiata, offrendo non solo un decisivo miglioramento del decorso di questi pazienti, ma aprendo percorsi importanti verso altri tumori come il NSCLC e costruendo un so­ stegno per lo studio adeguato di altri carcinomi come il car­ cinoma del rene, il carcinoma del colon­retto e il linfoma. In conclusione l'immuno­ terapia sta offrendo nuovi standards di efficacia con­ tro tumori solidi ed ema­ tologici con la potenzialità di aprire nuove strade di conoscenza al clinico e di beneficio al paziente. O La connettività della immunoncologia per oggi e per domani L'introduzione di una nuova modalità di trattamento del tumore deve potere integrare o so­ stituire una forma tradizionale di trattamento. Tutto questo va visto come una grande oppor­ tunità per lo sviluppo di ulteriori innovazioni. Tale processo deve potersi basare su una conti­ nua connettività tra gli sviluppatori di un farmaco, gli investigatori accademici, gli scienziati di laboratorio e gli oncologi clinici. E questa è la formula che può accelerare lo sviluppo. Novembre 2015 51 IMMUNONCOLOGIA Bibliografia QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori Anonimo 1. I numeri del cancro in Italia 2014 ­ AIOM­AIRTUM 2014 http://www.registri­tu­ mori.it/PDF/AIOM2014/I_numeri_del_cancro_2014.pdf Anonimo 2. Health Technology Assessment International (HTAi). HTA glossary net. http://htaglos­ sary.net/willingness+to+pay+%28WTP%29. Last accessed on April 2015 Anonimo 3. Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health (CADTH). Guidelines for the economic evaluation of health technologies: Canada [3rd Edition]. Ottawa: CADTH 2006. 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La sua gravità viene classificata in 4 gradi: di Grado 1, quando il paziente è asintomatico o con sintomi leggeri; di Grado 2, quando richiede un trattamento minimale; di Grado 3, quando la sintomatologia provocata è severa ma non rappresenta una minaccia per la vita; di Grado 4, quando può avere conseguenze mortali e quindi ri­ chiede un trattamento immediato. O ALK ­ anaplastic lymphoma kinase: descritta in multiple neopolasie, indica l'obiettivo di percorsi tera­ peutici con inibitori specifici. O APCs ­ antigen­presenting cells: l'insieme di cellule (cellule dendritiche, macrofagi e anche B­linfociti) in grado di attivare i T­linfociti mediante esposizione di antigeni sulla propria superficie. O ARR ­ absolute risk reduction: rappresenta la differenza assoluta tra il tasso di eventi che si verificano nel gruppo di pazienti del trattamento sperimentale rispetto al tasso di eventi del gruppo di controllo. O ASCO ­ American Society of Clinical Oncology O AST ­ aspartato aminotransferasi: è un enzima epatico, denominato anche glutammato­ossalacetato transaminasi (GOT), che riveste un ruolo importante nel metabolismo aminoacidico e rappresenta un indice di funzionalità/sofferenza epatica. O AurkA ­ Aurora A kinase conosciuta anche come serine/threonine­protein kinase 6 è un enzima codifi­ cato nell'uomo dal gene AURKA. O Biomarker: biological marker, o biomarcatore, è una caratteristica biologica o molecolare che si associa al decorso di una data patologia, indipendentemente dal trattamento effettuato (biomarcatore prognostico) o in relazione a un determinato trattamento (biomarcatore predittivo). O BMs ­ bone metastases: metastasi ossee. O BORR ­ best overall response rate, e anche irBORR: immune­related BORR. O BRAF: è un proto­onco­gene che regola la formazione della proteina B­Raf nota anche come serine/threo­ nine­protein kinase B­Raf. BRAFi ­ BRAF inhibitor. O CD137­ Leukocyte antigen CD37: è una proteina codificta dal gene CD37. O Checkpoint inibitore: farmaco che riduce o elimina l'inibizione della risposta immunitaria del T­linfocita. O CI ­ confidence interval: è un intervallo di valori delimitato da un limite superiore e un limite inferiore, nell'ambito del quale vi è una definita probabilità di contenere il valore reale della popolazione. O CLL ­ chronic lymphocytic leukemia: leucemia linfatica cronica, è una neoplasia del sangue che origina per lo più dai B­linfociti ed è la leucemia più frequente dell'adulto. O Comparator/control group: il braccio o il gruppo di pazienti di un trial randomizzato cui viene dato un trattamento di controllo. O CRC ­ metastatic colorectal cancer: carcinoma del colon retto metastatico. O CTCAE ­ Common Terminology Criteria for Adverse Events. O CTLA­4 ­ cytotoxic T­lymphocyte­associated antigen­4: è un recettore che si trova sulla superficie del T­linfocita e che funge da "immune­checkpoint": inibisce la risposta immunitaria quando si lega ai suoi li­ gandi (le proteine CD80 e CD86). O Cumulative risk: rischio cumulativo, è una misura del rischio totale che un certo evento compaia in un determinato periodo. O DCR ­ disease control rate or clinical benefit rate (CBR): è il rapporto (espresso in percentuale) della somma delle risposte complete, parziali e della stabilità della malattia sul totale dei pazienti. O DCs ­ dendritic cells: le cellule dendritiche sono un tipo di cellula del sistema immunitario in grado di presentare sulla propria superficie antigeni ai T­linfociti, stimolando la risposta immunitaria. O DFS o RFS ­ disease/recurrence free survival: intervallo di tempo tra il trattamento radicale e la ri­ comparsa della malattia. Queste definizioni sono specificate in maniera più dettagliata nei singoli studi. O DR ­ duration of response: durata di una risposta parziale (PR) o completa (CR), o di una stabilità (SD) di malattia dopo trattamento. O ECOG PS ­ eastern cooperative oncology group performance status: (vedi PS). O EFS ­ event­free survival: intervallo di tempo dall'inizio del trattamento alla comparsa di un evento pre­ definito che può essere una complicazione specifica della malattia o del trattamento. O EGFR ­ epidermal growth factor receptor è il recettore superficiale cellulare per i componenti della epidermal growth factor family (EGF­family). O EMA ­ European Medicines Agency. O FDA ­ Food and Drug Administration: Agenzia federale degli Stati Uniti d'America, responsabile della salute pubblica attraverso la supervisione e l'attività regolatoria della sicurezza degli alimenti, dei farmaci, dei vaccini, dei dispositivi medicali, dei cosmetici, dei supplementi dietetici, delle trasfusioni e delle radiazioni elet­ tromagnetiche. Novembre 2015 63 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 64 O FP ­ forest plot: è un grafico che, nelle meta­analisi, rappresenta la forza dell'effetto del trattamento in differenti studi che hanno cercato di rispondere allo stesso quesito; in un singolo studio, il forest plot può rap­ presentare la forza dell'efficacia del trattamento in differenti sottogruppi di pazienti. O G­CSF ­ granulocyte colony stimulating factor: è un fattore di crescita che stimola le cellule staminali emopoietiche a produrre granulociti; stimola inoltre la sopravvivenza, la proliferazione, la differenziazione e le funzioni dei neutrofili, sia precursori che maturi. Esistono analoghi farmaceutici del G­CSF endogeno che pos­ sono essere somministrati ai pazienti in caso di neutropenia severa. O GM­CSF ­ granulocyte­macrophage colony­stimulating factor: è un fattore di crescita che stimola le cellule staminali emopoietiche a produrre granulociti. O HR ­ hazard ratio: nelle analisi di sopravvivenza, l'hazard ratio rappresenta la media dei rapporti tra la mortalità nei due gruppi a confronto in ogni momento dello studio. Ad esempio, se l'HR per OS tra il gruppo di pazienti trattati con terapia sperimentale e quello di pazienti trattati con terapia standard è di 0.80, vuol di­ re che, mediamente, la mortalita' nel braccio del trattamento sperimentale è del 20% inferiore rispetto al braccio del trattamento standard. Da notare che l'hazard ratio ingora la dimensione temporale e considera solo l'ordine con cui si verificano i decessi nei due gruppi. O ICER ­ incremental cost effectiveness ratio: è l'indice statistico nell'analisi del rapporto costo ­ effica­ cia di un intervento di cura. O IDFS ­ invasive disease free survival: il tempo di vita o di sopravvivenza senza ritorno della malattia in­ vasiva dopo un periodo di trattamento adiuvante. O IFNa ­ interferons alpha: rappresentano un gruppo di proteine segnalanti la risposta di cellule dell'ospite alla presenza di patogeni di orgine batterica, virale, parassitaria o da cellule tumorali. O IL2 ­ interleukine 2: è un tipo di citochina che regola l'attività di globuli bianchi, principalmente linfociti e T linfociti. O IMDC ­ International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium. O irAEs ­ immune related Adverse Events: rappresentano gli eventi avversi destati da un trattamento immunologico di un tumore. O Kaplan­Meier (KM) curve: è il metodo più comune di stimare la sopravvivenza negli studi clinici. O KRAS ­ omologo del V­Ki­ras2 Kirsten rat sarcoma viral oncogene è una proteina che negli umani è co­ dificata dal gene KRAS. O LAG­3 ­ Lymphocite activation gene 3: è un omologo del CD4 selettivamente espresso in T cellule e NK cellule attivate. O LDH or LAD ­ lactate dehydrogenase: lattico­deidrogenasi, è un enzima che si ritrova in pressoché tutte le cellule e che catalizza la conversione di piruvato in lattato e viceversa; è coinvolto nel metabolismo dei tessuti tumorali. O mCMO ­ minimum clinically meaningful outcome: è uno degli standards di base nella conduzione della ricerca clinica, definito in modo specifico dalle Società Scientifiche di pertinenza. O Median: è il valore di mezzo di una serie di valori numerici distribuiti dal più piccolo al più grande; in uno studio clinico, la sopravvivenza mediana ad esempio rappresenta il tempo nel quale si è verificato l'evento (progressione o morte) nel 50% dei pazienti. O MEK: è una proteinchinasi, membro della famiglia delle MAPK (mitogen­activated protein kinases) e rap­ presenta un punto cruciale nelle vie di trasmissione del segnale intracellulare che attivano la crescita e la proli­ ferazione cellulare. MEKi ­ MEK Inhibitor. O Meta­analisi: è un insieme di metodi statistici utilizzati per combinare e confrontare i dati di diversi studi clinici. O MHC ­ major histocompatibility complex: le proteine del "complesso maggiore di istocompatibilità" sono una serie di proteine della superficie coinvolte nella regolazione del sistema immunitario. La loro princi­ pale funzione consiste nel legare frammenti di proteine ed esporli sulla superficie cellulare, per il riconosci­ mento da parte dei T­linfociti. O MRD ­ minimum residual disease: le cellule neoplastiche che residuano nel paziente dopo trattamento. O MSKCC ­ Memorial Sloan­Kettering Cancer Center: è un centro oncologico di New York. O mTOR ­ mammalian target of rapamycin: è una proteina che regola la proliferazione, la sopravviven­ za e la motilità cellulare. L'attività di mTOR può essere alterata in alcune patologie, incluso il cancro. O NED ­ no evidence of disease: un termine che descrive lo stato del paziente dopo trattamento. O NNT ­ number needed to treat: indica il numero di pazienti che bisogna trattare con una determinata terapia affinché un paziente ne tragga un particolare beneficio. O NRAS ­ neuroblastoma RAS viral oncogene homolog: è un gene appartenente alla famiglia "RAS" che codifica per una proteina coinvolta nella trasmissione del segnale intracellulare e che attiva segnali di cre­ scita e proliferazione cellulare. È chiamato NRAS per la sua iniziale identificazione in cellule di neuroblastoma. O NSCLC ­ non small cell lung carcinoma: carcinoma polmonare non a piccole cellule; è una delle due Novembre 2015 IMMUNONCOLOGIA grandi famiglie (1. Tumore del polmone a piccole cellule, o microcitoma; 2. Tumore del polmone non a picco­ le cellule) in cui si classifica il tumore polmonare. O OR ­ odds ratio: è il rapporto tra due rapporti: il rapporto tra la probabilità che si verifichi un determina­ to evento e la probabilità che non si verifichi, in un gruppo di pazienti rappresenta gli odds dell'evento: il rap­ porto tra gli odds nei trattati e gli odds nel gruppo di controllo è l'odds ratio. O ORR ­ overall response rate: è il tasso di risposta complessivo (ossia la somma dei tassi di risposte complete e risposte parziali) della malattia ottenuto nei pazienti. La risposta valutata secondo i criteri RECIST. O OS ­ overall survival: è la misura della sopravvivenza e può essere espressa come intervallo di tempo dalla diagnosi o dall'inizio del trattamento alla morte del paziente per qualsiasi causa. O OS rate ­ overall survival rate: percentuale di pazienti sopravviventi dopo un certo intervallo temporale dalla diagnosi. O pCR ­ pathologic complete response: l'assenza verificata istologicamente di ogni residuo neoplastico dopo il trattamento (sistemico ± radioterapico) preoperatorio. O PD­1 ­ programmed cell death protein­1: è una proteina di superficie espressa sui T­linfociti, che si lega a due ligandi: PD­L1 e PD­L2. Quando PD­1 si lega ai suoi ligandi, si ha una inibizione della risposta immu­ nitaria. O PD­L1 ­ programmed death­ligand 1: proteina codificata dal gene CD274 si lega ai recettori specifici di T, B cellule e cellule mieloidi per modularne l'attivazione o l'inibizione. L'interazione PD­1/PD­L1 è inplicata in diverse linee di evidenza dell'autoimmunità. O PD­L2 ­ programmed death­ligand 2: è il secondo ligante del PD­1 e inibisce l'attivazione delle cellule T. O PFS o PfS ­ performance status: è un tentativo di misurare quantitativamente lo stato di benessere e di qualità di vita giornaliera in un paziente con cancro. O PFS ­ progression­free survival: è l'intervallo di tempo dall'inizio del trattamento alla progressione della malattia (o morte per qualsiasi causa). O Pivotal study: lo studio clinico che rappresenta il presupposto per la richiesta di approvazione di un far­ maco alle autorità regolatorie. O PK ­ pharmacokinetics: studia l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'eliminazione di un far­ maco dopo la sua somministrazione. O PI3K­AKT ­ phosphatidylinositol­3­kinase and protein kinase B: PI3K (fosfatidilinositolo­3­chinasi) e AKT (proteinchinasi B) sono due componenti di una via di trasmissione del segnale intracellulare, che regola importanti processi metabolici, di crescita e sopravvivenza cellulare. O Plotted curves: indicano la concentrazione di due diverse formulazioni di un farmaco in un tempo deter­ minato. CMax indica la concentrazione massima e Ctrough è la concentrazione minima in un intervallo di tempo determinato. O PROs ­ patient reported outcomes: costituiscono parametri valutati mediante questionari ai quali ri­ spondono direttamente i pazienti; in generale, rappresentano l'impatto del trattamento nella vita di ogni gior­ no. O PS ­ performance status: il "performance status" rappresenta il livello di salute dei pazienti oncologici e la loro capacità di svolgere attività della vita quotidiana. L'ECOG (gruppo oncologico cooperativo orientale statunitense) classifica il performance status dei pazienti con un punteggio da 0 a 5: 0: paziente asintomatico; 1: paziente sintomatico ma in grado di camminare e svolgere lavori leggeri; 2: paziente sintomatico, confinato nel letto o in poltrona per meno del 50% delle ore di veglia; 3: paziente sintomatico, confinato nel letto o in poltrona per più del 50% delle ore di veglia; 4: paziente confinato a letto; 5: paziente deceduto. Un'altra scala utilizzata per valutare il PS è quella di Karnofsky, che va da 100 a 0, dove 100 è il paziente in ottima salute, e 0 il paziente deceduto. O P­value: esprime la probabilità di osservare una differenza osservata tra due gruppi di trattamento grande quanto quella osservata o piu' grande per puro effetto del caso. Quando si calcola il p­value, in genere deve essere pre­specificata una soglia, chiamata "livello di significatività", al di sopra della quale la differenza osserva­ ta non viene considerata statisticamente significativa (in genere la soglia di significatività viene stabilita al 5%, ossia 0.05, o al 1%, ossia 0.01). O QoL ­ quality of life: è la qualità di vita, misurabile in genere con questionari e scale di risposta. Può esse­ re oggi misurata anche con i PROs ­ Patient Reported Outcomes. O Randomised ­ randomizzato: è la definizione di uno studio clinico in cui l'assegnazione del paziente al braccio di trattamento avviene in maniera casuale, seguendo precisi metodi di randomizzazione specificati nel singolo studio. O RCC ­ renal cell carcinoma: carcinoma a cellule renali, è il tumore del rene più frequente nell'adulto. mRCC ­ metastatic renal cell carcinoma. O RECIST ­ Response Evaluation Criteria In Solid Tumors: sono i criteri più utilizzati per valutare la Novembre 2015 QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 65 IMMUNONCOLOGIA QUADERNI la nuova frontiera nella lotta ai tumori 66 risposta del tumore al trattamento e si basano su modifiche dimensionali di lesioni tumorali bersaglio. La ri­ sposta può essere: risposta completa: scomparsa del tumore; risposta parziale: riduzione del 30% della somma dei diametri maggiori delle lesioni tumorali bersaglio; progressione: aumento del 20% della somma dei diame­ tri maggiori delle lesioni tumorali bersaglio, o comparsa di nuove lesioni; stabilità: variazione compresa tra ­20% e +30% della somma dei diametri maggiori delle lesioni tumorali bersaglio. O Relative survival rate: è il rapporto tra la percentuale di soggetti sopravviventi in una coorte di pazienti affetti da cancro e la percentuale di soggetti sopravviventi in una coorte di pazienti con caratteristiche sovrap­ ponibili (età, sesso), ma non affetti da cancro. O RFS­DFS ­ relapse­free survival o recurrence­free survival o disease­free survival: tempo di so­ pravvivenza senza ricaduta, dopo trattamento radicale. O ROS ­ reactive oxygen species: molecole altamente reattive legate al sistema immune e attive nell'im­ munità adattiva e particolarmente nella soppressione immune. O RR ­ response rate: è il tasso di risposta al trattamento (vedi anche ORR). O RRR ­ relative risk reduction: è la riduzione del rischio relativo ed è calcolata come segue: (tasso di eventi del gruppo sperimentale – tasso di eventi del gruppo di controllo) / tasso di eventi del gruppo di con­ trollo. O Statistically significant: statisticamente significativo quando il p­value è inferiore al livello stabilito per la significatività. O Stratification: è il meccanismo mediante il quale, in uno studio clinico randomizzato, i pazienti vengono stratificati a seconda di fattori prognostici noti (età, sesso, caratteristiche demografiche), per eliminare even­ tuali fattori confondenti. O TILs ­ tumor­infiltrating lymphocytes: linfociti infiltranti il tumore: sono cellule del sistema immunita­ rio riscontrate nel tessuto tumorale; la loro presenza spesso si associa a una prognosi migliore. O TKIs ­ tyrosine kinase inhibitors: inibitori tirosinchinasici: sono farmaci che inibiscono l'attività di alcuni enzimi coinvolti nelle vie di trasduzione del segnale intracellulare. O VEGF ­ vascular endothelial growth factor: fattore di crescita dell'endotelio vascolare, è una proteina coinvolta nell'angiogenesi, il processo di formazione di nuovi vasi tumorali. O WTP ­ willingness to pay: disponibilità a pagare, concetto economico che rientra nella "economica del benessere" e che può avere un valore esplicativo per norme economiche sulla gestione della salute. Novembre 2015