Il tempio sul fiume Savone, a Montanaro di Sparanise di Stanislao

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Il tempio sul fiume Savone,
a Montanaro di Sparanise
di Stanislao Raffaele Femiano
Collana: I Quaderni
Di Stanislao Raffaele Femiano
Edito da www.comunedipignataro.it
Via Gramsci, Pignataro Maggiore (CE)
Rilasciato sotto licenza Creative Commons by-nc-nd/2.5
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/
Anno 2006
Sommario
SOMMARIO..................................................................................................................................................................... 3
LA COLLOCAZIONE DEL LUOGO DI CULTO ....................................................................................................... 5
LA DEVOZIONE PER DEMETRA ............................................................................................................................... 6
LE STRUTTURE DEL SANTUARIO............................................................................................................................ 7
PLANIMETRIA E PROFILO ALTIMETRICO DEL SANTUARIO......................................................................... 9
I DEPOSITI VOTIVI ..................................................................................................................................................... 10
La collocazione del luogo di culto
Nei pressi di Montanaro, nel territorio di Teano, lungo il fiume Savone, tra Sparanise e
Teano, in località Ruozzo, si conserva un ricchissimo luogo di culto antico.
Il tempio si rinvenne alcuni anni fa, grazie al ritrovamento in superficie di oggetti d’oro; in
seguito è stato solo sporadicamente scavato e con scarso metodo scientifico, al punto che
la ricerca è consistita nella spoliazione dei materiali e al reinterro frettoloso delle
imponenti strutture murarie.
Il santuario si trova su un ampio colle pianeggiante, ritagliato a est dalla valle del Savone,
ad ovest da un corso d'acqua minore.
L'area dista pochi chilometri da Cales e Teano.
Una delle opere d’arte di maggiore interesse è Demetra.
Per vedere l’opera, val bene una passeggiata al piccolo Museo di Teano, per lo più
sconosciuto al gran pubblico e poco frequentato, a causa della scarsa capacità di
promozione e di inserimento nei circuiti del turismo culturale e scolastico.
Al momento dello scavo, la statua giaceva nel fondo di una rampa di accesso dal Savone al
luogo di culto. La statua, di grandezza naturale, è priva di testa. La divinità tiene sul petto
un porcellino e indossa una lunga tunica a pieghe abbondanti che descrivono sul davanti
della spalla destra una spirale stilizzata.
L’opera, unica nel suo genere nel santuario di Fondo Ruozzo, si configura come prodotto
della etruschità campana.
La statua raffigura Demetra; Cerere per i romani, la divinità dell’agricoltura.
L’opera ha stretti rapporti con i grandi acroteri di Veio, in etruria. Le relazioni con
l’ambiente etrusco si giustificano con i rapporti che Teano intrattene con l’Etruria
meridionale interna. La piccola testa, a giudicare dalle esigue dimensioni del collo, doveva
risultare non proporzionata al corpo. La vigorosa struttura slanciata, dalle larghe spalle,
l’abito con le pieghe a creste parallele separate da solchi, hanno dato argomenti di
confronto con le statue di divinità con bambini dal tempio di Portonaccio.
Fondo Ruozzo presenta ulteriori aspetti legati a Demetra.
In primo luogo, teste femminili con polos, di fase I e II del santuario. Molte teste fittili
provengono dalla vicina Cales.
Ollette ovoidi in argilla grossolana, trovate a centinaia nel fondo della rampa di accesso
dal Savone al santuario, contenevano le primizie dei raccolti offerte al santuario, miele,
olio, vino, latte legumi e cereali, secondo un uso molto diffuso. Tra le offerte abbondano
melograni fittili, in dimensioni naturali e miniaturistiche, un falcetto in ferro e in terracotta,
statue che tengono nelle mani protese ciò che sembra un piccolo pane in terracotta. Altre
offerte ricordano il culto di Demetra Thesmophoros che favoriva la semina, il matrimonio
e le nascite. In particolare statue e statuette raffiguranti neonati, bambini, donne che
allattano e altre offerte legate all’infanzia e alla fecondità, trottole, colombe, fichi, che
peraltro sono presenti come attributi delle statue dei devoti.
La devozione per Demetra
La particolare devozione per Demetra, da parte delle antiche popolazione della Campania
settentrionale, è attestata dalla bella ceramica attica rinvenuta nelle necropoli di
Presenzano e raffiguranti la divinità con le ricche spighe di grano o Trittolemo sul carro, il
giovinetto cui la dea aveva donato l’immortalità.
La lunga vita del santuario ebbe tre fasi e tre interruzioni della frequentazione.
Prima fase di vita del santuario: copre il periodo tra il VI e il V sec. a.C.. Gli edifici del
santuario preromano sono caratterizzati dall'uso di blocchi di tufo squadrati ed edificati
con la tecnica isodomica.
Il santuario più antico presenta strutture molto originali. E' caratterizzato da corridoi e
camere
tagliati
nel
banco
di
tufo,
secondo
la
maniera
etrusca.
In età preromana, il santuario svolse funzioni di culto e di emporio commerciale.
I materiali archeologici mostrano che vi convergevano Ausoni, Etruschi, Latini, Greci,
Sanniti e Romani.
Il santuario si sviluppa in direzione nord, verso un corso d'acqua che, col Savone, ritaglia il
pianoro tufaceo su cui sorge il complesso.
In questa zona sono state scavate strutture in opera quadrata in tufo e in blocchi di calcare
bianco, per i quali i molti dolia, grossi contenitori in terracotta, fanno pensare ad un
deposito di cereali. Verosimilmente costituiscono le tracce di un granaio in cui si
conservavano i raccolti ricavati dalle terre di proprietà del santuario, come accade in molti
santuari antichi.
Una profonda tagliata artificiale metteva in comunicazione la gola del fiume con il colle su
cui sorgevano gli edifici sacri.
Il Savone era una via d'acqua navigabile.
Nell'inverno del 1999, una eccezionale esondazione del fiume consentì osservazioni molto
interessanti. Le pendici del colle di Fondo Ruozzo furono ripulite dalla vegetazione e dai
detriti.
Nel punto in cui lambisce il santuario, il banco tufaceo della sponda destra del fiume è
modellato a due gradoni, con tagli artificiali. Il gradone superiore si estende per alcuni
metri, fino alla rampa di accesso al colle. Sul ciglio si contano molti buchi circolari, di una
certa profondità.
Le strutture sagomate nel tufo costituivano un molo di attracco delle imbarcazioni fluviali.
I traffici si svolgevano su piccole imbarcazioni.
Oggi che la portata idrica si è ridotta rispetto al passato, il fiume è ancora navigabile col
lontro (Lat. luntra), l'imbarcazione fluviale senza chiglia, caratteristica dei Mazzoni, adatta
alla navigazione negli acquitrini e nei magri corsi d'acqua della pianura.
Le strutture del santuario
Le strutture del santuario più antico, della I e II fase, sono composte da un edificio in
blocchi quadrati tufo grigio e da corridoi tagliati nel tufo. Profonde rampe di accesso,
tagliate nel banco tufaceo, collegavano il santuario con il fossato del Savone; in occasione
della ristrutturazione del santuario, alla fine del II secolo a.C., furono colmate di ex-voto.
Le offerte emotive del santuario subirono molte vicissitudini; gli ex voto si rinvengono
frammentati. In occasione delle ristrutturazioni del santuario, con ampliamenti, tagli nel
tufo e riempimenti di tagliate stradali e corridoi precedenti, i materiali votivi furono sepolti,
scavati, trasportati e riutilizzati come riempimento e schiacciati sotto metri di materiale di
riporto.
Prima frattura nella frequentazione del santuario: metà del IV sec. a.C..
E' il periodo di maggior frizione militare tra Ausoni, Sanniti e Romani.
Le guerre per il controllo di Lazio meridionale e Campania settentrionale si conclusero
con la vittoria di Roma.
Dopo l'occupazione di Cales e gli accordi con Teanum, il Senato romano ebbe mano libera
sulla fertile Pianura Campana che diventò il granaio dell'Urbe.
Seconda fase di vita del santuario: copre il periodo tra il IV e il III sec. a.C..
È il periodo in cui fu costruita Teano. Per il periodo precedente le fonti parlano solo di
Sidicini e mai di Teano. La contraddizione è solo apparente; i Sidicini, una tribù sannitica,
si stanziarono, alle falde del Roccamonfina, alla fine del VI sec. a.C.. Alla fine del IV
secolo a.C., raggiunsero una organizzazione sociale complessa, tale da consigliare
l'abbandono degli abitati sparsi e la fondazione della città difesa da mura. La complessità
sociale segna il passaggio dalla società preurbana alla civiltà urbana.
Seconda frattura nella frequentazione: risale alla fine del III sec. a.C., quando il santuario
fu investito da Annibale, durante la Seconda Guerra Punica.
Stretto d’accerchiamento, il generale cartaginese, sfondò le linee romane grazie
all’espediente tattico dei tori con le fascine accese legate alle corna. La manovra si svolse
sulle colline tra Cales e Teano.
La terza fase di vita del santuario: copre il II sec. a.C..
Come accade in molti centri della Campania interna, l'area fu ampiamente ristrutturata.
Alla fine del secolo, come in gran parte dei siti archeologici della Campania interna, il
santuario fu ricostruito secondo i nuovi principi dell'architettura scenografica di tipo
ellenistico, con le strutture a terrazzamenti sovrapposti sul fianco della collina. Le strutture
sono in opus incertum tendente al quasi-reticulatum.
I terra pieni dei terrazzamenti contengono offerte emotive di epoche precedenti.
La ricerca archeologica, però, in questo periodo, osserva una vistosa diminuzione delle
offerte votive. Fu un periodo di scarsa frequentazione da parte dei fedeli.
Le strutture sono in opus incertum, tendente all'opus quasi-reticulatum.
La tecnica si data tra la metà del II sec. e gli inizi del I a.C.. Nei terrapieni dei
terrazzamenti disegnati dalle strutture murarie, furono depositate le offerte sacre di epoche
precedenti.
Il santuario, a giudicare dalle strutture e dalle offerte votive, non fu frequentato oltre il 100
a.C.. Anche l'abbandono definitivo, come nel caso della distruzione annibalica, ha stretti
rapporti con la situazione storica. E' il periodo della Guerra Sociale che ebbe notevoli
ripercussioni in Campania.
La seconda fase del santuario di età romana, fu edificata a terrazze, secondo il gusto
scenografico di derivazione ellenistica.
La terza frattura si data al periodo della Guerra Sociale, quando il santuario fu
abbandonato per sempre.
Il nuovo santuario restò incompiuto e fu abbandonato intorno 100 a.C. il periodo
corrisponde alla guerra sociale.
Planimetria e profilo altimetrico del santuario
Le strutture della fase I e II, tra il VI e fine III sec. a.C., seguono il profilo della collina.
Le strutture del II sec. a.C. si sviluppano a terrazze, secondo un piano edilizio che non
tiene conto della topografia dell'area. La tendenza è attestata in molti santuari di età tardo
repubblicana.
A Teano, la sommità della collina del santuario di Loreto fu spianata, distruggendo le
strutture di un tempio precedente, e il pendio che scende verso il Savone, fu ampiamente
terrazzato, secondo un gusto scenografico molto diffuso.
La fase tardo repubblicana trova confronti diretti con i santuari di Tivoli, Preneste, Nemi,
Terracina.
A causa delle ampie ristrutturazioni della fine del II sec. a. C., si conoscono soltanto pochi
elementi del santuario originario; pochi blocchi e qualche capitello fanno pensare ad un
edificio di culto poco elaborato sul piano architettonico. Lo scavo ha restituito anche
terrecotte architettoniche. La maggior parte sono antefisse a testa femminile, con corona di
palmette lanceolate; il tipo riprendere modelli ionici diffusi dalla metà del VI sec. a.C.. I
centri di diffusione sono Velia Cuma e Capua.
I depositi votivi
Si ignora la situazione iniziale dei depositi votivi. Come mostra lo stato di conservazione e
la stratigrafia archeologica, le offerte sacre costituirono materiale di riporto grossolano,
molte volte spostato nelle ristrutturazioni del santuario, prevalentemente come materiale di
colmata per le rampe di accesso al pianoro, per i corridoi scavati nel tufo e per livellare i
terrazzamenti dell’ultima fase.
Le necropoli sparse lungo il Savone restituiscono ricchi corredi funerari, e mostrano la
notevole capacità economica degli indigeni di acquisire merci pregiate di provenienza
greca ed etrusco.
La foce del Savone e caratterizzata archeologicamente dalla presenza di un esteso
santuario emporico. Nel santuario costiero si svolgevano gli scambi tra i prodotti degli
indigeni dell'entroterra ausone e italico con le ceramiche, i vini e i bronzi proposti dai
mercanti greci ed etruschi.
Le tombe più ricche coprono un arco cronologico tra la seconda metà del VI sec. e gli inizi
del IV sec. a.C. I corredi funerari contengono ceramica attica a figure nere e figure rosse,
anfore vinarie etrusche e greche, oggetti in bronzo di provenienza capuana.
Anche a causa della conformazione del suolo, e della struttura sociale scarsamente
differenziata, gli abitati sparsi sui colli tufacei separati da vasti fossati, in età preromana,
non raggiunsero la fase urbana.
Nella metà del IV sec. a.C., il territorio dove convivevano Ausoni e Sidicini diventò zona
di frizione militare tra Sanniti e Romani, in lotta per l'egemonia sulla fertile Pianura
Campana.
L'agricoltura e l'allevamento decaddero, a causa dell'insicurezza prodotta dalle pressioni di
Romani e Sanniti. I flussi commerciali lungo il Savone si interruppero. Nei santuari
emporici di Fondo Ruozzo, a Montanaro, e di Panetelle, alla foce del fiume, i prodotti
dell'antroterra non furono più scambiati con le merci pregiate offerte da Greci ed Etruschi
che
solcavano
le
rotte
marittime
del
Mediterraneo.
Nella nuova situazione bellica, i villaggi furono abbandonati e, con la romanizzazione, i
flussi commerciali e la devozione dei fedeli si spostarono sulle città di Cales e Teano.
L'antica via naturale di penetrazione verso l'interno, costituita dalla valle fluviale del
Savone, fu esclusa dai flussi di uomini e merci che si svolgevano lungo le direttrici NordSud ed Est-Ovest.
Dalla fine del IV sec. a.C., l'area si andò spopolando.
Il popolamento del territorio fu spinto, per motivi difensivi, ad inurbarsi a Cales e Teano, a
causa della difficile situazione politico-militare, venutasi a creare per il controllo della
Campania settentrionale, tra Romani, Sanniti, Ausoni di Cales, Aurunci di Sessa e Sidicini
di Teano.
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