Sinfonia dal nuovo mondo: scenari e strumenti

“Sinfonia dal nuovo mondo: scenari e strumenti organizzativi odontoiatrici”
By Franco Tosco – Lessicom srl
Il professionista
nel quadro economico che varia
La prospettiva di una chiusura immediata, o vicina, della produzione liberale e individualizzata all’interno di un mercato non credo che sia esaustiva della situazione attuale.
Poiché il sistema economico è molto importante per capire in quale mondo noi viviamo e in
quale mondo viene esercitata la professione, muoverò da esso per questo scritto.
Il sistema economico nel mondo occidentale è passato da una società di tipo industriale che è
finita grossomodo negli anni ’60, primi ’70 del XX secolo, ad una società post-industriale su
cui si è discusso molto, anche se meno in Italia.
Si tratta di una società che aveva come proprio epicentro il mondo dei servizi da una parte,
che allora spuntavano e diventavano una componente importante dell’economia, e dall’altra la
presenza indiscutibile della conoscenza scientifica del mondo della produzione,
In questo passaggio l’elemento conoscitivo e scientifico assurse a contenere l’essenza stessa
della produzione occidentale.
Fenomeno questo che portò alla cosiddetta vittoria degli Stati Uniti, sia sul Giappone, sia sull’Unione
Sovietica alla fine degli anni ’80, quando gli Stati Uniti, attraverso questo ramassamento di tecnici, ricercatori, ecc. e, cavalcando le nuove scienze e discipline, riuscirono a ridiventare il primo paese del
mondo e, naturalmente, a mettere alle corde l’economia sovietica che non aveva lo stesso sviluppo. Si
può dire che l’Unione Sovietica non cadde per motivi ideologici, ma per motivi economici.
L’avvento dei
servizi
Ora abbiamo il sopravvento di una terza fase che risale agli anni ’90: l’economia che si sviluppa essenzialmente attraverso servizi. L’elemento “servizi” prende decisamente il sopravvento sull’elemento “manifattura”.
I servizi diventano più sofisticati, più personalizzati, più filosofici di prima.
Più sofisticati è sotto gli occhi di tutti, hanno un’espansione formidabile a partire dal circa la
metà degli anni ’90.
Alcuni esempi. Basta guardare la struttura dei nuovi giornali, la distribuzione commerciale che cambia
radicalmente, le modifiche strutturali degli alberghi: quali le richieste, a quali bisogni sono ormai chiamati a rispondere (piscine, lifting, preparazione di convegni).
La creatività
In questo periodo viene fuori un nuovo elemento, accanto alla cosiddetta conoscenza scientifica: “l’elemento creatività”, contingenza particolarmente importante del mondo odierno.
La creatività diventa un fenomeno economico e la produzione, almeno in parte, diventa una
produzione immateriale, che si alimenta non tanto di una produzione manifatturiera (carri armati, treni, aerei o mattoni), ma di una produzione immateriale per lo più creativa, basata molto spesso sulle arti e sulle scienze, sulle cose che il produttore di una volta considerava come
“il diverso” rispetto a sé.
In questa situazione tutto il mondo produttivo, anche la grande diffusione dell’eclettismo odierno, subisce una profonda modificazione che deriva dai servizi, anche per quanto concerne la
parte filosofica: il progresso dell’umanità, il “vivere meglio”, l’edonismo che avanza (non solo
nella pubblicità, ma anche nel desiderio che viene indotto nelle masse di acquistare prodotti
che portano a questo, come le crociere e le vacanze). Tutto ciò ha mutato profondamente il
quadro sociale di riferimento e quindi il mondo della produzione.
In questo rapporto con l’economia dei servizi avanzati, per definire la professione di un operatore professionale che oggi chiamiamo “di una volta” e anche il “dentista/odontoiatra di una
volta” si richiama qui il sociologo delle professioni Hans Greenwood.(1) I caratteri venivano indicati come i seguenti:
- è innanzitutto un’attività specifica fondata su teorie – e non solo pragmatica – che si apprendono all’università;
il Medico va all’università e studia anatomia, fisiologia, studia le patologie; l’avvocato va all’università e
studia diritto civile, diritto amministrativo, diritto penale, diritto fiscale e quindi ha un supporto teoretico
alla propria professione, al proprio agire, al proprio fare. Non è un “praticone” qualunque. L’elemento
cognitivo della professione è fondamentale.
-
-
è una attività che prevede la cosiddetta “autorità professionale”, l’autorità che il professionista ha sul cliente, che passa dal professionista al cliente, e non dal cliente al professionista.
Non è il cliente che ordina al professionista ciò che lui deve fare. E’ invece il professionista che ordina, consiglia, dice spesso perentoriamente al paziente cosa deve fare.
è accompagnata dal riconoscimento della comunità o della società,
Ogni professione riconosciuta passa attraverso il riconoscimento, quindi la società emana una legge o
la riconosce – come accade in America – attraverso delle associazioni. Deve comunque esserci un atto
di riconoscimento. Non chiunque può curare le patologie del cavo orale, ma deve avere una preparazione per farlo. Questo è un fenomeno importantissimo.
-
Il professionsta
e le aggregzioni
è guidata dall’etica professionale: conglobata e riunita in codici etici è stata la prima etica
del mondo occidentale afferente al campo della produzione.
Non è l’etica degli affari (business ethics) a venire per prima, ma è l’etica professionale, i
codici etici introdotti dalle professioni.
Questi sono stati i primi elementi etici. Nel rapporto con il cliente, il professionista deve
seguire regole e criteri, perché avendo egli una preminenza tecnica –conoscendo la materia– non può approfittare di questa preminenza per conculcare il cliente o estorcere da lui
delle prestazioni non dovute. Il professionista, come concepito, era esattamente questo:
una persona competente nel ramo dello scibile da cui si andava perché fornisse una risposta ad un bisogno particolare e specifico, nel quadro di elementi diversi da tutti quelli
che connotavano per esempio il mondo dell’imprenditorialità.
La tematica delle professioni è stata sempre fondamentale e non ha mai declinato, perché
da un momento in avanti si è capito che senza le conoscenze specifiche, proprie dei professionisti, non si poteva avere una società matura, avanzata, competitiva, con potenzialità nuove che, a loro volta, hanno creato la loro produzione proprio sulla base professionale.
Il problema che secondo me si pone oggi nel mondo delle professioni è un problema di
come modificare la figura del professionista singolo in un quadro segnato dalla presenza di
forti aggregazioni.
Nascono ovviamente anche i Gruppi, le Società e le Organizzazioni Professionali accanto agli
studi monoprofessionali. Dal modo in cui sono strutturate queste organizzazioni dipende il loro
successo o insuccesso e la loro presa sulla società.
Ma l’organizzazione professionale, anche se di grande impatto, non elimina le forme di aggregazione più piccole né –ancora meno- i singoli studi, purché queste forme di aggregazione garantiscano la prestazione del servizio.
Che deve essere un servizio di livello alto e competitivo.
E qui si introduce la questione della competitività: non si può più “dormire sugli allori” né pensare che il titolo da solo possa garantire la propria sopravvivenza professionale. Bisogna dare
dimostrazione continua della propria capacità ed opponibilità ad altri del particolare valore
personale.
1)
E. Greenwood, Attributes of a profession, Social work 2, n^ 3, july 1957, pp. 44-45.
Questo per dire che, rifiutando la visione catastrofica di ciò che succede nel presente, si ritiene che esista un ampio spazio sia per la professione individuale e sia per quella associata. E
probabilmente in futuro anche per le società professionali, ancorché in Italia siano state approvate in ritardo.
In un mondo con il quarto settore di “servizi ai servizi” segnato anche dalla creatività, si intravede nel mondo professionale odierno un indirizzo che, rispetto allo spirito di rassegnazione
che poteva caratterizzare il momento di crisi più acuta, non ha tuttavia eliminato i caratteri che
muovono verso questa direzione. La crisi non è mai riuscita a eliminare i caratteri del sistema
basato su servizi molto sofisticati, personalizzati e filosofici. Ci sono difficoltà inevitabili nel
momento economico, perché i clienti non pagano le parcelle ed hanno meno soldi, ma sostanzialmente lo schema dell’operazione o azione professionale non è venuto meno.
Ricerca di nuove
funzioni
Ciò che emerge attorno a noi è un’altra cosa. E’ la ricerca da parte delle professioni –si può
dire di quasi tutte le professioni– di nuove funzioni.
Le professioni non possono più adattarsi ad essere soggette a una categoria di prestazioni
funzionali sclerotizzate. L’acquisizione di nuove funzioni è un fenomeno in atto ed è visibile.
Questo è l’elemento che ritengo porterà alla salvezza le professioni, se non ad una reviviscenza della situazione precedente. Proviamo ad esaminare quello che sta accadendo nelle
professioni.
Gli architetti, oggi, sono l’espressione emblematica del mondo professionale. Perché gli architetti sono su tutti i rotocalchi ed hanno dato luogo al fenomeno dell’archistar?
E’ avvenuto perché gli architetti oggi rispondono ad un bisogno di nuova edilizia, ma lo fanno
acquisendo anche nuove funzioni: basti pensare a Bilbao e al Museo Guggenheim di Gehry.
L’architetto ha assunto la funzione –oltre a quella normale di edificazione, che era di altri tempi– di creare, nelle città e nei posti anche più impensati, degli edifici attrattivi, che portano a
vedere l’edificio migliaia e migliaia di persone.
Ci sono poi altre espressioni, forse molto più modeste.
Ad esempio la nuova farmacia. Quella dei farmacisti è stata una delle professioni più minacciate: abolizione del servizio farmaceutico e sostituzione con strutture di Stato, comunali, etc.
Il farmacista di oggi sta inventando la nuova farmacia. I farmacisti stanno inventando di associare gli psicologi alle farmacie, e probabilmente di associare altri professionisti per farne una
specie di clinica locale. Potrebbero diventare importanti centri di sanità, rappresentativi di una
mentalità positiva del nuovo farmacista.
I consulenti del lavoro stanno acquisendo una importantissima funzione. Quella di essere arbitri delle controversie di lavoro. A fronte ad una magistratura che spesso ci mette anni a fare
una sentenza, loro si propongono come solutori di controversie. E’ solo una categoria di numero limitato, ma potente e attiva, in espansione. Ecco quindi una nuova funzione che sta
sorgendo e che capovolge le sorti di una professione.
Gli psicologi ormai sono dappertutto, non si può certo dire che sia in estinzione. E’ il consolatore, il confessore di un mondo di depressi, di vecchi, ecc. E’ una professione in evoluzione
positiva e non negativa e acquisisce sempre nuove funzioni.
Le cliniche veterinarie. Esiste la clinica anche per gli animali, e la gestiscono e la inventano i
professionisti del settore.
I dermatologi, campo in cui l’innovazione è sterminata. Anche il dermatologo prospera in molti
contesti, proponendo tecniche e soluzioni nuove. Questo settore tra salute ed estetica potrebbe essere qualcosa di simile a ciò che può fare oggi l’odontoiatra.
Questa visione in cui si creano ed immaginano nuove funzioni, il non essere passivi ma essere aggressivi nel mondo delle funzioni: questa è la mia concezione della professione moderna.
Bisogna offrire qualcosa che gli altri non sanno offrire. Non la fabbricazione ma la vendita del
prodotto costituisce la parte più importante dell’economia odierna. Per vendere il prodotto bisogna proporlo, bisogna renderlo attraente ed appetibile. Questo devono fare anche le professioni e non possono più sottrarvisi. Questa è la differenza rispetto al professionista “vecchio stampo”, verso il quale esisteva un atteggiamento passivo, ed era richiesta una forma di
reverenza, di super rispetto, che esulano dalla odierna mentalità. Bisogna affrontare il marketing of services. L’offerta quindi di una particolarità di un servizio: questa è la sostanza della
professione moderna, a differenza di quella che era la professione di un tempo in cui il professionista si sentiva una specie di tabernacolo a cui accorreva il fruitore con un senso reverente
(Professore, Dottore, ecc.).
Oggi c’è una dipendenza cognitiva, è evidente. Ad esempio se si va da un Chirurgo, ci si reca
da uno che dice se dovete operarvi oppure no, come quando si va dall’odontoiatra. Ma non
c’è più quel fattore reverenziale che mette in soggezione. Si ha la possibilità di un’offerta anche in funzioni differenti rispetto a quelle abituali.
Lavorare insieme per una offerta integrata è una condizione che sta acquisendo sempre maggior valore. L’affermazione riguarda anche le scelte e le strategie degli ordini professionali,
perché la logica sottesa è che, per rispondere a un mondo sempre più complesso, occorre offrire una risposta di livello il più possibile integrata. (2)
Sinfonia dal
nuovo mondo
Tutto il mondo attorno a noi sta cambiando, e con esso i bisogni e le esigenze. Per avere
un peso positivo e propositivo sempre maggiore anche le professioni devono cambiare.
Naturalmente trovarsi di fronte ad un mercato sempre più complesso non è un problema solamente delle professioni. E’ anche delle imprese e delle Istituzioni.
Basti pensare alle università, dove il problema del collegamento con il mondo reale si presenta come esigenza sempre maggiore. Perché?
- L’utente vuole valore, vuole massimizzare ciò che ottiene. E per averlo è disposto a
spendere.(3) D’altro canto, nelle fasce meno abbienti, la gente sta molto più attenta a
scegliere dove spendere e analizza le alternative, quale risposta dia maggior valore
oppure offra maggior valore percepito.
- L’utente cerca nel valore sempre più gli aspetti di gratificazione personale, che cosa
“lo fa stare bene”. Lo “star bene con se stessi” diventa un elemento molto importante.
- L’utente pensa a lungo termine, spreca di meno e sprecherà sempre di meno. Sono
aumentate le attenzioni ai valori ambientali, sviluppate sempre più a tutti i livelli. C’è il
bisogno di investire su qualcosa che duri nel tempo. Prodotti e servizi nella misura in
cui realmente servono.
- L’utente tende ad abbandonare comportamenti inerziali, consolidati nel tempo: “sono
sempre andato da quel professionista, continuo ad andare da quel professionista”.
Continua se percepisce che sta ottenendo il maggior valore possibile. Ma se non lo
coglie o se trova altrove qualcosa di meglio cambia, anche se l’erogatore è un amico.
2
) a Roma l’8 ottobre 2010 si è tenuto, nel corso del terzo expodental forum, il dental management symposium
con il titolo “l’odontoiatria italiana all’alba del nuovo decennio”. Sono intervenuti relatori che hanno fatto un quadro generale assai interessante riguardo al rapporto tra la professione e il cambiamento visto innanzittutto dal
punto di vista teorico e suggerisce delle strade da investigare per trovare in particolare una soluzione alla professione odontoiatrica. Erano presenti i proff. Matteo Caroli della Luiss e Alberto Cellini della Business school MIP.
3) Un esempio è il mercato del lusso che nel 2010 è andato benissimo, perché il lusso dà un valore aggiunto molto importante o presunto tale.
-
L’utente ha esigenze differenziate. E’ difficile continuare a leggere le stratificazioni sociali come contenitori che hanno all’interno, tra appartenenti alla stessa categoria, esigenze sostanzialmente simili. Ogni cliente ha un suo mondo di riferimento, un suo
sistema di valori. Pur vivendo fisicamente in un ambito ristretto e isolato, si confronta
realmente con “il mondo” tramite i sistemi diffusi e sofisticati di media e di social
network.
Il mercato è molto più fluido e non è detto che sia un bene o un male: semplicemente si osserva che così accade.
Nuovi modelli di
business
Si stanno affermando nuovi modelli di business.
Quale atteggiamento il professionista tende ad adottare? Sostanzialmente questi:
1. il professionista che rimane professionista;
2. il professionista che si inserisce in una struttura come dipendente: “forse mi conviene andare a lavorare nella struttura pubblica”;
3. il professionista che prova a pensarsi come imprenditore e prova a reinterpretare la sua
professione. La distanza tra il professionista e l’imprenditore non è poi così grande.
Il professionista che rimane professionista.
Nei professionisti di mezz’età (circa il 45% della popolazione attuale odontoiatrica), c’è una
fascia che può permettersi di investire per rinnovare la propria azienda, perché in grado di resistere ragionevolmente per i successivi 20 anni. Forse con un fatturato inferiore, ma reggerà
perché possiede competenze, un pacchetto significativo di clienti, un nome nel suo contesto,
una qualità del prodotto che gli utenti riconoscono.
Ma ipotizzando il futuro in tempi più lunghi, troviamo il professionista che, quando andrà in
pensione, chiuderà lo studio o lo venderà e troviamo chi vuole o deve pensare ai propri figli. Il
tema del passaggio generazionale, com’è importante nell’impresa, lo è altrettanto nelle professioni. Perché si dice, sì, che i figli devono essere completamente liberi di scegliere il loro
futuro professionale, ma se al professionista il suo mestiere è piaciuto, in fondo in fondo amerebbe che i figli continuassero a farlo. Qui, allora, il problema non è più se si può resistere, ma
fin quando si può resistere.
Il professionista che sceglie di orientarsi nel pubblico fa una scelta personale che esula dalla
gestione della professione privata. Non ha problemi di cambiamento, poiché questo aspetto è
delegato alla struttura in cui si inserisce.
Vediamo quindi l’aspetto del professionista che pensa se stesso come imprenditore.
Innanzittutto, sentirsi imprenditore non significa smettere di essere professionista. Il professionista può diventare imprenditore, perché l’imprenditore ha sempre alla base un aspetto professionale. Concettualmente l’imprenditore nasce come professionista. E d’altro canto
l’odontoiatra è, nei fatti, un imprenditore. Infatti compete nel mercato (4) e organizza i fattori
della produzione. (5)
Si trova quindi a vivere un fattore di rischio più alto perché, se deve rifare lo studio o sottoscrivere un contratto di leasing, sostiene un rischio che interessa la complessità del servizio erogato. Ho una struttura di costi e di costi fissi relativamente consistente e di conseguenza le
rispettive dinamiche impattano maggiormente sul suo modo di operare.
4)
Il lunedì mattina guarda l’agenda e magari la confronta con la stessa settimana dell’anno precedente per vedere come stanno le cose, non ha nulla di garantito, deve sviluppare il suo mercato, non ha protezioni ed è esposto
al cambiamento. Se il mercato cambia, lui, come qualsiasi imprenditore, deve riuscire ad adeguarsi.
5) e questa, da sola, è una grande differenza tra la sua professione e le altre professioni mediche che non hanno
quella complessità tra attrezzature tecnologiche, materiali, supporti professionali strutturali qual è il fornitore odontotecnico a cui viene demandata una parte importante nel processo produttivo.
Poi il professionista, come l’imprenditore, è libero. Organizza se stesso e la libertà è un grande privilegio.
Per l’odontoiatra lo è perché permette di pensare, di cercare e attuare soluzioni innovative.
Knowledge
based
L’impresa che fornisce servizi professionali, l’imprenditore professionista, è una knowledge
based, è una impresa basata sulla conoscenza.
Il punto di forza dell’impresa odontoiatrica, anche per lo studio con un solo riunito, è la conoscenza in termini di competenza, di esperienza e di reputazione accumulati nel tempo dal professionista e dai suoi collaboratori.
Il professionista è quindi orientato nella giusta direzione, poiché non c’è dubbio che il futuro
nel nostro tempo e nei nostri paesi sarà centrato sulla conoscenza. Il professionista odontoiatra quindi, che presidia una fetta della conoscenza, deve cambiare adattandosi a questo modello.
Cambiando innanzitutto l’approccio mentale:
sentirsi imprenditori, oltre che professionisti. Talvolta questo approccio è visto come negativo:
il professionista, come lo scienziato, vive per la scienza. Accettare un approccio imprenditoriale alla scienza sembra quasi portarsi dietro un cedimento alla mercificazione. Tuttavia la strada ormai da percorrere è quella del passaggio culturale in cui ci si sente con fierezza imprenditori, perché il contesto imprenditoriale valorizza la professionalità che si possiede.
La molla che fa scattare la voglia di diventare imprenditori è, molto spesso, il voler realizzare
qualcosa che rimane, il pensare a lungo termine, a qualcosa che rimane anche dopo di me, lo
Studio andrà avanti con i figli o con i collaboratori, ma il mio nome rimane come rimane il marchio di una azienda o i suoi prodotti.
Cambiamento mentale è anche accettare il salto dimensionale.
Questa è una nota dolente, ma occorre riconoscere che anche in altre professioni in cui vige
lo stesso individualismo, la stessa convinzione che io sono meglio di te, si procede da tempo
verso forme di aggregazione, non foss’altro che per la condivisione dei costi. Questa ormai è
quasi la regola. Salto dimensionale significa anche pensare che si deve esercitare la professione insieme ad altri e mirare ad un mercato più ampio.
Approccio mentale significa infine aver voglia di innovare.
Questo naturalmente è un fatto individuale. Non c’è dubbio che se uno pensa di essere arrivato ad una certa età e non gli importa di andare avanti così come ha fatto fin’ora e fin che reggerà, chiaramente qui non si sta pensando a lui. Si sta pensando invece a chi sente dentro di
sé una spinta innovativa.
Altro aspetto da modificare è quello che, in campo aziendale, si chiama modello di business.
Ciò significa individuare come ottimizzare la distanza tra il valore creato a beneficio del paziente, da lui riconosciuto e percepito, e i costi necessari per crearlo. Si deve riflettere, da un
lato, su come aumentare il valore percepito dal cliente e dall’altro su come fare perché ciò non
determini un aumento eccessivo dei costi. L’aumento è inevitabile perché non si può generare
più valore e non incrementare i costi, ma la scommessa è che il valore dato sia più che proporzionale rispetto ai maggiori costi da sostenere.
Se viene fatto un investimento su una tecnologia innovativa, costo che naturalmente si sarebbe potuto evitare non investendo, occorre poi essere bravi a valorizzare l’azione professionale
che la utilizza, che si ritiene generi la differenza e che il cliente è disposto a pagare. In questo
caso, ponendo attenzione alle possibilità economiche del cliente, la crisi non influisce.
C’è una tendenza propria di alcuni tipi di imprese a ridurre al minimo i costi, soprattutto nei casi in cui non si riesce a farsi pagare di più. Questa tendenza è tipica dei momenti di crisi: tagliare i costi, innanzittutto nella formazione e nel capitale umano.
In alcuni casi il taglio dei costi è utile perché spesso nelle organizzazioni, anche in quelle relativamente piccole, c’è grande inefficienza e quindi si ottimizza ciò che veramente serve e che
cosa no.
I dati ci dicono però che se ci si ferma al taglio dei costi non si recupera mercato. Come, allo
stesso modo, il mercato non si recupera abbassando i prezzi.
Se si vuole percorrere questa strada, è necessario realizzare una strategia massiva. Ma occorre disporre di una impresa di grandi dimensioni, dove è possibile praticare economia di
scala. Si fanno migliaia di pezzi e si lavora sul basso costo di produzione, obbligando a bassi
prezzi i fornitori poiché sono un grande cliente.
Questa strategia nel settore dentale non è proponibile. Quindi la riduzione dei costi va perseguita su un’altra strada: quella dell’efficienza, dove devo pagare ciò che effettivamente serve,
pagare la tecnologia, la risorsa umana valida intesa come strumento alto per gestire la mia
organizzazione.
La strategia di uno studio professionale con dimensioni limitate deve essere quella di puntare
sulla differenziazione. L’offerta al cliente di qualcosa di relativamente unico, che altri non hanno, a cui il cliente attribuisce un valore che percepisce, dove i costi del professionista sono lievitati in modo meno che proporzionale a fronte di quanto l’utente è disposto a pagare.
Questi sono quindi i perni su cui agire: l’unicità, il valore, la percezione e il giusto equilibrio economico.
Per raggiungere l’obiettivo si può lavorare sugli aspetti materiali del servizio –la qualità
dell’intervento- e sugli aspetti immateriali. Questo dell’immaterialità percepita è un altro segnale delle mutazioni sociali. In tutti i campi gli aspetti immateriali stanno diventando più importanti e il loro valore viene riconosciuto. Basti pensare ai prezzi più elevati che gli acquirenti sono
disposti a sostenere per avere un prodotto “firmato”.
Occorre poi lavorare sugli aspetti relazionali, la differenziazione gioca molto su di essi e le imprese lo sanno bene. La relazione non è più qualcosa di dato per scontato, sinonimo spesso
di “rapporto personale consolidato” come era ed è ancora spesso intesa la fidelizzazione.
Il nuovo modello di business deve fondamentalmente approfondire alcuni temi.
Innanzittutto il marketing, azione che non è limitata alla comunicazione. Seppure con una descrizione non approfondita, marketing vuol dire innanzittutto conoscere il proprio cliente partendo dai numeri e sapendoli leggere.(6) Altrimenti diventa assai arduo spiegarsi come,
nell’area dentale, a fronte di un 40% di studi fortemente in crisi, abbiamo un altro 40% che
mantiene lo stesso piazzamento e un settore consistente che è in crescita anche con incrementi percentuali importanti.
Poi la scelta del posizionamento. L’elemento di distinzione è la specifica caratterizzazione,
che è data dal tipo di offerta.
- Che cosa si offre? “Servizi professionali” è troppo generico.
- Solo servizi professionali? Occorre introdurre servizi nuovi oltre a quelli richiesti.
Il pendolarismo odontoiatrico dice che si offre anche “turismo”. Mentre faccio il turista trovo anche un po’ di tempo per farmi curare. Ma in quel momento si offre turismo, si sta offrendo benessere. Naturalmente questo è un modello e non l’unico.
6)
da anni insistiamo sull’importanza dell’analisi dei preventivi, proprio muovendo dai numeri.
La riflessione riguarda la decisione se ampliare l’ambito dell’offerta di servizio o di orientarsi solo sull’ambito strettamente professionale. Anche questa opzione è un modo per distinguersi.
Ma in ogni caso occorre creare un sistema di offerta, inteso come filiera con al termine la
formulazione del prezzo. Perché il prezzo va inteso come elemento integrato nella filiera
dell’offerta, e quindi può –o deve- variare anche con il ciclo di vita del cliente. Molte delle
indicazioni formulate vengono già messe in atto. Ciò che occorre ancora fare è collocarle
in un contesto organico e strutturato e gestirle in modo aziendale nel tempo.
Il tema della
comunicazione
Il processo di esternalizzazione
Con questo termine si tende in genere, in azienda, riferirsi alla pubblicità, azione che
nel settore dei professionisti è poco amata. Anche se le agenzie di pubblicità prevedono a breve, nell’ambito della comunicazione delle imprese, investimenti molto elevati.
Non tanto in quella statica e tradizionale, ma in quelle forme che non sono pubblicità:
comunicare se stessi in maniera diretta, ai clienti attuali e potenziali, il proprio servizio,
la propria reputazione, le proprie competenze.
Si devono trasmettere anche ai fornitori visti come possibili partner, alle istituzioni, al
mondo che fa opinione.
Occorre poi contribuire a fare opinione, opinione positiva per compensare quella negativa fatta da altri, anche se questo aspetto compete maggiormente alle Associazioni.
Occorre considerare il proprio pacchetto clienti non solo come destinatario, ma anche
come mezzo per lo sviluppo della comunicazione.
Occorre utilizzare gli strumenti successivi al passa parola: i social network ed il social
marketing. Le aziende sono al 90% presenti su facebook, su twitter, su youtube e
quindi occorre esserci. Semplicemente perché le persone della generazione che arriva ai 40/45 anni si trova lì. Non è sufficiente esserci, bisogna saperci stare. E quindi
occorre possedere le tecniche per poterlo fare.
Occorre infine utilizzare gli strumenti della ricerca. Il professionista odontoiatra è un
intellettuale, per tutti i motivi che abbiamo detto all’inizio di questo scritto. Deve quindi
attingere agli strumenti universitari della ricerca per guidare la sua impresa.
Quindi: analisi dei preventivi, analisi della qualità percepita, analisi del customer satisfaction e applicazione dei risultati all’organizzazione del proprio studio.
La crescita dimensionale ha dei costi anche indiretti connessi alla necessità di avere
risorse adatte e sufficienti a mantenere l’impresa organicamente strutturata. Naturalmente i costi, se pensati per risorse interne, sarebbero probabilmente eccessivi.
Di qui la necessità di entrare nella logica della esternalizzazione. Le aziende delegano
tante piccole porzioni nel processo produttivo ad altri partner nella logica del network.
Ora occorre essere chiari. Tutte queste riflessioni, innovazioni, gestione, organizzazione, marketing, non si possono realizzare da soli rimanendo confinati nella propria
struttura produttiva.
Ma soprattutto non si deve fare tutto da soli. Anche perché, nel caso dell’odontoiatra,
siamo di fronte ad un professionista e ciò che gli piace fare e sa fare al meglio è la cura dentale. Qui sta la differenza tra il pensarsi imprenditore ed essere imprenditore
della propria professione.
Le imprese offrono ai professionisti un grande modello da imitare: quello dell’impresa-rete, in
cui ognuno si concentra su un settore, quello che sa fare bene e che ritiene essere l’attività in
cui offre il maggior valore.
Resta il grande problema di realizzare le connessioni, questione per altro non facile.
Perché se è difficile far collaborare delle imprese, lo è ancora di più veder collaborare dei professionisti. Tuttavia si deve provare, perché questa è la tendenza del futuro. Il futuro chiede
eccellenza ed il massimo valore. Per realizzarlo occorre far sinergia con chi, nel suo specifico
ambito, produce eccellenza.
Il dentista resta a fare il dentista ma, se vuole farlo in maniera imprenditoriale, si allea con
qualcuno che è bravo a fare comunicazione, con qualcuno che è bravo a gestire, con qualcuno bravo a fare marketing, etc.
Si generano alleanze che possono essere orizzontali, le più semplici, come ad esempio gli
studi multispecialistici o multiprofessionali, per abbattere costi ma soprattutto per costruire
un’offerta integrata.
Che possono essere verticali, leggermente più complesse, che interessano il professionista, il
produttore, il distributore. Sono molto maggiori gli elementi che portano il produttore e il fornitore a collaborare piuttosto che a scontrarsi. Non foss’altro che per il maggior peso che assume il settore nel confronto delle Istituzioni, se i due comparti si presentano uniti. Del resto il
dialogo verticale, il cosiddetto dialogo di filiera, è ormai una pratica diffusa nelle imprese. Anche l’area delle professioni non può non collocarsi in questo trend.
Infine ci sono le alleanze laterali. L’esempio del turismo, collegato con le cure odontoiatriche,
va in questa direzione e ne è un chiaro esempio.
Naturalmente molti degli aspetti indicati, in particolare il compito di ridisegnare un modello di
professione che integri tali elementi, vanno diretti e guidati dalle Associazioni professionali.
Credo che risultino molto più efficaci se il compito di guida e di riflessione sono prese saldamente in mano dalle sezioni territoriali delle Associazioni. Anche se poi questi cambiamenti
procedono nei singoli studi soprattutto se ogni imprenditore-professionista decide di investirvi
il suo intuito, la sua passione e la sua energia.