Equazione del calore e funzioni trigonometriche.

CAPITOLO 1
Equazione del calore e funzioni
trigonometriche.
1.1. Spazi vettoriali trigonometrici
Il concetto di spazio vettoriale euclideo dovrebbe essere familiare al lettore
di queste note. Per comodità del lettore la definizione (formale ed astratta) è
riportata nella tabella 1. Il nocciolo dell’idea di “vettore” è quello di cose che
possono essere addizionate e sottratte fra loro e che possono essere “allungate”
o “accorciate”. Il nocciolo dell’idea di “vettore euclideo” è quello di perpendicolarità (o ortogonalità). Il formalismo astratto è necessario al solo scopo di
qualificare in maniera non ambigua e non contraddittoria l’idea intuitiva di
“somma”, “allungare”, “accorciare”, “ortogonale”. In particolare, le proprietà
del prodotto scalare sono state studiate in modo che, definendo ortogonali due
Un insieme V è uno spazio vettoriale reale, ed i suoi elementi sono chiamati
vettori, se le proprietà specificate ai punti (1) e (2) sono soddisfatte; se sono
anche soddisfatte le proprietà al punto (3) allora V è uno spazio euclideo.
(1)
(2)
(3)
Esiste una operazione binaria (chiamata addizione e denotata dal
segno +) che associa ogni possibile coppia di vettori ad un singolo
vettore e che, ∀a, b, c ∈ V, soddisfa le proprietà
(a) a + b = b + a (proprietà commutativa)
(b) a + (b + c) = (a + b) + c (proprietà associativa)
(c) ∃0 ∈ V tale che 0 + a = a (esistenza dell’elemento neutro
0)
(d) ∃ā ∈ V tale che a+ā = 0 (esistenza dell’elemento opposto
ā = −a)
Esiste una operazione binaria (chiamata moltiplicazione e denotata
dalla giustapposizione dei simboli degli operandi) che associa ogni
possibile coppia formata da un numero reale ed un vettore ad un
singolo vettore e che, ∀α, β ∈ R e ∀a, b ∈ V, soddisfa le seguenti
proprietà
(a) α (βa) = (αβ) a (proprietà associativa)
(b) 1a = a (il numero uno è elemento neutro della
moltiplicazione)
(c) (α + β)a = αa + βa (proprietà distributiva rispetto
all’addizione fra numeri reali)
(d) α (a, b) = αa + αb (proprietà distributiva rispetto
all’addizione fra vettori)
Esiste una operazione binaria (chiamata prodotto scalare e denotata racchiudendo gli operandi fra parentesi angolari) che associa
coppie di vettori a numeri reali e che, ∀α, β ∈ R e ∀a, b, c ∈ V,
soddisfa le seguenti proprietà
(a) < a, a >≥ 0; < a, a >= 0 ⇔ a = 0 (positività)
(b) < a, b >=< b, a > (commutatività)
(c) < (αa + βb) , c >= α < a, c > +β < b, c > (linearità)
T ABELLA 1. Definizione assiomatica di spazio vettoriale e di
spazio vettoriale euclideo.
1
2
1. EQUAZIONE DEL CALORE E FUNZIONI TRIGONOMETRICHE.
vettori a e b tali che < a, b >= 0, si abbia un modello matematico del nostro
concetto intuitivo di perpendicolarità.
L’esempio più noto e comunemente incontrato di spazio euclideo è costituito da Rn (i cui vettori sono sequenze ordinate di n numeri reali). In particolare
R3 è la struttura matematica comunemente utilizzata come modello per descrivere il consueto spazio fisico tridimensionale nel quale viviamo. Tuttavia,
chi dovesse pensare che la definizione di tabella 1 sia sinonimo di spazio Rn ,
darebbe prova di una certa carenza di immaginazione1. Una volta che una
idealizzazione matematica sia stata assiomatizzata, si è liberi di riutilizzare gli assiomi che la definiscono in qualunque contesto nel quale gli assiomi
stessi possono essere soddisfatti. E questo porta ad utilizzare l’idea di spazio
euclideo in contesti molto lontani da quelli della geometria dello spazio fisico.
Un semplice esempio di spazio euclideo bidimensionale i cui vettori non
sono coppie ordinate di numeri reali è l’insieme delle funzioni definite nell’intervallo [0, 2π] della forma
(1.1.1)
f (x) = A sin(x) + B cos(x) + C
dove A, B, C sono numeri reali arbitrari2. Denoteremo con il simbolo T1 questo
insieme. Esso è uno spazio vettoriale reale perché, usando come “addizione” e
“moltiplicazione” le omonime operazioni algebriche fra numeri reali, è immediato verificare che, se f, g ∈ T1 e α, β ∈ R, allora αf + βg ∈ T1 ; inoltre tutti gli
assiomi dei punti (1) e (2) della tabella 1 sono soddisfatti.
Non è così immediato dare a T1 la struttura di spazio euclideo, perché non
esiste una operazione algebrica che possa essere interpretata come prodotto
scalare. Per ricoprire questo ruolo è necessario definire una nuova operazione
fra funzioni. Un modo molto utile di definire il prodotto scalare fra funzioni è
il seguente
Z 2π
(1.1.2)
< f, g >=
f (x)g(x) dx.
0
È lasciato come esercizio al lettore il compito di verificare che la definizione
(1.1.2) soddisfa tutte le richieste del punto (3) della tabella 1. L’esistenza di
un prodotto scalare conduce in modo naturale alla definizione di una norma.
Infatti è sufficiente porre
p
kf k = < f, f >.
Inoltre la norma conduce in modo naturale alla definizione di una distanza.
Infatti è sufficiente porre
d(f, g) = kf − gk
***Ricordare che prodotto scalare e norma implicano disuguaglianza triangolare, disuguaglianza di Schwarz, teorema di Pitagora, definizione dell’angolo
fra due vettori***
Osserviamo che le funzioni seno e coseno che appaiono nella combinazione
lineare (1.1.1) sono vettori fra loro ortogonali. Infatti
Z 2π
Z 2π
1
< sin, cos >=
sin(x) cos(x) dx =
sin(2x) dx = 0.
2
0
0
1L’affermazione è da intendersi nel giusto senso: ogni spazio euclideo di dimensione n finita
è isomorfo a Rn , e quindi, in un certo senso si identifica con esso in quanto ne condivide tutte le
proprietà algebriche. Quello che può essere profondamente differente è l’interpretazione di che
cosa sia un “vettore”.
2Ovviamente la tripletta ordinata (A, B, C) identifica univocamente un vettore di questo spazio, ed esiste un isomorfismo tra esso e R3 . Ma i vettori di questo spazio non sono le triplette
(A, B, C), bensì le funzioni della forma 1.1.1.
1.1. SPAZI VETTORIALI TRIGONOMETRICI
3
Inoltre, entrambe le funzioni sono ortogonali alla funzione costante 1:
Z 2π
< sin, 1 >=
sin(x) dx = 0,
0
< cos, 1 >=
Z
2π
cos(x) dx = 0.
0
Pertanto la tripletta di funzioni {1, sin, cos}costituisce una base ortogonale di
T1 . Non si tratta, però di una base ortonormale, perché i vettori di questa base
non hanno norma pari a uno, infatti3 < sin, sin >=< cos, cos >= π, < 1, 1 >=
sin √
, cosπ , √12π }.
2π. Una base ortonormale di T1 è data dalla tripletta di funzioni { √
π
Più in generale, possiamo definire lo spazio trigonometrico Tn come l’insieme delle funzioni della forma
n
n
X
X
(1.1.3)
f (x) =
Ak sin(kx) +
Bk cos(kx) + C.
k=1
k=1
L’indice k è detto numero d’onda. Questo è uno spazio euclideo 2n+1-dimensionale,
ed una sua base ortogonale è data dall’insieme di funzioni {s1 , . . . , sn , c1 , . . . , cn , 1},
dove con i simboli sk e ck indichiamo le funzioni i cui valori sono, rispettivamente, sin(kx) e cos(kx).
Per mostrare che questo è uno spazio euclideo 2n + 1-dimensionale, in
aggiunta a quanto detto a proposito di T1 , è sufficiente osservare4 che
Z 2π
sin(kx) cos(lx) dx = 0,
k, l = 1, . . . , n
0
e
Z
2π
sin(kx) sin(lx) dx = 0,
k, l = 1, . . . , n; k 6= l
cos(kx) cos(lx) dx = 0,
k, l = 1, . . . , n; k 6= l.
0
Z
2π
0
Oltre a Tn utilizzeremo altri due spazi trigonometrici in questo e nei prossimi capitoli. Li chiameremo Sn e Cn , e le funzioni che li compongono sono
definite nell’intervallo [0, 2π] e hanno la forma
n
X
k
x ,
, f ∈ Sn ,
(1.1.4)
f (x) =
Ak sin
2
k=1
(1.1.5)
f (x) =
n
X
k=0
Ak cos
k
x ,
2
, f ∈ Cn .
Lo spazio dei seni Sn è n−dimensionale ed una sua base ortogonale è l’insieme
delle funzioni {s1/2 , s1 , . . . , sn/2 }; lo spazio dei coseni Cn è n + 1−dimensionale
ed una sua base ortogonale è {c0 , c1/2 , . . . , cn/2 } (si noti che c0 = 1). È importante osservare che i vettori di base usati per definire Sn e Cn non sono un
sottoinsieme dei vettori di base usati per definire Tn . In Sn e Cn abbiamo usato
anche le semilunghezze d’onda. Per esempio s1/2 ∈
/ Tn , qualunque sia l’intero
n (vedi anche esercizio 1.7).
3Si ricordi l’identità trigonometrica cos(2x) = 1 − 2 sin2 (x) = 2 cos2 (x) − 1.
4Si usino le identità sin(α) cos(β) = (sin(α + β) + sin(α − β))/2; sin(α) sin(β) = (cos(α − β) −
cos(α + β))/2; cos(α) cos(β) = (cos(α + β) + cos(α − β))/2.
4
1. EQUAZIONE DEL CALORE E FUNZIONI TRIGONOMETRICHE.
1.2. Spazi vettoriali funzionali
La definizione (1.1.2) di prodotto scalare fra funzioni è applicabile ad insiemi di funzioni infinitamente più ampi degli spazi Tn , Sn o Cn . La classe più ampia di funzioni per la quale (1.1.2) è una buona definizione di prodotto scalare è l’insieme L2 delle funzioni reali definite nell’intervallo [0, 2π]
che abbiano la proprietà di essere al quadrato integrabili. Questa proprietà
è necessaria affinché esista la norma di ciascuna funzione. Infatti, dire che
f è al quadrato integrabile
vuol dire che esiste il numero reale non negativo
qR
√
2π 2
f (x) dx. Per dare ad L2 la struttura di spazio vettokf k = < f, f > =
0
riale euclideo sono necessarie ulteriori passi, ed alcune sottigliezze5. Inoltre L2
risulterà essere uno spazio euclideo di dimensione infinita, il che comporta la
necessità di ulteriori attenzioni6. In questa sede non svilupperemo una teoria
degli spazi L2 , ma ci limiteremo ad usare spazi funzionali di dimensione finita, per i quali rimangono validi tutti i teoremi che costituiscono il programma
usuale dei corsi di algebra lineare.
Anche senza mai usare spazi euclidei di dimensione infinita, ci interessa
osservare che è possibile utilizzare gli spazi Tn , Sn o Cn (ed altri spazi di funzioni a dimensione finita) per approssimare funzioni appartenenti all’insieme
L2 . Questa affermazione è da intendersi col seguente significato: scelto uno
spazio di funzioni euclideo Fn (dotato del prodotto scalare 1.1.2) e data una
funzione f ∈ L2 , ci domandiamo quale sia la funzione g ∈ Fn che rende minima la distanza d(f, g). Se una tale funzione g esiste ed è unica, allora essa
è la migliore approssimazione per f che possiamo trovare all’interno di Fn .
Ovviamente il termine “migliore approssimazione” va inteso in senso condizionato alla particolare definizione di distanza (e quindi di prodotto scalare) che
abbiamo utilizzato. In termini espliciti
s
Z 2π
2
(f (x) − g(x)) dx
d(f, g) =
0
quindi stiamo chiedendo che lo scarto quadratico medio tra f e g sia minimo.
Trovare la migliore approssimazione di una funzione f ∈ L2 all’interno
di uno spazio Fn è facile se è nota una base ortonormale {e1 , . . . , en } di Fn .
Infatti, in analogia con quanto accade negli spazi euclidei finito-dimensionali,
adottiamo la seguente
D EFINITION 1.2.1. Proiezione di f in Fn . La proiezione di f in Fn , espressa
rispetto alla base ortonormale {e1 , . . . , en }, è la funzione
(1.2.1)
fn =
n
X
ck e k
k=1
5La principale delle quali è necessaria ad aggirare il seguente problema: se le funzioni f e f˜
appartegono a L2 e sono uguali ovunque salvo che in un punto x̄ ∈ [0, 2π), è immediato dedurre
che d(f, f˜) = 0. Ma se la distanza fra due vettori è nulla i due vettori devono essere identici,
mentre f e f˜ non lo sono, perché differiscono nel punto x̄. Nella teoria degli spazi funzionali tutte
le funzioni che hanno distanza nulla fra loro sono rappresentative di un unico vettore dello spazio
vettoriale. In altre parole, i vettori di L2 non sono funzioni, ma classi di equivalenza fra funzioni.
6Per esempio, qualunque sequenza di n vettori ortogonali in uno spazio n dimensionale è una
base, ma non tutte le sequenze infinite di vettori ortogonali sono una base di uno spazio euclideo
di dimensione infinita. La dimostrazione di questa affermazione è immediata: se da una sequenza
infinita di vettori ortogonali che è una base ne eliminiamo uno, rimane una sequenza infinita di
vettori ortogonali, ma nessuna combinazione lineare di essi è uguale al vettore eliminato, e quindi
ciò che rimane non è una base.
1.3. ESERCIZI
5
dove i coefficienti reali ck sono dati da
(1.2.2)
ck =< f, ek >,
, k = 1, . . . , n.
Concretamente, per proiettare la funzione f in Fn è necessario solo saper
R 2π
eseguire gli n integrali che definiscono i coefficienti ck =< f, ek >= 0 f (x)ek (x) dx.
Il passo successivo è quello di riconoscere che la proiezione fn è proprio l’approssimazione cercata.
T HEOREM 1.2.2. Approssimazione ottimale. Data una funzione f ∈ L2
ed uno spazio di funzioni euclideo n−dimensionale Fn , la proiezione fn di f
è l’elemento di Fn che ha distanza minima da f . Inoltre non esistono altri
elementi di Fn aventi pari distanza da f .
D IMOSTRAZIONE . Sia {e1 , . . . , en } una
P base di Fn . Una qualunque funzione g ∈ Fn può essere espressa come g = k (ck +dk )ek , dove ck sono i coefficienti
(1.2.2) che definiscono la proiezione fn rispetto alla base {e1 , . . . , en }. Si ha che
+
*
n
n
X
X
2
d (f, g) = f − fn −
dk ek , f − fn −
dk ek =
k=1
k=1
n
2
+
*
n
X
X
2
dk ek − 2 f − fn ,
= kf − fn k + dk ek =
k=1
k=1
= d2 (f, fn ) +
n
X
k=1
d2k − 2dk hf − fn , ek i .
Ma < f − fn , ek >=< f, ek > − < fn , ek >= ck − ck = 0, quindi
v
u
n
X
u
d(f, g) = td(f, fn ) +
d2k .
k=1
È chiaro che questa distanza è minima se e solo se dk = 0 per k = 1, . . . , n, e
questo implica g = fn . L’unicità del minimo è garantita dal fatto che in uno
spazio euclideo, fissata una base {e1 , . . . , en } e dei coefficienti {c1 ,P
. . . , cn }, esiste
un unico elemento esprimibile tramite la combinazione lineare k ck ek .
C OROLLARY 1.2.3. Se fn è la proiezione di f ∈ L2 in Fn e fn+1 è la proiezione di f in Fn+1 , allora d(f, fn ) ≥ d(f, fn+1 ).
D IMOSTRAZIONE . È una conseguenza immediata del teorema (1.2.2).
1.3. Esercizi
E XERCISE 1.4. Dimostrate che l’elemento neutro di uno spazio vettoriale
è unico (proprietà 1.c). Dimostrate che l’opposto di un dato vettore a è unico
(proprietà 1.d). S UGGERIMENTO: supponete per assurdo che esistano due elementi neutri, o due opposti, e verificate che questo porta ad una contraddizione
con almeno una delle altre proprietà che definiscono uno spazio vettoriale.
E XERCISE 1.5. Usate le proprietà di tabella 1 per dimostrare che il prodotto scalare è bilineare, ovvero che vale anche la proprietà: ∀x, y ∈ R e
∀a, b, c ∈ V, < a, (xb + yc) >= x < a, b > +y < a, c >. Dimostrate anche
che il vettore nullo è ortogonale a tutti gli altri, cioé che ∀a ∈ V, < a, 0 >= 0.
6
1. EQUAZIONE DEL CALORE E FUNZIONI TRIGONOMETRICHE.
E XERCISE 1.6. Nell’intervallo [0, 1] i polinomi P0 (x) = 1 e P1 (x) = 1/2 + x
sono fra loro ortonormali, rispetto alla definizione (1.1.2) di prodotto scalare.
Trovate un polinomio di secondo grado ortonormale ad entrambi.
R 2π
E XERCISE 1.7. Dimostrate che 0 sin(kx/2) cos(lx/2) dx 6= 0 se k e l sono
dispari, pertanto non ha senso usare anche le semilunghezze d’onda nella defiR 2π
nizione (1.1.3), ma solo le lunghezze intere. Dimostrate che 0 sin(kx/2) sin(lx/2) dx =
R 2π
0 e 0 cos(kx/2) cos(lx/2) dx = 0 per k e l interi, k 6= l, pertanto le funzioni trigonometriche che appaiono nelle definizioni (1.1.4) e (1.1.5) sono realmente
una base ortogonale di Sn e Cn , rispettivamente.
E XERCISE 1.8. Trovate la proiezione in Tn delle seguenti funzioni definite
in [0, 2π]:
f1 (x) = H(x − π)
f2 (x) = |π − x|
f3 (x) = sin(x/2)
f4 (x) = x(x − 2π)
f5 (x) = x − π
dove H è la funzione di Heaviside. Quale regolarità notate?