34 Personal n SA LUTE n Martedì 1 Aprile 2008 n n Ricerca Uno studio internazionale analizza gli effetti delle mutazioni del Dna in 10 mila donne Le spie genetiche salva seno Nelle donne predisposte a sviluppare i carcinomi alla mammella e all’ovaio il rischio è modulato dalla presenza di polimorfismi in altri geni di Elisa Martelli A lcuni marcatori genetici sarebbero in grado di predire il maggior rischio di tumore al seno in donne che presentano già una predisposizione ereditaria a sviluppare un carcinoma alla mammella o all’ovaio. È quanto emerge da una ricerca internazionale pubblicata sull’American Journal of Human Genetics, coordinata dal Cancer Research Centre UK di Londra, che ha coinvolto 65 laboratori di ricerca e unità cliniche di 15 paesi diversi riuniti nel consorzio Cimba (Consortium of investigators of modifiers of Brca1/2). Lo studio ha coinvolto 10 mila donne che presentano una mutazione dei geni che costituiscono una delle principali determinanti della predisposizione ereditaria a sviluppare un carcinoma della mammella o dell’ovaio. «Si tratta di uno studio concettualmente molto importante che esprime l’indirizzo della ricerca genetica anche se va ricordato che solo il 5-7% dei tumori alla mammella sono ereditari», spiega Alberto Marassi, responsabile dell’Unità di senologia dell’Istituto San Raffaele di Milano. «Solo i due terzi di questa percentuale di tumori, inoltre, sono correlati a una mutazione del gene Brca1 o Brca2», sottolinea Marassi. Ciò significa che allo stato attuale è possibile spiegare le cause dei tumori alla mammella solo nel 4% dei casi circa. «Le donne con un’alterazione genetica Brca 1 o 2 presentano un alto rischio di sviluppare un carcinoma alla mammella, con una percentuale che oscilla dal 50 al 70% contro dati normali che parlano di un 10% di probabilità che una donna sviluppi un tumore di questo tipo nell’arco di tutta la vita», precisa Marassi. «I dati scendono al 15-20% nel caso del tumore ovarico ma va considerata la difficoltà nella sua diagnosi e la sua incidenza del 2% nella popolazione normale», spiega Monica Barile, genetista medico della divisione di prevenzione genetica e oncologica dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. Se non tutte le donne che presentano questa mutazione genetica sono destinate ad ammalarsi, significa che esistono dei fattori che influiscono nella modulazione del cancro. È quanto ha attestato lo studio internazionale Cimba, evidenziando un rischio di tumore alla mammella o all’ovaio più alto nelle donne che presentavano polimorfismi in altri marcatori già associati a un aumento del rischio di queste forme tumorali nella popolazione in generale, le varianti dei geni Fgfr2, Tnrc9 e Map3ki. «La determinazione di questi geni, Brca, viene generalmente effet- tuata solo nei casi di donne che presentano un’alta familiarità per questo tipo di tumore, almeno due casi di cancro alla mammella e uno all’ovaio in famiglia, oppure tre casi di tumore alla mammella prima dei 50 anni, o ancora due sorelle entrambe affette da tumori alla mammella o all’ovaio», spiega Marassi. Lo studio di altri geni nella popolazione di donne Brca1/2 positive mostra una correlazione con queste mutazioni genetiche: l’associazione dell’alterazione Brca1/2 con uno di questi tre geni fa infatti salire il rischio fino all’80%. Nel caso della combinazione più favorevole invece il rischio scende al 40%. «Esistono polimorfismi di geni che aggravano il rischio e altri che lo riducono. La grande potenzialità di questa ricerca, ancora in fase di sperimentazione, è un’eventuale futura applicazione dello studio dei polimorfismi di alcuni geni anche per i casi di tumore sporadici, di cui non è stata ancora individuata la causa», spiega Barile. Se lo studio è incentrato sulle donne, le mutazioni Brca possono essere presenti anche nell’uomo. «Un altro caso di familiarità del tumore alla mammella per una donna è costituito dall’avere un fratello affetto da questa forma tumorale, rischio che ha un valore doppio rispetto alla presenza del carcinoma in una donna», sottolinea Barile. Questo studio fornisce uno strumento più preciso per individuare il rischio di cancro in chi ha una predisposizione ereditaria, procedendo con programmi di sorveglianza. Un esame molto utile, specialmente per donne al di sotto dei 30 anni che presentano una familiarità tumorale, è lo screening con risonanza magnetica, meno invasivo della mammografia e più appropriato per il seno di ragazze giovani. La parola chiave resta quindi anticipazione diagnostica, mentre per quanto concerne invece la prevenzione con terapie endocrine nel caso di donne a rischio i dati a disposizione non sono ancora sufficienti, conclude Marassi. (riproduzione riservata)