4. Nascita di Roma Nell'immaginario collettivo la storia della fondazione di Roma è associata alle leggende antiche: quella dei gemelli e della lupa elaborata da Fabio Pittore (autore dell'epoca augustea) e quella raccontata dagli autori greci che narrano la storia di Evandro che si stabilisce sul colle di Palatino. Tito Livio e Vergilio si ispirano alle ambedue leggende, le complementano con gli elementi mitologici e religiosi, creando il racconto di Enea, che si rifugia nel Lazio dopo la caduta di Troia e fonda la città di Lavinio, mentre suo figlio Ascanio, chiamato Iulio dai Romani, fonda la città di Alba Longa. Romolo e Remo, suoi descendenti, nati dall'unione del re Marte e la vestale Rhea Silvia, allevati da una famiglia di pastori, decidono di fondare una nuova città. I fratelli decidono di scegliere il colle, l'Aventino o il Palatino, in base agli auspici degli avvoltoi, ma discutono sulla priorità del tempo di avvistamento o il numero degli uccelli avvistati. La lite tra i sostenitori dei gemelli finisce con la morte di Remo, e Romolo fonda la nuova citta sul Palatino dandole il suo nome. Si suppone che il mito di Romolo sia stato consolidato in opere scritte nei IV-III secoli per porre alle origini della città la genealogia divina. Nel I secolo lo storico Varrone associa anche la data del 21 aprile 753 alla fondazione di Roma. Il giorno del 21 aprile è legato a Roma in particolar modo, perché in questa data si celebrava la festa di Palilia, un’antichissima festa pastorale in onore della Dea Palia (che dà il nome al colle stesso). Secondo Carandini, implica una combinazione delle cerimonie inaugurali e religiosi più che attuazione urbanistica. Gli storici moderni, invece, si appoggiano alle testimonianze archeologiche per risalire alla nascita di Roma, parlando non di fondazione, ma di sinecismo – il graduale processo di raggruppamento di insediamenti in un’unica organizzazione urbana o statale. Dalle attività archeologiche di Andrea Carandini emerge che la città-stato di Roma nasce tra il 775 e il 750 per l’iniziativa di un’autorità centrale, il rex-augur Romulus. Le escavazioni confermano che a 1.000 a.C esiste un insediamento pre-urbano di vilaggi sparsi sul Palatino. Secondo gli storici, l’insediamento è abitato da circa 30 populi latini, le comunità migrate dai colli albani grazie alle sponde pianeggianti e la vicinanza al Tevere – le condizioni ideali non solo per la pastorizia e l’agricoltura, ma anche per il trasporto fluviale e gli scambi commerciali con l’Etruria e la Magna Grecia. L’Aventino rimaneva ancora non occupato. I confini dei latini sono rappresentati dal tevere che lo divide dagli Etruschi e dall’Aniene che lo separa dai sabini. Sul Quirinale sorgeva un villaggio sabino popolato da una comunità di “guerrieri”, dai quali gli abitanti del Palatino dovevano diffendersi (dagli archeologi sono stati trovate le sepolture con gli oggetti legati all’attività militare, come scudi, elmi, un carro di guerra). Dalle attività archeologiche di Andrea Carandini emerge che la città-stato di Roma nasce tra il 775 e il 675. A metà dell’VIII secolo a.C le pendici del Palatino furono il luogo dove esisteva uno stanziamento delimitato dal pomerium, la cinta parallela al solco che segnava i confini della città. L’insediamento primitivo fu chiamato Roma quadrata esattamente per la forma del pomerium. Dagli scavi sono emersi gli edifici, cosiddette capanne romulee, databili al VIII secolo. Sono capanne di forma rettangolare o ellittica, con un foro per sorreggete il tetto, e le tracce di un focolaio in centro. Un complesso si capanne, trovate nell’area del Foro e datato al VII secolo a.C, è associato alla prima domus Regia in quanto comprendeva la casa del Rex ed anche i templi delle Vestali. Secondo la tradizione, qui il secondo re Romano Numa Pompilio aveva l’abitazione. Infatti, i primi re erano di origine latina ed eletti, appartenenti alle famiglie diverse (Romolo e Tito Tazio, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio). (Dal 600 al 500 a.C durante il regno dei Tarquini e di Servo Tullio è edificata la seconda domus Regia che si trovava Fuori dal santuario ma era collegata con esso tramite un passaggio). L’evidenza archeologica documenta un progetto urbano romuleo datato al 775-750 che comprende l’urbs, il centro politico e il centro religioso, la creazione del Foro e del santuario della Vesta. La prima bonifica e pavimentazione del Foro comincia sotto Romolo e termina con Numa, la seconda pavimentazione avviene nell’epoca del dominio etrusco. Carandini:l’agro è ripartito tra tre tribu latinienses, Querquetulani e luceres (Remo e Romolo sono membri della tribu luceres) 5. Romolo e i re latini-sabini Romolo 753-715 La prima impresa di Romolo è la costituzione della città sul palatino nel cuore del centro protourbano. Esattamente all’VIII secolo sono databili le capanne romulee sul Palatino. Di origini latino-sabine, figlio del dio Marte e di Rea Silvia, figlia di Numitore, re di Alba Longa, secondo la tradizione fondò Roma tracciandone il confine sacro , il pomerio. In tale occasione uccise il fratello gemello Remo, reo di aver varcato in armi il sacro confine. Le ricerche archeologiche confermano il racconto tradizionale. I cippi commemorativi dell’omicidio di remo sono stati trovati in prossimità dell’arco di Tito. A lui risale la divisione della popolazione patrizia nelle 3 tribù di Tities, Ramnes e Luceres – a loro volta suddivise in dieci curie ciascuna. L’agro è ripartito in tre cerchi, il centrale è abitato con i terreni appartenenti ai singoli cittadini, poi dal primo miglio ai confini i terreni appartengono alle gentes e sono lavorati dai clientes. Le curie dovevano in caso di pericolo fornire all'esercito romano un contingente militare costituito da cento fanti e dieci cavalieri, per un totale complessivo di 3 000 fanti e 300 cavalieri. Regna per 36 anni, Tito Livio racconta la morte di Romolo- viene assunto in cielo durante una tempesta per poi riapparire a Proculo Giulio, un suo antico compagno di Albalonga, a cui rivela di voler essere venerato come dio Quirinio, protettore di Roma Romolo instaura il regime monarchico. Il re augure è assistito dal corpo di ausiliari, i capi delle tribù, e dalle guardie del corpo . Romolo istituì anche i comizi curiati, a cui spettava il compito di ratificare, tra le altre cose, le leggi. Romolo condusse, quindi, diverse guerre di conquista. Guerre di espansione con lo scopo di allargare il territorio Dopo Remo, Romolo uccide Acrone che controllava l’Esquilino. Secondo leggenda, Romolo popolò cinque dei sette colli di Roma, rapendo poi le donne ai vicini Sabini della città di Cures, così da dare delle mogli ai suoi uomini. Ciò provocò una guerra tra i due popoli, che alla fine si risolse con una pace con i Sabini che poterono insediarsi sul vicino colle del Quirinale con il loro re, Tito Tazio, che condivise con Romolo il potere per cinque anni. In terzo luogo, si scontra con i Latini e i Sabini, ma non riuscendo a sconfiggerli, instaura una diarchia con il sabino Tito Tazio. In questo modo Roma appare come un’iniziativa interetnica latino-sabina. Romolo e Tito Tazio s’impegnano a sconfiggere le resistenze dei popoli vicini. La seconda impresa romulea condivisa con Tito Tazio perfeziona la fondazione, si inaugurano gli spazi pubblici della nuova città, il suo cuore religioso e quello politico. L’omicidio di TT rompe questo equilibrio. Romolo, sospettato di voler instaurare un regime tirannico, viene a sua volta ucciso. Al trono è chiamato il sabino Numa Pompilio 715-676 Non combatte guerre. Appena divenuto re nominò, a fianco del sacerdote dedito al culto di Giove ed a quello dedicato al culto di Marte, un terzo sacerdote dedicato al culto del dio Quirino, gli dei più importanti dell'epoca arcaica. Riunì poi questi tre sacerdoti in un unico collegio sacerdotale che fu detto dei flamini, a cui diede precise regole ed istruzioni. Istituì poi il collegio delle vergini Vestali. Nel Foro, fece costruire il tempio di Vesta,[32] e dietro di questo fece costruire la Regia Riforma il calendario di Romolo, aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio ai dieci preesistenti. Tullo Ostilio 673-641 riprende la politica guerriera di Romolo, distrugge Alba Longa, accogliendone la popolazione sul Celio e le famiglie nobili nel patriziato romano. Anco Marzio 641-616 Nipote di Numa Pompilio, riprende l’espansione, conquista e saccheggia Fidene, sconfigge i Volsci, vince due guerre contro Veio. Aggiunge a Roma anche il Celio. Fonda la prima colonia romana ad Ostia e realizza opere dell’urbanistica: costruisce il primo ponte e lo scalo portuale sul Tevere. 6. L’età dei re etruschi Con la fine del VII secolo a.C. l'espansione etrusca verso il meridione d'Italia, portò anche all'occupazione di Roma antica. Intorno agli inizi del V secolo si crearono floridi centri dell'Etruria interna ed anche nelle aree del centro-nord: Volsinii, Perugia, Chiusi, Volterra, Fiesole, l'etrusca Felsina (Bologna), nella media valle del Reno Marzabotto e più a nord Adria. Nel VI secolo gli Etruschi prendono controllo della città di Roma. Una delle testimonianze archeologiche della presenza degli Etruschi a Roma è il Vicus Tuscus che fu il borgo etrusco o via etrusca dedicata al commercio di stoffe e profumi situato nell’attuale centro di Roma. Al VI secolo a.C risalgono gli inizi di una nuova dinastia monarchica composta da Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. Durante il periodo dei cosiddetti "re etruschi", il potere non fu più trasmesso per elezione popolare, bensì per via ereditaria. La prevalenza etrusca nel Lazio è provata dalla storia dei re Tarquini a Roma tra la fine del VII e gli ultimi decenni del VI secolo; confermata sia dalle scoperte epigrafiche sia dalle testimonianze archeologiche e artistiche. Lucio Tarquinio Prisco 616-578 Arriva a Roma da Tarquinia dove non riusciva ad accedere alle cariche pubbliche. Si fa notare da Anco marzio e diventa il suo consigliere. Alla morte di Marzio si fa eleggere re, salendo al potere attraverso una congiura contro lo stesso Marzio. Combatte i Sabini, la coalizione dei latini e gli Etruschi. Si occupò anche dei giochi della città, erigendo il Circo Massimo e destinandolo come sede permanente delle corse dei cavalli. Servio Tullio 578-535 Inizia i grandi lavori urbani di costruzione in pietra, come la costruzione della cinta muraria, le Mura Serviane del IV secolo, che racchiudono la città con tutti i sette colli. Il tempio dedicato alla dea Fortuna Riforme di Servio sono tramandate da Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso – a egli viene attribuita l’organizzazione di Roma in città. Il nuovo ordinamento creo le tribù territoriali al posto delle tre tribù etniche. Le 4 tribù corrispondenti a 4 regioni di Roma (la Palatina, l’Esquilina, la Collina e la Suburana), una decina di tribù rustiche è distribuita nell’ager Romanus. Tutti i cittadini furono attribuiti ad una tribù dove dovevano essere domiciliati e pagare le imposte. In origine, ciascuna delle tribù fu suddivisa in curie, successivamente l’organizzazione curiata viene sostituita dal sistema, fondato sulla ricchezza e domicilio. In base al census, si distinguono 5 classi ( la prima coloro che possedevano un capitale di almeno 100.000 assi e la quinta – un capitale di 11.000 assi). Dal punto di vista militare, ciascuna delle classi è divisa in centurie (100 uomini) che servivano come militari, effettivi o di riserva. Armamento era a proprio carico. Erano esclusi dal servizio militare coloro che dichiaravano un censo inferiore alla 5 classe, gli schiavi, i liberti. I diritti e i doveri militari e civili variano in base alla classe, ad esempio la 1 classe recluta 18 centrurie di cavalieri e 80 centurie di fanti armati con le armi offensive e difensive, mentre la 5 classe fornisce 30 centurie di uomini armati di fionda. Le centurie sono sia l’unità di combattimento sia l’unità di voto. I comizi centuriati sono dominati dai più ricchi. La potenza monarchica è considerevole ed è affiancata dalla frazione combattente dei cittadini. Tarquinio il Superbo 534-510 Crea la guardia del corpo armata, tratta gli affari dello stato colo con qualche consigliere privato, si pone ostile nei confronti dell’aristocrazia. Secondo Tacito, la crisi di potenza etrusca culmina con la violenza commessa da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo alla nobile Lucrezia, moglie di Collatino. Il suicidio della giovane fu il fattore scattante per la guerra contro i Tarquini e il passaggio dal regime monarchico a quello repubblicano. Secondo Le Glay, la nascita della repubblica non ha nulla a che fare con la rivolta di Bruto, è la conseguenza del malcontento del patriziato della dominazione straniera e tirannica. 7. La religione nella Roma arcaica Si sa poco della religione arcaica a causa della cronologia tarda delle fonti letterarie. Le fonti archeologiche rilevano la presenza di un o spazio religioso pubblico sostituito dalla Rgia, associata ad un luogo sacro dedicato a Vesta, la divinità del fuoco. Dall’altra estremità del Foro nel VI secolo a.C furono sistemati il santuario del fuoco e il lapis Niger, il cippo rinvenuto sotto la pietra nera recante l’iscrizione bustrofedica con il termine rex. Gli antichi romani veneravano animali, piante, minerali nei quali vedevano l’incarnazione delle forze superiori- è una religione pratica, naturalistica. Nei tempi pre-etruschi, la religione era caratterizzata dalla coesistenza della corrente indigena, mediterranea, dominata dalle divinità femminili di fecondità, la Terra Madre, e divinità maschili come il Quirino e il Saturno. La seconda corrente è indoeuropea, la triade (G.dumézil) Giove cielo luminoso- Marte guerrieri- Quirino pace e prosperità. Dalla fine del VII secolo a Roma cominciano a penetrare le influenze greche con i nuovi culti: quello di Minerva e dei Dioscuri.Quindi nel pantheon alla triade Giove-Marte-Quirino si sostituisce la triade capitolina Giove-Giunnone (Hera)-Minerva (Athena) Quando Roma diventa un centro urbano, agli Etruschi si dive l’organizzazione del culto. I rituali principali ruotano attorno alle esigenze di: -fecondità della terra, delle greggi e delle donne (le feste Parilia o Palilia, Lupercalia, Saturnalia); -riti guerrieri (le danze di marzo dei salii, le corse dei cavalli, la purificazione delle armi) -ai defunti è dedicato il mese di febbraio. I riti sono segnati in un calendario, sul ritmo delle calende, delle none e delle idi sono ordinate 45 feste classificate per il ciclo: il ciclo delle purificazioni fe-magg, della guerra marzo -ott, il ciclo agrario marzodicembre. L’ordine delle feste e l’osservanza dei riti spettano ai sacerdozi – magistrature religiosi, individuali o collegiali. Al capo della gerarchia si trova il re del sacro, il sacerdote di Giano, che ha il primato onorifico. Il pontefice massimo dirige il collegio dei pontefici, a fianco operano i collegi delle vestali e gli auguri, che osservano il cielo e interpretano gli auspici, seguono i collegi dei banchetti sacri e dei sacrifici. Con l’introduzione delle nuove divinità (anche Diana, Fortuna, mercurio) si moltiplicano i templi. A partire dal 509, la costruzione del tempio di Giove capitolino, si edificano altri tempi. Cosi si forma la religione “nazionale”. Il calendario di Romolo In origine era un calendario lunare diviso in dieci mesi con inizio alla luna piena di marzo (il 15 – il capodanno agricolo), istituito, secondo la tradizione, da Romolo, sembra fosse basato sul calendario lunare greco. Ovidio nei suoi Fasti spiega che Romolo creò il primo calendario basandosi sul periodo di gestazione del nascituro nel grembo materno. In totale, quindi, il calendario durava 274 giorni e c'erano circa 61 giorni di inverno che non venivano assegnati ad alcun mese, in pratica, dopo dicembre, si smetteva di contare i giorni per riprendere nuovamente il conteggio al marzo successivo. L’anno termina il 23 dicembre con la festa di Terminalia. Il 15 dicembre la festa di lupercalia – romolo colloca a questa data l’iniziazione dei gemelli, nel mese di marzo colloca se sue imprese belliche, ad aprile il 21 la festa di Parilia, la divinità pastorale Pale -il tempo di nascite di nuove greggi, produzione di latte. I primi mesi prendevano il nome dalle principali divinità legate alle attività umane: Marte (la guerra), Afrodite (l'amore), Maia (la fertilità della terra) e Giunone (la maternità e la procreazione); gli altri avevano il nome che ricordava la loro posizione nel calendario: quintilis derivava da quinque, sextilis da sex, september da septem, october da octo, november da novem e december da decem. La cacciata dei Tarquini non risolve i problemi di sicurezza dei confini, nel VI secolo a.C gli Etruschi con Lars Porsenna tentano si conquistare la città. All’inizio del V secolo a.C Roma si vede coinvolta in una serie di guerre per il consolidamento del territorio con la Lega Latina (unione di 30 città latine alleatesi per una reciproca protezione contro i nemici). Durante la battaglia al Lago Regillo, i latini vengono sconfitti dai Romani, e viene costituito il trattato Foeudus Cassianum che regola il rapporto con le città latine finchè queste non vengono assorbite dallo Stato Romano nel IV secolo a.C. Dopo l’allontanamento degli Etruschi e lo scioglimento della Lega Latina si stabilisce una relativa pace, ma alla fine del V secolo Roma subisce gli attacchi delle popolazioni dei Sabini, degli Equi e dei Volsci. Le guerre per il predominio sul Lazio finiscono con la graduale presa di controllo da parte dei Romani delle città e dei territori dei Volsci, della città etrusca di Fidene e di Veio. L’Organizzazione civile e soprattutto militare della Roma repubblicana si era sviluppata in un meccanismo più avanzato rispetto alle organizzazioni dei popoli vicini Uno dei motivi dei successi romani furono dovuti ad alcune riforme militari. Secondo Tito Livio, fu proprio durante l'assedio di Veio che fu introdotta la paga ai soldati romani. Questa permetteva ai soldati di essere impegnati in guerra anche per molto tempo senza che la famiglia ne risentisse economicamente. Un'altra importante novità fu la disposizione della legione, non più in un'unica falange compatta, bensì su tre file a scacchiera con la cavalleria disposta alle due ali. Bipartizione Dal contrasto originario, ben rappresentato nell’urto tra Remo – che viene dall’Aventino – e Romolo – Palatino – si passa a rapporti di alternanza, che tendono alla pacificazione, all’amalgama e all’integrazione dell’altro, e cioè dei sette colli e dei popoli vicini: tra Romani e Sabini (Quirinale) rispettivamente con Romolo e Tito Tazio e poi con Numa Pompilio (Sabini), fino agli Etruschi che con i Tarquini, benché in modo più violento e conflittuale, si legano strettamente a Roma. Il medesimo processo si ripropone più tardi, con i ripetuti contrasti tra i patrizi e i plebei nei due secoli oscuri, il V e il IV sec. a.C.: essi non sfociano in scontri insanabili e in rotture definitive, ma portano prima ad un affiancamento e ad una convivenza pacifici e poi ad una vera e propria integrazione di entrambi i gruppi nella repubblica. Alla grave crisi della prima metà del V secolo (500-450 a.C.) corrisponde un’esasperazione del conflitto fra patrizi e plebei. Si giunge ad un accordo e ad una relativa vittoria della plebe con l’istituzione dei concilia plebis tributa, assemblea di soli plebei i quali, distribuiti per tribù, eleggono i tribuni della plebe. Sotto la loro presidenza, i concilia plebis tributa prendono delle decisioni, i plebisciti o decisioni della plebe. I concilia plebis tributa si configurano perciò come un piccolo stato della plebe, con i propri magistrati, assemblea e leggi e costituiscono una comunità giurata. Inoltre, intorno alla metà del secolo vi è la codificazione scritta del diritto con le Leggi delle XII Tavole, che segna anch’essa una vittoria della plebe, perché sottrae il diritto consuetudinario all’arbitrio soggettivo e interpretativo della casta dominante. Il IV secolo è contrassegnato sia dall’ascesa della plebe che da lunghi periodi di anarchia e da torbidi politici e sociali: con le Leggi Licinie-Sestie (367-366 a.C.) la riconfigurazione delle magistrature e la loro ridistribuzione fra patrizi e plebei – ed in particolare l’accesso dei plebei al consolato e dei patrizi all’edilità – porta alla creazione di un’unica repubblica, dei patrizi e dei plebei insieme. A completamento di questo processo, al principio del secolo successivo la lex Hortensia, nel 287 a.C., stabilisce che i plebisciti divengano leggi obbligatorie per tutto il popolo, senza che sia necessario il preventivo assenso del senato; specularmente, anche i patrizi votano nei comitia tributa, che così non costituiscono più un mondo a parte esclusivo dei plebei, ma si integrano nel tessuto dell’unica res publica.