LA SCRITTURA LA SCRITTURA SILLABICA LINEARE B I sistemi di scrittura adottati a Creta e poi in Grecia prima dell'introduzione dell'alfabeto, vengono distinti con le designazioni di scrittura lineare A (dal 1600 a.C. al 1400 a.C.) e scrittura lineare B (dal 1450 a.C. al 1200 a.C.). La scrittura sillabica lineare A La A, con 85 segni, è diffusa in tutta l'isola di Creta, mentre la B, con 88 segni, nell'isola è rinvenuta solo a Cnosso, ma si trova anche nella Grecia continentale, a Pilo e a Micene. La lineare A non è ancora stata decifrata, anche perché sembra che esprima una lingua non indoeuropea. APPROFONDIMENTO. Il disco di Festo Il Disco di Festo è un reperto archeologico ritrovato nell'omonima città di Festo, sull'isola di Creta, sotto un muro di un palazzo minoico. Fu trovato il 3 luglio del 1908 da una spedizione archeologica italiana guidata da Luigi Pernier e Federico Halbherr. Oggi lo si può ammirare nel Museo archeologico di Iraklio a Creta. È un disco di terracotta, delle dimensioni di 16 centimetri di diametro e 16 millimetri di spessore; la datazione stratigrafica ne attribuisce l'età al 1700 a.C.. Il disco è ricoperto di simboli impressi con stampini quando l'argilla era ancora fresca, disposti a spirale su entrambe le facce. I simboli totali sono 241, e sono suddivisi in piccoli gruppi da sottili linee. La scrittura è stata eseguita con grande cura dei dettagli, in modo da chiudere la spirale esattamente nel centro e da occupare tutto lo spazio disponibile. L'interpretazione più accreditata è che si tratti di una forma di scrittura sillabica, anche perché l'elevato numero di simboli distinti (45) sembra escludere la possibilità che si tratti di segni alfabetici. In ogni caso i segni del disco sono rimasti indecifrati, e non rivelano somiglianza formale con quelli di nessun'altra scrittura conosciuta. La scrittura sillabica lineare B La lineare B, grazie all'opera di Michael Ventris, è ormai facilmente decifrabile e serviva per trascrivere un dialetto greco dalle caratteristiche molto arcaiche. APPROFONDIMENTO. Il lineare B Il sillabario miceneo presenta le seguenti caratteristiche: - è costituito (esclusi alcuni ideogrammi) solo da segni per vocali isolate e per sillabe del tipo consonante+vocale, - i segni che servivano per le consonanti sorde (K, P, T) erano usati anche per le sonore (G, B) e le aspirate (KH, TH); è mantenuta solo la distinzione fra T/D. - i suoni R e L sono indicati da un unico segno R, - con Q si designa un suono molto antico ("Koppa") conservato in latino e mutato nel greco classico (lat. quis, greco ); Appare chiaro che il sillabario si rivelava poco adatto a rendere sia le consonanti finali di parola che i gruppi consonantici interni.Gli espedienti grafici che l'ortografia micenea adotta per ovviare all'imperfezione della scrittura sono due: I) omissione grafica delle consonanti finali: La norma si applica per le consonanti finali ( ); es.: KO-WO = . In particolare, la consonante doppia non viene mai notata; es.: KU-PA-RI-SI-JO = IQO = . Eccezionalmente in alcuni gruppi di due consonanti finali, è notato il penultimo elemento per mezzo della vocale quiescente, ripetendo la vocalizzazione della sillaba precedente; es.: WA-NA-KA = PO-KI-RO-QO = . II) notazione di entrambi gli elementi consonantici mediante una vocale di raccordo ("quiescente"). La norma si applica ai gruppi consonantici iniziali e mediani, e consiste nel vocalizzare la prima consonante come la seconda del gruppo in questione; es.: KU-RU-SO = E-RU-TA-RA = . Più raramente la vocale qiescente risulta essere una ripetizione della vocalizzazione della sillaba precedente; es.: A-RA-ROMO-TO-ME-NA = WA-NA-KA-TE = . I gruppi triconsonantici seguono le stesse norme dei gruppi biconsonantici: es.: A-RE-KU-TU-RU-WO = RE-KE-TO-RO-TE-RI-JO = . La dei dittonghi viene segnata, mentre la dei dittonghi viene omessa. I gruppi di segni che costituiscono le parole sono separati da una lineetta, da un puntino o da uno spazio bianco, ma una enclitica è sempre scritta di seguito alla parola che la precede; es: E-KE-QE = . Una proclitica è sempre scritta di seguito alla parola che la segue; es.: O-U-WO-ZE = . Questo barbaro sistema di trascrizione è da imputarsi non solo all'adozione della scrittura sillabica del tutto inadatta al greco, ma anche all'inettitudine degli scriventi a intendere rettamente i suoni della lingua suddetta. Esempio Traslitterazione 1: TI-RI-PO-DE AI-KE-U KE-RE-SI-JO WE-KE (ideogramma tripode II) TI-RI-PO E-ME PO-DE O-WO-WE (ideogramma tripode I) 2: DI-PA ME-ZO-E QE-TO-RO-WE (ideogr.vaso I) DI-PA-E ME-ZO-E TI-RI-O-WE-E (ideogr. vaso II) DI-PA ME-WI-JO QE-TO-RO-WE (ideogr. vaso I) 3: DI-PA ME-WI-JO TI-RI-JO-WE (ideogramma vaso I) DI-PA ME-WI-JO A-NO-WE (ideogramma vaso I) Forma greca ipotizzata (con ideogrammi) Traduzione Due tripodi Egeo cretese fece; un tripode su un piede con un orecchio-ansa; un vaso maggiore a quattro anse; due vasi maggiori a tre anse, un vaso minore a quattro anse; un vaso minore a tre anse, un vaso minore senza anse. LA SCRITTURA ALFABETICA Le prime testimonianza del ritorno della scrittura Per tutto il medioevo ellenico non abbiamo testimonianze scritte: sembra assodato che la scrittura scomparve. Le prime attestazioni di scrittura alfabetica greca risalgono all'VIII sec. a.C., con il graffito dal sito etrusco di Osteria dell'Osa (Gabii) e la coppa di Nestore da Pithecusa (Ischia), quindi da contesti esterni alla Grecia stessa, a stretto contatto con i commerci orientali. L’alfabeto fenicio È orami certo che la scrittura alafabetica greca sia un adattamento di quella fenicia. L'alfabeto fenicio era un'evoluzione dell'alfabeto cananeo, risalente al 1050 a.C. circa, e diffuso dai commercianti fenici attraverso Europa e Medio Oriente. Quello fenicio era un alfabeto puramente abjad, o alfabeto puramente consonantico, cioè composto solo da consonanti: per i Fenici infatti era facile ricavare la vocale sottintesa, grazie alle caratteristiche della loro lingua. Ma poiché il greco senza le vocali risulta totalmente incomprensibile, i Greci assegnarono valore di vocale ai segni consonantici fenici a loro superflui. Ad esempio l'alfa, segno greco che rappresenta la vocale A, corrisponde all'alef, segno fenicio dell'occlusiva glottidale (aspirazione forte). I Fenici, come ancora oggi fanno gli Arabi e gli Ebrei, scrivevano da destra a sinistra. I Greci, invece, dopo un breve periodo in cui mantennero questo andamento, adottarono l’uso di scrivere da sinistra a destra. Gli alfabeti epicorici Per diversi secoli coesistettero in Grecia numerose varietà locali dell'alfabeto. Ogni area dialettale aveva in origine il suo alfabeto preferenziale. Gli alfabeti epicorici greci erano tutti adattamenti dell' alfabeto fonetico fenicio e variavano per significativi dettagli, come la possibilità di distinguere la lunghezza delle vocali, o l'aspirazione iniziale. Si possono distinguere due grandi gruppi di alfabeti epcorici, a seconda del valore fonetico attribuito alla lettera X (chi): a) alfabeti orientali: X = kh. Diffusi in tutta la nella grecità orientale (Grecia e colonie asiatiche); b) alfabeti occidentali: X = ks. Diffusi grecità occidentale e nelle colonie dell’Italia meridionale. Una situazione particolare si osservava a Cipro: fino al V sec. a. C., il dialetto cipriota si serviva anche di una scrittura sillabica riadattata, discesa direttamente dall'antica lineare B. Fu appunto la somiglianza fra il sillabario cipriota a permettere a Michael Ventris la decifrazione del sillabario lineare B miceneo. Dall’alfabeto di Mileto a quello attico Alla fine dell'età arcaica, dall'Asia Minore, si diffonde l'alfabeto ionico (gruppo orientale), che col tempo soppianterà gli alfabeti epicorici, imponendosi come alfabeto normativo della lingua greca. L'alfabeto ionico di Mileto, si impose ad Atene nel 403 a.C., sotto l'arcontato di Euclide, arconte eponimo, diventando l’alfabeto Attico, che finirà per diffondersi in tutta la Grecia grazie alla fondazione della Lega di Delo. Dall’alfabeto di Cuma a quello latino Un alfabeto greco del gruppo occidentale, quello di Cuma, fornirà alla lingua etrusca la sua scrittura fonetica. Dall'alfabeto occidentale cumano, riadattato dagli Etruschi, deriveranno poi l' alfabeto latino nonché gli alfabeti delle altre popolazioni italiche, fra cui Liguri, Veneti, Osci, Umbri, Sanniti. Gli spiriti, gli accenti e le minuscole L'inventore degli spiriti - segni di aspirazione (che era già marcata su alcune iscrizioni, ma non tramite segni diacritici, bensì per mezzo di lettere) - e degli accenti sarebbe stato Aristofane di Bisanzio. Gli accenti e gli spiriti fecero la loro comparsa (sporadica) nei papiri solo a partire dal II secolo d.C. Il loro utilizzo iniziò a generalizzarsi da allora e venne perfezionato in epoca medievale. Ma è solo nel IX secolo d.C., dopo la fine delle lotte iconoclaste, che l'uso della grafia minuscola, della punteggiatura (al posto della scriptio continua), e dei segni diacritici diventa sistematico. Nel 1982, tuttavia, l'antico sistema, detto «politonico», essendo composto da segni divenuti da tempo ormai inutili, fu semplificato: nacque così il sistema «monotonico», odierno sistema ufficiale in Grecia. APPROFONDIMENTO. La coppa di Nestore La coppa di Nestore è un reperto archeologico rinvenuto nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, sull'isola d'Ischia, e portata alla luce nel 1955 dagli archeologi Giorgio Buchner e C. F. Russo.[1]. Risale al 725 a.C. circa. Costituisce il più antico esempio pervenuto di un brano poetico in scrittura contemporanea. È attualmente custodito presso il Museo Archeologico di Pithecusae, situato nel complesso di Villa Arbusto di Lacco Ameno, nell'isola d'Ischia. Caratteristiche La coppa è una kotyle, ossia una tazza piccola, larga non più di 10 cm, di uso quotidiano, decorata a motivi geometrici. Fu importata nella colonia greca di Pithekoussai, l'odierna Ischia, da Rodi, secondo alcuni insieme ad una partita di vasi contenenti preziosi unguenti orientali, Faceva parte del ricco corredo funebre appartenente alla tomba di un fanciullo di appena dieci anni. La coppa reca inciso su di un lato in alfabeto euboico in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra, come nella consuetudine fenicia, un epigramma formato da tre versi, il primo con metro giambico e il secondo e terzo perfetti esametri dattilici. Con i doppi punti nel testo in greco l'autore ha voluto indicare la giusta scansione ritmica dei versi (un verso con metro giambico e due esametri). Ecco l'incisione presente sul lato della kotyle e, in basso, la trascrizione: ΝΕΣΤΟΡΟΣ : [ΕΙΜΙ] : ΕΥΠΟ[ΤΟΝ] : ΠΟΤΕΡΙΟΝ ΗΟΣ ΔΑ[N] ΤΟΔΕ ΠΙΕΣΙ : ΠΟΤΕΡΙ[Ο] : ΑΥΤΙΚΑ ΚΕΝΟΝ ΗΙΜΕΡΟΣ ΗΑΙΡΕΣΕΙ : ΚΑΛΛΙΣΤΕ[ΦΑΝ]Ο : ΑΦΡΟΔΙΤΕΣ Νέστορος εἰµὶ εὔποτον ποτέριον ὃς δ’ ἂν τοῦδε πίεσι ποτερίου αὐτίκα κῆνον ἵµερος αἱρέσει καλλιστεφάνο Ἀφροδίτες Interpretazione Le poche, piccole lacune sono tutte interpretabili con sicurezza ad eccezione della seconda parola del primo rigo, che presenta quattro o cinque lettere mancanti. Ecco la trasposizione in Attico e l’interpretazione che è stata data dai primi editori: Attico Italiano Νέστορος εἰμὶ εὔποτον ποτήριον ὃς δ’ ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona Esistono varie interpretazioni dell'iscrizione alternative a quella più diffusa e comunemente accettata dagli studiosi. Alcune di queste si avvalgono di correzioni del testo, per spiegare l'effetto umoristico dell'incoerenza che si percepisce tra il primo rigo e gli altri. Per alcuni studiosi il primo rigo dovrebbe leggersi "Νέστορος μὲν..." ('La coppa di Nestore può esser buona, ma...'),[3] oppure [4] "Νέστορος ἔρροι ..." ('Coppa di Nestore, va' via!'). Una terza ipotesi è che il testo sia il risultato di una sfida durante un simposio[5]: qualcuno scrisse il primo rigo, poi toccò a un secondo aggiungere un secondo verso e così via. Uno dei più antichi documenti in lingua greca e il più antico frammento letterario Questa iscrizione, oltre a testimoniare la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con il Vicino Oriente e Cartagine, la Grecia e la Spagna, l'Etruria meridionale, sino alla Puglia, la Calabria ionica e la Sardegna (tanto che Buchner, contrariamente a quanto si era fino a quel momento ritenuto, poté identificare Ischia come la prima colonia greca dell'Italia meridionale), costituisce uno degli esempi più antichi di scrittura greca a noi giunto e rappresenta soprattutto il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero. Il riferimento all’Iliade L'iscrizione si rifà comunque a quanto descritto nell'XI libro dell'Iliade[2], v. 632, in cui si narra della leggendaria coppa dell'eroe acheo Nestore, figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla: τοῖσι δὲ τεῦχε κυκειῶ ἐϋπλόκαμος Ἑκαμήδη, « Apparecchiava intanto una bevanda τὴν ἄρετ' ἐκ Τενέδοιο γέρων, ὅτε πέρσεν Ἀχιλλεύς, θυγατέρ' Ἀρσινόου μεγαλήτορος, ἥν οἱ Ἀχαιοὶ ἔξελον οὕνεκα βουλῇ ἀριστεύεσκεν ἁπάντων. ἥ σφωϊν πρῶτον μὲν ἐπιπροίηλε τράπεζαν καλὴν κυανόπεζαν ἐύ̈ξοον, αὐτὰρ ἐπ' αὐτῆς χάλκειον κάνεον, ἐπὶ δὲ κρόμυον ποτῷ ὄψον, ἠδὲ μέλι χλωρόν, παρὰ δ' ἀλφίτου ἱεροῦ ἀκτήν, πὰρ δὲ δέπας περικαλλές, ὃ οἴκοθεν ἦγ' ὁ γεραιός, χρυσείοις ἥλοισι πεπαρμένον: οὔατα δ' αὐτοῦ τέσσαρ' ἔσαν, δοιαὶ δὲ πελειάδες ἀμφὶς ἕκαστον χρύσειαι νεμέθοντο, δύω δ' ὑπὸ πυθμένες ἦσαν. ἄλλος μὲν μογέων ἀποκινήσασκε τραπέζης πλεῖον ἐόν, Νέστωρ δ' ὁ γέρων ἀμογητὶ ἄειρεν. ἐν τῷ ῥά σφι κύκησε γυνὴ ἐϊκυῖα θεῇσιν οἴνῳ Πραμνείῳ, ἐπὶ δ' αἴγειον κνῆ τυρὸν κνήστι χαλκείῃ, ἐπὶ δ' ἄλφιτα λευκὰ πάλυνε, πινέμεναι δ' ἐκέλευσεν, ἐπεί ῥ' ὥπλισσε κυκειῶ. la ricciuta Ecamède. Era costei del magnanimo Arsìnoo una figliuola che il buon vecchio da Tenedo condotta avea quel dì che la distrusse Achille, e a lui, perché vincea gli altri di senno, fra cento eletta la donâr gli Achivi. Trass'ella innanzi a lor prima un bel desco su piè sorretto d'un color che imbruna, sovra il desco un taglier pose di rame, e fresco miel sov’resso, e la cipolla del largo bere irritatrice, e il fiore di sacra polve cereal. V'aggiunse un bellissimo nappo, che recato aveasi il veglio dal paterno tetto, d'aurei chiovi trapunto, a doppio fondo, con quattro orecchie, e intorno a ciascheduna due beventi colombe, auree pur esse. Altri a stento l'avrìa colmo rimosso; l'alzava il veglio agevolmente. In questo la simile alle Dee presta donzella pramnio vino versava; indi tritando su le spume caprin latte rappreso, e spargendovi sovra un leggier nembo di candida farina, una bevanda uscir ne fece di cotal mistura, che apprestata e libata, ai due guerrieri la sete estinse e rinfrancò le forze. » (Iliade, XI, trad. V. Monti) Bibliografia • GIORGIO BUCHNER, Pithekoussai, I, Monumenti Antichi dei Lincei, Roma 1993 • JOACHIM LATACZ, Homer, der erste Dichter des Abendlandes (Omero, il primo poeta dell' Occidente), ediz. inglese a cura di Ann Arbor, • C. O. PAVESE, “La iscrizione sulla kotyle di Nestor da Pithekoussai”, aus Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 114 (1996), 1–23 Note 1. La Coppa di Nestore e un'iscrizione metrica da Pithecusa dell'VIII secolo a. C., Accademia Nazionale dei Lincei: Rendiconti, vol. 10, Roma 1955). 2. BARRY POWELL la definisce "la prima allusione letteraria dell'Europa". Altri studiosi, tuttavia, rifiutano l'ipotesi secondo cui l'iscrizione si riferisce all'Iliade, sostenendo che la descrizione della Coppa di Nestore esisteva nella mitologia e nella tradizione orale indipendentemente dai poemi omerici. 3. A. KONTOGIANNIS, Η γραφή, in M. Z. KOPIDAKIS (ed.), Ιστορία της ελληνικης γλώσσας. Atene, Elliniko Logotechniko kai Istoriko Archeio, 1999, pagg. 360-379. 4. TARIK WAREH, Scritti greci Descrizione e discussione online sulla Coppa di Nestore 5. BARRY B. POWELL, Who invented the Alphabet: The Semites or the Greeks? - Archaeology Odyssey, 1998 Articolo on line