Ines Marzi L'EPATOSCOPIA, OVVERO UN’ARTE DIVINATORIA Premessa Il paziente, per meglio dire il cliente, si rivolge all'Analista perché ritiene di non avere, di non conoscere, il modo di procedere. "L'incomprensione del presente nasce fatalmente dall'ignoranza del passato" disse straordinariamente Marc Bloch in “Apologia della storia o mestiere di storico”. Egli è, e si sente, al buio, attraversa un momento caratterizzato dal dubbio, dalla mancanza di speranze, dall'angoscia ovvero di quella paura che non ha nome. Il cliente dunque si rivolge a questo qualcuno come ad un maestro, un guru, uno sciamano, un sacerdote che senz'altro è a conoscenza del cammino che dovrà intraprendere per risolvere il suo, i suoi problemi. Al "che cosa devo fare per stare meglio?" appare evidente che il cliente domanda una soluzione di tipo oracolare, domanda la guarigione senza riflettere che chiede che il segreto che gli verrà rivelato in realtà non è un segreto. Il cliente spera di trovare una risposta definitiva, permanente, qualcosa di immutabile ed estremamente rassicurante da cui poter dipendere. La paura di un futuro incerto, dell'impossibilità di operare un controllo pieno sugli eventi determina oggi una forte ansia, un'inquietudine che non ci rende così diversi dai nostri progenitori che sentivano la necessità di affidarsi all'aruspice per andare verso il loro destino. "Chiudere il rubinetto del gas 3.., 7..volte e varie, non è forse dettato da un impulso al controllo (compulsione), dal bisogno di pacificare qualcuno o qualcosa, al fine di evitare, control1are, un futuro minaccioso?" Nella consapevolezza di una continuità con il passato a cui non possiamo sottrarci (Bloch) può essere utile una rivisitazione di ciò che fu utile per molti tanto tempo fa anche nelle nostre terre. Tra le varie forme di arte divinatoria mi è sembrata l'epatoscopia quella che meglio poteva evidenziare una simbolica continuità tra la rappresentazione dell'inquietudine del passato e quella del presente. Il fegato, l'unico organo del corpo umano capace di una rigenerazione quasi totale, ha sempre rappresentato un simbolo di coraggio e forza fisica. Non si dice forse di una persona coraggiosa che "ha fegato"? Per gli antichi era la sede della forza, della caparbietà e delle passioni, dell'amore sensuale e dell'ira. Inoltre se è vero, come dice qualcuno, che il coraggio non è una protesi, allora potrà intendersi che ciascuno potrà generare o rigenerare il suo coraggio. Introduzione Per Religione si può intendere il credere in una garanzia soprannaturale offerta all'uomo per la propria salvezza. L'uomo può controllare gli eventi per lui più importanti con le tecniche razionali solo in una maniera assai ristretta e limitata; rivendicando invece la libertà di fede egli si affida a credenze liberatrici, consolatorie e tecniche che gli promettono una salvezza immancabile. Al di là che egli possa ottenere o no ciò che queste tecniche promettono, la loro funzione e soprattutto quella di dargli speranza e coraggio di consolidare una relazione profonda con gli altri esseri umani e con il mondo. La storia comparata delle religioni ci aiuta a cogliere l'originalità di ciascuna di esse; permette di comprendere ciò che le religioni rivelano, collocandosi inoltre tra le forme in cui l'uomo manifesta il suo modo di essere, che è un modo creativo, cioè un vivere storicamente. Nascere e vivere in una terra significa anche appropriarsi degli aspetti arcaici delle sue tradizioni, della sua cultura, delle sue forme religiose. Pertanto nascere in Toscana conduce inevitabilmente alla scoperta della società etrusca, della religione etrusca. La preoccupazione per il domani, l'ansia, l'incertezza per il futuro non furono condizioni proprie solamente agli Etruschi o ad altre antiche popolazioni, bensì a tutti gli esseri umani. Nel "De Divinatione" Cicerone parla della Mantica o Divinazione come della scienza delle cose future oltre che della facoltà di conoscere, di vedere e spiegare i segni mediante i quali gli dei manifestano la loro volontà agli uomini. Con la scoperta della tecnica divinatoria etrusca, exti-spicina, o consultazione delle viscere, ho sentito fortemente il tentativo arcaico di questo popolo di rispondere all'ansia esistenziale da un lato e dall’altro ho potuto tentare una comparazione con la mantica Babilonese-Assira. Infatti, sia secondo Erodoto nel passato, che secondo alcuni autori contemporanei, gli Etruschi potrebbero aver avuto la loro origine in Asia. Questo sarebbe confermato da alcune iscrizioni scoperte a Lemno, anche se poi le forme culturali sviluppate in Etruria non riflettono così chiaramente realtà asiatiche. "La storia di Roma, e con essa lo sviluppo culturale dell'intero Occidente, non si può intendere, se non si conosce la civiltà dell'Oriente, presa ed adattata dagli Etruschi alla loro tradizione e al loro genio" (Axel Boethius, 1958). Stele funeraria I Lemno, con iscrizioni in dialetto preellenico (VII-VI sec. a. C.). Si tratta del solo documento linguistico trovato fuori d’Italia che presenti una certa affinità con l’etrusco. Ancora oggi non è dato sapere se fu l'arte divinatoria che giunse in Etruria o se furono gli Etruschi che la portarono con sé fin dall'Oriente. Realtà del popolo etrusco Quando i popoli europei parlano del loro passato citano gli "antichi greci", gli "antichi romani" come coloro i quali posero le fondamenta del futuro Occidente. Roma e l'Ellade continuano ad essere ammirate ed esaltate nei libri di storia, mentre gli Etruschi ne restano fuori quasi non fossero mai esistiti. Ragion di ciò fu la mancanza di tradizioni autentiche e particolareggiate. Uniche fonti della storia etrusca furono le scarne notizie di alcuni classici greci e romani che non riportavano né nomi di sovrani e di personalità, né resoconti di gesta, di opere, di storia, insomma tutto ciò che rende viva l'immagine di vita di un popolo. Soltanto la solerzia, l'impegno degli archeologi (a partire dal secolo passato) ha riportato alla luce il volto dell'antica Etruria (750 a.C. - 54 d.C.). Il mettere insieme un mosaico di elementi, documenti e monumenti permise di far uscire in qualche modo il popolo etrusco dal mistero in cui era avvolto. Ora sappiamo, almeno, che furono gli Etruschi, molto prima di Roma, a fondare nel cuore dell'Ita1ia una grande civiltà che avviò poi quella che sarebbe stata l'ascesa dell'Europa tutta. Nonostante gli sforzi di questi ultimi anni, l'ecceziona1e penuria di notizie sugli Etruschi e l'appena iniziata interpretazione della loro lingua, rendono estremamente difficile anche la conoscenza della religione di questo antico popolo d'Ita1ia. Ciò che appare degno di rilievo a chi si accosta al piano religioso è che gli Etruschi mostrano aspetti singolari e differenziati rispetto ai popoli del Mediterraneo. Il loro atteggiamento di fronte alla divinità e al destino e più inquieto se non angoscioso; il modo in cui vivono appare improntato alla ricerca di presagi che parlino di un avvenire sul quale è impossibile esercitare alcun tipo di influenza. La vita del singolo e l'organizzazione di tutto il popolo sembrano obbedire ad una sorta di pessimismo diffuso. Fonti letterarie, epigrafiche ed archeologiche La documentazione fondamentale per giungere alle attua1i conoscenze sulla religione etrusca proviene dagli scrittori latini della fine della Repubblica e dell'Impero; fonti cioè che hanno uno scarto di alcuni secoli rispetto a ciò che intendono documentare. Va sottolineato inoltre che questi scrittori si sono occupati soprattutto delle tecniche etrusche di divinazione, che costituivano una parte di rilievo dell'attività religiosa di questa gente. Le grandi difficoltà riscontrate nell'interpretazione dei testi etruschi non permettono l'utilizzazione del materia1e emerso dagli scavi toscani. Il materiale epigrafico ammonta a circa duemila iscrizioni riguardanti per la maggior parte le consuetudini funebri, le concezioni dell'oltretomba e del culto. Monumenti figurativi (quali pitture, sculture, prodotti di arti minori) presentano una vasta gamma di rappresentazioni religiose il cui studio non è da considerarsi assolutamente concluso. Tra questi occorre ricordare il della Mummia di "Liber Linteus" Zagabria e delle Tegola di Capua, ancor oggi oscuri, alcuni oggetti iscritti, quali il famoso modello di fegato di bronzo di Piacenza, scene degli specchi incisi, resti di templi, le tombe. Inoltre per quanto riguarda la teologia sarebbe vano il credere di poterla ricostruire rifacendosi a quelle scarse informazioni a posteriori sui "Libri" etruschi che poi riguardano quasi esclusivamente le Parte delle bende della Mummia di Zagabria diverse tecniche di divinazione. Va sottolineato che se la religione etrusca e politeista come quella romana e greca, diversamente da queste era una religione rivelata la cui dottrina era racchiusa in un certo numero di "libri", di testi sacri. Di tale rivelazione, questo è quanto riferisce la leggenda: “Nel corso del suo consueto lavoro agricolo, un abitante di Tarquinia vide affiorare da uno dei solchi un genio di dimensioni minute con il volto infantile, ma dai capelli grigi e dalla saggezza di un vegliardo. Lo stupore lascio il posto alla devozione e l'intera Etruria accorse sul luogo, ricevette l'insegnamento delle regole fondamentali della "Disciplina" etrusca da parte di questo genio che si chiamava Tagete ed era addirittura il nipote di Giove. Questo prodigioso profeta scomparve in seguito, o meglio, secondo certe fonti morì. Ma ormai aveva assolto il suo compito e il popolo etrusco conosceva le norme del culto ed il proprio destino futuro". (I particolari di questa storia si possono ancora leggere nel trattato "De Divinazione" di Cicerone). Accanto a Tagete vengono riferiti la ninfa Vegoia e ArrunsVelthumnus che con le loro rivelazioni riportate nel complesso dei libri sacri permisero la conoscenza dell' agrimensura (divisione regolare ed orientata dei terreni e le norme per le fondazioni di città ortogonali), della aruspicina (esame e studio delle viscere delle vittime) e l'arte fulgoratoria (sui fulmini, sulla loro origine, del loro valore e della relativa espiazione ). La composizione della raccolta dei libri sacri degli Etruschi fanno intuire quanto questo popolo desse importanza all' arte divinatoria. Ed è nella "Disciplina" cioè il complesso delle norme che regolano i rapporti fra gli dei e gli uomini che la religiosità etrusca si manifesta nella maniera più genuina. "Disciplina": viscere l'epatoscopia ovvero la consultazione delle L'aruspicina, ossia l'interpretazione dei segni presenti nelle viscere degli anima1i, presupponeva la corrispondenza fra tre piani di riferimento: divino, cosmico e umano. La particolarità delle varie regioni dell’organo indicavano la decisione degli dèi e, di conseguenza, predicevano lo svolgimento imminente degli avvenimenti. Il modello in bronzo di un fegato di montone, scoperto a Piacenza nel l877 (secondo J. Heurgon questo fegato proviene dalla zona di Cortona-Arezzo), contiene un certo numero di incisioni tracciate con il bulino ed i nomi di una quarantina di divinità; ta1e modello rappresenta al tempo stesso la struttura del mondo e la distribuzione del Pantheon. Alla "Disciplina" appartengono le minuziose norme dei sacrifici e delle cerimonie, la dottrina dei termini prefissi per gli uomini e gli stati (alla qua1e si ricollega la cronologia religiosa dei "secoli") e le credenze e le prescrizioni relative alla vita ultraterrena. Gli Etruschi erano riusciti a portare la consultazione delle viscere ad un elevato livello di raffinatezza. Presso qualsiasi popolo il sacrificio è sempre stato la principa1e fonte di divinazione anche se con varianti a seconda dei luoghi. Il momento della consacrazione della vittima coincide con quello in cui la divinità si manifesta esplicitamente agli uomini, o attraverso il comportamento della vittima che si accosta all'a1tare e riceve il colpo morta1e, o tramite il crepitio delle carni sul braciere, il colore della fiamma o il modo in cui il fumo si leva verso il cielo. Il bozzetto in bronzo di fegato ritrovato a Piacenza rappresenta un esemplare unico nel suo genere. Dal lato convesso la superficie esterna si presenta suddivisa in due parti, mentre la parte concava appare suddivisa in molte piccole caselle. Fegato di Piacenza (dimensioni 126 x 76 x 60 mm) In queste varie parti, derivanti da delimitazioni tracciate con il bulino, sono incisi i nomi di quaranta divinità; il tutto e circondato da un bordo stretto, suddiviso in sedici caselle che rappresentano le parti del cielo e contengono anch'esse il nome di una divinità. I due lobi del lato convesso recano a destra il nome di Usils, a sinistra quello di Tivr, termini che designano il sole e la luna. Si ha così una delimitazione di una parte diurna e notturna dello spazio. Se risulta ancora controversa la collocazione del nord nel modello del fegato, appare chiaro che ogni parte del fegato appartiene specificatamente ad una potenza sacra, fausta o meno a seconda del posto occupato nell'insieme ed il fegato stesso rappresenta il templum, come proiezione del tempio celeste. Da nessun'altra parte appare così evidente la credenza che è alla base della divinazione, nell'esistenza di relazioni, di corrispondenze rigorose tra i vari elementi dell'universo. Tale corrispondenza sfocia in un vero e proprio simbolismo cosmico: il fegato della vittima, sede ed organo della vita, è come lo specchio del mondo nel momento del sacrificio e rappresenta dunque un effettivo microcosmo. A tutt'oggi non ci è facile conoscere le varie caratteristiche del Pantheon etrusco, dal momento che la documentazione presenta gravi lacune e apre difficili quesiti d'interpretazione. Va comunque detto che è necessario distinguere quello che risale alla tradizione originaria etrusca e quello che è da attribuire a successive speculazioni filosofico-religiose latine e greche. Per ritornare all'atmosfera drammatica della consultazione delle viscere riporto un brano della “Farsaglia” di Lucano: "Quindi Arunte sceglie la nuca di un maschio e l'avvicina agli altari: Aveva già cominciato a spargere il vino e a disseminare le farine con la lama del suo coltello: La vittima, già recalcitrante di fronte al sacrificio temuto, trattenuta per le corna ribelli da inservienti dalle corte vesti, inginocchiata, offriva al sacrificio il proprio collo, ormai vinta. Ma il sangue non sprizzò fuori come al solito; dalla larga ferita, invece di sangue rosso, sprizzò un umore insano e funesto. Arunte, in preda allo spavento di fronte ad un simile sacrificio dai tetri auspici, impallidendo afferrò le viscere per rintracciare altri segni della collera degli dèi. Ma il colore di queste atterri l'aruspice: ‘fate - egli disse - che le fibre della vittima siano menzognere e che Tagete, il fondatore della nostra arte, abbia inventato queste lugubri deduzioni’". La Religione Sumero-Accadiana e Babilonese-Assira Storie, popoli e divinazione Se gli etruschi si differenziano rispetto ai popoli del Mediterraneo sul piano religioso, sempre per quello stesso piano e non solo, possiamo ritrovare invece forti analogie con i popoli Sumero-Accadiani e Babilonesi-Assiri, popolazioni che abitavano il paese che si estendeva tra i due fiumi Biblici, Tigri ed Eufrate. È da sottolineare che non esiste una religione babilonese indipendentemente da quella sumerica; la distinzione è relativa alle fonti, cioè se redatte in sumerico o in babilonese/accadico. L'ipotesi della preesistenza in questa regione di uno di questi due popoli sull'altro può essere fatta tanto a favore dei Sumeri che degli Accadiani. Risulta però certo che circa nel 3000 a.C. i Sumeri abitavano la parte meridionale della Mesopotamia, mentre gli Accadiani quella settentrionale. Se nelle iscrizioni della prima epoca la lingua sumera non appare soggetta all'influenza semitica, poi il lavoro di fusione tra Sumeri ed Accadiani si perde così lontano nella storia che nulla ci è pervenuto di quando i due popoli vivevano separati. Al popolo Sumero si deve l'invenzione della scrittura cuneiforme e la sua religione influenzò le religioni dei popoli che la assorbirono. Gli abitanti della Mesopotamia fanno risalire la loro storia alle origini del mondo. Le scoperte effettuate dagli archeologi hanno permesso di comprendere che nella religione mesopotamica ci fu un notevole avvicendamento di dinastie e che così come in Etruria era retta autonomamente dal Lucumone, così in Mesopotamia i governatori reggevano le loro città stato. È proprio per quanto riguarda l'arte divinatoria che l'eredità sumerica appare quasi inesistente rispetto a quella accadica, anche se da certi indizi si risale al fatto che manipolavano il capretto e lo consultavano in Lucumone occasione di certe nomine. Grande importanza assunse la mantica presso i Babilonesi e gli Assiri che non intraprendevano nessun atto della vita pubblica e privata senza prima aver consultato chi sapeva esercitare l'arte di predire il futuro. Le pratiche divinatorie erano esercitate da particolari sacerdoti, detti barù (i veggenti), che si rivolgevano a Samas, il dio della divinazione e del sole, signore della visione. L'arte divinatoria diventa il punto di incontro più naturale e frequente fra gli dèi e gli uomini e se gli dei creano a loro piacimento allora per l'uomo tutti gli eventi assumono la caratteristica di parole divine. Il mondo sensibile pertanto si presenta come un linguaggio di cui è sufficiente possederne la chiave per riceverne una comprensione garantita. La comprensione, la predizione del futuro si traeva dall'esame delle interiora, in particolare del fegato degli animali sacrificati. Molti sono i testi babilonesi ed assiri che si riferiscono alla cerimonia dell'epatoscopia pubblica che iniziava con la domanda oracolare del re in relazione a determinate circostanze e con il sacerdote che compiva il sacrificio, di solito di una pecora, per poi procedere all'esame minuzioso del fegato. Le osservazioni erano fatte dopo che il barù aveva ripetuto le parole del re; poi rispondeva se il risultato era propizio o meno. A volte gli indovini si limitavano a rilevare le anomalie più macroscopiche annunciando così le intenzioni degli dèi, ma se c'era una richiesta precisa preparavano dei sacrifici speciali analizzando tutti i dati, non ultimo il comportamento dell'animale. La risposta finale era chiusa con la formula EZIB "A meno che..." con la quale il sacerdote si premuniva contro tutte le cause che avrebbero messo in forse un risultato sicuro. Accadeva anche che queste predizioni, ricavate dall'esame del fegato, fossero redatte su modelli di fegato di piccoli animali in bronzo o in pietra invece che sulle ordinarie tavolette di argilla. Conclusione L'arte divinatoria, sia in Etruria che nel vicino Oriente antico, aveva la funzione di conoscere nel modo più preciso possibile la volontà degli dèi oltre che raccogliere ogni indizio sul futuro che poteva essere concesso all'uomo di individuare; il sacro ed il profano erano mondi non ancora ben delimitati, pertanto la mantica rappresentava l’unica scienza valida. Al pari dell'indovino babilonese, il barù, l'aruspice etrusco traeva da questa o quella osservazione tale o tal'altro presagio. Lo schema della sentenza divinatoria, uguale nei due casi, sembra così essere: se si è costatato questo determinato fatto, dovrà poi seguire questo determinato evento. Il ritrovamento in Mesopotamia di numerosi modelli di fegato in terracotta, recanti tracce di presagi in base alla loro conformazione (2000 a.C. corrispondono a quelli meno numerosi rinvenuti in Etruria; quello scoperto a Falena presenta un solco nel lobo di sinistra che se a Babilonia quello stesso particolare non compariva significava l'assenza del dio. Per gli Etruschi ed i Mesopotamici la legge morale, ovvero il dovere verso gli dèi e verso gli uomini era insita, benché non sempre praticata; il peccato, cioè il male morale poteva essere perdonato dagli dèi mediante la preghiera ed il sacrificio, inteso come mezzo sia per ottenere il perdono che come strumento per conoscere la volontà degli dèi. Tanto in Etruria che in Mesopotamia il culto veniva assolto da un corpo sacerdotale in grado di influenzare in maniera notevole la vita della popolazione. La divinazione in Etruria ed in Mesopotamia ci pone di fronte al problema della libertà che resta al popolo, all'individuo dopo l'interpretazione del presagio. Va sottolineato che sia l'aruspice sia il barù dopo essere giunti, o almeno credevano di essere giunti, all'interpretazione della volontà degli dèi esprimevano una particolare riserva “...a meno che...”, una formula antica e solenne dove quegli stessi sacerdoti, in nome degli dèi, fungevano da intermediazione tra l'uomo ed il suo destino L'angoscia, la paura del futuro, la paura di operare la scelta giusta ora e per sempre non sono sentimenti, emozioni, sconosciuti ai più anche ai nostri giorni. Se il sacrificio di allora aveva il potere comunque di acquietare e di rassicurare parzialmente, non di meno o di più sono in grado di farlo rituali ossessivi che hanno sì la forma dell'obbligatorietà, ma non certo la sacralità. Scoprire che non esiste la scelta giusta ora e per sempre, ovvero che ogni evento, ogni scelta essendo inseriti in un tempo ed uno spazio, sono di per se ridefinibili e non stabili; comprendere che non è l'oggetto scelto importante bensì il predicato verbale scegliere, può oggi rappresentare quel “tertium non datur” che potrebbe aiutarci a conciliare quegli antichi ma attuali opposti: il destino e la possibilità, il caso e la necessità. Relazione tenuta il 29 settembre 2005 Bibliografia PUECH - Religione e storia delle Religioni -1988, Ed. Laterza PUECH - Le religioni del mondo classico- 1976, Ed. Laterza R. OTTO - II Sacra- 1989, Ed. Feltrinelli J. HEURGON - Vita quotidiana degli etruschi -1980, Il Saggiatore M. ELIADE - Storia delle credenze e delle idee religiose - 1975, Ed. Sansoni M. PALLOTTINO - Etruscologia - 1968, Ed. Hoepli G.Q. GIGLIOLI - L'arte etrusca - 1935, Traves R. BLOCH - Gli Etruschi - 1984, Il Saggiatore w. KELLER - La civiltà etrusca – 1981, Ed. Garzanti PUECH - Le religioni in Egitto, Mesopotamia e Persia – 1988, Ed. Laterza C.G. JUNG - Psicologia e Religione - 1984, Ed. Boringhieri PIERO TACCHINI VENTURI - Storia delle Religioni -1949, UTET 1- La religione degli Etruschi (a cura di C.Q. Figlioli) 2- La religione sumero accadiana e babilonese-assira (a cura di U.G. Boson) ROMOLO A. STACCIOLI - Storia e civiltà degli Etruschi- 1984, Newton Compton Editori M. HEIDEGGER - Essere e tempo - Longanesi M. BLOCH - Apologia della storia o mestiere di storico- 1993, Enaudi