MARKETING E PUBBLICITA’ (Dott. Massimo Monti) COMUNICAZIONE INTERNA In ogni organizzazione un ruolo di cruciale importanza è rivestito dalla "comunicazione", in quanto ogni sistema organizzativo si fonda sulle relazioni ed interazioni fra i vari attori sociali che lo compongono. Essenziale è che la comunicazione riesca a coinvolgere gli individui/lavoratori sulla vision aziendale e la conseguente mission: un buon servizio o un buon prodotto possono essere percepiti come tali solo se i dipendenti ne sono a loro volta convinti, in quanto sulla base di una positiva immagine interna diventa più probabile un analogo recepimento da parte di pubblici esterni. Siamo nell'ambito della "comunicazione interna", quel tipo di comunicazione che un'organizzazione rivolge ai propri collaboratori ed in quanto tale rappresenta una prima forma di pubblicità per l'impresa se gestita in modo efficace. In particolare la comunicazione interna innesca il processo di socializzazione al lavoro attraverso il quale i singoli membri aderiscono alla cultura organizzativa, ne assorbono i valori, accrescono motivazione e commitment. La socializzazione al lavoro permette da una parte un maggior benessere lavorativo per l'individuo, dall'altra la possibilità per l'organizzazione di pianificare progetti più ambiziosi di gestione delle risorse umane. Come il nostro Sé (Hermans), mediante il linguaggio, si costruisce attraverso la comunicazione interna tra il nostro Io e il nostro Me, così il macro-individuo "organizzazione" implementa la propria identità sul dialogo tra le varie posizioni presenti e, conseguentemente, sulla comunicazione interna. Strumento ideale per potenziare tale comunicazione è l'house organ, giornale aziendale che fornisce ai dipendenti informazioni sull'azienda, sui risultati raggiunti e sul mercato. L'house organ è efficace se riesce ad interessare per i suoi contenuti e, soprattutto, se è capace di coinvolgere il personale in un processo di avvicinamento e conoscenza della cultura d'impresa. Per quanto espresso è chiaro che chi si occupa della redazione del periodico dovrà esser estremamente forbito su clima aziendale, aspettative del personale, percezioni che i dipendenti hanno delle strategie dell'organizzazione. Essendo strumento di comunicazione interna, l'house organ verterà essenzialmente sul contesto in cui la vita lavorativa ha il suo svolgimento quotidiano. Centrale è l'identificazione del dipendente con l'azienda, il suo nome, la sua fotografia; Ciò produce senso di appartenenza, credibilità, incentivo alla motivazione. COMUNICAZIONE INTERNA IN SITUAZIONE DI CRISI Comprendere in anticipo gli scenari socio-economici con cui l'organizzazione ha a che fare è di tale difficoltà che una crisi aziendale non può essere considerata più un evento straordinario ma piuttosto qualcosa di integrante la normalità di gestione d'azienda. Di fatto la crisi aziendale è l'esito di un anomalo errato? - adattamento dell'organizzazione al suo ambiente di riferimento, che pone in pericolo il "cuore" dell'attività aziendale. Sia che si tratti di eventi esterni - crisi della domanda, disposizioni legislative che impongono onerosi investimenti, eventi inaspettati e catastrofici (ben conosciuti dai nostri connazionali) quali terremoti o alluvioni - che si tratti di eventi interni - crisi strategiche di investimento, errori compiuti nell'individuazione di caratteristiche del marchio o dell'impresa, squilibri tra costi e rendimenti - sta di fatto che la crisi determina la distruzione della visione condivisa che i membri dell'organizzazione avevano della situazione prima della sua insorgenza. Tale condizione determina incertezza non solo sul presente, ma ancor più sul futuro con la conseguenza di aumentare la conflittualità all'interno dell'impresa. Una crisi può essere all'occaso utile a rimettere in moto energie organizzative dimenticate e ad accumulare esperienze che si riveleranno utili per il futuro. Ciò sempre che non si proceda tentando di ripristinare le condizioni precedenti o adottare strategie magari una volta dimostratesi funzionali ma non più adeguate; bisogna piuttosto tentare nuove vie, improntate al "cambiamento", che consentano un ricarico di energia organizzativa, un ripensamento circa gli obiettivi, una riformulazione per migliorare l'efficienza. Si comprende di conseguenza l'importanza della comunicazione interna come veicolo d'identificazione con il brand aziendale e prima grande forma - cementificatrice di senso di appartenenza di pubblicità . In tal senso un house organ aziendale, in una strategia comunicativa interna, dovrà puntare su una definizione presupposta positiva della situazione, emancipare prospettive future all'azione dell'organizzazione, creare nuove aspettative motivanti. COMUNICAZIONE ESTERNA IN SITUAZIONE DI CRISI Una crisi organizzativa può potenzialmente cogliere impreparati manager e addetti alla comunicazione, ed i suoi effetti possono tanto più amplificarsi e lasciare importanti ferite quanto più lentamente si mettono in moto i processi di riparazione sia di crisis management che di crisis communication. La minaccia di una crisi può essere altresì solo avvertita o ipotizzabile; in questo caso va ripristinato un corretto flusso comunicativo sia verso l'interno (personale, collaboratori) che verso l'esterno (pubblici di riferimento). La gestione di una crisi, identificarne e fronteggiarne sintomi o conseguenze, richiede alta capacità organizzativa; non è pensabile improvvisare ma è invece determinante pianificare strategie adeguate e introdurre le giuste soluzioni per recuperare il consenso degli stakeholder. L'efficacia della strategia di comunicazione risiede anzitutto nella conoscenza dei propri interlocutori; ogni pubblico è portatore di interessi, emozioni, motivazioni e valori diversi, ed è pertanto fondamentale chiedersi chi siano i destinatari del processo di crisis communication perché ciò sarà alla base dell'orientamento informativo dell'organizzazione. E' inoltre basilare cogliere i feedback di ritorno per costruire o ricostruire una credibilità di brand, partendo dall'acquisizione che la credibilità organizzativa si fonda su una "relazione": non più una caratteristica implicita della fonte, ma un attributo che viene riconosciuto alla stessa dai destinatari della comunicazione. Di nuovo, dunque, la comunicazione è pietra miliare: laddove non si comunica non c'è relazione e, conseguentemente, non esiste nessuno a cui attribuire credibilità. La natura relazionale della credibilità consente che essa possa essere trasferita ad altro soggetto che si porrà come garante della credibilità di un altro; così, nella comunicazione pubblicitaria, un personaggio presterà la propria immagine come testimonial per promuovere un prodotto, garantendolo al pubblico, trasmettendo su di esso la propria credibilità. NUOVE VIE DI PERSUASIONE IN PUBBLICITA' Negli ultimi tempi le strategie pubblicitarie, da sempre permeate su rappresentazioni positive della realtà, hanno intrapreso la via di un'estetica dell'imperfezione, intesa non solo a livello fisico ma anche morale, ove il bello ha un valore sempre più relativo ed il "difetto" viene invece ostentato. Ciò in quanto il difetto esiste sia come dettaglio destabilizzante che come segno distintivo di identificazione; il difetto serve ad aggiungere significati impliciti al brand - che si vada dalle zampe di gallina per cui votarsi a un cosmetico anti-rughe all'esagerata aggressività delle donne Breil fino all'idiozia del tipo che martella e sbatacchia la sua automobile per farla assomigliare a una Peugeot - con i valori che vengono trasferiti sull'immagine della marca. L'uso dell'imperfezione prende dunque i contorni di una strategia che ha come fondamento il contrapporsi ad un mondo perfetto e irreale proponendo, all'occaso, un mondo più vero, reale, proposta di realismo che ovviamente viene trasferita anche al prodotto in quanto, mostrando la verità, si vuole dimostrare di voler anche "dire" la verità. Un bel ring tra "apparire" ed "essere". Ciò in quanto la pubblicità ha per scopo l'obiettivo di "colpire": i buoni sentimenti sono ormai rari nel cinismo della nostra esistenza; la rappresentazione in negativo diviene quindi una vera e propria strategia persuasiva. La comunicazione dei mass media, per essere efficace, deve essere in grado di familiarizzare con il consumatore; ma non tutte le armi della persuasione sono adattabili alla pubblicità. Ad esempio lo psicologo Robert Cialdini - celebre per varie strategie di vendita quali il "colpo basso" - ha inserito tra le strategie persuasive in pubblicità la "reciprocità"; ma nella pubblicità televisiva è impossibile ricevere un omaggio o un assaggio del prodotto pubblicizzato. E nello stesso tempo egli non menziona l'"antipatia"; eppure, se ci pensiamo, essa verte su due meccanismi psicologici importanti: la maggior percezione degli stimoli negativi che possiamo avere per effetto contrasto, nonché l'abbandono del già citato "bello" o "buono" in favore di una pubblicità più vera e verosimile. Del resto ormai sappiamo che il nostro sistema neuronale è correlato all'attivazione "pubblicitaria"; ricercatori californiani hanno per esempio voluto provare a misurare l'impatto emotivo delle pubblicità. A dei volontari è stata mostrata una serie di spot televisivi in onda durante la finale del campionato di football americano; i risultati hanno mostrato la stessa area neuronale osservata per l'empatia delle emozioni altrui. Da questa via torniamo alla citata "antipatia" nel senso di associazione negativa: lo stimolo negativo che può essere, in pubblicità, riferito al protagonista dello spot, all'antagonista o persino all'intera situazione, ma mai al prodotto, crea un effetto contrasto che fa sembrare quest'ultimo migliore. Di fatto l'attenzione di solito posta alla pubblicità è involontaria o passiva e così la strategia di richiamo all'attenzione medesima sembra essere sempre più imperniata all'imprevisto, alla sorpresa; la novità e la complessità sono in grado di catturare maggiormente l'interesse del pubblico, capitalizzando la curiosità tipica di tutti gli esseri umani. Molto è dovuto alla percezione, quel meccanismo che ci fa consapevoli del mondo esterno. Esistono classi di stimoli che possono rendere il processo percettivo più probabile e, in particolare, le informazioni negative attraggono l'attenzione in maniera automatica, non foss'altro che per permettere al nostro organismo di difendersi da stimoli avvertiti come pericolosi. Così, paradossalmente, anche laddove il consumatore arrivi a detestare uno spot è probabile che, facendo shopping, finisca per ricordarsi proprio quella marca dimenticando l'irritazione provata nei confronti dello spot. Possiamo parlare in tal senso di "catarsi pubblicitaria". Lo stesso public service advertising (pubblicità di pubblica utilità), di cui fa parte la cosiddetta pubblicità sociale, va a pescare nel marketing for profit principi, canali e strategie per porli al servizio di una finalità diversa. Se si pensa, ad esempio, alla "Pubblicità Progresso" nazionale, possiamo constatare che almeno tre elementi sono mutuati dal commercial marketing: associare l'ottemperanza ad un dovere civile ed umanitario ad un epilogo felice (happy end); il "passaggio all'azione", per cui un messaggio che auspica un cambiamento comportamentale deve contenere obiettivi ben riconoscibili e finanche misurabili, in modo che tramite la rilevazione dei cambiamenti di comportamento del target cui il messaggio è destinato sia possibile desumere l'efficacia della strategia comunicativa e del suo effetto persuasorio; il "prezzo da pagare", la comprensione cioè, nello scambio di marketing, di quali siano i costi percepibili dal destinatario - in termini di autostima, paura, perdita di tempo, complicanze psicologiche, ecc. - e se tali costi possono essere d'ostacolo all'adozione del comportamento suggerito. IL BLOG AZIENDALE PER UNA COMUNICAZIONE INTEGRATA Con il passaggio, dovuto in particolare alla globalizzazione, dal marketing product oriented, incentrato sui prodotti, al marketing brand oriented, incentrato sulla marca e i suoi valori, il web, che precedentemente era la corrispondenza online della brochure aziendale cartacea, è diventato strumento di gestione della marca, abile come è nel fare interfacciare tutti i poli del brand management, cioè azienda, mercato, valori e consumatori. Possiamo distinguere per struttura: il blog, una sorta di diario online, autoreferenziale per ciò che concerne il suo contenuto e con una veste discorsiva asciutta, simile alla comunicazione via sms; il notebook, caratterizzato da una comunicazione più riflessiva del precedente ed in cui vi è un intreccio di elementi autoreferenziali ed elementi esterni; il filter , particolare tipo di blog in cui il blogger si racconta attraverso la navigazione, è chiamato a mostrarsi credibile dal punto di vista informativo e deve dimostrarsi competente e ricettivo alle richieste degli internauti. Discorso a sé stante va fatto per il Klog (Knowledge blog), che è un importante strumento di supporto all'intranet organizzativo per la gestione dei progetti d'impresa. In particolare il telelavoro valorizza il Klog, "dove ad un rigido management che comunica e gestisce si sostituisce una rete senza centro, dove tutti collaborano e comunicano" (Cortini); i processi di commitment organizzativi sono enormemente facilitati dal fatto che i lavoratori diventano co-partecipi dell'azione del management. I blog possono anche essere sfruttati in termini di strumento non direttamente funzionale al marketing, in una logica di ricerca di mercato indirizzata ad avere informazioni sul target, sia esso il singolo utente così come ampie frange di popolazione. Questi strumenti sono chiamati in gergo plog e sono capaci di archiviare i nostri gusti, permettendo al blogger d'impresa di effettuare comunicazioni personali. Per concludere , il blog rappresenta uno strumento altamente strategico per il management, nell'ottica di comunicazione integrata, che consente la gestione a basso costo della produzione interna e del profitto attraverso la commercializzazione esterna.