Una buona EFFICIENZA FISICA (PHYSICAL FITNESS) permette di rallentare l’insorgenza e l’evoluzione di tutti quei fenomeni degenerativi legati all’invecchiamento ed alla cattiva funzionalità delle strutture organiche. Già nell’età evolutiva è possibile evidenziare come lo sviluppo armonico dell’organismo venga favorito da un’attività fisica condotta con regolarità, mentre la sedentarietà crea i presupposti della cosiddetta malattia ipocinetica (basti pensare al fatto che molti bambini al giorno d’oggi passano la maggior parte del loro tempo libero davanti al computer o impegnandosi nei videogiochi). Con il termine malattia ipocinetica deve intendersi quella patologia provocata dalla riduzione dell’attività fisica dell’organismo e caratterizzata da ipotrofia ed ipotono dei muscoli scheletrici con conseguenti alterazioni a carico dell’apparato locomotore, di quello cardio-respiratorio e del sistema metabolico. La ridotta attività fisica crea infatti i presupposti per la comparsa, nell’età giovanile, di quadri paramorfici che per quanto riguarda l’apparato muscolo-scheletrico sono rappresentati da: 1) atteggiamento scoliotico, 2) dismetria degli arti, 3) scoliosi, 4) cifosi cervico-dorsale, 5) iperlordosi, 6) varismo e valgismo delle ginocchia, 7) platismo del piede ecc. Queste alterazioni, oltre a ripercuotersi negativamente sulla dinamica cardiorespiratoria (in particolare la scoliosi), sono alla base della precoce comparsa di problemi reumatologici, sia in età giovanile che adulta, rappresentati da: 1) tendinopatie, 2) lombalgie e lombosciatalgie, 3) cervico-brachialgie, 4) coxalgie, tutti più o meno precocemente accompagnati da fenomeni artrosicodegenerativi ad evoluzione progressiva. La ridotta o nulla attività fisica, inoltre, si accompagna spesso ad errate abitudini alimentari; ciò comporta l’insorgenza di alterazioni a carico del sistema endocrino-metabolico rappresentate da: 1) eccesso ponderale con sfavorevole rapporto peso-statura, 2) alterazione del feed-back diencefalico relativo all’appetito, 3) precoce comparsa di alterazioni ematochimiche (soprattutto per quanto riguarda l’assetto lipidico). Ciò crea i presupposti per l’insorgenza di dismetabolismi che sono alla base di patologie invalidanti (diabete, ipertensione, malattia coronarica) L’insorgenza di una obesità precoce, inoltre, accentuata dalla perdita di tonotrofismo muscolare, non fa che aumentare i sovraccarichi sulle strutture muscolo-scheletriche, accentuando il fisiologico fenomeno dell’invecchiamento. Cuore e polmoni, in un soggetto ipocinetico, diminuiscono le loro capacità funzionali: la massima frequenza cardiaca raggiungibile durante attività fisica diminuisce e viene raggiunta precocemente; capacità contrattile ed elasticità del muscolo cardiaco si deteriorano, proprio come avviene a livello del muscolo scheletrico; peggiora, quindi, la portata circolatoria e l’ossigenazione dei tessuti. Anche l’apparato respiratorio peggiora le sue capacità funzionali: il valore della massima ventilazione diminuisce a causa della ridotta elasticità polmonare e della concomitante limitata efficienza dei muscoli respiratori accessori; la perfusione ematica a livello alveolare si riduce, alterando l’efficienza degli scambi respiratori. La malattia ipocinetica può identificarsi, in ultima analisi, in un precoce invecchiamento dell’organismo, mentre un buon tono-trofismo muscolare, una corretta funzionalità cardiocircolatoria e respiratoria, una massa grassa corporea presente nella giusta quantità (tutte condizioni dipendenti da una idonea attività fisica e da una corretta igiene alimentare) possono essere considerati fattori favorenti una buona qualità della vita. La PHYSICAL FITNESS di un soggetto si compone di elementi diversi: 1. attitudine a sopportare l’esercizio fisico 2. caratteristiche dei sistemi energetici 3. forza e resistenza muscolare 4. coordinazione neuro-muscolare Un buon livello di capacità fisica permette: 1. di svolgere il proprio lavoro con efficacia 2. di superare facilmente sforzi fisici in condizioni di emergenza 3. di possedere riserve di energia adeguate per le attività ludico-sportive La PHYSICAL FITNESS può essere pertanto definita come: LA CAPACITÀ, CARATTERIZZATA DA UNA EFFETTIVA INTEGRAZIONE DI FORZA, FLESSIBILITÀ, RESISTENZA CARDIORESPIRATORIA, COORDINAZIONE E CORRETTA COMPOSIZIONE CORPOREA, DI SVOLGERE UN ESERCIZIO FISICO SOSTENUTO. Come si è visto, l’invecchiamento e l’ipocinesi, poiché intervengono su tutti gli elementi che caratterizzano la Physical Fitness, si riflettono in uno scadimento della stessa e l’esercizio fisico appare essere l’unico vero antidoto al deterioramento progressivo dell’efficienza fisica. Una corretta attività fisica ha pertanto come scopo il raggiungimento ed il mantenimento di una buona Fitness, annullando o ritardando gli effetti dell’invecchiamento a livello cardiocircolatorio, muscolare ed articolare; inoltre si prefigge di correggere le cattive abitudini della civiltà moderna, prevenendo proprio la sindrome ipocinetica e l’obesità. Peraltro per evitare danni, soprattutto alle strutture muscolari, scheletriche ed articolari e all’apparato cardiocircolatorio, l’impegno fisico in soggetti non allenati deve essere ben dosato; il tipo di attività e l’intensità della stessa devono essere scelte in funzione delle strutture articolari e motorie interessate: in tal modo si previene l’insorgenza di fenomeni algici e/o di lesioni a carico delle strutture anatomiche, che potrebbero essere sovraccaricate da una attività fisica non corretta. I benefici che l’allenamento può apportare sono i seguenti: 1. MUSCOLO E ARTICOLAZIONI: aumento del tono e del trofismo della muscolatura. L’allenamento determina aumento delle dimensioni del muscolo, con incremento della funzionalità dell’apparato muscoloscheletrico; migliora la forza e l’elasticità del muscolo e la mobilità articolare; migliora, inoltre, la postura. In particolare un potenziamento equilibrato della muscolatura del tronco e di quella addominale previene le modificazioni degenerative a carico della colonna vertebrale e l’insorgenza di patologie discali e di lombosciatalgie acute e croniche. 2. METABOLISMO: l’allenamento, inoltre, migliora la resistenza muscolare e fa aumentare la capacità di sostenere contrazioni muscolari per tempi prolungati; incrementa la capacità di controllo dell’appetito e migliora il rapporto peso-statura, con prevalenza della massa magra su quella grassa. Gli indici ematochimici si normalizzano. 3. APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO: migliora la capacità contrattile del cuore e quindi una maggior quantità di sangue viene messa in circolo ad ogni contrazione: ciò determina, oltre ad una migliore irrorazione coronarica del cuore stesso, una migliore ossigenazione della muscolatura. La frequenza cardiaca basale si abbassa e durante lo sforzo sale più lentamente e può raggiungere livelli massimi più elevati rispetto al sedentario. Il sistema circolatorio recupera la sua elasticità ed il ritorno venoso al cuore diviene più efficiente, facilitato dall’effetto “pompa” del sistema muscolare. Anche la pressione arteriosa si riporta a livelli fisiologici e le variazioni durante lo sforzo divengono minori. 4. APPARATO RESPIRATORIO: migliora la capacità di assumere ossigeno a livello degli alveoli polmonari e l’apparato respiratorio riacquista la sua elasticità. I volumi respiratori ritornano alla norma, anche per la riacquistata efficienza dei muscoli respiratori accessori. L’effetto complessivo di questi adattamenti all’allenamento è una maggior produzione di energia attraverso il metabolismo aerobico utilizzando i grassi, con risparmio del glicogeno muscolare e conseguente diminuzione della produzione di acido lattico e quindi con un miglioramento della capacità di lavoro muscolare. Inoltre l’allenamento sportivo rappresenta una vera e propria forma di prevenzione nei confronti delle conseguenze dell’ipocinesi e dell’obesità (o, comunque, dell’eccesso ponderale). Gli effetti negativi (o supposti tali) dell’esercizio fisico possono essere: 1. DANNI A CARICO DELLE STRUTTURE MUSCOLO-SCHELETRICHE E ARTICOLARI: un eccesso di carico unito ad un’errata postura durante l’attività fisica, può generare sovraccarichi strutturali, con possibili alterazioni degenerative a carico della colonna vertebrale e delle articolazioni, determinando un invecchiamento precoce dell’individuo. 2. PRODUZIONE DI RADICALI LIBERI: è noto che l’ossigeno inalato in eccesso può causare dei danni, anche irreversibili, se la somministrazione si prolunga per più di qualche ora; esso è infatti una sostanza intrinsecamente tossica della quale, tuttavia, le cellule hanno assoluta necessità. L’ossigeno è una molecola ossidante, cioè in grado di accettare elettroni provenienti da altre strutture molecolari, che hanno, evidentemente, la tendenza a “donare” elettroni; tra queste molecole troviamo tutte quelle contenenti il ferro. Il ferro che si trova nell’emoglobina del sangue, nella mioglobina del muscolo e nella catena respiratoria mitocondriale cellulare, cede con facilità un elettrone all’ossigeno; anche il rame e lo zinco svolgono la stessa funzione. La molecola di ossigeno che acquisisce un elettrone diviene estremamente instabile e tende a perdere nuovamente tale elettrone; l’ossigeno che ha acquistato un elettrone (radicale superossido) diviene una molecola chimicamente molto reattiva che può combinarsi casualmente con qualsiasi altra sostanza presente nelle cellule, purché essa sia in grado di rendere stabile la molecola di superossido. Si generano, quindi, pericolosi perturbatori dell’ambiente cellulare in grado di lesionare le membrane e le proteine funzionali della cellula e lo stesso DNA cellulare, che è alla base del patrimonio genetico: questi pericolosi elementi sono detti RADICALI LIBERI DELL’OSSIGENO. Le protezioni esistenti nell’organismo contro questi pericolosi perturbatori sono svariate: la più comune è il “CONFINAMENTO”; infatti nella cellula i processi ossidativi avvengono solo nei mitocondri, i quali, a differenza delle altre strutture subcellulari, possiedono una doppia membrana, che sottolinea la pericolosità del loro contenuto. Solo in essi si trovano le grandi quantità di ferro tipiche delle cellule a metabolismo aerobico. Tuttavia può accadere che accidentalmente si formino dei radicali liberi dell’ossigeno e possano circolare liberamente nella cellula; esistono, però, svariati sistemi enzimatici (superossido-dismutasi; catalasi ecc.) predisposti, come vere trappole, a catturare i radicali liberi ed a trasformarli in sostanze prive di tossicità o almeno meno pericolose per l’organismo. Accanto a questi fattori enzimatici, esistono alcuni fattori coenzimatici di natura vitaminica, quali l’acido ascorbico (vitamina C), i tocoferoli (vitamina E), l’ubichinone (coenzima Q) e varie altre sostanze usate come accettori degli elettroni sottratti ai radicali liberi detossificati. Non c’è dubbio che l’esercizio fisico, soprattutto di lunga durata, comporti un aumento del trasporto e del consumo dell’ossigeno ai muscoli e quindi una condizione in cui si possa avere un aumento della formazione di radicali liberi. Numerosi studi sperimentali hanno evidenziato come alcuni prodotti metabolici, indicanti un danno causato da radicali liberi, aumentino nel corso di esercizi muscolari massimali continui. Il meccanismo ipotetico di tali fenomeni sarebbe legato all’ipossia relativa presente in alcuni tessuti durante l’esercizio, che faciliterebbe, nella fase di recupero, alterazioni da radicali liberi dell’ossigeno. Negli stessi soggetti, tuttavia, un esercizio submassimale, anche ripetuto, sembrerebbe addirittura ridurre tale rischio. L’attività fisica regolare e costante, comporta una serie di adattamenti tra i quali quelli relativi al miglioramento dell’efficienza dei sistemi enzimatici e coenzimatici che contrastano l’azione lesiva dei radicali liberi: in altri termini, quindi, una conseguenza dell’allenamento ben eseguito sarebbe quella di minimizzare il danno acuto da radicali liberi, che può conseguire ad un esercizio strenuo. Si può inoltre ipotizzare che l’organismo così adattato, sia particolarmente in grado di contrastare il danno perossidativo durante la vita quotidiana e non si può escludere che il risultato di questo processo possa essere un miglioramento globale della resistenza organica ai danni dell’ossigeno. Si deve però sottolineare che molto del potere autossidante dell’organismo, necessario per combattere i radicali liberi, deriva da fattori coenzimatici introdotti con l’alimentazione (vitamina C, E, ecc.). Una dieta varia ed equilibrata è quindi importante per assicurare il giusto apporto di nutrienti e coenzimi necessari. Una riflessione finale: l’esercizio fisico, oltre a determinare una maggior produzione di radicali liberi, esercita una notevole influenza su molteplici variabili fisiologiche e metaboliche; un eventuale effetto sulla sopravvivenza dell’uomo deriva dalla somma di tutte queste influenze e non esiste attualmente la possibilità di calcolare tale effetto. Gli unici dati attendibili sono quelli basati sulle statistiche epidemiologiche e queste dicono che CHI SVOLGE ATTIVITÀ FISICA, CONTINUATIVA E AD INTENSITÀ MODERATA, VIVE PIÙ A LUNGO E, SOPRATTUTTO, IN BUONA SALUTE.