La coppa di Nestore. L’iscrizione si sviluppa su tre linee, tracciate utilizzando come guida le linee della decorazione dipinta sulla coppa, e corrispondenti ad altrettanti versi (un trimetro giambico e due esametri dattilici). Essa è delineata in alfabeto euboico, con andamento retrogrado. Da segnalare i sigma (a tre tratti) sempre destrorsi, la grafia geminata del lambda (l. 3, su cui vd. Risch 1987, 7-8), e i due punti (:) usati come segno di interpunzione. Νέστορός: ε[ἰμ]ι:̣ εὔποτ[ον]: ποτεριον hὸς δ ̓ ἂν το̃ δε πίε̄ σι: ποτε̄ ρί[ο]̄: αὐτίκα κε̃ νον hίμερος hαιρέσει: καλλιστε[φά]νο:̄ Ἀφροδίτες̄ L’incipit del testo (Νέστορός: ε[μ]ι̣) si presenta come una tipica ‘iscrizione di possesso’, in cui il vaso parla in prima persona qualificandosi come proprietà di qualcuno (“Io sono di X”). La tradizionale formula di possesso è però ampliata, a completare il v. 1, da un’apposizione che esalta il valore della coppa (εὔποτ[ον]: ποτεριον). Seguono i due esametri, in cui, con uno stilema che diverrà poi convenzionale, è espressa la più antica declinazione di quello che diverrà a sua volta un topos costitutivo della poesia simpo- siale greca, vale a dire l’inscindibile connessione del vino e della pratica simposiale con l’elemento erotico. Sin dall’editio prior, ha goduto di larghissimo consenso l’ipotesi che il Nestore del v. 1 debba essere identificato con il mitico re di Pilo, proprieta- rio, secondo un passo dell’Iliade (11. .632-637), di una sontuosa coppa, alla quale l’autore dei nostri versi avrebbe voluto in qualche modo alludere, o contrapponendo la coppa mitica (v. 1) a quella reale (vv. 2-3), o creando una sorta di ironica identificazione tra le due. Fermo restando che la metrica, la lingua e lo stile dell’iscrizione non lasciano dubbi sul fatto che il suo autore avesse piena familiarità con la dizione epica, secondo altri studiosi un legame diretto tra il Nestore della coppa pitecusana e il personaggio mitologico della saga troiana sarebbe invece da escludere:il nostro Nestore sarà stato semplicemente il proprietario della coppa, da identificarsi nel padre del fanciullo sepolto nella tomba 168, o forse il fanciullo stesso, cui fu offerto come estremo dono un oggetto simbolico di quelle gioie del vino e dell’amore, che da immatura morte gli furono precluse. Note al testo: sono presenti le aspirazioni iniziali, che invece mancavano nella dizione psilotica ionica orientale; al v. 2 hὸς δ ̓ ἂν (due lunghe) non trova riscontro nella lingua omerica poiché nella stessa sede metrica omero utilizza sempre ὅς δε κε (lunga breve breve) con la particella modale in forma eolica; in questo senso la lingua dell’iscrizione sembra essere un compromesso tra la lingua omerica e il dialetto euboico; l’utilizzi di καλλιστεφάνο, non attestato in Omero, sfrutta la flessibilità della stessa lingua greca e anche dell’epica omerica, proprio in relazione all’alternanza dei composti in καλλ- e ευ-, sulla base delle necessità metriche. Tre ipotesi: 1. richiamo all’episodio di Nestore e Macaone; 2. testimonianza di un’ epica peloponnesiaca; 3. si tratterebbe semplicemente del possessore della coppa. Il vaso del Dipylon. L’iscrizione graffita sull’oinochoe del Dipylon, rappresenta la più antica attestazione di alfabeto greco rinvenuta in Attica e una delle prime testimonianze di poesia scritta. Le prime 35 lettere restituiscono un esametro perfetto, che mostra come il suo autore (da non identificare necessariamente con l’incisore) avesse un’indubbia padronanza della dizione epica. Le successive 12 conservano probabilmente l’inizio di un secondo esametro, la cui trascrizione, per motivi di spazio o altra natura, fu maldestramente abbandonata. Con la solennità del metro, viene annunciato il premio per la vittoria in un agone di danza. hὸς νῦν ὀρχεστον πάντον ἀταλότα παίζει το τόδε κλ|μιν vacat Note al testo: La lettera <H> registra l’aspirazione iniziale; Non si fa alcuna distinzione grafica tra le vocali di timbro (<O>indica sia ο, sia ου, sia ω) Il verso 1 costituisce un vero e proprio esametro omerico ricalca Iliade 24, 784 (Ἕκτορ ἐμῷ θυμῷ πάντων πολὺ φίλτατε παίδων), il sintagma πάντων + superlativo è formulare in Omero, e παίζει, in clausola esametrica, è foneticamente e semanticamente concorde con παίδων Il distacco dall’usus omerico si riscontra nelle forme contratte.