CAP. 13 - CORROSIONE E PROTEZIONE dei MATERIALI METALLICI 13.1 LA CORROSIONE METALLICA: PRINCIPI GENERALI Un problema grave delle società industriali avanzate è quello della corrosione dei metalli: la corrosione è l’ossidazione indesiderata di un metallo che accorcia la vita dei prodotti in acciaio, quali ponti e automobili. La sostituzione delle parti metalliche corrose costa ogni anno miliardi di euro. Si è soliti distinguere tra due tipi di corrosione: la corrosione a secco o chimica e la corrosione a umido (ambiente contenente acqua) o elettrochimica. La corrosione a secco (si parla anche di corrosione a caldo) si produce quando i materiali metallici operano ad alta temperatura in un'atmosfera gassosa, di natura diversa (cloro, acidi, ossigeno secco ecc...) da quella normale oppure uguale, ma ad elevata temperatura (vapore d'acqua surriscaldato). Alcuni metalli con E0 molto negativo resistono meglio alla corrosione di metalli con E0 maggiore: Al, Zn, Ti, Cr si corrodono meno di Fe. A contatto con l’aria si ricoprono di uno stato di ossido insolubile, sottile ed aderente, che costituisce una barriera cinetica alla corrosione. Il ferro invece è un caso emblematico dei danni della corrosione naturale: alla base di tale processo c’è un fenomeno di ossidazione del metallo, quando per esempio si trova in contatto sia con ossigeno (ossidante), sia con acqua (umidità, fattore cinetico). Durante tale fenomeno, il ferro si consuma nella zona anodica, passando da Fe a Fe2+, mentre la ruggine si forma nella zona catodica (si veda la Fig.1), dove l’ossigeno molecolare si riduce secondo la O2(g) + 2 H2O(l) +4 e- →4 OH-(aq) Gli ioni OH- reagiscono con gli ioni Fe2+ dando idrossido di ferro. Si ha la seguente reazione complessiva: Fe(s) + ½ O2(g) + H2O(l) → Fe(OH)2(s) la cui Kps vale 5,0 x 10-15. Precipita quindi Fe(OH)2, sottraendo ioni Fe2+ alla soluzione; di conseguenza altri ioni Fe2+ passano in soluzione e si ha l’inizio del processo di corrosione di Fe, che così arruginisce. La ruggine è costituita da vari composti del ferro: in effetti l’idrossido di ferro (II) si ossida all’aria dando idrossido di ferro (III), che poi dà ossidoidrato di Fe (III) ovvero Fe2O3⋅H2O. 1 Figura 1: Il meccanismo di formazione della ruggine in atmosfera acida. La reazione catodica in questo caso è O2(g) + 4 H3O+(aq) + 4 e- → 6 H2O(l), il processo globale è: Il ferro invece ha scarsissima tendenza ad esser ossidato dall’acqua deossigenata a pH=7 (E=-0,41 V), poiché E0 (Fe2+/Fe) vale -0,44 V. Per tale ragione è possibile utilizzare il ferro per le condotte dell’acqua e conservarlo deareata senza che arrugginisca. Figura 2: Chiodi di ferro conservati in acqua deossigenata non arrugginiscono perché il potere ossidante dell’acqua in quanto tale è debole. Quando è presente l’ossigeno per effetto della dissoluzione dell’aria nell’acqua, l’ossidazione diventa termo dinamicamente spontanea Per illustrare con un esempio la molteplicità e la complessità delle reazioni che si possono produrre alla superficie di un metallo che si corrode, si consideri il caso del ferro a contatto con acqua aerata. I processi anodico e catodico portano rispettivamente alla formazione di ioni Fe2+ e di ioni OH-. Gli ioni Fe2+ o sono ossidati dall'ossigeno presente a ioni Fe3+ che si separano in forma di idrato ferrico (meno solubile del ferroso), oppure come idrato ferroso nelle condizioni (alcaline) in cui si supera il suo prodotto di solubilità. L'idrossido ferroso separato viene ossidato a sua volta a formare Fe2O3·xH2O, il componente principale della ruggine di colore rossobruno. Se l'ossigeno è presente nella soluzione in tenore ridotto, si possono avere anche altre reazioni, ad esempio formazione di magnetite idrata color verde (Fe3O4·H2O) che tende a trasformarsi in magnetite anidra (Fe3O4) di colore nero. Per successive reazioni con l'ossigeno tale magnetite può dar luogo a FeO·OH e 2 quest'ultima, a sua volta, si trasforma in ematite, Fe2O3; la ruggine è spesso formata da diversi strati costituiti successivamente da FeO, Fe3O4 ed infine all'esterno da Fe2O3 più o meno idratato di color, appunto, ruggine. Se l'acqua che viene a contatto con il ferro ha una certa durezza, ovvero contiene carbonati/bicarbonati di calcio e di magnesio (come spesso succede per le acque naturali), l'alcalinità prodotta nelle zone catodiche può spostare l'equilibrio bicarbonati-carbonati verso questi ultimi facendoli coprecipitare con i prodotti di corrosione primari e produrre una pellicola protettiva. Questa coprecipitazione non si verifica ovviamente nel caso di acque demineralizzate che per questo risultano più corrosive. Quando l’acqua contiene ioni disciolti è un conduttore molto più efficiente. E’ una delle ragioni per le quali l’aria ricca di salsedine ed il sale che si usa come prevenzione contro il ghiaccio risultano tanto dannosi per i metalli esposti. Ad esempio da diversi anni, per il confezionamento del calcestruzzo, non è possibile utilizzare materie prime contenenti significative concentrazioni di cloruri, poiché vietato dalle normative. Ciononostante i cloruri rappresentano ancora una frequente causa di corrosione, perché possono penetrare nelle strutture in calcestruzzo armato quando queste vengono in contatto con questi ioni (strutture marine o molte strutture stradali su cui si spargono, nel mesi invernali, sali antigelo). Una volta che hanno raggiunto alla superficie delle armature un tenore sufficiente, possono distruggere il film di passività (si veda il Paragrafo 13.4) che le protegge, rendendo quindi possibile l’attacco. La ruggine “deteriora” una significativa parte del PIL degli US: il 25% circa dell’acciaio prodotto annualmente serve semplicemente per sostituire quello corroso. Il punto in cui si verifica l’ossidazione deve essere diverso da quello in cui si verifica la riduzione. Si esami il chiodo ricurvo mostrato a pagina 4: esso è stato sottoposto a deformazione plastica che inizia in corrispondenza di un difetto, un sito in cui i legami sono in tensione, perché ci sono atomi fuori posto o siti in cui l’atomo è mancante. In seguito i difetti si propagano man mano che il materiale viene deformato. Quando i difetti raggiungono le estremità o la superficie del materiale, i legami stirati fanno sì che gli atomi siano più disponibili all’ossidazione, con formazione di una serie di ioni Fe2+ in corrispondenza del punto di curvatura del chiodo. Per quanto riguarda la testa e la punta, si rifletta sul fatto che il metallo è dapprima tirato sotto forma di filo, grazie alla sua duttilità; successivamente il filo è tagliato in modo tale di avere la terminazione puntiforme, mentre l’altra estremità è spuntata e appiattita in modo da creare la testa. Il taglio e l’appiattimento creano dei difetti ed è per questo motivo che l’attacco ossidativo parte dai punti sottoposti a maggiore stress. 3 13.2 - CORROSIONE delle STRUTTURE METALLICHE: PRINCIPALI ATTACCHI 13.2.1 Corrosione galvanica Si consideri una superficie di ferro con una intrusione di rame, ricoperta da un velo di acqua ed esposta all’aria (Fig. 3). Si crea una pila in cui i due elettrodi Fe e Cu sono cortocircuitati e l’elettrolita è l’acqua che contiene disciolta aria. Il ferro è un metallo più ossidabile del rame e pertanto, a parità di tutte le altre circostanze, ioni Fe2+ passano in soluzione in numero assai maggiore degli ioni Cu2+. Ad ogni ione Fe2+ passato in soluzione, corrispondono due elettroni in eccesso nel ferro, che migrano verso la zona più positiva della massa metallica, ovvero verso il rame, dal quale poi vengono ceduti ad una delle specie chimiche riducibili che esistono nella soluzione ovvero o agli ioni Fe2+ o alle molecole di O2 provenienti dall’aria. Poiché O2 è più ossidante dello ione Fe2+ sarà l’ossigeno a ridursi secondo la reazione: O2(g) + 2 H2O(l) + 4 e- → 4 OH-(aq). Gli ioni OH- prodotti reagiscono con gli ioni Fe2+, formano un precipitato di Fe(OH)2 (sale poco solubile) e sottraggono così ioni Fe2+ alla soluzione; di conseguenza altri ioni Fe3+ passano in soluzione. L’inizio della precipitazione segna l’inizio del processo di corrosione del ferro. Il rame metallico, più nobile del ferro, accentra gli elettroni liberi presenti, dovuti al passaggio in soluzione degli ioni Fe2+ e li trasferisce all’O2 , accelerando così il processo di corrosione del ferro. 4 Fig. 3: Schema di corrosione galvanica (dovuta a coppie metalliche) 13.2.2 Corrosione per aerazione differenziale Se in presenza di aria viene deposta una goccia d’acqua su una superficie di Fe ammesso purissimo, inizialmente Fe2+ passa in soluzione in modo omogeneo, rilasciando elettroni che riducono l’ossigeno dell’aria disciolto nell’acqua. Precipita Fe(OH)2 su tutta la superficie e l’ossigeno viene reintegrato più lentamente nella zona centrale della goccia a causa di uno strato liquido maggiore: si instaura un Δ di concentrazione tra la zona centrale negativa (sede dell’ossidazione) e le zone laterali. La zona centrale continua a fornire elettroni alle zone periferiche dove O2 si riduce di preferenza, mandando in soluzione altri ioni Fe2+ e continuando così a corrodersi. Esempio: pilone d’acciaio ancorato sul fondo di uno specchio d’acqua Zona prossima alla superficie O2 a concentrazione maggiore Zona prossima al fondo O2 a concentrazione minore ⇓ Danni da corrosione per areazione differenziale, maggiori in acque stagnanti (correttezza scientifica del vecchio proverbio popolare acqua cheta rovina i ponti !) ⇒ si vedano le Figg. 4 e 5 Fig. 4: Meccanismo di corrosione per aerazione differenziale 5 Fig. 5: This schematic drawing illustrates the anodic and cathodic regions, their half-reactions, and the final formation of rust. The cathodic region is near the air-water interface, where the availability of O2(g) is greatest. The anodic region is at greater depths below the water surface. Fe2+(aq) from the anodic region migrates to the cathodic region, where rust formation occurs. 6 13.3 – APPROFONDIMENTO: LEGGI di FARADAY: CINETICA DELLA CORROSIONE (DA PIETRO PEDEFERRI) 7 2 μm/anno, è lo stesso che la misura in mA/m ( si veda la Tabella 1). Tabella 1 13.4 - LA PASSIVAZIONE La corrosione del ferro può essere inibita in diversi modi. Una protezione molto efficace è data dal fenomeno della passivazione, in cui la superficie del metallo da proteggere è ricoperta da un sottile strato di ossido di un metallo con potenziale di riduzione molto negativo, per esempio alluminio che si ossida a dare Al2O3 oppure con Zn che forma ZnO. Tale strato impermeabile protegge il metallo di interesse dall’ossidazione in profondità e quindi dall’ulteriore attacco. 8 Si ricordino i seguenti punti fondamentali per avere passivazione (autoprotezione) dei metalli o di alcune leghe (acciaio inox) o di superleghe di nichel o di cobalto: a) l’ossidazione iniziale forma ioni Men+; b) se la corrosione è sufficientemente rapida, la concentrazione degli ioni Men+ fa superare la Kps dell’idrossido ⇒ c) l’idrossido del metallo precipita e poi si trasforma in un ossido aderente al metallo e che ostacola l’ulteriore corrosione. Perciò un metallo facilmente corrodibile possiede E0<<0 e la Kps del composto formato dagli ioni Men+ deve essere molto piccola. Esempi: Al, Ti, Cr, Zn, Ni, Cd, Zr (anche Sn) Il fenomeno ha grande importanza: in sua assenza la corrosione di Al, Ti, Cr, Zn sarebbe così rapida da impedirne l’utilizzo! La passivazione è spontanea ed è quindi una migliore difesa al contrario della protezione artificiale, poiché si rigenera immediatamente. Per esempio l’ossido di Cr2O3 è praticamente insolubile negli acidi ed è solo attaccabile per fusione con alcali, l’ossido TiO2 è insolubile in HCl concentrato, ma si scioglie per prolungato riscaldamento con H2SO4 e per fusione con Na2O2 o con Na2CO3 dà luogo a metatitanato, TiO32-. Lo stagno si ricopre di un velo compatto ed aderente di ossidi insolubili (SnO, SnO2) e piuttosto inerti chimicamente ed è assai usato (poco meno della produzione) per ricoprire metalli poco resistenti alla corrosione: tale ricopertura è effettuata per immersione del metallo da ricoprire nello stagno fuso o per deposizione elettrolitica su di esso, come la latta, costituita da lamiera di acciaio dolce rivestita da un sottile strato di Sn, che ne costituisce circa il 2% in massa. La proprietà di Sn di resistere alla corrosione scompare se esso è a contatto di soluzione decisamente acide o decisamente alcaline, nelle quali gli ossidi di stagno, per le proprietà anfotere, sono solubili più o meno rapidamente: Sn resiste bene alla corrosione in un campo di pH che va da circa 3,5 a 9,5. In generale ci si riferisce sempre alla proprietà e alla struttura di questi veli compatti ed aderenti di ossidi superficiali, ma il prodotto insolubile può essere diverso a secondo dell’ambiente. Per esempio la passivazione di Pb in acido solforico è dovuta alla formazione di solfato di piombo (o di biossido di piombo se interviene una forza elettromotrice esterna), quella di Fe in acido fosforico alla formazione di fosfato di ferro, quella di Al in acido nitrico alla formazione di ossido di alluminio, Al2O3. Quindi l’alluminio non reagisce in soluzione di acidi ossidanti, come HNO3, perché l’acido stesso mantiene la passivazione (ossidazione) della superficie dell’alluminio e quindi HNO3 può esser trasportato in contenitori di alluminio. Al è protetto dalla reazione con acqua nel’intervallo da pH 4,5 a pH 8,5: una volta scomparso il velo protettivo, Al non più passivato reagisce sviluppando idrogeno. Inoltre tale velo di ossido aderentissimo e sottilissimo non è più compatto se la superficie di Al viene amalgamata, ovvero bagnata con mercurio. In questo caso l’alluminio sposta idrogeno dall’acqua, corrodendosi. In base alla struttura e alle proprietà di questi veli compatti ed aderenti di ossidi superficiali i metalli che si passivano possono dividersi in tre classi. Prima classe: il velo di ossido è assai sottile (pochi strati molecolari) ed è un buon conduttore elettronico; il metallo acquista il comportamento di un metallo nobile ovvero si comporta da 9 elettrodo indifferente in un semielemento redox; impiegato come anodo nell’elettrolisi dell’acqua consente sviluppo di O2 senza subire ulteriore ossidazione; appartengono a questa classe Ni e Cr. Seconda classe: il velo di ossido è spesso qualche nm; il metallo non si comporta da metallo nobile, ma da metallo inerte (non può essere impiegato come elettrodo indifferente; se usato come anodo nell’elettrolisi dell’acqua non dà sviluppo di O2, perché il velo di ossido lo isola elettricamente dalla soluzione); appartengono a questa classe Al e Zr. Terza classe: il velo di ossido è un buon conduttore elettronico se sottile e cattivo conduttore se spesso; appartengono a questa classe Zn e Cd. A tal proposito è bene sottolineare che la formazione dello strato passivato è un processo termodinamicamente favorito (ΔG°<0) ed è un processo assai rapido. I metalli che si passivano non è che non si corrodano: formato lo strato passivante, si corrodono assai lentamente. Si può dire che, dal punto di vista corrosionistico, i metalli passivati sono cineticamente stabili. Fig. 6: A sinistra carabinieri con superficie di alluminio anodizzato (formazione sulla superficie di uno strato di ossido sottile, compatto ed isolante) in vari colori; al centro la sommità del Palazzo Chrysler a New York ricoperta da acciaio inossidabile; a destra un lampante esempio di corrosione. Note a margine: Le pellicole protettive si possono formare alla superficie dei metalli in due modi: 1. per separazione di prodotti di corrosione da soluzioni nelle quali la loro concentrazione ha raggiunto i limiti di saturazione, oppure 2. per formazione diretta alla superficie metallica in seguito al suo funzionamento anodico. Il primo meccanismo, che riguarda soprattutto i materiali metallici a comportamento cinetico-elettrochimico normale o intermedio, dà luogo a pellicole spesse e più o meno porose in forma cristallograficamente ben definita e, in genere, con scarse caratteristiche conduttrici: ad esempio su Ag (E0 =0,80 V contro SHE) in soluzioni cloridriche strati di AgCl; su Cu (E0 =0 ,34 V contro SHE) o bronzo esposti all’atmosfera strati di carbonato basico di rame (CuCO3·Cu(OH)2 la cosiddetta “patina nobile” caratteristica della Statua della Libertà o del Pensatore di Rodin). Analogamente su Cu e sue leghe in acqua di mare si forma uno strato di atacamite (Cu2Cl(OH)3 cloruro basico di rame). Scrive il Vasari nel suo trattato sulla scultura: “Il bronzo piglia con il tempo per sé medesimo un colore che trae in nero e non in rosso come quando lo si lavora. Alcuni con l’olio lo fanno venire nero, altri con l’aceto lo fanno verde ed altri con la vernice li danno il colore di nero tale che ognuno lo conduce come più gli piace”. La diffusione della patinatura artificiale su larga scala avviene solo nella prima metà del secolo scorso. Anche se si moltiplicano i trattamenti e le ricette usate e quindi i colori ottenuti, la patinatura continua ad essere un'arte basata sulla maestria e la creatività di coloro che la eseguono, più che sul loro sapere tecnico. E infatti spesso sono gli artisti stessi a realizzarla. E nemmeno successivamente si trasforma in un’operazione in grado di portare a risultati completamente prevedibili e riproducibili, se uno scultore del calibro di Henry Moore, ancora nel 1967, la definisce un intervento molto eccitante ma dai risultati incerti. Scrive infatti: “Il bronzo quando è esposto all’aria aperta, in particolar modo se si è in vicinanza del mare, si ricopre nel 10 tempo di una bella patina verde. Ma qualche volta non si può aspettare che la natura faccia il suo corso per cui cerchi di accelerare i tempi trattando il bronzo con acidi vari che producono effetti diversi. Alcuni rendono nera la superficie, altri rossa. Io, di solito, quando preparo il calco ho un’idea della finitura del bronzo che voglio scura o chiara e ho un’idea del colore che intendo ottenere. Quando il getto torna dalla fonderia passo a dare la patina e questa qualche volta viene bene ma qualche volta tu non riesci a rifare quello che hai già fatto in altre occasioni. È molto eccitante ma poco riproducibile questa operazione di patinatura del bronzo”1 .Forse è anche per questa ragione che molti scultori contemporanei preferiscono per i loro bronzi la patinatura che si produce naturalmente per azione dell'atmosfera. 1 H. Moore, Henry Moore on Sculpture, 140, Philip James, New York, 1967 L’inquinamento da ossidi di zolfo costituisce negli ultimi settanta anni il fattore di maggior sviluppo della corrosione atmosferica negli ambienti urbani ed industriali. La presenza di SO2 e SO3 nell’aria è dannosa per il ferro perché essi tendono a reagire con il vapor d’acqua dando rispettivamente H2SO3 e H2SO4. Lo zolfo è presente in piccola percentuale in quasi tutti i combustibili naturali e durante il processo di combustione si produce SO2 (SO3 è invece prodotta in parte dalla combustione e in parte dall’ossidazione di SO2 stimolata dalle radiazioni ultraviolette), fortemente aggressiva nei confronti dell’acciaio. È evidente che un metallo ideale, esposto ad un atmosfera idealmente non inquinata, senza l’intervento di polveri e particelle carboniose, dovrebbe praticamente corrodersi solo a valori di umidità relativa (U.R.) dell’ordine del 100%. Tuttavia l’intervento di fenomeni di microcondensazione superficiale e di adsorbimento di acqua, degli inquinanti e di particelle estranee, fa cadere a valori assai bassi la cosiddetta umidità critica, ossia quel tenore di umidità oltre il quale la velocità della corrosione atmosferica aumenta in modo considerevole. La Figura in basso mostra chiaramente il valore dell’umidità critica (60%) per la corrosione del ferro in atmosfera contenente 0,1 p.p.m. di SO2. È possibile descrivere schematicamente il meccanismo con cui avviene il fenomeno della passivazione dei metalli tramite il grafico di Fig. 7: le coppie di valori E/i diagrammate sono determinate sperimentalmente. 11 Fig. 7: Da E1 a E2 si ha la zona di corrosione; Ep è il potenziale di passivazione: EF è chiamato potenziale di Flade, oltre il quale si ha la la zona di passivazione. 13.5 OSSIDAZIONE DEI METALLI AD ALTE TEMPERATURE (CORROSIONE CHIMICA) L’ossidazione dei metalli ad alta temperatura è particolarmente importante nella progettazione meccanica delle turbine a gas (superleghe di nichel) di motori a reazione e di attrezzature petrolchimiche operanti ad alte temperature. Alcuni metalli formano un rivestimento di ossido molto resistente, in grado di proteggere il metallo sottostante da ulteriore corrosione. Altri metalli formano un rivestimento di ossido che si sfalda, provocando l’esposizione del metallo sottostante ad ulteriore ossidazione fino al completo degrado dell’intero oggetto. L’esempio più comune è la ruggine rossa, una miscela di composti tra cui FeO e Fe2O3. Questa situazione si traduce in una compressione dello stato di ossido. Un modo per valutare lo stato di compressione è valutata paragonando la densità degli atomi metallici nel metallo elementare con la densità dell’ossido metallico, valutando il rapporto di Pilling-Bedworth (rapporto P-B) dato da: Rapporto P-B = volume molare di ossido metallico/atomi metallici per unità di formula chimica volume molare del metallo Il valore ottimale del rapporto P-B è compreso tra 1 e 2, corrispondente ad una pellicola di ossido protettivo e non poroso, in quanto aderisce bene al metallo sottostante. Se tale rapporto fosse minore di 1, il rivestimento di ossido sarebbe poroso, se fosse maggiore di 2 indicherebbe che lo strato di ossido è molto compresso e che, con tutta probabilità, si sfalderà. Essendo un fenomeno di superficie, l’ossidazione dipende dalla morfologia o dalla struttura della superficie stessa, che sono altresì influenzate dai processi di produzione o di sagomatura. Processi di cottura possono alleviare/mitigare o in parte eliminare le tensioni del materiale metallico e quindi minimizzare la corrosione. Le dimensioni reticolari dell’ossido formato devono essere poco diverse (10-15%) da quelle del metallo, in modo che si realizzi un incastro a scala atomica fra i due reticoli e quindi una forte adesione fra lo strato di ossido e il metallo base. L’incorporazione di ossigeno nel reticolo di Fe provoca l’espansione del reticolo stesso, con una tensione dei legami che si instaurano tra gli 12 altri di Fe nello strato di ossido e gli atomi di Fe nel metallo: questa situazione si traduce in una compressione dello strato ossido, valutata appunto in base al rapporto Pilling-Bedworth. Inoltre lo strato di ossido dovrebbe avere bassa tensione di vapore, coefficiente di espansione simile a quello del metallo, bassa conducibilità e elevato punto di fusione. Fig. 8 13.6 - RIVESTIMENTI INORGANICI 13.6.1 LA FOSFATAZIONE (da PEDEFERRI) La fosfatazione si effettua immergendo manufatti di acciaio o di acciaio zincato in soluzioni acide di fosfati metallici che formano alla superficie del metallo uno strato di fosfati: cristallino, poroso e perfettamente aderente alla base. Questo strato, che di per sé è in grado di svolgere solo una blanda azione anticorrosiva, è un'ottima ed economica mano di fondo per l'ancoraggio di successivi cicli di pitturazione oppure per la protezione temporanea di semilavorati. Si ricorre alla fosfatazione nell'industria automobilistica per la verniciatura delle scocche, ma anche in quella degli elettrodomestici, delle scaffalature metalliche e così via. Le reazioni che portano alla formazione dello strato si basano sulla possibilità mostrata dal ferro, dal manganese, dallo zinco di formare fosfati primari - Me(H2PO4)2 - molto solubili in acqua; secondari - MeHPO4 - scarsamente solubili e, infine, terziari - Me3(PO4)2 - insolubili anche in soluzione di acido fosforico. Le soluzioni utilizzate che contengono fosfati primari di ferro, di manganese, di zinco e acido fosforico e hanno un pH compreso tra 2 - 4, sono in equilibrio idrolitico secondo le seguenti reazioni: Me(H2PO4)2 → MeHPO4 + H3PO4 e 3MeHPO4 → Me3(PO4)2 + H3PO4 Quando il metallo da fosfatare viene immerso nella soluzione, esso subisce anzitutto un attacco corrosivo con sviluppo di idrogeno. Nel caso dell'acciaio la reazione è la seguente: Fe + 2 H3PO4 → Fe(H2PO4)2 + H2 La conseguente riduzione della concentrazione dell'acido sposta alla superficie del metallo l'equilibrio delle reazioni sopra scritte verso destra, causando la separazione del fosfato. 13 Affinché questo accada solo sulla superficie del metallo, il rapporto acido libero/fosfati deve essere mantenuto nell'intervallo 0,12-0,15: deve risultare sufficientemente basso per consentire la separazione dei fosfati, ma non tanto basso da provocare la loro separazione all'interno della soluzione. Lo sviluppo di H2 è lo stadio lento del processo e tende a schermare la superficie del metallo. Per evitare questi inconvenienti si aggiungono sostanze ossidanti, come nitriti, nitrati, clorati e perossidi, che ossidano H2 a H2O. La composizione, lo spessore, la morfologia, le condizioni di ottenimento degli strati vengono fatte variare a seconda delle applicazioni. Uno strato per l'ancoraggio di pitture può essere costituito dai fosfati dei tre metalli (Fe, Mn, Zn) con un “peso” di 7,5 g/m2, ovvero con uno spessore maggiore di 100 μm. Spesso alla fosfatazione per immersione si preferisce quella a spruzzo soprattutto per la preparazione temporanea di semilavorati. 13.6.2 - L'OSSIDAZIONE ANODICA L'ossidazione anodica è un processo elettrolitico realizzato allo scopo di ispessire il film di ossido naturalmente presente sull'alluminio e su altri metalli in modo da migliorarne la resistenza alla corrosione e all'abrasione, le caratteristiche estetiche, oppure al fine di ottenere film di ossido con caratteristiche elettriche, dielettriche, elettrochimiche, catalitiche speciali. Ossidazione anodica dell’alluminio. È certamente l’ossidazione anodica più utilizzata, ad esempio per la protezione dei serramenti di alluminio, detti appunto anodizzati, ma anche come pretrattamento per ancorare al metallo cicli di verniciatura o pitturazione (soprattutto ora che la aromatizzazione in alcuni è vietata). Gli stadi del processo di ossidazione anodica dell'alluminio sono: la preparazione superficiale, 1'anodizzazione (con eventuale trattamento di colorazione) ed infine la sigillatura. La Tabella 2 riporta le caratteristiche dei tre processi maggiormente impiegati per l'anodizzazione dell'alluminio per scopi anticorrosivi. Le proprietà dei film di ossido dipendono dalla composizione del bagno e dalle condizioni operative (temperatura e densità di corrente). Lo spessore dell'ossido può passare da qualche micron a 30 micron a seconda della durata dell'ossidazione e delle condizioni in qui questa viene effettuata. Tabella 2: Caratteristiche dei tre processi maggiormente impiegati per l'anodizzazione dell'alluminio e proprietà dei film di ossido ottenuti. Potenziale (V) Densità di corrente (A/dm2) Acido (% in massa) T (°C) Solforico 10-15% 15-24 10-22 1-3 3-50 Cromico 3-10% 30-40 30-50 0,3 -0,4 2-8 Ossalico 3-8% 20-40 30-60 1-3 10-60 Spessore (μm) La struttura del film di ossido ottenuta con i bagni solforico, cromico o ossalico è schematicamente illustrata in Fig. 9. A contatto con il metallo si forma uno strato “barriera” sovrastato da uno strato “poroso”. La struttura dei pori è a nido d'ape. Film adatti per applicazioni anticorrosive si ottengono in meno di un'ora con potenziali applicati di 20-60 V. In soluzioni diverse da quelle citate in Tab. 2 14 l'ossido si forma con altre caratteristiche. Ad esempio in soluzioni di acido borico o di fosfato di ammonio si ottengono film di ossido costituiti solo dallo strato barriera. Questi film presentano in particolare caratteristiche adatte per impieghi nel campo dei condensatori elettrolitici. Fig. 9: Rappresentazione schematica dello strato barriera e di quello poroso in un film di ossido prodotto per ossidazione anodica dell'alluminio Subito dopo l'ossidazione si effettua la sigillatura; operazione che conduce alla eliminazione della porosità del film. La sigillatura porta infatti all’idratazione dell'ossido di alluminio il quale, rigonfiandosi, chiude i pori. In passato questo trattamento si effettuava per immersione del pezzo anodizzato in acqua bollente per circa 5-20 minuti o in bagni di vapore a 150°C. Oggi si ricorre soprattutto a processi di sigillatura a freddo catalizzati ad esempio da fluoruro di nichel. Durante l'operazione di sigillatura si possono inserire all'interno dei pori, e quindi del film, inibitori di corrosione (come cromati o silicati ad esempio) oppure pigmenti inorganici o organici e così colorare la superficie ossidata. La preparazione preliminare della superficie dell'alluminio deve eliminare tutti i contaminanti superficiali, in particolare le inclusioni di ferro, che spesso rimangono dopo i processi di lavorazione meccanica. La colorazione anodica. Il primo processo di colorazione per ossidazione anodica è stato effettuato da Leopoldo Nobili (e da lui chiamato “metallocromia”) pochi anni dopo l’invenzione di Volta. Oggi è effettuata, oltre che su alluminio, su titanio e sugli acciai inossidabili e altri metalli ancora. Il rivestimento naturale di ossido può essere ispessito utilizzando l’oggetto di alluminio come anodo ed elettrodi di grafite come catodo di un bagno elettrolitico ad esempio di H2SO4(aq). La semireazione anodica che avviene durante l’elettrolisi è: 2Al(s) + 9 H2O(l) → Al2O3(s) + 6 H3O+(aq) + 6 e⇐ Anodized aluminum has an electrochemically deposited layer of porous Al2O3 13.6.3. LA CROMATAZIONE La cromatazione è stata impiegata per la finitura dell'alluminio, dello zinco, del cadmio e del magnesio (ma non per quella dell'acciaio), sia come trattamento anticorrosivo sia come 15 pretrattamento sul quale ancorare cicli di pitturazione. Ad esempio il ciclo di protezione delle parti esterne e interne degli aeromobili è costituito da una cromatazione dell'alluminio seguita da una mano (top) di pittura. L'azione anticorrosiva della cromatazione è dovuta alla presenza del cromo esavalente che è un perfetto passivante pronto ad entrare in azione ogniqualvolta lo strato di pittura viene lesionato. La tossicità del cromo esavalente sta portando alla messa al bando (almeno in Europa) di questo trattamento. La cromatazione classica consiste nell'immergere per pochi minuti in una soluzione acida di cromato (di solito di bicromato di sodio Na2Cr2O7) contenente anche altre specie con funzione depassivante o atte a coprecipitare con il film di cromatazione come cloruri, fluoruri, in alcuni processi anche fosfati. La composizione del bagno e il suo pH variano a seconda del materiale metallico che viene trattato. Generalmente lo strato è di colore giallo, ma può assumere anche altre colorazioni o essere trasparente. Il film di cromatazione è amorfo, sottile (lo spessore è qualche frazione di micron) e con caratteristiche semiconduttrici. Si ritiene che il meccanismo di formazione del film implichi, inizialmente, la dissoluzione del substrato superficiale (metallo o ossido), quindi la parziale riduzione del cromo esavalente e la contemporanea separazione sulla superficie del metallo di un film costituito da cromato cromo Cr2(CrO4)3, in presenza o meno di ossidi del metallo trattato e di altre specie presenti nel bagno (come i fosfati). 13.7 - LA PROTEZIONE CATODICA Un altro modo per evitare la corrosione di Fe è l’utilizzo di un anodo sacrificale, soprattutto quando risulterebbe costosa la ricopertura di tutta la struttura. Si tratta di un pezzo di metallo, ad esempio Mg, che si ossida più facilmente di Fe: tale metallo viene posto in contatto elettrico con il ferro e si ossiderà preferenzialmente al posto del ferro che risulta perciò protetto. In realtà gli elettroni che determinano la protezione catodica possono essere forniti o da (1) un accoppiamento galvanico con un metallo meno nobile di quello che deve essere protetto e che si comporta come anodo sacrificale (come da Figg. 10 e 11a) o da (2) un generatore esterno di corrente continua (come da Fig. 11b). Un oleodotto di ferro è protetto dall’ossidazione finché c’è magnesio collegato elettricamente. Lo stesso tipo di protezione si applica alle piattaforme petrolifere, navi o serbatoi di carburante. Negli Stati Uniti si producono annualmente 12 milioni di libbre di magnesio (a quanti kg corrispondono?), utilizzate come anodo sacrificale o galvanico. Gli anodi di magnesio, che si corrodono al posto del metallo che deve essere protetto, sono particolarmente adatti per la protezione catodica dell'acciaio nei terreni, grazie al loro potenziale notevolmente più basso di quello del ferro e all'elevata densità di corrente che possono erogare. Per la protezione catodica dell'acciaio in acqua di mare vengono invece comunemente utilizzati anodi di zinco (strutture a contatto con acqua di mare) e di alluminio (strutture immerse nel fondale marino). In ambedue i tipi di protezione è il blocco metallico di protezione che subisce processi ossidativi (ovvero si corrode): nel caso (1) perché costituisce il polo negativo di una pila, nel caso (2) perché esso costituisce il polo positivo di un'elettrolisi. 16 Fig. 10: Protezione catodica del ferro con un metallo meno nobile. Fig. 11 LETTURA Gli anodi galvanici sono impiegati negli ambienti aventi elevata conduttanza, ad esempio in acqua di mare e in qualche caso possono essere convenienti quando sono richieste piccole correnti anche negli ambienti con bassa conduttanza, come nei terreni e nella prevenzione catodica del cemento armato. Quando l'anodo lavora, ovvero eroga corrente, si consuma a seguito della sua semireazione: M(s) → Mn+(aq) + ne-, dove M è il generico materiale anodico e n è la carica degli ioni prodotti. La massa di metallo che passa in soluzione è ricavabile in base alle leggi di Faraday ed è perciò proporzionale, attraverso il suo equivalente elettrochimico, alla carica che eroga. Per ogni materiale anodico è quindi definibile il consumo teorico, ovvero la massa che passa in soluzione per unità di carica prodotta. Di solito il consumo teorico si esprime in kg/A·anno. Si distingue tra consumo teorico, calcolato in base alla legge di Faraday e consumo pratico; il secondo incorpora la massa di materiale anodico che passa in soluzione per autocorrosione, per effetti di microcoppie locali. Il rendimento dell'anodo o capacità di corrente è pari a circa il 95% per zinco e alluminio e non è mai superiore al 50% per il magnesio. Si definisce capacità teorica la grandezza inversa del consumo teorico; essa esprime la carica che un metallo è in grado di erogare per unità di massa. In genere si misura in Ah/kg. Anche qui si definisce una capacità pratica legata a quella teorica dal rendimento dell'anodo. La relazione che lega la capacità teorica al consumo teorico è la seguente: consumo (kg/A·anno) x capacità teorica (A·h/kg)=8760. In Tabella 3 sono riportati le proprietà fisiche ed elettrochimiche di magnesio, zinco e alluminio, i consumi e le capacità: 17 A parità di configurazione geometrica e di materiale metallico, l'erogazione di corrente dipende dalla resistenza del circuito elettrico e in particolare dalla resistività dell'ambiente. In Tabella 4 sono indicati i tipi di anodo da impiegare in funzione della resistività dell'ambiente: Quando è possibile, ovvero in pratica solo nei terreni, si cerca di variare le caratteristiche ambientali nelle immediate vicinanze dell'anodo mediante un letto di posa, in modo da creare le condizioni migliori per un buon funzionamento. In particolare, il letto di posa permette il raggiungimento di un potenziale più negativo e più stabile, poiché diminuisce le sovratensioni e impedisce l'insorgenza dei fenomeni di passivazione (ad esempio gli anodi di zinco si possono passivare in presenza di solfuri, quelli di ferro in presenza di fosfati, quelli di alluminio in tutti gli ambienti che non contengono cloruri). Il letto di posa inoltre aumenta l'efficienza degli anodi perché ne limita l'autoscarica e ne favorisce una dissoluzione uniforme. In particolari applicazioni la scelta del materiale anodico è dettata da criteri di sicurezza. Ad esempio il magnesio e in misura minore l'alluminio possono provocare scintille (metalli piroforici) per urto con una superficie di acciaio arrugginita (reazione con la ruggine) con rischio di deflagrazioni se sono presenti vapori di idrocarburi. Per questo motivo, all'interno di petroliere o di navi cisterna adibite al trasporto di prodotti infiammabili, solo l'impiego di anodi di zinco è consentito senza limitazioni, mentre quello di anodi di magnesio è sempre escluso e per l’alluminio bisogna osservare particolari direttive. Dal punto di vista economico le leghe di alluminio sono quelle più convenienti; infatti il costo per produrre la stessa carica, tenendo conto del consumo pratico e del costo medio per unità di massa, è posto 100 per Al, 300 per Zn e 750 per Mg. Le protezione con correnti impresse viene utilizzata soprattutto nel caso di strutture interrate, ma anche per serbatoi d'acqua, tubazioni, grandi condensatori o scambiatori di calore, dissalatori, o grandi navi o strutture in cemento armato. Nei sistemi a corrente impressa, la corrente è fornita da un generatore esterno di corrente continua, mediante un dispersore che è in grado di erogare corrente nell’ambiente. Materiali anodici. Lo scambio di corrente tra dispersore e ambiente avviene attraverso una reazione anodica, che dipende dal materiale anodico e dall’ambiente. Ad esempio, nel caso di anodi di acciaio al carbonio, la reazione anodica è quella di dissoluzione del ferro, con consumo dell'anodo; per gli anodi cosiddetti insolubili, ad esempio il titanio platinato, grafite, ecc..., le reazioni possono essere di sviluppo di ossigeno o di sviluppo di cloro a seconda dell'ambiente e della densità di corrente di erogazione. In Tabella 5 sono 18 riportate le composizioni commerciali, i consumi e le condizioni di lavoro dei principali materiali anodici. Tabella 5: Principali anodi insolubili. Tensione di alimentazione. Poiché è impiegato un generatore di corrente, la progettazione deve innanzitutto prevedere il calcolo della minima tensione di alimentazione, la quale, da considerazioni elettriche ed elettrochimiche, è pari alla cosiddetta tensione di cella, data da: Emin = ψ* + I Rtot, dove I è la corrente totale di protezione che circola nel circuito elettrico ed è un dato di progetto, Rtot è la resistenza totale del circuito (calcolata o imposta), ψ* rappresenta la somma dei contributi termodinamici e cinetici delle reazioni elettrodiche (vedere Figura 12). Quest'ultimo termine rappresenta il tributo che è necessario pagare perché possa essere realizzata la protezione, prima ancora di considerare le cadute ohmiche nel circuito elettrico: esso è trascurabile, se si usano anodi solubili di ferro, vale 2-3 V nel caso di anodi inerti. Tipi di dispersori. In acqua di mare e all'interno delle apparecchiature, gli anodi sono impiegati senza alcun letto di posa ovvero esponendo il materiale anodico direttamente all'ambiente. Gli anodi possono avere forme diverse a seconda delle esigenze particolari, soprattutto per le apparecchiature. In questi casi il disegno della struttura anodica è condizionata, oltre che dalle esigenze di erogazione di corrente, da considerazioni di tipo meccanico, ad esempio il tipo di fissaggio alla struttura. Fig.12: Schema elettrico equivalente di funzionamento del sistema a corrente impressa 19 Le applicazioni più comuni della protezione catodica riguardano strutture poste negli ambienti naturali. Gli anodi galvanici sono impiegati negli ambienti aventi elevata conduttività, ad esempio in acqua di mare e in qualche caso possono essere convenienti quando sono richieste piccole correnti anche negli ambienti con bassa conduttività, come nei terreni e nella prevenzione catodica del cemento armato. I sistemi a corrente impressa sono necessari negli ambienti resistivi, come i terreni e il calcestruzzo e sono preferiti per la protezione di strutture estese, quando è richiesto un limitato numero di anodi. Un notevole vantaggio è dato dal fatto che il sistema presenta una grande flessibilità di esercizio, potendo variare e regolare la corrente erogata. Vantaggi e limiti delle due applicazioni sono riassunti in Tabella 6. Tabella 6: Vantaggi e limiti dei due metodi di protezione catodica. NOTE a) Il letto di posa è di solito costituito da una miscela di gesso, bentonite e solfato di sodio, nel rapporto (in massa) di 70:20:10. Il gesso (CaSO4) ha soprattutto la funzione di mantenere attivo l'anodo e di consentirne un consumo uniforme, la bentonite (un fillosilicato, Al2O3 − 4SiO2 − 4H2O), di assorbire l'umidità del terreno circostante e di conservarne una buona percentuale anche nei periodi di siccità; il solfato di sodio (Na2SO4) di diminuire la resistività. b) Nei terreni, invece, il dimensionamento del dispersore è determinato in primo luogo dall'esigenza di ottenere una bassa resistenza anodica, in genere inferiore a 2 Ω, anche in relazione ai limiti imposti, per ragioni di sicurezza, alla tensione di alimentazione, che di norma non deve superare il valore di 50 V. Per conseguire questo obiettivo, si ricorre all'impiego di letti di posa (backfill), costituiti da polvere di carbone, allo scopo di aumentare le effettive dimensioni del dispersore e quindi diminuirne la resistenza. Nel medesimo dispersore possono essere collocati uno o più anodi, sulla base di due requisiti: la durata e la resistenza. c) Si ricordi inoltre che la misura del potenziale di un metallo in un ambiente è sempre riferita ad un elettrodo di riferimento, il cui tipo deve essere indicato espressamente. In 20 elettrochimica i potenziali sono di norma espressi rispetto all’elettrodo a idrogeno, abbreviato con SHE (standard hydrogen electrode) o NHE (normal ); in laboratorio uno degli elettrodi più comuni è il calomelano, SCE (saturated calomel electrode), mentre per misure di potenziale su strutture reali sono impiegati l’elettrodo Cu/CuSO4 saturo (CSE, copper sulphate electrode) nei terreni, l’elettrodo Zn/acqua di mare (ZN) e quello Ag/AgCl/acqua di mare (AAC) in acqua di mare. Tabella 6: Principali elettrodi di riferimento d) La misura del potenziale di un materiale metallo esposto ad un ambiente, di norma costituito da una soluzione acquosa o da un mezzo poroso dove sia presente acqua, è una misura di corrosione molto comune e importante; ad esempio nella protezione catodica la misura del potenziale è il metodo per controllare lo stato di protezione di una struttura metallica: la Figura 13 (a) mostra il caso di una condotta interrata. Nel settore del calcestruzzo la misura viene applicata per la diagnosi dello stato di corrosione delle armature secondo il metodo detto della mappatura del potenziale. La Figura 13(b) illustra il circuito di misura, effettuata con l’elettrodo rame - solfato di rame saturo: l’armatura, di norma in acciaio, è il metallo oggetto della misura; il calcestruzzo l’elettrolita in cui il metallo è immerso; la soluzione di solfato di rame e l’elemento in rame costituiscono l’elettrodo di riferimento; quest’ultimo viene posto sulla superficie di calcestruzzo, appoggiato ad una spugna umida che assicura il contatto elettrolitico tra cemento e setto poroso, in legno o ceramica, dell’elettrodo. Il potenziale di un metallo in un dato ambiente, in condizioni di corrosione spontanea, viene detto potenziale di corrosione e indicato con il simbolo Ecor. Fig. 13: Applicazioni della misura del potenziale: di una condotta interrata (a); delle armature nel calcestruzzo (b). 21 PROTEZIONE CONTRO LA CORROSIONE: UN BREVE COMPENDIO Curiosità finali: 1) La scoperta dell'acciaio inossidabile si deve all'inglese Harry Brearly: nel 1913, sperimentando acciai per canne di armi da fuoco, scoprì che un provino di acciaio, con il 13-14% di cromo e con un tenore di carbonio relativamente alto che aveva preparato, non arrugginiva quando era esposto all'atmosfera. Successivamente questa proprietà venne spiegata con la passivazione del cromo, che forma sulla superficie una pellicola di ossido estremamente sottile, continua e stabile; per questo l'acciaio inox resiste alla corrosione sia in ambiente umido sia asciutto. Non solo: gli acciai inox offrono anche molte proprietà secondarie che li rendono materiali di grande versatilità. I successivi progressi della metallurgia fra gli anni '40 e '60 hanno ampliato il loro sviluppo e le loro applicazioni. Tuttora vengono perfezionati e adattati alle richieste dei vari settori industriali, come il petrolifero/petrolchimico, minerario, energetico, nucleare ed alimentare (http://www.corrosion-doctors.org/Site-Map.htm). 2) Se per proteggere un metallo (ad esempio ferro), si scegliesse di ricoprirlo con un velo di un altro metallo più nobile (ad esempio rame), sarebbe necessario porre molta cura nel fatto che tale strato protettivo sia assolutamente continuo; infatti basta una piccolissima discontinuità (ad esempio un graffio che scopra il metallo sottostante) per formare una pila in cortocircuito che dà inizio alla corrosione che si estende poi in profondità. Al contrario, se il metallo da proteggere, ad esempio Fe, viene ricoperto con un metallo meno nobile, ad esempio Zn, nel caso di rottura dello strato protettivo è questo a corrodersi preferenzialmente, rallentando così la corrosione del ferro. 3) Nel processo di corrosione per contatto, in qualche caso può verificarsi un’inversione di polarità della coppia per cui il materiale inizialmente si comporta da catodo e viceversa. Un esempio classico è quello della coppia Zn-Fe in acque naturali a temperatura elevata; lo zinco, metallo meno nobile e inizialmente anodico rispetto al ferro, a seguito della formazione di un 22 film passivante stabile di ossido di zinco dotato di conducibilità elettronica, assumerà nel tempo un comportamento catodico rispetto al ferro. 4) La corrosione per correnti disperse. Spesso nei terreni nascono gradienti di potenziale per cui circolano correnti (dette disperse o vaganti). Le cause più frequenti di questi gradienti sono impianti di trazione a corrente continua, quali ferrovie, tram e metropolitane. In questi sistemi, parte della corrente di ritorno alla sottostazione di alimentazione, invece di fluire attraverso le rotaie, passa nel terreno e quindi rientra alla sottostazione attraverso strutture metalliche presenti nel terreno (di solito tubazioni). Su queste strutture si creano delle zone protette (catodiche) dove la corrente entra nella struttura metallica e delle zone di corrosione (anodiche) dove la corrente l'abbandona per tornare, attraverso il terreno, alla sottostazione. Fig. 14: Corrosione da correnti disperse indotte da impianto ferroviario. 5) Marcel Pourbaix (Myshega (Russia), 16 settembre 1904 – Uccle (Belgio), 28 Settembre 1998) è stato un insigne elettrochimico (i famosi diagrammi Potenziale versus pH), nonché pianista russo. Pourbaix (nel suo volume "Lectures on Electrochemical Corrosion" Plenum Press, New York, 1973) per mostrare come il comportamento del ferro (o dell'acciaio basso legato) vari quando all'acqua distillata si aggiungano piccole quantità di specie diverse porta gli esempi seguenti. 1. In acqua distillata (o demineralizzata) il ferro si corrode con formazione della tipica ruggine marrone; 2. l'aggiunta di 1g/L di cloruro sodio fa aumentare la velocità di corrosione; 3. se al posto del cloruro sodico si aggiunge 1g/L cloruro ferrico questa aumenta ancor più; 4. l'aggiunta di 2 g/L di acido solforico provocano corrosione con sviluppo di idrogeno e il ferro passa in soluzione; 5. l'aggiunta di 2g/L di bisolfito di sodio rallenta la corrosione e fa depositare sulla superficie del ferro un film nero di magnetite; 6. l'aggiunta di 1g/L di soda caustica blocca la corrosione e mantiene la superficie del ferro con il suo colore naturale; 7. l'aggiunta 1g/L di cromato (ad esempio di sodio) provoca lo stesso effetto, 8. ma, se oltre al cromato, si aggiunge 1g/L di cloruro di sodio si ha un intenso attacco localizzato ad alcuni punti della superficie; 9. l'aggiunta di 0,2 g/L di permanganato riduce la velocità di corrosione; 10. l'aggiunta di 2 g/L di permanganato la blocca; l'aggiunta 0,3 g/L di acqua ossigenata riduce la velocità corrosione; 11. l'aggiunta di 3 g/L di acqua ossigenata l'annulla; 12. l'aggiunta di sali di calcio o di magnesio in modo da dare all'acqua la stessa composizione dell'acqua del rubinetto -se preferite prendete direttamente l'acqua dal rubinetto - il ferro si corrode con formazione di ruggine se l'acqua è stagnante, non si corrode è mantenuta in agitazione. 23