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Riassunto CRIMINOLOGIA marotta

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Riassunto-criminologia-marotta - Criminologia. Storia, Teorie,
Metodi
Sociologia e Criminologia (Università degli Studi G. d'Annunzio Chieti e Pescara)
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CRIMINOLOGIA
CAPITOLO 1 - Aspetti definitori
Con il termine criminologia si intende lo studio scientifico della criminalità, del delinquente e del
comportamento criminale. I criminologi studiano la natura e la dimensione del crimine, i tipi di criminalità
cercando di individuare e spiegare i fattori connessi al reato e al comportamento antisociale, nonché la
conseguente reazione sociale. La criminologia è una scienza autonoma, ma è allo stesso tempo una
disciplina integrata che trae le sue conoscenze da molti campi, da una ‘costellazione’ di altre discipline –
sociologia, psicologia, scienza politica, antropologia, giurisprudenza, diritto penale, psichiatria ecc. I
criminologi contribuiscono allo studio della criminalità soprattutto attraverso lo sviluppo di ricerche
scientifiche, atte a far loro analizzare e spiegare le diverse aree del crimine. In tal modo è possibile anche
cercare di indentificare i valori sociali e le tendenze più evidenti dell’interesse collettivo, a fattori come età,
sesso, religione, classe sociale ecc.
Il ruolo del criminologo è anche quello di interpretare, analizzare le informazioni all’interno di una cornice
sistematica, allo scopo di avere una chiara visione del fenomeno. Per molto tempo gli studiosi di
criminologia hanno cercato di rispondere alla domanda: ‘quali sono le cause del delitto?’. La nostra società
è molto complessa e di conseguenza spiegare le cause del fenomeno in questione risulta assai difficile. Si è
giunti alla conclusione che è impossibile giungere ad una spiegazione attraverso un processo induttivo di
causa-effetto, cioè di causalità lineare. Un notevole contributo in tal senso è stato dato dall’introduzione
della ‘teoria dei sistemi’ in campo sociologico, che permette, attraverso sofisticate analisi statistiche, di
produrre e collegare una massa di dati tale da poter costruire reti di relazioni tra fenomeni ricorrenti. Lo
stesso discorso vale se si vuole analizzare un singolo fatto deviante; in questo caso si evidenziano le
correlazioni tra fattori individuali – personalità, carattere, patologie mentali – e sociali. Questo è uno dei
tanti motivi per i quali deve esserci una proficua collaborazione tra criminologi e investigatori.
In definitiva, come sostiene il Mannheim, è preferibile definire la criminologia come una disciplina
multifattoriale. E’ comunque una scienza idiografica, che studia i fatti, le cause, le probabilità degli eventi
particolari, e nomotematica, cioè mirante a scoprire leggi scientifiche universalmente valide, uniformità e
tendenze. Il criminologo assume il doppio ruolo di teorico e di ricercatore. Nel primo sviluppa teorie e
tenta di individuare le motivazioni del comportamento criminale. Ma i fattori causali della criminalità vanno
rilevati ed analizzati non solo attraverso lo sviluppo teorico, poiché le teorie necessitano di una validazione
della loro adeguatezza con gli strumenti propri alla ricerca scientifica. Infine va considerato il ruolo del
criminologo come ermeneuta, che deve continuamente sottoporre a valutazione critica i risultati degli studi
teorici ed empirici per proporre cambiamenti e suggerire nuovi indirizzi di indagine. Ma esiste, in definitiva,
la professione di criminologo al di fuori delle istituzioni accademiche e scientifiche? Formalmente non si
può parlare in Italia di professione, in quanto non rientra tra le professioni che prevedono l’iscrizione a un
albo riconosciuto, con organi professionali disciplinari.
In conclusione, la criminologia si prefigge i seguenti fondamentali obiettivi: in primis, individuare, definire
e descrivere il maggior numero possibile di atti e comportamenti devianti nelle società, in secondo luogo
analizzare, interpretare ed organizzare i dati rilevati sulla criminalità; terzo, sviluppare, spiegazioni teoriche
sull’eziologia della criminalità e del comportamento deviante. Le informazioni raccolte serviranno come
ausilio per la scelta e la valutazione delle risposte sociali attuali e future rivolte a ridurre la criminalità. La
criminologia è lo studio scientifico della criminalità, del delinquente e del comportamento criminale.
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Metodo scientifico
Per studiare e spiegare il comportamento criminale e deviante possono essere utilizzati diversi approcci,
come ad esempio quello letterario, filosofico o religioso. L’approccio proprio della criminologia deve essere
distinto dagli altri in quanto essa utilizza il metodo scientifico nelle sue investigazioni. Nell’uso di tale
metodo i criminologi seguono determinate linee guida; tra queste le più importanti sono l ’obiettività, i dati
fattuali, la precisione, la valutazione e la verificazione. Indubbiamente la principale qualità del metodo
scientifico deve essere l’obiettività, il criminologo deve condurre la ricerca e trarne le conclusioni senza farsi
influenzare da preconcetti e sentimenti personali. Deve basarsi sui dati fattuali emersi dalla ricerca
scientifica e non su speculazioni personali o su nozioni di senso comune. Il dato fattuale o positivo è l’unico
valido sul quale si possa basare un’indagine. In conclusione ricordiamo lo schema a tre stadi di Popper –
problema, tentativi di risoluzione di esso tramite ipotesi di teorie, eliminazione delle teorie false – per cui le
teorie sono valide quando resistono alle prove di falsificazione.
Prospettive di criminologia a indirizzo psicologico
I contributi iniziali si riferiscono alla psicologia criminale e a quella giudiziaria. La prima tende a individuare
i diversi fattori psicologici che concorrono a determinare comportamenti anti – sociali, sia riguardo alle
caratteristiche della personalità dell’autore sia in relazione alla componente psicologica della condotta, con
riflessi sia nella fase del procedimento penale e del successivo trattamento giudiziario. La psicologia
giudiziaria, invece, si occupa dello studio di tutte le figure che svolgono un ruolo nel contesto legale –
imputati, vittime, giudici, avvocati, testimoni – e comprende la psicologia della testimonianza e della
confessione raccolte in ogni fase del processo, allo scopo di valutarne validità e attendibilità.
La psicologia investigativa offre supporto ad una molteplicità di settori d’intervento. David Canter, uno dei
massimi esperti del settore, definisce tale disciplina come l’applicazione della psicologia all’attività
investigativa e, in generale, della polizia giudiziaria. Tale collaborazione, riassumendo gli scritti di Canter,
copre un ampio spettro di possibilità: supporto della verifica nelle ipotesi investigative; formazione degli
investigatori sui temi della psicologia della vittima e dell’autore sulle tecniche di interrogatorio;
monitoraggio delle suddette tecniche per fornire indicazioni metodologiche più appropriate
nell’accertamento della credibilità e validità di testimoni e indagati; sviluppo dell’autopsia psicologica, che
consiste nell’analisi dettagliata di tutte le caratteristiche della vittima per raccogliere elementi utili circa il
movente, le dinamiche criminali, il modus operandi e la ‘firma’ dell’offender e collaborazione nello studio
dell’offender profiling.
Prospettive di criminologia a indirizzo sociologico
Partiamo dal pensiero di Vilfredo Pareto (1848 – 1923). Partendo dalla constatazione che nel corso della
storia il potere è sempre stato gestito da pochi (élites) e che in ogni attività alcuni eccellono ed altri non
emergono, secondo Pareto, dalla natura del rapporto che l’élite instaura con la massa si realizzano i vari
modelli di società, e tale relazione è essenziale per la stabilità del sistema. Su tale premessa si possono
comprendere i termini consenso, cioè appoggio all’azione dei governanti, e conflitto cioè opposizione – dal
dissenso alla rivolta – alla loro azione. Da qui si sviluppano diversi pensieri:

teorici del consenso (prospettiva legata allo struttural - funzionalismo): la società si basa su relazioni
tra le parti rette da cooperazione e accordo. Il comportamento criminale mina alla base ordine e
consenso che mantengono il sistema;
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

teorici del conflitto: la società non è uniforme. Alcuni valori sociali sono in contrasto con altri e
questi conflitti producono criminalità. Chi stabilisce regole e norme decide di fatto chi è criminale e
chi no;
paradigma dell’interazionismo: si apprendono modelli criminali o no dagli altri attraverso un
processo di interazione simbolica dei comportamenti. Il crimine è definito da chi detiene il potere
sociale e quindi decide il giusto e lo sbagliato.
La criminologia considera il crimine come la forma più grave di comportamento deviante, cioè quello che
non si conforma alle regole sociali, mentre si considera come criminale il comportamento che violi leggi
penali del contesto di riferimento. In ogni società gruppi di soggetti dominanti istituiscono uno spettro di
procedure e tecniche allo scopo di garantire il mantenimento del controllo sociale e della conformità a
regole e leggi. Ciò avviene principalmente per mezzo del processo di socializzazione, che consiste
nell’interiorizzazione di valori, credenze, propensioni e modelli di comportamento socialmente accettati. La
prima forma di socializzazione avviene nella famiglia in cui si assimilano usi, costumi, tradizioni e leggi. In tal
modo la cultura porta allo sviluppo di controllo interiorizzato. Esistono due tipi di controllo all’interno della
società, informale – ostracismo e pubblico ludibrio – e formale – leggi scritte, potere legislativo e
giudiziario, forze di polizia, sistema penitenziario – dove lo Stato ha il monopolio dell’uso della coercizione
allo scopo di mantenere ordine e stabilità nella società. Secondo una classica distinzione le politiche di
controllo sociale possono esprimersi con l’incentivazione – premi, gratificazioni – costrizione – punizioni,
sanzioni – manipolazione – mass media, propaganda – e la distrazione – spettacoli di massa per deviare
l’attenzione dai problemi sociali.
Il comportamento deviante si manifesta in varie forme, dalla violazione delle regole di etichetta alla
mancata diligenza nelle mansioni lavorative e negli obblighi familiari, fino alla trasgressione delle norme
penali. In ogni caso va tenuto presente che il comportamento deviante in senso lato e il comportamento
criminale in senso stretto sono entrambi relativi nello spazio e nel tempo. Nel nostro ordinamento giuridico
è la Costituzione che indica le linee guida per regolare la vita sociale. Sono state fatte delle discussioni che
riguardano i ‘mala in se’ – delitti naturali immutabili nel tempo in quanto offendono beni fondamentali in
ogni società - e i ‘mala quia proibita’ - atti che sono devianti in quanto condannati dalla collettività. Per
Bianchi i secondi sarebbero non comportamenti criminali ma antisociali, che testimoniano il grado di
socializzazione di una persona e della sua pericolosità.
La prevenzione:
1. Primaria – sociale, interventi di politica sociale;
2. Secondaria – individuare i sintomi di un disagio sociale per intervenire con tempestività;
3. Terziaria – limitare i danni di fatti già accaduti, trattamento, recidiva (prevalentemente in carcere).
CAPITOLO 2 – ASPETTI METODOLOGICI DELLA RICERCA CRIMINOLOGICA
La ricerca consiste in uso di metodologie standardizzate e sistemiche. Si parte dall’ipotesi cui seguono le
fasi successive:


analisi e commento critico della letteratura sull’argomento;
scelta del metodo e degli strumenti;
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
studio pilota preliminare e poi raccolta dei dati cui segue l’elaborazione e la loro sistematizzazione
in grafici tabelle, per la lettura e per la fase finale di interpretazione.
Concetto di serendipity che vuole indicare la valorizzazione del dato nuovo.
Strumenti per la raccolta dei dati:






questionario. Consente raccolta dati in tempo breve (possono essere spediti a numero grande di
persone contemporaneamente), ma presenta alcuni problemi: rifiuto di rispondere,
l’interpretazione delle domande, le risposte compiacenti o la coloritura data dal pregiudizio del
ricercatore. Può essere fatto a domande chiuse (più semplice poi il trattamento del dato) o aperte;
intervista (faccia a faccia o per telefono). Occorre intervistatore addestrato. Risolve il probl. del
fraintendimento e della non restituzione. Nei due casi va comunque predisposto prima un
campione della popolazione ogg. di indagine. Può essere strutturata o semistrutturata (c’è un
canovaccio, uno schema di massima ma non è direttiva);
la ricerca è sperimentale. Es: test farmaco che agisce sull’aggressività si tratta di sperimentarlo sul
gruppo ogg. di indagine e anche su un gruppo di controllo (effetto placebo). Variabile dipendente e
indipendente oggetto di studio. Questo metodo in criminologia è usato poco perché molto costoso;
osservazione. Può essere diretta (uso di telecamere, specchi unidirezionali, registratori) dove c’è
osservatore esterno che osserva le scena, o partecipata dove l’osservatore entra nelle scena come
partecipante (es. Whyte sullo studio della bande), il problema in questo caso può essere quello di
diventare da osservatore a vero e proprio partecipante (contaminazione);
studio del caso. Può essere svolto su un singolo caso (storia di vita) o su un gruppo va in profondità.
Può essere limitato a un certo periodo storico oppure a un periodo di tempo (longitudinale) e può
essere ancora retrospettivo (anamnestico) o prospettivo (catamnestico) ad esempio quando si
guarda l’efficacia di un trattamento verso un delinquente. Il problema è che si possono ottenere
informazioni limitate personali e non generalizzabili;
studi predittivi. Prendono le mosse dai longitudinali e servono per elaborare le tabelle di predizione.
Note quelle dei coniugi Glueck riferite alle caratteristiche familiari, personali e ai tratti di
personalità. La predizione di massa può portare a 4 risultati: vero positivo e negativo, falso positivo
e negativo. Le variabili predittive più importanti per il passaggio da delinquente giovanile a età
adulta secondo Le Blanc e Frechette sono: precocità, aggravamento, violenza, varietà e durata della
devianza giovanile.
Il metodo storico viene utilizzato per indagare su fenomeni criminali del passato, sull’evoluzione storica di
un tipo determinato di realtà. Le fasi sono: reperimento e descrizione dei dati storici. I delitti si possono
dividere in tre classi:



quelli scomparsi oggi come stregoneria, eresia, esercizio arti magiche;
quelli inesistenti nel passato e dovuti al progresso tecnologico (pirateria aerea, offesa privacy..);
criminalità tradizionale (delitti contro persona, patrimonio, famiglia, Stato) .
Occorre fare un distinzione tra fonti giuridiche (norme, sentenze, opere dei giuristi che permettono di
capire in un determinato periodo storico cosa era giudicato delittuoso, deviante, ecc) e non giuridiche
(opere criminologiche e letterarie). Il metodo storico è importante nella misura in cui riesce a confermare,
smentire e correggere convinzioni radicate sulle cause del delitto e l’efficacia dei mezzi di controllo (es il
sequestro a scopo di estorsione dove il metodo storico indica concentrazione in determinate aree
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geografiche, la teoria di sottoculture criminali legate a un territorio ecc). Il metodo storico può avere
funzione di esperimento ex post.
Le Statistiche ufficiali sono un valido aiuto per conoscere quantità, distribuzione geografica ed evoluzione
della criminalità in una determinata nazione. Ogni Stato possiede le sue statistiche (es, Usa, Uniform Crime
Reports pubblicate dall’FBI). In Italia l’Istat pubblica ogni anno l’Annuario di statistiche giudiziarie penali
suddivise in due categorie:


riferite all’attività dei grandi organi di giustizia penale . Qui abbiamo la statistica processuale che
tiene conto di unità quali attività degli organi giudiziari, reato imputato e vengono trasmessi all’Istat
dalle Cancellerie e Segreterie degli uffici giudiziari o dal Ministero della Giustizia; la statistica della
criminalità relativa agli imputati e ai reati (delitti e contravvenzioni) e tiene conto della specie del
delitto, del luogo, data con trattamento a parte per minori e donne e cittadinanza straniera; la
statistica degli imputati condannati tutti i dati stanno nel casellario giudiziario centrale e sono
inserite variabili come sesso, classi di età, delitto, pena inflitta; la statistica della delittuosità si
differenzia dalle altre per la fonte di trasmissione dati che sono le Forze dell’Ordine e per il diverso
momento in cui avvengono i fatti, le variabili sono la ripartizione territoriale, il luogo e il motivo;
altre statistiche riguardano infine i procedimenti penali militari e i suicidi;
rilevazioni penitenziarie. La statistica penitenziaria che è la rilevazione dei movimento dei detenuti
negli stabilimenti carcerari (istituti di custodia cautelare, istituti per l’esecuzione delle pene, istituti
dove vengono messe le persone socialmente pericolose, istituti per i minorenni) e le caratteristiche
socio-demografiche
I limiti delle statistiche ufficiali per i criminologi sono dati dal numero oscuro del crimine. Prende così il
nome di numero oscuro (dark number) l’ammontare dei delitti non portati all’attenzione delle autorità ,
non rilevati in alcun modo, mentre è chiamato “indice di occultamento” il differenziale tra criminalità
rilevata e sommersa. Peraltro la nozione di numero oscuro come quantità di reati non denunciati deve
essere integrata da quei delitti ove manchi l’identificazione del soggetto che li ha posti in essere, nozione
questa che tendenzialmente tende a sovrapporsi alla prima, ma che non vale ad identificarvisi. Di estremo
interesse per la criminologia, ma anche per le attività di prevenzione al reato, sono le diverse ragioni che
portano a configurare tale scollamento tra fatti sommersi e affiorati, ragioni che possono astrattamente
riunirsi in quattro grossi gruppi: qualità del reato, caratteristiche del reo, caratteristiche della vittima,
atteggiamento delle istituzioni. Molti reati non vengono denunciati secondo diverse variabili: vittima
consenziente (reati sessuali), vittima ritiene il reato di lieve entità, autore e vittima sono legati da rapporto
familiare o di amicizia, la vittima subisce il reato perché pubblicizzarlo può essere nocivo alla sua immagine,
la vittima è ricattata o minacciata, preferisce un sistema privato di giustizia (guardie giurate), ha
atteggiamento ostile verso l’autorità o è criminale essa stessa (regolamento conti), non approva l’eventuale
sanzione inflitta, non considera efficace l’opera della polizia, il testimone non vuole essere coinvolto nel
processo, non sa di essere vittima (reati economici dove vittima è la collettività). Tra i delitti contro la
persona il 61% rimane di autore ignoto e sale al 95% nei reati contro il patrimonio. In Italia altro grave limite
è l’assenza delle rilevazioni sulle vittime e sulle contravvenzioni.
Ci sono tre tipi di misure statistiche della criminalità:



frequenze assolute dei delitti denunciati;
frequenze riferite alla popolazione (quozienti di criminalità per 100mila abitanti)
numeri indici su aggregati convenzionali tenuto conto della loro gravità
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Più importanti sono i numeri indici che permettono di valutare le variazioni della gravità degli eventi
criminosi. Primo esempio è Messedaglia sull’impero austriaco tra 1856-59. Le statistiche criminali sono per
lui il sintomo più significativo della moralità di un popolo. Il metodo fu ripreso da Zingali. Entrambi non
tengono conto delle pene pecuniarie. Con De Castro (1934) si definisce la funzione di un indice di
criminalità: serve alla comprensione del fenomeno per seguirne l’andamento. Studia gli indici su base
quantitativa (qui è importante il numero dei delitti denunciati) e su base qualitativa (indice di gravità che
tiene conto della pena comminata dal giudice in base alla gravità dell’evento). Lo sviluppo più recente
invece prescinde dalla pena e valuta invece i fattori differenziali tra i quali è importante la coscienza sociale
ovvero come i membri della società sentono il reato.
Sellin e Wolfgang nel ’60 individuano due scale:


category scale (si attribuisce un punteggio da 1 a 11 a seconda della gravità dell’evento);
magnitude scale (c’è punteggio in base 10 e gli intervistati comparano gli eventi come più o meno
gravi).
S. e W. dimostrarono il consenso nell’opinione pubblica sulla gravità dei reati. A supporto c’è la ricerca di
Cohen sulle gang di Philadelfia e i gruppi spontanei. Sono considerati più gravi i reati contro la persona, poi
contro il patrimonio, poi la morale, l’economia, l’ordine pubblico e ingenerale quelli senza vittima. L’indice di
S e W è stato impiegato anche nelle ricerche di sentencing dove si cerca proporzione tra gravità del reato e
pena comminata. La ricerca è stata replicata in Italia da Delogu e Giannini ed è stata trovata una sostanziale
conformità di risultato rispetto a S e W con una preferenza per la magnitude scale perché presenta un minor
numero di incongruenze.
CAPITOLO 3 – Nascita della criminologia
Gli studi che hanno dato origine alla materia risalgono al XVIII secolo. Non mancano però tentativi di
spiegare il crimine nei secoli precedenti; si parla di spiegazioni naturali e spirituali. Le prime considerano il
comportamento criminale come dovuto ad oggetti ed eventi del mondo naturale. Tale approccio è
caratteristico dei Fenici ,dei Greci e più tardi dei Romani. Le seconde fanno parte di una visione generale del
mondo per cui molti eventi sono considerati il risultato dell’influenza di poteri soprannaturali. L’omicidio ad
esempio è considerato come una manifestazione dell’ira della divinità che viene placata col rito sacrificale
dell’autore, di un componente della sua famiglia o di un suo schiavo. Nel Medioevo i signori feudali
adottano il metodo per cui Dio indicherà che è colpevole o innocente ,dando la vittoria in duello alla parte
che è nel giusto. Successivamente si passa alle torture da parte dei tribunali, perché il metodo precedente
non riduce, anzi aumenta il numero dei delitti. Con questo metodo se l’accusato supera le gravi sofferenze
inflittegli, verrà considerato innocente per volere di Dio. Fino al XVI e XVII secolo le persone coinvolte in
delitti erano considerate possedute dal diavolo o da spiriti maligni . Dal 1700 in poi proliferano teorie
criminologiche provenienti da studiosi che analizzano lo sviluppo del crimine e la relazione tra tassi di
criminalità e condizioni sociali. La nascita della scienza criminale nel mondo moderno si deve però a
Cesare Beccaria. L’Illuminismo è stato il preludio dello sviluppo della scienza criminale. Tutti si appellano
alla legge naturale, ai diritti dell’uomo e ai doveri della società. L’uomo è nato libero, ma lo sviluppo della
società ne ha limitato la libertà rendendolo dipendente da altri. La legge è l’unico mezzo che gli permetta di
godere della sua libertà. Sulla base di questi principi si diffondono nei vari paesi europei idee di riforma
dell’intero sistema del diritto penale. In Francia Montesquieu esamina la natura e l’efficacia delle pene,
condannando il potere dei giudici, i processi segreti e l’uso della tortura. Il contributo maggiore si deve a
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Beccaria; dalla sua opera Dei delitti e delle pene (1764) emana una grande fiducia nella razionalità umana e
nella possibilità di perfezionare le istituzioni sociali, nonché un’incondizionata fede nel progresso. Non si
limita solo a criticare i metodi dell’ancien regime, ma costruisce un nuovo sistema penale in forma anonima
per paura della censura. Auspica che il giudice venga affiancato da una giuria sorteggiata (meglio l’ignoranza
che il pregiudizio), i testimoni devono essere credibili, sostiene che valutazione delle prove legali assegnate
non al magistrato, ma alla giuria; inoltre l’indizio isolato non è sufficiente né per condannare un imputato né
per sottoporlo a torture al fine di ottenerne la confessione. Le leggi devono essere chiare e semplici; il
carcere ha funzione di custodia e non di pena in se stessa. Deterrente del crimine non è l’intensità della
pena ma la sua durata. Il punto centrale dell’opera è quello sulla pena che deve essere pubblica ed uguale
per tutti. Da ciò discende l’inutilità delle torture e della pena di morte che, come la storia insegna, non ha
distolto gli uomini dal commettere reati. Sostiene invece quanto la privazione della libertà possa fare più
paura. Il pensiero sulla prevenzione dei delitti è ancora uno dei più attuali. Infatti, ispirandosi anche
all’utilitarismo, scrisse: hè meglio prevenire i delitti che punirli. Questo è il fine principale di ogni buona
legislazione, che è l’arte di condurre gli uomini al massimo della felicità è al minimo dell’infelicità possibile’ .
Per Beccaria, quindi, la prevenzione rappresenta il fine principale di ogni buon ordinamento giuridico e si
ottiene con leggi chiare e semplici, facendo in modo che tutta la forza della nazione sia concentrata nel
difenderle. Si ispirarono al suo pensiero la riforma del codice criminale toscano del 1786, che prende il
nome di legge hLeopoldina’ dal Granduca Pietro Leopoldo; il Codice Penale francese del 1791; i primi dieci
emendamenti della Costituzione degli Stati Uniti del 1787 e molti altri. L’opera di Beccaria si ritrova ancora
alla base dei Codici moderni europei.
Con Jeremy Bentham, filosofo e giurista inglese, si è iniziato a parlare di utilitarismo, cioè sul fatto che tutte
le azione siano calcolate secondo la loro possibilità di procurare piacere o sofferenza. L’autore sviluppa poi il
concetto di ‘calcolo morale’ per valutare la probabilità che una persona metta in atto un certo tipo di
comportamento. E’ convinto che le persone siano in grado di scegliere tra giusto e ingiusto; da ciò ne
discende la sua interpretazione del comportamento criminale per cui gli uomini sono edonistici, cioè
desiderano un alto grado di piacere ed evitano la sofferenza. Partendo da questa considerazione Bentham
sostiene che un individuo commette un crimine perché il piacere anticipato, provato per l’atto commesso, è
notevolmente superiore alla sofferenza che ne potrebbe derivare. A lui dobbiamo inoltre un nuovo sistema
carcerario, detto Panopticon, che servì da modello per la costruzione della prima prigione cellulare a
Millbank. Si trattava di una struttura circolare a più piani, composta di celle aperte attorno ad una torre
centrale d’ispezione, in cui i prigionieri non potevano guardare, ma dalla quale i carcerieri potevano
controllare dappertutto. I detenuti avrebbero dovuto lavorare sedici ore al giorno nelle proprie celle e i
proventi andare all’appaltatore che avrebbe diretto l’istituzione. Sua è anche la proposta di rendiconti
periodici sui criminali.
La posizione liberale si diffonde nel XIX secolo nella Scuola Classica del diritto penale, il cui principale
esponente fu Francesco Carrara. Questa scuola afferma che gli uomini sono razionali e dotati di libera
volontà e perciò calcolano vantaggi e svantaggi di qualsiasi azione scegliendo liberamente quelle che
presentano vantaggi maggiori. Ci fornisce il prototipo di una teoria del controllo della motivazione, in cui il
ruolo decisivo è rappresentato da controlli esterni. In pratica Carrara sostiene che l’uomo, libero nella scelta
delle proprie azioni, è responsabile di ciò che fa e che quindi la pena deve avere un valore etico -retributivo
ed essere proporzionata al danno arrecato. La scuola classica ha fortemente ispirato sia il primo codice
penale italiano – Zanardelli – sia l’attuale – Rocco – ma continua ancora adesso ad influenzare la politica
della giustizia penale, non solo in Italia. Ricapitoliamo i punti fondamentali della Scuola Classica:

libero arbitrio: volontà consapevole dell’autore, indipendentemente dai condizionamenti sociali;
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

imputabilità al fine della punibilità , per cui il reo sia in grado di comprendere il disvalore etico delle
sue azioni e di autodeterminarsi;
retribuzione della pena caratterizzata da afflittività, proporzionalità, determinatezza ed
inderogabilità, cioè il cosiddetto ‘sistema tariffario’.
Precursori della Scuola Positiva:


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
fisiognomica: Giovan Battista della Porta (1535 – 1615) sottopone molti criminali a misure
antropometriche per ricavarne una tipologia. Quello che Lombroso chiamerà ‘criminale per
natura’;
frenologia (studio del cervello): analizzò le relazioni tra cranio, cervello, funzioni psichiche, e
comportamento sociale. Destò un certo interesse nel mondo scientifico fino alla fine del XIX secolo
e, in seguito, fu ripresa da alcuni fautori del nazismo per sostenere la superiorità della razza ariana. I
principali esponenti furono Johann Kaspar Lavater (1741 – 1801), John Gaspar Spurzheim (1776
-1832) e Franz Joseph Gall ( 1758 – 1828);
scuola francese o scuola di Lione: il capostipite è il medico legale e antropologo Alexandre
Lacassagne (1843 – 1924) il quale associa i punti di vista biologici con quelli sociologici. Egli sostiene
che l’ambiente sociale è il brodo di cultura della criminalità e che le società hanno i criminali che si
meritano. Ad essa appartiene anche il tedesco Franz von Liszt, il quale sosteneva che il reato va
considerato su base deterministica;
Scuola Statistica, lo studio del delitto come fenomeno sociale (indagine quantitativa). Importante è
Quetelet che nel 1835 scrive l’opera che è da considerare fondante la criminologia. Parte dall’idea
che la teoria della probabilità debba essere applicata anche alle scienze sociali che sono anch’esse
sottoposte a leggi. Importante anche Guerry che utilizza la tecnica cartografica ed è da intendersi
come precursore della Scuola di Chicago;
Con la rivoluzione industriale il mondo sociale incomincia a cambiare e tale rivoluzione porta ad una crisi
intellettuale a livello europeo. Si mettono in discussione le vecchie credenze sulla natura dell’esistenza
umana e della società, gli interrogativi sulla natura dell’uomo e sul suo comportamento vengono affrontati
non più in termini religiosi o filosofici, ma di obiettività scientifica. In tale contesto nasce il Positivismo
come metodo basato sull’osservazione scientifica dei fatti, sulla comparazione e sulla sperimentazione. La
prospettiva positivista enfatizza l’idea che molti comportamenti siano una funzione delle forze sociali
esterne al di là del controllo individuale. Si ritiene che gli esseri umani siano influenzati nelle loro azioni
soprattutto da fattori culturali, sociali, biologici piuttosto che liberi di agire secondo la loro volontà. Il senso
della libertà è un’illusione e il controllo della deviazione non si ottiene con appelli alla moralità o con
minacce, ma con misure individuali che tengano conto delle peculiarità di ogni tipo e delle circostanze che
lo condizionano.
La posizione positivista viene riformulata dopo il 1870 da Cesare Lombroso (1865 – 1909), il quale basava il
suo principio sul ‘considerare i fatti come cose’, riprendendo Durkheim. Lombroso descrisse il ‘delinquente
nato’ il cui comportamento e la cui struttura corporea erano manifestazione di un atavismo, a causa del
quale riteneva di scorgere nel criminale il riemergere di tratti caratteristici di uno stadio più primitivo
dell’evoluzione biologica della razza. ‘I criminali appartengono ad una forma di vita inferiore, più simili ad
animali che ad esseri umani’. La prima intuizione sulla personalità la ebbe studiando i soldati dell’esercito
piemontese e si sorprese nel notare la grande abbondanza di tatuaggi del soldato disonesto rispetto a
quello onesto. Successivamente aprendo il cranio del brigante Vilella, rilevò nell’occipite una fossetta. Da
qui nasce l’elaborazione teorica dell’atavismo, secondo cui le cosiddette stimmate criminali fisiche più che
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causa del comportamento antisociale, rappresentano indicatori visibili di una personalità primitiva e
arretrata rispetto alla scala dell’evoluzione umana da Darwin. Il contributo di Lombroso fu importante
perché costituì il più fecondo tentativo di studiare il fenomeno della criminalità con il metodo
dell’osservazione scientifica e perché affrontò il problema del rapporto tra struttura corporea e
comportamento. Possiamo per questo ritenerlo il padre dell’antropologia criminale. Di seguito riportiamo
alcune delle caratteristiche fisiche, corrispondenti alla popolazione meridionale dell’epoca, individuate da
Lombroso:
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mascella prominente;
arti superiori lunghi;
forti denti canini;
vista acuta;
orecchie a sventola con lobo allungato;
poche linee sui palmi;
labbra carnose;
naso schiacciato.
Lombroso, inoltre, avviò una campagna per l’istituzione del manicomio criminale proprio sulla
considerazione che ‘un uomo costrutto diversamente dagli altri nell’organo del pensiero doveva
diversamente dagli altri essere responsabile delle sue azioni’. La necessità di realizzare il manicomio
criminale aveva anche l’altissimo scopo, aggiungeva, ‘di gettare alla chetichella la base d’una riforma
penale, in cui la pena non sia più una vendetta, ma una necessità di difesa’.
Nel corso degli anni vennero mosse diverse critiche a Lombroso, tra le quali il fatto di non aver rilevato il
profilo della donna delinquente. Comunemente si identifica la donna delinquente nella prostituta, per
l’assenza del bisogno di maternità e a causa dei profili quasi mascolini, pensiero che influenzerà fortemente
le teorie dell’evoluzione di Darwin. La donna prostituta è il più basso gradino dell’umanità, in quanto già la
donna di per sé è inferiore all’uomo, muscolarmente parlando, anche se biologicamente più forte in quanto
è in grado di sostenere l’esperienza del parto e ha in possesso aspettative di vita più lunghe dell’uomo,
ammalandosi anche meno rispetto a quest’ultimo.
I discorsi di Lombroso non hanno alcuna validità scientifica, ma è tenuto molto in considerazione in quanto
è stato il primo a interessarsi all’uomo delinquente. Grazie a lui è stata avviata la prima Scuola di Polizia
Scientifica, realizzata da uno dei suoi allievi.
Scuola positiva
Scuola classica
- Lombroso
- Beccaria
- Esorta la giustizia a conoscere gli uomini
- Esorta gli uomini a conoscere la giustizia
- Prende di mira il criminale come entità psicologica
- Prende di mira il delitto come entità giuridica
La sociologia criminale si preoccupò fin dall’inizio oltre che di studiare i delinquenti, anche di definire il
crimine. Enrico Ferri (1856 – 1929) definisce il crimine come ‘serie di azioni punibili determinati da moventi
individuali e antisociali, che turbano le condizioni di vita e contravvengono alla moralità media di un dato
popolo in un dato momento’. Definisce inoltre la criminologia come una scienza avente per oggetto lo
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studio del delinquente, dei delitti e dei mezzi di repressione e di prevenzione . Enrico Ferri perseguì la
carriera di giurista, è il fondatore della Scuola di Criminologia e Diritto Privato dell’università La Sapienza di
Roma. Scrive una tesi di laurea contestando la teoria del libero arbitrio di Francesco Carrara, suo professore.
Può essere considerato come discepolo di Lombroso; abbraccia le teorie marxiste – leniniste e fonderà il
giornale l’Avanti. Il suo scopo è quello di applicare le teorie sociologiche al diritto. Possiamo senza dubbio
considerarlo come il fondatore della sociologia criminale, secondo la quale anche la società è responsabile
della criminalità. E’ autore dell’omonimo ‘Codice Ferri’, secondo cui la pena va commisurata alla pericolosità
sociale dell’autore, non del danno in sé. Il Codice Ferri non verrò mai applicato; nel 1930 viene emanato il
Codice Rocco, il cui principio è la pena stabilita a priori. Quindi secondo Ferri in base alla pericolosità si
stabilisce la sanzione. Stabilì una classificazione dei delinquenti in cinque tipi , le cui caratteristiche
essenziali necessitano di provvedimenti giuridici differenziati:
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il delinquente nato, con una tendenza congenita al delitto (segregazione indeterminata);
il delinquente pazzo o con una grave anomalia psichica (manicomio criminale);
il delinquente abituale (misure di igiene sociale e colonia agricola);
il delinquente occasionale, che si fa trascinare dalle occasioni (risarcimento del danno e lavori
socialmente utili);
il delinquente passionale (esilio locale e risarcimento della vittima).
La società si deve difendere dal delitto con il diritto. Alla pena-espiazione si sostituisce la pena-difesa che
diviene provvedimento di rieducazione sociale.
Occorre ricordare il contributo di Raffaele Garofalo (1851 – 1934), altro autorevole esponente della Scuola
Positivista italiana. Ad egli va riconosciuto il merito di aver per primo enunciato i principi fondamentali
giuridico – penali della Scuola Positiva, che si possono così riassumere:
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prevenzione speciale come funzione della repressione criminale, in aggiunta a quella generale;
prevalenza della prevenzione speciale sulla generale in caso di contrasto;
pericolosità del reo (termine usato per la prima volta) come criterio e misura della repressione.
Egli si propose, nella sua Criminologia, di pervenire, anziché alla descrizione antropologica e sociologica del
delinquente, ad una definizione obiettiva ed extra – giuridica del crimine. Garofalo denominò l’atto
criminoso come ‘delitto naturale’, cioè tale da valere indipendentemente dalle legislazioni positive. Ciò che
importa sottolineare e ribadire è che egli, dopo essersi posto il problema di definire l’azione criminale, ne
indicò una soluzione alternativa in termini extra – giuridici, o meglio pre – giuridici. Il concetto del diritto
naturale si fonda non sulla violazione dei diritti, bensì su quella dei sentimenti morali più profondi , talchè
sostenne che la genesi del delitto andasse rintracciata in un’anomalia del sentimento morale cui
corrispondeva hla natura organicamente anormale del delinquente’. Però non evidenziò la causa di questa
anomalia, anche se ebbe una certa preferenza per l’atavismo, in quanto il delinquente tipico, a suo dire,
presentava alcuni caratteri simili a quelli dei selvaggi e degli animali. Da ciò discende anche la sua
concezione della funzione della pena, aderente alla teoria della difesa sociale, ma sviluppata in termini di
adattamento, nel senso che hil mezzo penale dev’essere determinato dalla possibilità di adattamento del
reo, cioè a dire dall’esame delle condizioni di esistenza nelle quali può presumersi che egli cessi di essere
pericoloso’.
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CAPITOLO 4 – Gli studi bio-antropologici
Alcune teorie sostengono l’idea che il comportamento deviante debba essere messo in relazione con le
caratteristiche fisiche dell’individuo, mentre altre sottolineano l’importanza dell’ereditarietà e della
genetica. Durante il XX secolo la ricerca biologica ha evidenziato l’importanza e l’influenza sul
comportamento deviante dei seguenti fattori:
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genetici (anomalie cromosomiche);
biochimici (squilibri ormonali e nutrizionali);
neuro-fisiologici (alterazioni delle onde cerebrali e disfunzioni cerebrali).
Molte teorie antropologiche prendono le mosse dall’affermazione che il comportamento criminale sia il
risultato di alcune caratteristiche fisiche o biologiche. Lombroso fu il primo a cercare di spiegare il crimine
sulla base di dati fisici ed ereditari; sviluppò la teoria secondo cui certi soggetti caduto nel delitto erano
delinquenti nati con caratteristiche fisiche inferiori, più simili a quelle di una scimmia. Per quanto riguarda la
genetica, dopo Lombroso, che ha più un taglio antropologico, abbiamo Goring che vede nell’altezza un
tratto distintivo, e Hooton sulla inferiorità nelle misurazioni dei criminali rispetto ai borghesi. Kretschemer
(1888 – 1964) da una classificazione tipologica di base e individua i tipi:
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tipo leptosomo o astenico, con corpo snello, ossatura delicata, testa piccola, con carattere
riservato, freddo e poco socievole. Se dovesse avere dei disturbi psichiatrici sarebbe molto
probabilmente uno schizofrenico. Se dovesse rivelarsi un delinquente, la sua natura verrebbe fuori
in età molto giovane e si tratterebbe di un ladro e truffatore;
tipo atletico, muscoloso, con ossatura grossa, con temperamento stabile, estroverso, non nervoso,
ma a volte esplosivo e manipolatore. Se dovesse avere dei disturbi psichiatrici sarebbe molto
probabilmente uno schizofrenico. Se dovesse rivelarsi un delinquente effettuerebbe delitti sessuali
e contro la persona, risultando stabilmente nella popolazione criminale fino ai cinquantacinque
anni;
tipo picnico, tozzo, con viso largo, tendenza ad accumulo di adipe, con carattere allegro e socievole.
Se dovesse avere dei disturbi psichiatrici sarebbe molto probabilmente bipolare e maniaco –
depressivo. Se dovesse rivelarsi un delinquente avverrebbe introno ai quarant’anni e si tratterebbe
di un organizzatore di truffe e frodi.
William Sheldon (1898 – 1977) riprese la classificazione di Kretschmer e la rielaborò con tecniche statistiche
più sofisticate. Sebbene la sua terminologia sia differente, le caratteristiche dei tipi costituzionali da lui
descritti sono sostanzialmente uguali a quelle della tipologia precedente. Li divide in:
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ectomorfi, in cui prevaleva la cerebrotonia, cioè inibizione, riflessione e ipersensibilità (leptosomi);
mesomorfi, in cui prevaleva la somatotonia, che indica piacere per l’attività muscolare, aggressività
nel trattare gli altri e l’autoimporsi (atletici);
endomorfi, in cui prevaleva la viscerotonia, caratterizzata da amore per le comodità, socievolezza,
affettività e ghiottoneria (picnici).
Uno dei metodi per determinare l’impatto dei fattori genetici è lo studio della relazione tra il tipo di
comportamento dei gemelli identici e quello dei gemelli fraterni. I primi, detti monozigoti, sono
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geneticamente identici, in quanto si sviluppano da uno stesso ovulo fecondato che si divide in due embrioni;
i secondi, detti di zigoti, hanno solo la metà dei geni in comune, poiché si sviluppano da due ovuli fecondati
contemporaneamente. Assumendo che l’ambiente sociale sia lo stesso per entrambi i gemelli, se
l’ereditarietà gioca un ruolo importante nel determinare il comportamento criminale, si dovrebbe giungere
al risultato che i gemelli MZ dovrebbero averlo molto più simile rispetto ai DZ. E’ stato rilevato che il 60% dei
monozigoti hanno condiviso modelli comportamentali antisociali contro il 30% dei dizigoti.
Un ulteriore tentativo di evidenziare gli effetti dell’ereditarietà sul comportamento deviante è dato dagli
studi sui minori adottati. Il problema di base è scoprire se il loro comportamento sia più simile a quello dei
genitori adottivi, e in questo caso prevarrebbe l’influenza dei fattori ambientali, o se sia più simile a quello
dei genitori biologici, con maggiore rilevanza dei fattori genetici. La maggior parte delle ricerche ha
dimostrato che la delinquenza dei genitori biologici ha un’influenza prevalente sui soggetti adottati di quella
dei genitori adottivi.
Un’altra area della biocriminologia esamina la relazione tra caratteristiche genetiche innate e criminalità.
Tale caratteristiche sarebbero dovute ad una mutazione al momento del concepimento. Alcuni studiosi
sostengono che il complemento cromosomico xyy, il cosiddetto ‘cromosoma criminale’, possa essere
associato al comportamento criminale.
I biocriminologi hanno anche analizzato l’importanza di fattori biochimici nel campo della criminalità. E’
stato condotto uno studio sul rapporto tra dieta ed alto contenuto di zuccheri e aggressioni e violenze
attraverso l’osservazione di 276 criminali. Sono state apportate modifiche dietetiche a basso contenuto di
zuccheri e questi cambiamenti hanno prodotto una riduzione significativa del 45% nelle azioni disciplinari,
nei furti e nei comportamenti aggressivi . Molti studiosi hanno collegato i livelli di androgeni (ormoni
sessuali maschili) e testosterone con l’antisocialità. Quanto più alti sono i primi, tanto maggiori saranno i
comportamenti antisociali. I biochimici hanno sviluppato delle teorie che attribuiscono la responsabilità di
diversi tipi di malattie mentali alla presenza o carenza di sostanze chimiche nel flusso sanguigno e nel
cervello. Quando una determinata sostanza è presente in eccesso, la persona attua modelli
comportamentali di tipo schizofrenico. Allo stesso modo sono correlate le allergie con il comportamento
deviante. Le neuro-allergie intaccano il sistema nervoso centrale, mentre quelle cerebrali interessano il
cervello. E’stato messo in evidenza come esistano nell’ambiente e nei cibi diversi elementi che causano
allergie e possono provocare problemi fisici. Questi, a loro volta, possono originare problemi emotivi e
comportamentali di natura aggressiva e violenta. I biocriminologi si sono interessati anche dell’influenza dei
fattori neurofisiologici sul comportamento criminale. La neurofisiologia studia la fisiologia del sistema
nervoso centrale, situato nel cervello e nel midollo spinale. Con l’elettroencefalogramma si possono
individuare i processi elettrochimici del cervello. Molti studi hanno dimostrato l’esistenza di un numero
significativo di elementi anomali nel 25-50% dei gruppi criminali analizzati. Medicinali, stupefacenti, lesioni
cerebrali sono spesso causa di una marcato modificazione nella personalità e nel comportamento. Questo
tipo di comportamento è definito ‘sindrome organica di personalità’ e può portare all’emarginazione
sociale. Un cenno va fatto a certi atteggiamenti violenti che possono essere presenti in soggetti affetti da
tumore cerebrale; alcuni studi hanno evidenziato come soggetti, prima miti e allegri, possano diventare
aggressivi per l’insorgenza di una forma tumorale nel cervello.
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CAPITOLO 5 – Psicologia e delitto
Termini utilizzati in psicologia criminale:

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temperamento: s’intende la base innata, legata alla struttura biologica. Il temperamento è distinto
dal carattere perché non comprende le qualità dell’individuo che orientano le direttive della sua
condotta.
carattere: rappresenta la risultante dell’interazione fra temperamento e ambiente, è quindi una
componente dinamica che si modifica col tempo e con quelle vicende della vita che ne plasmano gli
aspetti.
personalità: è il complesso delle caratteristiche di ciascun individuo e può essere intesa come la
risultante delle interrelazioni del soggetto con i gruppi e con l’ambiente. Dal punto di vista
psicologico si acquisisce dopo la nascita e d è il risultato della socializzazione e delle relazioni
interpersonali.
Per molti anni psichiatri e psicologici si sono interrogati sul perché alcune persone fossero aggressive e
violente. La prima interpretazione sull’argomento si deve a Sigmund Freud (1856 – 1939), fondatore della
psicanalisi. Nei suo scritti sostenne che la personalità era il risultato dell’esperienza sociale e sottolineò
l’importanza delle esperienze nella prima infanzia e dei conflitti tra i bisogni dell’individuo e le richieste della
società. Seconda la sua teoria, la personalità si distingue in tre parti, spesso in conflitto tra loro:
1.
2.
3.
Es: fin dalla nascita, costituisce il polo pulsionale della personalità; i suoi contenuti sono inconsci,
per una parte ereditari ed innati, per l’altra acquisiti e rimossi. Essi sono riconducibili all’istinto di
vita, Eros, fonte della libido, e all’istinto di morte, Thanatos, che tende a condurre verso l’inerzia,
l’inorganico da cui l’uomo ha avuto origine e verso cui ritorna con la morte. L’Es è alla ricerca
costante del piacere.
Io: parte della struttura psichica conscia e razionale. Si sviluppa quando il bambino comincia a
realizzare la separazione dagli altri e dagli oggetti dell’ambiente. Si pone come mediatore tra le
pulsioni inconsce dell’Es e gli imperativi del Super-Io.
Super-Io: interiorizza le esigenze e i divieti dei genitori e del gruppo sociale, ha la funzione di
censore. Durante lo sviluppo s’identifica con questa immagine(il figlio con il padre e la figlia con la
madre)e la introietta nella sua personalità: in tal modo si forma il Super-Io. E’in continuo conflitto
con i desideri dell’Es e ne controlla gli impulsi.
Freud collegò la criminalità ad un inconscio senso di colpa che il soggetto prova a causa del complesso di
Edipo, se è maschio, o di Elettra, nel caso della femmina, vissuta nell’infanzia. Questo consiste, per il
bambino, nel provare una forte attrazione per il genitore di sesso opposto e nel contenderne i favori con il
padre, nei cui confronti sviluppa desideri ostili. Durante lo stadio edipico dello sviluppo psicosessuale il
bambino rinuncia d una parte dei suoi desideri sessuali nei confronti del genitore di sesso opposto e li
sublima, mentre si identifica con il genitore dello stesso sesso. Attraverso tale identificazione il bambino
interiorizza le regole e i ruoli della sua cultura ed emerge il Super-Io. Freud riferì che molti suoi pazienti, che
si sentivano colpevoli, commettevano atti antisociali allo scopo di essere arrestati e puniti, in modo tale da
essere liberati dal sentimento di colpa attraverso la punizione. Nel caso delle condotte antisociali il senso di
colpa insorge come risultato del conflitto tra Super-Io e desideri aggressivi e sessuali infantili originati dal
complesso edipico.
I meccanismi di difesa, secondo Freud, sono alla base non solo del comportamento conforme, ma anche di
quello deviante. Tali meccanismi sono metodi dell’Io che si oppongono alle esigenze dell’Es in modo da
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evitare la possibilità di conflitti col Super-Io e la realtà. L’Io li aziona quando si ritrova a dover mediare un
conflitto tra Es e Super-Io. I più importanti:
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Identificazione, processo psicologico con cui un soggetto assimila un aspetto di un’altra persona e si
trasforma sul modello di quest’ultima. La personalità si differenzia attraverso una serie di
identificazioni, di cui la primaria si riferisce ai genitori. Dal punto di vista criminale l’identificazione
con un soggetto deviante può essere alla base di scelte criminali. Tale meccanismo può essere
all’origine, ad esempio, dell’abuso sessuale su minori da parte di adulti violentati a loro volta
durante l’infanzia, oppure della ‘sindrome di Stoccolma’, termine con cui si riferisce il legame
affettivo che viene ad instaurarsi tra rapitore e vittima e dei sentimenti di ostilità nei confronti delle
autorità e della famiglia, che secondo la sua percezione, non vogliono pagare il riscatto.
Proiezione, operazione con cui il soggetto espelle da sé e localizza nell’altro qualità, sentimenti,
desideri che egli non riconosce o rifiuta. I pregiudizi e le superstizioni spesso si basano su proiezioni
(il razzista ad es. proietta sul gruppo disprezzato le proprie colpe).
Razionalizzazione, procedimento con cui un soggetto cerca di dare una spiegazione coerente di un
atteggiamento, un’azione, un’idea di cui non sono percepiti i veri motivi. Nel campo della criminalità
tale meccanismo si può riscontrare nell’autore di delitti politici o a sfondo ideologico.
Rimozione, operazione con cui l’io cerca di respingere o mantenere nell’inconscio rappresentazioni
legate ad una pulsione, il cui soddisfacimento, invece di procurare piacere, rischierebbe di
provocare sofferenza. Ha origine da un conflitto di desideri opposti che non si possono conciliare.
Un esempio può essere la rimozione di un evento traumatico subito da parte della vittima oppure la
rimozione, dopo la commissione di un delitto, dell’atto deviante.
Formazione reattiva, atteggiamento di senso contrario ad un desiderio rimosso, così, ad esempio, la
crudeltà repressa è mantenuta inconscia da un’eccessiva compassione per le sofferenze altrui.
Theodor Reik (1888 -1969) teorizza la ‘coazione a confessare’ di alcuni soggetti. Tale impulso si può
manifestare con atti di dimenticanza sulla scena del delitto, anche quando questo sia stato premeditato,
oppure con atteggiamenti di disprezzo e arroganza in sede di interrogatorio di polizia o di giudizio. Per Reik
questi comportamenti possono rappresentare forme inconsce di autoaccusa provocate da un bisogno di
punizione per il senso di colpa che ha le sue radici nel complesso edipico. L’esecuzione del delitto può
portare alla pena e quindi al sollievo psichico dal senso di colpa se il delitto è scoperto. L’Es gioca un ruolo
importante nell’agire criminale e gli impulsi criminali sono presenti nella personalità di ognuno. Nel soggetto
normale però questi impulsi sono controllati e non arrivano mai al passaggio all’atto. L’Io quindi svolge una
funzione fondamentale nelle manifestazioni antisociali. Quando esso è debole o le sue funzioni sono
ridotte, è più probabile che si esterni il comportamento deviante. La diagnostica criminale psicoanalitica
distingue una criminalità fantasmatica, in cui le azioni criminali rimangono a livello di sogni o fantasticherie,
una criminalità accidentale a opera di soggetti non criminali, e una criminalità cronica commessa da soggetti
con personalità criminale. Nella prima il soggetto ha un Super-Io forte, che non permette all’aggressività di
realizzarsi in condotte delinquenziali e un Io che riduce la tensione attraverso la dislocazione degli istinti e
delle pulsioni antisociali a livello di fantasia. Nella seconda il Super-Io non consente una realizzazione diretta
dell’aggressività, ma riduce il suo controllo in modo tale che l’Io la manifesti con condotte imprudenti(es.
nella circolazione stradale), ugualmente pericolose ma dove non vi è volontà. Le teorie si prestano a due
ipotesi:
1) delitti seriali: il criminale lascia della tracce ma non tali da farlo identificare in modo da alleviare
temporaneamente l’angoscia per poi riemergere fino al nuovo delitto;
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2) il soggetto non vuole in realtà liberarsi della colpa che diventa attraente per un effetto
masochistico. Quindi la punizione diventa in realtà incoraggiamento al delitto.
Franz Alexander, insieme prima a Hugo Staub e poi a William Healy, riprendendo i concetti di Freud
sull’analisi del comportamento criminale, ha formulato una nuova teoria. L’Es gioca un ruolo importante
nell’agire criminale e gli impulsi criminali risiedono nella personalità di ognuno. Nel soggetto normale, però,
questi impulsi profondi sono controllati e quasi mai arrivano al passaggio all’azione. L’Io, quindi, svolge una
funzione fondamentale nelle manifestazioni antisociali. Alexander e Staub hanno poi classificato la
criminalità in ordine crescente, in rapporto al grado di partecipazione dell’Io. Si distingue:
- criminalità fantasmatica, le azioni criminali rimangono a livello di sogni. Il Super-Io è forte e sublima
magari con la carriera, la scalata sociale, l’accumulo di ricchezze;
- criminalità accidentale, il Super-Io consente sublimazioni con condotte imprudenti (es nella circolazione
stradale);
- criminalità cronica, presenta quattro sottocategorie:

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azioni criminose per processi tossici o biopatologici (ritardi mentali, effetto di alcol e sostanze
stupefacenti);
azioni criminose da eziologia nevrotica, c’è forte conflitto tra Es e Super-Io. Delitti coatti o delitti
sintomo (cleptomania, piromania);
azioni criminose del delinquente con Super-Io criminale che si identifica con modelli criminali
(sottoculture, es ladri, ricettatori, rapinatori);
azioni criminose da delinquente genuino senza Super-Io, il soggetto è inadatto alla vita sociale, è
privo di controllo sociale.
John Bowlby aveva evidenziato come la carenza di affetto o un atteggiamento troppo severo e punitivo da
parte dei genitori, per la presenza di un Super-Io troppo rigido, potesse causare nel figlio conflitti non risolti
e sensi di colpa tali da dover essere soddisfatti provocando situazioni per cui fosse necessaria una
punizione. La teoria della delinquenza individuale parte dall’assunto che il modo di essere antisociale del
minore sia inconsciamente incoraggiato e sanzionato dai genitori, che ottengono, attraverso l’agire del figlio,
soddisfazioni per i loro impulsi proibiti. Johnson parla di processo di soddisfazione vicariante dei genitori
che attraverso l’agire del figlio soddisfano i loro impulsi proibiti e scarsamente integrati. I genitori
raccontano le bravate del figlio salvo poi sanzionarlo di fronte al biasimo della società e in questo ilo figlio si
sente tradito dai genitori e così sentendosi ingannato ingannerà egli stesso.
Legata a questa teoria c’è quella del canadese Noel Mailloux; parte dall’ipotesi che siano i genitori ad
influenzare il figlio che s’identifica con l’immagine negativa che si sono fatti di lui, cioè il giovane
delinquente si caratterizza per una percezione negativa di sé derivante dall’interiorizzazione delle
aspettative non positive dei genitori. Il considerarlo un buon a nulla crea nel giovane la convinzione di
essere diverso e di non potersi inserire nella società secondo modelli di comportamento accettabili. Quindi
in tutte le esperienze comincerà a comportarsi in modo negativo con atteggiamenti aggressivi e violenti, e
tale situazione si manifesterò anche nel lavoro e nei rapporti affettivi. Riguardo a questi ultimi, il sentirsi
incapace di instaurare legami validi e duraturi lo porterà ad avere rapporti basati sul soddisfacimento
immediato del piacere. Di conseguenza si inserirà in una banda di delinquenti in cui si sentirà accettato e
raggiungerà un certo prestigio. Nel processo di rieducazione in carcere si dovrà seguire un percorso a
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ritroso, dal delinquente alla ‘pecora nera’, fino a condurlo a risolvere il dubbio iniziale su cosa pensino di lui
i genitori. Solo così si potrà ottenere una soddisfacente risocializzazione.
Le teorie del comportamento o behaviorismo nascono intorno al 1910 con l’esigenza di basarsi su dati
obiettivi. Quindi vengono rifiutati metodi di introspezione, pulsioni inconsce, istinti etc. spostando
l’attenzione sui concetti di stimolo - riposta (reazione) e di comportamento . Fondatore è John Watson
(1878 - 1958), la sua preoccupazione principale fu quella di eliminare l’imprecisione e la soggettività e
spiegò come in base al meccanismo del condizionamento, l’associazione ripetuta di uno stimolo ad una
risposta, non necessariamente correlata, faceva in modo che dopo un periodo di tempo a quello stimolo
seguiva la risposta condizionata. Il behaviorismo ebbe largo seguito soprattutto negli Stati Uniti , tra i
seguaci ricordiamo:
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
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Tolman con la teoria dell’apprendimento cognitivo. Descrive il comportamento su base molare
(ogni atto ha caratteri specifici, identificabili e descrivibili), ogni comportamento è finalizzato,
l’individuo impara in base ad aspettative sorte da esperienze precedenti, al posto del rinforzo c’è la
conferma;
Hull con la teoria sistematica del comportamento. La sua legge dice che la forza di un’abitudine è
proporzionale al numero delle associazione stimolo - risposta rinforzate;
Skinner con l’analisi sperimentale del comportamento. Prende le mosse dal concetto di fase
operante. La condotta, il comportamento può essere plasmato attraverso i rinforzi. Quindi
l’aggressività non è appresa, innata, ma si impara e quindi si disimpara attraverso premi e punizioni.
La scuola di Skinner si basa su un behaviorismo molto radicale: il concetto da cui prende le mosse è quello
di fase operante, in base a cui ogni individuo si comporta nel rispettivo ambiente. Si ha una condotta di
partenza che può essere modificata e controllata attraverso una variazione degli stimoli che hanno una
funzione di rinforzo. Si può cioè plasmare mediante rinforzo, premiando ogni inclinazione verso la direzione
desiderata e no premiando ogni propensione non desiderata. Dalle teorie comportamentali deriva il rifiuto
dell’idea che il comportamento criminale sia l’espressione di una pulsione innata, cosicché le persone
imparano il comportamento aggressivo come qualsiasi altra condotta sociale attraverso premi e punizioni.
Tra i seguaci di Skinner ricordiamo:

Bandura con la teoria dell’apprendimento sociale. Per comprendere la teoria dell’apprendimento
sociale bisogna riferirsi al concetto di socializzazione, processo che porta le persone a sviluppare le
qualità essenziali per un efficiente adattamento alla società in cui vivono. Il suo scopo fondamentale
è quello di sostituire le sanzioni esterne con controlli interiori, in modo tale che ci si adegui alle
norme sociali anche in assenza di pressioni. Secondo la teoria dell’apprendimento sociale i controlli
interiorizzati si basano sulle conseguenze anticipate di azioni future che portano, in base
all’esperienza e ai suoi modelli comportamentali, all’aspettativa che un certo modo di comportarsi
sia premiato, ignorato o punito. Bandura sottolinea come non si nasca già con la capacità di
comportarsi in modo violento, quanto piuttosto si apprenda nel corso della socializzazione. La sua
teoria si fonda sull’idea che il comportamento aggressivo o violento viene appreso dai bambini
osservando e imitando modelli di ruolo e poi assumendo quei ruoli. La violenza può essere appresa
anche in contesti diversi da quelli della socializzazione, ad esempio attraverso immagini di violenza
proiettate in televisione. La ricerca di Bandura sugli effetti della televisione evidenzia che
l’esposizione ai mezzi di comunicazione di massa può produrre tre differenti reazioni: 1) risposte
imitative non presenti nel soggetto; 2) effetto inibitorio o disinibitorio su risposte precedentemente
acquisite; 3) risposte simili effetto di un apprendimento precedente. Quindi i media possono
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influenzare i bambini in modo tale che abbandonino, modifichino, rafforzino o si creino stili di vita e
modelli di comportamento.
Dollard con la teoria della frustrazione-aggressione. Per lui l’aggressione è conseguenza della
frustrazione e la comparsa di condotte aggressive presuppone l’esistenza di frustrazioni. La sua
teoria è stata utilizzata anche per spiegare l’influenza dei mass media e in particolare della
pubblicità che con il bombardamento di modelli ricchi e felici come normali, quando invece non
sono facilmente raggiungibili dalla gran parte delle persone, istiga la voglia del possesso di quei beni
fino a promuovere comportamenti illeciti pur di averli. Quindi non solo la violenza ma anche la
spinta al consumismo può promuovere comportamenti devianti.
La personalità criminale
Alcune teorie sottolineano l’importanza di diversi tratti della personalità per spiegare il motivo per cui certi
individui diventino criminali. Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali i tratti di
personalità sono definiti come hmodi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente
e di se stessi’. Quando i tratti di personalità sono rigidi e non adattivi essi si costituiscono come disturbi di
personalità. Questi disturbi non provocano alterazioni delle funzioni psichiche fondamentali, ma si
distinguono per le alterazioni della condotta e per i comportamenti disadattati e socialmente disturbanti.
Non essendo considerati come malati di mente, i delinquenti con disturbi di personalità vengono ritenuti
capaci di intendere e di volere, e perciò punibili. Le malattie psichiatriche, invece, prevedono la non
imputabilità del reo. I disturbi di personalità indicati nel DSM sono dieci, riferibili a tre cluster:
1. odd cluster, comprende: paranoide – è sempre vigile, incapace di rilassarsi, sono diffidenti, hanno
paura di essere ingannati, sono rigidi, sono litigiosi, cause interminabili, affini sono i fanatici;
schizoide – freddezza emotiva, preferiscono l’isolamento, autori di reati aggressivi e violenti,
delinquenti pericolosi; schizotipico – affine al precedente, sono stravaganti e bizzarri, linguaggio
iperlaborato, metaforico, pochi interessi sentimentali;
2. dramatic cluster, comprende : disturbo narcisistico – tendenza a rappresentare la realtà e il
prossimo in modo manipolatorio e funzionale ai propri interessi, sono truffatori o millantatori di
credito, white collar criminals; disturbo istrionico - si comporta in modo drammatico, teatrale,
vuole a tutti i costi attirare l’attenzione su di se, ricorre alla bugia patologica, sono i mitomani, ci
sono alcuni truffatori, millantatori di credito, abusano di titolo e funzioni, svolgono professioni senza
titolo e simulano di essere vittime di reati; borderline – alta variabilità dell’umore, sentimenti
cronici di vuoto, scatti improvvisi e incontrollabili di rabbia, tendono ad avere rapporti emotivi con
una sola persona alla quale si attaccano in modo insano, in genere commettono reati contro la
persona connessi all’uso di stupefacenti o circolazione stradale; antisociale – è lo psicopatico per
antonomasia, ora definito come sociopatico o personalità antisociale, è irresponsabile delle sue
azioni, non ha rispetto per sentimenti altrui, è incapace di apprendere dall’esperienza, privo del
sentimento del rimorso, sono ribelli, aggressivi, rissosi e ricorrono facilmente all’uso di droghe e
alcool;
3. anxious cluster, comprende: evitamento - si caratterizza per una sorta di ritiro sociale, teme
l’umiliazione, il fallimento, il dolore, può presentarsi come timido e schivo, comportamento
sottomesso e un eccessivo bisogno di legami; dipendente - sono patologicamente dipendenti, non
riescono a prendere decisioni da soli, non riescono ad agire indipendentemente dagli altri, sono le
vittime delle violenze (es quelle intrafamiliari); compulsivo – eccessivamente attento ai dettagli,
perfezionista, inflessibile, rigido e ostinato, difficili rapporti con le persone.
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Infine ci sono delle personalità disturbate che non rientrano nel DSM come categorie definite:


disturbo sadico, trae godimento dalla sofferenza psichica o fisica degli altri;
disturbo esplosivo intermittente, reazioni violente imprevedibili, perdita di controllo inibitorio può
sfociare in attentati contro le persone.
Nevrosi e criminalità
Le nevrosi sono malattie che coinvolgono il carattere di una persona. Hanno difficoltà, non dissociazione,
di adattamento alla realtà esterna. Pervasi da senso di inadeguatezza, conflitti tra Io, Es e Super – Io. La
persona nevrotica scarica l’aggressività su se stessa, quindi è autodiretta. Ma può portare comunque a
comportamenti criminali. Il nevrotico è capace di intendere e di volere. Il deficit è nella volontà non nelle
azioni. Le nevrosi d’ansia, come i tic nervosi, possono portare a comportamenti devianti, a volte sono
fraintesi e sono solo per difesa. Porta allo sfogo di malattie psicosomatiche, come coliti e gastriti. L ’isteria
invece fu scoperta da Freud, rilevata principalmente nelle donne, ma raramente possono esistere anche
uomini isterici. L’isterico si crea un personaggio e recita per attirare l’attenzione degli altri perché non si
sente amato – come i figli unici quando nasce un fratellino. Con l’isterico è utile una terapia d’urto. Il loro
comportamento deviante si esprime con l’essere mitomani, o con la denuncia di essere vittime di qualcosa
per attirare l’attenzione o con minacce di suicidio per ricattare gli altri. Invece la nevrosi ossessivo
compulsiva è alla base dei delitti seriali. E’ soprattutto dovuta a carenze affettive. Il killer cerca di alleviare
questa mancanza con comportamenti ritualistici e ripetuti.
CAPITOLO 6 – Sociologia della devianza: struttural – funzionalismo e comportamento deviante
Gli studi sociologici enfatizzano il ruolo determinante dei fattori ambientali e sociali per spiegare il
fenomeno criminale, rivolgono l’attenzione alla società e all’impatto degli avvenimenti sociali e di gruppo
sul comportamento individuale. L’ambiente sociale si distingue in:



generale, ovvero l’insieme delle condizioni fisiche, sociali ed economiche che influiscono sul
comportamento individuale;
immediato e specifico, ovvero l’uomo in relazione al gruppo, al comunità ,la famiglia, lo Stato;
occasionale, ovvero l’ambiente non abituale per il soggetto: collegio, carcere, ospedale etc.
Da segnalare gli studi di Kurt Lewin, ricordato per i concetti espressi nella teoria del campo, in cui si mette
in risalto che il comportamento di un individuo è una funzione regolata da fattori interdipendenti costituiti
dalla sua personalità e dall'ambiente che lo circonda. Persona e ambiente sono considerati come un insieme
interconnesso che va a formare lo spazio vitale di ogni soggetto. Per comprendere o prevedere il
comportamento, dice Lewin, la personalità e il suo ambiente devono essere considerati come un'unica
costellazione. Ricordiamo anche Niklas Luhmann, che ha applicato alla società la teoria generale dei
sistemi, che bisogna distinguere dalla teoria dei sistemi sociali di Talcott Parsons, la teoria dell'evoluzione
biologica. Luhmann parte dalla premessa, che gli elementi primari ed unici di un qualsiasi sistema sociale
non siano gli agenti principali, ovvero gli uomini, ma gli effetti della comunicazione, ovvero comunicazioni
che producono altra comunicazione. Senza comunicazione non esiste nessuna forma di sistema sociale,
anzi la chiusura operativa del sistema sociale è operata proprio sul concetto di comunicazione. Tutto ciò che
c'è nel sistema sociale è solo ed esclusivamente comunicazione. Un sistema sociale (sistema chiuso) è in
grado di costituirsi, ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi (autoreferenzialità e autopoiesi). Questo è
possibile solo mediante una perenne comunicazione. Luhmann precisa che l'uomo non può essere
considerato un sistema di questo tipo, perché in realtà rappresenta un altro tipo di sistema più complesso; il
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sistema psicologico (coscienza), che a differenza del primo è in grado di pensare. I sistemi sociali invece non
pensano, ma agiscono, sotto forma di: interazione, organizzazione e società.
Teoria della disorganizzazione sociale – Scuola di Chicago
Il nodo principale della teoria della disorganizzazione sociale è rivolto alle condizioni urbane e ambientali
che influenzano i tassi di criminalità. Prende le mosse dai processi di mutamento esistenti nella società
statunitense, caratterizzata da conflitti tra diversi valori, eterogeneità e presenza di diverse sottoculture.
Ogni società è soggetta a mutamenti, ma in quelle dove questi cambiamenti avvengono in modo repentino,
si possono manifestare fenomeni di disorganizzazione sociale. La disorganizzazione avviene quando,
nonostante i mutamenti, i cittadini continuano a seguire linee guida tradizionali o quando viene meno la
coesione del gruppo per l’inefficacia dei modelli di comportamento istituzionalizzati. Negli anni venti del
secolo scorso Thomas e Znaniecki svolsero uno studio sui contadini polacchi in Europa e in America,
individuandone le difficoltà incontrate nel nuovo mondo industrializzato e urbanizzato. Essi rilevarono che
gli immigrati più anziani riuscivano a mantenere negli slums urbani molte delle usanze culturali del paese
d’origine, mentre la seconda generazione, allevata nella comunità americana, incontrava molti più disagi nel
seguire alcune tradizioni e valori del vecchio mondo. Per tale motivo i tassi di criminalità nella seconda
generazione aumentavano.
Tra gli studiosi della scuola di Chicago sono d ricordare gli studiosi Shaw e McKay che iniziavano la loro
ricerca negli anni venti a Chicago, in un periodo in cui la città si riempiva per le migrazioni dalle zone rurali e
per quelle degli stranieri. Molti di questi convergevano verso la zona centrale metropolitana, occupando
case vecchie. I due studiosi analizzarono il fenomeno criminale all’interno di queste aree e rilevarono che il
fenomeno criminale era soprattutto il prodotto delle condizioni ecologiche urbane. Rilevarono una più
elevata densità criminale nelle zone di transizione, dove si era insediato di recente un alto numero
d’immigrati. Il numero di reati diminuiva man mano che ci si allontanava dal centro verso la periferia.
La società occidentale pone particolare enfasi sul successo, che tutti cercano di raggiungere. Tuttavia alcune
categorie non sono in grado di raggiungere mete e simboli di successo e le persone che si trovano in questa
situazione sono sottoposte a pressioni e frustrazioni tali da provocare forti tensioni e sospingere verso
comportamenti devianti e criminali. La teoria della tensione considera criminalità e devianza come il
risultato della rabbia e della frustrazione che si provano nel sentirsi incapaci a raggiungere il successo.
Durkheim mise in evidenza il rapporto tra elevati tassi di suicidio e anomia (assenza di norme). Con tale
concetto lo studioso indicava uno stato di confusione ideologica nell’organizzazione sociale, dovuto a rapidi
mutamenti. L’anomia significa quindi disgregazione dei valori e assenza dei punti di riferimento; il calo della
densità morale provoca il formarsi di patologie sociali da cui scaturisce il suicidio anomico. Il termine fu
ripreso da Merton che lo definì come il risultato della non integrazione tra le mete culturalmente prescritte
e la disponibilità dei mezzi legittimi per raggiungerle. Elaborò una classificazione d’adattamento individuale
basato sull’utilizzazione dei mezzi e il conseguimento delle mete. Quattro rappresentano risposte devianti,
dovute all’indisponibilità e inadeguatezza dei mezzi legittimi e sono: innovazione, ritualismo, rinuncia e
ribellione. La quinta, la conformità, si verifica quando il soggetto accetta sia le mete sia i mezzi. Coloro cui è
bloccato il raggiungimento delle mete abbandonano la partita rifiutando sia le mete sia i mezzi. In questa
categoria rientra il vagabondaggio, l’abuso di sostanze alcoliche o di stupefacenti, a volte suicidio. C’è
anche chi non solo rifiuta, ma si ribella anche contro l’ordine sociale, cercando di introdurre nuove mete e
nuovi mezzi. Questa risposta deviante è tipica dei gruppi radicali e rivoluzionari che vogliono cambiare la
società. L’innovatore rifiuta i mezzi e li sostituisce con altri illegittimi per raggiungere le mete di successo.
Infine il ritualismo è l’adattamento caratteristico di quelle persone che falliscono nel raggiungere il successo
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e allora abbandonano qualsiasi ulteriore sforzo. Si adattano ad utilizzare i mezzi socialmente definiti come
necessari per conseguire i fini.
La teoria delle associazioni differenziali di Sutherland sostiene che l’idea criminosa viene appresa per
trasmissione culturale da chi appartenga ad una subcultura criminale. La tesi di Sutherland toglie ogni
influenza ai fattori biologici e psichiatrici, dando assoluta prevalenza all’apprendimento. I singoli
acquisiscono modelli di comportamento sia criminali sia conformi dall’interazione con gli altri.
Secondo Sellin un conflitto di cultura fra i singoli può generare criminalità. Affrontò il tema dell’immigrato
in un paese diverso da quello di provenienza e delle collettività d’eterogenea estrazione culturale costrette a
vivere nella stessa società. Riguardo al primo aspetto notò che il conflitto culturale non si rileva tanto nella
prima generazione d’immigrati quanto nella seconda, poiché quella rimane legata ai valori d’origine, mentre
questa è più esposta a norme di condotta contrastanti. Inoltre evidenziò due forme di conflitto: primario e
secondario. Il primo si ha quando un comportamento è rilevante in maniera opposta per due differenti
culture, il secondo concerne la formazione di norme di condotta di sottogruppi contrastanti con quelle della
cultura più ampia.
Quando i criminologi parlano di sottoculture si riferiscono ai numerosi sottogruppi esistenti nelle società
complesse. Il contributo di Cohen, per il quale la devianza si presenta come un problema sociale,
costituisce uno dei più importanti studi sottoculturali sulla delinquenza. La sottocultura delinquenziale si
forma in quanto offre una soluzione ai problemi di status e alle frustrazioni vissute dai ragazzi di ceto basso.
Questi ragazzi rifiutano i modelli della classe media e si aggregano in una subcultura delinquenziale, detta
gang. La sottocultura deviante implica una condotta non utilitaristica (non persegue fini pragmatici), è
irrazionale (fine a se stessa), e negativa (contro il sistema). Si coagula intorno al rifiuto per tutti i valori
suggeriti dalla classe media, in quanto legati ad uno stile di vita irraggiungibile. All’interno di una banda, il
giovane può trovare quel ruolo sociale che non può ottenere nella società e così, mettersi in luce nella
comunità deviante.
La prospettiva di Cloward e Ohlin parte da un assunto diverso e cioè che i giovani delle classi inferiori
accettano gli standard culturali della classe media; la loro scelta verso la devianza scaturisce
dall’impossibilità di credere nei mezzi legittimi per il raggiungimento delle mete, poiché ne è impedito loro
l’accesso da situazioni d’ingiustizia economica. Distinguono tre tipi di gangs: criminale, conflittuale,
astensionista. La prima si sviluppa nelle aree in cui le opportunità d’esposizione a modelli criminali sono
diffuse; i giovani imparano una varietà di ruoli devianti e si avviano verso una carriera criminale in età
adulta. La banda conflittuale nasce quando non sono disponibili opportunità illecite e modelli criminali. La
terza, caratterizzata dalla fuga nella droga e nell’alcool, è costituita da quei giovani che non sono riusciti ad
inserirsi né in una delle altre due tipologie, né nella società legale.
Miller nega che la sottocultura delinquenziale si formasse in reazione agli standard della classe media. La
devianza non nasce dal rifiuto dei valori della classe superiore, ma dalla stessa cultura della classe inferiore
che possiede e mantiene il proprio sistema di valori.
CAPITOLO 7 – Sociologia della devianza: controllo sociale, conflitto, etichettamento
La teoria del controllo sociale di sviluppa negli anni 50 e assume che tutti siano per natura devianti rispetto
alle regole. Tutti vorremmo commettere reati ma non lo facciamo. I primi studi sul controllo sono di
Durkheim che sosteneva che l’anomia fosse l’effetto di un controllo insufficiente. Per Nye la famiglia è uno
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specifico agente di controllo sociale. Abbiamo diversi tipi di controllo: interno, indiretto, diretto,
soddisfazione dei bisogni legittimi. La teoria dei contenitori di Reckless, indica nei contenitori appunto i
fattori che favoriscono il contenimento della condotta nell’ambito della legalità e occupano un ruolo
centrale tra le pressioni e le influenze ambientali e gli stimoli interiori. Se i contenitori sono deboli
prevalgono pressioni e stimoli che favoriscono il comportamento deviante. Limite della teoria il peso
eccessivo dell’autostima in grado di isolare dalla delinquenza anche vivendo in un ambiente criminale. Per
Hirschi tutti delinquerebbero se non fosse per il legame tra individuo e società. Il comportamento criminale
per lui dipende dal vincolo che abbiamo con la società che si esplica in: attaccamento nei confronti di altri
significativi (amici e famiglia); coinvolgimento negli scopi approvati dalla società; impegno in attività
conformiste e convinzione nel credere nei valori sociali. La teoria del basso autocontrollo di Hirschi e
Gottfredson dice che tutti hanno le stesse motivazioni, ciò che varia è la capacità di controllare i propri
comportamenti. I tratti individuali dell’autocontrollo si apprendono da bambini e quindi è importantissimo il
modello educativo, occorre incidere sulla famiglia.
La teoria del conflitto trova spazio negli anni 60. Criminalità e violenza sono presenti in tutte le classi sociali
ma quelle inferiori vengono definite criminali e devianti con più facilità perché sono prive di potere. Il primo
teorico del conflitto è Marx che vede la realtà sociale in termini di lotta di classe tra i detentori dei mezzi di
produzione e i lavoratori (classe del proletariato). La povertà aliena l’uomo e non gli lascia altra scelta che
morire o rubare per sopravvivere. Il diritto è espressione della classe dominante. Ogni classe è spinta verso
l’egoismo da influenze specifiche: classe ricca dall’istruzione e dalle opportunità, la media dalla lotta per la
sopravvivenza e il proletariato dalle privazioni. Accanto ai marxisti ci sono i teorici del conflitto non marxisti
come Coser che parla del ‘capro espiatorio’ come nemico interno in grado di destabilizzare la società retta.
Goffman parla di macchie, stigma che determinate categorie si portano addosso (malati mentali, prostitute,
handicappati) e che impedisce loro di sfuggire al ruolo di vittima sacrificale. Per Quinney e la sua teoria
sulla realtà sociale del crimine, l’unica soluzione è il superamento della società capitalistica verso quella
socialista. Pone l’accento su una ideologia del crimine determinata dalla classe dominante e basata su alcuni
assunti per cui il crimine viene imputato alle classi basse che vengono più facilmente perseguitate, arrestate
e trattate più severamente dalla giustizia penale.
Alla fine degli anni 60 soprattutto nella cultura anglosassone vi è una lettura del controllo delle classi alte
sulle basse per mezzo delle leggi. Ergo la legge non è uguale per tutti. Per Spitzer il problema del pluslavoro
rende le classi basse come potenzialmente pericolose se escono dalla loro gabbia di “spazzatura sociale”.
In questo senso importante è il lavoro della Scuola di Criminologia di Berkeley che dà origine al movimento
della new lef. In particolare Platt punta il dito sui cosiddetti movimenti per la salvezza dei minori che in
realtà nascondono , dietro apparenti motivazioni filantropiche, una gestione discutibile del disagio e della
devianza giovanili. Tra gli orientamenti radicali vi è anche la criminologia anarchica che ha lo scopo di
opporsi ad ogni forma di gerarchia. Le autorità per loro hanno il solo scopo di servire i gruppi di potere. I
teorici radicali si sono mossi dunque lungo due direttrici:


elaborazione critica di una sociologia giuridica di tipo storico (proteggere la proprietà privata, ad es,
ha lo scopo di mantenere le disuguaglianze di legge);
origine del crimine partendo dall’assunto che il capitalismo è criminogeno.
Sul finire degli anni 70 si diffonde un clima da tolleranza zero e si assiste all’affermarsi di un nuovo realismo
di sinistra che spiega la criminalità partendo dai processi di privazione relativa e di marginalizzazione (non la
povertà in se’ ma la povertà e la diseguaglianza vissute come ingiustizia determinano la criminalità).
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La teoria dell’etichettamento, si diffonde nella metà degli anni 60 e porta alle estreme conseguenze la
logica della sociologia del conflitto. Tannenbaum vede il comportamento deviante come conflitto tra un
gruppo e la società nel suo complesso. La teoria non spiega le cause della devianze e non segue un modello
deterministico ma integra lo studio del comportamento con quello della reazione sociale. Quando un
individuo viene etichettato come deviante dalla società (anche ingiustamente) la sola qualifica ne causa una
reazione negativa con ovviamente ricadute e possibile adesione alla profezia che si auto adempie.
Nell’etichettamento non è importante l’atto ma il soggetto che viene etichettato. Il processo di
etichettamento si conclude per Lemert nell’interiorizzazione dello status da parte del’etichettato.
CAPITOLO 8 – CRIMINOLOGIA MODERNA E POSTMODERNA
Con il termine ‘socializzazione’ s’intende l’insieme determinati processi economici, sociali, politici, culturali
che hanno trasformato le società occidentali tra il XVIII e il XIX secolo. Una società è considerata moderna
se:




la maggior parte dei suoi membri attivi sono occupati come salariati nell’industria e nei servizi;
la posizione sociale è assegnata in base alle prestazioni lavorative fornite(status acquisito) e non in
base alla nascita (status ascritto);
vi è mobilità sociale;
sono premiati atteggiamenti innovativi e si sviluppa un apparato giuridico-amministrativo
burocratico, la crescita economica è continua e cumulativa e il mercato è generalizzato,è elevata la
differenziazione dei ruoli e delle istituzioni.
Per comprendere gli sviluppi del pensiero postmoderno bisogna far riferimento ai due autori che lo hanno
maggiormente ispirato: Nietzsche e Lacan. Riguardo al filosofo tedesco vanno ricordate la critica della
cultura e la filosofia dell’eterno ritorno. Secondo Nietzsche non esiste nessuna verità - base: l’evidenza che
ci fa ritenere vera una proposizione non è segno di verità, ma segno che essa corrisponde meglio di altre ai
condizionamenti psicologici e sociali che ci dominano. La teoria dell’eterno ritorno all’uguale significa che il
tempo non ha una direzione lineare, con una struttura articolata in passato, presente e futuro come
momenti irripetibili; per lui ogni momento del tempo ha tutto il suo senso in sé. Lacan era invece polemico
verso la trasmissione di un sapere già dato e proponeva un ritorno a Freud e al suo metodo. Secondo la
linguistica di Saussure e Jacobson, Lacan indica come il soggetto si costituisca a partire da un ordine
significante, essendo il significante ciò che, pur entrando a costituire il senso, non si riduce ad esso. Nella
seduta psicanalitica il terapeuta rivolgerà la sua attenzione sui significanti che insistono nel discorso del
soggetto in analisi: ciò che conta è come si parla, piuttosto che ciò che si dice.
Si può dividere il pensiero postmoderno in tre correnti principali:



postmodernismo come rifiuto della modernità, cioè della razionalità, dell’autorità, della tecnologia
e della scienza;
postmodernismo come rivalutazione della tradizione (mentre la modernizzazione l’aveva
svalutata);
postmodernismo come ascesa dei nuovi valori e stili di vita, con una maggiore tolleranza per le
diversità etniche, culturali e sessuali.
Le teorie razionali si basano sull’assunto che le persone siano in grado di prendere decisioni autonome.
Garland le definisce anche come criminologie della vita quotidiana, evidenziandone il comune
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denominatore della normalità degli eventi criminosi, che non richiedono particolari motivazioni, ma sono
caratteristici della routine della vita contemporanea. Tali teorie s’ispirano alla riflessione di Matza che
considera la volontà come elemento decisivo nel prendere decisioni anche in senso deviante, come a quelle
basate sulle opportunità e sui costi-benefici relativi ad una scelta criminale. Una delle teorizzazioni più
innovative, sviluppata negli anni Settanta, si deve a Cohen e Felson, la teoria delle attività di routine. Il suo
interesse primario è per la vittimologia e la prevenzione della criminalità. Le attività di routine riguardano i
modelli di tre tipi di attori sociali :delinquenti motivati, guardiani capaci di persone e proprietà, targets per
la vittimizzazione criminale.
La teoria degli stili di vita basa le sue riflessioni sul perché alcune persone rischino maggiormente di
rimanere vittime di atti criminali. La risposta sta nei diversi stili di vita, sui quali sono importanti tre
elementi: ruolo sociale, posizione nella struttura sociale, componente razionale dell’agire. Se un soggetto
occupa una posizione modesta e quindi ha un ruolo sociale irrilevante, allora il rischio di essere vittimizzato
sarà più rilevante.
La teoria della scelta razionale, sviluppata da Cornish e Clarke, spiega le motivazioni che spingono a
commettere azioni devianti come tentativo di soddisfare bisogni primari. Attraverso il processo decisionale
si stabiliscono costi e benefici dell’azione prevista. Questa teoria utilizza il concetto di ‘razionalità limitata’
in quanto modificabile secondo le motivazioni che implicano problemi legati ad esaltazione, piacere, onore,
prestigio etc. così come variazioni nella capacità di analisi, nel livello di abilità, nelle condizioni fisiche.
La teoria sulla struttura delle opportunità per il crimine di Clarke mostra tre elementi di base: obiettive,
vittime e strumenti che facilitano la commissione del reato. I primi riguardano la situazione ambientale che
influenzerà la scelta degli strumenti utilizzati, gli stili di vita e le abitudini delle persone che determinano la
scelta della vittima.
La teoria della vergogna differenziale di Braithwaite rileva che il parametro del controllo sociale potrebbe
indirizzare il comportamento verso l’accettazione o il rifiuto della legge. Tutti i gruppi, sia devianti sia
conformisti, sono soggetti a varie forme di vergogna che può essere reintegrativa, permettendo al soggetto
di reinserirsi socialmente, oppure disgregativa, contribuendo allo sviluppo di subculture criminali.
La criminologia della pacificazione vuole ridurre le sofferenze per ridurre la criminalità e raggiungere lo
scopo della pacificazione. Per tali autori ilo crimine rappresenta l’antitesi dell’interazione democratica, si
verifica cioè, quando la società porta a relazioni interpersonali di tipo distruttivo. Perciò queste vanno
migliorate per avere una pacificazione della società.
La prospettiva del design ambientale si è sviluppata negli anni Settanta soprattutto grazie all’opera di
urbanisti e architetti. L’environmental design nel campo della criminologia ha avuto lo scopo principale di
individuare quali strutture urbanistiche fossero più adeguate per la prevenzione della criminalità. La
prima analisi sull’argomento si deve a Jacobs che considera come fattori essenziali per la prevenzione, il
senso di coesione e i sentimenti di territorialità. La studiosa critica la tendenza a dividere la città in aree
specializzate secondo criteri come il commerciale, il residenziale, l’industriale. Newman ha dato l’apporto
più interessante in campo urbanistico. Il programma di prevenzione del crimine attraverso le strutture
ambientali si basa sul concetto di spazio difendibile: l’idea è che i singoli e le famiglie possano essere
incoraggiati dalla struttura architettonica ad aumentare il loro senso di responsabilità per la cura, la
protezione e la sicurezza dello spazio sociale circostante. Per recuperare il controllo dello spazio urbano di
vita sono da considerare quattro elementi:
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
territorialità: la suddivisione di edifici e superfici in zone che gli utenti iniziano a considerare come
loro proprietà. In passato molti soggetti potevano dividere il territorio in lotti contenenti le loro
abitazioni. Con l’aumento della popolazione e la diminuzione delle risorse, gli abitanti delle città
sono stati costretti a ridefinire il loro territorio in termini di superficie per piani di unità residenziali
sviluppate in altezza. Nei moderni grattacieli gli ingressi, i pianerottoli, i giardini e gli ascensori
diventano terra di nessuno. Newman afferma che si può ridare un significato al territorio di
proprietà comune con l’uso di giardini recintati, abitazioni più basse, scale visibili etc;
sorveglianza: i progetti di edifici che permettano una facile osservazione delle aree circostanti. E’
abbastanza noto come la maggior parte dei delitti avvenga, negli Usa, nelle aree semipubbliche:
pianerottoli, ingressi, ascensori e scale anti-incendio. La sorveglianza di queste aree da parte dei
proprietari e delle persone di passaggio potrebbe essere potenziata costruendo i pianerottoli e gli
ascensori di fronte alla strada e adoperando per le pareti materiali trasparenti;
imago: riguarda la costruzione di case popolari che eviti di farle considerare tali;.
ambiente: lo scopo è di assicurare un certo numero di attività intorno all’area progettata. Il modello
standard includerebbe la riunione di quattro-sei isolati in un quartiere. Questi sarebbero poi
separati da ampi spazi aperti.
La criminologia ambientale è molto vicina alla teoria geografica del crimine. Questa pone particolare
enfasi sull’atto criminale e sul luogo in cui si verifica, cioè sul dove più che sul perché. Il luogo è
fondamentale per capire che ogni reato lascia una nuova traccia e costituisce un indizio dello spazio di
attività dell’autore. Allo stato attuale costituisce più che una teoria, una metodologia d’indagine
investigativa.
Fino agli anni Settanta l’aspetto legato al genere è stato molto trascurato dalla letteratura criminologica. La
donna criminale era identificata principalmente con la prostituta, l’infanticida o l’isterica, in ogni caso
ritenuta malata. Alla base si poneva il principio della sua inferiorità psichica. Tra l’Ottocento e la prima metà
del Novecento la criminale è studiata prevalentemente nei suoi aspetti biologici e psichici. Tra i primi a
considerarne anche il ruolo sociale sono stati Thomas, che studiò la delinquenza delle donne come
conseguenza dell’insoddisfazione del ruolo assegnatole in un periodo di grandi mutamenti sociali, e Bishop,
che la interpretò in rapporto all’emancipazione sociale. A lungo considerata incapace di commettere
volontariamente reati, alla donna è stata costantemente negato la scelta razionale del crimine come
modus operandi. Solo con gli anni Settanta accade una vera e propria svolta nell’affrontare il problema. Gli
studiosi mirano a collegare il fenomeno agli eventi sociali, un primo livello di analisi riguarda i tipi di reato
nel tempo e nello spazio e cerca di spiegarli come effetto dei grandi fenomeni sociali. Esamina
diacronicamente le variazioni delle differenze di genere nelle statistiche criminali. Un’altra linea di ricerca si
basa su interpretazioni psico - sociologiche e sull’uso di questionari di autodenuncia. Alcuni studi
dimostrano com’è più probabile che gli uomini commettano meno violazioni, ma più gravi.
Il primo contributo alla criminologia postmoderna è quello di Focault che ha trattato di temi come quello
della soggettività e del rapporto tra potere, controllo e sapere criminologico. Egli denuncia l’uso del
termine ‘soggettività’ come mistificante, in quanto orientato a trasformare le persone in oggetto d’indagine
e di controllo. Tutte le scienze che hanno il soggetto come oggetto privilegiato di studio e d’intervento (es.
psichiatria, sociologia, criminologia), finiscono per farlo diventare un ‘soggetto assoggettato’.
La teoria linguistica o semiotica s’ispira alla psicoanalisi di Lacan. Uno dei primi tentativi di applicazione
alla criminologia si deve a Jackson che, utilizzando il modello attanziale di Greimas, basato sulla relazione
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tra gli attanti (soggetto, oggetto, destinatore, destinatario, oppositore, aiutante) ha sviluppato un modello di
coerenza narrativa nella giustizia criminale, in cui s’indica che la verità è un discorso determinato e le
pratiche giudiziarie hanno a che fare col modo con cui sono costruite le narrazioni e sono recepite
dall’audience.
La teoria del caos deve la sua applicazione ai sistemi sociali grazie a Gregersen e Sailer, secondo cui ogni
sistema è una funzione di un’istantanee a statica di un sistema dinamico in corso più la situazione del suo
ambiente. Una più recente rielaborazione della teoria del caos è rappresentata dalla metateoria
dell’incidente critico di Williams, che sottolinea come anche crimine e criminale siano concetti complessi.
Partendo dal fatto che il comportamento è dovuto a variabili biologiche, sociali, ambientali e psicologiche, e
che tali variabili si accumulano nel tempo aggiungendo o sottraendo qualcosa o interagendo fra di esse in
rapporto all’intervento di nuovi eventi, si raggiunge un punto critico in cui l’individuo reagisce per allentare
la tensione mettendo in atto un qualche comportamento. Sulla base di questa teoria è difficile prevedere
l’agire criminale in quanto possono intervenire ulteriori fattori situazionali (es. la presenza di testimoni) e si
deve tener conto della realtà soggettiva sia del potenziale agente, sia di coloro che possono reagire. La
percezione individuale della realtà si deve combinare perciò con la situazione oggettiva per produrre un
crimine, che costituisce uno dei tanti modi per allentare la tensione ad un punto critico.
Analizzando la storia della criminologia ci si rende conto che sono emerse nel tempo teorie secondo un
processo in due fasi. Nella prima si affermano teorie all’interno delle criminologie settoriali. Così, nel
periodo lombrosiano, si sviluppano da un lato gli studi antropologici sul tipo criminale ispirandosi
all’evoluzionismo di Darwin, dall’altro gli studi sociologici fondati sul pensiero marxista e sulle idee di
Durkheim e Tarde. Tra le due guerre, gli studi psicanalitici, sulla componente nevrotica della personalità del
criminale, si contrappongono alle ricerche sociologiche, sviluppate negli Stati Uniti grazie alla Scuola di
Chicago con Shaw, Sutherland e Sellin. La seconda fase è caratterizzata da un’elaborazione di sintesi. Ferri
afferma che il delitto è fenomeno di origine complessa, sia biologica sia fisico-sociale. Alla fine della
seconda guerra mondiale De Greef supera le teorie settoriali mostrando la personalità criminale sulla base
dello studio del passaggio all’atto, introducendo il concetto di durata nell’analisi dell’evoluzione di un
soggetto verso il crimine. Dagli anni Settanta del Novecento la sociologia della devianza, contrappone alla
teoria del passaggio all’atto le analisi sulla reazione sociale, originate dalla corrente dell’interazionismo con
le sue riflessioni sui meccanismi sociali di rifiuto. Emergono così concettualizzazioni su etichettamento,
stigmatizzazione, delinquenza secondaria. Dalla teoria interazionista ha origine la criminologia radicale che
svolge una forte critica contro le agenzie di controllo quali costruttori di soggetti devianti attraverso
l’etichettamento, soprattutto a danno di appartenenti alle classi basse. Nei decenni successivi gli studi si
sono indirizzati verso il tentativo di individuare i legami tra personalità criminale e società criminogena. Si
è cercato di capire se la società possa favorire la formazione di personalità criminali, producendo stimoli atti
a far emergere in una parte della popolazione tendenze latenti ed inconsce. Dagli anni Ottanta in poi si
assiste ad una proliferazione di ricerche basate sul concetto di rational choice come presupposto dell’azione
deviante. Alla luce dei dati statistici si è assistito anche ad un progressivo irrigidimento delle politiche
criminali fino alla cosiddetta ‘tolleranza zero’.
Alla luce di quanto detto si ritiene necessario sviluppare una nuova fase d’analisi partendo dalle quattro
regole metodologiche fondamentali, indicate da Pinatel. La prima riguarda i livelli interpretativi,
distinguendo tre entità: 1) la criminalità o devianza, fenomeno globale che comprende l’insieme degli atti
devianti o dei reati commessi in un determinato luogo e in un determinato momento; 2) il deviante o il
criminale; 3) l’atto deviante o criminale. Tale regola implica la scelta dei dati a disposizione per far sì che
ogni entità sia inserita nel settore di pertinenza. La seconda regola prescrive di attuare prima di tutto la
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criminografia, cioè la descrizione del crimine, piuttosto che studiarne la dinamica. La terza implica la
distinzione tra ciò che è di pertinenza della psichiatria e ciò che appartiene alla criminologia. La quarta,
relativa all’approccio differenziale, consiste nei raffronti: tra criminalità e altri fenomeni sociali; tra
delinquenti e non delinquenti; tra le diverse modalità di passaggio all’atto dei singoli criminali. La
multidisciplinarietà implica la necessità di lavorare in equipe in un continuo scambio di conoscenze. Società
complessa e globalizzazione pongono interrogativi sempre nuovi, basti pensare al terrorismo, alla
criminalità organizzata e informatica, tutti fenomeni che travalicano i confini nazionali e che dovrebbero
essere affrontati a livello internazionale, in collaborazione con esperti di altri settori, come economisti ed
informatici.
CAPITOLO 9 – La criminalità delle organizzazioni: criminalità economica e criminalità organizzata
Questo capitolo analizza la criminalità delle organizzazioni, intendendo sia le attività illecite nel mondo
degli affari, sia quelle della mafia. I livelli più alti delle organizzazioni criminali operano in stretta contiguità
con le strutture economico - finanziarie e quelle politico - amministrative, attraverso la corruzione. La prima
tipologia riguarda imprese che nascono in modo lecito e che poi commettono illeciti allo scopo di
aumentare i loro profitti. La seconda, cioè l’impresa mafiosa, si sviluppa adottando metodi illegali utilizzati
per i traffici illeciti. Il termine ‘colletto bianco’ fu usato per la prima volta da Sutherland per indicare gli
appartenenti a ceti superiori che violano le leggi emanate per regolare la loro professione. Si tratta di un
reato commesso da una persona rispettabile, di elevata condizione socio-economica, con abuso di fiducia di
cui gode all’interno della comunità. In anni più recenti si è preferito sostituire l’espressione ‘criminalità del
colletto bianco’ con quello di ‘criminalità economica’, puntando l’attenzione più sull’azione e sul fatto che
sull’autore e cercando di individuare una definizione più giuridica che criminologia. Secondo alcuni si tratta
di un reato democratico perché può essere commesso dal cassiere come dal proprietario di una banca; la
caratteristica principale sta nel modus operandi e negli obiettivi più che nello status dell’attore. Tiedeman
suddivide i reati economici in due categorie , quelli in senso stretto, commessi a danno degli interessi
economici della collettività, e quelli in senso lato, commessi a danno di interessi individuali e che solo in via
mediata danneggiano la comunità. Misurare statisticamente il fenomeno presenta alcuni problemi: non
esiste una definizione che comprenda la globalità del fenomeno, l’ampia varietà nelle procedure
commerciali di registrazione contabile rendono complessa la raccolta e classificazione dei dati sulle perdite;
la tecnologia informatica può occultare le perdite per mezzo dei computer crimes; i reati non sono
denunciati per non perdere la fiducia dei consumatori. Una definizione del Dipartimento della Giustizia
statunitense considera come white-collar crime una serie di condotte non violente che implicano frode o
abuso di potere. Inoltre questi reati spesso si realizzano con l’inganno di una vittima ingenua e quando il
lavoro, il potere o il carisma personale offrono all’autore l’opportunità di abusare di procedure legali a scopi
illegali. Esempi sono: appropriazione indebita, frode, furto di segreti industriali, evasione fiscale. Due settori
della criminalità economica oggi destano particolare preoccupazione per gli ingenti danni che possono
procurare al sistema sociale: computer crimes e inquinamento ambientale. I primi si sono sviluppati grazie
all’introduzione sul mercato dei personal computer di piccole dimensioni, economici e veloci. I
comportamenti devianti legati all’uso del computer sono molto vari: il vandalismo consiste nel
danneggiamento doloso o nella distruzione del computer, di suoi elementi o del software per motivi che
vanno dal rancore, alle controversie col capoufficio, al terrorismo, alla concorrenza sleale. Passando
all’inquinamento ambientale, di esso fanno parte i reati ecologici, di cui sono responsabili soprattutto le
grandi industrie. Lo scopo è quello di aumentare i profitti riducendo i costi relativi all’installazione di
adeguati impianti di depurazione, allo smaltimento di scorie etc. Il costo per la comunità è molto elevato:
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basti pensare alle spese sanitarie sostenute dalle vittime e dallo Stato per curare malattie correlate, per non
parlare della perdita di vite umane tra i residenti delle aree inquinate. L’American Management Association
ha stilato nel 1978, al fine della prevenzione, alcune raccomandazioni suddivise in tre tipi di programmi:
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programmi difensivi: protezione dei beni in modo da renderne più difficile la sottrazione;
programmi deterrenti: rendere molto più costosa la sottrazione fraudolenta dei beni
programmi demotivanti: scoraggiare le motivazioni che spingono a sottrarre beni all’azienda.
Molte delle conoscenze che noi abbiamo sulla criminalità organizzata provengono dai mass media. Film di
successo, come Il padrino o Gli intoccabili, ne hanno offerto un’immagine colorita. Uno dei luoghi comuni è
quello di considerare le organizzazioni criminali dei diversi paesi come discendenti dalle mafie italiane.
Esistono numerose organizzazioni criminali di varia provenienza che non hanno nulla a che fare con le
sottoculture storiche italiane (mafia, camorra, ’ndrangheta). Si è in presenza, da più di un decennio, di un
melting pot del crimine organizzato, visto che si deve parlate di criminalità organizzata transnazionale, dal
momento che il fenomeno ha travalicato i confini nazionali. Le varie organizzazioni si occupano di numerosi
traffici, da quelli di droga, armi, materiali radioattivi, rifiuti tossici al commercio di esseri umani, fino ai più
sofisticati resati economici e finanziari. Il rapido accumulo di risorse, dovuto al saldo attivo tra costi e ricavi
delle attività illecite, ha comportato la necessità di reimpiegare i capitali sporchi. In tal modo, grazie alle
organizzazioni transnazionali, le organizzazioni criminali possono spostare ingenti risorse da uno stato
all’altro. Caratteristiche della criminalità organizzata sono:
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struttura gerarchica: tutti i gruppi organizzati sono comandati da un capo e strutturati in una serie
di gradi subordinati. A livello nazionale le organizzazioni sono divise in famiglie;
continuità dell’organizzazione: i gruppi organizzati sono sicuri di poter sopravvivere alla morte o
all’arresto del loro capo;
ferrea selezione degli affiliati: i nuovi membri vengono accettati nel gruppo solo dopo aver
dimostrato fedeltà e complicità nel commettere atti criminali.
criminalità - violenza - potere: potere e controllo sono le chiavi per raggiungere gli obiettivi e si
ottengono con attività criminali di ogni tipo. La violenza serve per mantenere la fedeltà al gruppo e
per intimidire gli altri. Gli atti violenti consistono in omicidi, sequestri di persona, incendi dolosi,
rapine, estorsioni e attentati dinamitardi.
coinvolgimento in attività lecite: gli affari leciti servono per riciclare il denaro sporco.
utilizzo di specialisti: specialisti esterni all’organizzazione che svolgono i loro servizi a contratto.
L’organizzazione mafiosa tende a strutturarsi seguendo caratteristiche proprie dell’azienda: la
specializzazione delle funzioni, l’espansione dei mercati, i collegamenti nazionali e internazionali, la
distribuzione dei ruoli. Inoltre, tende ad inglobale imprese legali per godere dei vantaggi offerti dal mercato.
La vecchia mafia era essenzialmente contadina, viveva delle attività delittuose e d’impunità e della capacità
di risolvere i conflitti. L’orizzonte territoriale era limitato alla comunità nella quale imponeva la sua
egemonia. Fino agli inizi degli anni Sessanta del Novecento i capi mafia erano potenti ma non
particolarmente ricchi. Il sistema mafioso attuale ha tra i suoi obiettivi la conquista del massimo potere
economico, perché quest’ultimo è diventato il mezzo attraverso il quale è possibile ottenere ogni altro
potere. Le prime analisi sulle organizzazioni mafiose ruotavano intorno al concetto di mafia imprenditrice: il
mafioso traeva denaro dal delitto e lo investiva in attività imprenditoriali. Ma si è sviluppato anche un altro
modello, quello della mafia-azienda. A differenze delle aziende legali, la capacità di espansione della mafiaazienda è determinata da quattro fattori:
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elevate risorse finanziarie derivanti dai finanziamenti provenienti da traffici illeciti;
facilità di accesso al credito grazie alla corruzione e all’intimidazione;
inesistenza di attività concorrenziali legali;
riduzione dei costi di produzione.
La strategia di penetrazione nell’economia ha tre scopi essenziali: riciclaggio, investimento e legittimazione.
La mafia si presenta sul mercato con una propria connotazione societaria, un’organizzazione aziendale,
notevole liquidità, una mentalità manageriale, esperti di marketing, uffici legali e relazioni politiche . Gli
elementi su cui è necessario soffermare l’attenzione perché potrebbero costituire indici della presenza di
capitali mafiosi sono: eccessivo turnover di licenze commerciali, frequente acquisizione di immobili con
pagamento in contanti, acquisizione di beni immobili o di attività produttive cui non segue alcuna concreta
utilizzazione, il diffondersi di società finanziarie e sportelli bancari in numero superiore alle esigenze della
zona, eccessivo interesse verso aste giudiziarie e fallimenti. Dal punto di vista criminologico la corruzione
presenta due aspetti fondamentali:
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propedeutico, prepara il campo per successive violazioni di norme giuridiche;
fisiologico, in quanto la commissione di reati contro la Pubblica amministrazione riveste la
caratteristica di sistematicità funzionale, cioè fanno parte del funzionamento del sistema, sono
mezzi naturali per realizzare determinati interessi economici.
Il fenomeno della corruzione va inserito del contesto del pay-off, cioè nel sistema delle tangenti. Misure e
rimedi utili a contrastare l’impresa mafiosa possono essere: riduzione delle burocrazie e informatizzazione
della pubblica amministrazione, incentivazione delle indagini patrimoniali e dei controlli tributari,
privatizzazione delle aziende pubbliche, incentivazione delle sanzioni civili. Gli introiti conseguiti dalle
associazioni criminali vengono impiegati secondo il seguente criterio:
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una percentuale, non elevata, viene reimmessa nelle attività illecite;
una parte più consistente è immessa nel circuito economico e finanziario legale;
la parte più cospicua è esportata nell’attesa di essere investita nel modo più remunerativo.
Solo quella parte di liquidità che dovrà essere utilizzata in attività lecite è riciclata nell’organizzazione,
pertanto, il denaro accumulato viene così in buona parte investito in attività lecite. In questa fase il crimine
organizzato diventa impresa. Il riciclaggio consiste nella separazione dei capitali illeciti dalle attività che li
hanno determinati, onde renderne difficile l’accertamento della provenienza. Le caratteristiche del
fenomeno sono:
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illegalità dell’operazione dovuta al fatto che l’attività di riciclaggio ha per oggetto proventi originati
da azioni criminali o illegali;
finalità d’occultamento;
l’attività di riciclaggio può essere commessa dallo stesso autore del reato dal quale deriva il capitale
illecito oppure da un terzo;
il riciclaggio può essere commesso da individui e da organizzazioni criminose;
la riconversione del capitale può avvenire per merito d’individui e organizzazioni qualificati;
se la riconversione è attuata da soggetti non qualificati è necessario l’intervento inconsapevole di
una struttura economica o finanziaria.
Le operazioni di riciclaggio possono essere ripartite in tre fasi:
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1. collocamento, i proventi delle attività criminali vengono materialmente immessi nel sistema
finanziario per essere ripuliti. Il denaro sporco, nella fase primaria del collocamento è contante,
come nel caso di spaccio di sostanze stupefacenti o del racket. Questa fase è la più delicata, perché i
capitali illeciti potrebbero essere scoperti dalle autorità investigative.
2. stratificazione o impilaggio, il capitale illecito viene allontanato dalle sue origini sia dal punto di
vista geografico che da quello del possibile intervento giudiziario. Questa fase è finalizzata al
completo camuffamento dei proventi ed è costituita da numerosi ulteriori trasferimenti: è la tecnica
del ‘guado del pellirossa’. Con questa espressione si usa indicare quella serie di operazioni compiute
per interrompere la traccia documentale dei trasferimenti. Le tecniche di stratificazione sono
molteplici: si va dal trasferimento elettronico di denaro all’uso di conti transitori, all’acquisto di
valori mobiliari o di beni di lusso, fino all’interposizione societaria.
3. integrazione, gli investimenti dei capitali illeciti rimangono sotto forma di nuova ricchezza, legittima.
Un cenno va fatto al cyberlaundering, cioè al riciclaggio telematico. Il rischio di riciclaggio via web può
essere aggravato da tre fattori: la facilità di accesso alla rete, la spersonalizzazione del contatto tra cliente e
istituzione, la rapidità dei trasferimenti elettronici. L’anonimato è l’elemento che permette al riciclatore di
usare identità fittizie per operare sul web. Per questo motivo vengono indicate delle contromisure. Gli
internet providers devono conservare i registri e conservarli per un periodo di tempo ragionevole e le
informazioni sulla transazione, sull’accesso alla rete devono essere facilmente acquisibili e nel minor tempo
possibile. Il riciclaggio digitale viene poi distinto in strumentale e integrale. Il primo comprende tutte
quelle operazioni effettuate con Internet. Il secondo riguarda il complesso delle operazioni attraverso cui
tutte le fasi del riciclaggio avvengono attraverso transazioni anonime elettroniche.
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