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Interpretazione del mito di Perseo e Medusa

Perseo e Medusa: interpretazione del complesso rapporto tra peso e leggerezza
nella lezione di Italo Calvino.
“Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se
guarderai a lungo dentro l’abisso, l’abisso guarderà dentro di te”.
Vorrei cominciare con questa citazione di Friedrich Nietzsche per creare un parallelo tra “chi
combatte mostri” e la figura dell’eroe Perseo, usata da Calvino nella prima delle Lezioni
americane per introdurre il tema della leggerezza. Attraverso un ideale approccio che lo
scrittore deve avere nei confronti della realtà (approccio che trova ottima rappresentazione
nella relazione antagonistica tra Perseo e Medusa), Calvino ci racconta un’interpretazione
del rapporto tra peso e leggerezza che vede quest’ultima come valore di supporto per
chiunque, come lui, voglia scrivere della realtà che lo circonda. All’interno di questa lezione,
per parlare della superiorità della leggerezza come arma per affrontare i disagi
dell’esistenza, viene preso in prestito dall’autore il modo in cui l’eroe del mito riesce a
sconfiggere la Gorgone: uccisa per la visione indiretta sullo scudo di Perseo, che permette
all’eroe di decapitarla senza incrociarne lo sguardo pietrificante.
Partendo proprio da questa caratteristica della Gorgone -l’abilità di trasformare in pietra
chiunque indugi sul suo sguardo- potremmo inoltre evidenziare un parallelo tra la citazione
di Nietzsche e le figure simboliche usate da Calvino nell’introduzione del suo discorso.
Le persone colpite dalla maledizione di Medusa vengono descritte da Calvino come statue di
loro stessi (“un'arma che egli usa solo in casi estremi e solo contro chi merita il castigo di
diventare la statua di se stesso”): dando vita a un’immagine suggestiva in cui chiunque
affronti un problema e tenti di risolverlo corre il rischio di crollare sotto il peso dell’impresa,
se non l’affronta con leggerezza, diventando duro e freddo come la roccia (“[…]mi sembrava
che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione più o meno
avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della
vita”). In parallelo, Medusa è la rappresentazione dei mali del vivere, un ideale, secondo una
visione nietzschiana, che se combattuto con pesantezza porta all’equivalente
trasformazione in mostri: cioè all’assunzione di atteggiamenti negativi derivanti dal
fallimento. Dentro di noi albergano mali sopiti, nascosti sotto la felicità e la bellezza,
aspettando solo di risvegliarsi -non a caso, all’interno del mito di Ovidio, Medusa era in
origine una donna bellissima.
E poiché un mostro vive in parte in ognuno di noi chiunque può essere il nemico di sé stesso,
o lo può diventare per qualcuno. Ma questa è solo una mia considerazione slegata dalla
lezione sulla leggerezza. Secondo questa interpretazione, però, chi ha l’ardire di combattere
mostri non troverà pace ma solo tormento. Tema che invece sembra essere molto caro a
Calvino -abbastanza da fargli chiedere come conciliare questi due aspetti sé: da una parte il
desiderio di scrivere («E io voglio scrivere della realtà», pensa Calvino), dall’altra quel ritmo
avventuroso e agile che voleva caratterizzasse la sua scrittura, ma che poco si sposa con
l’inerzia del nostro mondo (“Presto mi sono accorto che tra i fatti della vita che avrebbero
dovuto essere la mia materia prima e l'agilità scattante e tagliente che volevo animasse la
mia scrittura c'era un divario che mi costava sempre più sforzo superare”). Da questo
contraddittorio nasce il dilemma esistenziale dell’uomo (Forse stavo scoprendo solo allora la
pesantezza, l'inerzia, l'opacità del mondo…”), mentre il conflitto genera immobilità.
Spinta alla vita, alla dinamicità e all’avventura, e desiderio di riprendere contatto con il
mondo, che di sua natura è lento e ostile, sono qualità inconciliabili. Posare gli occhi su
questo abisso vuol dire interiorizzarlo, accettare che sia impossibile trovare un equilibrio;
lasciare che qualità negative come l’immobilità si attacchino alla nostra persona, perdere la
speranza -forse infantile, forse irreale- di trovare la felicità in questo mondo, e seppellire il
proprio animo sotto strati di roccia. Perché nulla può sfugge allo sguardo dell’abisso, non
importa quanto crediamo di nascondere la nostra parte più vulnerabile nel profondo (“Era
come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa”).
La gorgone è in tal misura il manifesto della pesantezza che Calvino riconosce come
ostacolo, tanto alla vita, tanto per lo scrittore che vuol parlare di essa; e in maniera non
meno metaforica, la Gorgone è anche un ideale dal quale Nietzsche ci esorta dal non
cimentarci a combattere, pena il rischio di diventare vacui e ottusi. Calvino deve dunque
aver visto nel mito di Medusa una corrispondenza con il suo pensiero: all’interno della
lezione sulla leggerezza -come ho citato poco sopra-, infatti, viene esplicato come
l’immobilità e la perdita di senso possano essere qualità che s’attaccano facilmente agli
individui -e di conseguenza alla scrittura ([…] “qualità che s'attaccano subito alla scrittura, se
non si trova il modo di sfuggirle”, come una lenta pietrificazione di chi affronta la realtà con
piede pesante). Del resto, quale mostro migliore della Gorgone per rappresentare un tipo di
male capace di lasciarti congelato, se combattuto in modo diretto. La Gorgone è quella
parte che ci sussurra parole di tormento quando siamo soli con i nostri pensieri, e attraverso
i suoi occhi, gettiamo lo sguardo su abissi incommensurabili.
Tuttavia, il mito di Medusa nella lezione sulla leggerezza non si limita a rappresentare
simbolicamente un nemico per l’umanità, bensì vuole porre di fronte alla Gorgone l’unico
eroe in grado di sconfiggerla: Perseo, l’alfiere della leggerezza, colui che davvero incarna
quell’ideale, quella qualità, di cui Calvino si fa promotore nel suo discorso. Nonostante
questo Perseo è solo un utilizzatore dello strumento chiamato «leggerezza», un vessillo
esemplare per la razza umana, che osserva la realtà attraverso un riflesso, e così protegge i
suoi occhi dalle immanità dell’abisso. Ciò che davvero rappresenta la leggerezza sono gli
strumenti di cui Perseo fa utilizzo: che essi siano un dono ricevuto da Atena (come lo scudo,
simbolo del passaggio dell’insegnamento da maestro ad allievo) o il risultato di un’impresa
(come i sandali alati, avuti invece dalle ninfe dello Stige). Appare indubitabile, insomma, -più
all’interno del mito che nell’effettivo discorso di Calvino- che la leggerezza non sia una
qualità posseduta fin da subito, ma che si apprende con il tempo. Non per nulla diventare
come Perseo è un’impresa complicata ([…] “versi che mi paiono straordinari per spiegare
quanta delicatezza d'animo sia necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri”).
È evidente che le mie considerazioni vadano oltre la lezione di Italo Calvino; tuttavia anche
questo fa parte del gioco d’interpretazioni che Calvino stesso vuole mettere in piedi: le
immagini di “Perseo e Medusa” evocano suggestioni che forniscono la base per decodificare
il senso del mito -ciò che può nascondere il racconto eroico. Queste vengono orchestrate da
Calvino in maniera egregia, così da fornire un esempio al suo ideale di leggerezza senza mai
dover rompere quel gioco di immagini che si crea nella mente del lettore (per citare
un’ennesima volta il testo di riferimento: “Meglio lasciare che il mio discorso si componga
con le immagini della mitologia”).
Ognuno può vedere in Perseo e Medusa un significato diverso -il miglior modo in cui
preferisce affrontare la realtà in base alla misura in cui si rispecchia in quelle immagini; sia
però noto che la leggerezza è il valore fondamentale per affrontare le difficoltà del vivere,
attorno al quale ruotano le sfumature legate all’esperienza personale. Per questa ragione,
per definire in che modo Perseo sia l’interprete della leggerezza, dovrò soffermarmi proprio
sulle immagini forniteci da questo mito.
Parliamo infatti dei quattro elementi, oltre ai protagonisti, messi a fuoco nella lezione sulla
leggerezza: i sandali, lo scudo, il sangue e la testa di Medusa. La soluzione esposta da
Calvino propone di affrontare la realtà in maniera indiretta, tramite la leggerezza:
quell’ideale positivo che non è tanto rappresentato da Perseo, quanto più dagli strumenti
che porta con sé. Partendo infatti dal primo di questi, i sandali, possiamo notare come
Perseo non sia l’interprete della leggerezza poiché possiede l’innata capacità di volare ergersi al di sopra dei problemi, osservando il mondo da una diversa prospettiva-, necessita
invece di uno strumento per fare ciò; come se, sostenersi «sui venti e sulle nuvole», fosse
impossibile senza qualcosa che ti spinga verso l’alto. Stessa situazione per lo scudo, il vero
interprete della leggerezza: lo strumento attraverso il quale osservare il mondo tramite la
distorsione di un riflesso ([...] “e [Perseo] spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo
in una visione indiretta, in un'immagine catturata da uno specchio”).
Perseo, «che non rivolge il suo sguardo sul volto della Gorgone ma solo sulla sua immagine
riflessa», è un modello di comportamento per tutti gli uomini; ma nonostante questo un
uomo rimane, e dunque non può agire senza lo scudo che lo protegge, uno scopo, o
un’impresa da compiere. L’uomo deve diventare capace di adoperare lo strumento della
leggerezza, ciò può avvenire quando ha un motivo che lo spinga a impugnarlo. Ricordiamo:
essere come Perseo non è semplice, e a tal proposito Calvino mette in luce fin da subito le
qualità che una persona deve avere per dominare la leggerezza.
Dopo l’ennesima impresa, quando riuscì a trarre in salvo Andromeda, fermandosi ad un
fiume per lavarsi le mani, Perseo si preoccupò di poggiare la testa di Medusa sopra uno
strato di foglie, per far sì che non venisse sciupata dalla sabbia (in oltre, qui avviene la
metamorfosi in corallo dei ramoscelli su cui è poggiata la testa). Questo gesto è la prova,
secondo Calvino, che la bontà di cuore sia una qualità imprescindibile, specie per quelli che,
come Perseo, sulle spalle portano il mantello di “eroe della leggerezza”. La testa di Medusa,
una volta che il mostro viene decapitato, diventa sia un’arma da rivolgere contro nuovi e più
insidiosi avversari, sia un fardello, delicato e deteriorabile, di cui è necessario aver cura.
Calvino ci sta ora descrivendo quei gesti che definiscono un eroe come Perseo: se da una
parte la leggerezza è un metodo (affatto semplice) di staccarsi dalla realtà, utile a lasciare
lontano il tormento che potrebbe dare uno sguardo diretto sull’abisso, d’altra parte non
chiede di rinnegare completamente il mondo per cui fornisce un filtro (“È sempre in un
rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del
mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere […]”). L’abisso, i mostri, sono cose che vivono
dentro di noi, è impossibile sbarazzarsene, non importa quanto ardentemente lo vogliamo:
finché avremo vita, loro vivranno in noi. Non possiamo far altro che accettare questa
situazione… La scelta sta però nel decidere come affrontarla.
Accettare che dentro di noi viva un abisso d’iniquità, o che il mondo sia popolato da mostri,
non vuol dire per forza lasciarsi paralizzare o che questa situazione non cambierà mai: è
l’ossessione di voler affrontare tutto con pesantezza -voler essere per forza cinici e seriosi,
perché sembra la via più giusta, o perché si tende a confonde la leggerezza con l’ingenuitàche conduce inevitabilmente all’immobilità. Le persone che affrontano l’esistenza con
leggerezza potranno anche sembrare ingenue, almeno si muovono in una direzione.
Ancora una volta Perseo è utile a rappresentare questo concetto: a seguito della sconfitta
della Gorgone (una volta portata a termine la difficile impresa affidatagli dal re Polidette),
Perseo vede ripagati i suoi sforzi quando dal sangue di Medusa nasce Pegaso, il cavallo
alato; sia dunque la testa mozzata, ancora capace di pietrificare con lo sguardo e di creare la
vita attraverso il sangue, sia il nuovo destriero su cui monta Perseo (entrambi utili per
affrontare nuove sfide), non sarebbero ottenibili senza il presupposto di affrontare Medusa.
La sconfitta del mostro, avvenuta pur tramite l’espediente della leggerezza, ha determinato
un miglioramento delle condizioni dell’eroe, ora più forte, in grado di portare con sé ciò che
ha potuto imparare dalle esperienze precedenti e che gli sarà utile per quelle successive. In
questo modo, tramite la metamorfosi delle esperienze negative in qualcosa di utile per la
crescita personale ([…] “la sottile grazia del corallo che sfiora l'orrore feroce della
Gorgone…”), è possibile perseguire la ricerca di un equilibrio che veda come essenza
portante la felicità, oppure che permetta allo scrittore che ha perduto contatto con la realtà
di recuperare quella passione che lo aveva spinto a scrivere all’inizio.