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9 ANALISI DEL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA AGROALIMENTARE COMPLETO

ANALISI DEL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA
AGROALIMENTARE
ANALISI DEL SISTEMA AGROALIMENTARE:GLI SQUILIBRI
Sono squilibri di natura strutturale.
 Sono in funzione dei diversi assetti organizzativi delle singole
componenti;
Diversi assetti organizzativi dipendenti dalle differenti caratteristiche
strutturali delle singole componenti: la struttura del settore agricolo è
caratterizzata da un gran numero di aziende polverizzate e frammentate.
Assai elevato è anche il livello di concentrazione presente nei vari
comparti che definiscono il settore di fornitura dei mezzi tecnici.
 Gli attuali rapporti di forza sono squilibrati;
I rapporti di forza sono squilibri dal pov economico nel controllo delle
dinamiche di mercato.
Squilibri strutturali tra i settori all’interno di questi(dualismo strutturale);
fisiologicamente legati alla natura dei singoli settori.
 Gli agricoltori subiscono tutti gli altri settori in termini di prezzo;
 Controllo e condizionamento dell’offerta (sia agricola che
alimentare)da parte della distribuzione in termini di prezzo;
 Controllo e condizionamento dell’offerta agricola da parte
dell’industria in termini di natura delle produzioni;
 Condizionamento della domanda finale da parte della distribuzione.
Penalizzazione degli agricoltori in termini di prezzo a causa della
polverizzazione dell’offerta e del potere di mercato di distribuzione e
industria(posizione di preminenza di chi agisce da compratore).
Offerta controllata grazie al ruolo di intermediazione esercitato e al
controllo di grandi volumi.
Il condizionamento dell’industria sull’agricoltura è assicurato attraverso
una efficiente organizzazione , l’utilizzo di marchi industriali per la
differenziazione dei prodotti e la certificazione dei processi
produttivi( Grandi marchi).
L’industria alimentare stipula contratti di fornitura che indicano le
caratteristiche che devono avere i prodotti per essere acquistati
(esclusione di chi non si adegua).
Controllo e condizionamento della domanda finale da parte della
distribuzione(su ciò che deve essere acquistato quando dove e in che
quantità) che possiamo considerare il referente principale del sistema
alimentare.
Tutto ciò dimostra l’esistenza di obiettivi diversi e interessi contrastanti.
Assenza di una strategia condivisa anche per la influenza delle politiche
agroalimentari pubbliche.
LE DIVERSE STRATEGIE
 La strategia del settore agricolo poggia sulla qualità della materia
prima basata sull’origine
L’origine del prodotto ne determina la qualità, legata al fatto che la sua
qualità dipenda dal luogo in cui viene prodotto.
Le strategie di sviluppo si basano sui marchi d’origine o denominazioni
d’origine.
 La strategia del settore industriale poggia sulla qualità dei processi
produttivi
All’industria non interessa la qualità della materia prima, ma il processo
produttivo che è in funzione delle manipolazioni che subiscono i prodotti
nel processo di trasformazione.
La strategia di sviluppo si basa sulla certificazione di processi
standardizzati e innovativi che soddisfano la qualità igienico sanitaria e
quella nutrizionale.
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 La strategia del settore distributivo poggia sul rapporto
prezzo/qualità
Il rapporto prezzo qualità si basa sull’applicazione da parte della
distribuzione di prezzi in grado di offrire al consumatore un adeguato
assortimento di prodotti.
 Le strategie dei consumatori poggiano su prezzi, reddito disponibile
e preferenze
Ci sono altri fattori che condizionano i consumi alimentari, quelli
richiamati sono quelli che condizionano le scelte individuali: minor prezzo
e minor reddito indirizzano verso scelte di tipo quantitativo ; mentre le
preferenze tendono a manifestarsi una volta superato un determinato
livello di reddito, che consente scelte di tipo qualitativo.
Le preferenze variano nel tempo in funzione degli altri fattori che
condizionano l’assetto socio economico complessivo.
Conclusione: obiettivi diversi e interessi contrastanti legati tra loro e che
dovrebbero trarre profitto dal darsi una strategia comune e non dal
prevalere dell’uno sull’altro.
L’ipotesi di una strategia comune basata sul portare sul mercato più
prodotti italiani ottenuti da materie prime Nazionali e gradite ai nostri
consumatori, è contrastata dall’industria che rifiuta l’etichettatura e dalla
distribuzione che più che la qualità in quanto tale preferisce il rapporto
qualità/prezzo.
ANALISI DEI SISTEMA AGROALIMENTARE: LE POLITICHE
L’attuale assetto del sistema agroalimentare è il frutto delle politiche
portate avanti nel corso del tempo.
 Non hanno consentito di colmare i deficit strutturali
 Ricerca del consenso più che strategie di sviluppo
Permangono i deficit strutturali tra i settori e all’interno di questi.
Consenso attraverso interventi a pioggia che soprattutto nel settore
agricolo hanno riguardato un gran numero di piccole aziende beneficiarie
di interventi pubblici.
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 Non hanno favorito aggregazioni di prodotto nel settore agricolo
L’attuazione della PAC non ha favorito l’aggregazione di prodotto e lo
sviluppo delle aziende agricole.
 Non hanno favorito lo sviluppo dimensionale delle imprese nel
settore agricolo
 politica della produzione orientata dai soggetti
forti(distribuzione);
 politiche pubbliche residuali : tutela del consumatore e antitrust.
La tutela del consumatore ha l’obiettivo di garantire i diritti dei
consumatori nei confronti dei produttori e della salute. L’Antitrust da
parte dell’autorità pubblica con l’obiettivo di evitare che si raggiungano
posizioni troppo spinte di monopolio e oligopolio, dannose sia per i
consumatori che per la concorrenza delle imprese.
LE NECESSITA’ STUTTURALI
­ Necessità di un integrazione più accentuata tra le varie componenti
del sistema e le diverse funzioni svolte;
­ Necessità di aggregazione (strutturale e di prodotto)nel settore
agricolo;
­ Necessità di ridurre gli effetti negativi(posizioni dominanti) del
processo di concentrazione nei settori a monte e a valle di quello
agricolo;
componenti del sistema : integrazione verticale lungo gli stadi della filiera
per efficientare il sistema.
Funzioni svolte all’interno dei singoli settori: integrazione orizzontale tra
le imprese dello stesso settore
L’integrazione si realizza attraverso la definizione di obiettivi comuni e di
complementarietà tra le parti.
Attraverso essa si riduce il margine distributivo: i costi di transazione e di
conseguenza si riducono i prezzi applicato a vantaggio dei consumatori.
Obiettivi comuni per la collaborazione tra imprese: efficientamento del
canale commerciale e riduzione del margine distributivo.
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­ Necessità di valorizzare gli effetti positivi(economie di scala,
rendimenti di scala) della concentrazione.
Gli effetti positivi rappresentati dal conseguire economie di
scala(aumento delle varie capacità dimensionali) e riduzione dei costi
unitari di produzione con conseguente possibile riduzione dei prezzi di
vendita dei prodotti grazie ai minori costi sopportati.
LE NECESSITA’ AGGREGATIVE NEL SETTORE AGRICOLO
Aggregazione vuol dire associarsi . Queste necessità si determinano
quado gli agricoltori non possono o ritengono di fare da soli , o lo
reputano più economico.
La convenienza economica è data dal confronto economico tra investire
da parte del singolo agricoltore(passaggio dalla piccola alla grande
impresa individuale) o associarsi ad altri agricoltori.
Maggior ampiezza nei confronti del mercato che consente una maggiore
remunerazione dei fattori produttivi apportati.
La maggior ampiezza può essere ottenuta investendo o associandosi.
­ Si determinano quando gli agricoltori si associano per fare ciò che
da soli non possono o non ritengono conveniente fare;
­ Attraverso l’associazionismo si realizza una più conveniente
ampiezza dell’impresa individuale per determinati atti produttivi e
di consumo;
­ Rappresenta il tentativo di riequilibrare le forze in campo;
­ La cooperazione rappresenta la principale e più immediata forma di
associazionismo in agricoltura e più in generale nel sistema
agroalimentare;
­ L’associazionismo e quindi la cooperazione hanno un ruolo
strategico sia nell’approvvigionamento dei fattori produttivi sia
nelle diverse fasi di gestione dell’offerta di prodotto.
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LE COOPERATIVE
 L’organizzazione cooperativa mira a creare(per i soci) condizioni più
vantaggiose economicamente di quelle date(che otterrebbero) dal
mercato;
 Attraverso la forma associativa i soci della cooperativa tendono al
raggiungimento dell’organizzazione economicamente più
conveniente.
 Si prefigge come scopo quello mutualistico e non quello del lucro;
Più conveniente dal pov della remunerazione dei fattori della produzione.
Mutualismo: intento di fornire beni ,servizi o occasioni di lavoro
direttamente ai soci a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato.
Lo scopo mutualistico si contrappone a quello di lucro.
Vantaggi della cooperazione : economie di scala e riduzione dei costi
unitari di produzione, migliore utilizzo delle attrezzature, prodotto
migliore, prezzi di vendita più alti.
 La cooperazione a mutualità prevalente gode di agevolazioni fiscali
e tributarie;
La tassazione sugli utili è agevolata tuttavia non sono distribuiti
internamente ma utilizzati per remunerare ulteriormente i fattori
apportati.
 Tratti distintivi: principio democratico, principio della porta aperta,
principio del divieto di redistribuzione tra i soci del patrimonio in
caso di liquidazione.
 Azione politica: cooperazione sia nel Codice Civile e D.L. 14
Dicembre 1947 che nella Costituzione(art.45);
 Necessità di regole amministrative e di controllo indispensabili in
quanto si tratta di un affidamento a terzi dei propri interessi;
 Utile raggiunto attraverso lo sforzo di partecipazione dei soci e non
con metodi imprenditoriali(massima utilità dei fattori produttivi);
 Rappresentano la possibilità concreta di allargare il campo d’azione
degli agricoltori;
 Sono facilitate dall’esistenza di un ambiente favorevole e da un
comune
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sentire(religioso o politico).
Nel cc la cooperazione è definita SOCIETA’ A CAPITALE VARIABILE CON
SCOPI MUTUALISTICI.
Le modiche al d lgs hanno portato alla riduzione della quota di utile da
destinare a riserva e la possibilità di dar luogo a cooperativa a mutualità
prevalente con possibilità di trasformarsi in società di capitali.
Massima utilità dei fattori produttivi=organizzazione efficiente con
riduzione dei costi.
Allargare il proprio campo d’azione appropriandosi di fasi non legate alla
sola produzione ma anche alla trasformazione e alla commercializzazione
del prodotto.
Allargamento del campo d’azione attraverso la vendita dei prodotti
trasformati o l’acquisto dei mezzi tecnici appropriandosi degli utili
destinati ad altre categorie.
Ambiente favorevole e comune sentire : solidarietà, reciproca stima e
fiducia, minor individualismo, minor diffidenza per il prossimo, comune
sentimento sociale o religioso.
Nel caso del liberalismo economico: cooperazione frutto di spontanee
iniziative determinate da precisa convenienza economica.
LE COOPERATIVE DI TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI
Esistono diverse forme di cooperazione che riguardano il settore
agroalimentare . cooperative di distribuzione(soci consumatori, soci
dettaglianti);
­ Funzionamento : al conferimento del prodotto viene consegnato un
acconto (minore del prezzo di mercato) ed alla fine della gestione la
cooperativa chiude il bilancio e l’utile viene diviso tra i soci in
proporzione alla quantità di prodotto conferito;
­ Si sviluppano nel caso di numerosi piccoli produttori slegati tra loro
che trovano vantaggi economici nell’ associarsi;
­ Esistenza di produzioni che si prestano ad essere lavorate
collettivamente;
­ Presuppongono l’esistenza di spirito associativo;
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­ Il loro sviluppo è in funzione della concorrenza esercitata dalle
imprese individuali.
banche di credito cooperativo: riuniscono
LA SITUAZIONE ITALIANA
­ Quasi 6000 Cooperative agricole(in Europa 40.000);
­ 34 Miliardi di Euro di fatturato(3/4 al Nord);
­ Valore del fatturato medio per cooperativa inferiore a quello
Europeo;
­ Quasi 100.000 addetti e quasi 1 milione di soci;
­ Differenze strutturali (produttività e dimensioni economiche)a
livello territoriale tra Nord e Sud;
­ Dualismo strutturale.
In Europa operano circa 40 mila cooperative agricole: le cooperative
incidono per il 60% delle produzioni europee e il 50% degli input.
Differenze strutturali tra Nord e Sud Italia in merito a livello di
produttività e livello di fatturato.
Dualismo strutturale : numerosissime imprese cooperative di minor
dimensione economica che assorbono una piccola parte del fatturato/
L’ASSOCIAZIONISMO: LE ASSOCIAZIONI DI PRODUTTORI
Trattato di Roma: riconoscimento della situazione di svantaggio
competitivo del settore agricolo;
Necessità di una PAC sancita dagli articoli dal 38 al 44 del trattato.
Reg 26/1963: disapplicazione al settore agricolo delle norme sulla
concorrenza contenute nel Trattato se non viene leso quanto indicato
nell’articolo 39;
Situazioni di svantaggio competitivo riconosciute dalla Commissione
attraverso il reg.26/1962 (relativo all’applicazione di alcune regole di
concorrenza alla produzione al commercio dei prodotti agricoli) che
disapplica le norme sulla concorrenza agli accordi, decisioni e pratiche di
imprenditori agricoli favorendo la costituzione di associazioni.
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­ I settori a monte e a valle di quello agricolo non hanno comunque
risentito dell’applicazione delle norme sulla concorrenza(limiti poco
stringenti e oligopoli);
­ L’applicazione del regolamento non ha favorito l’associazionismo
puramente agricolo per di più viziato da concorrenzialità teorica
all’interno del settore.
Le norme sulla concorrenza definiscono incompatibili con il mercato
comune gli accordi tra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e
tutte le pratiche concordate che possono pregiudicare il commercio dei
Paesi membri.
L’applicazione del regolamento non ha favorito l’associazionismo
puramente agricolo per di più viziato da concorrenzialità teorica
all’interno del settore.
Concorrenzialità teorica in quanto non si realizza effettivamente
all’interno del settore agricolo una concorrenzialità di prezzo ma i prezzi
sono imposti esternamente al settore.
L’ASSOCIAZIONISMO AGRICOLO
Le organizzazioni comuni dei mercati (ocm) previste dall’articolo 40 del
Trattato di Roma sono state create nel quadro della PAC.
L’OCM disciplina l’offerta e il commercio dei prodotti agricoli e
rappresenta lo strumento utilizzato per regolare i rapporti esternamente
ed internamente al mercato.
Le OCM coprono circa il 90% della produzione agricola dell’unione.
­ Il Reg.26/1962 è stato oggetto di successive modifiche;
­ Il Reg.1360/78 ha rappresentato il riconoscimento Comunitario
dell’ associazionismo agricolo (Organizzazioni di produttori
agricoli);
­ Ha definito le Organizzazioni di produttori agricoli strumento
chiave attraverso cui intervenire nelle varie fasi di gestione
dell’offerta;
­ Conserva tuttora valore generale in termini di contenuti anche se si
sono avute successivamente altre disposizioni.
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­ Reg.2200/1996(riforma OCM ortofrutta) conferisce alle
Organizzazioni di produttori il ruolo di gestori della politica
Comunitaria di mercato del settore ortofrutticolo;
­ L’esercizio del ruolo di gestori è vincolato dalla quota di prodotto
gestita da ogni associazione su un dato territorio;
­ La quota di prodotto gestita è in funzione di parametri di
significatività delle quote di produzione definiti per non ledere gli
obiettivi indicati nell’art.39 del Trattato;
­ Reg.1182/2007 (nuova riforma OCM ortofrutta)demanda agli Stati
membri il compito di definire i parametri di rappresentatività delle
associazioni e determinarne i requisiti da soddisfare per operare.
L’ASSOCIAZIONISMO AGRICOLO IN ITALIA
­ In Italia l’Associazionismo agricolo è stato oggetto di norme
antecedenti l’istituzione della Comunità Economica
Europea(Consorzi Agrari);
­ Con la legge 674/1978 viene recepito , integrandolo il
reg.1360/1978;
­ Il decreto legislativo n.228/2001 riprende il tema procedendo ad un
riordino della normativa;
 Attualmente l’associazionismo agricolo è disciplinato dal decreto
legislativo 102/2005.
I consorzi agrari sono sorti alla fine dell’800 con il limitato scopo di
facilitare l’acquisto di mezzi di produzione.
Legge 674 definisce le norme sull’associazionismo agricolo.
Articoli dall’uno all’otto disciplinano il funzionamento delle Organizzazioni
dei produttori.
Gli articoli dal 9 al 12 definiscono le modalità di funzionamento delle
intese di filiera e contratti quadro.
L’associazionismo agricolo:D.L.102/2005
 Individua finalità ,forme giuridiche, obblighi statutari, requisiti
minimi da soddisfare per il riconoscimento, programmazione
delle attività, forme di finanziamento;
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In particolare prevede che le Organizzazioni di produttori debbano
avere tra le altre le seguenti finalità(articolo 2):
✓assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della
stessa alla domanda;
✓concentrare l'offerta e commercializzare la produzione degli associati;
✓ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;
✓promuovere pratiche colturali e tecniche produttive rispettose
dell‘ ambiente e del benessere degli animali.
▪ Strumento delle Organizzazioni è il Programma Operativo.
Gestione dell’offerta al fine di adeguarla alla domanda attraverso la
programmazione, concentrazione e commercializzazione incluse le azioni
volte a ridurre i costi di produzione e stabilizzare prezzi, nonché il
coinvolgimento nella gestione delle crisi di mercato al fine di assicurare
trasparenza e regolarità nella formazione dei prezzi.
Adeguamento qualitativo e quantitativo allo scopo di migliorare la qualità
delle produzioni e l’igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque,
dei suoli e del paesaggio e favorire la biodiversità.
Altre finalità dell’art 2.: logistica, tecnologie innovative, favorire l’accesso
a nuovi mercati attraverso l’apertura di sedi e uffici commerciali.
Programma Operativo finanziato con contributi dei soci e intervento
pubblico finalizzato alla valorizzazione della produzione agricola e dal suo
legame con il territorio.
Azioni del programma operativo: miglioramento della qualità, tecniche di
produzione sostenibili, sviluppo di contratti quadro.
 Definisce i requisiti minimi(articolo 3) ai fini del riconoscimento
delegandone l’applicabilità alle Regioni(oggi circa 500 Associazioni
di produttori in Italia) ;
 Obbligo statutario degli associati a vendere almeno il 75% della
propria produzione alla Associazione;
 Devono essere associazioni il cui capitale sia sottoscritto da
agricoltori o da forme associative agricole(società di
agricoltori,cooperative,consorzi, società cooperative);
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 Intese di filiera (articolo 9)hanno l’obiettivo di favorire accordi
approvati dal Ministero tra i componenti della filiera tenendo conto
degli interessi in gioco(integrazione e adozione di modelli
contrattuali da utilizzare per la stipula dei diversi contratti);
 Contratti quadro (articolo 10)sottoscritti nell’ambito di intese di
filiera per singolo prodotto hanno l’obiettivo di favorire la
commercializzazione.
L’art 3 definisce i requisiti minimi : delega alle regione di definire i
parametri di rappresentatività : numero minimo di 5 produttori
nell’organizzazione e avere un volume e valore delle produzioni da
commercializzare inizialmente pari a 3 mln da commercializzare e
vendere.
Le Regioni possono stabilire limiti superiori.
Le intese di filiera (art 9 ) sono stipulate sulla base dei tavoli
agroalimentari istituiti dall’art 20 del d.l. 228/2001.
Integrazione di filiera attraverso la promozione di azioni di varia natura
(valorizzazione del prodotto, rispetto dell’ambiente.
Le intese di filiera sono stipulate dagli organismi maggiormente
rappresentativi.
L’associazionismo agricolo: I Consorzi Agrari
­ Hanno rappresentato la principale organizzazione economica
associativa su base volontaria e legalmente riconosciuta nel settore
agricolo;
­ Sono nati in modo spontaneistico (privati) diffondendosi capillarmente
con il limitato scopo di favorire l’acquisto dei fattori produttivi ;
­ Nel 1892 nasce la Federconsorzi che riunisce tutti i consorzi(rete di
strutture private) dando mezzi e disciplina uniforme ed acquisendo via
via nuove funzioni:
 Produzione ,acquisto e vendita di tutto ciò che può risultare utile
per l’agricoltura;
 Operazioni di ammasso dei prodotti agricoli , loro utilizzazione ,difesa
delle coltivazioni;
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 Operazioni di credito agrario in natura rimandando ad epoche
opportune il pagamento delle merci fornite agli agricoltori;
 Attività di divulgazione agricola.
I CONSORZI AGRARI
­ Nel 1924 quasi mille strutture Consortili private e accrescimento del
ruolo e dei compiti;
­ Legge 159/1939 (controllo pubblico)trasforma i consorzi in Enti
morali sotto controllo pubblico al servizio delle finalità della politica
agraria del governo e li fonde per ogni provincia in unica
organizzazione a sua volta afferente alla Federazione Nazionale;
­ D.L.1235/1948 trasforma i consorzi in soggetto ibrido con
restituzione della forma giuridica privata e funzioni di interesse
pubblico (intervento sui mercati agricoli):Società cooperativa
inquadrata al di fuori dell’ambito della cooperazione ordinaria;
­ Maggio 1991: dissesto finanziario e commissariamento;
­ Legge 410/1999: riordino delle strutture.
Soggetto ibrido né pubblico né privato.
Forma giuridica assimilabile ad una società cooperativa a responsabilità
limitata.
Svolgimento di funzioni sulla base di finanziamenti pubblici.
Dissesto finanziario provocato dalla concessione di finanziamenti non
coperti da garanzia(condanna del sistema bancario per la concessione di
finanziamenti senza garanzia) con conseguente revoca dei fisi bancari e
commissariamento.
I Consorzi Agrari:la legge 410/1999
­ Modifica la natura giuridica dei Consorzi(attività di cooperazione
ordinaria);
­ Semplifica l’emanazione di norme successive atte a favorire il
ritorno alla amministrazione ordinaria o alla
liquidazione( accorpamenti, fusioni);
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­ Riconosce i crediti vantati nei confronti dello Stato (ammassi
volontari);
­ Degli 89 consorzi titolari di crediti solo 21 erano in amministrazione
ordinaria;
­ Le strutture consortili oggi esistenti a seguito del processo di
riorganizzazione sono 31( solo 4 nell’Italia Meridionale).
Emanazione di norme successive tese al rientro dei consorzi in
amministrazione ordinaria o alla loro liquidazione (accorpamenti, fusioni).
Realtà territorialmente ampie e solide nelle Regioni centro-settentrionali.
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