La Chiesa dei Cappuccini
Il convento dedicato a Maria SS. di Costantinopoli, conosciuto da tutti come il Convento dei
"Cappuccini", fu costruito, come si legge in una lapide nell'interno della Chiesa, nell'anno 1577 ad
opera dei "poveris-simi" Frati Cappuccini e fu consacrato e reso solenne dal cardinale Orsini il
giorno 27 settembre 1687; Fra’ Arcangelo da Montesarchio nel
1650 descriveva il piccolo
convento con annessa la chiesa per l'inventario al superiore ordine:
“come un pio luogo circondato da selva, e, che in esso vivono 12 persone che non hanno
reddito”
Il convento fu fatto costruire dal marchese di casa d'Arboro della famiglia Caracciolo, allora
padrona di Montesarchio, e dell'università della terra di Montesarchio. Il sigillo che chiude il
documento storico reca l'immagine della beata Vergine con il Bambino in braccio e l'iscrizione:
“Loco d. Cappuccini Montesarchio”
Grazie all'immagine a corredo "l'altare opera di Fra Bernardino da Massa" si poteva notare il trittico
con al centro la Madonna di Costantinopoli e ai lati le pale di S. Antonio e S. Francesco che
ornavano l'altare maggiore, in alto del trittico una pala raffigurante la SS. Trinità, l'intero altare in
legno era completamente intarsiato con un ricco tabernacolo. Nella parte sinistra della navata,
entrando sempre dal grosso portone, vi era una grossa lapide con iscrizione latino-arcaico, la quale
attesta che la Chiesa fu eretta dai frati cappuccini. Tra la navata ed il presbiterio c’era una balaustra
in muratura e marmo con cancelletto in legno.
Dietro l'Altare maggiore trovava posto una pala
in noce lavorato a sbalzo e colonne laterali, a
soggetto sacro, con fregi ed intarsi di buona
fattura, di impronta tardobarocca.
Nelle pareti laterali della navata centrale vi
erano due cupolette, che racchiudevano due
sculture lignee di due diversi Santi Patroni. Il
pavimento della chiesa, che in origine doveva
essere di terracotta, secondo le consuetudini
francescane ispirate alla semplicità delle forme,
a metà del '700 venne rimosso e sostituito con
maioliche napoletane.
Nell'interno della chiesa, a sinistra della navata
in una piccola cappella trovavano posto le
tombe dei D'Avalos signori di Montesarchio,
esse furono profanate nel 1967/68, e
successivamente completamente distrutte dei
marmi.
Dalle disposizioni testamentarie di Giulia
D’avalos, (1644 – 1713) moglie del cugino
Giovanni d’Avalos si legge che qualora la
morte l’avesse sorpresa a Montesarchio
avrebbe voluto essere sepolta nella Chiesa di S.
Maria di Costantinopoli, dei Padri Cappuccini.
Accedendo nella sacrestia una scala ed un corridoio conducevano in una stanza dal soffitto
affrescato, che rappresentava ricche ornature pittoriche e stemmi di antiche nobili famiglie, ed ad un
bellissimo coro, interamente costruito in noce.
Accanto alla chiesa il convento. Dal lato sinistro della facciata della Chiesa si accedeva, tramite un
grosso portone, in un bellissimo chiostro, costruito con grazia seicentesca sormontato da bellissime
volte a crociera, tali da creare, oltre ad una magnifica veduta prospettiva, anche una armonia di luci
ed ombre; al centro un pozzo in pietra serena,
sapientemente abbellito da alcune strutture di
ferro battuto.
Ripercorriamo brevemente le vicende da quando,
come accennato in precedenza, il complesso era
passato al comune di Montesarchio, mantenendo
però il vincolo della destinazione con Direzione
Generale del Fondo per il Culto, che fu sciolto
agli inizi del ‘900.
Nel 1875 fu deliberato di trasferire il cimitero di Montesarchio, presso il Convento; tale progetto
non fu realizzato perché troppo costoso (circa lire 95.000).
Il 29.10.1883 il Comune deliberò di destinare l'immobile a scuola maschile per gli abitanti nelle
frazioni di Cirignano e Varoni. Ma anche questo progetto non ebbe esito, perché era troppa la strada
che i ragazzi dei villaggi di Varoni e Cirignano dovevano percorrere per arrivare alla scuola, ma
anche perché i ragazzi di Cirignano dovevano attraversare il "vallone S. Angelo" per loro troppo
scosceso e pericoloso. A seguito della peste che scoppiò nel 1844, il convento fu adibito a
lazzeretto., come avverrà anche durante la peste del 1906.
Intanto durante tutti questi anni il complesso rimase in un completo stato di abbandono, salvo
qualche sporadica manutenzione alla chiesa ed al fabbricato attiguo.
Nella seconda metà degli anni 20 del ‘900, l’immobile fu destinato
a Colonia Montana, , intitolandola a “Clinio Ricci”, comprendendo
nel progetto il fabbricato, il terreno adiacente e l’annesso boschetto.
La ristrutturazione fu eseguita dalla ditta Mercaldo Salvatore per
una spesa di lire 14.380. Nel 1930 il Comune, a proprie spese,
provvide alla fornitura della luce all’immobile ed all’ illuminazione
della strada che conduceva al convento.
Tra il 1937 e il 1938 il parroco di Varoni, Don Lombardi, fece
restaurare la chiesa, chiedendo anche il sostegno economico al
Comune. Durante il periodo della guerra il convento fu usato come
ospedale.
Questo era allora. Oggi non resta che vedere i ruderi di quello che fu
un gioiello di capolavoro dei frati cappuccini.