Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:00 Pagina 190 UNITÀ 8 CONCETTI CHIAVE leggenda della fondazione città-Stato monarchia LESSICO SPECIFICO popolamento culto dei morti divinazione tribù comizi curiati senato Alle origini di Roma IL TEMPO L’EUROPA E IL LENTO PASSAGGIO ALL’ETÀ DEI METALLI Nel III millennio a.C., mentre nel Vicino Oriente fiorivano grandi civiltà urbane e si organizzavano realtà statali complesse, le popolazioni europee vivevano ancora il lento passaggio dal Neolitico all’età dei Metalli. Solo con l’età del Ferro, inoltre, si affermarono in Europa popoli dai caratteri ben distinti: i Germani, i Traci, gli Illiri e i Celti. LA PENISOLA ITALIANA TRA II E I MILLENNIO A.C. E GLI ETRUSCHI Tra II e I millennio a.C. la Penisola italiana fu interessata da notevoli flussi migratori e colonizzazioni. Fiorirono, fin dal II millennio a.C., l’originale civiltà delle Terramare, nella Pianura padana, e la civiltà appenninica, a sud del Po. Nel I millennio a.C., gli Etruschi, indigeni, si organizzarono in città-Stato autonome e confederate riuscendo, nel giro di alcuni secoli, ad assumere un ruolo egemone nell’Italia centrale tirrenica e ad elaborare una cultura raffinata e originale. LE LEGGENDARIE ORIGINI DI ROMA Al I millennio a.C. risalgono anche le prime notizie su Roma. Fondata, secondo la tradizione, nel 753 a.C. dai Latini, una popolazione di lingua indoeuropea, la città fu governata in origine da un re, affiancato dall’assemblea dei capi delle famiglie aristocratiche. La tradizione antica ricorda sette mitici re, ma la storia delle origini si perde nella leggenda. Dalla leggenda, del resto, provengono importanti notizie confermate dagli storici. È questo il caso dell’istituzione della repubblica, avvenuta intorno al 510/509 a.C. per volontà degli aristocratici, ormai avversi alla monarchia e desiderosi di una maggiore partecipazione alla vita politica. LINEA DEL TEMPO III MILLENNIO A.C. Diffusione delle tecniche metallurgiche II MILLENNIO A.C. Età del bronzo Età del ferro Comunità di villaggio Europa Germani, Traci, Illiri, Celti Italia C i v i l t à Civiltà delle Terramare, appenninica e nuragica contempo raneamente... 2300 a.C. Affermazione della civiltà minoica a Creta IL I MILLENNIO A.C. 2040 a.C. Inizio del Medio Regno in Egitto 1600 a.C. Nascita della civiltà micenea Fondazione di Roma Flussi migratori di Celti, 753 Micenei, Fenici e Greci a.C. I 1200 a.C. Crollo dell’Impero ittita Civiltà di La Tène e t r u s c a Repubblica a Roma 509 a.C. I VIII sec. a.C. Nascita delle pòleis in Grecia Ilavora tu TEMPO 1. Considerando che nel Vicino Oriente il bronzo cominciò ad essere utilizzato intorno al 3500 a.C., definisci con una espressione o una parola chiave la situazione dell’Europa tra il III e il II millennio a.C. 2. Cerchia sulla linea del tempo il nome di tutte le popolazioni che abitarono la Penisola italiana prima della fondazione di Roma. 3. Sottolinea nel testo, con due colori a tua scelta, le informazioni relative alla civiltà etrusca e a quella romana; racchiudi poi le informazioni in due riquadri e collegale mediante una freccia ai settori o ai punti della linea del tempo cui si riferiscono. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 191 NELL’UNITÀ8... LE FONTI FOCUS n Il Guerriero di Capestrano n Le abitazioni etrusche n La fondazione di Roma n La civiltà delle Terramare n La necropoli etrusca e il culto dei morti n Le prime forme di scrittura a Roma LO SPAZIO Nel I millennio a.C., anche a seguito degli intensi • movimenti migratori, si svilupparono nella Penisola italiana le civiltà dei Liguri, dei Sardi, dei Sicani, dei Latini, dei Sanniti. Di provenienza certamente illirica erano i Veneti e gli Iàpigi, che si stanziarono nell’attuale Puglia. A metà del I millennio a.C., fra VIII e VI secolo, anche i Greci giunsero nella penisola, fondando numerose colonie nell’Italia meridionale e in Sicilia. Le più importanti erano Taranto e Siracusa. La regione compresa tra l’Arno e il Tevere, ricca • di risorse metallifere, ospitava gli Etruschi, i quali tra l’VIII e il V secolo a.C. guadagnarono il controllo delle rotte marittime del Tirreno centrale, estendendo la loro influenza sulla Campania. L’espansione degli Etruschi interessò anche la Pianura padana. In un’area centrale della penisola, nell’VIII • secolo a.C., fu fondata anche la città di Roma. Essa sorse in corrispondenza dell’isola Tiberina, un punto strategico che permetteva di controllare la navigazione sul Tevere. Nel 509 a.C., quando l’istituzione monarchica fu scalzata da quella repubblicana, i Romani avevano già esteso i confini della città-Stato annettendo un territorio che giungeva fino al Mare Tirreno. Territori romani in età monarchica Territori dei Latini LO Ilavora tu SPAZIO Evidenzia sulla carta il nome delle più importanti colonie greche fondate in Italia tra VIII e VI secolo a.C. Popoli italici Popoli illirici Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 192 20 LE POPOLAZIONI PREROMANE 20.1 Uno sguardo all’Europa L’età dei Metalli Le tecniche metallurgiche‡ iniziarono a diffondersi presso le popolazioni europee a partire dal III millennio a.C., mentre nel Vicino Oriente se ne era diffusa la pratica fin dalla metà del V millennio a.C. Fu solo a partire dal II millennio a.C., inoltre, che in Europa i manufatti in metallo si sostituirono a quelli in pietra. In particolare, in quest’area, l’età del Ferro sembra avere avuto inizio tra il II e il I millennio a.C. Quando nel Vicino Oriente e in Egitto fiorivano civiltà urbane con una organizzazione politica e sociale di tipo statale, nelle regioni europee le popolazioni vivevano ancora organizzate in villaggi. Fu in parallelo all’affermarsi dell’uso del bronzo (grosso modo nel II millennio a.C.) che i villaggi diventarono più grandi e stabili. Le comunità erano quindi più ampie, costituite ormai da diverse centinaia di individui che esercitavano un controllo abbastanza stretto sul territorio. Ma non erano comunità chiuse: esse effettuavano scambi con popolazioni anche molto lontane e stringevano rapporti stretti con le comunità vicine a formare gruppi più o meno omogenei. Di alcuni gruppi è possibile tracciare un profilo per via del fatto che rivelano caratteristiche culturali comuni. Di questo tipo sono, ad esempio, le popolazioni riconducibili alla cosiddetta “civiltà delle Terramare” [cfr. 20.3]. Per molti dei gruppi e delle popolazioni che abitavano l’Europa nel III e in parte del II millennio a.C., tuttavia, gli studiosi non hanno indicazioni storiche relative all’identità o al nome. Per questo essi sono costretti a ricorrere a denominazioni convenzionali. Popolazioni europee dell’età del Ferro Le cose stanno diversamente per le popolazioni della successiva età del Ferro, tra II e I millennio a.C. Con esse infatti entrarono in contatto i Greci o, più tardi, i Romani e grazie a loro ne conosciamo spesso i nomi. Si tratta per lo più di popolazioni di stirpe indoeuropea‡ . L’area centro-settentrionale del continente era popolata dai Germani, ai quali sono riconducibili numerosi gruppi: Sassoni, Gepidi, Goti, Burgundi, Longobardi. Gli Slavi erano stanziati nei Balcani e da lì alcuni gruppi, come i Serbi, i Croati, gli Sloveni e i Boemi, si mossero verso ovest per occupare le regioni che ancora oggi portano i loro nomi. L’area danubiana, la costa orientale dell’Adriatico e la regione meridionale dei Balcani erano popolate dagli Illiri. Nella Tracia, a sud dei Balcani, si trovavano, invece, i Traci, G che vivevano a stretto contatto con i Greci. z zGuida allo studio 1. Evidenzia nel testo il periodo in cui ha avuto inizio in Europa l’età del Ferro. 2. Sottolinea il nome dei popoli che abitavano l’Europa durante l’età del Ferro; riportali quindi sulla carta di p. 193, rispettando le loro rispettive collocazioni geografiche. 20.2 I Celti Le origini e la diffusione Dei Celti, che i Romani chiamarono Galli, si hanno preziose informazioni. Originari dell’Europa centrale, essi erano giunti ad occupare dapprima la Boemia e la Francia e, successivamente, la Spagna, le Isole britanniche e l’Italia settentrionale, fin nelle Marche. Sul finire del I millennio a.C. erano penetrati anche nell’area balcani- 192 link‡ L’età dei Metalli segna la fine del Neolitico. Essa è convenzionalmente divisa in età del Rame, del Bronzo, del Ferro [cfr. 5.1]. link‡ Fin dal 2000 a.C., popolazioni parlanti l’antica lingua indoeuropea si mossero dalle regioni comprese tra l’Europa centrale e la Russia meridionale in parte verso l’Altopiano iranico e la Valle dell’Indo, in parte verso l’Anatolia e la Grecia, dando vita a civiltà diverse [cfr. 7.2]. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 193 I capitolo 20 Le popolazioni preromane Tribù / Gruppo umano nel quale i rapporti fra gli individui non si fondano su un sistema di norme giuridiche scritte. La coesione interna fra i membri del gruppo è garantita tuttavia dalla comune accettazione di consuetudini, riti, tradizioni. ca, raggiungendo la Grecia e l’Asia Minore. Qui si stanziarono in una regione che fu detta Galazia, da ‘Galati’, l’altro nome con cui erano conosciuti i Celti. In stretto contatto con il mondo mediterraneo, a partire dal VI secolo a.C., essi diedero vita a una civiltà omogenea, detta di La Tène, dal nome del centro, nell’attuale Svizzera francese, presso il quale sono state rinvenute alcune preziose testimonianze archeologiche. L’organizzazione politica e sociale In origine i Celti erano organizzati in diversi gruppi o tribù del tutto autonomi e spesso assai diversi tra loro per consuetudini e tradizioni. Nonostante la maggiore omogeneità culturale raggiunta e la stipulazione di patti di alleanza, i Celti rimasero sempre privi di una vera Calderone d’argento, I sec. a.C. [da Gundestrup, Danimarca, Nationalmuseet, Copenhagen] Presso le popolazioni celtiche il culto dei morti era particolarmente sentito, come anche l’usanza di accompagnare la sepoltura dei propri defunti con oggetti di oreficeria, elementi dell’armatura o semplici utensili di uso quotidiano. La pregiata fattura di questi oggetti dimostra la notevole raffinatezza dei Celti sia nella tecnica metallurgica, sia nel gusto artistico. e propria unità politica e militare. Ogni tribù era governata da un singolo principe, la cui importanza ci è mostrata dalla ricchezza delle tombe celtiche, di proporzioni monumentali. Successivamente, nel corso del V e IV secolo a.C., la figura del principe fu sostituita, nella gestione del potere, da gruppi di aristocratici, per lo più capi militari, e dai druidi. Questi ultimi erano sacerdoti incaricati di gestire i riti religiosi ma anche di svolgere importanti funzioni giudiziarie. Cultura e tradizioni celtiche Non si trattava di una civiltà priva di sensibilità artistica: l’oreficeria celtica era estremamente raffinata e le tombe dei personaggi più illustri erano ricche di gioielli di pregevole fattura; l’evoluzione dell’arte e lo stesso stile di vita dell’aristocrazia risentirono dei contatti con i Greci e gli Etruschi (una popolazione che viveva nell’Italia centromeridionale). Le gesta degli eroi e dei personaggi della mitologia celtica venivano cantate dai bardi, poeticantori, che allietavano i banchetti musicando proprie composizioni come pure opere tramandate oralG mente di generazione in generazione. z zGuida allo studio 1. Cerchia nel testo i diversi nomi con cui erano conosciuti i Celti. 2. Sottolinea le risposte alle seguenti domande: a. Qual era l’organizzazione politica dei Celti? b. A chi spettava la gestione del potere? c. Chi erano i bardi? MARE DEL NORD Goideli Area d’origine dei Celti (fine II millennio a.C.) Espansione nei secoli VI e V a.C. Espansione nei secoli IV e III a.C. Direttrici dell’espansione e delle migrazioni Goideli Britanni Belgi Britanni a os M Germani Don Reno OCEANO AT L A N T I C O Elb a Veliocassi Dnepr Boi Senoni Dnestr Loira Elvezi Boi Edui Santoni La Tène Sequani Cenomàni Arverni Insubri Norici Tauri Po Senoni L’area di diffusione dei Celti L’area di diffusione dei Celti toccò la sua massima ampiezza nei secoli IV e III a.C.; poi cominciò una rapida decadenza che, nel giro di pochi decenni, portò i vasti territori celtici sotto l’influenza dei Germani e dei Romani. I Celti continentali furono completamente romanizzati o si fusero con gli altri popoli. Celtiberi Sciti Hallstatt Daci Danub io MAR NERO Marsiglia Roma Iberi Galati MAR MEDITERRANEO Atene Delfi Cartagine 193 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 194 I unità 8 Alle origini di Roma 20.3 Antiche civiltà nell’Italia del II millennio a.C. La civiltà delle Terramare La principale civiltà che si sviluppa in Italia settentrionale nell’età del Bronzo, nel II millennio a.C., è quella delle “Terramare”. Essa è diffusa nell’area compresa tra Veneto, Lombardia ed Emilia e deve il suo nome al termine dialettale emiliano usato per indicare dei cumuli di terra, ricchi di sostanze organiche, all’interno dei quali si rinvennero resti di villaggi agricoli caratterizzati dalla presenza di abitazioni sopraelevate, sostenute da robusti pali conficcati nel terreno (più di rado sul fondo di specchi d’acqua). La complessità e le dimensioni di queste costruzioni, come pure l’organizzazione spaziale regolare e ordinata, unite alla raffinatezza della lavorazione dei metalli, indicano un livello di sviluppo culturale e tecnologico avanzato delle popolazioni riconducibili a questa civiltà [cfr. FOCUS cap. 20]. La civiltà appenninica e quella nuragica Tutta l’Italia a sud del Po era invece caratterizzata dalla cosiddetta civiltà appenninica. Le popolazioni appenniniche vivevano di agricoltura e allevamento e ricorrevano alla pratica della transumanza: esse cioè trasferivano ciclicamente e stagionalmente il bestiame dai pascoli invernali (in pianura) ai pascoli estivi (in montagna), e viceversa. Queste popolazioni entrarono in contatto, fin dal XVI secolo a.C., con i Micenei‡ , della cui ceramica si rinvengono numerose tracce lungo le coste pugliesi e campane. Agli inizi dell’età del Bronzo, attorno al 1800 a.C., nell’entroterra della Sardegna, i Sardi diedero vita alla civiltà nuragica, che sopravvisse a lungo, fino alla conquista romana (238 a.C.). Tale civiltà ha preso il nome da particolari costruzioni difensive in pietra, simili ad alte torri a forma di tronco di cono, dette nuraghi. Il termine “nuraghe”, in particolare, deriva da una parola del sardo antico, “nurra”, che signifiG cava ‘cumulo di pietre’. z zGuida allo studio L’Italia nel Bronzo e la presenza micenea Tra le numerose culture che si svilupparono in Italia nel corso del II millennio a.C., le più estese furono quelle della Terramare, la civiltà appenninica e la civiltà nuragica. Con diverse popolazioni dell’Italia dell’età del Bronzo furono in contatto i Micenei, che a partire dal XVI secolo a.C. iniziarono a frequentare il Mediterraneo occidentale a scopi commerciali. Questi contatti, testimoniati dai numerosi ritrovamenti di ceramica micenea, diedero luogo alla circolazione non solo di materie prime e manufatti, ma anche di persone, tecniche e idee. Civiltà terramaricola Presenze micenee (XVI-XII sec. a.C.) Civiltà nuragica C M IV TÀ IL AR AD A P RI P AT EN IC 1. Per ciascuna delle civiltà che abitarono l’Italia nel II millennio a.C. cerchia una parola o un’espressione chiave. Ricostruzione ideale del villaggio nuragico di Barumini (Cagliari) verso il 1000 a.C. Uno dei più vasti e interessanti insediamenti della civiltà nuragica è quello di Barumini, a circa 60 chilometri da Cagliari. Esteso per oltre un ettaro, il complesso è formato da un villaggio di capanne circolari in pietra lentamente stratificatesi attorno a un poderoso torrione fortificato (il vero e proprio nuraghe). La funzione dei nuraghi rimane ancora incerta. Oggi la maggior parte degli studiosi ritiene che essi avessero la duplice destinazione di torri di avvistamento, poiché dalla loro sommità era possibile accorgersi con anticipo di eventuali attacchi nemici, e di strutture di difesa e di riparo per le popolazioni del villaggio circostante, che, in caso di necessità, potevano rifugiarsi al loro interno. N O IN IC A MAR TIRRENO MAR IONIO 194 link‡ La civiltà micenea fiorì, in Grecia, nel Peloponneso, tra il 1600 e il 1200 a.C. I Micenei si mossero dapprima verso ovest, entrando in contatto con alcune popolazioni che abitavano lungo le coste del Mediterraneo occidentale e, dopo la conquista di Creta nel 1450 a.C., estesero il loro controllo sui traffici marittimi nel Mediterraneo orientale [cfr. 10.1]. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 195 I capitolo 20 Le popolazioni preromane 20.4 La geografia dei popoli in Italia al principio del I millennio a.C. I dati linguistici, ricavati dai ritrovamenti di epoche successive a quelle ora trattate, indicano che, non più tardi del 1500 a.C., l’Italia fu interessata da consistenti flussi migratori di popolazioni indoeuropee. Tali popolazioni si fusero con quelle indigene dando origine a molti dei popoli che abitavano la penisola fin dall’età del Ferro. L’Italia centro-settentrionale Tra II e I millennio a.C., dunque durante l’età del Ferro, sono attestati nell’area nord-orientale della penisola i Veneti, una popolazione appartenente al gruppo degli Illiri. I Liguri, invece, autoctoni (ovvero nati laddove risiedevano), erano nella regione che ancora oggi da loro prende il nome, la Liguria. Le popolazioni di cui si ha traccia in Lombardia e Piemonte, riconducibili alla cultura di Golasecca (località lombarda), sarebbero state invece, secondo alcuni, di origine celtica. Sempre tra II e I millennio a.C. andava fiorendo, tra la Pianura padana e il basso Lazio, la civiltà villanoviana, così chiamata perché se ne sono rinvenute le più imponenti attestazioni, nel 1853, a Villanova, una località nei pressi di Bologna. I Villanoviani conoscevano le tecniche della lavorazione del ferro e si dedicarono con successo ai traffici commerciali, scambiando i propri manufatti in ferro con oggetti preziosi prodotti in Egitto e in Oriente. Sappiamo che i Villanoviani dedicavano grande cura al culto dei morti, le cui salme erano cremate, ovvero incenerite, e sepolte entro urne dalla caratteristica forma a doppio tronco di cono; le urne venivano poi interrate, all’interno di pozzetti disposti uno vicino all’altro. L’Italia centrale Le popolazioni che abitarono la fascia centrale della Penisola italiana, fatta eccezione per gli Etruschi, parlavano una lingua indoeuropea. La regione compresa tra il Tevere e i Monti Albani fu abitata dai Latini, dai quali derivò il nome “Lazio”. I Latini erano organizzati in numerosi villaggi auto- Le popolazioni italiche Popoli illirici Popoli italici Colonie greche (secoli VIII-VI a.C.) Colonie fenicie e cartaginesi (secoli VII-V a.C.) Equi Popoli di lingua indoeuropea Reti Popoli di altre origini Nei primi secoli del I millennio a.C. l’Italia era abitata da genti assai diverse, ma riconducibili a due grandi gruppi: le popolazioni autoctone, come i Liguri nel Nord-Ovest, gli Etruschi nell’Italia centrale, i Sicani e gli Elimi in Sicilia, i Sardi in Sardegna; gli Indoeuropei, che rappresentavano l’insieme più ampio e articolato. Sulle coste dell’Italia meridionale e delle isole furono invece fondate colonie dai Fenici e dai Greci. Reti Camuni Veneti Golasecca Liguri Illi Urna cineraria villanoviana, metà dell’VIII sec. a.C. [proveniente dalla zona del Bisenzio, Firenze; Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma] i br hi ni M ni ta i en gn Fr eli P Sabini Equi Falisci Latini Volsci AD RI AT IC O Dauni Iap San igi niti Cam pani Me ssa pi Enotri ca n i Sardi AR Bru zi MAR TIRRENO Lu sc Um ru ce Pi Et Corsi ri Elimi Sicani Siculi MAR IONIO I Villanoviani usavano porre le ceneri dei propri defunti in urne dalla caratteristica forma biconica, spesso riccamente decorate, come nel caso dell’urna del Bisenzio. Sul coperchio dell’urna è raffigurato un gruppo di figurine che rappresenta una danza rituale attorno a un mostro-animale incatenato, presumibilmente una divinità. Urna biconica in bronzo, VIII sec. a.C. 195 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 196 I unità 8 Alle origini di Roma nomi, alcuni dei quali si svilupparono fino a divenire vere e proprie città, come Alba Longa, Tuscolo, Tivoli, Ariccia e, successivamente, Roma. L’area appenninica era abitata da popolazioni del gruppo osco-umbro: i Sabini, stanziati nelle valli di Terni e di Rieti (a nord-est di Roma); gli Umbri, nell’area compresa tra il medio-alto corso del Tevere e l’Appennino umbro-marchigiano, dove fondarono numerose città, tra cui ricordiamo Todi, Gubbio, Perugia, Spoleto, ma anche Sarsina (in Romagna) e Cortona (in Toscana); i Sanniti, un popolo stanziato nella zona che da loro prese il nome, il Sannio, collocata tra Lazio e Campania; i Piceni, che dominarono invece l’area costiera dell’Adriatico, compresa tra la Romagna e l’Abruzzo. una FONTE iconica Gli Etruschi, infine, che pare siano da porre in continuità con le precedenti popolazioni villanoviane, occuparono i territori compresi tra l’Arno e il Tevere includendo ben presto nella loro sfera di influenza Campania e Pianura padana. L’Italia meridionale L’Italia meridionale, invece, fu occupata sia da popolazioni osco-umbre, stanziate per lo più nell’area appenninica, sia da genti provenienti da altri territori. Al primo gruppo appartenevano i Sanniti, di cui si è già detto, i Bruzi e i Lucani, stanziati nell’entroterra calabrese e lucano. L’attuale Puglia fu popolata da gruppi di stirpe illirica, gli Iàpigi, variamente denominati a seconda della località di stanziamento: Dauni, nell’area garganica; Peuceti, nella fascia centrale della regione; Messapi, nella Unafonteiconica Il Guerriero di Capestrano Oggetto: Statua, il “Guerriero di Capestrano” Epoca: VI secolo a.C. Collocazione: Museo Archeologico Nazionale, Chieti In una necropoli dell’antica città di Aufinum, presso Capestrano (paese abruzzese in provincia de L’Aquila), fu rinvenuta casualmente nel 1934 la statua di un guerriero in pietra calcarea, databile al VI secolo a.C., il cosiddetto “Guerriero di Capestrano”. Si tratta di un capolavoro dell’arte italica, riconducibile all’antico popolo italico dei Piceni. La statua, di dimensioni monumentali (l’altezza, senza la base, è di 2,09 metri), rappresenta una figura maschile, in posizione eretta e con le braccia ripiegate sul petto. Le armi e l’equipaggiamento militare sono rappresentati dettagliatamente, a riprova dell’ideologia guerriera di queste genti. Il guerriero poggia su un piedistallo ed è sorretto da due pilastri laterali, sui quali sono incise due lance. Su uno dei due supporti vi è infine un’iscrizione in lingua sud-picena dal dubbio significato: «MA KUPRI KORAM OPSUT ANANIS RAKI NEVII». • La testa è protetta da un elmo da parata, originariamente dotato di cimiero; • il torso e il ventre sono protetti da lamine e dischi metallici retti da corregge (strisce di cuoio); • le gambe sono protette da schinieri e i piedi vestono sandali; • davanti al petto porta appesi una spada con elsa e fodero decorati e un pugnale, mentre con la mano destra regge una piccola ascia. Anche la funzione della scultura non è chiara: un’ipotesi accreditata la ricollega al rituale della devotio (‘devozione, voto’), secondo cui un guerriero, prima della battaglia, si offriva agli dèi come vittima propiziatoria per la vittoria; nel caso fosse sopravvissuto al combattimento veniva sepolta al suo posto una statua, affinché gli dèi avessero comunque la loro vittima. Lavora con i documenti 1. Collega con delle frecce le informazioni riportate nell’elenco puntato all’oggetto o al particolare della statua cui si riferiscono. 2. Dopo aver osservato attentamente l’immagine completa la tabella con le informazioni richieste: Il Guerriero di Capestrano 3. Il ritrovamento della statua in una necropoli avvalora o meno l’ipotesi che la collega al rituale della devotio? Per quali ragioni? Armi Strumenti di difesa Elementi decorativi ............................................ ............................................ Collana con pendaglio, ...... ............................................ ............................................ ............................................ 196 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 04/02/09 17:07 Pagina 197 I F CUS capitolo 20 Le popolazioni preromane La civiltà delle Terramare Ricostruzione di un villaggio di palafitte [Museo delle palafitte del Lago di Ledro, Trento] Il termine “terramare” ha un’origine curiosa. Esso deriva da “terra marna” (terra grassa), definizione che indicava delle piccole alture che spiccano nella pianura emiliana. Agli inizi del XIX secolo si ritenne (erroneamente) che la terra di queste alture fosse un ottimo concime e ne venne pertanto avviata l’estrazione. Nel corso degli scavi si scoprirono abbondanti materiali archeologici di difficile interpretazione. Alcuni pensarono si trattasse dei resti romani di luoghi di cremazione dei defunti; altri che fossero da attribuire alla presenza dei Galli nella Pianura padana. Alla metà del XIX secolo l’archeologia si stava avventurando per la prima volta nello studio delle popolazioni che avevano preceduto i Greci e i Romani. Nessuno immaginava allora quanto lunga e complessa sia stata la storia dell’uomo. La scoperta e lo studio delle terramare rappresentarono, in Italia, un passo decisivo per iniziare a capirlo. Sulle terramare si concentrò l’attenzione di numerosi studiosi, che già nel 1871 furono in grado di fornire una accurata e affascinante interpretazione di questi insediamenti. Essi infatti compresero che le terramare erano i resti di grandi villaggi dell’età del Bronzo costruiti secondo il modello delle palafitte. Vennero cioè scoperti centinaia di pali lignei, conficcati verticalmente, che avevano sostenuto delle piattaforme di legno sulle quali poi erano state edificate le abitazioni. Era lo stesso modello scoperto poco prima lungo la riva di molti laghi delle Alpi svizzere. L’immaginario collettivo ne fu fortemente colpito e nacque un vero e proprio mito delle palafitte, che la ricerca archeologica più recente ha sfatato. Si è capito, ad esempio, che sebbene queste costruzioni fossero sopraelevate, realizzate cioè su impalcato ligneo, non si ergevano su fondali lacustri o marini, bensì su terreni asciutti. Molte osservazioni fatte dagli studiosi ottocenteschi sono tuttavia state confermate. Vediamo cosa è possibile dire oggi. Per molti secoli la Pianura padana era stata scarsamente popolata e soltanto attorno al 1650 a.C. iniziò una prima occupazionedel territorio. All’inizio, gli insediamenti terramaricoli furono costruiti soltanto a nord del Po; da ciò si deduce che questo modello insediamentale arrivò dall’area alpina, dove era attestato già nei secoli precedenti. Nel periodo compreso tra il 1550 e il 1340 a.C. la Pianura padana era occupata da popolazioni che rivelano tratti culturali omogenei. Dappertutto si affermarono le tipiche strutture abitative su impalcato ligneo, organizzate in grandi villaggi dalla pianta regolare, che nel corso del tempo furono circondati da strutture di difesa: si trattava di un fossato e di un terrapieno realizzato con la terra derivante dalla precedente escavazione del fossato. L’economia di questi villaggi ruotava attorno all’agricoltura. Le tecniche erano molto avanzate. Grazie all’impiego dell’aratro trainato da animali, ad esempio, era possibile sfruttare i suoli argillosi della pianura, difficili da lavorare con tecniche più rudimentali. L’argilla è infatti poco permeabile e più pesante di altri terreni. I campi venivano concimati e si praticava la rotazione delle colture, si alternava cioè sullo stesso terreno la coltura di piante diverse per un più efficace sfruttamento della terra. Per i lavori agricoli si utilizzavano strumenti in metallo, nella cui lavorazione gli abitanti delle terramare raggiunsero alti livelli di specializzazione. Nel corso del XIII secolo a.C.vi fu un forte aumento delle dimensioni dei villaggi. Pertanto si è ipotizzata una consistente crescita della popolazione: secondo calcoli orientativi, la Pianura padana era a quell’epoca abitata da almeno 150.000 persone. In questo periodo gli abitanti delle terramare aumentarono le loro capacità di produzione e furono sempre più attivi nelle reti commerciali dell’epoca, entrando in contatto con popolazioni dell’Europa centrale e con i Micenei. 197 Ma attorno al 1170 a.C. la civiltà delle Terramare ebbe un collasso quasi improvviso. Non sappiamo con certezza quale sia stata la causa di questo collasso; probabilmente, anzi, vi furono più cause. Senza dubbio vi fu un deterioramento dell’ambiente, determinato da un clima un po’ più arido e dall’intensa azione dell’uomo, che aveva tra l’altro operato un ampio disboscamento dell’area. Non a caso, proprio nell’ultima fase di vita della civiltà delle Terramare negli abitati si utilizzò sempre meno il legno come materiale da costruzione e molte case furono realizzate al livello del suolo. Inoltre, per tre secoli dopo l’abbandono delle terramare la Pianura padana restò sostanzialmente spopolata. La crisi ambientale non è però sufficiente a spiegare la rapidità del collasso, legata forse ad una crisi sociale. Sappiamo che nell’organizzazione sociale e politica delle popolazioni terramaricole non vi era un potere centrale forte, come fu quello ad esempio dei principi micenei. Pertanto doveva esserci una grande coesione sociale; infatti soltanto questa può aver reso possibile attività che richiedevano un grande impegno collettivo (pensiamo, ad esempio, alla costruzione e manutenzione dei fossati e dei terrapieni ma anche alle difficili pratiche agricole). Una crisi sociale, dunque, avrebbe da sola potuto portare al crollo del sistema. Ma un altro elemento è ancora da prendere in considerazione. Nelle ultime fasi, gli abitati terramaricoli rafforzarono ulteriormente le loro fortificazioni. Può essere un’indicazione della crisi sociale e di tensioni tra centri vicini, ma può anche essere un fenomeno da collegare a quei profondi sconvolgimenti che investirono larga parte del Mediterraneo agli inizi del XII secolo a.C. Come abbiamo visto, proprio in quel periodo si verificò il crollo della civiltà micenea [cfr. 10.3] e dell’Impero ittita [cfr. 7.2], mentre i misteriosi Popoli del Mare minacciavano l’Egitto [cfr. 6.2]. Il collasso del sistema delle terramare, dunque, fu forse dovuto ad un insieme di fattori che agirono simultaneamente: deterioramento dell’ambiente, crisi sociale e sconvolgimenti di più ampia portata. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 198 I unità 8 Alle origini di Roma penisola salentina. Le coste della Basilicata, della Calabria e della Campania furono, invece, colonizzate dai Greci, che vi fondarono, tra VIII e VI secolo a.C., numerose e prospere città [cfr. 11.2]. Le popolazioni insediate nell’Italia centro-meridionale con l’eccezione di Greci ed Etruschi da un lato, di Messapi e Latini dall’altro, furono note anche come italiche. Le isole Le aree costiere della Sicilia occidentale, della Sardegna e della Corsica erano invece controllate, fin dal IX secolo a.C., dai Fenici e in particolare dai Cartaginesi, che, tra VII e V secolo a.C., vi posero le proprie basi commerciali. Nell’entroterra sardo continuava invece ad esistere la civiltà nuragica. capitolo20 Autoverifica 1. Collega il nome di ciascuna popolazione elencata con la rispettiva area di insediamento: 1. Civiltà villanoviana a. Europa centro-settentrionale 2. Germani b.Tra la Pianura padana e il basso Lazio 3. Civiltà nuragica c. Puglia 4. Etruschi d. Entroterra della Sardegna 5. Iàpigi e.I territori compresi tra l’Arno e il Tevere 2. Completa le frasi seguenti con i termini o le espressioni elencate: druidi; commerciali; bronzo; giudiziarie; principe; transumanza; difensive; villaggi; tombe; sopraelevate. a. Le popolazioni europee cominciarono a vivere in ........ ................... organizzati e stabili contemporaneamente all’affermarsi dell’uso del ..........................., intorno al II millennio a.C. Colonie fondate da Greci costellavano le coste della Sicilia orientale e meridionale. Sempre nella parte orientale dell’isola erano stanziati i Siculi, un gruppo osco-umbro. Persistevano, poi, gruppi autoctoni preindoeuropei, come i Sicani e gli Elimi, stanziati riG spettivamente nella Sicilia centrale e occidentale. z zGuida allo studio 1. Costruisci un link tra il testo e le immagini delle urne villanoviane, indicando nel paragrafo una parola chiave e tutte le informazioni ad essa collegate. 2. Elenca sul quaderno tutte le popolazioni dell’Italia centro-meridionale note anche come “italiche”. Soluzioni a p. 361 b. Inizialmente, ogni tribù celtica era governata da un ..........................., la cui importanza ci è mostrata dalla ricchezza delle ........................... c. I ........................... erano sacerdoti incaricati di gestire i riti religiosi e di svolgere importanti funzioni ................ ........... d. Le popolazioni della civiltà delle Terramare vivevano in costruzioni ..........................., sostenute da pali conficcati nel terreno. e. Le popolazioni appenniniche vivevano di agricoltura e allevamento e praticavano la ........................... f. I nuraghi sono costruzioni ........................... in pietra simili a torri a forma di tronco di cono. g. Dal IX secolo a.C. i Fenici fondarono basi .................... ....... in Sicilia orientale. 198 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 199 21 LA CIVILTÀ ETRUSCA 21.1 Un popolo a lungo ritenuto misterioso L’origine degli Etruschi Al periodo compreso fra il IX e l’VIII secolo a.C. risalgono le prime cospicue attestazioni, in Italia, di un popolo, assai evoluto, che si definiva Rasenna. Sappiamo che i Greci chiamarono questo gruppo di genti Tirreni e i Romani Tusci o Etrusci; dal nome romano deriva poi quello con cui, oggi, tale popolazione è nota ai moderni: Etruschi. L’origine degli Etruschi rappresentò un affascinante interrogativo fin dall’antichità: secondo alcuni si trattava di un popolo straniero, giunto dall’Asia Minore; altri invece ritenevano che esso fosse autoctono. Grazie alle ricerche degli archeologi, il problema delle origini degli Etruschi non è più un mistero. È evidente che la cultura etrusca si ponga in continuità con quella dei Villanoviani, stanziati in precedenza nella medesima area occupata poi dagli Etruschi, ovvero i territori compresi tra l’Arno e il Tevere [cfr. 20.4]. I caratteri dell’originale cultura etrusca – dalla lingua ai riti religiosi, alle manifestazioni artistiche – sono frutto di una commistione tra elementi arcaici che sopravvivono a lungo e influenze derivanti dagli intensi contatti avuti, a partire dall’VIII secolo a.C., con i Greci e i Fenici, presenti nell’Italia meridionale e nelle isole. La lingua Il mistero che ha sempre circondato gli Etruschi è stato senz’altro alimentato dalla particolarità della loro lingua. Si tratta di una lingua non indoeuropea, differente da tutte quelle parlate in Italia nel I millennio a.C. e, almeno apparentemente, assai più simile alle lingue dell’Asia Minore. Essa fu messa abbastanza presto in forma scritta: le iscrizioni più antiche finora ritrovate risalgono al VII secolo a.C. Lamina aurea del santuario di Pyrgi, fine VI-inizi V sec. a.C. [Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma] Le iscrizioni in etrusco su alcune lamine d’oro ritrovate presso il santuario di Pyrgi (il porto della città di Cere, oggi Cerveteri) si alternano alla traduzione in fenicio, permettendo una piena comprensione del testo. Si tratta della dedica di un altare alla dea fenicia Astarte, assimilata alla dea etrusca Uni, da parte di un certo Thefarie Veliana, che il testo fenicio ci indica essere il «re di Cere». La lamina testimonia dunque di stretti rapporti tra Etruschi e Fenici. 199 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 200 I unità 8 Alle origini di Roma L’alfabeto utilizzato è un adattamento di quello greco [cfr. 11.4] in uso nelle più antiche colonie elleniche in Italia meridionale, Cuma e Pithecussai (Ischia). La lingua etrusca, tuttavia, non corrisponde al greco, così se è possibile leggere le parole contenute nelle oltre ottomila iscrizioni etrusche finora ritrovate, non sempre se ne può comprendere il significato. Inoltre le iscrizioni conservate sono quasi tutte epigrafi funebri o a scopo votivo, realizzate cioè come dediche o come ringraziamenti alle divinità; esse quindi utilizzano un numero limitato di parole, riunite in formule sempre uguali. Sono invece assai frequenti i nomi propri e pertanto l’onomastica etrusca è ben conosciuta. Mancano, dunque, scritti privati o testi narrativi significativi (che pure sono esistiti, come sappiamo dagli scrittori romani) che potrebbero fornire informazioni ulteriori sulle vicende storiche degli Etruschi e sul loro stile G di vita. z zGuida allo studio 1. Sottolinea con colori diversi le ipotesi formulate intorno all’origine degli Etruschi ed evidenzia quella attualmente più accreditata dalla ricerca archeologica. 2. Cerchia nel testo le seguenti informazioni relative alla lingua etrusca: a. l’origine; b. le caratteristiche dell’alfabeto; c. le difficoltà d’interpretazione. 21.2 Una società in movimento I riti di fondazione La fondazione di nuove città era accompagnata da un rito propiziatorio molto complesso, che sarà poi ripreso dai Romani. Una volta individuato un luogo idoneo alla nuova fondazione, si stabiliva attraverso pratiche precise, dette divinatorie [cfr. 21.3], se il volere degli dèi fosse favorevole: in caso di responso positivo, il territorio sul quale sarebbe sorta la città veniva delimitato da un solco; lungo il solco poi venivano edificate le mura difensive, interrotte da tre porte. La monarchia etrusca Secondo le fonti romane, la società etrusca si presentava divisa in maniera netta tra un ceto benestante di aristocratici e il resto della popolazione che viveva in condizioni di subalternità. Come vedremo, la situazione era un po’ più sfumata e dovevano esistere gruppi sociali intermedi, ovvero individui che non erano di estrazione aristocratica, ma nemmeno del tutto sottomessi. In un primo momento il potere politico, giudiziario e militare fu gestito da un’unica figura istituzionale, il lucumòne, una sorta di re cittadino, eletto a vita. Egli era membro dell’aristocrazia, il cui potere derivava dal controllo delle terre e delle rese agricole. L’ascesa di mercanti e artigiani Ben presto, la presenza sul territorio di grandi risorse metallifere produsse un’accelerazione delle attività artigianali e commerciali. Gli Etruschi, infatti, gestirono direttamente il commercio di tali risorse e dei manufatti con esse prodotti, anche grazie a una potente ed ef- Onomastica / Il termine indica sia la scienza che studia i nomi propri di persona sia, come nel nostro caso, l’insieme dei nomi propri di persona di una data lingua, area geografica o cultura. Letteralmente esso significa ‘relativo al nome’. Sinecismo/ Il processo di formazione di una nuova città dall’unione di centri preesistenti. Sarcofago degli sposi felici, 520 a.C. ca. [dalla necropoli della Banditaccia, Cerveteri; Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma] Le città-Stato La civiltà etrusca fu la prima in Italia a sviluppare un modello insediativo di tipo urbano. A partire dal IX secolo a.C. gli abitanti dei piccoli centri dispersi sul territorio diedero l’avvio ad un processo di aggregazione (sinecismo), fondando insediamenti più grandi che nel VII secolo a.C. avevano ormai il carattere di vere e proprie città. Esse si configurarono presto come città-Stato, tra loro autonome. La scelta dei luoghi d’insediamento si basava soprattutto sulla conformazione del territorio e sulla presenza di corsi d’acqua; in diversi casi (ad esempio Tarquinia, Veio, Orvieto) vennero scelti ampi pianori di tufo, difesi naturalmente da pareti strapiombanti. Notevole fu il grado di sviluppo raggiunto dagli Etruschi nel campo dell’architettura. Tra VIII e VII secolo a.C. le semplici capanne di legno e fango vennero sostituite da edifici in muratura. Questi ultimi presto si arricchirono di decorazioni e di strutture assai evolute, come l’arco, un’invenzione etrusca grandemente adoperata anche nella costruzione dei ponti e delle porte delle città. Dalla postura delle mani dei due personaggi si intuisce che essi dovevano reggere cibi e oggetti da mensa: la compresenza dell’uomo e della donna durante un convivio è un tratto che, nell’antichità, si riscontra solo nella società etrusca. 200 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:01 Pagina 201 I capitolo 21 La civiltà etrusca ficace marineria. I commerci, e i contatti con altre popolazioni che ne derivarono, furono all’origine di grandi trasformazioni nella struttura sociale etrusca. Intorno al VI secolo a.C., si registrò l’ascesa di nuovi e ricchi operatori economici, i mercanti e gli artigiani, che cominciarono a rivendicare gli stessi diritti degli aristocratici e ciò contribuì ad allargare notevolmente il numero di coloro che partecipavano attivamente alla vita politica. L’oligarchia Le cariche pubbliche si moltiplicarono e il lucumòne perse gradatamente prestigio e potere, finendo, tra VI e V secolo a.C., per essere sostituito da un consiglio di magistrati. Rimanevano, invece, sostanzialmente invariate le condizioni dello strato inferiore della società, che svolgeva i lavori più umili e pesanti ed era totalmente soggiogato, tanto che spesso è assai difficile distinguere tra lavoratori una FONTE materiale liberi e schiavi, poiché le condizioni di vita erano del tutto simili. La condizione della donna Una peculiarità del popolo etrusco riguardava la condizione della donna, la quale godeva di un notevole prestigio e di molte libertà, a differenza di quanto accadeva nel mondo greco o nel Vicino Oriente, dove essa conduceva un’esistenza appartata, dedita esclusivamente alla cura della casa e della famiglia. Questa peculiarità è ben testimoniata da fonti greche e romane, nelle quali non mancano giudizi critici al proposito. Alle donne di ceto sociale elevato era infatti consentito partecipare ai banchetti, sorseggiando vino a fianco del proprio sposo, o assistere ai più importanti spettacoli pubblici (gare ginniche, feste, danze), senza che ciò costituisse un motivo di discredito agli occhi della comunità. Unafontemateriale Le abitazioni etrusche Oggetto: Urna cineraria a capanna Epoca: VIII secolo a.C. Collocazione: Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma Le informazioni in possesso degli studiosi sulle abitazioni etrusche sono a tutt’oggi alquanto esigue. La documentazione archeologica è poco consistente e la principale fonte in materia, almeno per la fase più antica della civiltà etrusca, è perciò fornita dalle urne cinerarie a capanna, che riproducevano in miniatura modelli abitativi. Dal raffronto tra queste urne e i ruderi riportati alla luce dagli scavi archeologici si è evinto che, tra i secoli IX-VIII a.C., le abitazioni etrusche erano delle capanne a pianta circolare (quelle rettangolari compaiono in epoca successiva), le cui dimensioni variavano tra i 40 e gli 80 metri quadrati; erano costruite con canne o rami, a loro volta ricoperti di argilla per rendere le pareti impermeabili. L’ossatu- ra della costruzione consisteva in una struttura di pali di legno, ben piantati al suolo; il tetto, solitamente a doppio spiovente, era costituito da un’intelaiatura di legno ricoperta da frasche, con alcune aperture per consentire un’aerazione ottimale del vano interno; la porta d’ingresso era unica. Questo modello abitativo si venne modificando nel corso del VII secolo a.C., sotto la spinta di influssi greci e orientali che indussero gli aristocratici a costruire delle dimore più complesse e lussuose, così da testimoniare il loro elevato rango sociale. Si passò così dalla capanna alla casa vera e propria, con pareti in muratura, tetti di tegole e le prime decorazioni interne. Il centro della dimora era costituito dall’atrio, all’interno del quale vi era una va- sca per raccogliere l’acqua piovana; i vari ambienti si affacciavano su questo vano, da cui prendevano aria e luce. L’ambiente più grande della casa era destinato a sala da pranzo, giacché gli Etruschi, al pari dei Greci, avevano l’abitudine di consumare i pasti stando sdraiati; i restanti ambienti, più piccoli, erano adoperati come stanze da letto, ovvero come luoghi di lavoro dove le donne attendevano alla filatura, alla tessitura e alla cura dei figli. Lavora con i documenti 1. Osserva accuratamente l’immagine e descrivila sul quaderno seguendo la scaletta proposta: a. La forma dell’urna riproduce quella di ..................... ........; la base è ............................., mentre la copertura .............................; b. Il materiale di cui è costituita sembra essere ................ .............; c. Sulla superficie esterna presenta .............................; d. Lo stato di conservazione è ............................. 2. Seleziona tutte le informazioni contenute nel testo che possono riferirsi all’immagine dell’urna cineraria e sottolineale con un colore a tua scelta. 3.Indica con una crocetta quale delle seguenti informazioni è possibile trarre esclusivamente dall’analisi della fonte: n Gli Etruschi conoscevano la tecnica di lavorazione dei metalli. n Le prime forme di abitazione etrusca erano costruite in ferro. n Il tetto delle capanne era dotato di aperture, probabilmente per garantirne l’aerazione. n Le dimensioni delle abitazioni variavano tra i 40 e gli 80 metri quadrati. n Nell’VIII secolo a.C. gli Etruschi deponevano le ceneri dei defunti in urne cinerarie a capanna. 201 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 202 I unità 8 Alle origini di Roma Altra prova del rispetto di cui era oggetto la donna nella società etrusca è il sistema onomastico. Mentre nelle società greca e romana ogni individuo veniva riconosciuto mediante il patronimico, cioè con l’indicazione del nome del padre (ad esempio, «Gaio figlio di Marco»), fra gli Etruschi vi era l’abitudine di aggiungere al nome del padre quello della madre (ad G esempio, «Gaio figlio di Marco e Tarquinia»). z zGuida allo studio 1. Evidenzia nel testo la definizione del termine “sinecismo”. 2. Sottolinea le risposte alle seguenti domande: a. Dove venivano edificate le città etrusche? b. Con quali materiali erano costruiti gli edifici? c. In che cosa consistevano i riti di fondazione? 3. Schematizza le trasformazioni che interessarono la società etrusca, inserendo nella tabella una parola o espressione chiave per ciascuno dei periodi considerati: In origine Intorno al VI secolo a.C. Tra VI e V secolo a.C. ............................... .......................... ......................... 4. Sottolinea con due colori diversi le informazioni relative alla condizione della donna presso gli Etruschi e nel Vicino Oriente. 21.3 La religione e il culto dei morti Una religione politeista La religione etrusca era politeista e in origine zoomorfa‡, le divinità cioè erano rappresentate sotto sembianze animali o di al- tri elementi della natura. A partire dall’VIII secolo a.C. essa iniziò ad assumere molti aspetti tipici della religione greca, tra cui la tendenza a rendere le divinità come figure antropomorfe. In molti casi si giunse addirittura ad una sovrapposizione fra pantheon greco ed etrusco. Ad esempio il più importante tra gli dèi etruschi, Tinia, venne identificato con il greco Zeus. Questo fenomeno può spiegarsi, tuttavia, solo alla luce di un più ampio e generale processo di ellenizzazione vissuto dalla società etrusca: gli Etruschi infatti si aprirono all’influenza greca accogliendo e facendo propri pratiche sociali, miti e tradizioni. La divinazione La comunicazione tra le divinità e gli uomini era assicurata dalla presenza di una forte casta sacerdotale, probabilmente organizzata in collegi, ciascuno dei quali assolveva a specifiche funzioni. Tra le funzioni più importanti vi era la divinazione, ossia l’interpretazione della volontà divina. Gli Etruschi ritenevano che tutti i fenomeni naturali, come i fulmini, il passaggio degli uccelli o i sogni, fossero strumenti usati dagli dèi per rivelare agli uomini le proprie decisioni e gli eventi futuri. Non tutti, però, potevano accostarsi a queste pratiche, che prevedevano la celebrazione di riti ben precisi, con regole minuziosamente codificate in libri sacri, oggi perduti. Solo gli àuguri, una categoria di sacerdoti specificamente preparata nell’arte della divinazione, potevano officiare tali cerimonie ed emettere un responso che era tenuto in gran conto da tutta la società etrusca. Tra le varie forme di divinazione, nel mondo etrusco era particolarmente curata l’aruspicìna, ossia l’esame delle viscere degli animali offerti in sacrificio alle divinità: a ogni parte degli organi esaminati era attribuita una specifica funzione divinatoria, che Un arùspice esamina un fegato [retro di uno specchio etrusco; Museo Gregoriano Etrusco, Città del Vaticano, Roma] Gli arùspici, sacerdoti etruschi, erano particolarmente esperti nella tecnica di divinazione basata sull’esame delle viscere animali. Il cosiddetto Fegato di Piacenza, trovato a Gossolengo (Piacenza) nel 1877, è un modellino in bronzo di un fegato di ovino, sulla cui superficie sono incisi in lingua etrusca, dentro quaranta distinte caselle, i nomi di alcune decine di dèi e di semidèi. Serviva come sussidio mnemonico a uso dell’arùspice per leggere il futuro nel fegato estratto dall’animale sacrificato e come strumento didattico per i discepoli. Fegato di Piacenza, I sec. a.C. [Musei di Palazzo Farnese, Piacenza] 202 link‡ Zoomorfe erano state anche le prime divinità egizie, dalle sembianze in parte animali e in parte umane o del tutto animali [cfr. 6.4]. Antropomorfe, invece, erano in particolare le divinità del Pantheon greco [cfr. 11.4]. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 04/02/09 17:09 Pagina 203 I capitolo 21 La civiltà etrusca permetteva di elaborare l’auspicio, ossia la previsione desiderata. Il culto dei morti Un altro elemento religioso di grande rilievo era il culto dei morti: anche gli Etruschi, come molti altri popoli antichi, ritenevano che, dopo la morte del corpo, il defunto continuasse a vivere in un mondo ultraterreno. Per questo motivo si deponevano nelle tombe cibo, vasellame, suppellettili ed altri oggetti che sarebbero serviti al defunto nella vita nell’aldilà (come gli strumenti di lavoro) o che rappresentavano la sua condizione da vivo (come gioielli, cosmetici, armi). Fino all’VIII secolo a.C., era diffusa la pratica di deporre le ceneri del defunto in urne cinerarie [cfr. FONTE cap. 21]. Successivamente furono edificate tombe molto simili nella struttura e nelle decorazioni alle abitazioni cittadine. Questi monumenti funebri, che giunsero a straordinari livelli di splendore, erano solitamente riuniti a formare vere e proprie “città dei morti” (le necropoli, dal greco nekròs, ‘morto’, e pòlis, ‘città’), spesso esterne alle mura di cinta urbane, orG dinate nella topografia e attraversate da strade. z zGuida allo studio nia, Vulci, Vetulonia, Roselle, Populonia, Volsinii (Orvieto), Chiusi, Perugia, Arezzo, Volterra. L’espansione territoriale A partire dal VI secolo a.C. in concomitanza con l’instaurarsi dei governi oligarchici [cfr. 21.2], si ebbe una intensa espansione territoriale, che avvenne per lo più in forma pacifica, attraverso trattati stipulati con le popolazioni dei territori occupati. L’espansione si diresse sia verso nordest, andando a comprendere vaste aree della Pianura padana, lungo la Valle del Po, sia verso sud, dove furono sottomessi i popoli che abitavano l’area costiera tirrenica, l’entroterra del Lazio e della Campania. Nei nuovi territori furono fondate nuove città, specialmente sulle coste, sia sul Tirreno sia sull’Adriatico. Sulle coste adriatiche, in particolare, il porto di Spina divenne un centro di primaria importanza per i traffici commerciali con le popolazioni del Mediterraneo orientale. Il declino Gli Etruschi giunsero così a occupare una posizione chiave negli scambi commerciali mediterranei, in competizione con i Greci e i Fenici, con i quali non mancarono duri scontri. Gli Etruschi, an- Area dell’influenza etrusca nel VI sec. a.C. 1. Evidenzia i caratteri culturali e religiosi che testimoniano il processo di ellenizzazione della società etrusca. 2. Crea un link tra il testo e le immagini riprodotte a p. 202, sottolineando una parola chiave e tutte le informazioni ad essa collegate. Gli Etruschi cominciarono, intorno al VI secolo a.C., a espandere il proprio dominio sia verso nord-est, giungendo a controllare i passi appenninici tra Emilia e Toscana e la Pianura padana, sia verso sud, giungendo a controllare tutta la fascia costiera tirrenica e un’ampia parte dell’entroterra Etruria fino alla Campania. Potendo Area di influenza etrusca contare su una flotta potente, (nel VI sec. a.C.) per gran parte del VI secolo a.C. dominarono il Mar Tirreno Dodecàpoli e posero alcune importanti Città sotto l’influenza basi commerciali in Corsica. 21.4 Dallo splendore al declino etrusca Battaglie Mantova Po Piacenza Adria Spina Liguri Ravenna M Bologna Marzabotto Arno Volterra CORSICA Arezzo Cortona Vetulonia ISOLA Roselle D’ELBA Vulci Alalìa (540 a.C.) T IC O Sanniti Osci o rn Latini T IA ltu Vo R R Veio Sabini Roma A D Perugia Chiusi Umbri Bolsena Tarquinia Cerveteri M A ni Populonia R Fiesole ce MAR LIGURE A Pi 203 Veneti Melzo ere Tev Un sistema di città-Stato Tra IX e VIII secolo a.C. gli Etruschi furono impegnati a consolidare i propri domìni sui territori corrispondenti alla Toscana, a una piccola porzione del Lazio settentrionale e all’Umbria occidentale [cfr. 21.2]. Le numerose città, fondate in questi territori, sorsero principalmente in prossimità della costa, in una posizione favorevole agli scambi commerciali e assunsero presto una posizione di rilievo nel contesto dei traffici marittimi: non è un caso, infatti, che la denominazione “Mare Tirreno” derivi dal termine “Tirreni”, con il quale i Greci erano soliti indicare gli Etruschi. Come abbiamo detto, gli Etruschi non formarono mai un regno unitario, ma si organizzarono in cittàStato autonome. Tra il VII e il VI secolo a.C. queste città si costituirono in leghe, rette da patti di collaborazione e di alleanza. La confederazione più importante era la Dodecàpoli (unione di ‘dodici città’), che riuniva le città di Cere (Cerveteri), Veio, Tarqui- IR R E Capua N O Cuma (474 a.C.) Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 204 I F CUS unità 8 Alle origini di Roma La necropoli etrusca e il culto dei morti L’offerta della coppa, metà V sec. a.C. [part. degli affreschi della Tomba dei Leopardi, Museo Nazionale, Tarquinia] Gli Etruschi credevano che il defunto continuasse la propria esistenza anche dopo la morte, e per questa ragione gli tributavano una degna sepoltura e una serie di onori funebri. Secondo la religiosità etrusca il morto veniva accompagnato nell’oltretomba da due spiriti, la dea Vanth – solitamente rappresentata con grandi ali e una torcia in mano – e Charun – un demone deforme armato di un grande martello, da cui sarebbe derivato Caronte, il traghettatore infernale dei Romani. Il defunto era trasportato in un mondo privo di luce, in cui le anime soffrivano per il ricordo della vita terrena e delle sue gioie; compito dei parenti era dunque quello di alleviare le pene dell’estinto, mediante offerte e sacrifici rituali, oltre che con la costruzione di una tomba confortevole. Si spiega così il fatto che le tomberispecchiassero le caratteristiche della dimora e della posizione sociale che erano stati propri del defunto in vita. Nel caso dei personaggi più in vista, la tomba era arricchita da dipinti di pregio che rappresentavano giochi ginnici, danze, banchetti pubblici, vale a dire tutti quegli eventi propri della vita aristocratica. Anche il corredo funebre rifletteva la condizione sociale dell’estinto: con lui venivano sepolti alcuni beni personali, come gioielli, vestiti e armi nel caso degli uomini, monili e oggetti per la cura del corpo nel caso delle donne. Più semplici e scarne erano invece le sepolture destinate ai ceti meno abbienti. Da quanto detto, appare chiaro che la costruzione di una tomba rappresentava per gli Etruschi un mezzo di affermazione del prestigio sociale e politico. Le sepolture etrusche vennero organizzate in luoghi separati dall’abitato, le necropoli. Dopo un primo periodo caratterizzato dalla presenza di tradizionali tombe a pozzo o a fossa, si affermò, a partire dal VII secolo a.C., un altro tipo di tomba, anch’esso ipogeo (vale a dire scavato sottoterra), detto tomba a camera. La tomba a camera era composta da un ambiente principale, cui si accedeva mediante un lungo corridoio interno (dròmos), e da vani laterali più piccoli. (a destra) Un gruppo di tombe a tumulo, VI sec. a.C. [necropoli della Banditaccia, Cerveteri] (a sinistra) Tombe «a dado» della necropoli della Banditaccia, VI sec. a.C. [Cerveteri] 204 Se non era possibile lo scavo sotterraneo, si provvedeva all’edificazione di una tomba a tumulo, ovvero una costruzione in pietra ricoperta di terra e pietrisco, tale da assumere l’aspetto di un’altura artificiale, che in alcuni casi poteva raggiungere un diametro di trenta metri. In genere all’interno di una medesima tomba venivano seppelliti i coniugi e i familiari più stretti; col tempo, attorno alla prima tomba iniziarono a raggrupparsi altre camere che accoglievano le spoglie di più generazioni successive appartenenti alla stessa famiglia. Nel corso del VI secolo a.C. iniziano ad essere documentate anche tombe a dado. Si tratta di semplici stanze realizzate una vicina all’altra e raggruppate in modo tale che le necropoli assumono un aspetto ordinato di tipo urbano, con vie e isolati. Queste tombe sono considerate come l’indicazione dell’affermarsi di un nuovo ceto, arricchitosi grazie al commercio. Lo sviluppo dei diversi tipi di tombe è stato osservato soprattutto in quelle necropoli utilizzate continuativamente per diversi secoli. Tra esse, la principale è quella della Banditaccia, situata su un’altura tufacea a nord-est di Cerveteri (in provincia di Roma), che con i suoi dieci ettari di estensione e le sue oltre 400 sepolture costruite tra il IX e il III secolo a.C. costituisce una delle più estese necropoli etrusche. Nel 2004 le necropoli di Cerveteri e Tarquinia sono state dichiarate dall’Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) patrimonio artistico dell’umanità e come tale sono tutelate. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 04/02/09 17:10 Pagina 205 I capitolo 21 La civiltà etrusca Statua di guerriero, VI sec. a.C. [da Monte Santo, Todi; Museo Gregoriano Etrusco, Città del Vaticano, Roma] Gli intensi scambi commerciali e culturali che gli Etruschi intrattenevano con le altre popolazioni del mondo antico sono chiaramente evidenziati da questo bronzo, il cosiddetto Marte di Todi: il modello culturale e stilistico rimanda alla scultura greca, ma con una concezione del corpo e una rudezza del volto tipicamente italiche; l’iscrizione posta sulla corazza (Ahal Trutitis dunum dede, «Ahala Trutizio diede in dono»), invece, è in lingua umbra, con grafia etrusca, e fa riferimento a un facoltoso personaggio dal nome celtico. Il guerriero con la sinistra si appoggia a una lancia, con la destra offre forse una coppa agli dèi. capitolo21 Autoverifica 1. Indica con una crocetta se le affermazioni seguenti sono vere o false: a. La lingua etrusca era di origine indoeuropea e aveva numerosi elementi in comune con quelle parlate in Italia nel I millennio a.C. n vero n falso b. Inizialmente nelle città etrusche il potere politico, giudiziario e militare era gestito da un’unica figura, il lucumòne, membro dell’aristocrazia urbana. n vero n falso che a causa della forte frammentazione politica e territoriale, furono più volte sconfitti: nel 540 a.C. ad Alalìa, in Corsica, dalla flotta dei Greci della Focide, che avevano fondato la colonia corsa nel VI secolo a.C.; nel 474 a.C. a Cuma dalla flotta guidata da Gerone, tiranno di Siracusa. Nel corso del V secolo a.C. le città etrusche cominciarono a perdere prestigio e potere e dovettero rinunciare sia al dominio sul mare, sia a molti dei territori conquistati: la Campania tornò sotto il dominio di Greci e Sanniti e il Lazio fu sottomesso da Roma, una città che stava, intanto, rafforzandosi ed espandendosi. Nel IV secolo a.C. i Celti occuparono tutta la Pianura padana, che fu così sottratta al controllo etrusco. Infine l’Etruria stessa fu invasa dalle legioni romane e G perdette definitivamente la propria autonomia. z zGuida allo studio 1. Sovrapponi alla carta di p. 203 una carta delle attuali regioni d’Italia e scopri in quali di esse è possibile trovare tracce della civiltà etrusca. 2. Sottolinea nel paragrafo le risposte alle seguenti domande: a. In che modo gli Etruschi estesero i propri domini in Italia? b. Perché gli Etruschi entrarono in competizione con Greci e Fenici? c. Che cosa provocò il declino della civiltà etrusca? Soluzioni a p. 361 c. Le divinità etrusche sono rappresentate sotto sembianze animali o di altri elementi della natura; d. Messa per iscritto della lingua etrusca; e. Costruzione di edifici in muratura; f. Sepoltura dei defunti entro urne cinerarie; g. Antropomorfizzazione delle divinità. In origine (IX-VIII secolo a.C.) Dopo l’VIII secolo a.C. c. Alle donne etrusche di elevata condizione sociale era permesso prendere parte a banchetti ed assistere a spettacoli pubblici. n vero n falso d. Le città etrusche non formarono mai uno Stato unitario ma si costituirono in leghe, rette da patti di collaborazione e di alleanza. n vero n falso e. L’allargamento del numero dei partecipanti alla vita politica delle città coincise con la fine del processo espansionistico degli Etruschi n vero n falso in Italia. 2. Per sintetizzare le trasformazioni culturali che interessarono la civiltà etrusca completa la tabella inserendovi le frasi o le espressioni elencate: a. Sepolture dei defunti in tombe simili alle abitazioni cittadine; b. Processo di aggregazione dei villaggi etruschi presenti sul territorio; Scegli ora, tra i seguenti eventi, quello che ha a tuo avviso innescato le trasformazioni culturali verificatesi dopo l’VIII secolo a.C.: a. Intensi contatti con i Greci e i Fenici presenti in Italia; b. Ascesa sociale e politica di mercanti e artigiani; c. Formazione di uno Stato centralizzato. 205 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 206 22 LE ORIGINI DI ROMA 22.1 La fondazione di Roma: archeologia e leggenda Tradizione e testimonianze archeologiche Secondo la tradizione sviluppatasi a partire dal III secolo a.C., Roma fu fondata nel 753 a.C. dai Latini, popolazione di origine indoeuropea stanziata nell’odierno Lazio almeno dal X secolo a.C. Non si può dire con esattezza come si sia formato il nucleo originario della città; i ritrovamenti archeologici e le numerose leggende, sorte in tempi successivi alla fondazione per nobilitarne le origini, consentono comunque di delineare un quadro abbastanza attendibile della vicenda. Secondo la documentazione archeologica, i sette colli (Aventino, Palatino, Quirinale, Viminale, Celio, Esquilino, Campidoglio) che rappresentano il nucleo iniziale della città di Roma ospitavano già nel X secolo a.C. piccoli villaggi di pastori e agricoltori. Il corso del Tevere garantiva l’accesso al mare e favoriva il commercio ad ampio raggio, tanto più che proprio in prossimità del colle Palatino il fiume, diviso dall’Isola Tiberina, risultava facilmente guadabile. Fu forse per questo motivo che il villaggio posto su tale colle godette di particolare fortuna. È ai suoi piedi che i rilievi archeologici mostrano, intorno al 730 a.C., la presenza di una fortificazione difensiva comune, segno che i villaggi sparsi sui sette colli si erano uniti. La leggendaria discendenza troiana La leggenda coincide con i dati forniti dagli archeologi in merito alla datazione e ai luoghi in cui sorse la città, ma collega la fondazione di Roma agli eventi della guerra di Troia e al volere degli dèi. Essa narra che, dopo la caduta di Troia‡ , Enea, figlio della dea Venere e del nobile troiano Anchise, giunse attraverso lunghe peregrinazioni in Italia. Il figlio di Enea, Ascanio, fondò la città di Alba Longa sui Colli Albani e ne divenne il primo re; alcune generazioni più tardi uno dei suoi successori, Numitore, fu cacciato dal trono dal fratello Amulio. Per evitare future rivendicazioni del trono, l’usurpatore costrinse l’unica figlia di Numitore, Silvia, a divenire sacerdotessa della dea Vesta, ruolo che imponeva la castità per 30 anni. Romolo e Remo Tuttavia il dio della guerra, Marte, si invaghì della fanciulla, nota secondo la tradizione come Rea Silvia, che da lui ebbe due gemelli, Romolo e Remo. Amulio ordinò che essi fossero gettati nel Tevere, ma i due neonati furono salvati da una lupa, che li allattò finché furono trovati e adottati dal pastore Faustolo. Divenuti adulti, Romolo e Remo uccisero Amulio e riportarono sul trono Numitore; quindi decisero di fondare una nuova città, sul luogo in cui erano stati ritrovati. Trassero pertanto gli auspìci osservando il volo degli uccelli, secondo la tradizione etrusca [cfr. 21.3], per capire chi dei due fosse stato prescelto dagli dèi per fondare la città. Il responso favorì Romolo, che si accinse a tracciare con l’aratro i confini della città, ma Remo, in segno di sfida, oltrepassò il solco G e il fratello, adirato, lo uccise. z 206 zGuida allo studio 1. Evidenzia nel testo le testimonianze che permettono agli storici di ricostruire le origini della città di Roma. 2. Ricostruisci sul tuo quaderno l’albero genealogico di Romolo e Remo, tramandatoci dalla leggenda, utilizzando tutti i nomi elencati: Numitore, Venere, Enea, Rea Silvia, Anchise, Amulio, Marte, Ascanio. link‡ L’ultimo anno della guerra di Troia è narrato nell’Iliade, un poema epico greco che la tradizione antica attribuisce ad Omero [cfr. 10.2]. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 207 I capitolo 22 Le origini di Roma Repubblica / Dal latino res publica, letteralmente ‘cosa di tutti’. Nell’ordinamento repubblicano il potere non appartiene al sovrano ma alla comunità dei cittadini, che sceglie, secondo meccanismi e procedure di vario tipo, i propri rappresentanti per gestire il governo. una FONTE scritta 22.2 Il funzionamento della monarchia Le prerogative del re Roma alle sue origini era una città-Stato governata da un re, il quale rimaneva in carica fino alla morte. Secondo la tradizione l’istituzione monarchica fu in vigore dal 753 a.C. al 509 a.C., quando venne istituita la repubblica. Il potere del re non era ereditario, né assoluto: egli era eletto dai capi delle famiglie più illustri che gli affidavano poteri importanti, primo fra tutti l’imperium, ossia il supremo comando dell’esercito e il controllo della sicurezza interna, che comprendeva anche il diritto di vita e di morte sui cittadini. Il re, inoltre, curava l’amministrazione dei beni della città, poteva emanare disposizioni vincolanti per l’intera comunità e ricopriva cariche religiose. Nell’esercizio di tali poteri egli era affiancato e controllato dalle assemblee dei cittadini, i comizi curiati, e dal Senato. La suddivisione in tribù Per comprendere le funzioni dei comizi curiati e del Senato, dobbiamo anzitutto tener conto della composizione di queste due unafontescritta La fondazione di Roma Autore: Tito Livio Titolo: Storia di Roma, I, 6-7 Secondo la tradizione, la fondazione di Roma sarebbe avvenuta il 21 aprile del 753 a.C. Ma come e da chi fu fondata la città? Sin dall’antichità gli storici hanno cercato di dare delle risposte a questi interrogativi. Ecco il racconto di Tito Livio, uno dei principali storici romani del I secolo a.C., autore di una monumentale Storia di Roma, dove si narrano le vicende dalle origini dell’Urbe fino al regno di Augusto (I, 6-7): Affidato così a Numitore il governo di Alba, Romolo e Remo furono presi dal desiderio di fondare una città in quei luoghi dove erano stati esposti [abbandonati] e allevati. Vi era popolazione esuberante tra gli Albani e i Latini; vi si aggiungevano poi i pastori, e tutta questa gente faceva sicuramente sperare che piccola sa- Epoca: I secolo a.C. Lingua: Latino rebbe stata Alba, piccola Lavinio in confronto a quella città che si stava per fondare. Fra tali pensieri sopraggiunse un avito malanno, la cupidigia del regno, che da un pacifico inizio fece sorgere una triste contesa. Poiché erano gemelli e non vi era il diritto dell’età [in base al quale il maggiore avrebbe avuto diritto al trono] che potesse stabilire una distinzione, affinché gli dèi protettori di quei luoghi per mezzo di segni augurali scegliessero chi doveva dare il nome alla nuova città, e una volta fondata tenerne il governo, occuparono Romolo il Palatino e Remo l’Aventino come sede per l’osservazione degli auspici. Si dice che a Remo per primo si sia presentato l’augurio, sei avvoltoi; e quando questo era stato già annunciato essendo apparso a Romolo un numero doppio, l’uno e l’altro furono acclamati come re dai loro seguaci: gli uni reclamavano il regno in base alla priorità dell’augurio, gli altri in base al numero degli uccelli. Scoppiata quindi una rissa, nel calore dell’ira si volsero al sangue, e colpito in mezzo alla folla Remo cadde. È versione più diffusa che in segno di scherno verso il fratello Remo abbia varcato d’un salto le recenti mura, e sia poi stato ucciso da Romolo irato, il quale avrebbe aggiunto queste parole di monito: «Questa sorte avrà chiunque altro oltrepasserà le mie mura». Così Romolo rimase il solo padrone del potere, e la nuova città prese il nome del fondatore. [Tito Livio, Storie, a cura di L. Perelli, Utet, Torino 1974, vol. I] Lavora con i documenti 1. Indica, con una crocetta, gli aspetti della civiltà romana sui quali è possibile ricavare informazioni dalla lettura del brano di Livio, e spiegane brevemente il motivo sul tuo quaderno: n L’economia locale perché ............................. n Le popolazioni e le città del Lazio perché ............................. n Il culto dei morti perché ............................. n La religione e le pratiche divinatorie perché ............................. n L’organizzazione politica di Roma perché ............................. n La conformazione del territorio perché ............................. n I riti di fondazione di una città perché ............................. 2. Dividi il testo nelle cinque parti seguenti e attribuisci un titolo a ciascuna di esse: a. Dall’inizio fino a «...che si stava per fondare» b. Da «Fra tali pensieri...» a «...osservazione degli auspici» c. Da «Si dice che...» a «...in base al numero degli uccelli» d. Da «Scoppiata quindi...» a «... Remo cadde» e. Da «È versione più diffusa...» a «...nome del fondatore» 3. Rispondi ora alle seguenti domande: a. Quando è stato scritto il documento di Tito Livio? È contemporaneo o successivo alla fondazione di Roma? b. Qual era, a tuo avviso, l’intento dello storico Livio nel narrare il mito di fondazione di Roma? c. Lo storico mostra distanza o scetticismo nei confronti dei fatti narrati? d. Quale funzione riveste, a tuo avviso, il fratricidio nel racconto delle origini di Roma? 207 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 208 I unità 8 Alle origini di Roma assemblee. Per convenzione, a Romolo è attribuita la suddivisione della comunità romana in tre tribù. Ogni tribù era formata da 10 raggruppamenti più piccoli, le curie, le quali servivano anche da base di reclutamento dell’esercito; ciascuna di esse doveva infatti fornire dieci cavalieri e cento fanti (la cosiddetta centuria). I comizi curiati e il Senato I comizi curiati, quindi, riunivano i cittadini divisi per curie e avevano il compito di eleggere i senatori e di dichiarare guerra. In realtà, non si trattava di tutti i cittadini, ma solo dei rappresentanti dei gruppi familiari più antichi e importanti di Roma, le gentes (plurale del termine latino gens, ‘gente, stirpe’). Il Senato (dal latino senex, ‘vecchio’) era l’assemblea degli anziani, ossia dei capi delle gentes, e aveva una funzione consultiva nei confronti del sovrano che essi eleggevano. Gli appartenenti alle gentes formavano una ristretta aristocrazia, cioè un ceto privilegiato che controllava la vita politica cittadina; questo gruppo veniva indicato anche con il nome di patrizi. Il patriziato costituiva dunque un’aristocrazia per nascita; coloro i quali non appartenevano alle famiglie patrizie, ovvero la maggioranza della popolazione, erano detti plebei ed erano esclusi dal goG verno della città. z zGuida allo studio 1. Sviluppa il titolo del primo sottoparagrafo, elencando a margine del testo le prerogative dei re di Roma. 2. Completa lo schema seguente relativo alla suddivisione della popolazione di Roma in tribù e curie: a. Numero di tribù: .......................................................... b. Ogni tribù era composta da ................................. curie c. Numero complessivo di curie ...................................... d. Ogni curia forniva all’esercito ..................................... cavalieri e ..................................... fanti. e. L’esercito era formato complessivamente da ............. ......................................................................................... 3. Sottolinea nel testo con due colori diversi le funzioni dei comizi curiati e del Senato. link‡ conto fantastico, le imprese attribuite ai sette re coincidono sostanzialmente con i risultati degli studi archeologici e testimoniano, dalla fine dell’VIII secolo a.C., una progressiva espansione territoriale di Roma, un perfezionamento dell’organizzazione politica e sociale, un ampliamento e un abbellimento della città e una notevole evoluzione della società, il tutto nel quadro di rapporti assai stretti sia con i Sabini che con gli Etruschi. Da Romolo ad Anco Marzio A Romolo, oltre alla fondazione della città, fu attribuita la fusione dei Latini con i Sabini‡ , narrata dalla leggenda del “ratto delle Sabine”. I primi abitanti di Roma, tutti uomini, avrebbero invitato i vicini Sabini a visitare la città e ad assistere a uno spettacolo, quindi avrebbero rapito le loro donne facendone le proprie spose. La guerra tra i due popoli sarebbe stata evitata grazie all’intervento delle donne e Romolo, in segno di pacificazione, avrebbe associato al trono il sovrano sabino Tito Tazio. Sabino del resto fu il re che venne dopo Romolo, Numa Pompilio, al quale è attribuita l’istituzione di nuovi culti, la creazione degli uffici sacerdotali e la definizione del calendario. Tullo Ostilio, di madre sabina e di padre latino, avrebbe avviato invece il processo di espansione territoriale di Roma, conquistando Alba Longa. Ancora alla guerra si sarebbe dedicato il sabino Anco Marzio che, secondo la tradizione, conquistò l’area costiera intorno a Ostia e vi fondò una colonia, permettendo a Roma di intensificare i propri traffici comLago di Bracciano Et Il territorio di Roma in età monarchica Durante il periodo monarchico l’espansione territoriale di Roma fu piuttosto limitata ma significativa. La città infatti era riuscita ad assumere il controllo del corso del Tevere, strategico per i commerci nell’area. ria ala S Sabini ia ru V Mentana sc hi Cere I Sabini erano una popolazione del gruppo osco-umbro, stanziata nell’area di Terni e di Rieti, a nordest di Roma [cfr. 20.4]. Veio Equi ien An Tivoli e Roma Lago Regillo Saline Tever e Ostia 22.3 I sette re di Roma M Tradizione e verità storiche Secondo la tradizione, Romolo fu il primo dei sette re che governarono Roma dall’anno della fondazione, il 753 a.C., all’anno di istituzione della repubblica, il 509 a.C. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una leggenda che unisce elementi di realtà ad altri di fantasia. Di certo, ad esempio, non furono solo sette i sovrani a succedersi sul trono romano in quasi duecentocinquant’anni; tuttavia, alcuni elementi coincidono con la realtà storica. Seppure rielaborate in un rac- 208 A Lago di Albano Alba Longa Lavinio Tuscolo Ernici Monti Albani Lanuvio R T Preneste Latini Signa Anagnia Sa Velletri cco Cora IR Ardea R E Pomezia N O Norba Volsci Paludi Pontine Anzio Territorio di Roma durante l’età dei re (secoli VIII-VI a.C.) Principali vie commerciali Attuale estensione del delta del Tevere Circeo Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 209 I capitolo 22 Le origini di Roma merciali; questo sovrano avrebbe fatto costruire il primo ponte sul Tevere, il ponte Sublicio, usando solo legno e corde, e probabilmente anche le prime mura della città. Da Tarquinio Prisco a Tarquinio il Superbo Tarquinio Prisco, sovrano di origine etrusca, segnerebbe la fase in cui Roma entrò a far parte dell’area di influenza etrusca. Egli si sarebbe impegnato principalmente nella realizzazione di opere pubbliche, tra le quali la Cloaca Maxima, un avanzato sistema fognario che permise anche di bonificare l’area tra il colle Palatino e il Campidoglio; qui venne edificato il Foro, l’area pubblica dove si svolgevano gli affari civili ed economici. Tarquinio Prisco avrebbe, inoltre, elevato il numero dei senatori da 100 a 200, mentre il suo successore, il latino Servio Tullio, avrebbe introdotto l’esercito oplitico, che le pòleis greche avevano adottato con risultati molto soddisfacenti [cfr. 11.3]. Secondo la tradizione, peraltro, Servio Tullio elaborò un nuovo modello di organizzazione della società per censo; il nuovo ordinamento, detto centuriato, si fondava sull’unità di base dell’esercito, la centuria Secondo alcuni studiosi è da attribuirsi al re Numa Pompilio l’istituzione delle vestali, le sacerdotesse di Vesta, scelte dalle migliori famiglie, che costituivano un collegio all’interno di quello dei pontefici. Il loro compito era quello Mura serviane di tenere acceso Cloaca Maxima il fuoco sacro area soggetta alla dea, senza a inondazioni interruzioni. 1 Portus Tiberinus 2 Foro Boario 3 Tempio di Giove Ottimo Massimo 4 Foro 5 Ara Maxima 6 Regia (residenza dei re) 7 Ponte Sublicio ale Vi mi na le Qu irin Campo Marzio 3 Isola Tiberina Te v 4 6 2 1 Palatino 5 ere 7 o lin ito p Ca Aventino io sp Ci Oppio Esquilino Celio zGuida allo studio 1. Elenca il nome dei leggendari sette re di Roma. 2. Evidenzia le principali trasformazioni politiche e sociali che hanno interessato Roma durante il periodo della monarchia. 22.4 La caduta della monarchia Statua raffigurante una vestale, III sec. d.C. [casa delle vestali nel Foro Romano, Roma] Roma arcaica (età monarchica) (cento uomini), e dipendeva dalla capacità del singolo cittadino di contribuire alla difesa della città, acquistando l’equipaggiamento militare. L’ordinamento centuriato, in realtà, fu piuttosto il prodotto di un processo lungo che interessò i primi secoli della storia della repubblica romana. Nel tempo, infatti, l’assemblea dei comizi curiati (di estrazione gentilizia) venne sostituita da un’assemblea composta dai cittadini in grado di armarsi, i centuriati appunto. A Servio Tullio è inoltre attribuita la costruzione di una nuova e più ampia cinta di mura. All’ultimo re, l’etrusco Tarquinio il Superbo, è attribuito infine un regime dispotico e crudele che avrebbe suscitato la reazione dei Romani, che nel 509 a.C. lo avrebbero perciò cacciato, istiG tuendo la repubblica. z La leggenda di Lucrezia Quando e perché cadde la monarchia a Roma? Secondo la leggenda, l’aristocrazia romana, già esasperata dalla politica repressiva di Tarquinio il Superbo, sarebbe stata fortemente scandalizzata dallo stupro che il figlio del re avrebbe commesso su Lucrezia, una nobildonna romana. Lucrezia avrebbe provato una tale vergogna per la violenza subìta che si sarebbe uccisa; per vendicarla il marito della donna, Lucio Tarquinio Collatino, e gli uomini della sua famiglia, con la collaborazione di altri patrizi romani, avrebbero preso le armi e cacciato il re. Il senso delle leggende La leggenda di Lucrezia, così come quella di Romolo e Remo [cfr. 22.1], è indubbiamente frutto della fantasia di un popolo che, secoli dopo, immaginò la propria storia come un nobile racconto, ricco di interventi divini e di atti eroici. Non a caso Romolo e Remo erano discendenti di Enea, figlio di Venere e principe troiano: in questo modo si attribuiva l’origine di Roma a individui eccezionali che avevano agito secondo il volere degli dèi e si istituiva una continuità tra la cultura greca e quella romana. Anche Lucrezia non era che un simbolo della castità delle donne romane e, soprattutto, della superiorità morale dei Romani rispetto agli Etruschi. La realtà storica La vicenda di Lucrezia, tuttavia, nasconde alcune verità storiche assai interessanti, a 209 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 210 I F CUS unità 8 Alle origini di Roma Le prime forme di scrittura a Roma “Cippo del Foro”, anche detto Lapis niger, VI sec. a.C. L’uso del latino come lingua letteraria è un fenomeno piuttosto tardo nella storia di Roma. Secondo la tradizione, la prima testimonianza in questo senso è datata al 240 a.C., quando per la prima volta, cinquecento anni dopo la fondazione della città, un testo drammatico venne rappresentato in pubblico. Autore ne era, non a caso, uno schiavo liberato di cultura greca: Livio Andronico. Il patrimonio letterario precedente, narrazioni e poesie trasmesse in forma orale, non ha lasciato traccia. Molteplici sono invece le testimonianze scritte di natura non letteraria relative alla storia arcaica di Roma. Ad esse, dunque, è necessario rivolgersi per conoscere le prime forme di scrittura a Roma. La diffusione della scrittura nell’Italia centrale è strettamente legata all’influenza della colonizzazione greca nell’VIII secolo a.C. L’alfabeto latino deriva infatti da quello greco occidentale diffuso tra gli abitanti delle prime colonie in Italia meridionale, le città campane di Pithecussai (Ischia) e Cuma. Alcuni elementi rendono evidente un qualche influsso degli Etruschi, che erano stanziati anche in Campania, in questo processo di trasmissione: in latino, ad esempio, il nome Gaio veniva abbreviato in C. e in etrusco esisteva un unico suono per la C e la G; l’abbreviazione è dunque una forma “sopravvissuta”, risalente a un periodo nel quale i Latini non distinguevano, nella scrittura, tra le due consonanti. Base di offerta votiva, nota come Lapis satricanus, VI sec. a.C. 210 Le testimonianze più antiche di scrittura latina risalgono tuttavia al VI secolo a.C. e, come accennavamo, non si tratta di testi letterari ma di frasi con una funzione pratica scritte su un vaso o incise su un supporto di pietra (epigrafi). In queste prime iscrizioni esistono notevoli variazioni nei caratteri, poiché evidentemente non esistevano ancora precise norme di scrittura. Persino l’andamento della scrittura poteva variare: a volte era da destra a sinistra, altre volte da sinistra a destra, altre volte ancora era di tipo bustrofedico, cioè le linee di scrittura andavano alternativamente da sinistra a destra e da destra a sinistra, allo stesso modo in cui si volgono i buoi durante l’aratura (è questo il significato letterale del termine “bustrofedico”). La presenza di iscrizioni, anche se brevi, su contenitori di uso privato e religioso come i vasi, dimostra che la capacità di lettura nel VI secolo a.C. doveva essere ormai abbastanza diffusa, almeno tra le classi più ricche. Lo stesso si può dire per la casta sacerdotale, poiché le epigrafi più antiche che ci sono pervenute sono in prevalenza di carattere sacro. Una di queste è il “Cippo del Foro”, così detto perché rinvenuto nel Foro romano. Il cippo1 è noto impropriamente anche come Lapis niger (‘pietra nera’), poiché è stato ritrovato sotto una pavimentazione in marmo nero. Inoltre, di una «pietra nera» all’interno del Comitium, nel Foro, riferivano le fonti antiche, che descrivevano tale “pietra” come segnacolo di un luogo funesto, forse la tomba di Romolo. Gli studiosi oggi tendono ad identificare il luogo di rinvenimento del cippo con un piccolo santuario, forse dedicato a un re. L’iscrizione è comunque la più antica di carattere monumentale in latino, datata al 575550 a.C. È realizzata sui quattro lati di un cippo in tufo conservato solo par- zialmente. La sua lettura e l’interpretazione sono pertanto problematiche. La parte meglio comprensibile sembra essere una maledizione rivolta a chi avesse intenzione di violare la sacralità del luogo. Un’altra iscrizione molto antica, datata alla fine del VI secolo a.C., è il Lapis satricanus (‘pietra di Sàtrico’), così chiamata perché rinvenuta durante lo scavo archeologico di un tempio vicino all’antica città di Satricum, nel Lazio meridionale. Anche questa iscrizione è dunque relativa ad un contesto sacro. Si tratta di una pietra che costituiva verosimilmente la base per offerte votive alla divinità del tempio; il testo dell’iscrizione, di carattere frammentario, è infatti una dedica a Marte di un dono votivo: «i compagni di Publio Valerio dedicarono a Marte». L’iscrizione è interessante anche per alcuni riferimenti storici in essa contenuti: si ritiene infatti che il Publio Valerio citato sia Publio Valerio Publicola, console di Roma nel 509 a.C., dunque uno dei primi consoli dopo la caduta della monarchia. Nel VI secolo a.C. la scrittura venne sicuramente usata per siglare alcuni trattati fatti dai Romani con altri popoli, ma solo lentamente essa venne utilizzata per atti pubblici che interessavano tutta la popolazione. Evidentemente, mantenere le leggi in forma orale faceva comodo a chi deteneva il potere, che le poteva così interpretare più liberamente a proprio vantaggio. Non a caso, la messa per iscritto delle leggi delle Dodici Tavole nel 451450 a.C. rappresentò un’importante conquista per i plebei. 1. Colonna o pilastro, in genere di pietra e non molto alto, usato come monumento funerario oppure sacro ma anche per designare un confine. Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 211 I capitolo 22 Le origini di Roma partire dalla data in cui il governo monarchico fu sostituito con la repubblica. Analizzando le fonti si nota, infatti, che proprio intorno al 510 a.C. la figura del re scomparve e il governo fu affidato a due magistrati la cui carica durava solo un anno. La monarchia fu soppressa non tanto per la presenza di re etruschi (lo stesso marito di Lucrezia, come si evince dal nome, doveva avere origini etrusche), quanto perché gli ultimi sovrani, troppo autoritari e propensi a rendere la propria carica ereditaria, incontrarono la dura opposizione dei membri del Se- capitolo22 Autoverifica zGuida allo studio 1. Cerchia una parola o un’espressione chiave che sintetizzi la leggenda di Lucrezia. 2. Verbalizza il titolo del secondo sottoparagrafo scegliendo, tra quelli elencati, il titolo a tuo avviso più convincente: Le leggende tacciono sulle origini di Roma; I Romani inventano una nobile origine; I racconti leggendari rispecchiano la realtà storica. Soluzioni a p. 361 e. La soppressione della monarchia fu causata dall’opposizione dei patrizi alla politica autoritaria degli ultimi sovrani. n vero n falso 1. Indica con una crocetta se le affermazioni seguenti sono vere o false: a. L’unione dei villaggi che sorgevano sui sette colli avvenne molti secoli dopo il 753 a.C., l’anno in cui secondo la leggenda fu fondata n vero n falso Roma. 2. Completa la tabella relativa alle origini e ai provvedimenti principali intrapresi dai leggendari sette re di Roma, inserendo nelle apposite caselle i termini o le espressioni elencate: b. Il potere dei re di Roma era ereditario e non era limitato da nessun altro organo politico. n vero n falso a. Definizione del calendario; b. Tullo Ostilio; c. Etrusco; d. Servio Tullio; e. Introduzione del modello centuriato; f. Costruzione del primo ponte sul Tevere e probabilmente anche delle prime mura della città; g. Fusione dei Latini con i Sabini; h. Anco Marzio; i. Realizzazione di opere pubbliche, tra le quali la Cloaca Maxima e il Foro; j. Di madre sabina e di padre latino; k. Tarquinio il Superbo; l. Figlio di Marte e Rea Silvia. c. Ognuna delle tre tribù, in cui era divisa la popolazione romana, forn vero n falso niva all’esercito dieci cavalieri e cento fanti. d. L’ordinamento centuriato dipendeva dalla capacità di ogni cittadino di contribuire alla difesa della città, acquistando l’equipaggiamento militare. n vero n falso Origine nato e in genere dei patrizi, che reclamavano una G maggiore partecipazione alla vita politica. z Re Provvedimenti principali .............................................................................. Romolo Fondazione della città; ........................................ Sabino Numa Pompilio .............................................................................. .............................................................................. .............................................................................. Avvio del processo di espansione territoriale di Roma, con la conquista di Alba Longa. Sabino .............................................................................. Conquista dell’area costiera intorno a Ostia; ..... .............................................................................. .............................................................................. Tarquinio Prisco .....................................................; innalzamento del numero dei senatori da 100 a 200. Latino .............................................................................. ........................................................; costruzione di una nuova e più ampia cinta muraria. Etrusco .............................................................................. Instaurazione di un regime dispotico e crudele. 211 Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 212 unità PER FARE IL PUNT 8 SINTESI LE POPOLAZIONI PREROMANE L’Europa rimase a lungo in una condizione di profonda arretratezza rispetto alle aree più sviluppate del Vicino Oriente e dell’Africa settentrionale: solo nel III millennio a.C., e molto lentamente, essa uscì dal Neolitico, mentre fino al I millennio a.C. non è attestata la presenza di civiltà evolute. La Penisola italiana, per il clima e la favorevole posizione geografica, fu una delle aree europee più intensamente abitate. Le migrazioni indoeuropee trasformarono profondamente i caratteri delle popolazioni preesistenti e facilitarono importanti scambi con le più progredite civiltà mediterranee. In Italia si svilupparono civiltà evolute, sia autoctone, come i Liguri e i Sardi, sia di origine indoeuropea, come i Villanoviani, i Latini e i Celti; nell’Italia meridionale si stanziarono popolazioni di origine illirica, come gli Iàpigi, oltre ai Greci e ai Fenici. LA CIVILTÀ ETRUSCA La civiltà preromana che ha lasciato più intensa traccia di sé è quella etrusca. Tra l’VIII e il V secolo a.C. gli Etruschi dominarono gran parte dell’Italia centrale, spingendosi fino alla Pianura padana e alla Campania. Gli studiosi, sin dall’antichità, si sono a lungo interrogati su quale fosse l’origine di questo popolo. Oggi si ritiene che, con molta probabilità, gli Etruschi fossero una popolazione autoctona, fortemente influenzata dai molti contatti con i Greci e i Fenici. Gli Etruschi si organizzarono in città-Stato autonome e tra loro confederate, senza tuttavia raggiungere mai una vera e propria unità politica. Esse erano governate in una prima fase da sovrani, chiamati lucumòni, successivamente dal ceto aristocratico. Assai fiorenti furono l’artigianato e il commercio, al punto che presto gli Etruschi si imposero nel Mediterraneo, entrando in attrito con i molti rivali che contendevano loro il controllo delle rotte marittime (come i Greci e i Fenici) e dei territori della Penisola italiana (come i Romani e i Celti). LA NASCITA DI ROMA Secondo la tradizione, Roma fu fondata nel 753 a.C. È probabile che la città si sia formata dalla fusione dei piccoli villaggi posti sulle colline in prossimità del Tevere e che si sia data originariamente l’organizzazione politica di una città-Stato, governata da un re. Secondo il mito, il fondatore di Roma sarebbe stato Romolo, discendente del principe troiano Enea, mentre sul trono si sarebbero succeduti sette re, figure per lo più leggendarie. Il re era affiancato dal Senato, un’assemblea formata dagli anziani capi delle gentes (i gruppi familiari più antichi e prestigiosi di Roma); il compito di eleggere i senatori e di dichiarare guerra spettava ai cittadini riuniti nei comizi curiati; in realtà non si trattava di tutti i cittadini, ma solo dei rappresentanti delle gentes. Esisteva dunque un ristretto gruppo di persone, nobili per nascita, che deteneva il potere: i patrizi; il resto della popolazione costituiva invece la plebe. In seguito alla riforma che secondo la tradizione sarebbe stata portata a compimento dal re Servio Tullio, l’assemblea dei comizi curiati fu lentamente sostituita da quella dei centuriati, ovvero i cittadini-soldati che, anche se non di estrazione aristocratica, erano in grado di armarsi e difendere la città. Sul finire del VI secolo a.C. Roma mutò il proprio sistema politico da monarchico a repubblicano: al re furono sostituiti due magistrati, che rimanevano in carica solo un anno. ESERCIZI LA COMPRENSIONE 1. Segna con una crocetta l’opzione che ritieni corretta: 1. Gli Iàpigi, antichi abitanti della Puglia, erano di origine... a. italica; b. celtica; c. illirica; d. germanica. 2. Le iscrizioni rinvenute in lingua etrusca sono prevalentemente... a. testi poetici e narrativi; b. epigrafi funerarie o a scopo votivo; c. scritti privati; d. testi di carattere giuridico e amministrativo. 212 3. A partire dall’VIII secolo a.C., la religione etrusca diventò... a. politeista antropomorfa; b. animista; c. monoteista; d. politeista zoomorfa. 4. Secondo la leggenda, l’origine di Roma viene fatta risalire a... a. l’eroe acheo Ulisse; b. Lucrezia; c. gli artefici del ratto delle Sabine; d. l’eroe troiano Enea. 5. Il Senato romano era composto da... a. i capi dei gruppi familiari più antichi e importanti di Roma; b. solo dai cittadini romani che avevano raggiunto la maggiore età; c. uomini e donne che appartenevano al patriziato romano; Budriesi1_Parte_03_8.QXP:Budriesi1_Parte_03-8 02/02/09 11:02 Pagina 213 d. i rappresentanti delle trenta tribù in cui era divisa la popolazione di Roma. 6. I sette re che secondo la leggenda governarono Roma erano... a. tutti discendenti di Romolo; b. contrari all’espansione territoriale della città; c. di varia origine: latina, sabina e etrusca; d. appartenenti all’aristocrazia militare. 2. Indica sulla carta dell’Italia le città e i luoghi di insediamento dei popoli elencati: Popoli: Etruschi, Popoli italici, Greci, Fenici; Città: Veio, Populonia, Spina, Alalìa, Cuma, Roma, Siracusa, Pithecussai. Rappresenta quindi con delle frecce il processo di espansione della civiltà etrusca, tra il VII e il V secolo a.C. 3. Collega ciascun termine con la definizione corrispondente. a. Bardi b. Druidi c. Sinecismo d. Lucumòne e. Àuguri f. Necropoli g. Aruspicìna h. Plebei i. Imperium j. Patrizi 1. Cittadini romani esclusi originariamente dal governo della città. 2. Processo di aggregazione attraverso il quale gli abitanti dei piccoli centri etruschi dispersi sul territorio fondarono insediamenti più grandi. 3. Letteralmente ‘città dei morti’ che, presso gli Etruschi, erano ordinate nella topografia e attraversate da strade. 4. Supremo comando dell’esercito e controllo della sicurezza interna. 5. Deteneva il potere politico, giudiziario e militare nelle città etrusche. 6. Esponenti delle famiglie più antiche e nobili di Roma. 7. Poeti cantori che celebravano le gesta degli eroi e dei personaggi della mitologia celtica. 8. Sacerdoti etruschi esperti nelle pratiche divinatorie. 9. Pratica divinatoria che consisteva nell’esame delle viscere degli animali offerti in sacrificio alle divinità. 10. Svolgevano oltre ai riti religiosi anche importanti funzioni giudiziarie. L’ANALISI 4. Completa le frasi seguenti con i termini elencati. Attenzione! Ci sono quattro termini che non devi utilizzare. Collega quindi ciascuna affermazione con la fonte che serve ad avvalorarla: c. Nella società .............................. le donne godevano di un notevole prestigio sociale; (n. ...) d. Gli Etruschi credevano nella ..................... dopo la morte; (n. ...) e. I villaggi sparsi sui sette colli che costituiscono il nucleo iniziale della città di ............ si unirono intorno alla metà del ........; (n. ...) Fonti: 1. Complessità, dimensioni e organizzazione spaziale delle costruzioni sopraelevate rinvenute in Veneto, Lombardia ed Emilia; 2. I rilievi archeologici mostrano, intorno al 730 a.C., la presenza di una fortificazione difensiva comune ai piedi del Palatino; 3. Lo studio onomastico rivela che gli individui erano designati attraverso l’indicazione del nome del padre e della madre; 4. Presenza di cibo, vasellame e suppellettili nelle tombe; 5. Ceramiche micenee rinvenute lungo le coste pugliesi e campane. 5. Confronta nella tabella le caratteristiche principali delle popolazioni elencate. Sviluppa quindi i dati riportati in un breve testo espositivo. Celti Etruschi Romani Area e periodo di diffusione: Attività economica prevalente: Organizzazione politica: Struttura della società: Lingua: Rapporti con i popoli confinanti: Produzione artistica e culturale: 6. Per analizzare il significato e la funzione dei racconti leggendari nella cultura romana, completa la tabella rispondendo alle domande riportate nella prima colonna: Romolo Ratto Lucrezia e Remo delle Sabine Di che cosa parla il racconto? Chi sono i personaggi principali? Quali caratteristiche possiedono? A chi è attribuito il ruolo di antagonista? Quale avvenimento storico è raccontato dalla leggenda? VIII secolo a.C.; Cerveteri; Terramare; celtica; Roma; reincarnazione; XVI secolo a.C.; etrusca; vita ultraterrena; II millennio a.C. Che analogie e differenze vi sono tra la leggenda e la realtà storica? a. Le popolazioni appenniniche entrarono in contatto, fin dal ........ ..................., con i Greci; (n. ...) b. Le popolazioni della civiltà delle ......................... (cumuli di terra ricchi di sostanze organiche) possedevano un livello di sviluppo culturale e tecnologico avanzato; (n. ...) Quale immagine dei Romani emerge dal racconto? 213