La situazione dei diritti umani in Qatar non sembra essere per nulla rosea. La donna in Qatar è sottoposta a un regime sistemico e maschilista che ne preclude l’autonomia personale e lavorativa, ma non solo. In Qatar non esiste una specifica legge che limita i diritti delle donne, ma è un sistema strutturale di normative e pratiche che, richiudono la donna in una “tutela maschile“ infatti quasi tutte le scelte di vita devono essere approvate dalla figura maschile della famiglia (marito, padre, nonno, fratello, zio). Una discriminazione sistemica che investe tantissimi aspetti della vita quotidiana delle donne, le quali sono costrette a richiedere l’autorizzazione della figura maschile addirittura per sposarsi, studiare all’estero, viaggiare all’estero (se hanno meno di 25 anni), lavorare nell’amministrazione pubblica e accedere ai servizi di salute riproduttiva. In sostanza, i diritti negati alle donne in Qatar non permettono loro di avere un autonomia o, addirittura, di essere trattate come persone adulte. Per fare un esempio, nel matrimonio le donne possono sposare un solo uomo, previa autorizzazione di un tutore maschio, mentre gli uomini hanno il diritto unilaterale di sposare fino a 4 donne alla volta senza chiedere il permesso a nessuno, nemmeno all’attuale moglie. E anche il divorzio è iniquo: le donne lo possono ottenere presentando una domanda specifica ai tribunali e presentando motivi limitati, mentre gli uomini possono divorziare senza interpellare alcun tribunale e, addirittura, senza informare la moglie o le mogli dell’intenzione. L’effetto devastante che tale situazione produce è trovare donne bloccate in matrimoni violenti. Come se non bastasse, in Qatar non esiste un codice penale che criminalizza la violenza domestica e lo stupro coniugale, ma esiste solo un articolo che vieta ai mariti di ferire fisicamente o moralmente le mogli. Sempre sul tema del matrimonio, la donna è responsabile della cura della casa e dell’obbedienza al marito, e non ha molti diritti riguardo ai figli, in quanto non può conferire la propria nazionalità agli stessi così come avviene per gli uomini. Recentemente il Qatar ha introdotto una legge sulla residenza permanente, per consentire ai bambini di ricevere servizi sanitari ed educativi governativi, di investire nell’economia e di possedere proprietà immobiliari. Tuttavia tale possibilità è indicata per i figli delle donne del Qatar spostate con uomini stranieri, e non sempre le donne ricevono l’autorizzazione dai propri tutori. Oltretutto, se non è presente un tutore maschio all’interno della famiglia, è lo Stato ad assumere la carica per il bambino stesso, non consentendolo alla madre. Così facendo, alla donna non restano molti diritti a cui appellarsi. E nel mondo del lavoro le cose non migliorano. Le donne infatti sono pagate dal 25 al 50% in meno rispetto agli uomini. Una discriminazione così ramificata che viene perpetrata anche se l’orario di lavoro è comparabile o più alto. In Qatar è permesso l’aborto per anomalie fetali, ma la donna deve chiedere comunque il consenso del padre o del marito, così come per altre forme di assistenza sanitaria relative alla fertilità. Le donne devono presentare addirittura una prova di matrimonio per accedere alle cure sulla salute sessuale e riproduttiva. In fatto di abbigliamento invece il Qatar è un Paese permissivo rispetto alle altre nazioni del Medio Oriente, in quanto il codice è guidato dai costumi sociali. Oltre a trovare l’hijab, in genere le donne indossano lunghe vesti nere, l’abayah o lo shayla.