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Neofite e neozoa, ma anche
neomiceti
Biodiversità - Tra le neobiote, forme di vita introdotte dall’intervento umano fuori
dal loro ambiente naturale, si rilevano sempre più spesso alcuni funghi esotici
/ 08.05.2017
di Marco Martucci
Piante e animali invasivi: se ne parla da tempo e con sempre maggior insistenza. Da una ristretta
cerchia di professionisti e di semplici appassionati, il tema ha conquistato un pubblico sempre più
vasto, finendo per diventare una questione pubblica, tanto che sta per concludersi il progetto pilota
di Lotta contro le neofite invasive 2015-2017 promosso dal Cantone. Ed è giusto che sia così. Perché
fra queste piante e questi animali ve ne sono di davvero minacciosi, per l’ambiente, le specie
autoctone e anche per il nostro benessere e la nostra salute. Pensiamo solo all’ambrosia, con il suo
polline fortemente allergenico o alla ben nota zanzara tigre. È un problema da non sottovalutare, pur
senza creare eccessivi allarmismi o una sorta di caccia alle streghe.
Non tutte le piante o gli animali esotici sono però minacciosi o invasivi: alcuni anzi possono
arricchire il nostro ambiente e la biodiversità e apportare benefici anche a noi. Occorre conoscere e
distinguere caso per caso.
Il termine specialistico di Neobiota (dal greco bíos, vita e néos, nuovo) indica un organismo di una
specie introdotta volontariamente o accidentalmente attraverso attività umane dentro un territorio
nel quale prima non esisteva: neophyta o neofite per le piante, neozoa per gli animali. Si parla anche
di specie alloctone o esotiche per distinguerle da quelle autoctone o indigene, presenti da «sempre»
o, comunque, da tempi remoti, precedenti il 1492, data della «scoperta» dell’America, limite fissato
arbitrariamente.
Ma non basta: per essere un neobiota, la pianta o l’animale esotico deve essere in grado di cavarsela
da solo, di occupare un nuovo territorio e di riprodursi senza l’aiuto dell’uomo. Mais, patata,
pomodori o tacchini, per fare solo alcuni esempi, sono stati introdotti in Europa e non solo,
dall’America con e dopo Cristoforo Colombo. Tuttavia non sono considerati dei neobiota perché,
finora almeno, sono rimasti dentro le coltivazioni e gli allevamenti. I neobiota, per contro, se ne
vanno per conto loro, si spostano nel territorio e vi si riproducono autonomamente.
Alcuni vivono la loro vita tranquillamente, altri invece si riproducono velocemente, conquistano
territorio, entrano in concorrenza con le specie autoctone, non conoscono malattie né predatori,
minacciano la biodiversità e l’ambiente naturale e possono costituire un pericolo anche per l’uomo:
sono le specie invasive. È un problema che non riguarda soltanto l’Europa ma tocca il mondo intero.
E non si limita alle piante e agli animali. Ci sono pure i funghi invasivi. Ma, mentre su piante e
animali invasivi si fa parecchia ricerca, si sono accumulate notevoli conoscenze e si agisce per
controllarne l’espansione, sui funghi esotici invece si sa ancora poco.
Una recente pubblicazione, un rapporto del WSL, l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve
e il paesaggio, dal titolo originale tedesco Neomyceten in der Schweiz, c’introduce in un mondo
affascinante, poco conosciuto e per certi versi anche inquietante, i «neofunghi», i neomiceti della
Svizzera. Il rapporto, frutto di ricerche storiche, studi di erbari, escursioni in natura, analisi
morfologiche e molecolari, presenta lo stato attuale delle conoscenze e la valutazione del potenziale
di minaccia dei neomiceti associati alle piante e per scelta non comprende i funghi legati agli
animali, come la peste del nostro gambero di fiume, oggetto di altri studi, né le conseguenze
economiche nell’agricoltura e nella pratica forestale.
Le indagini sul territorio, svolte nel 2015, hanno compreso anche zone del nostro cantone: Locarno e
Isole di Brissago, Biasca e Malvaglia e Lugano. Finora sono stati identificati in Svizzera 283
neomiceti associati alle piante, tutti elencati nel rapporto. Il primo di cui si ha notizia è Ustilago
maydis, un parassita causa del «carbone» del mais, citato per la prima volta nel 1844 e ben
conosciuto in agricoltura. Come del resto anche Phytopthora infestans, temibile parassita della
patata, noto dal 1845 e che fu all’origine di terribili carestie, o Plasmopara viticola, agente della
peronospora della vite, segnalato fin dal 1879. Tutti e tre provenienti dal continente americano, gli
ultimi due non sono più classificati come veri funghi ma tradizionalmente vengono inseriti in quel
regno.
Anche nei nostri giardini e perfino dentro serre o appartamenti possono comparire strani funghi,
giunti da lontano nel terriccio o con il trasporto di piante ornamentali. Su alcune azalee del mio
giardino sono presenti da alcuni anni delle curiose escrescenze, delle sorte di galle. Si tratta di
Exobasidium japonicum, proveniente dall’Asia e individuato in Svizzera nel 1924. È un parassita che
attacca le foglie di azalea che reagiscono formando dei tipici rigonfiamenti coperti di spore
biancastre con le quali il fungo si propaga. È un parente del nostrano Exobasidium rhododendri, che
s’insedia sulle rose delle Alpi, Rhododendron ferrugineum e R. hirsutum, e che non è un neomicete.
Lo è invece Erysiphe azaleae, dal ciclo riproduttivo molto complicato e che ricopre di una brutta
polvere bianca (è un oidio) le foglie dei rododendri coltivati. I funghi esotici sono giunti in Europa e
poi anche in Svizzera soprattutto attraverso il commercio di piante. Indagando sulle loro origini, si è
appurato che, per circa un quarto delle specie, non si conosce la provenienza. La maggior parte delle
specie, il 32,5 %, è arrivata dal Nordamerica, quasi il 20 % è giunto dall’Asia, il 14,5 % ha origini
mediterranee e il resto si suddivide fra Sudamerica, America centrale, Europa del Nord. Otto specie
hanno origine australiana, e Nuova Zelanda e Sudafrica hanno portato una specie ciascuna.
Non tutti i neomiceti sono parassiti di piante. Come si sa, i funghi sono organismi eterotrofi: al
contrario delle piante, che sono autotrofe, i funghi devono procurarsi il nutrimento prodotto da altri
esseri viventi, nel nostro caso da piante. Oltre ai funghi parassiti, che sfruttano piante vive, i
cosiddetti ospiti, danneggiandole, ci sono i funghi simbionti, che vivono insieme a una pianta con
reciproco vantaggio, i saprotrofi, che si nutrono di materiale organico morto (sono decompositori), e
i funghi endofitici, che passano la loro vita dentro una pianta, senza apparenti conseguenze. Non
mancano inoltre le forme intermedie, come i funghi decompositori che si trasformano in parassiti.
La stragrande maggioranza, ben 219 specie ossia il 77,4 %, dei nostri neomiceti sono parassiti di
piante. 54 specie sono saprotrofi e solo dieci sono simbionti. Una curiosità fra i neomiceti saprotrofi
è il «fungo-polpo», Clathrus archeri, di colore rosso fiammante e dallo sgradevole odore di carogna,
che vive nei prati concimati, proviene dall’Australia ed è stato segnalato in Svizzera nel 1942.
Fra i numerosi neomiceti parassiti, non pochi danneggiano gli alberi, come il castagno, il cui cancro
corticale è causato dal fungo Cryphonectria parasitica, di origine asiatica e arrivato in Svizzera nel
1948. Insieme ad altre sette specie, su 283 neomiceti, questo fungo è considerato una vera e propria
specie invasiva pericolosa. Mentre non pochi neomiceti sono a loro volta parassiti di piante esotiche
invasive, queste otto specie particolarmente virulente rappresentano una grave minaccia per alcune
essenze forestali autoctone fra le quali, oltre al castagno, troviamo l’olmo, l’ontano, il pino silvestre,
la quercia, il frassino. Particolarmente minaccioso per quest’ultima specie di grande importanza
forestale è il parassita di origine asiatica Hymenoscyphus fraxineus, segnalato anche in Ticino dal
2014.
Una forma di lotta diretta contro questi neomiceti invasivi mediante l’uso in natura di prodotti
fungicidi è impensabile. Fra le possibili vie praticabili c’è l’uso di virus naturali. Importante è anche
impedire un passaggio dei neomiceti dalle piante esotiche a quelle autoctone e controllare
sistematicamente l’importazione di piante, terriccio e legna, così come proseguire con la ricerca
scientifica.
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