Metalli, tossicità e stress ossidativo Autori: Valko M., Morris H., Cronin MT. Facoltà di chimica e tecnologia alimentare, Università Tecnica Slovacca, SK-812 37 Bratislava, Repubblica Slovacca e-mail: [email protected] È già noto che il metallo induce tossicità e cancerosità accentuando la formazione e il ruolo delle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto. La presenza di metalli di transizione nella formazione di radicali liberi causa diverse modificazioni nelle basi del DNA, accrescendo la perossidazione lipidica e alterando il calcio e l’omeostasi sulfidrile. I perossidi lipidici formati dall’attacco di radicali su residui di acidi grassi polinsaturi di fosfolipidi possono in seguito reagire con metalli ossido-riduttivi, portando malondialdeide mutagena e cancerogena, 4-idrossinonenale e altri addotti del DNA esociclici (addotti etheno e/o propano). Mentre il ferro (Fe), il rame (Cu), il cromo (Cr), il vanadio (V) e il cobalto (Co) sono sottoposti a reazioni cicliche di ossidazione e riduzione, per un secondo gruppo di metalli come il mercurio (Hg), il cadmio (Cd) e il nickel (Ni) la via principale per la loro tossicità è l’esaurimento del glutatione e il legame con gruppi sulfidrili di proteine. Dell’arsenico (As) si sa che si lega direttamente a tioli critici, anche se sono stati messi in evidenza altri meccanismi, che includono la formazione di perossido idrogeno in determinate condizioni fisiologiche. Il fattore comune per la determinazione della tossicità e della cancerosità per tutti questi metalli è la formazione di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto. Meccanismi comuni, che includono la reazione Fenton, la formazione del radicale superossido e del radicale idrossile sembrano coinvolgere il ferro, il rame, il cromo, il vanadio e il cobalto fondamentalmente in associazione con mitocondri, microsomi e perossisomi.Tuttavia una recente scoperta ha dimostrato che il limite superiore dei “livelli liberi” del rame è molto minore di un singolo atomo per cellula, cosa che rende dubbioso il ruolo in vivo del rame nella reazione Fenton per la formazione di radicali liberi. L’ossido nitrico (NO) sembra essere una concausa dei danni al DNA indotti dall’arsenito e dell’inibizione per escissione di pirimidina. Numerosi studi hanno confermato che i metalli attivano vie segnali e l’effetto cancerogeno dei metalli è legato soprattutto all’attivazione di fattori di trascrizione ossido-riduttivi sensibili, tra cui NF-KappaB, AP-1 e p53. Gli antiossidanti (sia enzimatici che non enzimatici) sono dei protettori contro attacchi deleteri di radicali liberi dovuti alla presenza di metalli di transizione. Si è visto che la vitamina E insieme alla melatonina possono prevenire la maggior parte dei danni derivanti dai metalli di transizione (ferro, rame, cadmio) sia nei sistemi in vitro che in animali arricchiti di metalli. Studi sulla tossicità comprendenti anche il cromo hanno dimostrato che la capacità protettiva della vitamina E contro la perossidazione lipidica può essere associata sia al livello di antiossidanti non enzimatici che all’attività di antiossidanti enzimatici. Tuttavia un recentissimo studio epidemiologico ha messo in evidenza che una quantità giornaliera di vitamina E maggiore di 400 IU aumenta il rischio di decesso e deve essere evitata. Mentre studi precedenti avevano indicato un effetto deleterio pro-ossidante della vitamina C (ascorbato) in presenza di ferro (o rame), risultati recenti hanno dimostrato che anche in presenza di ferro ossidoriduttivo attivo (o rame) e di perossido idrogeno, l’ascorbato si comporta come un antiossidante, prevenendo la perossidazione lipidica e non favorisce l’ossidazione proteica in vitro su umani. Risultati sperimentali hanno inoltre dimostrato l’esistenza di un legame fra il vanadio e lo stress ossidativo nell’etiologia diabetica. Nell’etiologia del morbo di Alzheimer sono stati inoltre materia di studio l’impatto dello zinco (Zn) sul sistema immunitario, la capacità dello zinco di agire come antiossidante per ridurre lo stress ossidativo e il ruolo neuroprotettore e neurodegenerativo dello zinco (e del rame). Quest’articolo riassume le recenti scoperte sulla formazione di radicali liberi indotta da metalli e il ruolo dello stress ossidativo nella cancerosità e tossicità da metalli. Metalli, tossicità e stress ossidativo File in pdf dalla rista “Current Medicinal Chemistry” del 2005, Vol. 12, nr. 10, pag. 1201 […]… il rame interagendo con Aβ può impedire la formazione indotta Cu-Aβ del perossido idrogeno e dei radicali liberi. D’altra parte un attivatore dovuto a fattori endogeni (genetici) ed esogeni (per esempio ambiente) risulta nello stress ossidativo e nitrosativo che alternativamente porta a un metabolismo anormale di Aβ insieme a un riempimento incontrollato di livelli di zinco vescicolare [472]. Di conseguenza mentre bassi livelli di zinco proteggono dalla tossicità Aβ, un eccesso di zinco rilasciato da ossidanti può attivare morti neuronali indipendenti, ma anche sinergici all’effetto tossico di Aβ. Questa conclusione è in linea con altri studi, i quali documentano che maggiori concentrazioni di zinco, che si legano ad Aβ, fanno precipitare Aβ al di sopra di un’ampia variazione di pH (6 – 8) [471]. Si è dimostrato che il legame dello zinco, che preserva la conformazione ad α-elica di Aβ (140) e lo stato altamente conforme e ordinato di Aβ (1-40) sopra il legame dello zinco si pùò considerare come un produttore di aggregati Aβ tossici e fibrillari. Di conseguenza le risposte infiammatorie/immunologiche sulla quantità di Aβ non solubile sono la distruzione dell’omeostasi di zinco seguita dal rilascio incontrollato di zinco cerebrale, tipica dello stress ossidativo. Si può ipotizzare che in condizioni fisiologiche normali esista un equilibrio sensibile fra zinco, rame e metabolismo Aβ. Tuttavia lo stress ossidativo e nitrosativo può alterare questo equilibrio portando a un aumento incontrollato di zinco e alla deposizione di amilode. Un accumulo incontrollato di zinco o di Aβ può portare a stress ossidativo e a citotossicità indotti dallo zinco e da Aβ di transizione. Conclusioni L’estratto succitato riporta un punto di vista sul ruolo dei metalli che inducono tossicità e cancerosi. I risultati evidenziano che i metalli tossici e cancerogeni sono in grado di interagire con proteine nucleari e con il DNA, causando danni in siti specifici. Il danno “diretto” può portare a cambiamenti della conformazione di biomolecole in base al metallo coordinato, mentre il danno “indiretto” è una conseguenza innescata dal metallo della formazione di specie di ossigeno reattivo e di specie di azoto reattivo, che includono il superosside e i radicali idrossidi, l’ossido nitrico, il perossido idrogeno e/o altri ossidanti endogeni. Si sa che i metalli attivano vie segnali. Il cadmio in base a studi sulla carcinogenesi si è visto che porta a induzione di geni di risposta veloce (IEGs), a geni di risposta allo stress e all’attivazione di fattori di trascrizione. L’effetto cancerogeno di certi altri metalli è legato all’attivazione di fattori di trascrizione ossido-riduttivi sensibili. Questi includono NF-κB, AP-1 e p53. Il cromo (VI) si è visto che induce l’attivazione di NF-κB tramite Cr(V)/Cr(VI) di transizione, che genera radicali idrossidi. Le specie di cromo (VI) inoltre stimolano Ap-1. Per esempio il nickel induce risposte allergiche e ipersensibilità della pelle se legato all’attivazione di NF-κB. Inoltre è stato dimostrato che il nickel induce il fattore inducibile dell’ipossia 1 (HIF-1) e mutazioni con p53. La formazione di radicali liberi come risultato della tossicità da metallo può causare danni al DNA, perossidazione lipidica e modificare l’omeostasi sulfidrile. Si è visto che anche alterazioni dell’omeostasi di calcio come metallo di transizione provocano danni alle membrane, portando all’attivazione di diversi sistemi calcio dipendenti incluse endonucleasi. Tuttavia il ruolo preciso del calcio e la sua relazione con gli ioni metallici intracellulari di transizione, in particolare con il ferro, necessita di ulteriori approfondimenti. La formazione di radicali liberi indotta da metallo è molto più evidente con il ferro e il rame (ambedue elementi essenziali) che non con il nickel, il cromo e il cadmio, tutti e tre metalli cancerogeni ben conosciuti. Meccanismi comuni nella reazione Fenton, che portano alla generazione di superossidi e radicali liberi, sembrerebbero coinvolgere ferro, rame, cromo, vanadio e cobalto (Me = metallo). Me(n+1)+ + O2 Men+ + O2 2O2 + 2H+ H2O2 + O2 Men+ + H2O2 Me(n+1)+ OH OH (reazione Fenton) (27) (28) (29) Traduzione descrizioni figura 5: vie dello stress ossidativo indotto da metallo superoxide generating systems eˉ = superossido che genera sistemi eˉ hydroxyl radical ˉOH = radicale idrossile ˉOH singlet oxygen 1O2 = ossigeno molecolare 1O2 metal-peroxo [Me-OO] = perossidazione del metallo [Me-OO] lipid peroxidation = perossidazione lipidica cancer = cancro DNA damage = danno al DNA gene activation = attivazione del gene DNA repair mechanisms = meccanismi di riparazione del DNA repaired DNA = DNA riparato File in pdf dalla rista “Current Medicinal Chemistry” del 2005, Vol. 12, nr. 10, pag. 1202 Le reazioni Fenton sono prevalentemente associate ai mitocondri, ai microsomi e ai perossisomi. Considerando il rame come un metallo che partecipa alla chimica Fenton in vivo, si può ritenere corretta una recente scoperta che ha dimostrato che il limite superiore dei livelli “liberi” del rame è molto inferiore di un singolo atomo per cellula. Questo suggerisce una supercapacità significativa di “rimozione” [N.d.T.]1 del rame nella cellula. Studi con altri tipi di metalli inclusi mercurio, cadmio, nickel, hanno dimostrato che la via principale per la loro tossicità è l’esaurimento del glutatione e il legame con gruppi sulfidrili di proteine. Dell’arsenico si sa che si lega direttamente a tioli critici, anche se è stato messo in evidenza un altro meccanismo che include la formazione di perossido idrogeno per ossidazione di As(III) in As(V) in determinate condizioni fisiologiche. L’ossido nitrico sembra essere una concausa dei danni al DNA indotti dall’arsenito e dell’inibizione per escissione di pirimidina. Il collegamento più convincente fra i danni ossidativi e la carcinogenesi deriva dalla mutageneticità delle basi del DNA, dove le modificazioni sono dovute all’attacco di radicali liberi in presenza di metalli di transizione. La formazione di radicali liberi in presenza di metalli di transizione causa una varietà di modificazioni alle basi del DNA. Dato che molte di queste modificazioni delle basi del DNA sono pro-mutagene, esiste un legame forte fra danno ossidativo e carcinogenesi da metalli. Alcuni metalli cancerogeni, inclusi Cd, As, Ni, si sa che inibiscono i meccanismi di riparazione del DNA. I maggiori effetti ossidativi nel DNA accertati, con esperimenti di esposizione a metalli 1 [N.d.T.] Il termine “Chelation” in letteratura in genere viene lasciato in inglese. Il termine chelation viene dalla parola “chele” e allude alla funzione di questa innovativa terapia che è quella di andare a rimuovere e raccogliere tutti i materiali dannosi che si depositano lungo le pareti dei vasi sanguigni. Questa terapia è stata introdotta di recente nel nostro Paese mentre gode già di buona fama nei Paesi anglosassoni. tossici effettuati su cellule e su animali da esperimento, hanno evidenziato modificazioni di basi (Cr, Ni), cross-linking [N.d.T]2 (Ni, Fe e ossidante, Cu e ossidante), scissione del filamento (Cd, Ni, Cr e ossidante) e depurinazione (Cr, Cu, Ni). Diverse vie di stress ossidativo e di cencerogenesi indotti da metalli sono esposti nella figura 5. La capacità dello zinco come antiossidante per ridurre lo stress ossidativo può essere dovuta a (i) protezione dei gruppi sulfidrili di proteine ed enzimi contro l’ossidazione e (ii) riduzione della formazione di radicali idrossili da perossido idrogeno tramite prevenzione della formazione di radicali liberi (opposizione ai metalli di transizione ossido-riduttivi attivi). Lo zinco inoltre interagisce con componenti del sistema immunitario. Il ruolo dello zinco nell’etiologia del morbo di Alzheimer è molto incerto; è stato dimostrato che un accumulo incontrollato di zinco e del peptide ß-amiloide (Aß) può portare a stress ossidativo e a citotossicità indotti dallo zinco e da Aß di transizione. Numerosi antiossidanti (sia enzimatici che non enzimatici) sono dei protettori contro attacchi deleteri di radicali liberi in presenza di metalli di transizione. In genere gli antiossidanti possono proteggere dalla tossicità da ferro tramite (i) rimozione dello ione ferro e prevenendo la reazione con ossigeno molecolare o perossidi, (ii) rimozione del ferro e mantenimento dello stesso in uno stato ossido-riduttivo, che rende il ferro incapace di ridurre l’ossigeno molecolare e (iii) intrappolando qualsiasi radicale formato. Una delle principali ed efficaci classi di antiossidanti sono i composti tioli specialmente il glutatione, che protegge significativamente intrappolando i radicali, riducendo i perossidi e mantenendo lo stato ossido-riduttivo della cellula. L’antiossidante non enzimatico vitamina E può prevenire la maggior parte dei danni da metalli di transizione (ferro, rame, cadmio) sia nei sistemi in vitro che in animali arricchiti di metalli (ferro, rame, cadmio). Tuttavia un recentissimo studio epidemiologico ha messo in evidenza che una quantità giornaliera di vitamina E in dosi maggiori di 400 IU aumenta il rischio di decesso e deve essere evitata. Studi sulla tossicità comprendenti anche il cromo hanno dimostrato che la capacità protettiva della vitamina E contro la perossidazione lipidica può essere associata sia a livello di antiossidanti non enzimatici che all’attività di antiossidanti enzimatici. Mentre numerosi studi in vitro avevano indicato un effetto deleterio pro-ossidante dell’ascorbato in presenza di ferro o rame, numerosi altri studi hanno confermato sia in cavie animali che umane, che sul DNA non c’è un evidente aumento del danno ossidativo dovuto all’effetto combinato fra ferro (o rame) e l’ascorbato. I risultati hanno dimostrato che anche in presenza di ferro ossido-riduttivo (o rame) e perossido idrogeno, l’ascorbato agisce come un antiossidante, prevenendo la perossidazione lipidica e non favorendo l’ossidazione proteica in vitro su umani. In conclusione nella fase di conoscenza attuale il ruolo dei metalli sui sistemi biologici indica che l’aumento di formazione di radicali liberi e di altre specie reattive può essere considerato come un normale fattore nella determinazione della tossicità e cancerosità indotta da metalli. RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano il Trust Leverhulme per il riconoscimento di una sovvenzione denominata Exchange Grant (F/00754/B), che ha contribuito a rendere possibile la produzione di questo studio. Inoltre ringraziano VEGA (1/2450/05) e APVT (20-005702) per il supporto economico. 2 [N.d.T.] Il termine “cross-linking” in letteratura viene lasciato in inglese. Significa “collegamento incrociato” ABBREVIAZIONI OFR = radicali liberi per effetto dell’ossigeno ROS = specie reattive dell’ossigeno NF-ĸß = fattore nucleare kappa ß AP-1, = attivatore proteina-1 MDA = malondialdeide HNE = 4-idrossinonenale LDL = lipoproteine a bassa densità HDL = lipoproteine a elevata densità Aß = peptide ß-amiloide MTF-1 = fattore di trascrizione MFT-1 8-OH-dG = 8-idrossi-2’deossiguanosina HIF-1 = fattore inducibile dell’ipossia 1 TNF-α = fattore di necrosi tumorale – α PKC = Proteina chinasi C Hsp = proteina da shock termico Asc = Ascorbato SOD = Dismutazione dei superossidi LIP = livello di ferro labile EDTA = acido etilendiamintetraacetico NTA = acido nitrilotriacetico