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Vita naturale, vita artificiale
Psicologia clinica (Università degli Studi di Catania)
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VITA NATURALE, VITA ARTIFICIALE
INTRODUZIONE
L'Artificial Intelligence si è proposta di comprendere la mente naturale simulandone i funzionamenti
interni e le comunicazioni con l'ambiente esterno. Lo scopo ultimo non può essere solo la riproduzione
delle componenti intellettive della vita mentale reale, ma deve estendersi agli aspetti adattivi, emotivi e
relazionali di essa. Ci si avvale di algoritmi genetici ispirati all'evoluzione naturale, ai principi darwinisti
della selezione e ai meccanismi di riproduzione e di mutazione. Questa modalità di computazione valuta
le capacità di realizzare l'adattamento.
Le strategie di riproduzione artificiale della vita possono realizzare una genetica ottimale, generando
popolazioni di organismi che apprendono e si riproducono in uno specifico ambiente, selezionandosi in
base alle capacità di adattarsi ad esso.
Diverso è tentare di riprodurre attività che caratterizzano lo sviluppo tipicamente umano: percezione
sensoriale, coordinamento senso-motorio, riconoscimento di immagini e parole, individuazione delle
emozioni appropriate ad un contesto, in definitiva la capacità di adattamento in senso ontogenetico, cioè
del singolo individuo in rapporto al proprio ambiente.
Entrano in gioco le esperienze dell'organismo e gli apprendimenti che vanno simulati mediante tecniche
quali le "reti neurali artificiali" capaci di riprodurre il funzionamento dei sistemi psicobiologici sui quali
l'apprendimento è basato. Le reti neurali regolano gli organismi artificiali in grado di sviluppare capacità
di elaborazione di dati e comportamenti adattivi.
Si deve tener conto delle influenze reciproche tra gli organismi che condividono l'ambiente includendo
gli aspetti emotivi e corporei. La scienza cognitiva neurale deve includere tutte le componenti adattive e
sociali che dell'intelligenza oggi sono considerate parti essenziali.
La "vita artificiale", ultima frontiera dell'Artificial Intelligence, comporta la costruzione di organismi
paragonabili ad essere viventi, in grado non solo di replicarsi geneticamente in modo ottimale, ma di
sopravvivere, riprodursi e sviluppare autonomamente funzioni cognitive e sociali complesse.
Nel simulare la vita vanno implementati gli atteggiamenti, le relazioni interpersonali e di gruppo, le
teorie della mente e i fenomeni empatici o di pregiudizio, i valori di cooperazione o competizione, i
processi che servono all'auto-regolazione, i legami e i conflitti, tenendone anche in considerazione
presupposti biologici come suggerito alle "neuroscienze sociali". Si parla oggi di "mente estesa",
allargata all'ambiente con cui la mente ha scambi continui e vitali di cui si deve tener conto quando si
tenta di riprodurre i fenomeni del mondo in sistemi artificiali come i robot e gli automi.
CAPITOLO 1 LE RETI NEURALI ARTIFICIALI RIPRODUCONO LA VITA?
1. Cos'è una rete neurale artificiale?
Una rete neurale, o neuronale, artificiale (ANN, Artificial Neural Network) è un modello per
l'elaborazione dell'informazione ispirato dalle reti neurali biologiche, delle quali imitano le proprietà
delle cellule neuronali e delle complesse organizzazioni dei sistemi di recettori ed effettori in grado di
assicurare l'adattamento all'ambiente. Sono state sviluppate come generalizzazioni dei modelli
matematici della cognizione umana o della biologia e sono basate sui seguenti assunti:
 l'elaborazione dell'informazione avviene tramite singoli elementi denominati neuroni, operanti in
parallelo;
 i dati sono trasmessi tra i singoli neuroni tramite una rete di interconnessioni sotto forma di
numeri reali compresi nell'intervello (-1; +1);
 ogni connessione (sinapsi) tra due neuroni ha associato un peso che influenza il dato. Il peso è un
numero reale compreso nell'intervallo (-1;+1) che moltiplica il dato che viene trasmesso,
modificando il valore ricevuto dal neurone di destinazione;
 ogni neurone applica ai dati un'operazione di aggregazione (somma) e il valore risultante viene
elaborato da una funzione di attivazione (non lineare) che restituisce il suo valore di uscita
(output).
Una rete neurale artificiale è quindi caratterizzata: dall'insieme e dalle modalità di interconnessione tra i
neuroni che la compongono (architettura), da metodo utilizzato per determinare i pesi delle connessioni
(algoritmo di apprendimento), dalle funzioni di attivazione dei neuroni.
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Per riprodurre l'attivazione biologica la rete neurale deve funzionare diversamente dai calcolatori
tradizionali. Il Neural Network deve operare in parallelo: "in rete", come l'insieme dei neuroni e delle
sinapsi del cervello, dove l'apprendimento è costituito dalle modificazioni delle connessioni sinaptiche.
L'informazione è "distribuita" in parallelo nel sistema.
2. Storia delle "reti" e paradigmi di apprendimento
Lo studio delle reti neurali è un campo fortemente inter-disciplinare. La fedeltà del modello alle
proprietà biologiche che lo ispirano è variabile. Vi è una grande varietà di soluzioni per definire le
architetture, algoritmi di apprendimento e funzioni di attivazione, ognuna delle quali ha uno specifico
campo di applicazione. Il neurone artificiale proposto da McCulloch e Pitts è la prima presentazione di
un modello matematico ispirato alle reti neurali. I due ricercatori hanno riconosciuto la possibilità di
combinare singoli neuroni in un sistema interconnesso ottenendo così un incremento della potenza
computazionale.
Le prime ipotesi furono introdotte da Hebb che propose di basare l'algoritmo di apprendimento sulla
capacità del cervello umano di aumentare la forza dei collegamenti tra neuroni in base alla frequenza
con cui questi si attivano simultaneamente. Hebb propose di aumentare il valore del peso associato ad
una connessione tra due neuroni ogni volta che questi si attivano.
Rosenblatt introdusse e sviluppò il concetto di rete neurale artificiale in grado di apprendere. Il suo
schema di rete neurale, basato sui percettroni costituisce un progresso rispetto al modello binario di
McCulloch ee Pitts, perchè i suoi pesi sinaptici sono variabili e quindi il percettrone è in grado di
apprendere mediante una regola di apprendimento che garantisce maggiori possibilità di applicazione.
Le reti di percettroni sono però efficaci se gli insiemi da classificare sono separabili linearmente. Uno
dei metodi più noti per l'addestramento delle reti neurali è l'algoritmo di retro-propagazione dell'errore
pubblicizzato dal Parallel Distributed Processing Group di California. L'algoritmo di retro-propagazione
dell'errore modifica sistematicamente i pesi delle connessioni tra i nodi partendo dall'errore di
adattamento. Sono state presentate molte varianti dell'algoritmo.
Gli algoritmi di back-propagation fanno parte delle tecniche d'apprendimento supervisionato basati sulla
presentazione di coppie di valori input-output (detto insieme di apprendimento o training set) cioè
esempi del sistema che si vuole modellare con la rete neurale artificiale. Il compito della rete è di
ricostruire la relazione incognita che lega le variabili d'ingresso a quelle d'uscita per essere poi in grado
di fare previsioni anche per quei valori d'ingresso per cui non è nota l'uscita. È usato per risolvere
problemi di classificazione o approssimazione di funzioni.
Nel modello di rete "ricorsivo" (RNN,Recurrent Neural Network) gli output dipendono non dagli input e
dal feedback retroattivo ma anche dallo stato "interno" determinato dai feedback che la stessa rete è in
grado di darsi nel processo di auto-apprendimento e auto-regolazione.
Un esempio di stati temporalmente diversi è nel modello di Elman in cui la rete tiene conto dei suoi stati
precedenti, con possibilità di simulare la memoria di quanto è stato appreso in passato, usando questi
"ricordi" per elaborare successivi input.
Altri due paradigmi di apprendimento possono essere utilizzati per modificare i pesi di una rete neurale
artificiale: "non supervisionato" e "per rinforzo". Il primo ha lo scopo di trovare una struttura all'interno
di un insieme di dati che costituiscono il solo ingresso della rete mentre l'uscita non è nota o prevedibile
a priori. Un esempio di questo tipo di apprendimento sono le mappe auto-organizzanti introdotte da
Kohonen nel 1982. Queste reti modellano alcune funzionalità tipiche della corteccia cerebrale del
cervello umano per l'elaborazione d'informazioni visive, uditive e sensoriali. Sono usate per risolvere
problemi di clustering cioè di raggruppamento significativo di dati. Il secondo simula quei metodi di
addestramento in cui le prestazioni del sistema sono valutate da un agente esterno che assegna una
"ricompensa" agli aggiornamenti che producono variazioni positive (rinforzo). Il più diffuso è il QLearning, introdotto da Watkins che fa uso di un rinforzo con premio "scontato" e costituisce un
"rinforzo di base". Le reti sono capaci di riconoscere stimoli diversi rispetto a quelli con cui sono state
addestrate: fenomeno che riproduce i processi di generalizzazione, cioè di estensione delle applicazioni
tipiche dell'apprendimento di organismi viventi.
3. Esempi di applicazione
Le reti neurali artificiali sono usate in diverse aree. I sistemi basati sul neurone di McCulloch e Pitts
hanno avuto un buon successo in elettronica e nei circuiti logici.
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Un'altra applicazione è il controllo di sistemi complessi e non-lineari.
Le tipologie di sistemi controllati sono le più varie e note da tempo: dai manipolatori per robot ai veicoli
commerciali. Un altro esempio sono le applicazioni di data mining, mediante le quali si estraggono
informazioni o conoscenze da grandi quantità di dati: previsioni meteorologiche, competizioni nei
sistemi biologici, economia.
Un campo in cui le reti neurali hanno avuto molto successo è la classificazione di dati complessi, come
nel riconoscimento di pattern ovvero l'individuazione di regolarità in sistemi di dati complessi,
applicabile in etologia, psichiatria, informatica, scienze cognitive:
 l'elaborazione di segnali biomedici all'identificazione della diagnosi e del relativo trattamento;
 la stima del QI di soggetti con ritardo mentale;
 la digitalizzazione di testi manoscritti;
 il riconoscimento di volti;
 la comprensione del linguaggio parlato.
Tra le applicazioni di questi modelli stanno diventando popolari le architetture e algoritmi di
"apprendimento approfondito" che rappresentano un nuovo approccio per la classificazione automatica
gerarchica di pattern e per l'apprendimento di rappresentazioni in cui i concetti di più basso livello
permettono di definire quelli di livello più elevato.
Le "reti di credenze profonde" sono utilizzate in campi quali computer vision, il riconoscimento vocale
automatico, l'elaborazione del linguaggio naturale, il riconoscimento di azioni umane e la ricerca di
immagini di Google.
4. Le reti neurali possono simulare la vita?
Se gli organismi artificiali possono apprendere ed auto-orientarsi come gli organismi viventi, senza
dipendere da input esterni in fasi successive a quelle iniziali, si può realizzare un'autonomia e un autocontrollo che meglio si prestano alla simulazione della vita.
CAPITOLO 2 RIPRODURRE LA VITA, TRA FILOGENESI E ONTOGENESI
1. Verso la complessità della vita: la mente artificiale include il corpo
Le teorie della embodied cognition (cognizione incorporata) hanno precisato che cognizione e pensiero
non stanno solo nel cervello e quindi sono indipendenti dal corpo, ma anzi è proprio questo che attiva e
arricchisce le capacità cognitive. Si può sostenere che in questo interscambio continuo fra cervello e
corporeità si crea l'intelligenza.
Al sistema mentale artificiale, guidato dalle reti neurali, la robotica è in grado di aggiungere il supporto
del corpo: strumento che attiva e potenzia le capacità cognitive, ne favorisce o limite le espressioni. Per
questo diventa utile implementare robot, agenti artificiali dotati di corpo, capaci di riprodurre modelli
comportamentali "intelligenti" (cioè adattivi) e azioni finalizzate e complesse. Secondo la robotica
autonoma agenti dotati di corpo, situati in ambienti fisici con cui interagire, possono usare sistemi
interni di rilevamento e di controllo simili a quelli del sistema nervoso umano per svolgere attività
prolungate senza interventi esterni. Mentre nella robotica "esterna" il controllo delle interazioni simulate
sono di tipo fisico, il modello "interno" della robotica prevede che il controllo delle interazioni con
l'ambiente sociale sia simulata da quella del sistema neurale.
2. Robotica evoluzionista e robotica dello sviluppo
è essenziale la distinzione fra la robotica evoluzionista e la robotica dello sviluppo.
L'ottica evoluzionista-filogenetica simula gli aspetti di origine e sviluppo della vita e quelli
dell'epigenesi. Viene generata sperimentalmente una prima popolazione di robot, con genomi simulati e
reti neurali di partenza che assumono valori casuali. Prelevando i geni dai robot che hanno ottenuto le
prestazioni migliori incrociando tra loro questi "sopravvissuti" si crea una generazione più evoluta che
viene valutata e incrociata, finché si ottiene una generazione capace di svolgere il compito nel modo
sempre più adattivo possibile. Si producono robot capaci di comportamenti "intelligenti" e adattivi
acquisendo comportamenti altamente sociali come cooperare per fini condivisi e attuare comportamenti
"altruistici", contribuendo al miglioramento della specie.
Recentemente nei modelli artificiali è stata affrontata l'interazione tra aspetti filogenetici e ontogenetici.
Viene dedicata maggiore attenzione ai cambiamenti ontogenetici e maturativi.
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È stata presa in esame l'evoluzione in robot che simulano feti e neonati. Il modello di Mori e Kuniyoshi
ha studiato come si evolve la struttura senso-motoria del feto. I modelli offrono uno strumento di ricerca
robotica evolutiva utile per studiare lo sviluppo senso-motorio prenatale.
La robotica dello sviluppo è l'approccio interdisciplinare alla progettazione delle capacità
comportamentali e cognitive in agenti artificiali che prende ispirazione direttamente da principi di
sviluppo e i meccanismi osservati nei sistemi cognitivi e motori naturali, come quelli dei bambini. Il
robot, utilizzando una serie di principi di sviluppo intrinseci che regolano l'interazione tra il corpo e il
cervello e il suo ambiente, può acquisire un insieme sempre più complesso di capacità mentali e
sensomotorie. La natura embodied della robotica induce la maggior parte dei modelli di sviluppo ad
enfatizzare il ruolo dell'interazione fisica con l'ambiente. Uno dei principali esempi di studi di robotica
dello sviluppo che dimostrano l'emergere di cambiamenti qualitativi e non lineari da interazioni
evolutive. I risultati di esperimenti con una testa robotica hanno mostrato l'emergere e la sequenza dei
tre stadi di attenzione. Nella fase iniziale "ecologica" l'agente artificiale può solo guardare gli oggetti
visibili all'interno del proprio campo visivo. Nella seconda fase si raggiungono forme di attenzione
congiunta portando l'attenzione su posizioni al di fuori della sua vista. Nella fase finale, l'organismo
artificiale mostra attenzione congiunta in tutte le prove e le posizioni.
La transizione fra le fasi è il risultato di cambiamenti nello sviluppo neurale e nell'architettura di
apprendimento del robot e nell'interazione con l'ambiente.
3. Verso un apprendimento aperto e cumulativo
La maggioranza dei modelli artificiali si sono concentrati sulla simulazione di singole abilità sensomotorie o cognitive, isolate tra loro. Più difficile è simulare l'intero spettro integrato di comportamenti di
locomozione e manipolazione.
Esistono anche tentativi di guardare al ruolo cumulativo dell'acquisizione di molteplici competenze in
relazione al successivo apprendimento di abilità cognitive di ordine superiore. I movimenti di
esplorazione motoria, inizialmente scoordinati (definiti motor babbling) forniscono un bootstrap
(processo che una volta avviato si sostiene e implementa da sé a prescindere da stimoli esterni) per
imparare ad afferrare.
Negli esperimenti sulla natura embodied dell'apprendimento dei numeri, l'addestramento preliminare del
robot su semplici compiti di "motor babbling" permette al suo sistema di controllo neurale di sviluppare
una successiva associazione tra rappresentazioni spaziali destra-sinistra e numeri di differenti
dimensioni.
I modelli di apprendimento aperto e continuo derivano dall'implementazione di architetture cognitive
"emergentiste", che mirano alla progettazione di modelli computazionali a finalizzazione ampia e
generale, in grado di catturare la struttura essenziale dei processi di cognizione. Un esempio è il modello
dello sguardo e dell'attenzione condivisa. Alcune architetture artificiali dello sviluppo cognitivo, tra cui
il robot iCub, mirano a una considerazione più completa delle principali abilità funzionali e offrono
quindi un approccio più promettente per modellare un apprendimento aperto e cumulativo nei robot.
Il problema più rilevante in questo campo di ricerca è l'integrazione di modelli di apprendimento
evolutivo separati - riguardanti abilità sensoriali, motorie, linguistiche e di ragionamento - in un unico
agente cognitivo. Un modo per affrontare questo problema è l'addestramento incrementale dei sistemi di
controllo del robot ad apprendere abilità di crescente complessità.
Lo stesso robot dovrebbe essere in grado di integrare abilità lessicali, semantiche e grammaticali con
rappresentazioni senso-motorie, seguendo una teoria embodied dello sviluppo del linguaggio.
4. Anche l'apprendimento artificiale può essere "motivato"
La "motivazione intrinseca" è una questione centrale nella simulazione della vita reale. Una volta che un
robot internamente auto-regolato raggiunge la padronanza in un settore, può poi spostare l'attenzione
verso nuove caratteristiche dell'ambiente o nuove competenze grazie alle sue capacità di esplorare, di
scoprire novità, e di prevedere i cambiamenti, come scopi generali del proprio funzionamento. La
ricerca sulla motivazione intrinseca è basata sull'apprendimento gerarchico e cumulativo. Molte
competenze sono acquisite per divertimento o per gioco, per esplorare l'ambiente; ma queste stesse
competenze vengono poi riprese e riutilizzate come componenti all'interno di comportamenti più
complessi, per esempio legati alla sopravvivenza. Un altro esempio di sviluppo e di apprendimento
aperto e cumulativo deriva da esperimenti di interazione a lungo termine uomo-robot in una "scuola
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dell'infanzia artificiale per robot". In uno di questi studi un robot-alunno interagisce con uno
sperimentatore, che insegna al robot nomi di oggetti durante sedute di apprendimento. Alcuni studiosi
hanno implementato un robot "studente virtuale" in crescita in ambienti di apprendimento in età sia
prescolare che scolare.
In questi casi è essenziale la motivazione intrinseca ad apprendere da parte dell'agente artificiale: solo
così è possibile simulare la complessità della vita dello studente.
5. Le sfide future
La progettazione di metodologie di apprendimento interattive e a lungo termine per i robot costituisce
un passo fondamentale per tentare di integrare competenze sempre più complesse e verificarne il
conseguente bootstrap rispetto ad altri aspetti del sistema cognitivo.
Questa sfida segna già alcuni punti di successo.
1. L'interazione tra i meccanismi evoluzionisti e ontogenetici ha condotto ad utili progressi. La
combinazione di algoritmi evoluzionisti e di sviluppo permette la ricerca sull'adattamento co-evolutivo
dei sistemi cervello-corpo, la costruzione e l'integrazione di modelli dei cambiamenti morfologici
nell'ontogenesi. I cosiddetti modelli evo-devo, che fondono insieme evolutionary e developmental,
possono rivolgersi alle interazioni tra il cervello e il corpo e tra i cambiamenti filogenetici e
ontogenetici.
2. Le piattaforme robotiche "antropo-mimetiche" basate su adeguati materiali ed effettori muscoloscheletrici forniscono principi e strategie che possono essere utilizzati per riprodurre meglio le fasi
precoci di sviluppo senso-motorio.
3. La ricerca sulla "robotica flessibile" può contribuire alla comprensione della natura complessa e
dinamica dell'adattamento corpo-cervello e dei cambiamenti morfologici.
4. Un'altra area di potenziale progresso in questo campo proviene dallo sviluppo di robot modulari,
riconfigurabili, come nei modelli capaci di auto-riparazione ed in grado di cambiare la propria forma,
riorganizzando le connessioni delle loro parti del corpo per rispondere ai cambiamenti e alle richieste
ambientali.
6. La costruzione del simbolico: verso il fondamento della vita umana
La robotica "evoluzionista" attenta alla filogenesi, si integra nell'attuale ricerca con la robotica "dello
sviluppo", che usa approcci interdisciplinari per la progettazione di capacità comportamentali e
cognitive autonome in agenti artificiali, basandosi su principi e meccanismi osservati nello sviluppo
ontogenetico dei sistemi naturali. La ricerca simulativa in quest'ambito si è concentrata sull'interazione
tra il bambino-robot che si evolve e il suo ambiente fisico e sociale.
Pertanto passi di interazione e integrazione fra psicologia e robotica sono essenziali per rappresentare la
vita, tra naturale ed artificiale, in modo adeguato alla sua complessità.
La robotica fornisce un importante strumento per affrontare il symbol grounding problem nella
modellazione cognitiva e nei sistemi cognitivi artificiali: un notevole contributo alla simulazione della
vita nei suoi aspetti più simbolici, e quindi più culturali e sociali.
CAPITOLO 3 SVILUPPO LINGUISTICO, TRA NATURALE E ARTIFICIALE
1. Modelli artificiali dello sviluppo linguistico
Le indagini sui processi coinvolti nell'apprendimento linguistico dei bambini hanno svolto un ruolo
importante nella storia delle scienze cognitive. Diversi sono i meccanismi che si ipotizza giocherebbero
un ruolo importante nelle fasi iniziali dell'apprendimento delle prime parole, e che servirebbero da guida
durante il processo. Tracciare un unico modello teorico che spieghi come i bambini imparano il
significato delle parole continua ad essere una sfida.
I modelli computazionali hanno giocato un ruolo rilevante nella conferma e nella validazione delle
ipotesi che tentano di spiegare l'apprendimento delle prime parole. Il loro utilizzo consente di tradurre
concetti teorici spesso troppo vaghi o poco dettagliati in operazioni dettagliate, chiare e non ambigue, in
modo da poter essere implementate in un programma per computer. I modelli computazionali sono in
grado di replicare fenomeni comportamentali e cognitivi noti, compresi la riproduzione di errori e di
deficit, e spesso possono essere utilizzati per perfezionare le teorie psicologiche stesse.
2. Fenomeni ricorrenti nell'apprendimento delle prime parole
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Numerosi psicologi dello sviluppo hanno studiato come i bambini imparano le prime parole. Essi hanno
osservato una serie di pattern (intesi come fenomeni o comportamenti ricorrenti), nel comportamento
linguistico di bambini di culture e lingue diverse. Uno di questi pattern o fenomeni riguarda una
variazione nel tasso con il quale i bambini aggiungono nuove parole. L'apprendimento del primo lessico
comincia con i bambini di 12-16 mesi di età aggiungendo 2-3 parole a settimana, poi diventa sempre più
veloce, con i bambini da 18 a 22 mesi di età apprendendo intorno alle 10-40 parole a settimana. Questo
fenomeno è conosciuto come il vocabulary spurt. Un altro fenomeno ricorrente è il modo in cui i
bambini di età inferiore ai due anni possono rapidamente "mappare" o associare una parola a un nuovo
oggetto in presenza di altri oggetti familiari, un fenomeno conosciuto come fast mapping. Un altro
pattern è la difficoltà che i bambini hanno nell'associare un secondo termine a un oggetto per il quale
hanno già imparato il nome.
I bambini, man mano che crescono e il loro cervello matura, diventano "parolieri" efficienti in un mondo
pieno di suoni ambigui a cui attribuire un significato.
Questo problema è conosciuto come il problema dell'incertezza referenziale. Non tutte le parole sono
uguali, alcune si riferiscono a cose nel "qui e ora" dell'esperienza del bambino, a eventi o scene
osservabili. Altre, non sono percepibili, e non possono essere associate a qualcosa osservabile
nell'ambiente.
L'imparare a riconoscere gli oggetti e le parole a loro associate, coinvolge non un solo processo, ma
tanti, e che questi cambiano lungo il percorso dello sviluppo del bambino. Le fasi iniziali sono
caratterizzate dall'utilizzo di meccanismi diversi a quelli che saranno utilizzati nelle fasi successive
dell'apprendimento linguistico.
3. I meccanismi dell'apprendimento del primo linguaggio
Alcuni studiosi ritengono che le prime fasi dell'apprendimento delle parole siano basate sul semplice
apprendimento associativo. Un bambino associa una parola con un oggetto o concetto dopo aver
ripetutamente sentito la parola usata in presenza di tale oggetto o concetto.
Secondo questi studi i processi coinvolti non sarebbero proprio specifici al linguaggio ed emergerebbero
come il risultato naturale dello sviluppo del cervello del bambino. Altri ancora, credono che i bambini
impiegherebbero risorse statistiche e computazionali nel loro apprendimento delle prime parole.
Un altro meccanismo che è stato proposto come base dell'associazione di parole a significati è quello
dell'apprendimento cross-referenziale. I bambini imparano il significato delle parole, osservando le
regolarità presenti in diverse situazioni in cui è utilizzata una parola.
In aggiunta a questi meccanismi, i bambini potrebbero contare anche su meccanismi più specializzati
sotto forma di propensioni sistematiche (bias) e/o vincoli mentali che guiderebbero la loro attenzione.
Alcuni esempi di questi bias sono il Whole Object Bias (cioè la tendenza del bambino a credere che una
nuova etichetta o parola si riferisca all'intero oggetto piuttosto che alle sue parti, come ad esempio il
colore; e lo Shape Bias (tendenza del bambino di generalizzare una nuova etichetta o parola associata ad
un oggetto, ad un nuovo oggetto di forma uguale o simile).
Questi vincoli mentali spiegherebbero alcuni dei fenomeni osservati in bambini di diverse culture e
lingue. Per esempio il Fast-Mapping potrebbe essere spiegato con il Mutual Exclusivity Principle o il
principio dell'esclusività reciproca dei significati delle parole: il presupposto che ha il bambino che una
sola etichetta può essere applicata ad un oggetto.
4. Esempi di modelli dell'apprendimento delle prime parole
I primi modelli computazionali che cercavano di simulare i processi legati all'apprendimento del
linguaggio utilizzavano programmi informatici che erano versioni semplificate delle funzioni allora
conosciute dei circuiti cerebrali. Questi modelli, noti come reti neurali artificiali o modelli
connessionisti, sono costituiti da molte unità semplici di elaborazione (o neuroni), di solito organizzati
in strati, interconnessi tramite collegamenti. L'apprendimento avviene quando i pesi (o forze) delle
connessioni tra i neuroni cambiano nel tempo per migliorare le prestazioni del modello e ridurre il tasso
di errore complessivo. I processi cognitivi sono rappresentati come vettori numerici, le cui dimensioni
corrispondono a unità di input.
L'apprendimento del linguaggio è stato più comunemente modellato utilizzando reti a più strati.
Le reti ricorsive semplici (Simple Recurrent Networks o SRNS) sono reti ulteriormente specializzate per
modellare il linguaggio, attraverso una serie aggiuntiva di nodi in grado di simulare la memoria per
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quello che è stato appreso prima, al fine di utilizzare queste informazioni per elaborare l'input
successivo. Le SRNS sono ancora oggi utilizzate dai ricercatori che studiano l'apprendimento del
linguaggio con modelli computazionali, ma sono stati anche sviluppati diversi nuovi modelli con gradi
di complessità maggiore.
Le reti neurali artificiali sono esempi di modelli disembodied o disincarnati, in quanto non sono
incorporati in una forma fisica e non prendono in considerazione il ruolo che l'avere un corpo fisico
potrebbe svolgere riguardo agli aspetti della cognizione ed ai processi che queste reti cercano di
simulare.
Il nuovo paradigma che è emerso nelle scienze cognitive negli ultimi dieci anni, che invece prende in
considerazione questi aspetti nelle sue indagini su come funziona la cognizione umana e animale, è
conosciuto come embodied cognition o cognizione incarnata. Questo paradigma vede la cognizione
come "profondamente dipendente dal corpo fisico di un agente. Il campo della robotica è utile a testare
le teorie dell'embodied cognition, data l'attenzione che questo paradigma pone sui fenomeni percettivi e
motori. Gli approcci robotici per la modellizzazione di fenomeni comportamentali e cognitivi sono
chiamati "robotica cognitiva" e includono una varietà di metodi come la robotica evoluzionista
(Evolutionary Robotics), per modellare i fenomeni evolutivi filogenetici, la robotica dello sviluppo
(Developmental Robotics), per modellare i fenomeni dell'apprendimento tipici delle fasi dell'età dello
sviluppo, e NeuroRobotics, per un focus sul controllo neurale del comportamento.
5. Simulazione dell'apprendimento delle prime parole: esempi di approcci "disembodied"
Le sfide che l'apprendimento di nuove parole presenta al bambino non sono banali. I bambini devono
capire come i suoni che sentono sono legati non solo agli esseri viventi, agli oggetti e alle azioni del
mondo che li circonda, ma anche come questi suoni o parole sono legati tra di loro. La simulazione
mediante le reti neurali artificiali si è dimostrata molto utile nella comprensione di queste
problematiche.
I loro limiti sono legati alla plausibilità biologica degli approcci matematici utilizzati e/o il realismo
degli stimoli. Vi sono diversi modelli che sono stati utilizzati per studiare e simulare gli aspetti
dell'apprendimento del linguaggio. Un esempio è un modello di reti neurali artificiali basato su una
gerarchia di mappe che simulano processi corticali di auto-organizzazione, al fine di analizzare
l'apprendimento dei nomi degli oggetti grazie solo alle esperienze visive e uditive. Questo modello,
riproduce caratteristiche osservate nello sviluppo del linguaggio infantile, come ad esempio il fast
mapping. Inizialmente il modello apprende le etichette o i nomi degli oggetti con precisione, ma non le
parole che si riferiscono a una proprietà dell'oggetto. Successivamente, l'accuratezza del modello
nell'apprendere i termini relativi alle proprietà degli oggetti - come il colore - migliora, nel momento in
cui è potenziata la memoria di lavoro e man mano che matura il cervello.
Un approccio simile è un modello basato sulle mappe auto-organizzanti standard e riproduce aspetti
interessanti come i lapsus e gli errori di pronuncia.
Il modello simula la tendenza nei bambini di estendere il nome di un oggetti ad altri oggetti di forma
simile o uguale. Un modello molto conosciuto è il Competition Model: anch'esso simula fenomeni
osservati nei bambini nelle prime fasi dell'apprendimento delle parole, come ad esempio l'effetto del
Mutual Exclusivity (riluttanza ad apprendere ulteriori nomi per gli oggetti in cui nomi conoscono già). Il
modello sostiene l'idea che è grazie alla crescente esposizione al linguaggio e alle sue esperienze con
esso, che il bambino raggiunge una comprensione sempre più completa delle sfumature del significato
delle parole e delle frasi della sua lingua.
Tutti i modelli di stampo connessionista sono esempi di un approccio disembodied alla modellazione di
questi processi.
6. Simulazione dell'apprendimento delle parole numeriche: un esempio "embodied"
Studi incentrati su come i bambini apprendono le parole e i concetti astratti, indicano che sia le
rappresentazioni senso-motorie che quelle linguistiche giocano un ruolo nella rappresentazione
concettuale. Le parole di colore e i numeri potrebbero essere considerate un tipo particolare di parole
astratte. Teorie come la Language and Situated Simulation Theory (LASS) e la Words as Tools Theory
(WAT) hanno sostenuto e fornito prove sul ruolo sinergico che il linguaggio e l'esperienza sensomotoria
giocano nell'acquisizione di concetti astratti, e su quanto sia importante la modalità con cui si imparano
le parole. Un simulatore del robot iCub (un programma virtuale che riproduce un robot con la struttura
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fisica di un bambino di circa tre anni) e un vero e proprio robot iCub fisico sono stati usati per riprodurre
gli aspetti dei processi che stanno dietro l'apprendimento delle parole riguardanti i numeri. Le parole di
numero sentite più volte, quando appaiate con l'esperienza di muovere le dita nell'atto di contare
costituiscono tags ( identificatore o etichetta associato ad un elemento di informazione rendendone
possibile la classificazione e il riconoscimento come stimolo-chiave) e servono come cognitive tools per
essere successivamente utilizzate dal robot per manipolare le quantità che vengono a rappresentare nella
sua "mente". Il paradigma di Developmental Robotics è stato utilizzato per esplorare se il conteggio
delle dita e l'associazione delle parole di numero ( o tag) a ogni dito possono servire a creare le basi per
una rappresentazione di numero in un robot cognitivo.
Le condizioni sono:
a. condizione solo uditiva, cioè quando il robot impara esclusivamente ad ascoltare e ripetere la
sequenza delle parole di numero;
b. condizione uditiva + dita, cioè quando il robot contemporaneamente ascolta e apprende la sequenza
delle parole di numero insieme alla sequenza delle dita in movimento.
I risultati ottenuti mostrano che per iCub apprendere le sequenze delle parole numeriche insieme alle
sequenze motorie delle dita, aiuta nella costruzione rapida di una iniziale rappresentazione di numero
nel robot.
Nella condizione uditiva + dita, le parole di numero, ascoltate ripetutamente, quando accoppiate con
l'esperienza di muovere le dita servono come cognitive tools, successivamente utilizzate nella
manipolazione delle quantità che rappresentano.
I risultati degli studi che utilizzano modelli embodied con i robot come que llo descritto sopra,
potrebbero avere implicazioni nelle indagini che studiano il ruolo delle strategie motorie nell'educazione
matematica.
Gli esperimenti dimostrano che quando il robot impara a contare con le dita, utilizzando i tag verbali
(come per le parole che rappresentano numeri), le sue capacità numeriche e aritmetiche migliorano
come conseguenza di una più efficace rappresentazione interna della quantificazione.
Il conteggio delle dita gioca un ruolo funzionale importante nell'acquisizione di una serie di principi
ritenuti necessari affinché i bambini raggiungano la comprensione dei numeri.
7. Spiegare, e implementare, processi cognitivi complessi
Gli esperimenti con modelli computazionali e robotici mostrano l'utilità che gli approcci della
modellazione computazionale hanno nelle indagini che cercano di spiegare processi cognitivi complessi
come quelli coinvolti nell'apprendimento delle prime parole e i concetti astratti.
Nonostante ciò, per quanto riguarda l'apprendimento del linguaggio nei bambini, molto resta ancora da
studiare e conoscere sui precisi meccanismi su cui esso è basato.
CAPITOLO 4 PSICOLOGIA SINTETICA, VITA ARTIFICIALE E TECNOLOGIE
1. Simulazione e vita artificiale
La "psicologia sintetica" viene divulgata e resa nota nel 1984 da Braitenberg in una pubblicazione
intitolata I veicoli pensanti: Saggio di psicologia sintetica. Nel 1939 Tolman, per spiegare dei dati
comportamentali rilevati nei ratti, immagina un organismo artificiale (l'Onisco schematico - piccolo
crostaceo con molte zampe, antenne e appendici, Tolman ne propose un modello artificiale,anche se non
poté mai realizzarlo) dotato di sensori, attuatori e di una dinamica interna; ma è Braitenberg a progettare
degli organismi artificiali in grado di esibire diversi comportamenti cognitivamente interessanti partendo
dalle connessioni tra un insieme di sensori ed un insieme di attuatori, promuovendo una metodologia
come quello dell'Embodied Cognition e della Artificial Life. Tolman e Braitenberg hanno lasciato
soltanto sulla carta i loro progetti. L'embodied cognition abbraccia un vasto numero di discipline delle
scienze cognitive (dalla psicologia alla robotica) e sottolinea l'importanza che possiedono l'azione e il
corpo nei processi cognitivi. L'agente, sia reale che artificiale, viene visto come fortemente immerso in
un contesto fisico e sociale dove viene chiamato ad agire sottostando e potendo anche sfruttare i vincoli
fisici del corpo che possiede e dell'ambiente che lo circonda. Le caratteristiche vedono il sistema di
controllo di un agente (il cervello o la sua controparte artificiale come una rete neuronale) incastonato
(embedded), all'interno di un corpo (embodied) che a sua volta si trova situato (situated) all'interno di un
ambiente complesso. Scopo principale della vita artificiale, termine coniato da Langton (1989), è quello
di cercare di enucleare e riprodurre delle dinamiche complesse che normalmente ascriviamo agli
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organismi viventi. Uno dei primi tentativi è stato il Gioco-Vita di Conway. Ispirato dagli studi di von
Neumann, il gioco consiste in un automa cellulare, ossia una griglia di celle dove ognuna di esse può
assumere due soli stati: vivo o morto. Le celle cambiano il loro stato in base a quello delle celle
adiacenti. Le regole presenti insieme alla configurazione di input inziale (chi è vivo o chi è morto)
possono generare comportamenti complessi come quello di autoreplicazione di un particolare pattern.
Negli anni la vita artificiale si è arricchita con strumenti come le reti neurali, la robotica, la simulazione
aventi come obiettivo quello di studiare differenti fenomeni che condividono la caratteristica di essere il
prodotto emergente delle interazioni di elementi. Un esempio è il comportamento degli insetti sociali: le
formiche che sfruttando la stigmergia (segni lasciati nell'ambiente da un agente, che determinano uno
stimolo ad azioni successive, proprie o di altri) possono trovare il percorso più breve tra il formicaio e
una fonte di cibo.
L'Embodied Cognition e la vita artificiale hanno permesso ai ricercatori di inquadrare differenti
fenomeni all'interno di una cornice dinamica e interazionista che vede il controllore neurale, il corpo e
l'ambiente come attori ugualmente importanti nella generazione di comportamenti adattivi da parte di
organismi artificiali e naturali.
2. Applicazioni educative: Serious Games e Edutainment
I Serious Games sono l'ultima evoluzione del filone dell'Edutainment, neologismo coniato per mettere
insieme educazione ed intrattenimento, studio e divertimento.
L'importanza del gioco risiede nella capacità di assorbire tutta l'attenzione del giocatore in un'attività
immaginaria che può essere o meno in relazione con la realtà.
I Serious Games possono essere definiti come dei giochi digitali che hanno lo scopo di fornire contenuti
educativi, dedicati ad un particolare tipo di pubblico. Sono stati creati per un vasto numero di tipologie
di contenuti, riducono il costo del training in particolari contesti quali i corsi di guida o di volo. Il
governo americano, attraverso il serious game di reclutamento America's Army è riuscito a risparmiare il
75% rispetto al costo di una campagna di reclutamento tradizionale.
I Serious games sono molto vicini ai videogame tradizionali, presentano un ambiente giocoso che può
essere molto motivante in contesti educativi. Le tecniche di vita artificiale, a diversi livelli di
embodiment, sono efficaci nel simulare e riprodurre sistemi complessi a diverse scale: dall'interazione di
cellule neuronali, alle capacità di apprendimento del sistema immunitario, alla complessità dei sistemi
sociali. Il sistema complesso è un sistema il cui comportamento emerge o risulta dall'interazione non
lineare di unità che possono essere, atomi, cellule, insetti oppure essere umani. I Serious Games possono
sfruttare almeno in due modi diversi le potenzialità offerte dalla vita artificiale. Nella prima modalità
usano alcune caratteristiche della vita artificiale come l'evoluzione artificiale implementata attraverso
algoritmi genetici: delle tecniche matematiche che imitano i meccanismi evolutivi di selezione
mutazione e riproduzione. Nel secondo caso la vita artificiale può essere usata come un modello bioispirato per costruire sistemi complessi il cui funzionamento è basato su teorie psicologiche.
Ci soffermiamo su due Seriours Games: il primo, Breedbot (e i suoi successori da Bestbot a Brainfarm)
utilizzato per insegnare i rudimenti della robotica evolutiva: campo di studi tra la vita artificiale e
l'Embodied Cognition il cui scopo è quello di sviluppare robot autonomi che svolgano compiti di
interesse di un determinato ambiente. Il secondo serious game è Learn2Lead, ideato per veicolare
contenuti legati alle dinamiche psicologiche nei piccoli gruppi. Learn2Lead ha le sembianze di un
videogioco tradizionale, ma nascolde una meccanica basata su tecniche di vita artificiale.
3. Vita artificiale e robotica autonoma: Breedbot, Bestbot, Brainfarm
Breedbot, Bestbot e Brainfarm sono delle piattaforme integrate hardware/software costituite da un
simulatore ed un robot fisico di riferimento dotato di ruote controllate attraverso un minicomputer di
bordo. Ogni utente, utilizzando questi software, può allevare e addestrare degli organismi artificiali
all'interno di un ambiente personalizzabile. Possono essere scaricati all'interno della loro controparte
fisica realizzata attraverso componenti Lego. Le motivazioni fanno riferimento alla possibilità di creare
dei collegamenti tra il mondo digitale e quello reale. Una tendenza è l'orizzonte dell'Internet delle cose.
Le tecnologie robotiche si stanno diffondendo. In futuro utilizzare i robot sarà la norma. Il vantaggio è
di poter sfruttare le capacità manipolative al fine di attuare dei processi di apprendimento più efficaci.
Breedbot è un sistema di edutainment hardware/software con lo scopo di introdurre gli utenti all'interno
del mondo della robotica autonoma ed evolutiva. Il simulatore software permettere di allevare una
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popolazione di 9 robot Lego dotati di ruote. Ogni robot è dotato di 3 sensori infrarossi, capaci di rilevare
ostacoli nelle vicinanze, e due motori che controllano la velocità delle ruote. I tre sensori infrarossi sono
posizionati sul rostro in modo da massimizzare il campo visivo a cui può essere sensibile. Un sistema di
guida differenziale permette al robot di potere girare verso qualsiasi direzione. Il sistema di controllo del
robot è una rete neuronale artificiale che elabora l'input proveniente dagli infrarossi e dalla precedente
attivazione dei motori e che in output fornisce la velocità del robot. Le connessioni neurali del sistema di
controllo vengono codificate in una stringa genetica che sarà sottoposta al processo evolutivo
dall'utente. È un processo che può essere automatico (selezione automatica) o guidato dall'utente
(selezione artificiale) in un vero e proprio processo di allevamento. Il robot reale è stato realizzato
facendo uso della prima versione di Lego Mindstorms, un kit robotico progettato per fini educativi dal
prezzo contenuto, e dei sensori infrarossi sviluppati da un'azienda specializzata. Il collegamento tra lato
software e hardware è garantito attraverso un collegamento wireless basato su infrarossi.
Breedbot simula, all'interno di ambiente digitale una popolazione di 9 robot virtuali. All'inizio di ogni
simulazione una generazione di robot viene creata attraverso delle stringhe genetiche casuali. L'utente
può osservare i robot simulati in azione e decidere quale robot sarà selezionato per ripopolare una
generazione successiva. I robot selezionati dall'utente verranno clonati e mutati per riottenere una
popolazione di 9 individui. Queste sequenze di azioni possono essere reiterate dall'utente (allevatore)
fino a quando non sarà soddisfatto del comportamento manifestato dai suoi robot. Gli utenti possono
decidere di fare il download sul robot fisico per vederlo agire in un ambiente reale. Mentre Breedbot era
stato pensato come un software classico che necessita di istallazione su una specifica macchina, Bestbot
sfrutta una tecnologia web-based (Unity) che gli consente di essere eseguito in ogni computer dotato di
un browser web,, facilitando la fruizione e la diffusione. La meccanica basata su vita artificiale è la
stessa di breedbot ma introduce un nuovo gameplay su grafica 3D con un controllore neurale più
complesso e una dotazione sensoristica più sofisticata. Gli utenti possono addestrare, attraverso
algoritmi genetici, i loro robot.
Brainfarm si propone come una versione aggiornata di Breedbot. Le caratteristiche aggiuntive
riguardano la capacità di costruire architetture neurali più complesse. Brainfarm è un serious game che
ha lo scopo di introdurre gli studenti nel secolo del cervello. Brainfarm permette di utilizzare tipi diversi
di robot in modo da far comprendere meglio come il corpo e il suo controllore (il cervello) lavorino in
stretto accoppiamento al fine di risolvere problemi adattivi. I robot possono essere addestrati e evoluti in
un ambiente digitale.
4. Vita artificiale e modellizzazione delle dinamiche dei piccoli gruppi: Learn2Lead
Learn2Lead è un laboratorio digitale basato su tecnologia web dove un utente, il leader impara le teorie
psicologiche sulla leadership dirigendo un gruppo di agenti artificiali, i followers (gli impiegati). Il
gioco si basa sulla teoria della Full-Range Leaderchip (FLR), teoria sulle dinamiche della leadership
all'interno di piccoli gruppi. Il gioco è stato sviluppato mediante l'uso di due tecniche di vita artificiale,
la modellizzazione mediante su agenti e le reti neuronali, che al contrario dei precedenti serious games,
vengono utilizzate come modello matematico e non come modello del cervello. La prima versione di
Learn2Lead è stata usata in molti corsi di formazione europei sulla leadership e la gestione delle risorse
umane.
La modellizzazione del comportamento umano in un'adeguata simulazione ad agenti può offrire agli
studenti la possibilità di controllare come la dinamica di un gruppo può cambiare al variare di parametri
psicologici. Benché Learn2Lead non sia in grado di sostituire dei training professionali sulla leadership,
può però coadiuvarli.
Ogni follower in Learn2Lead deve portare a termine un lavoro assegnatogli dal leader, in differenti
ambienti. Il massimo carico di lavoro è determinato da due variabili: abilità e motivazione. Il
giocatore/leader può variare queste variabili attraverso una serie di azioni quali mandare un follower ad
un corso di formazione oppure stressarlo. I leader ottengono una valutazione in base allo sviluppo
motivazionale e attitudinale dei follower. Il ruolo di leader viene giocato da esseri umani mentre i
follower sono agenti artificiali controllati da reti neuronali artificiali. L'idea sottostante questo
framework generale si base sul fatto che il leader è chiamato in certe condizioni ad effettuare scelte su
uno o più follower. Il sistema di controllo è stato realizzato attraverso una implementazione basata su
reti neurali artificiali della teoria FLR. Il comportamento di ogni agente è guidato da una serie di
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variabili esterne come l'azione del leader, il carico di lavoro, ecc. Un insieme di variabili interne che si
riferiscono alla personalità, alla motivazione, alle abilità e allo stress sono state utilizzate per combinare
insieme fattori cognitivi e fattori sociali.
Al fine di replicare attraverso una simulazione ad agenti la teoria FLR si è iniziato dal modellizzare i
follower. Questi agenti artificiali sono sistemi di input-output provvisti di uno stato interno che varia nel
tempo in relazione a variabili interne (es. motivazione) ed esterne (es. il carico di lavoro). Ogni follower
possiede delle variabili interne.
La variabile più rilevante è costituita dalla motivazione. Il livello motivazionale è influenzato da tre
sottocomponenti: la componente intrinseca, il rinforzo/premio e la paura. La componente intrinseca
modellizza la motivazione intrinseca ed è legata allo stile di leadership trasformazionale, mentre il
rinforzo/premio e la paura modellizzano la motivazione estrinseca e sono legate alla leadership
transazionale. Le tre componenti presentano una differente dinamica temporale nel tempo di
decadimento. Lo stress è un importante valore da tenere sotto controllo durante il gioco per gli effetti
che può avere sulla prestazione globale del gruppo.
A causa delle diverse personalità di un gruppo, le stesse azioni del leader possono portare a differenti
risultati, per questo motivo è richiesto a un buon leader di operare in maniera efficace sui bisogni dei
singoli se vuole aumentare il rendimento e l'efficacia di tutto il gruppo.
5. Serious Games e vita artificiale
I sistemi basati su tecniche di vita artificiale possono essere usati per sviluppare Serious Games secondo
due diversi tipi di approcci. Nel primo, quello di Breedbot, Bestbot e Brainfarm, le tecniche di vita
artificiale sono usate in maniera esplicita col fine di sviluppare robot autonomi guidati da un cervello
artificiale capace di riprodurre in maniera molto semplificata l'elaborazione delle informazioni che
avviene nei sistemi neurali biologici. Nel caso di Learn2Lead le tecniche di vita artificiale sono
utilizzate per implementare una teoria scientifica: la Full-Range Leadership Theory.
Le tecniche di vita artificiale possono portare i Serious Games, intesi come tecnologia educativa, a un
nuovo livello di usabilità sfruttando la capacità fortemente adattiva degli algoritmi bio-ispirati.
CAPITOLO 5 VIVERE CON GLI ALTRI: GIOCHI DI RUOLO E COMPETENZE
RELAZIONALI
1. Learning by doing: si può artificializzare?
Attività formative di tipo esperienziale centrate sul soggetto in quanto protagonista dell'apprendimento
mirano a favorire approcci di Learning by doing. Le simulazione per l'apprendimento sono basate sulle
tecniche del role-playing game per lo sviluppo di videogiochi che riproducono ambienti virtuali grafici
progettati per condurre esperienze didattiche formative basate sulla metodologia del gioco di ruolo per
l'educazione, la formazione e lo sviluppo delle soft skills.
Il role-playing è una tecnica di simulazione che rientra nei metodi pedagogici attivi che si fonda
sull'interazione verbale e comportamentale tra due o più ruoli interpretati da persone. Si cerca di
riprodurre in aula problemi e situazioni simili a quelli che si verificano nella vita reale. In ambiente
digitale si assiste ad una simulazione della simulazione: i processi e i principi del role-playing vengono
riprodotti nei termini di un linguaggio simbolico-formale offrendo la possibilità di agire sulla realtà
riprodotta sullo schermo del computer. Tratteremo l'utilizzo delle simulazioni al computer per
l'apprendimento basate sulle tecniche di role-playing per lo sviluppo di soft skills. Nella simulazione di
queste abilità l'utente ha la possibilità di esplorare diverse alternative possibili di interazione e di
verificare le proprie intuizioni e modalità comportamentali. Ciò rende la simulazione uno strumento
prezioso per riflettere su se stessi e sugli altri.
L'attenzione del mondo dell'e-learning si sta allargando allo sviluppo di tutte quelle competenze che
coinvolgono interazioni tra persone e che sono indirizzate all'apprendimento di comportamenti legati
allo sviluppo di capacità socio-relazionali. Il metodo formativo più efficace per queste abilità è quello
dei giochi di ruolo (role-play). L'impiego dei giochi di ruolo in ambiente digitale può essere utilizzato
come strumento a sé stante (stand alone) o in maniera congiunta ed integrata ai metodi di insegnamento,
formazione e sviluppo tradizionali.
2. Soft skills
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In materia di competenze chiave per l'educazione, la formazione e l'apprendimento permanente, da
tempo l'attenzione si è spostata dalle hard skills (conoscenze e capacità tecniche riguardanti un
determinato ambito o dominio di conoscenza) alle cosiddette soft skills, denominate anche competenze
trasversali in quanto espressione di un continuum rispetto alle sfere della vita personale, professionale e
sociale. La definizione di soft skills si identifica con competenza e capacità (competence e competency)
riferite a competenze professionali e/o relazionali.
Le soft skills non si riferiscono a un dominio di conoscenza, di pratica e applicazione specifici; sono
basati sull'esperienza e possono essere apprese attraverso l'esperienza; implicano la capacità di entrare in
relazione con se stessi e gli altri e di esserne consapevoli; hanno a che fare con comportamenti legati ad
obiettivi specifici e sono complementari agli hard skills, ovvero alle competenze più tecnicoprofessionali. Con il termine soft skills si fa riferimento ad una serie di qualità e competenze sociali,
basate anche su risorse psicologiche personali che si esprimono nella capacità di interagire con le
persone in modo costruttivo. Tali abilità sono flessibili, modificabili, trasferibili a contesti e situazioni
diverse e migliorabili attraverso percorsi di formazione e di sviluppo personale: comunicazione efficace,
gestione positiva dei conflitti, negoziazione, leadership, gestione dello stress e lavoro di gruppo sono
solo alcune delle competenze che rientrano tra le soft skills.
3. Role-playing
Il role-playing definisce la simulazione di una situazione o di un evento che prevede l'interazione
verbale e comportamentale tra due o più partecipanti chiamati ad interpretare un ruolo, a ipotizzare
soluzioni e prendere decisioni. Il role-playing offre le potenzialità di un laboratorio in cui è possibile
riprodurre aspetti, fenomeni e dinamiche che si verificano nella vita reale all'interno di una situazione
protetta più controllabile e osservabile.
Le tecniche di role-playing derivano dallo psicodramma classico, nato in ambito terapeutico ad opera di
Moreno (1934), che fu il primo a verificare l'utilità del gioco e dell'azione drammatica nella espressione
di sentimenti repressi e liberazione della propria creatività ed autenticità. Moreno definì tecniche di roleplaying le applicazioni in campo formativo dei principi del teatro della spontaneità, per non ingenerare
confusione con lo psicodramma terapeutico. Le tecniche di role-playing si sono diffusi in contesti non
terapeutici e vengono utilizzate in diversi ambiti ed in particolar modo in educazione, formazione,
sviluppo organizzativo, selezione del personale. I giochi di ruolo condividono i principali meccanismi e
principi del metodo psicodrammatico. Moreno parla di ruolo come la forma operativa che un individuo
assume nel particolare momento in cui reagisce a particolari situazioni in cui sono coinvolte altre
persone e oggetti. Un ruolo richiede sempre una bipolarità, cioè due entità che creano una relazione, un
ruolo o un contro-ruolo. La vita mentale si va organizzando attraverso l'attivazione delle varie bipolarità
ruolo/contro-ruolo, ma l'elemento propulsivo di questa attivazione risiede nel cosiddetto fattore S/C
(spontaneità-creatività). La creatività viene stimolata e liberata attraverso l'assunzione di ruoli nuovi, e
di modi nuovi di vivere i propri ruoli. Ciò consente di riappropriarsi della propria autenticità. Il termine
role-playing viene utilizzato per indicare diverse tipologie di esperienze che vanno dall'ambito
terapeutico a quello formativo e ludico, e che prevedono il coinvolgimento di un gruppo di persone o di
un solo partecipante. Nei role-playing games i giocatori assumono i ruoli dei protagonisti di una
situazione avventurosa, sotto la guida di un direttore di gioco. In qualsiasi gioco di ruolo l'aspetto
comune è l'identificazione con un particolare personaggio o gruppo di personaggi all'interno di una
situazione che simula la realtà. Dal punto di vista formativo l'interpretazione di un dato personaggio
porta ad un'evoluzione nei rapporti con gli altri giocatori e di conseguenza anche con il proprio
personaggio.
La ricerca nell'ambito delle nuove tecnologie ha provato a sperimentare simulazioni basate sulla
metodologia del role-playing al mondo digitale. Tra le tecnologie ai fini della formazione delle softskills vi sono diverse piattaforme avatar-based, ovvero basate sull'interazione dell'utente con uno o più
alter-ego digitali in ambienti virtuali. Possibilità di improvvisazione, tempo a disposizione per
raggiungere l'obiettivo predefinito, tipo di interazione tra giocatori (reali o bot: programmi che
interagiscono in rete alla pari di utenti umani), numero di giocatori coinvolti nell'ambiente virtuale
(multiplayer o single player) sono alcune delle caratteristiche delle diverse piattaforme.
4. Esempi di giochi di ruolo su piattaforme online
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Le simulazioni per l'apprendimento basate sulle tecniche del role-playing, per lo sviluppo delle soft
skills vengono utilizzare per l'acquisizione di consapevolezza ed accrescimento di competenze
relazionali con lo scopo di assicurare le trasferibilità dei comportamenti e delle competenze apprese a
problemi, situazioni e contesti della realtà quotidiana.
Single o multiplayer sono caratterizzati dalla presenza di regole e tipologia di interazioni che l'utente è
invitato a seguire affinché gli obiettivi di apprendimento vengano raggiunti. Altre piattaforme sono
basate su role-playing che favoriscono dinamiche libere di apprendimento fondate sull'esperienza e sulla
scoperta. Alcuni di questi prendono la forma di EMORPG (Educational Multiplayer Online Role
Playing Game), tecnologia che consente a più individui, rappresentati da avatar, di partecipare in tempo
reale, a sessioni di formazione on-line nell'ambiente virtuale come Unigame, E-drama, Eutopia. Altri
giochi di simulazione prevedono l'interazione di un singolo utente (avatar) con uno o più bot controllati
dal computer come Enact, At-risk, E-circus, E-adventure. Per la prima categoria è richiesta la presenza
di un insegnate o di un tutor e i partecipanti devono essere connessi contemporaneamente. I giochi di
ruolo online At-risk e E-circus rappresentano esempi di sistemi single player che simulano l'nterazione
di un singolo utente con uno o più bot del computer.
At-risk è un gioco di ruolo online che consente alle persone di sviluppare competenze intra- e interpersonali legate alla capacità di gestire in maniera efficace situazioni che simulano comportamenti a
rischio e ha il fine di individuare studenti a rischio.
E-circus è stato creato per l'uso di bambini e giovani adolescenti al fine di sostenere gli studenti ad
affrontare situazioni che simulano il fenomeno del bullismo e per promuovere l'empatia. L'utente ha
l'obiettivo di stabilire comunicazione e relazioni efficaci. Altri coinvolgono la partecipazione di più
utenti in tempo reale: Unigame, Infiniteams, E-adventure ed Eutopia.
E-adventure è una piattaforma single-player creata con un duplice obiettivo: promuovere la
realizzazione di video giochi a scopo educativo, basati sul sistema del point-and-click, e utilizzare tali
giochi per promuovere lo sviluppo del problem solving. Il sistema offre agli educatori un editor di gioco
user-friendly che permette loro di definire i personaggi, le regole, i contenuti del gioco.
Unigame è un gioco di ruolo in gruppo per lo sviluppo di soft skills quali problem-solving,
comunicazione efficace, team-work che utilizza diversi mezzi di comunicazione, come la chat e i forum
di discussione. Le dinamiche di interazione tra i partecipanti sono aperte.
Infiniteams è un esempio di multiplayer che prevede il coinvolgimento di un gruppo di utenti
rappresentati sullo schermo da avatar impegnati nella realizzazione di uno specifico compito che
coinvolge aspetti di problem solving.
Tra gli EMORPG, E-drama ed Eutopia possono essere considerate due delle piattaforme più sofisticate,
che si ispirano ai principi del gioco moreniano.
E-drama è un gioco di ruolo 3D multiutente online: un gruppo di cinque persone può interagire sotto la
guida di un direttore reale o artificiale che gestisce il gioco, definisce i ruoli da giocare. Gli utenti,
rappresentati da avatar, possono personalizzare l'aspetto fisico del proprio alter ego virtuale in base allo
scenario che sono invitati a mettere in atto dai tutor e scambiarsi messaggi verbali e non verbali. È
costituito da due interfacce utente: "attore-giocatore" e "direttore".
La versione più recente prevede la presenza di giocatori bot dotati di personalità allo scopo di offrire
elementi di imprevedibilità all'interno dello scenario.
Eutopia è un sistema di simulazione ad agenti reali, un ambiente online in 3D per giochi di ruolo, simile
ad altri ambienti virtuali come Second Life. È stato impiegato e testato in diversi contesti (università,
imprese) e per lo sviluppo di diverse soft skills, quali comunicazione, negoziazione, mediazione
culturale e leadership. La metodologia didattica utilizzata è di tipo blended e prevede il susseguirsi di
momenti di formazione in aula e momenti di auto-apprendimento. La costruzione degli scenari di
simulazione, così come la metodologia formativa si ispirano agli approcci del costruttivismo e all'idea
che il fare, l'esplorare e lo sperimentare nella palestra virtuale della simulazione possono avere una
funzione importante nello scaffolding cognitivo ed emotivo (aiuto che può essere offerto al soggetto in
termini educativi e psicologici). Gli attori principali del processo sono gli utenti ed il formatore (o il
tutor).
Attraverso questa piattaforma i formatori possono creare scenari di apprendimento personalizzati,
all'interno dei quali i partecipanti simulano e risolvono una specifica situazione intorno a specifiche soft
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skills. Gli scenari di apprendimento sono realizzati in modo da simulare situazioni di vita reale così da
facilitare la trasferibilità dei comportamenti e delle competenze apprese nella realtà quotidiana. Eutopia
presenta diverse funzionalità che permettono al formatore di creare e organizzare i giochi di ruolo a
distanza; intervenire e monitorare le varie fasi di gioco.
All'interno dell'ambiente virtuale l'utente ha la possibilità di intrattenere comunicazioni e interazioni
reali: comunica ad altri avatar pensieri, stati d'animo, intenzioni. Il tutor seleziona uno tra gli scenari 3D,
definisce i ruoli e assegna un ruolo a ciascuno dei partecipanti.
5. ENACT: un sistema single-player di simulazione al computer della competenza negoziale
Il sistema di simulazione per negoziazione ENACT (Enhancing Negotiation skills through on-line
Assessment of Competencies and interactive mobile Training) si propone di sviluppare un gioco di ruolo
single player per l'apprendimento e lo sviluppo della competenza negoziale che funga da vera e propria
palestra esperienziale per l'apprendimento che può essere usato sia come strumento stand alone che a
supporto di metodi di valutazione e formazione tradizionali. L'utente ha modo di sperimentare le proprie
capacità in un ambiente sicuro che simula scenari di gestione del conflitto di vita reale. Le sue capacità
sono valutate da un tutor artificiale intelligente che fornisce un feedback sui punti di forza, e suggerisce
possibili modi per migliorare le aree che richiedono un ulteriore sviluppo.
La progettazione degli scenari formativi di ENACT si basa sul modello dei cinque stili di gestione del
conflitto interpersonale elaborato sulla scorta delle teorizzazioni di Rahim (1983): Integrazione,
Sottomissione, Dominio, Evitamento, Compromesso. Tale modello costituisce il più rilevante punto di
riferimento nell'ambito della letteratura di psicologia organizzativa soprattutto in ragione del ROCI II
(Rahim Organizational Conflict Inventory) strumento elaborato dall'autore per misurare le modalità di
gestione del conflitto interpersonale. La progettazione degli scenari formativi si basa sui cinque stili di
gestione del conflitto interpersonale di Rahim e secondo due dimensioni di base: interesse per sé e
interesse per gli altri.
La prima dimensione spiega il grado (alto o basso) rispetto al quale una persona tenta di soddisfare i
propri interessi, bisogni ed aspettative.
La seconda dimensione spiega il grado alto o basso in base al quale una persona tenta di soddisfare
interessi, bisogni ed aspettative dell'altra parte. La combinazione di queste due dimensioni risulta nei
cinque stili di gestione del conflitto:
 stile integrativo (alto interesse per sé e alto interesse per gli altri) implica apertura, scambio di
informazioni, analisi e valorizzazione delle differenze per raggiungere una soluzione efficace ed
accettabile per entrambe le parti;
 stile di sottomissione (basso interesse per sé e alto interesse per l'altro) è associato al tentativo di
ridurre le differenze ed enfatizzare la comunanza di interessi per soddisfare bisogni ed obiettivi
dell'altra parte;
 stile dominante (alto interesse per sé e basso interesse per gli altri), è associato al comportamento
aggressivo e competitivo allo scopo di perseguire i propri obiettivi ignorando i bisogni o le
aspettative della controparte;
 stile di evitamento (basso interesse per sé e per gli altri) è associato a situazioni di abbandono del
conflitto o della responsabilità ad esso associata, pertanto si assiste al fallimento sia nel
soddisfare i propri interessi sia quelli della controparte;
 stile di compromesso (interesse moderato per sé e per gli altri) implica la ricerca di
intermediazioni tra l'interesse per sé e quello per gli altri, per cui entrambe le parti rinunciano a
qualcosa per raggiungere una decisione mutualmente accettabile.
Uno stile di gestione del conflitto definisce uno disposizione o "un orientamento verso l'altra parte e le
situazioni di conflitto". Per identificare i comportamenti osservabili e misurabili che caratterizzano i
diversi stili, si utilizzano gli indicatori comportamentali basati sui concetti di assertività, passività e
aggressività. Per ogni stile sono stati identificati indicatori verbali, non verbali, e paraverbali,
raggruppati secondo le due principali dimensioni proposte da Rahim per la definizione degli stili di
gestione del conflitto, ovvero interesse per sé e interesse per gli altri. La scelta del modello di Rahim e
Bonoma è legato ad alcuni aspetti principali: l'enfasi posta sul processo di apprendimento e
l'appropriatezza di uno stile (dipende dalla situazione e dagli obiettivi formativi sulla base dei quali la
situazione formativa è stata progettata). Gli utenti di ENACT hanno l'opportunità di sperimentare diversi
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stili di gestione del conflitto all'interno degli scenari di apprendimento, riflettere sugli stili impiegati
durante gli episodi di conflitto ed essere consapevoli dello stile più efficace ed appropriato al contesto
presentato. Il modello di Rahim punta su un'idea del conflitto come concetto non negativo e
disfunzionale. Ogni situazione di conflitto è un'opportunità per crescere, imparare e lavorare in modo
più efficace. Quando il conflitto è gestito in modo appropriato, le esperienze di apprendimento possono
indurre uno sviluppo per l'individuo, il gruppo e l'organizzazione. Gli aspetti-chiave della gestione del
conflitto coinvolgono la consapevolezza di sé. Agli utenti di ENACT viene offerta l'opportunità di fare
esperienza e acquisire consapevolezza dei modi propri di comunicare ed interagire con l'altro.
ROCI-II consente di misurare le cinque dimensioni indipendenti che rappresentano i modi affrontare il
conflitto interpersonale. Queste modalità sono misurate ciascuna da un diverso numero di affermazioni
(da quattro a sette) selezionate sulla base di ripetute analisi fattoriali. Al punteggio più elevato
corrisponde una maggiore entità con cui viene utilizzata quella particolare modalità di gestione del
conflitto. Ogni affermazione prevede una risposta su una scala Likert a cinque punti, quindi il
questionario può essere facilmente autosommistrato.
Il ROCI-II è uno degli strumenti per la misurazione della gestione del conflitto più utilizzato e testato e
non soltanto nella forma originale degli autori. È disponibile delle tre forme A,B,C per indagare
rispettivamente i cinque stili di gestione del conflitto interpersonale con i propri superiori, subordinati e
pari. Il ROCI-II può essere utile per la valutazione dei soggetti dei diversi gruppi target coinvolti in
ENACT.
6. La ricerca su ENACT
La piattaforma di simulazione ENACT e la definizione degli scenari di apprendimento si sono
concentrate sullo sviluppo di due componenti principali:
1. un bot dotato di intelligenza artificiale che sia in grado di interagire in modo efficace con l'utente,
rispondere a seconda del comportamento dell'utente e avere un comportamento dinamico;
2. un Intelligent Tutoring System (ITS), che sia in grado di valutare l'interazione e le performance
dell'utente all'interno allo scenario e fornirà un profilo personalizzato.
Il bot è implementato nella forma di un agente virtuale 3D all'interno di uno scenario di gioco sviluppato
con la piattaforma Unity. Il bot è in grado di esprimere una serie di emozioni basiche utilizzando
indicatori verbali (tono della voce e la struttura delle frasi) e non verbali (come l'espressione facciale, il
contatto visivo, la postura e i gesti). L'interazione con l'utente è organizzata in stati, che contengono un
turno di parola per ognuna delle due parti. L'utente può scegliere una tra quattro frasi possibili. Il bot
risponde utilizzando una delle frasi fornite per quel particolare stato.
Il bot possiede una serie di stati interni che variano durante la progressione delle interazioni e
influenzano il suo comportamento. Ogni agente artificiale ha un parametro che rappresenta il suo
"interesse per sè" e un valore per l'"interesse per gli altri". Lo stato iniziale del bot è stabilito in base a
una serie di parametri:
 funzione che descrive la tendenza del suo comportamento, avvio di ciascuno scenario di gioco;
 la posizione sulla funzione delle sue variabili "interesse per sè" e "interesse per gli altri";
 l'ampiezza della gamma delle sue risposte possibili.
L'interfaccia comprende due diversi pannelli di personalizzazione per la scelta delle espressioni non
verbali, uno basico ed uno avanzato.
7. Giochi di ruolo e vita sociale artificiale: un'opportunità per la formazione
Numerose sono le ricerche empiriche che hanno accertato l'efficacia delle tecniche di role-playing come
metodo di simulazione in ambito formativo e pedagogico. L'utilizzo dei giochi di ruolo online all'interno
di diversi contesti formativi e professionali risponde all'esigenza di creare opportunità di apprendimento
motivanti che possano fornire schemi interpretativi flessibili che consentano di entrare in rapporto con la
realtà con cui ogni giorno ci si confronta.
I giochi di ruolo rappresentano strumenti per facilitare la trasferibilità dei comportamenti e delle
competenze apprese nelle realtà degli utenti. L'utente ha la possibilità di sperimentare modalità
relazionali e comportamentali, proporre possibilità di soluzione, individuare quella più appropriata alla
situazione e all'interlocutore. Una relazionalità artificiale, costruita su basi di psicologia scientifica, che
educa ed aiuta nelle relazioni della vita reale.
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CAPITOLO 6 APPLICAZIONI DELLA ROBOTICA AL TRATTAMENTO DEI DISTURBI
EVOLUTIVI
1. La robotica assistiva in contesti sociali
La robotica offre un importante supporto alla psicologia per gli interventi applicativi.
La definizione Socially Assistive Robotics (SAR) riguarda un campo interdisciplinare che unisce la
robotica, l'ingegneria, la medicina e la psicolgia, ed ha una vasta gamma di applicazioni. Caratteristica
essenziale è l'aspetto sociale dell'interazione come mezzo per aiutare l'uomo.
Vari studi indicano che gli esseri umani per l'interazione preferiscono un robot reale a uno virtuale,
poiché più affidabile e coinvolgente, incoraggia i bambini al movimento durante il gioco divenendo
spesso un compagno che motiva e suscita l'apprendimento di determinate attività. I robot consentono di
imparare da un oggetto inanimato tridimensionale non minaccioso e di farlo grazie all'interazione con
altri esseri umani, incoraggiando così il comportamento sociale autonomo. Questo ha permesso al robot
di svolgere varie funzioni simili a quelle dell'uomo e di migliorare le capacità relazionali nei soggetti
con disabilità. Con i bambini disabili un robot-giocattolo può essere utilizzato per attivare di gioco e di
apprendimento.
È fondamentale sottolineare come un robot possa facilitare le interazioni uomo-uomo.
Un obiettivo importante è capire come le interazioni con i robot e le competenze apprese con un sistema
SAR possano essere tradotti in situazioni di vita reale e nelle interazioni con altre persone. Lo scopo
principale in questi sistemi è comprendere i benefici delle interazioni con SAR quando il robot non è più
fisicamente presente. La ricerca SAR si è già occupata di problemi riguardanti la salute mentale quali
demenza, depressione, disturbi dello spettro autistico, bambini e anziani.
I ricercatori hanno dimostrato che il robot può contribuire a sviluppare comportamenti sociali nuovi in
bambini con disturbi dello sviluppo, come il Disturbo dello Spettro Autistico, la Sindrome da Deficit di
Attenzione e Iperattività e la sindrome di Down.
I pazienti con paralisi cerebrale infantile sono capaci di normalizzare il loro movimento motori
patologico se supportati da un robot che dà feedback sulla traiettoria di locomozione. SAR può essere
utilizzato anche nella riabilitazione fisica. Vari studi hanno dimostrato che utilizzando un robot
umanoide la riabilitazione fisica per l'utente può migliorare. È importante riprodurre artificialmente i
principi della postura e del movimento, implementandoli nel supporto artificiale alla riabilitazione.
2. Il robot come "compagno"
Uno dei contesti in cui il sistema SAR è usato nella cura della salute mentale è quello che ha visto il
robot nel già ruolo di "compagno" (robot companion). I sistemi SAR funzionano in modo analogo a un
animale addestrato durante la terapia (per esempio nella pet-therapy). Consentono però di superare le
difficoltà pratiche nel condurre animali vivi in luoghi clinici, quali ospedali e strutture assistenziali,
comprese le allergie e il rischio di malattie o infezioni. L'approccio basato sull'attività Animal-Assisted
mira a sollecitare comportamenti autonomi sociali positivi ed è stato utilizzato in bambini con disturbo
dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD) promuovendo risposte emotive positive grazie
al gioco libero con gli animali. Mentre i comportamenti degli animali non possono essere controllati, il
comportamento di un robot è controllabile, ogni movimento è misurabile e registrabile. L'utilizzo di un
robot in terapia può avere diversi vantaggi.
Le piattaforme SAR sono capaci di sfruttare alcuni dei benefici clinici associati a interventi terapeutici
con animali. La maggio parte dei lavori si è concentrata su Paro, un robot progettato per assomigliare a
un cucciolo di foca, e Aibo, un piccolo cane-robot.
3. Il trattamento dell'autismo mediante SAR
Lo stato della ricerca fondata sull'utilizzo dei robot per il trattamento dell'autismo, raggruppa gli studi in
quattro grandi categorie: le risposte delle persone con ASD ai robot in confronto con quelle alle persone
umane; l'uso dei robot per sviluppare comportamenti nuove e adattivi, o per modellare e insegnare
abilità specifiche, o per fornire feedback attendibili sulle prestazioni.
Ad oggi sono ancora pochi i dati pubblicati e disponibili di robot che funzionano per il trattamento. In
un piccolo studio pilota con bambini con ASD è stato utilizzato Probo, un robot con sembianze animali,
che misura circa 30 centimetri ed è rivestito di tessuto verde brillante con il tronco come un elefante e il
volto espressivo. Probo e un terapeuta umano sono stati confrontati in diverse applicazioni del
programma; i bambini hanno risposto positivamente ad entrambe le condizioni di trattamento (uomo e
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robot). Le prestazioni del bambino per alcuni comportamenti miglioravano in seguito all'intervento
robotico. I robot sono usati insieme agli psicologi per aumentare il coinvolgimento emotivo, favorendo
l'interazione sociale e la creazione di abilità durante l'interazione. Il potenziale trattamento SAR
nell'autismo può supportare varie funzioni clinicamente importanti, tra cui coinvolgere i bambini in
attività di diverso tipo, modellare segnali sociali adeguati (es. contatto visivo), facilitare le capacità di
attenzione. Le attività tipiche di questo settore di ricerca sono progettate per essere divertenti e
coinvolgenti e spesso formulate in termini di giochi. I sistemi SAR presenti nella ricerca sono spesso
utilizzati come un giocattolo o partner di gioco con caratteristiche terapeutiche. Il progetto Aurora, nato
per studiare l'interazione tra i robot ed i bambini autistici suggerisce che "l'utilizzo di una piattaforma
robotica è un tentativo di colmare il divario tra l'ambiente stabile e sicuro dato da un semplice giocattolo
e il mondo imprevedibile costituito dal contatto umano e dall'apprendimento". Nel progetto Aurora un
robot può assistere bambini con autismo perché il "comportamento sociale delle persone può essere
molto delicato e imprevedibile, l'uso di robot può permettere una semplificazione dell'ambiente e il
graduale aumento della complessità d'interazione. In una serie di studi con bambini con disturbi dello
sviluppo, questi sono stati osservati durante le relazioni con Keepon, piccolo robot interattivo:
assomiglia a due palle da tennis, una sopra l'altra, la testa ha solo due occhi e non presenta altre
caratteristiche del viso. Misura 10 centimetri di altezza: può manifestare sia attenzione orientando il suo
viso e gli occhi verso oggetti diversi, sia stati emotivi.
Con Keepon, bambini di una scuola primaria mostravano maggiore attività sociale mediata dal robot. Il
robot era stato usato come focus di attenzione congiunta per un bambino con autismo e quando il robot
si è mosso, il bambino ha risposto guardando e sorridendo al genitore e al terapeuta.
Scassellati ha studiato delle possibilità di utilizzo di robot sociali per la diagnosi e il trattamento
dell'autismo e conclude che i dispositivi robotici forniscono dati che potrebbero essere utilizzati da
medici sia per la diagnosi, sia per il progresso dei pazienti. I robot generano un elevato grado di
motivazione e d'impegno nei soggetti. Sono varie le ricerche che supportano l'ipotesi che la piattaforma
robotica SAR sia un utile strumento per coinvolgere i bambini con ASD che presentano difficoltà con la
comunicazione sociale.
Pleo è un robot che somiglia a un cucciolo di dinosauro, capace di produrre vocalizzazioni e
comportamenti socialmente espressivi, usato come partner artificiale ha permesso ai bambini con ASD
di comunicare. Vari studi dimostrano che i robot possono servire come utili rinforzi per l'acquisizione
del comportamento, questi strumenti possono aiutare i bambini a produrre comportamenti sociali e a
rinforzarli positivamente. Altri studiosi hanno mostrato la possibilità che i bambini con autismo siano in
grado di interagire con il robot e che la terapia con il robot può incoraggiare i bambini a evitare
condizioni di isolamento e indurli a condividere la loro mente con gli altri. Il robot NAO si è dimostrato
di grande utilità nella stimolazione di comportamenti imitativi nei bambini con autismo e disabilità
intellettiva medio-grave. I risultati suggeriscono che un robot è capace di aiutare i bambini autistici
nell'interazione con una persona umana ma un problema importante è connesso all'espressività del volto.
Mentre i bambini autistici hanno bisogno di un volto molto semplificato, i bambini con disabilità
intellettiva media e grave necessitano di un volto più articolato, capace di mostrare le espressioni visive
di base, al fine di sostenere l'immaginazione nei giochi simbolici. I bambini con ASD hanno lavorato
meglio con il robot Kaspar, che è un robot capace di compiere solo movimenti parziali, che con il robot
Iromec, un robot con una piattaforma mobile. Il lavoro è ancora caratterizzato da studi con campioni
ristretti e in contesti limitati.
Molti dei risultati finora ottenuti sono di carattere esplorativo ed hanno limiti metodologici che non
consentono di trarre ancora conclusioni sicure sul piano scientifico.
I robot potrebbero essere usati insieme ai professionisti della salute mentale, fornendo loro la possibilità
di ampliare i loro interventi clinici al fine di aiutare al meglio le persone con disabilità mentale.
CAPITOLO 7 MIGLIORARE LA VITA DEGLI ANZIANI MEDIANTE AGENTI
1. La vita dell'anziano e i suoi bisogni
Negli ultimi decenni si è riscontrato un aumento della popolazione anziana e di conseguenza un
aumento di individui con deficit da deterioramento cognitivo. Il deficit cognitivo dovuto a demenza
colpisce gravemente la capacità di una persona di iniziare a svolgere le attività quotidiane in maniera
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autonoma. Vari studi hanno dimostrato gli effetti positivi degli interventi di riabilitazione cognitiva sugli
anziani, tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche al fine di valutare tali terapie. A causa della rapida
crescita demografica delle persone da assistere, gli interventi cognitivi di cura sono già insufficienti e in
continua diminuzione.
2. La robotica assistiva per gli anziani
L'assistenza agli anziani con disabilità è una delle applicazioni più attuali della ricerca sulla vita
artificiale. Lo scopo è progettare robot umanoidi capaci di dare assistenza cognitiva e interagire
socialmente con la persona (mangiare, vestirsi), supportando le attività di vita quotidiana anche
mediante attività ricreative stimolanti. Questi robot sono finalizzati ad operare con le disabilità dovute
alla demenza, focalizzando la capacità di supportare la memoria di lavoro, l'attenzione, la
consapevolezza e l'esecuzione di comportamenti utili per ridurre la dipendenza dal caregiver. Il robot è
stato inserito in progetti finalizzati a dare assistenza ai bisogni funzionali dell'anziano, e come ausili per
la mobilità. È stato progettato un robot che accompagna le persone anziane in una condizione living
assisted. Il robot ricorda agli anziani le attività da svolgere e fornisce informazioni come le previsioni
del tempo. Un altro progetto di assistive robotics è GiraffPlus con l'obiettivo di costruire un sistema
complesso per il monitoraggio delle attività di una persona all'interno della propria abitazione grazie
all'uso di sensori installati presso l'abitazione, o utilizzati dalla persona stessa. Questi sensori permettono
di raccogliere misure fisiologiche, quali la pressione arteriosa del soggetto, oppure ambientali, ovvero
rilevare se qualcuno è caduto all'interno dell'abitazione stessa. La robotica assistiva sociale è stata
progettata per coinvolgere gli utenti anziani in attività fisiche finalizzate al raggiungimento di benefici
per la salute e migliorare la qualità della vita, considerato che lo svolgimento di un regolare esercizio
fisico è utile per mantenere e migliorare lo stato di salute generale degli individui anziani ed è associata
a una maggiore funzionalità dei processi di controllo esecutivo, correlata con una minore atrofia delle
regioni della corteccia frontale e con migliori tempi di reazione, oltre a ridurre il rischio di depressione.
La piattaforma robotica SAR è un sistema che si avvale di strategie d'interazione quali l'uso della parola,
le espressioni facciali e i gesti comunicativi, per favorire lo svolgimento di attività di base - incluse
quelle motorie - nel particolare contesto di assistenza sanitaria.
3. Assistere anziani con deficit fisici e psichici
Nel campo della riabilitazione post-ictus hanno sviluppato un sistema SAR progettato per migliorare la
compliance terapeutica utilizzando l'attività verbale. Il sistema è stato progettato per lavorare in
sincronia con esercizi per la riabilitazione post-ictus, come nella Constraint Induced Therapy. Nel caso
dei soggetti con Alzheimer, i pazienti che interagivano per otto mesi con il robot grazie ad un semplice
gioco di musicoterapia sviluppavano una maggiore stimolazione cognitiva.
Alcuni autori hanno studiato gli effetti psicologici di un robot-foca, Paro utilizzato per coinvolgere gli
anziani di un centro di assistenza. I risultati mostrano che Paro è stato in grado di migliorare gli umori
dei partecipanti anziani. Avevano più probabilità di interagire socialmente con le altre persone quando il
robot era presente e funzionante. Il robot Pearl è stato sviluppato per eseguire delle attività di memoria,
suggerimento di appuntamenti e altre informazioni in strutture residenziali per anziani. Un intervento
mediante giochi musicali con il robot Bandit II con tre anziani con disabilità cognitive, ha dimostrato un
miglioramento dell'attenzione cognitiva e dell'attività sul compito. Lo stesso robot è stato utilizzato
come istruttore per esercizi motori.
Ricerche con il robot Brian 2.1 ha proposto due nuove attività interattive di assistenza con il robot:
giocare a carte e mangiare. L'obiettivo del robot Brian 2.1 è stato quello di migliorare le abitudini
alimentari autonome delle persone anziane. Anche anziani normali possono beneficiare del supporto di
robot per la loro vita quotidiana. Il progetto Robot-Era offre servizi robotici progettati per gli anziani,
che li assistono a domicilio favorendo il mantenimento dell'autonomia, una condizione di vita
indipendente e quindi di migliorare qualità, e una maggiore efficienza delle cure se necessarie.
4. Anziani e nuove tecnologie
Un robot per esercizio fisico, Taizo, aiutava gli istruttori ad insegnare semplici esercizi di braccia a un
gruppo in formazione. Se un'attività è troppo facile per l'utente si traduce in noia, mentre se l'attività è
troppo impegnativa e difficile provoca uno stato d'ansia o di frustrazione. È emerso come il sistema
SAR sia efficace nel motivare costantemente l'esercizio fisico durante l'interazione, grazie al
monitoraggio di varie misure oggettive quali: il tempo medio di completamento del gesto, i secondi
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impiegati per singolo esercizio. In caso di limitazioni visive e tattili, persone anziane incontrano
maggiori difficoltà nei comportamenti da attuare. Le persone anziane che avevano familiarità con le
nuove tecnologie, come il computer avevano una migliore comprensione della capacità del robot e del
suo potenziale uso di ausilio domestico e/o personale. Esse avrebbero interagito con un robot, come
avrebbero fatto in modo intuitivo con qualsiasi umano. È importante tener conto del fatto che i
potenziali utilizzatori del robot appartengono a una generazione che non ha familiarità con le tecnologie,
e non è facile che si abituino a questa nuova condizione. Per alcuni anziani è importante imparare a
utilizzare queste nuove tecnologie in modo da non sentirsi alienati dalla società moderna, mentre altri
mostrano una mancanza d'interesse o motivazione e riluttanza verso la tecnologia, a causa di una paura
di disumanizzazione dei rapporti sociali.
Un robot "assistente" trasmette ai potenziali utenti immagini di dipendenza e di solitudine, da cui gli
anziani tendono ad allontanarsi. Appare importante ridurre i pregiudizi riguardanti i robot di assistenza
per facilitarne l'accettabilità.
CAPITOLO 8 IL PROBLEMA DELL'"ACCETTABILITÀ" DELL'ARTIFICIALE
1. Accettare le tecnologie artificiali come parte della vita
I sistemi robotici e di "vita artificiale" hanno un diverso impatto sugli utenti. La percezione dei robot da
parte dei bambini è stata studiata da psicologi dello sviluppo, ma pochi studi hanno riguardato
l'accettabilità sul piano applicativo. Con il termine accettabilità dell'utente s'intende "la dimostrabile
volontà di un gruppo di utenti di usare la tecnologia per i compiti per cui questa è stata progettata". I
primi studi sul modello di accettabilità della tecnologia si fanno risalire a Davis con il "modello di
accettabilità della tecnologia" (Technology Acceptability Model, TAM - 1989). Secondo tale modello la
percezione d'uso da parte dell'utente e la facilità d'uso di un sistema determinano l'intenzione e l'effettivo
uso del sistema stesso. Alcuni autori hanno presentato un modello unico chiamato UTAUT (Unified
Theory of Acceptance and Use of Technology) in cui sono stati inseriti tutti i fattori rilevanti per
l'accettabilità. Nonostante il successo scientifico sia teorico che applicativo, sembra che la maggior parte
della popolazione sia ancora scettica o contraria all'utilizzo di robot in contesti educativi e di cura.
Secondo la recente indagine Eurobarometer solo il 3% degli intervistati ha dichiarato che i robot
possono rappresentare una priorità per la formazione e la cura. Questo atteggiamento è una delle più
grandi sfide che la ricerca scientifica sulla robotica assistiva deve affrontare per riuscire ad apportare
benefici reali nel campo dell'istruzione e della cura. Tra gli obiettivi dell'attuale ricerca robotica c'è
l'adeguamento dell'aspetto esteriore e dei comportamenti del robot al fine di migliorare l'accettabilità da
parte dell'utente.
2. I bambini e i robot
Le ricerche sull'accettabilità della robotica sono state condotte con persone anziane in situazioni di vita
assistita mentre pochi studi sono stati fatti con altri soggetti come i bambini.
L'accettabilità dei robot da parte di bambini piccoli è difficile da valutare per via della difficoltà nella
somministrazione di questionari. Per questo i fattori di accettabilità sono ricavati indirettamente
osservando la loro interazione. Un campione di 159 bambini ha valutato 40 immagini di robot,
definendo il robot umanoide come aggressivo, mentre un robot con sembianze umane, ma con alcuni
tratti da macchina, è definito amichevole.
Questo risultato sulle percezioni dei bambini ed il comportamento dei robot ha dato sostegno agli studi
sulla teoria Uncanny Valley (valle perturbante). Quando la somiglianza è molto elevata ma non totale si
crea un senso di turbamento o addirittura di repulsione.
Un aspetto quasi-umano provoca una sensazione strana e sgradevole, mentre solo una perfetta
imitazione delle sembianze umane (un vero e proprio "replicante") può produrre un livello di
accettabilità simile a quello di un uomo reale. I progettisti di robot hanno due alternativi per evitare il
fenomeno Uncanny Valley: o raggiungere una somiglianza umana perfetta (più facile nella realtà
virtuale, meno in quella dei robot fisici), o mirare un robot non umano, ma con piacevoli trattati
antropomorfi. Alcuni tratti (es. il colore della pelle o le sue caratteristiche maschili o femminili) possono
cambiare il modo in cui il robot è percepito dagli utenti, modificando la sua simpatia e la sua
accettabilità. Alcuni autori hanno proposto che la sensazione sgradevole descritta nell'ipotesi Uncanny
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Valley può essere causata e accentuata da un conflitto tra un aspetto simile a quello umano e un
movimento non proprio simile a quello dell'uomo.
3. L'accettabilità dell'artificiale: variabili e contesti
In ambito sanitario, uno dei benefici della tecnologia robotica è che le caratteristiche fisiche e le
funzioni del robot possono essere manipolate (es. viso, voce) per aumentare l'impressione di socialità e
simpatia nel robot al fine di facilitare le interazioni positive tra uomo e agente artificiale. Esiste una
variabilità data da come le persone percepiscono la vita artificiale e di come rispondono ad essa. Vari
fattori influenzano l'accettabilità da parte degli utenti quali: la personale innovazione, il background
culturale, il genere l'età e la valutazione generale di una particolare tecnologia. La volontà da parte di
una persona di utilizzare qualsiasi tecnologia nuova viene definita "innovazione personale". Le persone
di diversa nazionalità tendono a valutare le loro esperienze con i robot in modo diverso su vari aspetti
quali il divertimento, la socialità e l'antropomorfismo. Per mantenere atteggiamenti positivi coloro che
progettano un robot dovrebbero essere consapevoli di queste differenze e creare un robot che sia in
grado di adattarsi a culture diverse. Nella cultura giapponese i robot sono spesso rappresentati in modo
positivo. In Europa e negli Stati Uniti i robot sono spesso descritti come schiavi e/o nemici per l'uomo.
Gli uomini percepiscono gli strumenti tecnologici umanoidi come più utili rispetto alle donne che
preferiscono interagire con robot sociali.
Bambini e giovani tendono a reagire positivamente ai robot impegnandosi in attività di gioco con loro;
adulti e anziani riferiscono di essere disposti ad accettare l'assistenza di robot in vari compiti, comprese
le attività domestiche e di promemoria per la terapia farmacologica. Gli anziani, rispetto ai giovani,
hanno una minore intenzione di utilizzare i robot e mostrano emozioni più negative.
Infine, la percezione generale delle persone verso la tecnologia influenza il modo in cui esse la accettano
e ne valutano l'impatto sulla società. Questo può condizionare il comportamento quando il soggetto
interagisce con un robot e l'accettabilità sociale verso la vita artificiale.
Le risposte positive sono state osservate anche in membri del personale che lavorano in strutture che
utilizzano sistemi di Socially Assistive Robotics con i pazienti. Gli anziani residenti segnalavano un
miglioramento dell'umore dopo l'interazione con il robot. Altre ricerche mostrano come diversi gruppi di
pazienti ricoverati in ospedale hanno avuto reazioni differenti al robot.
Anche l'aspetto economico assume un ruolo nella percezione dell'accettabilità della robotica.
Due problemi emergono: molti utenti temono che le macchine diventino sostituti per la socializzazione
con le persone e gli animali; la continua evoluzione tecnologica interessa anche la persecuzione e
conclusione di un prolungato trattamento terapeutico con uno stesso robot. Bisogna considerare infatti
come la tecnologia diventa facilmente obsoleta, lasciando posto a più innovative e migliori versioni
emergenti di agenti artificiali.
CONCLUSIONI
Nella ricostruzione artificiale della vita vengono abbinate l'applicazione di modelli theory-grounded e
l'implementazione di modelli data-driven. Si passa dalla realizzazione di modelli che simulano l'attività
psicofisica, alla creazione di organismi artificiali che vivono e si evolvono nel mondo.
La sfida attuale della vita artificiale è mettere insieme le prospettive theory-grounded e data-driven.
In quest'ottica è importante distinguere un modello artificiale (che riproduce sinteticamente la realtà) da
un modello teorico che schematizza un funzionamento reale per consentirne la comprensione e la
traduzione in usi applicativi.
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