L`immunologia nello studio dei tumori: il tema e le potenzialità attuali

IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
SOMMARIO
Il tema
5
9
11
CAPITOLO 1
Le domande
13
Autori
L'obiettivo
13
16
18
19
20
21
1. cosa è oggi l'immunoncologia? 2. quali sono le prime acquisizioni cliniche? 3. quale è il rapporto efficacia/tossicità? 4. quali sono i criteri di valutazione del risultato? 5. quale modifica di prospettiva ci si può aspettare? 6. come si posiziona la immunoncologia nella guerra al cancro ad oggi? CAPITOLO 2
Le risposte
23
Introduzione: il percorso verso l'immunoncologia
23
24
25
28
28
29
31
33
36
36
37
40
L'immunologia nello studio dei tumori: il tema e le potenzialità attuali
Le potenzialità attuali
Tumori e anticorpi: melanoma, carcinoma del polmone, carcinoma renale e linfoma Melanoma
Carcinoma del polmone
Carcinoma renale Linfoma
Quadri clinici e gestione della tossicità: la sicurezza a oggi
Sicurezza nei profili di tossicità
Quadri clinici e gestione della tossicità La sicurezza a oggi direttore responsabile
ROBERTO NAPOLETANO
vice direttore
ROBERTO TURNO
Allegato al n. 42
17­23 novembre 2015
reg. Trib. Milano n. 679 del 7/10/98
Novembre 2015
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Biomarkers: fattori predittivi di efficacia e indicatori di risposta
Fattori predittivi di efficacia
Indicatori di risposta
Benefici e valutazione economica dell'immunoterapia
Valutazione del beneficio clinico dell'immunoterapia
Valutazione economica Alcune conclusioni: l'immunoncologia ad oggi
Bibliografia
Glossario 4
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42
43
46
46
47
51
53
63
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Gli Autori Paolo Antonio ASCIERTO. Direttore, UOC Melanoma, Immunologia Oncologica e Terapie
Innovative. Istituto Nazionale Tumori. Fondazione Pascale. Napoli.
e­mail: [email protected]
Sergio BRACARDA. Direttore, UOC di Oncologia Medica e Dipartimento Oncologico,
Azienda USL­8, Istituto Toscano Tumori (ITT), Ospedale San Donato. Arezzo.
e­mail: [email protected]
Paolo BRUZZI. Direttore, UOC Epidemiologia Clinica, IRCCS AOU San Martino ­ IST ­ Isti­
tuto Nazionale per la Ricerca sul Cancro. Genova.
e­mail: [email protected]
Lucio CRINÒ. Professore di Oncologia Medica e Direttore di Oncologia, Azienda Ospedalie­
ra e Università di Perugia. Perugia.
e­mail: [email protected]
Stefania GORI. Direttore, Dipartimento di Oncologia, Ospedale Sacro Cuore ­ Don Calabria.
Negrar (Verona). e­mail: [email protected]
Alberto LOMBARDI. Consulente Medico­Scientifico, Fondazione Giovanni Lorenzini, Medical
Science Foundation. Milano.
e­mail: [email protected]
Francesco Saverio MENNINI. Professore di Economia Sanitaria, Facoltà di Economia, Uni­
versità Tor Vergata, Roma; Visiting Professor, Institute for Leadership and Management, Kingston
University. London (UK).
e­mail: [email protected]
Antonio PALUMBO. Myeloma Unit, Dipartimento di Ematologia. Università di Torino. Torino.
e­mail: [email protected]
Andrea PERACINO. Vice Presidente, Fondazione Giovanni Lorenzini, Medical Science Foun­
dation. Milano e Houston, TX (USA). e­mail: [email protected]
Pier Luigi ZINZANI. Professore di Ematologia, Istituto di Ematologia "L. e A. Seràgnoli". Uni­
versità di Bologna. Bologna. e­mail: [email protected]
Coordinamento del Progetto
Emanuela Folco, Alberto Lombardi e Andrea Peracino
(Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation. Milano, Italia ­ Houston, TX, USA)
Novembre 2015
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
La Fondazione Giovanni Lorenzini (www.lorenzinifoundation.org), con sede in
Italia a Milano e negli USA a Houston (Texas), è Ente Morale senza fini di lucro legalmente riconosciuto dallo Stato Italiano con DPR 243 del 30 marzo 1976, ed è registrata nel Bo­
ard degli enti non­profit riconosciuti dallo Stato del Texas (USA). Dal 1969 promuove la
diffusione delle conoscenze bioscientifiche, biomediche, cliniche e di bioeconomia nell'am­
bito della Medicina translazionale, sia in Italia che all'estero. L'obiettivo primario della Fon­
dazione è far sì che le principali acquisizioni della ricerca di base e clinica vengano rese di­
sponibili e applicabili sia presso la comunità medica nazionale ed internazionale che presso
i cittadini. Per questo la Fondazione mantiene e stabilisce collaborazioni e intese con le
principali istituzioni accademiche del mondo, occupandosi anche di formazione e aggiorna­
mento sulla proiezione, a favore del cittadino, della sostenibilità clinica ed economica del
percorso medico. La Fondazione ha un ruolo riconosciuto internazionalmente di facilitatore indipendente
e di promotore di efficaci campagne di prevenzione nei confronti delle patologie a largo impatto sociale. In prospettiva di soluzioni specifiche la Fondazione mette la sua ultra­qua­
rantennale esperienza nel campo della comunicazione sulla salute a disposizione di organiz­
zazioni nazionali e internazionali, come università, ospedali, società scientifiche, industria,
mondo dell'economia e non ultimo il mondo regolatorio e di decisione politica. Segreteria del Progetto
Elena Colombo Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation
Viale Piave, 35 ­ 20129 Milano
Tel.: 02 ­ 29006267 Email: [email protected]
Website: www.lorenzinifoundation.org
Novembre 2015
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IMMUNONCOLOGIA
L'obiettivo
L
a medicina sta attraversando un pe­
riodo di significative innovazioni, per
le nuove conoscenze che la ricerca
e la clinica stanno introducendo e
per le risposte che il malato e la so­
cietà stanno producendo. Lo sviluppo delle co­
noscenze diagnostiche, l'introduzione di nuovi trattamenti farmacologici, e la sempre più vasta
presenza di tecnologie nel trattamento del pa­
ziente, consolidano ogni giorno la necessità di
rivedere in modo continuo il rapporto medico­
cura­malattia­paziente e quindi il rapporto tra gli attori della medicina che non sono più solo il
medico e il malato, e il ricercatore di base ma
anche gli economisti, i revisori, gli esperti di
processi e di funzioni, e non ultimi i decisori di
sistema o di stato.
La complessità di questo scenario non deve
spaventare, anzi sta apportando al malato e in
definitiva al cittadino sempre più efficienti e
consolidati sistemi di diagnosi e cura e quindi un maggior consolidamento della difesa o della
ricerca della salute.
L'oncologia è una delle aree in cui il beneficio di
una crescita esponenziale di conoscenze e di
una coerente adesione organizzativa produce
un effetto importante. E proprio nell'oncologia si osserva, in modo fortemente indicativo come
effetto della congiunzione di queste diverse te­
matiche, il ritorno efficace della immunologia. L'immunoncologia rappresenta oggi un punto
nodale della nuova oncologia, grazie ad esempio
alla sviluppata capacità di produrre anticorpi
specifici nei confronti di sistemi bloccanti il si­
stema immunitario nella risposta alla prolifera­
zione della cellula neoplastica. Va sottolineato
che questo percorso di sviluppo nasce non solo
dal lavoro di ricercatori, nei laboratori, e di cli­
nici, nel reparto, ma dalla collaborazione stretta
con altri mondi quali, per citarne alcuni, quelli
dell'economia, della gestione e della regolamen­
tazione. Ma soprattutto nasce dalla capacità di
coesione di queste figure tra loro in un percor­
so dalle profonde caratteristiche industriali. E'
questa un'operazione per il malato che non so­
lo nasce e si sviluppa nell'industria, ma deve po­
tere conservare il concetto industriale nei per­
Novembre 2015
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
corsi di trasferimento e di consolidamento della nuova immunoncologia a vantaggio di un sog­
getto paziente all'interno di una società che de­
ve partecipare al percorso in un'ottica di effica­
cia e sostenibilità.
L'immunoncologia, come il documento cerche­
rà di evidenziare, è infatti un modo nuovo di sviluppare un percorso terapeutico nell'area dei
tumori. Al significato della stimolazione dell'an­
ticorpo con una introduzione naturale o provo­
cata da un antigene, come inteso e riconosciuto
dalla fine del 1700 ad oggi, si aggiunge la costru­
zione di un sistema di sblocco della "prigionia"
in cui viene tenuta la cellula immune in seguito
alla proliferazione e aggressione diretta del tu­
more. Su questo preciso percorso "industriale"
si moltiplicano gli interventi delle diverse com­
petenze mediche e di controllo per dare o rida­
re al malato la capacità di difendersi dalla cellula tumorale così come è abituato a fare nel caso
di batteri e virus.
La riattivazione del sistema immunitario di fron­
te al tumore, rappresenta quindi la rivoluzione
di un approccio che ripristina una funzione di difesa (immune). Non in alternativa, almeno per
ora, alla chemioterapia e alla radioterapia, che per quanto guidate e perfezionate provocano
danni non solo alla cellula neoplastica ma anche
a quanto sta intorno ad essa nell'organismo. In
questa fase iniziale appare importante supporta­
re nella comprensione di queste tematiche non
tanto gli oncologi, che già stanno cercando di dare una maggiore efficacia ai loro interventi te­
rapeutici anche con la nuova immunoncologia, quanto chi non ha l'esperienza dell'oncologo, ma è impegnato a collaborare con l'oncologo
stesso, facilitando in tutti i sensi il percorso del
malato nella guerra al tumore.
Naturalmente in questo momento non si puo'
dire quanti tumori potranno essere trattati con
successo con approcci derivanti dall'immunon­
cologia e non è ancora completamente cono­
sciuta la durata dell'effetto di questi trattamenti. Appare comunque importante che tutti gli
esperti in questo campo possano lavorare insie­
me per aprire e consolidare una strada che ap­
pare sempre piu' importante.
O
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Il tema L
a ricerca clinica sullo sviluppo del
cancro ha portato in questi ultimi
tempi a una serie di percorsi diagno­
stici e terapeutici che stanno met­
tendo robuste basi ad un cambia­
mento importante del percorso medico, sia per quanto riguarda la ricerca sia per quanto riguar­
da la validazione regolatoria ed economica dello
sviluppo clinico, che porti a riduzione di morta­
lità a breve e anche a lunga distanza, del pazien­
te con tumore.
L'immunoncologia rappresenta oggi una nuo­
va e decisamente promettente sfida che la ri­
cerca medica sta portando nel trattamento del
cancro e che si basa sulle nuove conoscenze
della neo­sintesi di anticorpi.
Questi studi e sviluppi hanno evidenziato la
possibilità di utilizzare il meccanismo di rove­
sciamento del blocco che la cellula tumorale in­
duce sulla risposta naturale immune, restauran­
do la potenzialità della difesa immunologica
contro l'aggressione. Tale nuovo percorso si
associa, e in futuro condizionerà positivamente,
l'attuale strategia terapeutica dei tumori basata
su programmi chemioterapici, radioterapici e chirurgici, introducendo un modo completa­
mente nuovo di affrontare tumori anche diversi
con percorso trasversale comune di aggressio­
ne ed evidenti possibilità di guarigione.
A sostegno di questa prospettiva si sono voluti
riassumere in due percorsi la valutazione e quindi la espansione delle potenzialità reali dell'immunoncologia: da un lato con la risposta della medicina oncologica che sta consolidando
l'efficienza clinica, e dall'altro con la domanda del mondo
della strategia
medica e del­
la organizza­
zione sanita­
ria che è chia­
mata a rende­
re efficace e sostenibile questa trasformazione. Per consentire al lettore di mantenere una ri­
gorosità di valutazione, i due percorsi sono af­
frontati in due capitoli distinti, in modo da pro­
porre un documento di analisi, ma anche di di­
scussione, sulla effettiva introduzione e sull'effi­
ciente utilizzo di questi nuovi approcci
terapeutici con indubbi benefici per il paziente. Il primo capitolo viene dedicato alla domanda che il decisore, nel sistema regolatorio, regio­
nale, ospedaliero, espone per poter conoscere potenzialità e riflessi dell'immunoncologia nel
mondo della sanità. In questo contesto il signifi­
cato e il valore del nuovo percorso immunon­
cologico viene confrontato con le risposte degli specialisti al mondo dirigenziale e di gestione del Sistema Sanitario Nazionale. Nel secondo capitolo viene riassunta la evolu­
zione delle potenzialità dell'immunoncologia
nell'ampio scenario del trattamento emergente per alcuni tumori. Qui è raccolta la configurazio­
ne della immunoncologia come conoscenza ed
esperienza in oncologia medica.
L'obiettivo finale è quello di ottenere da una
necessaria sinergia pratica e culturale dei due
percorsi, la valutazione del progresso che la
nuova immunoncologia potrà portare al tratta­
mento del malato oggi e domani.
O
Il tema dell'immunoncologia oggi
L'immunoncologia rappresenta oggi una nuova, e decisamente promettente, sfida che la ri­
cerca medica sta portando nel trattamento del cancro: è basata su nuove conoscenze nella neo­
sintesi di anticorpi.
L'immunoncologia si unisce alla chirurgia, alla radioterapia, alla chemioterapia e alla endocri­
noterapia, quale importante opzione terapeutica per i pazienti oncologici.
L'immunoncologia, detta anche immuno­oncoterapia non è da confondere con l'immunote­
rapia ‘classica', utilizzata per le malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, lupus eritema­
toso sistemico, sclerosi multipla, psoriasi, etc… Novembre 2015
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 1 / LE DOMANDE 1. COSA È OGGI L'IMMUNONCOLOGIA?
Quali sono gli elementi essenziali che la rappresentano?
Quanto e perché essa ha un ruolo fondamentale nel cancro?
Perché se ne deve parlare oggi?
P
artendo dalle co­
noscenze sulla
immunoterapia,
negli ultimi anni
è stato possibile
isolare e produrre anticorpi
monoclonali umanizzati a fini
terapeutici. Gli anticorpi mo­
noclonali sono anticorpi in
grado di riconoscere mole­
cole o antigeni specifici e
possono essere sintetizzati
in modo adeguato nei con­
fronti di ogni singolo antige­
ne. L'avanzamento tecnologi­
co degli ultimi anni ha per­
messo di umanizzare tali an­
ticorpi e di impiegarli come
vettori di terapia in quanto
riconosciuti dal sistema im­
munitario come propri. La
stimolazione infatti delle T cellule (i T linfociti), che me­
diano la risposta immune an­
ti­tumorale, rappresenta un
goal dei molti studi di questi
ultimi anni. Le T cellule non
agiscono da sole ma, insieme
alle B cellule e agli anticorpi che queste producono, pos­
sono attivare o sopprimere la
risposta nei confronti degli antigeni tumorali e, quindi,
agire in modo da risultare
sempre più efficaci come te­
rapia.
La crescita delle conoscenze
sulla aggressione del tumore
sull'organismo ha evidenzia­
to come le cellule neoplasti­
che siano capaci di legare e
Novembre 2015
La stimolazione
delle T cellule,
che mediano la risposta immune
anti­tumorale, rappresenta un «goal» dei molti
studi realizzati
in questi
ultimi anni
inibire le cellule T bloccan­
done la azione, e quindi fa­
vorendo la progressione del­
la moltiplicazione neoplasti­
ca.
L'importante sviluppo della
ricerca in questi ultimi anni
ha consentito di sviluppare
nuovi anticorpi umani capaci
di scindere lo stretto legame
tra cellula neoplastica e il T
linfocita, ridando alla rispo­
sta immune naturale dell'or­
ganismo la potenzialità di su­
perare la aggressione del tu­
more. Questo percorso ha
aggiunto nuovi strumenti alla
terapia oncologica aggiun­
gendo nuova efficacia tera­
peutica alle consolidate tera­
pie chemioterapiche, radio­
logiche e chirurgiche.
Nel marzo 2011, FDA (Food
and Drug Administration)
approvava l'ipilimumab per il
trattamento del melanoma
non asportabile o metastati­
co, cui seguiva nel luglio del­
lo stesso anno l'approvazio­
ne da parte di EMA (Europe­
an Medicine Agencies). Nel
settembre del 2014 veniva
accelerata la approvazione
del pembrolizumab da parte
di FDA che nel dicembre
dello stesso anno approvava
il nivolumab per il tratta­
mento del melanoma meta­
statico o non operabile. Nel
gennaio 2015 la approvazio­
ne del nivolumab veniva
commentata dagli scienziati
come una importante nuova
opzione terapeutica conside­
rando l'alto tasso della rispo­
sta terapeutica (32%) e della
sua durata. EMA approvava
nel giugno del 2015 il nivolu­
mab e, nel luglio del 2015, il
pembrolizumab per il tratta­
mento del melanoma meta­
statico o non operabile.
Questi momenti di impor­
tanza ufficiale consolidano
l'avvio della immunoncolo­
gia come intervento efficace
nei pazienti e non solo per il
melanoma. Questi momenti
richiamano oggi i risultati
che possono essere attesi
dallo sviluppo della immuno­
logia nei tumori (Tabella
1.1).
O
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Tabella 1.1
Quando è nata la Immunoncologia?
2015 ­ FDA approva nivolumab per il trattamento del tumore del polmone non a piccole
cellule (NSCLC) squamoso metastatico
2015 ­ EMA approvato nivolumab per il trattamento del tumore del polmone non a picco­
le cellule (NSCLC) squamoso metastatico
2015 ­ EMA approva nivolumab e pembrolizumab per il trattamento del melanoma meta­
statico
2014 ­ FDA approva nivolumab e pembrolizumab per il trattamento del melanoma meta­
statico
2013 ­ AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) approva ipilimumab per il trattamento in Italia
del melanoma metastatico
2011­ FDA ed EMA approvano ipilimumab per il trattamento del melanoma metastatico
2010 ­ FDA approva l'uso del vaccino sipuleucel­T nel trattamento del carcinoma prostati­
co metastatico resistente alla castrazione
1986­2000 ­ Garantite le approvazioni per l'utilizzo di interferoni (IFNs) e IL­2 nel tratta­
mento delle neoplasie
1975 ­ George Köhler e César Milstein sviluppano la tecnologia per la produzione di anti­
corpi monoclonali
1970 ­ Donald Morton descrive una regressione tumorale significativa dopo iniezione di
vaccino BCG (Bacillo Calmette­Guerin) in pazienti affetti da melanoma; più tardi il BCG di­
venta terapia standard per il tumore superficiale della vescica
1968 ­ Primo trapianto di midollo osseo allogenico (ABMT); dagli anni ‘80 l'ABMT diventa
trattamento standard per le malattie ematologiche
1957 ­ Sir Frank Macfarlane Burnet suggerisce che le cellule tumorali possono causare una
risposta immunitaria in grado di distruggere il tumore senza alcuna manifestazione clinica
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Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
1901 ­ Emil Adolf von Behring riceveva il primo premio nobel della medicina per i suoi stu­
di sulla sieroterapia
1900 ­ Paul Ehrlich suggerisce che alcune molecole all'interno dell'organismo possono es­
sere in grado di combattere i tumori
1891 ­ William Coley usa l'infezione batterica con la tossina Coley per curare il cancro
1798 ­ Edward Jenner pubblica lo studio che dimostra l'efficacia del vaccino del vaiolo
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
2. QUALI SONO LE PRIME ACQUISIZIONI CLINICHE?
In quali patologie è oggi riconosciuta la attività dei nuovi anticorpi immunoncologici?
Quali sono i risultati che emergono dalla applicazione immunoterapica in tali sedi?
Quali sono gli elementi che giustificano la trasversalità di impiego?
I
n Italia 11.000 nuovi casi
di melanoma sono
stati diagnosticati nel
2014 e 81.000 sono le
persone che convivono
con una pregressa diagnosi di
melanoma cutaneo (circa
34.000 maschi e 47.000 fem­
mine). L'incidenza del melano­
ma maligno è da anni in co­
stante ascesa sia negli uomini
(+ 3,6%/anno), che nelle don­
ne (+ 3,7%/anno). Questo fe­
nomeno è attribuibile al con­
testuale aumento della diagno­
si precoce e al ruolo eziopato­
genetico delle radiazioni UV,
mentre la frazione di malattia
attribuibile a fattori genetici sembra stabile nel tempo. In
Italia i decessi per melanoma
maligno costituiscono l'1% di
tutta la mortalità per tumore
(circa 1.800 all'anno).
Il melanoma rappresenta og­
gi un'area di studio e di impor­
tanti risultati nell'utilizzo di al­
cuni percorsi anticorpali come
quelli autorizzati per l'uso:
l'ipilimumab, il nivolumab e il
pembrolizumab. Queste os­
servazioni nel melanoma han­
no consentito di meglio carat­
terizzare il potenziale mecca­
nismo d'azione trasversale per
differenti neoplasie e pongono
con urgenza la necessità di
comprendere meglio le carat­
teristiche degli ammalati che
beneficiano del trattamento e,
soprattutto, le ragioni del falli­
mento dell'immunoterapia in
quegli ammalati che non ne
beneficiano.
Il carcinoma del polmone
16
Il melanoma è oggi un’area di studi e di importanti risultati nell’utilizzo di alcuni percorsi anticorpali come quelli autorizzati per l’uso: ipilimumab, nivolumab e pembrolizumab
rappresenta oggi nel mondo la
prima causa di morte per can­
cro, superando la mortalità
complessiva del carcinoma
della prostata, della mammella
e del colon retto. Circa l'85%
dei tumori del polmone sono
rappresentati dal non ­small cell ­lung ­carcinoma­ NSCLC, in
cui l'adenocarcinoma (> 50%)
e il carcinoma a cellule squa­
mose (25%) rappresentano i
due tipi istologici predominan­
ti.
Si valuta che in Italia nel 2014
vi siano stati 40.000 nuovi casi
di tumore del polmone per il
30% nel sesso femminile, con
una mortalità di circa 34.000
casi. Alla base di questi dati,
che pongono i tumori del pol­
mone come una vera emer­
genza in campo socio­sanita­
rio, rimane la constatazione
che la maggior parte delle
neoplasie polmonari viene dia­
gnosticata in fase avanzata (60­
70%) per lo più al IV stadio di
malattia, dove il trattamento di
scelta nella maggior parte dei
casi è rappresentato dalla te­
rapia farmacologica sistemica.
La medicina di precisione, ba­
sata sull'individualizzazione di
bersagli terapeutici specifici,
rappresenta un indubbio pro­
gresso nel trattamento delle
neoplasie polmonari dando
all'immunoterapia un significa­
to importante. L'impiego di
anticorpi monoclonali in prima
linea o in associazione o in se­
quenza con la chemioterapia, è
già oggetto non solo di rifles­
sione e di studi, ma è già nel
percorso di consolidamento
terapeutico nei maggiori centri internazionali di oncologia.
Il carcinoma a cellule rena­
li (RCC), o a cellule chiare,
rappresenta il 3­4% dei tumori
epiteliali nel mondo e il 75%
circa dei tumori renali paren­
chimali (sono esclusi quelli
dell'alta via escretrice). Un 20­
30% circa di questi pazienti si
presenta alla diagnosi già con
metastasi, mentre un altro
30% circa le sviluppa successi­
vamente alla chirurgia renale
(quasi sempre nephron spa­
ring). RCC rappresenta quindi
nel mondo occidentale uno
dei primi dieci tumori solidi
per incidenza. Le sedi di malat­
tia a distanza più frequenti so­
no quelle polmonari, epatiche, linfonodali e ossee, queste ul­
time presenti in quasi il 35%
dei casi. Il carcinoma renale
è stato uno delle prime neo­
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
plasie in cui, in passato, si è
tentato di impiegare un tratta­
mento immunologico, anche in
considerazione della sua stori­
ca chemio­ e radio­resistenza.
Oggi è un'importante area di
studio non solo per i nuovi an­
ticorpi ma anche per la messa
a punto di innovative modalità
di valutazione dei risultati dei
nuovi approcci terapeutici im­
munoncologici.
Il linfoma rappresenta sicura­
mente la neoplasia ematologi­
ca con la più alta percentuale
di guarigione (circa l'80% dei
pazienti) utilizzando la chemio­
terapia convenzionale rappre­
sentata dal regime ABVD
(adriamicina, bleomicina, vin­
blastina e dacarbazina). Allo
stesso tempo è da oltre 20 an­
ni che si cerca di ridurre quel
20% di "zoccolo duro" rappre­
sentato dai pazienti refrattari alla chemioterapia.
Il linfoma oggi rappresenta il
nuovo obiettivo della immu­
noncologia: l'area di studio è
assai complessa considerando
che a proliferare neoplastica­
mente sono le cellule linfocita­
rie che sono chiamate nelle al­
tre condizioni neoplastiche alla protezione del soggetto. La
nuova era per quanto riguarda
la terapia dei linfomi, dove uno
degli obiettivi dei prossimi an­
ni sarà quello di poter riuscire
a trattare questi pazienti con
una esclusiva terapia immuno­
logica, porrà delle domande
sul ruolo attuale della chemio­
terapia.
La varietà anatomopatologica
di intervento (ad oggi) e di
prognosi (ad oggi) dei tumori presi in considerazione costi­
tuisce la ragione della scelta
proprio per aprire la discus­
sione su un approccio tera­
peutico oncologico comune.
Quanto descritto richiama la
evidenza del percorso trasver­
sale che la immunoncologia sta
affrontando (Figura 1.1 e Figu­
ra 1.2).
O
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Figura 1.1
Le cellule di alcuni carcinomi
Melonoma metastatico
Spino cellulare del polmone
A larghe cellule del polmone
Cellule chiare del rene
Novembre 2015
Linfoma
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
3. QUALE È IL RAPPORTO EFFICACIA/TOSSICITÀ?
Quali sono le valutazioni riscontrate di questo rapporto?
Qual è il significato di queste valutazioni sull'impiego clinico?
Quale deve essere l'approccio medico nella gestione del rapporto efficacia/tossicità?
L
e diverse fasi di stu­
dio dei primi anticor­
pi registrati (ipilimu­
mab, nivolumab,
pembrolizumab) han­
no consentito di verificare il rap­
porto efficacia/tossicità, e di me­
glio identificare anche il percorso fisiopatologico di attività nei con­
fronti del legame tra cellula neo­
plastica e anticorpo. A differenza degli effetti collaterali dei chemio­
terapici e degli agenti a bersaglio molecolare, quelli legati alla som­
ministrazione di inibitori del c.d. immune­checkpoint, risultano gesti­
bili e abbastanza ben tollerati dai pazienti. Nella valutazione della potenziale tossicità immuno­cor­
relata (vedere anche Tabella 1.2), è importante considerare le co­
morbidità dei pazienti quando si propone un trattamento di que­
sto tipo, tenendo conto che le malattie autoimmunitarie pre­esi­
stenti rappresentano una contro­
indicazione al trattamento. Una corretta gestione della risposta nel rapporto efficacia/tossicità de­
ve essere impostata su: un'ade­
Nella valutazione della potenziale tossicità
immunocorrelata
è importante considerare le comorbidità dei pazienti quando si propone questo tipo di trattamento
guata conoscenza delle tossicità da parte dell'oncologo; un'ade­
guata informazione dei pazienti e una buona comunicazione del pa­
ziente con il proprio medico di famiglia. La segnalazione degli ef­
fetti collaterali diventa un neces­
sario impegno del medico curan­
te e una adeguata risposta tempe­
stiva da parte non solo della auto­
rità specifica, ma soprattutto da parte della azienda industriale. Proprio le caratteristiche di inno­
vazione dell'approccio immunolo­
gico spingono l'industria sviluppa­
trice del percorso terapeutico a operare in stretta vicinanza al me­
dico e in perfetta considerazione della singolarità del paziente. Il singolo paziente è sempre un in­
sieme di caratteristiche non solo fisiopatologiche o di malattia, ma anche di cultura e di appartenen­
za sociale sempre diverse dagli al­
tri. Una diagnosi e un trattamento tempestivi modificano enorme­
mente il percorso di efficacia ma anche gli effetti collaterali.
È fondamentale che il clinico sia formato al riconoscimento pre­
coce della tossicità e all'applicazio­
ne dei protocolli di corretta ge­
stione degli effetti collaterali, pos­
sibilmente nell'ambito di una col­
laborazione multidisciplinare (oncologo medico, gastroentero­
logo, endocrinologo, medico di medicina generale, patologo, ra­
diologo, chirurgo, economista, etc.), al fine di garantire la sicurez­
za dei pazienti.
O
Tabella 1.2
Chemioterapia e Immunoterapia
Immunoterapia
Chemioterapia
O Agisce sul sistema immunitario per lanciare un attacco O Agisce in generale sulla divisione cellulare delle cellule
alle cellule tumorali
tumorali
O Il potenziamento del sistema immunitario può portare ad O La chemioterapia tradizionale non è selettiva nelle cellule
un aumento delle cellule immunitarie in altre parti del che colpisce; per questo può anche bloccare la separazione
corpo in cui la risposta non è necessaria
delle cellule sane e ciò può causare effetti collaterali O Un temporaneo effetto infiammatorio su tessuti sani, O Gli effetti collaterali possono includere *:
quali *:
­ Perdita di capelli
­ intestino: causa diarrea come effetto collaterale
­ Nausea e vomito
anticipato
­ Neuropatia
­ cute: provoca prurito e dermatite
­ Infezioni
* Solo alcuni esempi forniti a scopo illustrativo
18
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
4. QUALI SONO I CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RISULTATO? QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Esistono dei marcatori dell'effetto dell'intervento?
Quali sono gli indicatori di efficacia?
Quale è l'attesa del paziente? L
a valutazione a breve
distanza ma soprattut­
to a lunga distanza del
paziente oncologico,
inserito nel percorso
immunoncologico in modo avanza­
to o adiuvante, richiede sempre più una standardizzazione di rico­
noscimento multi specialistico (Fi­
gura 1.2). L'oncologo raccoglie oggi una serie di dati individuali anche con l'utilizzo di biomarkers a diver­
so livello semeiotico. Il valore in­
terpretativo dei biomarkers utilizza­
bili nella immunoncologia necessi­
tano di un miglioramento continuo delle conoscenze legate al loro uti­
lizzo: come supporto nella diagnosi di una malattia (markers diagnostici); per fare previsioni sull'evoluzione della malattia/condizione (markers prognostici); per fare previsioni sugli effetti di una terapia (markers pre­
dittivi); per valutare se una terapia è stata (o si sta dimostrando) efficace (indicatori di efficacia). La distinzione tra questi possibili impieghi di un marcatore è fondamentale, perché lo stesso marcatore può essere proposto per più di un utilizzo, ma i requisiti necessari sono molto di­
versi. In comune a tutti gli utilizzi c'è il fatto che si parla di predizioni/
valutazioni probabilistiche: come per tutta la medicina moderna, il linguaggio dei biomarkers è quello della statistica, ed è caratterizzato da una notevole complessità e, quasi sempre, da un'elevata incer­
tezza, soprattutto in oncologia.
In questa prospettiva appare indi­
spensabile la stretta collaborazione con l'oncologo delle altre figure mediche o di decisione, che insie­
me possono contribuire a dare Novembre 2015
Il valore interpretativo dei biomarkers
utilizzabili nella immunoncologia
necessita di un miglioramento continuo delle conoscenze legate al loro utilizzo
quel miglioramento al sistema di verifica e di valutazione di efficacia che gli attuali biomarkers possono dimostrare. Va precisato che gli interventi pre­
ventivi, diagnostici e terapeutici vengono chiesti o accettati dai pa­
zienti oncologici nella speranza che permettano loro di vivere più a lungo e/o meglio. Dunque, il bene­
ficio di un intervento dovrebbe es­
sere misurato in termini di quantità e qualità di vita per il paziente, e in questa azione l'oncologo deve po­
tere essere accompagnato con si­
curezza dagli esperti di controllo regionale. Nei nuovi trattamenti antitumorali con un meccanismo d'azione immunologico, l'effetto che colpisce maggiormente non è solo l'incremento nel tasso di ri­
sposte o nella sopravvivenza a bre­
ve o a lungo termine, ma si aggiun­
ge anche la condizione di vita del soggetto che spesso non è seguita dall'oncologo, ma deve potere es­
sere registrata dal medico di fami­
glia. Il prolungamento di vita del sogget­
to va misurato non solo nel riflesso della azione sul tumore, ma nella sua più ampia prospettiva di confi­
gurazione dell'insieme dell'indivi­
duo nella sua vita sociale o di lavo­
ro. E qui è importante in modo as­
soluto l'intervento del sistema dei decisori regionali e sociali.
O
Figura 1.2
Schema della costellazione di rapporti tra anticorpi specifici
e antigeni della T cellula
19
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
5. QUALE MODIFICA DI PROSPETTIVA CI SI PUÒ ASPETTARE?
Può l'immunoncologia aiutare il medico a dare prospettive nuove in alcune neoplasie?
Quanto può essere ottenuto nella vita del malato nello sviluppo delle terapie in atto nella
introduzione dell'immunoncologia?
Quale è il significato del rapporto costo/investimento nella immunoterapia?
È
un cambio di pro­
spettiva radicale:
non più un orizzon­
te temporale limita­
to, caratterizzato
da terapie successive con re­
gressioni della malattia seguite
da nuove progressioni; ma lo
spiraglio di un ritorno a un'at­
tesa di vita quasi normale, dieci
anni per ora, e potrebbero es­
sere molti di più. Se la combi­
nazione di immunoterapie si confermerà, da un lato avremo
uno strumento da utilizzare
nella lotta insieme ai pazienti
oncologici; dall'altro questo
strumento ci può permettere
di offrire a molti pazienti, per i
quali oggi è quasi inesistente,
una concreta possibilità di re­
missione a lungo termine, con una tossicità certamente non
trascurabile, e ancora da cono­
scere a fondo, ma che non
sembra superiore a quella della chemioterapia. Sicuramente questo nuovo sce­
nario impone lo sviluppo di
nuovi strumenti statistici per la
valutazione degli effetti dei
trattamenti e degli strumenti fi­
nalizzati a descrivere la distri­
20
Il nuovo scenario impone lo sviluppo di strumenti statistici per valutare gli effetti dei trattamenti e degli strumenti che descrivano la distribuzione dei benefici in termini
di sopravvivenza
buzione dei benefici in termini di sopravvivenza valutando gli effetti a lungo termine di un
trattamento in base ai suoi ef­
fetti precoci. L'invecchiamento della popola­
zione e l'incremento dei costi
sanitari stanno ponendo nuove
sfide ai sistemi sanitari naziona­
li di tutto il mondo. L'invec­
chiamento della popolazione
aumenta la richiesta di assi­
stenza sanitaria, e l'innovazione
biotecnologica aumenta i costi delle terapie e delle procedure,
accompagnati comunque da
benefici incrementali non tra­
scurabili e misurabili. Una mag­
giore attenzione alla qualità
della vita aumenta la richiesta
di percorsi diagnostici terapeu­
tici sempre meno invasivi e
sempre più vicini al domicilio
dei pazienti. L'insieme di que­
ste nuove realtà impone una ri­
flessione sulle scelte di assi­
stenza sanitaria che coniughino
l'efficacia delle terapie impiega­
te, i costi che queste compor­
tano, e i rischi di effetti collate­
rali indesiderati o di tossicità
indotte che possono limitare
fortemente l'autonomia perso­
nale. Il costo del trattamento dei tu­
mori in Europa supera i 150
miliardi all'anno, la terza fonte
di spesa/investimento nei servi­
zi sanitari ed anche nei sistemi
previdenziali (in Italia le neopla­
sie rappresentano la prima vo­
ce di spesa per il sistema previ­
denziale). Ma dal punto di vista della mortalità e della necessità
di interventi oggi il cancro rap­
presenta in tutto il mondo la
prima fonte di impegno.
O
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
6. COME SI POSIZIONA LA IMMUNONCOLOGIA NELLA GUERRA AL CANCRO AD OGGI?
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Può la nuova immunoncologia accelerare un cambiamento significativo nella lotta al cancro?
Quali sono i maccanismi che condizionano la inibizione ovvero il recupero della azione
di controllo condotta dal T linfocita sulla proliferazione della cellula neoplastica? Può l'insieme del mondo della medicina indicare le strade di domani nella immunoncologia? N
el 1971 con il
progetto deno­
minato War on
Cancer voluto
dal Presidente
Nixon, iniziò un'intensa attività di ricerca scientifica sulle cause e i meccanismi molecolari alla base della formazione dei tu­
mori. Con gli anni e soprattutto
con l'avvento di nuove tecnolo­
gie in grado di sequenziare il ge­
noma umano e in particolare quello di diversi tumori umani, sono emerse alcune informa­
zioni decisive per la compren­
sione dei meccanismi della cre­
scita neoplastica. Ogni cellula umana ha una vita media di cir­
ca un mese. Ogni mese queste cellule vanno incontro a morte e nello stesso tempo a duplica­
zione cellulare per sostituire le
cellule morte. In ognuna di que­
ste duplicazioni cellulari è possi­
bile un errore nella replicazione del DNA, una cosiddetta muta­
zione genetica, che cambia le
caratteristiche della cellula tra­
sformandola da cellula normale a cellula tumorale. Da qui pos­
siamo capire come sia difficile se non impossibile prevedere l'andamento di un tumore. Ogni mese una mutazione genetica può improvvisamente cambiare le caratteristiche di un tumore e di conseguenza la prognosi di
una malattia. Alcuni tumori han­
no maggiore probabilità di mu­
tazioni genetiche, altri meno, ma questo meccanismo è alla base dell'estrema eterogeneità dei tumori e dell'impossibilità medica di prevedere la progno­
Novembre 2015
In ogni duplicazione cellulare è possibile un errore nella replicazione del
Dna, una mutazione genetica, che cambia le caratteristiche
della cellula e la trasforma da cellula normale a tumorale
si delle malattie. Negli ultimi 30 anni la cono­
scenza dettagliata di diverse mutazioni genetiche che attiva­
no o inattivano attività enzimati­
che, vie metaboliche e in ultima
analisi vie di crescita e sviluppo del cancro, ha permesso di svi­
luppare diversi farmaci innovati­
vi in grado di interferire in mo­
do specifico sulle vie di sviluppo del cancro. Queste innovazioni hanno comportato la cura di al­
cuni tumori e il miglioramento significativo della sopravvivenza
di molti altri. In diverse circo­
stanze il tumore detiene la ca­
pacità di adattarsi ai cambia­
menti e di sviluppare nuove mutazioni genetiche in grado di conferire alle cellule mutate la capacità di diventare resistenti ai farmaci prima in grado di controllare la neoplasia.
Il sistema immunitario umano è in grado di riconoscere gli anti­
geni rilasciati dalle cellule tumo­
rali vive, o a seguito della loro
morte, e innescare meccanismi di difesa con anticorpi o me­
diante linfociti T in grado di
controllare o anche eliminare completamente il tumore. I tu­
mori umani nella loro lotta per la sopravvivenza contro l'ospite (l'ammalato), non solo sviluppa­
no la capacità di mutare geneti­
camente le proprie caratteristi­
che biochimiche, ma sviluppano anche la capacità di inibire la normale attività del sistema im­
munitario umano che è in gra­
do in talune situazioni di con­
trollare lo sviluppo di un tumo­
re, ma in altre perde totalmen­
te, o in parte, questa capacità di controllo.
Nei primi anni del 1990, si è
iniziato a capire che sulla su­
perficie dei T linfociti esistono alcuni antigeni in grado di inibi­
re l'attivazione e l'azione di controllo dei linfociti T contro
il tumore. L'impiego di anticor­
pi monoclonali umanizzati in
grado di bloccare l'azione di
questi antigeni con funzione inibitoria, ha permesso di rivi­
talizzare un sistema immunita­
rio addormentato dal tumore
con sorprendenti e inaspettati
risultati clinici. Il grande vantag­
gio di questo approccio è che
è possibile non richiedere una terapia specifica per ogni sin­
golo tumore, ma, in principio, solo una semplice attivazione
di un'attività di regolazione im­
munologica già presente in
ogni individuo e semplicemen­
te inibita dal tumore.
O
21
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
VENGONO RIPORTATI ALCUNI TERMINI CHE NON SONO CONSIDERATI
NEL GLOSSARIO ALLA FINE DEL DOCUMENTO
­ Antigene tumorale: molecola presente nelle cellule cancerose, capace di scatenare nell'organismo reazioni difensive di tipo immunitario.
­ Biomarker: o marcatore biologico che rappresenta un indicatore misurabile di uno stato biologico o
condizione o attività biologica. ­ B Linfociti/B cellule: cellule del sistema immunitario capaci di produrre anticorpi specifici nei con­
fronti di antigeni; sono responsabili della risposta immunitaria tumorale. Hanno un recettore specifico per l'antigene costituito da molecole di immunoglobuline.
­ Carcinoma del polmone: cancro originato dalle cellule epiteliali del polmone.
­ Carcinoma renale: cancro originato dalle cellule del tubulo renale.
­ Cellula neoplastica: cellula che sfugge ai meccanismi di controllo e di sede della proliferazione e se­
gue un percorso autonomo di proliferazione di migrazione al di fuori della sede di origine.
­ Comorbidità o comorbilità: richiama la presenza nella stessa persona di due o più processi patolo­
gici a caratterizzazione clinica diversa.
­ DNA o acido desossiribonucleico: un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche ne­
cessarie alla biosintesi di RNA ­ acido ribonucleico e proteine.
­ Effetto collaterale: effetto che si accompagna ad un effetto fondamentale o desiderato per cui è sta­
to somministrato un farmaco, o impostato un percorso di intervento sull'organismo; può causare an­
che uno o più effetti secondari: effetti collaterali e reazioni avverse.
­ Genoma umano: l'insieme delle informazioni contenute nei 46 geni dell'uomo.
­ Immune­checkpoint: molecole del sistema immune che attivano o spengono un segnale. ­ Ipilimumab: un anticorpo monoclonale IgG1k interamente umano che agisce come anti­CTLA­4
(cytotoxic T­lymphocyte­associated antigen­4). Approvato nel 2011 da FDA per il trattamento del me­
lanoma avanzato (metastatico o inoperabile) in soggetti adulti e sui quali siano state provate altre terapie.
­ Linfoma: un tumore di cellule linfocitarie T o B o anaplastiche.
­ Marker diagnostico, marker predittivo: in oncologia indicano la presenza nel sangue, o nei liquidi o nei tessuti indagati, di elementi che percentualmente aumentano in occasione dello sviluppo di un tu­
more. Detti markers possono essere prodotti o causati dal tumore o dalla reazione dell'ospite alla
presenza del tumore.
­ Melanoma: un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti della cute. Il melano­
cita è una cellula della cute che produce melanina.
­ Metastasi: è il percorso di distacco e della diffusione in altre sedi, per contiguità, via ematica, linfatica,
etc delle cellule neoplastiche dalla sede originaria. ­ Mutazione genetica: modifica stabile ed ereditabile nella sequenza nucleotidica di un genoma.
­ Nivolumab: anticorpo monoclonale IgG4 umano che agisce come immunomodulatore bloccando il
legame di attivazione del PD­1 (programmed cell death 1) con i suoi ligandi PD­L1 e PD­L2 (program­
med death­ligand 1 and 2). Legandosi al recettore PD­1 e bloccando l'interazione con i ligandi del re­
cettore, provoca l'inibizione mediata dal pathway di PD­1 della risposta immunitaria, compresa la ri­
sposta immunitaria antitumorale.
­ Pembrolizumab: anticorpo monoclonale umanizzato che blocca l'interazione tra il PD­1 e suoi ligan­
di, PD­L1 e PD­L2 (programmed death­ligand 1 and 2). Legandosi al recettore PD­1 e bloccando l'inte­
razione con i ligandi del recettore, provoca l'inibizione mediata dal pathway di PD­1 della risposta im­
munitaria, compresa la risposta immunitaria antitumorale.
­ T linfociti/T cellule: cellule del sistema immunitario responsabili della immunità adattiva cellulo­spe­
cifica e cellulo­mediata. Hanno un recettore specifico per l'antigene costituito specificatamente da
struttura recettoriale (T­cell receptor).
O
22
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
Introduzione: il percorso verso l’immunoncologia I
l costo del trattamento dei
tumori in Europa supera i
150 miliardi all'anno, la terza
fonte di spesa/investimento
nei servizi sanitari. Ma dal
punto di vista della mortalità e della necessità di interventi oggi il cancro rappresenta in tutto il mondo la prima fonte di impegno. L'immunoncologia si ripresenta a oggi come un'area di crescente in­
teresse e trova una sua dimensione di essenzialità nel necessario per­
corso di innovazione che la "scienza dei tumori" è chiamata ad avere.
Il coinvolgimento del sistema im­
munitario nella gestione terapeutica dei tumori non è nuovo. Il rinnova­
to riconoscimento, in questi ultimi anni, della potenzialità del sistema immunologico e quindi il recupero del ruolo del linfocita in tale per­
corso, richiede un'adeguata valuta­
zione di dove siamo adesso e di co­
me le attuali conoscenze possano diventare una componente anche essenziale dell'attività chirurgica, ra­
diogena e chemioterapica (inten­
dendo con tale termine tutte le te­
rapie mediche in campo oncologi­
co) in tali patologie. Interleukina­2 (IL2) e interferon alpha (IFNa), ad esempio, sono stati utilizzati per an­
ni nel trattamento di pazienti con carcinoma renale (RCC) o melano­
ma. A fronte di una loro scarsa spe­
cificità e alta tossicità, queste cito­
Sono numerose le
strategie ipotizzate
per superare
il fenomeno della immunoevasione
del cancro
e possono interessare allo stesso modo
tumori diversi
tra loro
chine hanno, tuttavia, dimostrato un'efficacia anche se limitata e an­
che se scarsi erano i benefici per i pazienti. Numerose sono le strategie ipotiz­
zate per superare il fenomeno dell'immunoevasione del tumore e queste possono interessare allo stesso modo tumori diversi tra lo­
ro. Gli approcci fondamentali ri­
chiamano, per esempio: la riduzione o eliminazione del blocco dell'im­
munità adattativa che blocca il pun­
to chiave della risposta della T cel­
lula; l'attivazione dell'immunità adat­
tativa, con la promozione di segnali co­stimolatori dei recettori delle T cellule usando anticorpi agonisti; il miglioramento della funzione di im­
munocellule innate; l'attivazione del sistema immune, potenziando la funzione dell'effettore della cellula immune (Antonia SJ et alii, 2014). Per meglio capire le potenzialità di questo percorso clinico è necessa­
rio tenere sempre presente la ne­
cessità o l'opportunità di combinare i nuovi approcci immunoterapici con le esistenti e consolidate che­
mioterapie e, a volte, anche con la terapia radiogena. Nei primi anni del 1990, si è iniziato a capire che sulla superficie dei T linfociti esistono alcuni antigeni ­ fra i più noti il cytotoxic T­lymphocyte ­ CTLA­4, il programmed cell death protein­1 ­ PD­1, o il suo ligando programmed death­ligand­1 ­ PD­L1 ­ in grado di inibire l'attivazione e l'azione di controllo dei linfociti T contro il tumore. L'impiego di anti­
corpi monoclonali umanizzati in grado di bloccare l'azione di questi antigeni con funzione inibitoria ha permesso di rivitalizzare un sistema immunitario addormentato dal tu­
more con sorprendenti e inaspetta­
ti risultati clinici. Il grande vantaggio di questo approccio è che potrebbe non richiedere una terapia specifica per ogni singolo tumore, ma una semplice attivazione di un'attività di regolazione immunologica già pre­
sente in ogni individuo e semplice­
mente inibita dal tumore. O
Il percorso verso l'immunoncologia
Per meglio capire le potenzialità di questo percorso clinico è necessario tenere sempre pre­
sente la necessità o l'opportunità di combinare i nuovi approcci immunoterapici con le esistenti e consolidate chemio­terapie e, a volte, anche con la terapia radiogena.
L'impiego di anticorpi monoclonali umanizzati in grado di bloccare o inibire la funzione di al­
cuni antigeni di superficie linfocitaria permette di rivitalizzare il sistema immunitario addor­
mentato dal tumore.
Novembre 2015
23
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
L’immunologia nello studio dei tumori: il tema e le potenzialità attuali
G
li studi sull'im­
munologia nel
campo dei tu­
mori hanno atti­
rato l'attenzione
dei ricercatori da diverso tem­
po (Lesterhuis WJ et alii, 2011).
Negli ultimi anni si è accumula­
ta un'importante evidenza sulla potenzialità dell'immunoterapia
nell'aumentare la sopravviven­
za a lungo termine nel campo di alcuni tumori. Lo studio di diversi checkpoints ha eviden­
ziato alcuni meccanismi delle cellule tumorali che consento­
no a queste di sottrarsi al con­
trollo del sistema immune
(Ascierto PA et al, 2014).
La risposta immune inizia quando proteine o antigeni
estranei all'organismo vengono
riconosciuti come tali, cattura­
ti e sottoposti a valutazione
biochimico­funzionale all'inter­
no delle antigen­presenting cells ­ APCs le quali, a loro volta,
presentano tali molecole alle T
cellule nel contesto più ampio Lo sviluppo dei tumori maligni legati a modificazioni genetiche delle cellule interessate necessita di un’elusione
o di un sovvertimento della risposta immunologica dell’ospite
del maggiore complesso di isto­
compatibilità ­ MHC. L'attiva­
zione delle T cellule è poi re­
golata dal bilanciamento dei
percorsi fisiopatologici inibito­
ri e co­stimolatori, che rap­
presentano un'area critica di
protezione nel soggetto sano
nei confronti dell'autoimmuni­
tà, e di protezione del sistema
immune quando il sistema im­
mune è attivato nei confronti
di un patogeno (Pardoll DM,
2012). I recettori delle T cel­
lule possono essere raggiunti
da anticorpi monoclonali che
possono interferire con il lega­
me tra recettore e ligando e
quindi modificare in aumento
o in riduzione la risposta im­
mune. La stimolazione delle T cellule che mediano la risposta immu­
ne anti­tumorale rappresenta
un goal dei molti studi che si
stanno portando avanti in que­
sti ultimi anni. Le T cellule non
agiscono da sole ma, insieme
alle B cellule e agli anticorpi
che queste producono, posso­
no attivare o sopprimere la ri­
sposta (Zitvogel L et al, 2015).
Lo sviluppo dei tumori maligni
legati a modificazioni genetiche
delle cellule interessate neces­
sita di un'elusione o un sov­
vertimento della risposta im­
munologica dell'ospite. Da
quanto detto appare necessa­
La risposta immunologica nei tumori
Lo sviluppo dei tumori maligni legati a modificazioni genetiche delle cellule interessate
necessita di un'elusione o un sovvertimento della risposta immunologica dell'ospite. Da quanto detto appare necessario riconoscere che l'opzione migliore, o l'unica opzione te­
rapeutica per detti tumori maligni, è l'attivazione dei meccanismi di immunosorveglianza.
Si riconosce che le dendritic cells inglobano alcune porzioni della cellula tumorale, ne
estraggono gli antigeni e li presentano alle T cellule, attivandole, alla fine, a distruggere la
cellula cancerosa.
La stimolazione delle T cellule che mediano la risposta immune anti­tumorale rappre­
senta un goal dei molti studi che si stanno portando avanti. Le T cellule non agiscono da
sole ma, insieme alle B cellule e agli anticorpi che queste producono, possono attivare o
sopprimere la risposta. Il ruolo delle B cellule non è ancora molto chiaro in questo percorso immunologico, ma
certamente gli anticorpi IgG che riconoscono gli antigeni tumorali possono attivare il pri­
mo momento della risposta cellulare immune, e le B cellule che infiltrano il tumore e pro­
ducono IgA possono esercitare una immunosoppressione locale.
24
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
rio riconoscere che l'opzione
migliore, o l'unica opzione te­
rapeutica per detti tumori ma­
ligni, è l'attivazione dei mecca­
nismi di immunosorveglianza.
L'immunoterapia attualmente
sta diventando un percorso
non alternativo ma di accom­
pagnamento alla chemioterapia
e alla radioterapia in modo di
meglio modificare l'immunità
anticancro. Le risposte immuni
anticancro, come in altre for­
me di immunoterapie antitu­
morali, dipendono dall'attività
delle T cellule che riconosco­
no molecole antigeniche speci­
fiche del tumore, mentre l'atti­
vità delle B cellule in questo senso è meno frequente, o co­
munque ancora non completa­
mente chiarita (Carmi Y et alii,
2015). È noto che i tumori
non riescono a proliferare,
nella persona, in seguito a tra­
pianto da un altro individuo
della stessa specie, così come
gli organi trapiantati sono ri­
gettati dal sistema immune del
ricevente. Si riconosce che le
dendritic cells ­ DCs inglobano
alcune porzioni della cellula
tumorale, ne estraggono gli
antigeni e li presentano alle T
cellule (del subset citotossico
CD8), attivandole, alla fine, a
distruggere la cellula cancero­
sa. Si dimostra che anticorpi
naturali allogenici della classe
IgG inducono potenti risposte
anticancro mediate dalle T cel­
lule. Come detto, l'attività di
questi anticorpi IgG non è
sempre così evidente e co­
munque richiede altri inter­
venti, come per esempio,
quello dell'oxaliplatino (Shala­
pour S et alii, 2015). L'oxalipla­
tino induce sia le T cellule sia
le B cellule a infiltrare il tumo­
re, e la scomparsa delle B cel­
lule induce ad aumentare l'in­
filtrazione delle T cellule. Il
Novembre 2015
ruolo delle B cellule non è an­
cora molto chiaro in questo
percorso immunologico, ma
certamente gli anticorpi IgG
che riconoscono gli antigeni
tumorali possono attivare il
primo momento della risposta
cellulare immune: il Fc gamma
che media l'assorbimento degli
antigeni tumorali da parte del­
le DCs. Accanto a questo, le B
cellule che infiltrano il tumore
e producono IgA possono
esercitare un'immunosoppres­
sione locale.
Le potenzialità attuali Negli ultimi anni, dall'esperien­
za dell'immunoncologia nel
Le caratteristiche di adattabilità e di “memoria” del sistema immunitario permettono
sopravvivenze
a lungo termine
melanoma, abbiamo imparato
che:
1. Le caratteristiche di adatta­
bilità e "memoria" del sistema
immunitario permettono di
ottenere sopravvivenze a lun­
go termine. La sopravvivenza a
lungo termine rappresenta il
valore maggiore dell'immuno­
terapia. Con riferimento nello
specifico a ipilimumab, recen­
temente è stata pubblicata una
metanalisi che ha considerato
4.846 pazienti trattati con tale
anticorpo nell'ambito di studi
clinici e di expanded access pro­
gram (Schadendorf D et alii,
2015). Tale studio ha dimo­
strato che il 20% dei pazienti è
vivo a 10 anni. Questo dato ci
permette di affermare che ipi­
limumab è in grado di croni­
cizzare la malattia nel 20% dei
pazienti. Inoltre, la curva di so­
pravvivenza estrapolata dalla
metanalisi presenta un plateau
che inizia a partire dal terzo
anno. Pertanto si può asserire
che un paziente vivo a 3 anni
ha elevate probabilità di essere
un long­term survivor. Per quan­
to riguarda nivolumab, al mo­
mento non abbiamo dati a 10
anni come per l'ipilimumab.
Tuttavia, nello studio di fase I
la curva di sopravvivenza del
nivolumab ha evidenziato una
coda di long­term survivor del 32% a 4 anni che fa ben spera­
re (Hodi FS et alii, 2014). Inol­
tre, l'immunoterapia rallenta la
progressione tumorale e non
seleziona forme più aggressive
della neoplasia stessa, come
capita ad es. per i tyrosine kina­
se inhibitors ­ TKIs (Ascierto PA
et alii, 2013). Infatti, un'osser­
vazione importante che è stata
fatta nell'ambito dello studio
registrativo MDX010­020 (Ho­
di FS et alii, 2010) riguarda i
pazienti andati incontro a pro­
gressione (cioè quelli che non hanno risposto). Se conside­
riamo la mediana di sopravvi­
venza di questi pazienti nei
due gruppi di terapia (trattati e non trattati con ipilimumab),
mentre nel gruppo di pazienti
trattati con vaccinazione la
mediana di sopravvivenza do­
po la progressione è stata di
5,8 mesi, in quelli trattati con
ipilimumab, nonostante la pro­
gressione, la mediana di so­
pravvivenza è stata di 7,6 mesi,
ovvero circa 2 mesi in più.
2. L'immunoterapia funziona
indipendentemente dall'istolo­
gia e dalla presenza o meno di
mutazioni. Nell'Expanded Ac­
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
25
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
26
cess Program Italiano di ipilimu­
mab nel melanoma è stato
chiaramente dimostrato che
l'outcome dei pazienti trattati
con ipilimumab era lo stesso
indipendentemente dallo sta­
tus mutazionale (Ascierto PA et
alii, 2014). Nello studio di fase
I con nivolumab nel non­small
cell­lung­carcinoma ­ NSCLC è
risultato chiaramente evidente
che la sopravvivenza dei pa­
zienti è la stessa indipendente­
mente dall'istologia squamosa
o non­squamosa e dalla pre­
senza di mutazioni (epidermal
growth factor receptor ­ EGFR,
Kirsten rat sarcoma ­ KRAS)
(Gettinger SN et alii, 2015).
3. Oltre ai criteri classici di valu­
tazione della risposta ­ RECIST
abbiamo bisogno dei criteri im­
muno­correlati ­ irRC per la va­
lutazione delle risposte così
dette non convenzionali. Que­
sto è vero sia per ipilimumab
che per nivolumab. Infatti, l'im­
patto del trattamento con ipi­
limumab sulla sopravvivenza è
palesemente visibile dalla cur­
va di sopravvivenza dello stu­
dio MDX010­020 (Hodi FS et
alii, 2010). Tuttavia, la percen­
tuale delle risposte al tratta­
mento (calcolata utilizzando i
classici criteri di risposta) non
corrisponde all'effettivo bene­
ficio clinico dei pazienti. Infatti,
l'impatto sulla sopravvivenza
non è altrettanto chiaramente
evidente se consideriamo i pa­
rametri surrogati (best overall
response rate ­ BORR e disease
free survival ­ DFS). Fermo re­
stando che comunque sia il
BORR che il DFS sono co­
munque migliori e statistica­
mente significativi nei due
bracci di trattamento con ipili­
mumab, la curva di DFS non è
paragonabile a quella relativa
alla sopravvivenza totale. Una
delle possibili spiegazioni è da­
ta dai nuovi criteri di risposta
all'immunoterapia. Infatti, nel corso degli studi di fase II con ipilimumab, è stata notata la
possibilità delle "false" pro­
gressioni di malattia dovute
essenzialmente all'incremento
volumetrico delle lesioni per
un incremento del numero
delle cellule linfocitarie anzi­
ché tumorali e conseguente ri­
sposta "tardiva" alla terapia
stessa. È possibile anche che si
abbia la risposta su di una le­
sione target e la contempora­
nea comparsa di una nuova le­
sione (che corrisponderebbe a
una classica progressione di
malattia secondo i criteri tra­
Sono possibili le combinazioni tra checkpoint inhibitors con chemioterapia, radioterapia
e target therapy
dizionali) ma con un volume
tumorale totale inferiore a quello di partenza (risposta
immunocorrelata). In questo
modo, è stato dimostrato che
i pazienti che incontrano i cri­
teri immunocorrelati hanno
una sopravvivenza simile a
quelli che rispondono al trat­
tamento secondo i criteri tra­
dizionali di risposta. La per­
centuale di pazienti che incon­
tra tali criteri di risposta im­
munocorrelati con
l'ipilimumab è di circa il 10%.
Con nivolumab abbiamo un
8% di pazienti con tali risposte
non convenzionali (Long GV et
alii, 2014; Weber JS et alii,
2015). Inoltre, sia con gli anti­
PD­1 che con la combinazione ipilimumab/nivolumab, in di­
versi casi dove il trattamento
è stato sospeso per cause di­
verse dalla progressione, le ri­
sposte sono state mantenute
per molto tempo.
4. Le tossicità sono caratteri­
stiche e mediate dal sistema
immunitario (tossicità immu­
nocorrelate) e possono essere
gestite attraverso le linee gui­
da di trattamento sviluppate
nel corso degli anni. È comun­
que importante la diagnosi
precoce di tali eventi avversi e
il consequenziale trattamento precoce con steroidi.
5. L'immunoterapia permette
la possibilità di combinazioni
tra i diversi checkpoint inhibitors
con chemioterapia, radiotera­
pia e target therapy.
Per quanto riguarda i bio­
markers, al momento non è
possibile predire chi risponde e chi no (sia per ipilimumab
che per nivolumab). Per quan­
to riguarda gli anti­PD­1/PD­
L1, l'espressione intratumorale
del PD­L1 potrebbe essere un
fattore predittivo di risposta al
trattamento. Questa convin­
zione è nata nell'ambito dello
studio di fase I con nivolumab
(Topalian SL et alii, 2012), dove
i pazienti che avevano positivi­
tà al PD­L1 intratumorale pre­
sentavano un maggior numero
di risposte al trattamento ri­
spetto ai negativi. Ulteriori
studi, sia nel melanoma che
nel NSCLC, hanno però evi­
denziato come vi sia comun­
que una percentuale di pazien­
ti con PD­L1 negativo (15­
20%) che risponde al tratta­
mento. Recentemente sono
stati pubblicati due studi di fa­
se III con nivolumab nel mela­
noma in cui i pazienti erano
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
stati stratificati in base
all'espressione del PD­L1 (Long
GV et alii, 2014; Weber JS et
alii, 2015). Tali studi hanno
confermato che anche i pa­
zienti PD­L1 negativi hanno un
beneficio clinico dal tratta­
mento con nivolumab. Il trattamento della malattia
avanzata con immunoterapia
ha rappresentato una svolta
innovativa nella terapia del
melanoma metastatico. Infatti,
l'ipilimumab è in grado di pro­
lungare la sopravvivenza dei
pazienti con la possibilità di
lungo­sopravviventi (a 10 anni)
nel 20% dei casi.
O
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Cosa si sta imparando sull'immunoterapia
La possibile sopravvivenza a lungo termine rappresenta il valore maggiore dell'immunoterapia.
L'immunoterapia funziona indipendentemente dall'istologia e dalla presenza o meno di mu­
tazioni.
Oltre ai criteri classici di valutazione della risposta, abbiamo bisogno dei criteri immuno­cor­
relati per la valutazione di risposte così dette non convenzionali.
È comunque importante la diagnosi precoce degli eventi avversi e il consequenziale tratta­
mento precoce, anche con steroidi. L'immunoterapia permette combinazioni tra i diversi checkpoint inhibitors e di questi con
chemioterapia, radioterapia e target therapy.
Novembre 2015
27
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
Tumori e anticorpi: melanoma, carcinoma del polmone, carcinoma renale, linfoma
M
elanoma
In Italia sono
quasi 11.000 i
nuovi casi at­
tesi per il 2014
e 81.000 persone convivono
con una pregressa diagnosi di
melanoma cutaneo (circa
34.000 maschi e 47.000 fem­
mine). L'incidenza del melano­
ma maligno è da anni in co­
stante ascesa sia negli uomini
(+ 3,6%/anno), che nelle don­
ne (+ 3,7%/anno) (Anonimo 1,
2014). Questo fenomeno è at­
tribuibile al contestuale au­
mento della diagnosi precoce
e al ruolo eziopatogenetico
delle radiazioni UV, mentre la
frazione di malattia attribuibile
a fattori genetici sembra stabi­
le nel tempo. In Italia i decessi per melanoma maligno costi­
tuiscono l'1% di tutta la mor­
talità per tumore (circa 1.800
all'anno). La chirurgia è sicuramente il
trattamento di elezione per il
melanoma negli stadi iniziali di malattia. Nel caso di melanomi
sottili (<1 mm di spessore) alla
biopsia escissionale della lesio­
ne primitiva segue un inter­
vento di radicalizzazione me­
diante ampliamento del piano
cicatriziale; nei melanomi più spessi (³1 mm o in presenza
di ulcerazione e/o di mitosi >
1/x mm2 anche se con spesso­
re inferiore a 1 mm), conte­
stualmente all'ampliamento del
piano cicatriziale si effettua la
biopsia del linfonodo sentinel­
la. Attualmente l'unico tratta­
mento adiuvante disponibile
per le forme ad alto rischio di
recidiva (stadio IIB­C­III) è l'in­
28
Le quattro nuove classi di farmaci per trattare il melanoma rivoluzionano
il percorso di cura
dello stadio avanzato e stanno sostenendo un modello trasferibile ad altri tipi di cancro
terferone il cui beneficio asso­
luto in termini di sopravviven­
za (indipendentemente dal do­
saggio e dallo schema di som­
ministrazione) è del 3%
(riduzione del rischio relativo
del 18% per disease free survi­
val ­ DFS e dell'11% per so­
pravvivenza totale ­ OS) (Mocel­
lin S et alii, 2010). I risultati
dello studio sul trattamento
adiuvante del melanoma III
stadio con ipilimumab sono
stati molto interessanti (Egger­
mont AM et alii, 2015). Infatti, hanno mostrato un migliora­
mento della recurrence free sur­
vival ­ RFS nel braccio di trat­
tamento con ipilimumab ri­
spetto al braccio con placebo
con una riduzione del rischio
di progressione del 25%. I dati di OS non sono ancora dispo­
nibili. Sono ancora in fase di
sperimentazione il vemurafe­
nib e la combinazione dabrafe­
nib/trametinib (nei pazienti
con mutazione del gene BRAF).
Sono attualmente in corso al­
tri due studi di immunoterapia
adiuvante: il primo confronta il
nivolumab all'ipilimumab al do­
saggio di 10 mg/kg (potranno
essere arruolati pazienti ad al­
to rischio: IIIB­C e IV NED ­
no evidence of disease), il se­
condo confronta il pembro­
lizumab al placebo (possono essere arruolati tutti gli stadi
III). Nei prossimi anni i risultati definitivi di queste sperimenta­
zioni potrebbero modificare lo
standard del trattamento adiu­
vante del melanoma.
L'approvazione negli ultimi an­
ni di quattro differenti classi di
nuovi farmaci per il trattamen­
to del melanoma, come l'anti­
CTLA­4, i BRAF inibitori (BRA­
Fi), i MEK inibitori (MEKi) e gli
anti­PD­1, sta contribuendo a rivoluzionare il percorso di
cura del melanoma avanzato,
considerando anche che tali
approcci stanno sostenendo un modello di trattamento tra­
sferibile anche ad altri tipi di
tumori (Ascierto PA, 2015). Il primo step nel trattamento
di un paziente con melanoma metastatico è la valutazione dello status mutazionale. Il 40­
50% dei melanomi cutanei ha
una mutazione in V600 del ge­
ne BRAF. Tale mutazione iden­
tifica quei pazienti che posso­
no beneficiare del trattamento
con gli inibitori di BRAF (vemu­
rafenib, dabrafenib), o della
combinazione di questi con gli
inibitori di MEK (cobimetinib,
trametinib). Infatti, recente­
mente sono stati riportati i da­
ti di due importanti sperimen­
tazioni di fase III che hanno
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
confrontato il trattamento con
la combinazione BRAF/MEK
(dabrafenib/trametinib) (Long
GV et alii, 2014) e vemurafe­
nib/cobimetinib (Larkin J et alii,
2014) verso il trattamento
con vemurafenib in monotera­
pia. Entrambe le combinazioni sono risultate superiori in ter­
mini di risposte, PFS e OS, ri­
spetto alla monoterapia. Il trattamento della malattia
avanzata con immunoterapia
ha rappresentato una svolta
innovativa nella terapia del
melanoma metastatico. Infatti, l'ipilimumab è in grado di pro­
lungare la sopravvivenza dei
pazienti con la possibilità di
lunga sopravvivenza (a 10 an­
ni) nel 20% dei casi. Recente­
mente sono stati riportati i da­
ti di alcuni studi randomizzati di fase II e III che hanno valu­
tato il trattamento del mela­
noma con gli anti­PD­1 (nivo­
lumab e pembrolizumab) in prima e successive linee di
trattamento. Il nivolumab, in
uno studio randomizzato di fa­
se III nel trattamento di prima
linea dei pazienti BRAF wild
type, ha evidenziato una supe­
riorità rispetto al braccio di
controllo con la dacarbazina in termini di progression­free survi­
val e overall survival ­ OS (Long
GV et alii, 2014). Inoltre, in un altro studio randomizzato di
fase III nei pazienti pretrattati
con ipilimumab e inibitori di
BRAF (seconda e terza linea), il
nivolumab si è dimostrato su­
periore al trattamento con
chemioterapia in termini di ri­
sposte e PFS (Weber JS et alii,
2015). Anche il pembrolizu­
mab, in uno studio randomiz­
zato di fase II nei pazienti resi­
stenti all'ipilimumab (setting di
pazienti molto simile allo stu­
dio con nivolumab nei pretrat­
tati con ipilimumab) ha dimo­
strato una superiorità in ter­
mini di risposte e parimenti di
PFS a quanto visto nello studio
con il nivolumab. Recentemen­
te sono stati riportati i dati di
uno studio randomizzato di fa­
se III che ha confrontato il
pembrolizumab con due diver­
se schede di trattamento (10
mg/kg ogni 2 o 3 settimane)
all'ipilimumab nei pazienti ipili­
mumab naive (Robert C et alii,
2015). Il pembrolizumab ha di­
mostrato una superiorità in
termini di risposte PFS e OS
rispetto all'ipilimumab. Infine, la combinazione di ipili­
mumab/nivolumab nel melano­
ma ha mostrato risultati inte­
ressanti in due studi clinici
pubblicati di recente (Postow
MA et alii, 2015; Larkin J et alii,
2015). In entrambi, la combi­
nazione si è dimostrata supe­
riore in termini di risposte e PFS all'ipilimumab in monote­
rapia. Nei prossimi anni, se i
dati di OS dovessero confer­
mare tali risultati preliminari,
la combinazione potrebbe
proporsi come standard di
trattamento in prima linea. In futuro ulteriori studi di
combinazione o di sequenza
potranno incrementare il be­
neficio a lungo termine per questi pazienti.
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Carcinoma del polmone Il carcinoma del polmone rap­
presenta oggi nel mondo la prima causa di morte per can­
cro, superando la mortalità
complessiva del carcinoma
della prostata, della mammella
e del colon retto (Siegel RL et
alii, 2015). Circa l'85% dei tu­
mori del polmone sono rap­
presentati dal NSCLC, in cui
l'adenocarcinoma (> 50%) e il
carcinoma a cellule squamose
(25%) rappresentano i due tipi
istologici predominanti (Molina JR et alii, 2008).
Si valuta che in Italia nel 2014
vi siano stati 40.000 nuovi casi di tumore del polmone per il
30% nel sesso femminile, con
una mortalità di circa 34.000
casi (Anonimo 1, 2014). Alla
base di questi dati, che pongo­
no i tumori del polmone come
una vera emergenza in campo
socio­sanitario, rimane la con­
statazione che la maggior par­
te delle neoplasie polmonari
viene diagnosticata in fase
avanzata (60­70%) per lo più al
IV stadio di malattia, dove il
trattamento di scelta nella
maggior parte dei casi è rap­
presentato dalla terapia farma­
cologica sistemica. Il melanoma ha aperto la rivoluzione immunoncologica L'approvazione negli ultimi anni di nuovi farmaci immunoncologici sta contribuendo a rivolu­
zionare il percorso di cura del melanoma avanzato, considerando anche che tali approcci stan­
no sostenendo un modello di trattamento trasferibile anche ad altri tipi di tumori.
La combinazione di ipilimumab/nivolumab nel melanoma si è dimostrata superiore, in termi­
ni di risposte e progression ­ free survival, all'ipilimumab in monoterapia.
Nei prossimi anni, se i dati di overall survival dovessero confermare tali risultati preliminari, la
combinazione potrebbe proporsi come standard di trattamento in prima linea.
Novembre 2015
29
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
30
In questi ultimi anni, in gruppi
selezionati di ammalati, in cui
esistono specifiche alterazioni
molecolari di oncogeni, sono stati ottenuti importanti risul­
tati con i nuovi farmaci a ber­
saglio molecolare attivi nelle
mutazioni di epidermal growth
factor receptor ­ EGFR e nel
riarrangiamento di anaplastic lymphoma kinase ­ ALK e reac­
tive oxygen species ­ ROS che
hanno sensibilmente migliora­
to la storia naturale e la pro­
gnosi di questi ammalati (Mok
TS et alii, 2009; Shaw AT et alii,
2013).
Se la medicina di precisione
basata sull'individualizzazione di bersagli terapeutici specifici
ha rappresentato un indubbio
progresso nel trattamento
delle neoplasie polmonari, i ri­
sultati, presentati nel 2015 al
congresso di Chicago dall'Ame­
rican Society of Clinical Oncology
­ ASCO, sull'immunoterapia
costituiscono un vero punto di
svolta nella terapia dei tumori
del polmone. Il nivolumab sulla base degli
studi di fase I e II è stato quin­
di valutato in due esperienze
internazionali di fase III in pa­
zienti che hanno fallito la pri­
ma linea di chemioterapia, in
un confronto randomizzato ri­
spetto al docetaxel, farmaco di riferimento per la seconda li­
nea di terapia nei tumori del
polmone, sia nell'istotipo squa­
moso che nell'adenocarcino­
ma.
I due studi, presentati entram­
bi all'ASCO nel giugno 2015 si caratterizzano per l'innovazio­
ne terapeutica basata sull'im­
munoterapia e per l'originalità
del disegno che confronta di­
rettamente due diverse strate­
gie terapeutiche ponendo la sopravvivenza come obiettivo
principale degli studi.
Il primo studio è stato com­
pletato in una sperimentazione
svolta in tutto il mondo su 272
pazienti con carcinoma squa­
moso (NSCLC) andati in pro­
gressione a una prima linea di
chemioterapia convenzionale.
Il nivolumab si è dimostrato
superiore al docetaxel otte­
nendo una sopravvivenza me­
diana di 9,2 mesi rispetto a 6 mesi e una riduzione del ri­
schio di morte del 41% (HR
0.59). La percentuale di pa­
zienti vivi a un anno era del
42% rispetto al 24% e la rispo­
sta obiettiva era stata del 20%
per il nivolumab contro il 9%
del docetaxel (Brahmer J et alii,
I risultati presentati nel 2015 a Chicago dall'ASCO sono un vero punto
di svolta nella
terapia dei tumori
del polmone 2015). Il profilo di tossicità
inoltre è nettamente favorevo­
le per il nivolumab per i para­
metri più significativi di tossici­
tà ematologica e gastroenteri­
ca, e l'efficacia del nivolumab
era presente in tutti i sotto­
gruppi degli ammalati trattati,
indipendentemente dalle ca­
ratteristiche cliniche e
dall'espressione di PD­L1. Il secondo studio (Paz­Ares L et alii, 2015), anch'esso presenta­
to nello stesso congresso
ASCO di Chicago nel mese di
giugno 2015, era stato formu­
lato in maniera parallela e si­
mile con la sola differenza che
gli ammalati arruolati erano af­
fetti da carcinoma del polmo­
ne a istologia non squamosa.
Anche in questo caso si tratta­
va di 582 ammalati in progres­
sione dopo la prima linea di
chemioterapia, randomizzati per ricevere nivolumab 3 mg/
kg nel gruppo sperimentale vs
docetaxel 75 mg/m 2 come
trattamento convenzionale,
con la sopravvivenza come
obiettivo principale.
Lo studio completato in tutto
il mondo ha registrato un mi­
glioramento della sopravviven­
za con 12,2 mesi per il nivolu­
mab contro 9,4 mesi per il do­
cetaxel e una riduzione del 27% del rischio di morte (HR
0,73). La sopravvivenza a un
anno era del 51% nel gruppo
trattato con nivolumab rispet­
to al 39% del docetaxel e la
probabilità di risposta obietti­
va era stata del 19% per il ni­
volumab contro il 12% per il docetaxel.
Se la lettura dei risultati dei due studi appare equivalente e
tutti i dati di efficacia e sicu­
rezza convergono nella stessa
direzione, esistono tuttavia al­
cune importanti osservazioni
che vanno messe in evidenza. Nel secondo studio il benefi­
cio in sopravvivenza e in rispo­
sta era evidente nella popola­
zione a istologia non squamo­
sa che presentasse una qual­
che espressione in
immunoistochimica di PD­L1
sulle cellule tumorali, espres­
sione quantificata in tre gruppi,
all'1%, 5% e 10% delle cellule
tumorali. Questo studio quin­
di, che non escludeva alcun
paziente in base allo stato di
PD­L1, è il primo a dimostrare un potenziale beneficio in so­
pravvivenza legato all'espres­
sione di PD­L1 e al trattamen­
to con farmaci anti PD­L1/
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
PD­1.
Nel gruppo che non presenta­
va all'immunoistochimica PD­
L1 nelle cellule tumorali (circa il 50%), non vi era differenza di
sopravvivenza tra immuno e
chemioterapia, restando a van­
taggio del nivolumab comun­
que un profilo di tossicità net­
tamente più favorevole rispet­
to al docetaxel.
In entrambi gli studi randomiz­
zati, sia nell'istologia squamosa
che nell'adenocarcinoma, sono emerse in una bassa percen­
tuale (<3%) tossicità caratteri­
stiche e peculiari dell’immuno­
terapia che vanno ricordate
per un loro tempestivo rico­
noscimento che ne consenta
un trattamento adeguato: in
particolare sono importanti la
polmonite interstiziale e lo svi­
luppo di ipotiroidismo che ap­
paiano strettamente legati al­
l’esposizione a nivolumab.
La presentazione dei risultati
dei due studi ha segnato un
momento di grande rilievo per
il trattamento dei tumori del
polmone, e ha suscitato enor­
me interesse nella comunità
scientifica internazionale in
quanto, per la prima volta, due
studi randomizzati documen­
tano la superiorità in termini di sopravvivenza di una immu­
noterapia specifica nella se­
conda linea di trattamento del
NSCLC rispetto alla chemio­
terapia di riferimento, il doce­
taxel. Il nivolumab quindi rap­
presenta il nuovo standard te­
rapeutico per la seconda linea di trattamento del carcinoma
del polmone. L’andamento
delle curve di sopravvivenza
nei due studi suggerisce che in un gruppo rilevante di pazien­
ti, intorno al 25­30%, potreb­
be verificarsi un prolungato
controllo della malattia con un
persistente miglioramento del­
la sopravvivenza, legato presu­
mibilmente a una persistente e significativa attività del sistema
immune contro il tumore.
Questa osservazione già verifi­
cata in altri tumori, in partico­
lare nel melanoma, indica un
potenziale meccanismo d’azio­
ne trasversale per differenti
neoplasie e pone con urgenza
la necessità di comprendere
meglio le caratteristiche degli
ammalati che beneficiano del
trattamento, ma soprattutto le
ragioni del fallimento dell’im­
munoterapia in un consistente
gruppo di ammalati.
La ricerca scientifica dovrà ri­
solvere nel breve periodo un
numero importante di quesiti
aperti da questi studi, dal ruo­
lo di biomarcatore di PD­L1
sulle cellule tumorali, al signifi­
cato della sua presenza nello
stroma del tumore, al ruolo di
altri recettori e di altri immu­
no­checkpoints.
Inoltre la collaborazione di
questi e di altri anticorpi mo­
noclonali anti PD­1, anti PD­
L1, in prima linea o nel mante­
nimento nella terapia della fase avanzata, in adiuvante o in as­
sociazione o in sequenza con
la chemioterapia, è già oggetto
di riflessione e di studi in cor­
so nei maggiori centri interna­
zionali di oncologia.
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Carcinoma renale Il carcinoma a cellule renali ­
RCC, o a cellule chiare, rap­
presenta il 3­4% dei tumori
epiteliali nel mondo e il 75%
circa dei tumori renali paren­
chimali (sono esclusi quelli
dell'alta via escretrice). Un 20­
30% di questi pazienti si pre­
senta alla diagnosi già con me­
tastasi, mentre un altro 30%
circa le sviluppa successiva­
mente alla chirurgia renale
(quasi sempre nephron sparing)
(Santoni M et alii, 2015; Santini D et alii, 2013). RCC rappre­
senta quindi nel mondo occi­
dentale uno dei primi dieci tu­
mori solidi per incidenza (Ljun­
gberg B et alii, 2011). Le sedi di
malattia a distanza più fre­
quenti sono quelle polmonari,
epatiche, linfonodali e ossee, queste ultime presenti in quasi il 35% dei casi. In assenza di
E oggi l'immunoncologia guarda al carcinoma del polmone I risultati di due studi, presentati nel 2015 al congresso di Chicago dall'American Society of
Clinical Oncology sull'immunoterapia, costituiscono un vero punto di svolta nella terapia dei tu­
mori del polmone. La presentazione dei risultati dei due studi ha segnato un momento di grande rilievo per il
trattamento dei tumori del polmone, e ha suscitato enorme interesse nella comunità scientifica
internazionale in quanto, per la prima volta, gli studi randomizzati documentano la superiorità
in termini di sopravvivenza di una immunoterapia specifica nella seconda linea di trattamento
del non­small­cell­lung­carcinoma rispetto alla chemioterapia di riferimento.
Il nivolumab quindi rappresenta il nuovo standard terapeutico per la seconda linea di tratta­
mento del carcinoma del polmone.
Novembre 2015
31
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
fattori predittivi validati (Bra­
carda S et alii, 2012) è estre­
mamente importante la valuta­
zione di alcuni parametri pro­
gnostici quali l'eastern coopera­
tive oncology group ­ ECOG o il
Karnofsky­Performance Status ­
PS, l'intervallo libero dalla dia­
gnosi, il valore di LDH e calce­
mia corretta, raccolti nello
score prognostico dell'Interna­
tional Metastatic Renal Cell Car­
cinoma Database Consortium ­
IMDC o del Memorial Sloan­
Kettering Cancer Center ­
MSKCC. Accanto a questi
vanno valutati l'istologia tumo­
rale e alcuni parametri emato­
logici presenti solo nello score
IMDC. Il carcinoma renale è stato una
delle prime neoplasie in cui, in
passato, si è tentato di svilup­
pare un trattamento immuno­
logico, anche in considerazio­
ne della sua storica chemio­ e
radio­resistenza. L'introduzio­
ne in terapia degli inibitori del­
la tyrosine kinase ­ TKIs e del pathway del mammalian target
of rapamycin ­ mTOR, a segui­
to della scoperta di una pecu­
liarità del metastatic renal cell
carcinoma ­ mRCC e cioè della
sua particolare propensione a
indurre vasi neoformati (neo­
angiogenesi), ha completamen­
te rivoluzionato lo scenario
terapeutico di questi tumori pochi anni fa, rimuovendo fra
l'altro l'immunoterapia dalla posizione di approccio di cura standard. Molti agenti terapeu­
tici sono stati approvati dalla
FDA per il trattamento del
mRCC, a iniziare da sorafenib nel 2005, seguito da sunitinib,
bevacizumab più interferon,
everolimus, temsirolimus, pa­
zopanib e axitinib, mentre altri
sono in corso di valutazione.
Da poco sono stati pubblicati i
risultati di un nuovo studio
che ha dimostrato significativi vantaggi in progression free sur­
vival ­ PFS e un trend in overall
survival per cabozantinib, un
dual inhibitor di VEGF e c­
MET (Choueiri TK et alii, 2015).
Nuovi biomarkers sono tutta­
via sicuramente necessari per meglio ottimizzare l'uso di
questi agenti e di ogni altro
farmaco che si renderà dispo­
nibile per il trattamento del
mRCC (Santoni M et alii,
2015).
I farmaci sopra elencati, in lar­
ga parte inibitori del vascular
endothelial growth factor ­
VEGF, pur avendo dato im­
portanti risultati clinici in ter­
mini di controllo di malattia e
progression­free survival ­ PFS,
non hanno dato dimostrazione
di efficacia (aumento cioè
dell'overall survival ­ OS), con l'eccezione del temsirolimus
nel setting "poor risk". Tra i
nuovi farmaci immunoterapici
testati nell'mRCC nivolumab è
stato provato in studi di fase 1
e II, per identificare una rispo­
sta al trattamento e il com­
portamento per attività e sa­
fety nel RCC. Gli studi sono stati condotti in diversi paesi
come USA, Canada, Finlandia
e Italia e hanno consentito di
evidenziare meglio le diversità
di comportamento in popola­
zioni diverse per ambiente, ma soprattutto per condizioni fi­
siopatologiche. L'attività anti­
tumorale, intesa come riduzio­
ne importante del volume tu­
morale, è risultata compresa
fra il 20% e il 22%; a questo
dato va aggiunto un controllo di malattia (sostanziale stabili­
tà) ben più ampio e l'evidenza
di risposte al trattamento an­
che tardive. Non è stata rico­
nosciuta una relazione dose­ri­
sposta e comunque i risultati
hanno portato all'avvio di studi comparativi di fase III di se­
conda e prima linea. I risultati
dello studio di fase III in linee
di trattamento successive alla
prima sono stati recentissima­
mente comunicati e pubblicati,
e hanno dimostrato l'efficacia
di nivolumab con un significati­
I prossimi passi sono nel carcinoma renale
Tra i nuovi farmaci immunoterapici testati nel carcinoma a cellule renali metastatico, nivolu­
mab è stato provato in studi di fase 1 e II, per identificare una risposta al trattamento e il com­
portamento per attività e safety.
L'attività antitumorale, intesa come riduzione importante del volume tumorale, è risultata
compresa fra il 20% e il 22%; a questo dato va aggiunto un controllo di malattia (sostanziale sta­
bilità) ben più ampio e l'evidenza di risposte al trattamento anche tardive.
Appare, sempre più necessario meglio identificare le modalità di valutazione di questi farma­
ci, anche a causa di alcune loro peculiarità, quali i fenomeni di pseudo­progressione iniziale, di
risposte tardive, di nuove tossicità, per meglio chiarire la correlazione, il potere e l'analisi di
bench­marking tra progression­free survival e overall survival negli studi randomizzati con agenti
target o con percorsi di immunoterapia per il carcinoma a cellule renali.
32
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
vo incremento di overall survi­
val (Motzer RJ et alii, NEJM
2015). Tra gli altri farmaci va­
lutati o in corso di valutazione
per mRCC troviamo ipilimu­
mab, atezolizumab e pembro­
lizumab (Bracarda S et alii,
2015). Gli studi sulla safety di
questi farmaci in monoterapia hanno dimostrato la comparsa
di effetti collaterali gestibili e
confrontabili in tutti i gruppi di
studio (Motzer RJ et alii, JCO
2015).
Appare, comunque, sempre
più necessario meglio identifi­
care le modalità di valutazione
di questi farmaci, anche a cau­
sa di alcune loro peculiarità,
quali i fenomeni di pseudo­
progressione iniziale, di rispo­
ste tardive, di nuove tossicità,
per meglio chiarire la correla­
zione, il potere e l'analisi di
bench­marking tra PFS e OS
negli studi randomizzati con
agenti target o con percorsi di
immunoterapia per RCC (Bria
E et alii, 2015).
Una migliore caratterizzazione di base del quadro immunolo­
gico potrebbe consentire mi­
gliori scelte nel trattamento
del mRCC e in quest'ambito un ruolo importante potrebbe
avere la valutazione prima del
trattamento di neutrofilia, lin­
focitopenia e del rapporto neu­
trofili/linfociti ­ NLR (Santoni M
et alii, 2015) e la valutazione
dello status di PD­L1, al mo­
mento un punto abbastanza
controverso in tutte le patolo­
gie oncologiche (Bracarda S et
alii, 2015). Linfoma Il linfoma di Hodgkin (LH) rap­
presenta il fiore all'occhiello dell'ematologo perché rappre­
senta sicuramente la neoplasia
ematologica con la più alta
percentuale di guarigione (cir­
Novembre 2015
ca l'80% dei pazienti) utilizzan­
do la chemioterapia conven­
zionale rappresentata dal regi­
me ABVD (adriamicina, bleo­
m i c i n a , v i n b l a s t i n a e dacarbazina) (Viviani S et alii,
2011; Mounier N et alii, 2014).
Allo stesso tempo è da oltre
20 anni che si cerca di ridurre
quel 20% di "zoccolo duro"
rappresentato dai pazienti re­
frattari alla chemioterapia. Per
questo gruppo di pazienti a
prognosi sfavorevole l'utilizzo
di una seconda linea di che­
mioterapia di salvataggio, asso­
ciato a un consolidamento con
la terapia ad alte dosi con re­
scue delle cellule staminali pe­
Il primo anticorpo monoclonale efficace nella terapia del LH è stato un punto importante per il trattamento di questa patologia ematologica
riferiche autologhe, non rap­
presenta un armamentario te­
rapeutico in grado di modifica­
re l'andamento del LH
(Santoro A et alii, 2007; Zinzani
PL et alii, 2003). Brentuximab
vedotin è un anticorpo coniu­
gato a un farmaco (ADC)
composto da un anticorpo
monoclonale anti­CD30 lega­
to, tramite un legante scissibile per proteasi, all'agente antimi­
crotubulare monometilaurista­
tina E ­ MMAE. L'ADC usa un
ligante disegnato per essere
stabile in circolo e rilasciare
MMAE al momento dell'inter­
nalizzazione nelle cellule tu­
morali che esprimono CD30.
Negli ultimi anni l'avvento del
primo anticorpo monoclonale
efficace nella terapia del LH ha sicuramente rappresentato un
punto importante nello svilup­
po del miglior trattamento per
questa patologia ematologica. L'anticorpo anti­CD30 coniu­
gato con l'agente antimitotico
monometil auristatina E (bren­
tuximab vedotin) è in grado di
indurre remissioni stabili con
una tossicità accettabile nei
pazienti affetti da neoplasie
ematologiche CD30­positive
recidivate o resistenti; i risul­
tati clinici nel LH mostrano
una percentuale di risposta globale (risposta completa as­
sociata alla risposta parziale)
pari al 65­70% con un 30% di
risposte complete nei pazienti
ricaduti/refrattari alla chemio­
terapia convenzionale utiliz­
zando un "meccanismo intelli­
gente" in cui l'anticorpo veico­
la direttamente sulla cellula linfomatosa la sostanza cito­
tossica che penetra attraverso
la membrana cellulare ucci­
dendo direttamente ed esclu­
sivamente la cellula neoplasti­
ca. La modalità di sommini­
strazione è endovena in regi­
me di day hospital al dosaggio
di 1,8 μg/kg ogni 3 settimane
per un massimo di 16 sommi­
nistrazioni. È fondamentale ri­
cordare le caratteristiche clini­
che dei pazienti inclusi nei due
studi di fase I ed in quello regi­
strativo di fase II: tutti i pa­
zienti erano precedentemente
pretrattati con 3­4 linee di
chemioterapia convenziale in­
cludendo anche la terapia ad
alte dosi con reinfusione di cellule staminali autologhe da
sangue periferico (Younes A et
alii, 2010; Fanale MA et alii,
2012; Younes A et alii, 2012).
L'anticorpo monoclonale so­
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
33
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
34
pra indicato rappresenta sicu­
ramente un ulteriore strumen­
to terapeutico con un profilo di tossicità praticamente as­
sente nell'ambito di questi pa­
zienti con LH non responsivi
alla chemioterapia; nonostante
questi incoraggianti dati il
brentuximab vedotin ha una
sua efficacia tangibile e duratu­
ra in una ridotta frazione di
pazienti (Gopal AK et alii, 2015; Zinzani PL et alii, 2013). Recen­
temente, sulla base del succes­
so degli anticorpi anti­PD­1
nelle neoplasie solide e da al­
cune importanti evidenze pre­
cliniche, è stato suggerito che
il LH può avere una dipenden­
za genetica nel "PD­1 pa­
thway" per la sopravvivenza, e
che, targettando questa via, si
potrebbe effettivamente ren­
dere inefficiente l'abilità tumo­
rale di sfuggire alla sorveglian­
za immunologica (Green MR et alii, 2012; Chen BJ et alii, 2013).
Quindi, sulla base di queste considerazioni i pazienti con
LH sono stati inclusi come co­
orte indipendente nell'ambito
di due studi di fase I utilizzan­
do rispettivamente il nivolu­
mab e il pembrolizumab (Ansell
SM et alii, 2015; Moskowitz CH
et alii, 2014).
In entrambi gli studi sono stati
arruolati pazienti con LH rica­
duti/refrattari con una media­
na di 4­5 linee di precedenti
terapie includenti anche il tra­
pianto autologo e il brentuxi­
mab vedotin. Nonostante que­
sta popolazione prognostica­
mente sfavorevole di entrambi gli studi, l'anticorpo anti­PD­1
ha prodotto rispettivamente
una risposta globale pari
all'87% con una risposta com­
pleta del 17% relativamente al­
la sperimentazione con nivolu­
mab (Ansell SM et alii, 2015);
allo stesso tempo anche nello
studio di fase I con il pembro­
lizumab la percentuale della ri­
sposta globale è stata del 65% con una remissione completa pari al 21% (Moskowitz CH et
alii, 2014). Nonostante al mo­
mento il follow­up sia breve,
molti pazienti mostrano una
risposta duratura, mantenuta
per oltre un anno e l'evidenza
di una risposta rapida in termi­
ni di riduzione/scomparsa della sintomatologia clinica sistemi­
ca già dopo le prime 2­3 som­
ministrazioni. Allo stesso tem­
po, la modalità di somministra­
zione anche in questo caso è
per entrambe le molecole en­
dovena in regime di day hospi­
I risultati ottenuti
in una popolazione pesantemente pretrattata aprono una potenziale nuova modalità di algoritmo terapeutico del LH
tal senza alcun tipo di reazioni
in corso di somministrazione;
inoltre la tolleranza è ottima
senza alcuna tossicità ematolo­
gica.
Questi importanti risultati ot­
tenuti in una popolazione pe­
santemente pretrattata (diver­
se linee di chemioterapia con­
venzionale, terapia ad alte dosi
con rescue di cellule staminali
periferiche autologhe ed anche
il brentuximab vedotin) apro­
no una potenziale nuova mo­
dalità di algoritmo terapeutico
del LH. Infatti, il passaggio suc­
cessivo è quello di combinare i
due anticorpi, l'anti­PD­1 e il
brentuximab vedotin in un re­
gime esclusivamente immuno­
terapico, con un bassissimo
profilo di tossicità e, allo stes­
so tempo, con una potenziale
alta efficacia terapeutica com­
binata nell'ambito dei pazienti con LH non responsivi alla pri­
ma linea convenzionale di te­
rapia. Stanno partendo alcuni
studi di fase I­II di combinazio­
ne in pazienti giovani­adulti
con LH in prima ricaduta o re­
frattari alla prima linea di tera­
pia chemioterapica e in pazien­
ti anziani (età superiore ai 65
anni) con LH in prima linea
dove l'utilizzo della classica
chemioterapia non mostra ri­
sultati terapeutici entusia­
smanti e soprattutto in questi
pazienti, che presentano diver­
se comorbidità, la tossicità
ematologica ed extraematolo­
gica può diventare rilevante.
Anche nell'ambito dei linfomi
non Hodgkin (LNH) di deriva­
zione B­linfocitaria sono già presenti interessanti dati preli­
minari del ruolo che può gioca­
re l'anticorpo anti­PD­1. I primi
risultati sono stati riportati in una fase I includente diverse patologie ematologiche con il
pidilizumab (Berger R et alii, 2008) nel quale un paziente
con LNH indolente follicolare ha ottenuto una remissione completa. Successivamente l'ef­
ficacia del pidilizumab nel LNH
follicolare è stata testata in uno
studio di fase II in cui l'anti­
PD­1 veniva utilizzato in com­
binazione con il rituximab (an­
ticorpo anti­CD20 normalmen­
te utilizzato in combinazione
con la chemioterapia nell'ambi­
to dei LNH di derivazione B­
linfocitaria) in pazienti con lin­
foma follicolare ricaduto. La ri­
sposta globale è stata pari al
66% con una percentuale di ri­
sposta completa del 52% (We­
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
stin JR et alii, 2014); quest'ulti­
mo risultato è nettamente su­
periore a quello che si può ot­
tenere nella stessa popolazione utilizzando il solo rituximab. Inoltre, anche lo stesso nivolu­
mab ha mostrato una sua spe­
cifica efficacia nell'ambito sia dei LNH aggressivi, tipo il linfo­
ma diffuso a grandi cellule (ri­
sposta globale pari al 36%), sia nei LNH indolenti follicolari (40% come risposta globale)
(Ansell SM et alii, 2015).
Infine, interessanti risultati
preliminari sono stati ottenuti
con il nivolumab anche in pa­
zienti con LNH di derivazione
T­linfocitaria nodali e primitivi
cutanei (Ansell SM et alii,
2015).
Come per il LH, anche per i
LNH di derivazione B­linfoci­
taria, sia indolenti che aggres­
sivi, stanno partendo diversi
studi di fase I­II di combinazio­
ne, tesi a valutare l'efficacia degli anticorpi anti­PD­1 con
chemio­immunoterapia (rituxi­
mab), con immunomodulanti
quali la lenalidomide, e con gli
inibitori dell'istone deacetilasi.
Siamo sicuramente all'inizio di
nuova era per quanto riguarda
la terapia dei linfomi dove uno
degli obiettivi dei prossimi an­
ni sarà quello di poter riuscire
a trattare questi pazienti con
una esclusiva terapia immuno­
logica andando a ridurre rapi­
damente l'attuale ruolo della
chemioterapia.
O
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Nel linfoma cresce la sfida della immunoncologia
Negli ultimi anni l'avvento del primo anticorpo monoclonale efficace nella terapia del Linfo­
ma di Hodgkin ha sicuramente rappresentato un punto importante nello sviluppo del miglior trattamento per questa patologia ematologica.
Come per il Linfoma di Hodgkin, anche per i Linfomi non Hodgkin, di derivazione B­linfocita­
ria, sia indolenti che aggressivi, stanno partendo diversi studi di fase I­II di combinazione, tesi a valutare l'efficacia degli anticorpi anti­PD­1 con chemio­immunoterapia, con immunomodulan­
ti, e con gli inibitori dell'istone deacetilasi.
Si è sicuramente all'inizio di nuova era per quanto riguarda la terapia dei linfomi dove uno
degli obiettivi dei prossimi anni sarà quello di poter riuscire a trattare questi pazienti con una
esclusiva terapia immunologica andando a ridurre rapidamente l'attuale ruolo della chemiote­
rapia.
Novembre 2015
35
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
Quadri clinici e gestione della tossicità : la sicurezza a oggi
L
o sviluppo dell'im­
munoncologia pre­
senta problemati­
che ancora in parte
irrisolte relativa­
mente all'efficacia e alla tossici­
tà e quindi al rapporto effica­
cia/tossicità.
Sicurezza nei profili
di tossicità
A differenza degli effetti colla­
terali dei chemioterapici e degli
agenti a bersaglio molecolare,
quelli legati alla somministra­
zione di inibitori dell'"immune­
checkpoint", definiti "eventi av­
versi immuno­correlati" (immune
related adverse events – irAEs), sono tipicamente gestibili e ab­
bastanza ben tollerati dai pa­
zienti.
La tossicità associata al blocco
delle vie CTLA­4 e/o del PD­1,
entrambe coinvolte nella rego­
lazione della tolleranza perife­
rica del sistema immunitario e fondamentali per prevenire i
fenomeni di autoimmunità, è
comunque del tutto peculiare.
Include infatti una serie di
Gli effetti collaterali legati alla somministrazione
di inibitori dell' immune­checkpoint sono tipicamente gestibili
e abbastanza
ben tollerati
dai pazienti
eventi infiammatori tessutali
che sono conseguenti al mec­
canismo di attivazione della ri­
sposta immune correlata in ge­
nere all'attività dei linfociti T
(Luke JJ et al, 2015), e ricorda­
no le manifestazioni delle ma­
lattie auto­immuni (Haanen JB
et alii, 2015). Un'eccezione è
rappresentata dalla ipofisite, ri­
portata nel 4% dei pazienti che
ricevono ipilimumab, e attribu­
ibile all'espressione ectopica di
CTLA­4 nell'ipofisi con conse­
guente legame dell'ipilimumab alle cellule endocrine con suc­
cessiva fissazione del comple­
mento e infiammazione (Iwama S et alii, 2014). La tossicità più
frequentemente riportata dai
pazienti in trattamento con ipi­
limumab è la fatigue, mentre gli
effetti collaterali immuno­relati
clinicamente più frequente­
mente osservati con l'utilizzo
di ipilimumab sono di tipo der­
matologico (rash cutaneo e
prurito), gastrointestinale (co­
lite e diarrea), epatico (epatite
autoimmune), endocrinologico
(tiroiditi, ipofisiti); meno fre­
quenti sono quelli di tipo neu­
rologico. Un'analisi combinata di 14 studi nei quali erano stati
trattati con ipilimumab 1.498
pazienti ha dimostrato che gli
eventi avversi immuno­corre­
lati di qualsiasi grado si verifi­
cano in circa due terzi dei pa­
zienti trattati con questo far­
maco (64% dei casi): nella
maggior parte dei casi sono tuttavia di intensità lieve o mo­
Tabella 2.1
Ipilimumab: frequenza di eventi avversi immuno­relati (irAEs) in una pooled­analysis n=1.498 pazienti (modif. da Ibrahim RA, 2011)
Eventi avversi
Qualsiasi
Grado
Grado
immuno­correlati
grado
3­4
5
Qualsiasi evento avverso (irAEs)
963 (64,2%)
266 (17,8%)
9 (0,6%)
Dermatologici
672 (44,9%)
39 (2,6%)
0 (0%)
Gastrointestinali
487 (32,5%)
137 (9,1%)
3 (0,2%)
Endocrini
68 (4,5%)
34 (2,3%)
0 (0%)
Epatici
24 (1,6%)
16 (1,1%)
2 (0,1%)
Oculari
20 (1,3%)
6 (0,4%)
0 (0%)
Neurologici
2 (0,1%)
0 (0%)
1 (< 0,1%)
Cardiovascolari
2 (0,1%)
2 (0,1%)
0 (0%)
36
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
derata (Grado 1­2) (Ibrahim RA
et alii, 2011). Eventi avversi di Grado 3­4 sono stati riportati solo nel 17% dei casi.
La tossicità cutanea è stata ri­
portata nel 45% circa dei casi (Grado 3­4: 2,6%), la tossicità
gastrointestinale (colite e diar­
rea) nel 32% dei casi (Grado
3­4: 9%) (Tabella 2.1).
Il tasso di decessi attribuibile a eventi avversi è risultato esse­
re inferiore all'1% (0,6%) (Ta­
bella 2.1) (Ibrahim RA et alii, 2011).
Le tossicità di Grado 3­4 da
ipilimumab sono dose­correla­
te, aumentando dal 5% al 18%
con l'aumento della dose da 3
a 10 mg/kg e con un 0% alla
dose di 0,3 mg/kg (Wolchok JD
et alii, 2010).
In genere la tempistica di in­
sorgenza degli effetti collaterali
da ipilimumab è differente in
base alla tipologia: quelli der­
matologici si verificano entro le prime 3­4 settimane di trat­
tamento, quelli gastrointestina­
li dopo 5­7 settimane e quelli
endocrini intorno alla ottava­
nona settimana. La maggior
parte degli effetti collaterali si manifesta entro i tre mesi
dall'inizio della terapia, ma ta­
lora la tossicità può essere tar­
diva e comparire anche dopo il
termine del trattamento (Gan­
gadhar TC et al, 2014).
La tossicità degli anticorpi anti­
PD­1 (nivolumab, pembrolizu­
mab) ha un'incidenza inferiore
rispetto a quella degli anticorpi
anti­CTLA­4. Gli eventi avversi più frequentemente riportati
con questa classe di farmaci,
dopo l'astenia, sono l'eruzione cutanea, il prurito e la diarrea,
tutti generalmente di grado lie­
ve. Il tasso di eventi avversi di
Grado 3­4 riportato con en­
trambi questi farmaci è del
5­6% (Topalian SL et alii, 2014)
e del 7%­10% in studi di fase III
condotti nel NSCLC (Brahmer
J et alii, 2015; Paz­Ares L et alii, 2015). Con il pembrolizumab
sono stati riportati eventi av­
versi di Grado 3­4 nel 14% dei
pazienti (Hamid O et alii, 2013).
Sono stati descritti tuttavia rari casi (circa 1%) di polmonite autoimmune Grado 3­4
(Howell M et alii, 2015). Vedere anche: (Robert C et alii, 2015; Spesso gli effetti collaterali si hanno entro 3 mesi da inizio terapia, ma la tossicità può comparire anche a fine trattamento
Ribas A et alii, 2015).
La combinazione di anti­
corpi anti­CTLA­4 e anti­
PD­1 se da una parte aumenta
l'efficacia del trattamento,
dall'altra aumenta anche il ri­
schio di effetti collaterali. Nel­
lo studio di fase III che ha con­
frontato nivolumab, ipilimu­
mab e la combinazione di en­
trambi i farmaci in 945 pazienti
con melanoma metastatico, gli
eventi avversi di Grado 3­4 so­
no stati del 16,3% per nivolu­
mab, del 27,3% per ipilimumab,
e del 55% per la combinazione.
Inoltre, il trattamento è stato
più frequentemente interrotto
per eventi avversi nei pazienti
trattati con la combinazione
(36,4%) rispetto a quelli tratta­
ti con i singoli farmaci (7,7%
per nivolumab e 14,8% per ipi­
limumab). Tuttavia, nel gruppo
di pazienti trattati con la com­
binazione e che avevano inter­
rotto il trattamento per tossi­
cità, circa il 68% ha continuato
a rispondere al trattamento
nonostante l'interruzione della
terapia (Larkin J et alii, 2015).
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Quadri clinici
e gestione della tossicità
Oltre al rash cutaneo e alla fa­
tigue, molto frequenti, esistono
tossicità peculiari da agenti an­
ti­CTLA­4 e anti­PD­1, che si
manifestano durante il tratta­
mento, che debbono essere
ben conosciuti dal medico e
dei quali deve essere data tem­
pestiva e corretta informazio­
ne al paziente, in modo tale
che egli possa riportare al me­
dico il più precocemente pos­
sibile l'eventuale tossicità.
Gli irAEs vengono graduati se­
condo i criteri CTCAE (Com­
mon Terminology Criteria for
Adverse Events): nel caso di
tossicità di grado lieve (Grado 1), la gestione degli eventi av­
versi prevede in genere terapia
di supporto dei sintomi e un
attento monitoraggio, senza
necessità di interrompere l'im­
L'immune­checkpoint
A differenza degli effetti collaterali dei chemioterapici e degli agenti a bersaglio molecolare,
quelli legati alla somministrazione di inibitori dell'"immune­checkpoint", definiti "eventi avversi immuno­correlati", sono tipicamente gestibili e abbastanza ben tollerati dai pazienti.
Novembre 2015
37
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
munoterapia. Per tossicità di Grado 2 va presa in considera­
zione anche l'interruzione del
farmaco immunoterapico fino
a risoluzione della tossicità e
va considerata una terapia ste­
roidea severa, mentre nel caso
di tossicità di Grado 3­4 l'im­
munoterapia deve essere in­
terrotta (in maniera definitiva
nel caso di tossicità di Grado
4) e deve essere prontamente
iniziata una terapia con steroi­
di per via endovenosa e, nei
casi più gravi, con immuno­
soppressori (Tabella 2.2).
Tossicità cutanea
La tossicità cutanea che si veri­
fica in circa il 40% dei pazienti
trattati con ipilimumab risulta essere di Grado 3­4 solo nel
2% circa dei pazienti (Ibrahim
RA et alii, 2011; Robert C et
alii, 2011). Si manifesta tipica­
mente come eruzione maculo­
papulare e prurito; raramente
può insorgere anche depig­
mentazione dei capelli e vitili­
gine e rarissimi sono i gravi ca­
si di tossicità cutanea con ne­
crolisi tossica.
Per la tossicità lieve si possono applicare creme emollienti, o pomate a base di steroidi (1% di idrocortisone) e antistaminici. I casi di tossicità cutanea di Gra­
do 3­4 che si manifestano come sindrome di Stevens­Johnson o necrolisi tossica dell'epidermide richiedono somministrazioni di steroidi ad alte dosi (metilpred­
nisolone 1­2 mg/kg) e l'interru­
zione dell'immunoterapia (We­
ber JS et alii, 2012). La ripresa del trattamento con immunote­
rapici dopo una tossicità di Gra­
do 3 può essere presa in consi­
derazione dopo una risoluzione al Grado 1 e riduzione degli ste­
roidi.
Il rash maculo­papulare (36%)
e il prurito (28%) sono le tos­
38
sicità più comunemente osser­
vate con nivolumab (Topalian
SL et alii, 2012), con pochi casi di Grado 3­4.
Diarrea
La diarrea è un effetto collate­
rale frequente, soprattutto con
ipilimumab (27,5% alla dose di
3 mg/kg e 32,8% alla dose di 10
mg/kg) e con la combinazione
di anti­CTLA­4 e anti­PD­1,
mentre è meno frequente con
i farmaci anti­PD­1 (18%) e di Grado 3­4 solo nel 2% dei casi (Topalian SL et alii, 2014).
Se di Grado 1 e 2 (fino a 6
scariche al giorno rispetto al
basale), la diarrea può essere Per la tossicità cutanea lieve si possono applicare creme emollienti o pomate a base di steroidi (cortisone all'1%) e antistaminici
gestita con farmaci antidiarroi­
ci, idratazione per via orale e
integratori elettrolitici; se per­
siste per oltre 5 giorni, deve
essere iniziata una terapia ste­
roidea orale (0,5 mg/kg di pre­
dnisone) che andrà ridotta o aumentata in base alla sinto­
matologia. L'ipilimumab va so­
speso ed eventualmente ripre­
so nel caso di miglioramento
(riduzione al Grado 1) o di ri­
soluzione della diarrea.
La colonscopia dovrebbe esse­
re presa in considerazione per
valutare l'eventuale presenza di
ulcerazioni e la necessità di una
terapia immunosoppressiva più
aggressiva tenendo sempre presente il pericolo teorico di
perforazione durante colon­
scopia (Weber JS et alii, 2012).
Se la diarrea è di Grado 3­4
(oltre 7 scariche al giorno o
necessità di ospedalizzazione)
l'immunoterapia deve essere
definitivamente interrotta, e
devono essere somministrati
steroidi ad alte dosi per via endovenosa (metilprednisolo­
ne 1­2 mg/kg/die) (Weber JS et
alii, 2012), con riduzione gra­
duale (in almeno un mese per evitare la ricomparsa dei sinto­
mi) al momento della risolu­
zione dei sintomi o alla ridu­
zione a un Grado 1.
Nel sospetto di perforazione
intestinale devono essere so­
spesi gli steroidi e richiesta
una valutazione chirurgica.
L'infliximab (anticorpo mono­
clonale che inibisce il fattore di
necrosi tumorale­alfa) può es­
sere preso in considerazione
per la diarrea refrattaria agli
steroidi (Minor DR et alii,
2009), ma è controindicato
nel caso di perforazione inte­
stinale e sepsi.
Tossicità endocrina
Per l'ipilimumab le tossicità en­
docrine più frequentemente ri­
portate sono a livello tiroideo,
surrenalico e ipofisario, con
quadri di ipotiroidismo, insuffi­
cienza surrenalica e ipopituita­
rismo (Grado 3­4 in meno del
2% dei pazienti trattati) (Brah­
mer JR et alii, 2012; Robert C
et alii, 2011). Gli effetti collate­
rali di tipo endocrino da im­
munoterapia possono essere
irreversibili e richiedere quindi
una terapia ormonale conti­
nuativa (Weber JS et alii,
2012).
A livello ipofisario si può veri­
ficare una ipofisite linfocitaria con aumento di dimensioni
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
dell'ipofisi e ridotto rilascio di
ormoni da parte dell'adenoipo­
fisi, come TSH e ACTH. I pa­
zienti possono presentare ce­
falea, disturbi visivi e fatigue e
la diagnosi è confermata con
risonanza magnetica e valuta­
zione degli ormoni ipofisari
(cortisolo, ACTH, TSH, LH,
FSH, prolattina). Nei casi di ipofisite Grado 3­4 può essere
richiesta ospedalizzazione e te­
rapia endovenosa con steroidi
ad alte dosi: in uno studio re­
trospettivo (Min L et alii, 2015)
non è stato riportato benefi­
cio, tuttavia, da una terapia
steroidea in caso di ipofisite da
ipilimumab. È solitamente ne­
cessaria una terapia ormonale
sostitutiva.
A livello surrenalico, le manife­
stazioni cliniche di tossicità da immunoterapia sono quelle
dell'insufficienza surrenalica
(conseguente a tossicità diretta
sulle ghiandole surrenaliche o secondaria a danno ipofisario)
che necessita di terapia sosti­
tutiva con cortisolo. Qualora
siano state utilizzate alte dosi
di steroidi per trattare eventi
avversi immuno­correlati di al­
tro tipo e siano sospesi troppo
velocemente, potrebbe scate­
narsi una crisi surrenalica.
A livello tiroideo si può verifi­
care una tiroidite autoimmune
simile alla tiroidite di Hashi­
moto, che è caratterizzata da
una fase iniziale di ipertiroidi­
smo, in cui i sintomi possono
essere controllati con beta­
bloccanti, e una fase successiva
di ipotiroidismo che deve es­
sere corretto con la sommini­
strazione di ormoni tiroidei
(Topalian SL et alii, 2012).
Tossicità epatica
Un aumento asintomatico de­
gli enzimi epatici è stato ri­
portato in circa il 5­10% dei
Novembre 2015
pazienti trattati con ipilimu­
mab e con nivolumab (1% di
Grado 3­4), conseguente a
diffusa infiltrazione linfocitaria
evidenziabile alla biopsia epa­
tica.
Un controllo della funzionalità epatica dovrebbe pertanto es­
sere eseguito prima di ogni somministrazione di immuno­
terapia e dovrebbe essere va­
lutato anche se un eventuale
aumento degli enzimi epatici
potesse essere legato ad altre cause.
Nel caso di tossicità di Grado
2, il trattamento dovrebbe es­
sere interrotto fino a risolu­
La tossicità neurologica
si verifica in meno
dell’1% dei pazienti
trattati e si manifesta
con disturbi sensitivi
e motori
zione della tossicità o a ridu­
zione al Grado 1.
Nel caso di tossicità di Grado 3, il trattamento andrebbe so­
speso e andrebbe iniziata una
terapia steroidea ad alte dosi
(Weber JS et alii, 2012); se non si verifica un miglioramento
entro 48 ore, andrebbe consi­
derato un farmaco immuno­
soppressore: il micofenolato mofetile; esiste invece una con­
troindicazione relativa all'utiliz­
zo di infliximab a causa della
sua potenziale epatotossicità.
Tossicità pancreatica
La tossicità pancreatica si può
verificare con aumento asinto­
matico degli enzimi pancreati­
ci, fino a una pancreatite au­
toimmune sintomatica in me­
no del 2% dei pazienti.
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Tossicità neurologica
Si verifica in meno dell'1% dei
pazienti trattati e si manifesta con disturbi sia sensitivi che
motori. Spesso di grado lieve,
si risolve spontaneamente, ma
si può verificare anche una
meningite e sono stati riportati
due casi di sindrome di Guil­
lan­Barré (di cui uno risoltosi
con terapia steroidea) e tossi­
cità oculare (uveiti ed episcle­
riti che si manifestano con fo­
tofobia, dolore, secchezza
oculare, offuscamento della vi­
sione) (Howell M et alii, 2015).
Tossicità polmonare
Caratterizzata da polmonite autoimmune, è un evento mol­
to raro ma, se di grado seve­
ro, può essere fatale.
Il tasso di polmoniti è vera­
mente basso con ipilimumab,
mentre con anti­PD­1 sono
state osservate polmoniti di
Grado 1­2 nel 9% dei casi e di
Grado 3­4 nel 3% (Topalian SL
et alii, 2012).
Per i pazienti asintomatici in
cui la polmonite è soltanto un
riscontro radiologico (Rx­to­
race o TC) (Grado 1) è consi­
gliabile solo un attento moni­
toraggio clinico, senza interru­
zione dell'immunoterapico.
Per tossicità di Grado 2, do­
vrebbe essere iniziata una te­
rapia steroidea (1 mg/kg/die
prednisolone) (Howell M et
alii, 2015), interrotta l'immu­
noterapia e preso in conside­
razione un eventuale ricovero. Nel caso di miglioramento del­
la sintomatologia, gli steroidi
andranno ridotti gradualmente
(almeno 1 mese) e poi rico­
39
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
minciata la terapia con i farma­
ci anti­PD­1. Negli studi iniziali
le polmoniti potevano essere
ricorrenti e in tal caso l‘anti­
PD­1 veniva interrotto in ma­
niera definitiva.
Per tossicità di Grado 3­4 è
necessaria l'ospedalizzazione
del paziente, consulenza pneu­
mologica e terapia steroidea ad alte dosi (2­4 mg/kg/die di
metilprednisolone) e interru­
zione dell'immunoterapia (To­
palian SL et alii, 2012). Per i pa­
zienti con sintomatologia seve­
ra nonostante gli steroidi ad
alte dosi è necessario eseguire
broncoscopia e biopsia polmo­
nare per accertare la diagnosi.
Nei pazienti con NSCLC è im­
portante, prima di iniziare l'an­
ti­PD­1, valutare la funzionalità
polmonare poiché preesistenti
patologie croniche, special­
mente la malattia polmonare
interstiziale, possono esporre a particolare rischio di polmo­
niti. Inoltre, la radioterapia to­
racica può aumentare l'infiam­
mazione locale e il rilascio di
antigeni tessutali, potenziando
così la tossicità polmonare dei
farmaci immunoterapici.
La sicurezza a oggi
Anche se a differenza degli ef­
fetti collaterali dei chemiotera­
pici e degli agenti a bersaglio
molecolare, quelli legati alla
somministrazione degli anti­
CTLA­4 e degli anti­PD­1 ri­
sultano essere gestibili e abba­
stanza ben tollerati dai pazien­
ti, è necessario conoscere la
potenziale tossicità immuno­
Gli immune related adverse events
Gli immune related adverse events vengono graduati secondo i criteri CTCAE (Common Ter­
minology Criteria for Adverse Events): nel caso di tossicità di grado lieve (Grado 1), la gestione
degli eventi avversi prevede in genere terapia di supporto dei sintomi e un attento monitorag­
gio, senza necessità di interrompere l'immunoterapia. Per tossicità di Grado 2 va presa in con­
siderazione anche l'interruzione del farmaco immunoterapico fino a risoluzione della tossicità e
va considerata una terapia steroidea severa, mentre nel caso di tossicità di Grado 3­4 l'immu­
noterapia deve essere interrotta (in maniera definitiva nel caso di tossicità di Grado 4) e deve
essere prontamente iniziata una terapia con steroidi per via endovenosa e, nei casi più gravi, con immuno­soppressori.
Tabella 2.2
Gestione delle tossicità immuno­relate in base al Grado di severità secondo CTCAE
(modif. da Howell M, 2015)
Grado di tossicità secondo i criteri CTCAE
1
2
3
4
40
Interventi consigliati
O
O
O
Trattamento di supporto;
Attento monitoraggio dei sintomi;
Esclusione di eventuali infezioni.
Oltre agli interventi consigliati per la tossicità di Grado 1:
O Interrompere il farmaco immunoterapico fino a risoluzione completa della tossicità o fino a tossicità Grado 1;
O Prendere in considerazione steroidi per via orale nel caso di sintomi persistenti per oltre 5
giorni.
O Terapia di supporto;
O Iniziare terapia con steroidi ad alte dosi per via endovenosa (metilprednisolone 1­2 mg/kg);
O Nel caso di non risoluzione dei sintomi entro 48 ore, prendere in considerazione l’aggiunta di altri farmaci immunosoppressivi (infliximib, micofenolato);
O Prendere in considerazione esami strumentali specifici (ad esempio: colonscopia);
O Acquisire l’opinione di altri specialisti;
O Indagare e trattare eventuali infezioni;
O Sospendere il farmaco immunoterapico e prenderne in considerazione la ripresa nel caso di risoluzione completa della tossicità o di riduzione al Grado 1;
O Gli steroidi devono essere ridotti dopo 3­6 settimane.
Oltre agli interventi consigliati per la tossicità di Grado 3:
O Interrompere in maniera definitiva il farmaco immunoterapico.
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
correlata: a tal fine, è impor­
tante considerare le comorbi­
dità dei pazienti quando si pro­
pone un trattamento di questo
tipo, tenendo conto che le ma­
lattie autoimmunitarie pre­esi­
stenti rappresentano una con­
troindicazione al trattamento.
Al momento non sono stati
identificati con certezza dei fat­
tori predittivi per identificare i pazienti maggiormente a ri­
schio di tossicità e non è anco­
ra chiaro se la tossicità sia cor­
relata con l'efficacia del tratta­
mento (Howell M et alii, 2015).
Una corretta gestione degli ef­
fetti collaterali immuno­corre­
lati da farmaci anti­CTLA­4 e
anti­PD­1 si avvale quindi di:
O una adeguata conoscenza
delle tossicità da parte dell'on­
cologo;
O una adeguata informazione
dei pazienti e una buona co­
municazione medico­paziente;
O una diagnosi e un trattamen­
to tempestivi, con l'utilizzo, se
indicato, di steroidi o altri far­
maci immunosoppressori, in
quanto è stato riportato che
un intervento medico precoce
riduce la gravità e la durata de­
gli eventi avversi immunocor­
relati (O'Day S et alii, 2010).
È fondamentale che il clinico
sia formato al riconoscimento
precoce della tossicità e all'ap­
plicazione dei protocolli di
corretta gestione degli effetti
collaterali, possibilmente
nell'ambito di una collabora­
zione multidisciplinare (onco­
logo medico, gastroenterolo­
go, endocrinologo, medico di
medicina generale, etc.), al fine
di garantire la sicurezza dei pa­
zienti (Weber JS et alii, 2015). O
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
È necessario conoscere la potenziale tossicità immuno­correlata
Anche se a differenza degli effetti collaterali dei chemioterapici e degli agenti a bersaglio mo­
lecolare, quelli legati alla somministrazione degli anti­CTLA­4 e degli anti­PD­1 risultano essere
gestibili e abbastanza ben tollerati dai pazienti, è necessario conoscere la potenziale tossicità
immuno­correlata: a tal fine, è importante considerare le comorbidità dei pazienti quando si
propone un trattamento di questo tipo, tenendo conto che le malattie autoimmunitarie pre­
esistenti rappresentano una controindicazione al trattamento.
Una corretta gestione degli effetti collaterali immuno­correlati da farmaci anti­CTLA­4 e an­
ti­PD­1 si avvale quindi di: una adeguata conoscenza delle tossicità da parte dell'oncologo; una
adeguata informazione dei pazienti e una buona comunicazione medico­paziente; una diagnosi e un trattamento tempestivi, con l'utilizzo, se indicato, di steroidi o altri farmaci immunosop­
pressori, in quanto è stato riportato che un intervento medico precoce riduce la gravità e la du­
rata degli eventi avversi immunocorrelati. E' fondamentale che il clinico sia formato al riconoscimento precoce della tossicità e all'appli­
cazione dei protocolli di corretta gestione degli effetti collaterali, possibilmente nell'ambito di
una collaborazione multidisciplinare (oncologo medico, gastroenterologo, endocrinologo, medi­
co di medicina generale, etc.), al fine di garantire la sicurezza dei pazienti.
Novembre 2015
41
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
Biomarkers: fattori predittivi di efficacia e indicatori di risposta
I
l termine Biomarkers,
largamente utilizzato, è
molto generico e di
conseguenza spesso ri­
sulta ambiguo: teorica­
mente anche un segno clinico
come la febbre, o addirittura
un sintomo, potrebbero esse­
re considerati come bio­
markers. In questa sede utiliz­
zeremo il termine per indicare
una caratteristica biologica o clinica misurabile in modo
obiettivo (nel 1998, il National Institutes of Health Biomarkers
Definitions Working Group definì
un biomarker come "a cha­
racteristic that is objectively mea­
sured and evaluated as an indi­
cator of normal biological proces­
ses, pathogenic processes, or
pharmacologic responses to a
therapeutic intervention"), quindi
strumentale. Questa definizio­
ne include misurazioni/valuta­
zioni eseguite su campioni di
tessuto sano (es. sangue) o
malato (es. biopsia tumorale),
ma anche quelle eseguite su
immagini (es. Risonanza Nu­
cleare Magnetica) o in altri tipi
di esami diagnostici (es. scinti­
grafia, ECG). Le misurazioni
possono essere eseguite su in­
dividui sani, su soggetti affetti
da condizioni "a rischio", o su
pazienti. In campo oncologico,
classicamente, i biomarkers
sono utilizzati con quattro
Sono quattro gli scopi
per l’uso dei biomarkers: supporto nella diagnosi,
previsioni sulla evoluzione della malattia, effetti
della terapia, valutazione di efficacia della terapia
scopi:
1. come supporto nella dia­
gnosi di una malattia (markers
diagnostici);
2. per fare previsioni sull'evo­
luzione della malattia/condizio­
ne (markers prognostici); 3. per fare previsioni sugli ef­
fetti di una terapia (markers
predittivi); 4. per valutare se una terapia
è stata (o si sta dimostrando) efficace (indicatori di efficacia).
La distinzione tra questi possi­
bili impieghi di un marcatore è fondamentale, perchè lo stesso
marcatore può essere propo­
sto per più di un utilizzo (per
fare un esempio, il dosaggio del
PSA viene utilizzato per la dia­
gnosi del cancro della prostata, a
scopo prognostico nei pazienti
operati e per anche valutare la ri­
sposta alle terapie), ma i requisi­
ti necessari sono molto diversi.
In comune a tutti gli utilizzi c'è
il fatto che si parla di predizio­
ni/valutazioni probabilistiche:
come per tutta la medicina
moderna, il linguaggio dei bio­
markers è quello della statisti­
ca, ed è caratterizzato da una notevole complessità e, quasi
sempre, da un'elevata incertez­
za, soprattutto in oncologia.
Fattori predittivi di efficacia
Il ruolo diagnostico dei bio­
markers esula dal tema in di­
scussione, perchè l'immunon­
cologia ha a che fare con pa­
zienti oncologici, nei quali la
diagnosi è già stata fatta. Il
ruolo prognostico va invece
esaminato con attenzione,
perchè la distinzione tra fattori
prognostici e fattori predittivi
è spesso difficile. Entrambi so­
no misurati nel momento in
cui si decide la terapia e pos­
sono condizionare questa scel­
ta: un fattore predittivo per­
mette di individuare i pazienti
in cui una certa terapia sarà
(più) efficace: viceversa, un fat­
tore prognostico dovrebbe
predire l'esito della malattia a
prescindere dalla terapia. Per
Perché i biomarkers
I biomarkers sono utilizzati con i seguenti scopi: come supporto nella diagnosi di una malattia
(markers diagnostici); per fare previsioni sull'evoluzione della malattia/condizione (markers pro­
gnostici); per fare previsioni sugli effetti di una terapia (markers predittivi); per valutare se una terapia è stata (o si sta dimostrando) efficace (indicatori di efficacia).
42
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
definizione, il fattore preditti­
vo deve essere prognostico in
qualche sottogruppo di pazien­
ti. Al contrario, la presenza di
certe alterazioni molecolari, non associata in sè alla pro­
gnosi, acquista una forte valen­
za prognostica perchè condi­
ziona l'efficacia di terapie che
hanno come bersaglio quelle alterazioni. Di conseguenza, se osserviamo un gruppo di pa­
zienti trattati omogeneamente,
sarà impossibile capire se quel­
lo che stiamo osservando è un
fattore prognostico o un fatto­
re predittivo. Solo nell'ambito
di uno studio controllato (ran­
domizzato) si potrà quindi ca­
pire se un certo fattore è pro­
gnostico o predittivo.
La distinzione, nell'ambito dell'immunoncologia, è di fon­
damentale importanza per vari
motivi:
1) I fattori prognostici sono
importanti nella scelta tera­
peutica quando il trattamento
in studio ha una tossicità im­
portante (nei pazienti a pro­
gnosi peggiore il trattamento più tossico è maggiormente
giustificato se più efficace) e
questo non è il caso dei tratta­
menti immunoterapici in corso
di sperimentazione/registrazio­
ne. Per di più, nella malattia
avanzata, che è quella in cui si
stanno attualmente impiegan­
do queste terapie, si parla co­
munque di una prognosi sfavo­
revole, per cui anche nei pa­
zienti con un profilo progno­
stico più favorevole si impone
la scelta della terapia più effi­
cace. Di fatto, in questo mo­
mento la stima della prognosi
di un paziente non riveste un
grande interesse nell'ambito
dell'immunoncologia, se non per i pazienti operati radical­
mente, dove il rischio di reci­
diva e morte può variare note­
Novembre 2015
volmente.
2) Gli alti costi dei tratta­
menti immunoterapici ne condizionano le strategie di
utilizzo, anche in relazione al crescente numero di neoplasie in cui si stanno dimostrando efficaci. La disponibilità di
markers predittivi in grado di
individuare i pazienti che trar­
ranno realmente beneficio dal trattamento permetterebbe di
limitare il numero di pazienti
da avviare a queste terapie e di
conseguenza di ridurre note­
volmente i costi generati dalla
loro introduzione, senza negar­
li ai pazienti per i quali potreb­
bero realmente essere utili.
I fattori prognostici sono fondamentali nella scelta terapeutica
quando il trattamento ha una tossicità importante 3) I pochi studi a lungo ter­
mine disponibili, che riguar­
dano in realtà solo gli anti­
CTLA­4 nel melanoma meta­
statico, sembrano indicare che
l'immunoterapia si contraddi­
stingue perchè in una mino­
ranza dei pazienti si osservano
benefici molto importanti, con
pazienti vivi e in buone condi­
zioni a più di dieci anni dall'ini­
zio della terapia. La selezione
preventiva dei pazienti destina­
ti a benefici di questo tipo per­
metterebbe di avviare invece gli altri a trattamenti che per
loro sarebbero più efficaci, o di inserirli in sperimentazioni
cliniche. Con le immunoterapie di II ge­
nerazione (anti PD­1/PD­L1) e con i trattamenti che combina­
no in associazione o in se­
quenza più immunoterapie, o
immunoterapie e agenti a ber­
saglio molecolare, è verosimile
che lo scenario clinico, specie
quello a lungo termine, si mo­
difichi notevolmente, in manie­
ra a oggi difficile da prevedere,
ma l'identificazione preventiva
dei soggetti "suscettibili" ai be­
nefici della terapia continue­
rebbe a essere estremamente
vantaggiosa, sia sul piano clini­
co che su quello del rapporto
tra costi e benefici. Purtroppo,
i dati disponibili al momento
sono, se non del tutto negativi, contraddittori e non sembra
ipotizzabile che nel breve ter­
mine sia disponibile un bio­
marker utile a questo scopo.
L'over­espressione sul tumore
del PD­L1 (Programmed Cell
Death Ligand 1), che è il bio­
marker più studiato in immu­
noncologia e che aveva gene­
rato molte speranze, si è con­
fermata un fattore prognostico
negativo in vari tumori solidi,
ma la sua capacità di predire
l'efficacia dell'immunoterapia,
tuttora oggetto di discussione, sarebbe comunque limitata.
Segnalazioni relative ad altri
biomarkers predittivi derivano da studi di piccole dimensioni
e attendono conferme più ri­
gorose. Ad esempio, dati mol­
to recenti suggeriscono che la
sensibilità di un paziente al
blocco del PD­1 è correlata al
carico e al tipo di mutazioni (il
"panorama" mutazionale) del suo tumore (Rizvi NA et alii,
2015).
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Indicatori di risposta
La risposta al trattamento ha
avuto un ruolo fondamentale
43
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
nella storia dell'oncologia: la
risposta obiettiva, ossia la ri­
duzione volumetrica del tumo­
re definita e misurata utilizzan­
do criteri standardizzati, è sta­
ta il caposaldo dello sviluppo
dei farmaci e regimi chemiote­
rapici, come endpoint primario
negli studi di attività (fase II), ma anche come indispensabile
correlato della sopravvivenza negli studi di efficacia (fase III).
Ne è stata anche dimostrata la
validità come endpoint surroga­
to della sopravvivenza nel car­
cinoma colorettale, nel tumo­
re mammario e nel tumore
polmonare e questo è l'aspet­
to che più ci interessa in que­
sta sede. Il concetto di "endpoint surro­
gato" impone una chiara distin­
zione tra questo e l'endpoint
naturale, "vero", che rappre­
senta il beneficio che si cerca
di ottenere con il trattamento.
Per fare un esempio, l'obietti­
vo di un trattamento ipertensi­
vo non è la riduzione della
pressione arteriosa, come end­
point surrogato, ma la riduzione
del rischio di malattia cardio­
vascolare, come endpoint natu­
rale. Analogamente, l'obiettivo
di un trattamento antineopla­
stico non è la riduzione volu­
metrica del tumore ma il pro­
lungamento della sopravviven­
za del paziente. Un endpoint in­
termedio si può qualificare
come surrogato se dagli effetti di un trattamento su questo
endpoint intermedio è possibile
stimarne gli effetti sull'endpoint
naturale. Il presupposto per
questa proprietà (la cosiddetta
"surrogacy"), è che l'endpoint
intermedio "assorba" i benefici
del trattamento: in pratica,
nella problematica di cui stia­
mo discutendo, i benefici di un
trattamento in termini di so­
pravvivenza dovrebbero tran­
sitare attraverso una risposta
obiettiva ed essere presenti solo nei pazienti che rispondo­
no al trattamento con una ri­
duzione volumetrica del tumo­
re. Se si considera che la ri­
sposta obiettiva si manifesta
dopo poche settimane o mesi,
mentre i benefici dell'immuno­
terapia in termini di sopravvi­
venza si manifestano dopo
molti anni, la dimostrazione
che la risposta obiettiva a un
trattamento immmunoterapi­
co è il tramite attraverso cui si realizzano i benefici in termini
di sopravvivenza sarebbe mol­
to importante non solo a livel­
lo di trials, ma anche per la ge­
stione del singolo paziente. Questa dimostrazione esiste
solo per la risposta obiettiva
alla chemioterapia in alcuni tu­
mori solidi, perchè gli studi
necessari per ottenerla sono
molto complessi. In realtà, il
ruolo della risposta obiettiva,
sia come endpoint primario ne­
gli studi di attività che come
endpoint surrogato di efficacia,
è stato negli anni oggetto di di­
scussioni e critiche, soprattut­
to quando dai farmaci citotos­
sici la ricerca si è spostata sui
farmaci a bersaglio molecolare
e, più di recente, sulle immu­
noterapie. In particolare per
quest'ultime, l'osservazione di risposte tardive, o di prolunga­
te stabilità, in certi casi prece­
dute da apparenti progressioni
e anche dalla comparsa di nuo­
ve lesioni, aveva portato allo
sviluppo di criteri specifici per
la valutazione della risposta ai
trattamenti immunoterapici (Wolchok JD et alii, 2009) e a
un generale scetticismo sul si­
gnificato della risposta obietti­
va in questo ambito. Sembra
però che la maggiore efficacia
dei trattamenti immunoterapi­
ci più recenti (anti­PD­1/PD­
L1), da soli o in associazione con gli anti­CTLA­4, si accom­
Obiettivi del trattamento
I fattori prognostici sono importanti nella scelta terapeutica quando il trattamento in studio
ha una tossicità importante (nei pazienti a prognosi peggiore il trattamento più tossico è mag­
giormente giustificato se più efficace) e questo non è il caso dei trattamenti immunoterapici in
corso di sperimentazione/registrazione.
L'obiettivo di un trattamento antineoplastico non è la riduzione volumetrica del tumore ma
il prolungamento della sopravvivenza del paziente.
La disponibilità di markers predittivi in grado di individuare i pazienti che trarranno realmen­
te beneficio dal trattamento permetterebbe di limitare il numero di pazienti da avviare a que­
ste terapie e di conseguenza di ridurre notevolmente i costi generati dalla loro introduzione,
senza negarli ai pazienti per i quali potrebbero realmente essere utili.
Sembra però che la maggiore efficacia dei trattamenti immunoterapici più recenti (anti­
PD­1/PD­L1), da soli o in associazione con gli anti­CTLA­4, si accompagni a percentuali di rispo­
ste obiettive molto elevate nel melanoma metastatico e anche nel carcinoma polmonare non­
microcitoma.
44
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
pagni a percentuali di risposte obiettive molto elevate nel melanoma metastatico e anche
nel carcinoma polmonare non­
microcitoma.
L'argomento è di estrema im­
portanza, perchè alcune di
queste terapie prevedono
trattamenti prolungati: un bio­
Novembre 2015
marker che permettesse di
selezionare precocemente i
pazienti che non stanno tra­
endo beneficio dal trattamen­
to permetterebbe di rispar­
miare sui costi e di evitare a
questi pazienti tossicità inutili,
per avviarli subito ad altre te­
rapie che nel loro caso po­
trebbero essere efficaci. Pur­
troppo, anche qui siamo anco­
ra in una fase di ricerca abba­
stanza preliminare e non
esiste al momento alcun mar­
catore intermedio che ci per­
metta di monitorare in manie­
ra affidabile gli effetti dell'im­
munoterapia.
O
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
45
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
Benefici e valutazione economica dell’immunoterapia
L
a chemioterapia ha
un duplice effetto
sul sistema immu­
ne. Uno positivo di
stimolazione della
risposta immune ai tumori, il
che può favorire un’attività te­
rapeutica antitumorale, come
per esempio la morte cellula­
re/rilascio antigenico o la mo­
dulazione del microenviroment del tumore (Treg/MDSC inhibi­
tion, upregulation of MHC­1). Un altro, negativo, come effet­
to immunosoppressivo. Evi­
denza della sinergia tra che­
mioterapia e immunoterapia è stata vista nel melanoma e re­
centemente nel tumore del
polmone (Lynch TJ et alii,
2012). I trials di combinazione
del nivolumab con altri diffe­
renti regimi nel NSCLC, sono altri esempi (Antonia SJ et alii,
2014; Rizvi NA et alii, 2014; Gettinger SN et alii, 2014).
Valutazione del beneficio clinico dell'immunoterapia
Gli interventi preventivi, dia­
gnostici e terapeutici vengono
chiesti o accettati dai pazienti
nella speranza che permettano
loro di vivere più a lungo e/o
meglio. Dunque, il beneficio di
un intervento dovrebbe essere
misurato in termini di quantità
e qualità di vita per il paziente.
Gli effetti di un trattamento
sulla sopravvivenza hanno si­
gnificato solo in un'ottica com­
parativa: sapere che su 100 pa­
zienti sottoposti a un certo
trattamento 30 erano vivi do­
po 5 anni, o che la loro so­
pravvivenza mediana è stata di
3 anni, non ha alcun significato,
46
La sopravvivenza
a lungo termine
è il parametro
rivoluzionario che
apre nuove frontiere
anche per la ricerca
e l’HTA mentre
vanno affinandosi
le considerazioni
su costi ed efficacia
se questi numeri non sono
confrontati con quello che sa­
rebbe successo con un altro o
senza nessun trattamento. La prima e più importante di­
stinzione è quella relativa ai
trattamenti somministrati per
"guarire" rispetto ai trattamen­
ti che si propongono di arre­
stare o rallentare la progres­
sione della malattia. Nel primo
caso l'esito della malattia è mi­
surato con una variabile bina­
ria (si/no, guarigione/decesso) e il beneficio di un trattamento
va espresso in termini di effet­
to sulla "probabilità" di questo
esito (guarigione). Nel secon­
do caso, l'esito della malattia è
misurato con un tempo (dura­
ta della sopravvivenza) e il be­
neficio del trattamento si mi­
sura in termini di prolunga­
mento di questa durata (setti­
mane, mesi, anni).
In oncologia è indispensabile
distinguere tra due tipi di ef­
fetti che un trattamento può
avere sulla sopravvivenza (Roy­
ston P et al, 2011): effetti mo­
derati/modesti di cui beneficia
la maggioranza dei pazienti
trattati ed effetti molto marca­
ti di cui beneficia una parte,
più o meno piccola dei pazien­
ti.
Nei nuovi trattamenti antitu­
morali con un meccanismo
d'azione immunologico, l'effet­
to che colpisce maggiormente
non è l'incremento nel tasso di
risposte o nella sopravvivenza
a breve termine che si osser­
vano in tumori tradizionalmen­
te molto resistenti alle terapie
quando in stadio avanzato, co­
me il melanoma o carcinoma
squamoso del polmone. Quel­
lo che colpisce è la possibilità di sopravvivere a lungo termi­
ne grazie a queste terapie, oramai accertata per il mela­
noma metastatico con l'uso
degli anti­CTLA­4. È un cambio di prospettiva ra­
dicale: non più un orizzonte
temporale limitato, caratteriz­
zato da terapie successive con
regressioni della malattia se­
guite da nuove progressioni.
Di colpo si apre lo spiraglio di
un ritorno a un'attesa di vita
quasi normale, dieci anni per
ora e potrebbero essere molti
di più. Lo spiraglio non è pic­
colo (1 paziente su 5), ma se
le aspettative suscitate dai ri­
sultati dei farmaci di II genera­
zione (anti­PD­1/PD­L1) e dal­
le immunoterapie di combina­
zione si dovessero conferma­
re, potremmo essere di fronte
a una vera e propria rivoluzio­
ne: da un lato ci troveremmo
in mano un nuovo strumento
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
da utilizzare nella lotta da
combattere insieme ai pazienti
oncologici, che sembra essere
più attivo dei trattamenti con­
venzionali ed esserlo in modo
trasversale, nelle neoplasie più
svariate; dall'altro questo stru­
mento ci permetterebbe di of­
frire a molti pazienti, per i
quali oggi è quasi inesistente,
una concreta possibilità di re­
missione a lungo termine, a
prezzo di tossicità certamente
non trascurabili e ancora da
conoscere a fondo (Haanen JB
et alii, 2015), ma che non sem­
brano superiori a quelle della
chemioterapia. Sicuramente questo nuovo
scenario apre problematiche
nuove per la ricerca clinica in
oncologia: impone lo sviluppo
di nuovi strumenti statistici per la valutazione degli effetti
dei trattamenti, strumenti fina­
lizzati a descrivere la distribu­
zione dei benefici in termini di
sopravvivenza e non solo il lo­
ro valore mediano e la ridu­
zione "media" del tasso di
mortalità (HR). Il disegno degli
studi clinici deve prendere at­
to di questa nuova prospettiva
ed è necessario capire fino a
che punto, e in che modo, è possibile valutare gli effetti a
lungo termine di un trattamen­
to in base ai suoi effetti preco­
ci. Nel caso delle immunotera­
pie, dove in presenza di im­
portanti benefici a breve ter­
mine in condizioni cliniche
orfane, ci si deve chiedere se è
lecito aspettare di valutare gli effetti a lungo termine prima
di chiudere la fase sperimenta­
le e rendere disponibile il trat­
tamento per tutti i pazienti.
La risposta a questa domanda
condiziona sicuramente il dise­
gno degli studi e ha implicazio­
ni ancor maggiori in un ambito
di valutazioni di Health Techno­
logy Assessment (HTA), soprat­
tutto in un'ottica di rapporto
tra costo ed efficacia. Infatti, se
si misurano i benefici in termi­
ni di tempo di vita guadagnato,
una valutazione costi­benefici
basata su studi a breve termi­
ne dovrà fatalmente utilizzare
estrapolazioni e assunzioni
non ancora verificate per ef­
fetti a lungo termine. Di con­
tro, si potrà arrivare a conclu­
sioni opposte con il rischio di
ritrovarsi ad aver negato trat­
tamenti salvavita a generazioni
di pazienti senza speranza, o di
aver pagato cifre enormi per
benefici di breve respiro e,
tutto sommato, marginali. Non
ci sono soluzioni semplici: co­
me tutte le rivoluzioni, anche
l'immunoterapia genera per
ora almeno tanti problemi
quanti ne risolve, che richiedo­
no un impegno feroce non so­
lo nella ricerca traslazionale
ma anche in quella clinica, sta­
tistica, farmaco­economica e
organizzativa in tutta la comu­
nità scientifica e della sanità
pubblica. QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
Valutazione economica L'investimento per la salute e il
concetto di costo
Le immunoterapie general­
mente hanno un profilo di tos­
sicità ben tollerato, con limita­
ti danni ai tessuti normali nel lungo termine. La continua ri­
cerca in questo campo ci aiu­
terà ad affrontare bisogni in­
soddisfatti e a capire come
l'immunoncologia può miglio­
rare gli attuali standard di cura
e, infine, migliorare i risultati di
sopravvivenza con importanti ricadute anche in termini eco­
nomici e di impatto tanto sul
SSN che sulla spesa sociale e
previdenziale.
Da 30 anni, infatti, non si ve­
Valutazione del beneficio clinico in oncologia
In oncologia è indispensabile distinguere tra due tipi di effetti che un trattamento può avere
sulla sopravvivenza: effetti moderati/modesti di cui beneficia la maggioranza dei pazienti tratta­
ti ed effetti molto marcati di cui beneficia una parte, più o meno piccola dei pazienti. Quello che colpisce è la possibilità di sopravvivere a lungo termine grazie a queste terapie,
oramai accertata per esempio per il melanoma metastatico.
Il disegno degli studi clinici deve prendere atto di questa nuova prospettiva ed è necessario
capire fino a che punto, e in che modo, è possibile valutare gli effetti a lungo termine di un trat­
tamento in base ai suoi effetti precoci. Nel caso delle immunoterapie, dove in presenza di im­
portanti benefici a breve termine in condizioni cliniche orfane, ci si deve chiedere se è lecito aspettare di valutare gli effetti a lungo termine prima di chiudere la fase sperimentale e rende­
re disponibile il trattamento per tutti i pazienti.
Come tutte le rivoluzioni, anche l'immunoterapia genera per ora almeno tanti problemi
quanti ne risolve, che richiedono un impegno feroce non solo nella ricerca traslazionale ma an­
che in quella clinica, statistica, farmaco­economica e organizzativa in tutta la comunità scientifi­
ca e della sanità pubblica. Novembre 2015
47
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
devano progressi nelle cure e
nessun trattamento poteva mi­
gliorare la sopravvivenza in fa­
se avanzata, che in media era
di 6 mesi. Ipilimumab ha dimo­
strato di raddoppiarla a uno e
due anni, e un quinto dei pa­
zienti è vivo a un decennio dal­
la diagnosi. Questo significa
che, in alcuni casi, è possibile
parlare di lungo sopravviventi
e quindi l'emergere di benefici
economici incrementali che
vanno, in parte, a compensare i costi incrementali che carat­
terizzano le nuove tecnologie.
Quanto evidenziato, quindi, nei paragrafi precedenti ci deve
portare a riconsiderare il con­
cetto di investimento per la sa­
lute. È ormai chiaro a tutti che,
alla luce dei promettenti risul­
tati, anche nel lungo periodo e
accompagnati da valori di sa­
fety e tollerabilità molto più
elevati che in passato, diviene necessario non considerare
questi trattamenti solo quali un
"costo" per il sistema.
Ovviamente c'è da affrontare
anche un problema relativo alla
sostenibilità del sistema stesso.
Conseguentemente, il farmaco
deve essere valutato seguendo
anche un percorso di HTA
che non può non prescindere,
quale primo step, da un'analisi
di costo­efficacia, così da forni­
re a quei trattamenti, dotati di
un reale impatto sulla storia
naturale della malattia, il bene­
ficio di essere resi disponibili
con rapidità.
La valorizzazione dell'innova­
zione deve, almeno nel nostro
Paese, passare attraverso il
processo negoziale. Questa fa­
se dovrebbe basarsi in primo
luogo sul suo valore (valore
terapeutico aggiunto rispetto a
uno o più comparatori signifi­
cativi per il SSN). Dovrebbe,
quindi, evidenziare tanto i co­
sti incrementali quanto, so­
prattutto, i benefici incremen­
tali che possono generarsi gra­
zie all'utilizzo di nuovi e più ef­
ficaci trattamenti. Lo
strumento principale da utiliz­
zarsi in questa fase è certa­
mente rappresentato dall'Incre­
mental Cost Effectiveness Ratio ­
ICER, che, nella dimensione
dei costi, dovrebbe basarsi
tanto nella prospettiva del
SSN che nella prospettiva so­
ciale e previdenziale.
Per l'immunoncologia in parti­
colare, il nuovo paradigma di
valutazione deve tenere in
considerazione la valorizzazio­
ne e la definizione della dispo­
nibilità a pagare del sistema
(willingness to pay ­ WTP) alla
luce dei vantaggi economici (riduzione dei costi, sia diretti
che indiretti) che una nuova
tecnologia potrebbe garantire. Questo dovrebbe portare a
una valutazione correlata alla
globale strategia di controllo
della specifica patologia neo­
plastica, con il conseguente su­
peramento della "mera" logica
del prezzo a favore di una più
completa valorizzazione della
tecnologia. In conclusione, il nuovo para­
digma di valutazione dovrà: sti­
mare la disponibilità a pagare
da parte del sistema (WTP);
stimare il costo/opportunità;
strutturare un nuovo modello
di differenti valori soglia.
ll giudizio economico nella valuta­
zione
L'oncologia è una delle zone di
ricerca medica più avanzata in
cui la terapia mirata, essenzial­
mente diretta a specifici per­
corsi biologici, è prevalente
(Shaw AT et alii, 2009; Mok TS
et alii, 2009; Verstovsek S et alii,
2014; Moja L et alii, 2012). Dal
momento che le risorse eco­
nomiche associate con lo sfor­
zo di ricerca e sviluppo da un
lato, e dei prezzi risultanti di
questi farmaci dall'altro, sono
importanti, l'analisi della soste­
Verso la valorizzazione dell'innovazione
Le immunoterapie generalmente hanno un profilo di tossicità ben tollerato, con limitati dan­
ni ai tessuti normali nel lungo termine.
E' ormai chiaro a tutti che, alla luce dei promettenti risultati, anche nel lungo periodo e ac­
compagnati da valori di safety e tollerabilità molto più elevati che in passato, diviene necessario
non considerare questi trattamenti solo quali un "costo" per il sistema.
Il farmaco deve essere valutato seguendo anche un percorso di HTA che non può non pre­
scindere, da un'analisi di costo­efficacia, così da fornire a quei trattamenti, dotati di un reale im­
patto sulla storia naturale della malattia, il beneficio di essere resi disponibili con rapidità.
La valorizzazione dell'innovazione deve, almeno nel nostro Paese, passare attraverso il pro­
cesso negoziale.
In conclusione, il nuovo paradigma di valutazione dovrà: stimare la disponibilità a pagare da
parte del sistema (WTP); stimare il costo/opportunità; strutturare un nuovo modello di diffe­
renti valori soglia.
48
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
nibilità e del valore creato da nuovi trattamenti oncologici
merita di essere eseguita. Per definizione, la disponibilità
a pagare (willingness to pay ­
WTP) è una procedura per va­
lutare quanto un individuo,
l'autorità sanitaria o il gover­
no, sarebbe disponibile a (o
preferiscono) pagare per ma­
turare (probabilità di accadi­
mento) un beneficio o per evi­
tare determinati eventi (Anoni­
mo 2, 2015; Drummond MF et
alii, 2005; Anonimo 3, 2006).
Questo metodo è comune­
mente utilizzato per quantifica­
re i risultati in termini moneta­
ri quando viene effettuata
un'analisi costo/beneficio. Tut­
tavia, l'efficacia economica de­
gli interventi sanitari è preferi­
bilmente espressa come bene­
ficio incrementale netto, co­
me: Quality Adjusted Life Years ­
QALY maturata, per i quali
viene assunto il valore soglia
(Anonimo 4, 2015).
Il QALY (rapporto incrementale costo­efficacia) e la soglia di
WTP associata, dovrebbero
essere indicati per ogni stima del vantaggio netto, come
chiaramente riportato dalla
Canadian Agency for Drugs and
Technologies in Health ­ CA­
DTH (Anonimo 3, 2006), non­
ché da altri organismi sanitari
di salute. Vale la pena ricorda­
re che il range della soglia è
soggetto a critiche per la sua
natura individualistica che vie­
ne invocata mediante l'elicita­
zione di una WTP soggettiva
per unità di salute guadagnata.
Infatti, il valore di WTP gene­
ralmente può dipendere dalla
capacità dell'individuo di gua­
dagnare reddito (Whitehead SJ et al, 2010).
Tuttavia i decisori devono ef­
fettuare la propria valutazione
al fine di assicurare un corret­
Novembre 2015
to e sostenibile accesso alle
nuove tecnologie (nello speci­
fico i farmaci) spesso in un contesto di risorse limitate.
Ciò è particolarmente vero
quando devono fornire tratta­
menti terapeutici che consen­
tono di risparmiare, prolunga­
re o migliorare la vita dei pa­
zienti affetti da patologie di na­
tura oncologica, condizioni
rare o in soggetti con limitate
opzioni terapeutiche.
Anche se è più complesso e
molto meno riconosciuto, per
i nuovi prodotti oncologici vi è chiaramente un legame tra le
condizioni economiche, i pre­
ziosi benefici in termini di mi­
Va progressivamente
ridefinendosi
la soglia della
“willingness to pay”,
cioè della disponibilità
a pagare anche
in economie fiorenti
glioramento della salute della popolazione e la sostenibilità a
medio termine della loro in­
troduzione. Mentre molto è stato scritto circa il rapporto costo/efficacia e il miglioramento dei risultati (outcome) determinati da nuovi
trattamenti oncologici, valuta­
zioni limitate sono state con­
dotte per indagare sulle impli­
cazioni delle condizioni econo­
miche generali in relazione alla
soglia di WTP. In effetti, una
fiorente economia può ma­
scherare l'impatto di un valore
soglia definito in maniera arbi­
traria (con valori che si spo­
stano verso entrambi gli estre­
mi della catena) (Buxton M,
2006).
Idealmente, ci sono diverse va­
riabili macroeconomiche che
possono svolgere un ruolo
centrale nell'influenzare le pre­
ferenze dei pazienti e gli altri
soggetti interessati nella defini­
zione del valore di soglia
WTP, e in particolare si ricor­
da il tasso di crescita del Pro­
dotto Interno Lordo, il salario
medio annuo, i prezzi al con­
sumo e il tasso di disoccupa­
zione.
Come è noto, la spesa sanita­
ria ha registrato, soprattutto
in termini nominali piuttosto
che reali, un aumento negli ul­
timi dieci anni, e i valori di so­
glia assunti potrebbero essere
visti come troppo alti o trop­
po bassi a seconda della pro­
spettiva considerata. Tuttavia, la soglia WTP non può essere
valutata a prescindere da un
equilibrio dinamico tra doman­
da per la cura del cancro, le
condizioni macroeconomiche
e le considerazioni etiche. L'obiettivo, quindi, dovrebbe
essere quello di introdurre un
"nuovo" paradigma per la valu­
tazione di questa tipologia di
trattamenti, che è quello di va­
lutare: 1. il WTP per i trattamenti
oncologici innovativi in Italia considerando anche gli indica­
tori macroeconomici;
2. una sub analisi della WTP
associata a farmaci approvati
per specifiche categorie onco­
logiche (esempio: il carcinoma
del polmone non a piccole cel­
lule e altri).
Ancora, è ormai acclarato l'im­
patto che i nuovi farmaci pos­
sono avere in relazione ai co­
sti indiretti, intesi tanto quali perdita di produttività che di
impatto sulla spesa previden­
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
49
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
ziale. A questo proposito è
utile ricordare quanto il siste­
ma previdenziale (INPS) spen­
de per i pazienti affetti da ma­
lattie oncologiche.
Infatti, tra i costi indiretti,
quelli a carico del sistema pre­
videnziale rappresentano una
voce molto importante in ter­
mini di spesa pubblica. In particolare, per quanto at­
tiene al totale delle prestazioni
erogate dall'INPS dal 2001 al
2012, è interessante sottoline­
are come le prestazioni per le
neoplasie rappresentano il
25% del totale delle prestazio­
ni erogate posizionando le
neoplasie al primo posto tra
tutte le patologie. Anche per
quanto riguarda gli assegni di
invalidità e le indennità di ac­
compagnamento le neoplasie
si trovano al primo posto in
termini di prestazioni erogate
dall'INPS.
Complessivamente, partendo
dai dati pubblicati nel rapporto FAVO (2010­2015) sono state
effettuate alcune elaborazioni
(Elaborazioni effettuate dal CEIS
EEHTA, Università "Tor Verga­
ta", Roma) tendenti a eviden­
ziare l'andamento, nello speci­
fico, della spesa previdenziale
(INPS) per le malattie oncolo­
giche. L'analisi ha mostrato una cre­
scita costante per quanto at­
tiene le prestazione relative al­
le neoplasie:
O per gli assegni di invalidità si
è passati dai 600 milioni di Eu­
ro del 2009 ai circa 700 milio­
ni di Euro del 2012;
O per le pensioni di inabilità si
è passati dai 335 milioni di Eu­
ro del 2009 ai 380 milioni di
Euro del 2012.
Ancora, nel periodo 2009 ­
2012, le prestazioni previden­
ziali sono passate da 935 milio­
ni di Euro a 1 Miliardo e 100
milioni di Euro, seguendo un
trend simile a quello registrato dai costi diretti.
Riuscire a disegnare percorsi
assistenziali e di accesso tem­
pestivo alle cure (trattamenti
di comprovata efficacia) po­
trebbe, quindi, permettere
una riduzione tanto dei costi
diretti quanto dei costi relati­
vi alla spesa previdenziale,
senza dimenticare l'obiettivo
fondamentale che è rappre­
sentato dal miglioramento
dello stato di salute dei pa­
zienti.
O
Verso il giudizio economico nella valutazione
L'obiettivo dovrebbe essere quello di introdurre un "nuovo" paradigma per la valutazione di
questa tipologia di trattamenti, che è quello di valutare: la willingness to pay per i trattamenti
oncologici innovativi in Italia considerando anche gli indicatori macroeconomici; una sub analisi
della willingness to pay associata a farmaci approvati per specifiche categorie oncologiche (esempio: il carcinoma del polmone non a piccole cellule e altri).
Riuscire a disegnare percorsi assistenziali e di accesso tempestivo alle cure (trattamenti di
comprovata efficacia) potrebbe, quindi, permettere una riduzione tanto dei costi diretti quanto dei costi relativi alla spesa previdenziale, senza dimenticare l'obiettivo fondamentale che è rap­
presentato dal miglioramento dello stato di salute dei pazienti.
50
Novembre 2015
IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
CAPITOLO 2 / LE RISPOSTE
Alcune conclusioni: l’immunoncologia ad oggi
D
opo l'approva­
zione nel 2011
di ipilimumab
numerosi sono i
meccanismi di
azione su cui conta oggi l'im­
munoncologia. Negli ultimi an­
ni l'immunoterapia è stata ri­
conosciuta come quinto per­
corso nel trattamento dei can­
cri avanzati insieme a
chirurgia, radioterapia, endo­
crinoterapia e chemioterapia.
Accanto a questi percorsi l'im­
munoncologia ha contribuito a identificare una azione in tutte
le sottopopolazioni indipen­
dentemente dal genotipo di
tumore (Ascierto PA et al,
2014). Il progredire nella co­
noscenza del sistema immune
in generale e della modulazio­
ne del checkpoint in particola­
re, costituisce un nuovo capi­
tolo da scrivere, e quindi da
studiare, nella storia dello svi­
luppo di un farmaco, nel caso
si tratti di un immunoncologi­
co. L'introduzione di una nuo­
va modalità di trattamento del
tumore deve potere essere in­
tegrata o sostituire una forma
tradizionale di trattamento.
Tutto questo va visto come
Oggi la disciplina
sta offrendo
nuovi standard
di efficacia contro
i tumori
con la potenzialità
di aprire nuove strade di conoscenza
ai clinici e di beneficio al paziente
grossa opportunità di sviluppo
e innovazione nell'ambito on­
cologico. Tale processo deve
potersi basare su una continua
connettività fra chi sviluppa un
farmaco, investigatori accade­
mici, scienziati di laboratorio e
oncologi clinici. E questa è la formula che può accelerare lo
sviluppo. Sicuramente gli studi sul sistema anti­PD­1/PD­L1
hanno consentito di ampliare il
percorso terapeutico del me­
lanoma, del tumore del pol­
mone e del carcinoma renale e
potrebbero consentirlo nel
cancro dello stomaco, nel glio­
blastoma e nel carcinoma del
colon­retto. La potenzialità del
sistema anti­PD­1/PD­L1, co­
me quella di altri inibitori di checkpoint, può dare all'immu­
noterapia un ruolo decisivo
nel trattamento dei tumori
(Ascierto PA et al, 2015; Bracar­
da S et al, 2015).
Con l'introduzione dei "fanta­
stici 4" (Ascierto PA, 2015), ipi­
limumab, BRAFi, MEKi e anti­
PD­1, la gestione del melano­
ma appare fondamentalmente
cambiata, offrendo non solo
un decisivo miglioramento del
decorso di questi pazienti, ma
aprendo percorsi importanti
verso altri tumori come il
NSCLC e costruendo un so­
stegno per lo studio adeguato di altri carcinomi come il car­
cinoma del rene, il carcinoma
del colon­retto e il linfoma.
In conclusione l'immuno­
terapia sta offrendo nuovi standards di efficacia con­
tro tumori solidi ed ema­
tologici con la potenzialità
di aprire nuove strade di
conoscenza al clinico e di
beneficio al paziente.
O
La connettività della immunoncologia per oggi e per domani
L'introduzione di una nuova modalità di trattamento del tumore deve potere integrare o so­
stituire una forma tradizionale di trattamento. Tutto questo va visto come una grande oppor­
tunità per lo sviluppo di ulteriori innovazioni. Tale processo deve potersi basare su una conti­
nua connettività tra gli sviluppatori di un farmaco, gli investigatori accademici, gli scienziati di
laboratorio e gli oncologi clinici. E questa è la formula che può accelerare lo sviluppo.
Novembre 2015
51
IMMUNONCOLOGIA
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IMMUNONCOLOGIA
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la nuova frontiera nella lotta ai tumori
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IMMUNONCOLOGIA
Glossario QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
O AEs ­ adverse events: ogni evento sfavorevole (sintomo, segno o patologia) associato al trattamento. La
sua gravità viene classificata in 4 gradi: di Grado 1, quando il paziente è asintomatico o con sintomi leggeri; di
Grado 2, quando richiede un trattamento minimale; di Grado 3, quando la sintomatologia provocata è severa ma non rappresenta una minaccia per la vita; di Grado 4, quando può avere conseguenze mortali e quindi ri­
chiede un trattamento immediato.
O ALK ­ anaplastic lymphoma kinase: descritta in multiple neopolasie, indica l'obiettivo di percorsi tera­
peutici con inibitori specifici. O APCs ­ antigen­presenting cells: l'insieme di cellule (cellule dendritiche, macrofagi e anche B­linfociti) in grado di attivare i T­linfociti mediante esposizione di antigeni sulla propria superficie.
O ARR ­ absolute risk reduction: rappresenta la differenza assoluta tra il tasso di eventi che si verificano nel gruppo di pazienti del trattamento sperimentale rispetto al tasso di eventi del gruppo di controllo.
O ASCO ­ American Society of Clinical Oncology
O AST ­ aspartato aminotransferasi: è un enzima epatico, denominato anche glutammato­ossalacetato
transaminasi (GOT), che riveste un ruolo importante nel metabolismo aminoacidico e rappresenta un indice
di funzionalità/sofferenza epatica.
O AurkA ­ Aurora A kinase conosciuta anche come serine/threonine­protein kinase 6 è un enzima codifi­
cato nell'uomo dal gene AURKA.
O Biomarker: biological marker, o biomarcatore, è una caratteristica biologica o molecolare che si associa al
decorso di una data patologia, indipendentemente dal trattamento effettuato (biomarcatore prognostico) o in
relazione a un determinato trattamento (biomarcatore predittivo). O BMs ­ bone metastases: metastasi ossee.
O BORR ­ best overall response rate, e anche irBORR: immune­related BORR. O BRAF: è un proto­onco­gene che regola la formazione della proteina B­Raf nota anche come serine/threo­
nine­protein kinase B­Raf. BRAFi ­ BRAF inhibitor.
O CD137­ Leukocyte antigen CD37: è una proteina codificta dal gene CD37. O Checkpoint inibitore: farmaco che riduce o elimina l'inibizione della risposta immunitaria del T­linfocita. O CI ­ confidence interval: è un intervallo di valori delimitato da un limite superiore e un limite inferiore,
nell'ambito del quale vi è una definita probabilità di contenere il valore reale della popolazione.
O CLL ­ chronic lymphocytic leukemia: leucemia linfatica cronica, è una neoplasia del sangue che origina
per lo più dai B­linfociti ed è la leucemia più frequente dell'adulto.
O Comparator/control group: il braccio o il gruppo di pazienti di un trial randomizzato cui viene dato un trattamento di controllo.
O CRC ­ metastatic colorectal cancer: carcinoma del colon retto metastatico. O CTCAE ­ Common Terminology Criteria for Adverse Events.
O CTLA­4 ­ cytotoxic T­lymphocyte­associated antigen­4: è un recettore che si trova sulla superficie del T­linfocita e che funge da "immune­checkpoint": inibisce la risposta immunitaria quando si lega ai suoi li­
gandi (le proteine CD80 e CD86).
O Cumulative risk: rischio cumulativo, è una misura del rischio totale che un certo evento compaia in un
determinato periodo.
O DCR ­ disease control rate or clinical benefit rate (CBR): è il rapporto (espresso in percentuale)
della somma delle risposte complete, parziali e della stabilità della malattia sul totale dei pazienti.
O DCs ­ dendritic cells: le cellule dendritiche sono un tipo di cellula del sistema immunitario in grado di
presentare sulla propria superficie antigeni ai T­linfociti, stimolando la risposta immunitaria.
O DFS o RFS ­ disease/recurrence free survival: intervallo di tempo tra il trattamento radicale e la ri­
comparsa della malattia. Queste definizioni sono specificate in maniera più dettagliata nei singoli studi.
O DR ­ duration of response: durata di una risposta parziale (PR) o completa (CR), o di una stabilità (SD) di malattia dopo trattamento.
O ECOG PS ­ eastern cooperative oncology group performance status: (vedi PS).
O EFS ­ event­free survival: intervallo di tempo dall'inizio del trattamento alla comparsa di un evento pre­
definito che può essere una complicazione specifica della malattia o del trattamento.
O EGFR ­ epidermal growth factor receptor è il recettore superficiale cellulare per i componenti della epidermal growth factor family (EGF­family). O EMA ­ European Medicines Agency.
O FDA ­ Food and Drug Administration: Agenzia federale degli Stati Uniti d'America, responsabile della
salute pubblica attraverso la supervisione e l'attività regolatoria della sicurezza degli alimenti, dei farmaci, dei
vaccini, dei dispositivi medicali, dei cosmetici, dei supplementi dietetici, delle trasfusioni e delle radiazioni elet­
tromagnetiche.
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
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O FP ­ forest plot: è un grafico che, nelle meta­analisi, rappresenta la forza dell'effetto del trattamento in
differenti studi che hanno cercato di rispondere allo stesso quesito; in un singolo studio, il forest plot può rap­
presentare la forza dell'efficacia del trattamento in differenti sottogruppi di pazienti.
O G­CSF ­ granulocyte colony stimulating factor: è un fattore di crescita che stimola le cellule staminali emopoietiche a produrre granulociti; stimola inoltre la sopravvivenza, la proliferazione, la differenziazione e le funzioni dei neutrofili, sia precursori che maturi. Esistono analoghi farmaceutici del G­CSF endogeno che pos­
sono essere somministrati ai pazienti in caso di neutropenia severa.
O GM­CSF ­ granulocyte­macrophage colony­stimulating factor: è un fattore di crescita che stimola
le cellule staminali emopoietiche a produrre granulociti. O HR ­ hazard ratio: nelle analisi di sopravvivenza, l'hazard ratio rappresenta la media dei rapporti tra la mortalità nei due gruppi a confronto in ogni momento dello studio. Ad esempio, se l'HR per OS tra il gruppo di pazienti trattati con terapia sperimentale e quello di pazienti trattati con terapia standard è di 0.80, vuol di­
re che, mediamente, la mortalita' nel braccio del trattamento sperimentale è del 20% inferiore rispetto al
braccio del trattamento standard. Da notare che l'hazard ratio ingora la dimensione temporale e considera
solo l'ordine con cui si verificano i decessi nei due gruppi.
O ICER ­ incremental cost effectiveness ratio: è l'indice statistico nell'analisi del rapporto costo ­ effica­
cia di un intervento di cura.
O IDFS ­ invasive disease free survival: il tempo di vita o di sopravvivenza senza ritorno della malattia in­
vasiva dopo un periodo di trattamento adiuvante.
O IFNa ­ interferons alpha: rappresentano un gruppo di proteine segnalanti la risposta di cellule dell'ospite
alla presenza di patogeni di orgine batterica, virale, parassitaria o da cellule tumorali.
O IL2 ­ interleukine 2: è un tipo di citochina che regola l'attività di globuli bianchi, principalmente linfociti e
T linfociti. O IMDC ­ International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium.
O irAEs ­ immune related Adverse Events: rappresentano gli eventi avversi destati da un trattamento
immunologico di un tumore. O Kaplan­Meier (KM) curve: è il metodo più comune di stimare la sopravvivenza negli studi clinici.
O KRAS ­ omologo del V­Ki­ras2 Kirsten rat sarcoma viral oncogene è una proteina che negli umani è co­
dificata dal gene KRAS. O LAG­3 ­ Lymphocite activation gene 3: è un omologo del CD4 selettivamente espresso in T cellule e
NK cellule attivate. O LDH or LAD ­ lactate dehydrogenase: lattico­deidrogenasi, è un enzima che si ritrova in pressoché
tutte le cellule e che catalizza la conversione di piruvato in lattato e viceversa; è coinvolto nel metabolismo dei tessuti tumorali.
O mCMO ­ minimum clinically meaningful outcome: è uno degli standards di base nella conduzione
della ricerca clinica, definito in modo specifico dalle Società Scientifiche di pertinenza. O Median: è il valore di mezzo di una serie di valori numerici distribuiti dal più piccolo al più grande; in uno
studio clinico, la sopravvivenza mediana ad esempio rappresenta il tempo nel quale si è verificato l'evento (progressione o morte) nel 50% dei pazienti.
O MEK: è una proteinchinasi, membro della famiglia delle MAPK (mitogen­activated protein kinases) e rap­
presenta un punto cruciale nelle vie di trasmissione del segnale intracellulare che attivano la crescita e la proli­
ferazione cellulare. MEKi ­ MEK Inhibitor.
O Meta­analisi: è un insieme di metodi statistici utilizzati per combinare e confrontare i dati di diversi studi
clinici.
O MHC ­ major histocompatibility complex: le proteine del "complesso maggiore di istocompatibilità" sono una serie di proteine della superficie coinvolte nella regolazione del sistema immunitario. La loro princi­
pale funzione consiste nel legare frammenti di proteine ed esporli sulla superficie cellulare, per il riconosci­
mento da parte dei T­linfociti.
O MRD ­ minimum residual disease: le cellule neoplastiche che residuano nel paziente dopo trattamento.
O MSKCC ­ Memorial Sloan­Kettering Cancer Center: è un centro oncologico di New York.
O mTOR ­ mammalian target of rapamycin: è una proteina che regola la proliferazione, la sopravviven­
za e la motilità cellulare. L'attività di mTOR può essere alterata in alcune patologie, incluso il cancro.
O NED ­ no evidence of disease: un termine che descrive lo stato del paziente dopo trattamento. O NNT ­ number needed to treat: indica il numero di pazienti che bisogna trattare con una determinata terapia affinché un paziente ne tragga un particolare beneficio.
O NRAS ­ neuroblastoma RAS viral oncogene homolog: è un gene appartenente alla famiglia "RAS" che codifica per una proteina coinvolta nella trasmissione del segnale intracellulare e che attiva segnali di cre­
scita e proliferazione cellulare. È chiamato NRAS per la sua iniziale identificazione in cellule di neuroblastoma.
O NSCLC ­ non small cell lung carcinoma: carcinoma polmonare non a piccole cellule; è una delle due
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IMMUNONCOLOGIA
grandi famiglie (1. Tumore del polmone a piccole cellule, o microcitoma; 2. Tumore del polmone non a picco­
le cellule) in cui si classifica il tumore polmonare.
O OR ­ odds ratio: è il rapporto tra due rapporti: il rapporto tra la probabilità che si verifichi un determina­
to evento e la probabilità che non si verifichi, in un gruppo di pazienti rappresenta gli odds dell'evento: il rap­
porto tra gli odds nei trattati e gli odds nel gruppo di controllo è l'odds ratio.
O ORR ­ overall response rate: è il tasso di risposta complessivo (ossia la somma dei tassi di risposte
complete e risposte parziali) della malattia ottenuto nei pazienti. La risposta valutata secondo i criteri RECIST.
O OS ­ overall survival: è la misura della sopravvivenza e può essere espressa come intervallo di tempo dalla diagnosi o dall'inizio del trattamento alla morte del paziente per qualsiasi causa.
O OS rate ­ overall survival rate: percentuale di pazienti sopravviventi dopo un certo intervallo temporale
dalla diagnosi.
O pCR ­ pathologic complete response: l'assenza verificata istologicamente di ogni residuo neoplastico dopo il trattamento (sistemico ± radioterapico) preoperatorio.
O PD­1 ­ programmed cell death protein­1: è una proteina di superficie espressa sui T­linfociti, che si
lega a due ligandi: PD­L1 e PD­L2. Quando PD­1 si lega ai suoi ligandi, si ha una inibizione della risposta immu­
nitaria.
O PD­L1 ­ programmed death­ligand 1: proteina codificata dal gene CD274 si lega ai recettori specifici
di T, B cellule e cellule mieloidi per modularne l'attivazione o l'inibizione. L'interazione PD­1/PD­L1 è inplicata in diverse linee di evidenza dell'autoimmunità. O PD­L2 ­ programmed death­ligand 2: è il secondo ligante del PD­1 e inibisce l'attivazione delle cellule
T.
O PFS o PfS ­ performance status: è un tentativo di misurare quantitativamente lo stato di benessere e di
qualità di vita giornaliera in un paziente con cancro. O PFS ­ progression­free survival: è l'intervallo di tempo dall'inizio del trattamento alla progressione della
malattia (o morte per qualsiasi causa).
O Pivotal study: lo studio clinico che rappresenta il presupposto per la richiesta di approvazione di un far­
maco alle autorità regolatorie.
O PK ­ pharmacokinetics: studia l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'eliminazione di un far­
maco dopo la sua somministrazione.
O PI3K­AKT ­ phosphatidylinositol­3­kinase and protein kinase B: PI3K (fosfatidilinositolo­3­chinasi)
e AKT (proteinchinasi B) sono due componenti di una via di trasmissione del segnale intracellulare, che regola
importanti processi metabolici, di crescita e sopravvivenza cellulare.
O Plotted curves: indicano la concentrazione di due diverse formulazioni di un farmaco in un tempo deter­
minato. CMax indica la concentrazione massima e Ctrough è la concentrazione minima in un intervallo di tempo determinato.
O PROs ­ patient reported outcomes: costituiscono parametri valutati mediante questionari ai quali ri­
spondono direttamente i pazienti; in generale, rappresentano l'impatto del trattamento nella vita di ogni gior­
no.
O PS ­ performance status: il "performance status" rappresenta il livello di salute dei pazienti oncologici e
la loro capacità di svolgere attività della vita quotidiana. L'ECOG (gruppo oncologico cooperativo orientale statunitense) classifica il performance status dei pazienti con un punteggio da 0 a 5: 0: paziente asintomatico;
1: paziente sintomatico ma in grado di camminare e svolgere lavori leggeri; 2: paziente sintomatico, confinato
nel letto o in poltrona per meno del 50% delle ore di veglia; 3: paziente sintomatico, confinato nel letto o in
poltrona per più del 50% delle ore di veglia; 4: paziente confinato a letto; 5: paziente deceduto. Un'altra scala
utilizzata per valutare il PS è quella di Karnofsky, che va da 100 a 0, dove 100 è il paziente in ottima salute, e 0
il paziente deceduto.
O P­value: esprime la probabilità di osservare una differenza osservata tra due gruppi di trattamento grande
quanto quella osservata o piu' grande per puro effetto del caso. Quando si calcola il p­value, in genere deve
essere pre­specificata una soglia, chiamata "livello di significatività", al di sopra della quale la differenza osserva­
ta non viene considerata statisticamente significativa (in genere la soglia di significatività viene stabilita al 5%,
ossia 0.05, o al 1%, ossia 0.01).
O QoL ­ quality of life: è la qualità di vita, misurabile in genere con questionari e scale di risposta. Può esse­
re oggi misurata anche con i PROs ­ Patient Reported Outcomes.
O Randomised ­ randomizzato: è la definizione di uno studio clinico in cui l'assegnazione del paziente al braccio di trattamento avviene in maniera casuale, seguendo precisi metodi di randomizzazione specificati nel singolo studio.
O RCC ­ renal cell carcinoma: carcinoma a cellule renali, è il tumore del rene più frequente nell'adulto.
mRCC ­ metastatic renal cell carcinoma.
O RECIST ­ Response Evaluation Criteria In Solid Tumors: sono i criteri più utilizzati per valutare la
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QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
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IMMUNONCOLOGIA
QUADERNI
la nuova frontiera nella lotta ai tumori
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risposta del tumore al trattamento e si basano su modifiche dimensionali di lesioni tumorali bersaglio. La ri­
sposta può essere: risposta completa: scomparsa del tumore; risposta parziale: riduzione del 30% della somma dei diametri maggiori delle lesioni tumorali bersaglio; progressione: aumento del 20% della somma dei diame­
tri maggiori delle lesioni tumorali bersaglio, o comparsa di nuove lesioni; stabilità: variazione compresa tra
­20% e +30% della somma dei diametri maggiori delle lesioni tumorali bersaglio. O Relative survival rate: è il rapporto tra la percentuale di soggetti sopravviventi in una coorte di pazienti
affetti da cancro e la percentuale di soggetti sopravviventi in una coorte di pazienti con caratteristiche sovrap­
ponibili (età, sesso), ma non affetti da cancro. O RFS­DFS ­ relapse­free survival o recurrence­free survival o disease­free survival: tempo di so­
pravvivenza senza ricaduta, dopo trattamento radicale.
O ROS ­ reactive oxygen species: molecole altamente reattive legate al sistema immune e attive nell'im­
munità adattiva e particolarmente nella soppressione immune.
O RR ­ response rate: è il tasso di risposta al trattamento (vedi anche ORR). O RRR ­ relative risk reduction: è la riduzione del rischio relativo ed è calcolata come segue: (tasso di
eventi del gruppo sperimentale – tasso di eventi del gruppo di controllo) / tasso di eventi del gruppo di con­
trollo.
O Statistically significant: statisticamente significativo quando il p­value è inferiore al livello stabilito per la significatività.
O Stratification: è il meccanismo mediante il quale, in uno studio clinico randomizzato, i pazienti vengono stratificati a seconda di fattori prognostici noti (età, sesso, caratteristiche demografiche), per eliminare even­
tuali fattori confondenti.
O TILs ­ tumor­infiltrating lymphocytes: linfociti infiltranti il tumore: sono cellule del sistema immunita­
rio riscontrate nel tessuto tumorale; la loro presenza spesso si associa a una prognosi migliore.
O TKIs ­ tyrosine kinase inhibitors: inibitori tirosinchinasici: sono farmaci che inibiscono l'attività di alcuni
enzimi coinvolti nelle vie di trasduzione del segnale intracellulare.
O VEGF ­ vascular endothelial growth factor: fattore di crescita dell'endotelio vascolare, è una proteina coinvolta nell'angiogenesi, il processo di formazione di nuovi vasi tumorali.
O WTP ­ willingness to pay: disponibilità a pagare, concetto economico che rientra nella "economica del benessere" e che può avere un valore esplicativo per norme economiche sulla gestione della salute.
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