Giovanni Verga nella sua famosa novella intitolata “Rosso Malpelo” racconta la storia di un giovane ragazzo che lavora in condizioni disumane in una cava siciliana del tardo 1800. L’opera fa parte del movimento letterario del Verismo e affronta uno dei temi sociali più dibattuti in quel periodo, ovvero lo sfruttamento minorile. Seppur sia passato più di un secolo dal racconto di Verga, questo fenomeno rimane uno dei problemi più urgenti e rilevanti a livello globale. La violenza sui bambini non esisteva solo nel profondo Sud come scriveva Verga, ma purtroppo esiste anche oggi nei paesi più progrediti, come testimoniano tante cronache e articoli di giornale. Violenza che comprendeva corruzione, usura, politica fiscale che colpiva i poveri, ma anche i bassi salari e la mancanza di misure di sicurezza sul lavoro. Anche adesso, dopo tanti anni e nonostante una maggior presa di coscienza per migliorare le condizioni di lavoro, nel mondo sono ancora tantissimi i bambini che vengono sfruttati, costretti a lavorare diverse ore al giorno in condizioni impensabili, portati via dalla scuola e dunque privi di un'istruzione. I bambini sfruttati nei paesi in via di sviluppo sono per lo più impiegati nelle miniere, nei laboratori tessili e nelle aziende di giocattoli, ma anche nel settore agricolo, nelle piantagioni, nelle miniere e nelle fabbriche di abbigliamento. In tutto il mondo lo sfruttamento minorile è illegale. Ma perché quindi continua ad esistere? C'è un grosso problema di sfruttamento della manodopera a basso costo da parte dei paesi industrializzati e delle multinazionali, che spesso approfittano della situazione per sfruttare la struttura fisica dei bambini, più adatta a svolgere certi impieghi. Spesso i bambini vengono impiegati per lavori pericolosi o diventano soldati già in giovanissima età. Altri vengono invece sfruttati per il turismo sessuale, in località turistiche molto famose e frequentate. Questo è quello che accadeva sia in Rosso Malpelo, dove il padre muore e il figlio si perde nella cava e non fa più ritorno, sia oggi, con i bambini-soldato che muoiono trucidati. Infatti, è impressionante il numero di bambini uccisi o rimasti feriti in guerra, perché obbligati ad imbracciare un’arma per accompagnare gli adulti nelle azioni di guerriglia. Ormai i bambini vengono usati anche come kamikaze. Che società è una società che non ha più rispetto neanche per i bambini? Ma cosa spinge un adulto a maltrattare o sfruttare un bambino? Probabilmente questi fenomeni derivano principalmente da disagi a livello economico e sociale. Certi bambini vengono abbandonati a sé stessi e l’unico futuro che hanno è quello di andare a lavorare, non importa in che condizioni. Partendo invece da Pirandello, nella novella Ciaula scopre la luna, egli affronta il tema del lavoro minorile, che come abbiamo notato è già ampiamente trattato dal Verga in Rosso Malpelo, e le estreme condizioni lavorative e di vita nella Sicilia post-unitaria. Quest’ultimo tema si ricollega alla narrativa verghiana e alla “questione meridionale” che fa da sfondo alle opere del Verga. Sotto questi aspetti, le analogie tra le due narrazioni sono lampanti, ma emerge fin da subito una differenza fondamentale: Pirandello, al contrario di Verga, carica di significati simbolici la sua narrazione. Prendiamo in considerazione la tematica della condizione dei lavoratori, che, nella novella Ciaula scopre la luna, è possibile mettere a fuoco con la figura di Zi’ Scarda, che, nonostante non sia più in grado di lavorare, perché stanco e vecchio, è costretto a farlo, a causa dell’indigenza in cui vive. La situazione è tragica e Pirandello parte proprio dalle dure condizioni di vita già ben documentate in Verga. Però Zi’ Scarda, al contrario dei lavoratori della miniera verghiani, viene descritto come un povero diavolo, deriso da tutti ed è caratterizzato dalla smorfia che fa con il labbro, ovvero “il suo versaccio solito” per raccogliere “il saporino di sale” di una lacrima. Si tratta, ovviamente, di un espediente dalla base umoristica che genera il sentimento del contrario rispetto al dramma che quei solchi richiamano. I cui solchi del viso, richiamano i cunicoli stretti e bui della cava e per lui la lacrima salata, più salata delle altre, è un motivo in più per ricordare il figlio morto. Questo elemento di umorismo, un mix di comico e patetico, è la differenza sostanziale tra Pirandello e Verga, che invece racconta la realtà con la durezza tipica del Naturalismo. Infatti, il punto di vista di Pirandello è oggettivamente diverso: non vuole raccontare la realtà obiettivamente come il narratore naturalista ma mette sotto i riflettori anche l’aspetto psicologico ed emotivo. Certo, anche Pirandello parte da personaggi che appartengono alla stessa società messa in scena da Verga, tant’è che Zi’ Scarda viene sin da subito connotato come un vinto che si sfoga con Ciaula per i torti da lui stesso subiti dai minatori più forti. Anche Ciaula è descritto con tratti umoristici: i suoi tratti fisiognomici sono quelli di un essere a metà strada tra l’uomo e l’animale e la sua indole da ingenuo lo fa assomigliare ad un uomo primitivo! Lampante in questo senso è il terrore dell’oscurità di una notte senza luna. Ciaula è diverso da Rosso Malpelo: anche se Pirandello fa riferimento ai carusi che venivano costretti a lavorare fin da bambini come schiavi e come Verga ben descrive, Ciaula è davvero un personaggio nuovo. Nei tratti e nella condizione di vita e di lavoro è molto simile a Malpelo, ma lui in quella miniera addirittura vive bene, al riparo dalle paure che sono fuori dalla cava, al punto che la stessa rappresenta un involucro quasi materno perché mentre Rosso Malpelo aveva come punto di riferimento il padre, Ciaula è completamente solo e non può contare che sulla pietà di Zi’ Scarda. Un'altra differenza tra i due riguarda il loro comportamento: Malpelo è violento e crudele a causa delle ingiustizie e dello sfruttamento che ha subito e riserva agli altri lo stesso trattamento, Ciaula, invece, non si vendica, subisce passivamente le ingiustizie altrui, anche per via del suo ritardo mentale. Ciaula quindi si differenzia nettamente da Rosso Malpelo perché in lui troviamo elementi di introspezione psicologica netti e chiari, soprattutto quando poi “scopre la luna”. È lì che Ciaula lo scemo scopre una nuova realtà, prima mascherata ai suoi occhi: ovviamente sapeva dell’esistenza della Luna, ma come sottolinea Pirandello “tante cose si sanno, a cui non si è mai dato importanza”. Il mondo esterno quindi non è così terrificante e la sua bellezza ora è in palese contrasto con la violenza del lavoro in miniera, che ora appare improvvisamente terribile. Anche il rapporto con i compagni di lavoro all’interno elle due opere è differente: in Malpelo sono indifferenti alla sorte del ragazzo che trattano in modo crudele, infatti, subisce senza lamentarsi percosse e punizioni, ma si vendica appena può; in Ciàula invece, gli uomini nella miniera sono meno crudeli e lo prendono in giro in modo bonario, per la convinzione di essere elegante, per il fatto di indossare una vecchia camicia, che molto tempo prima doveva essere molto bella. I protagonisti stessi, sono apparentemente simili, accomunati dalla brutalità dello sfruttamento e dalla fatica eccessiva cui sono sottoposti. In realtà sono due personaggi molto diversi tra loro: Ciàula è un minorato mentale di età adulta, uno schiavo inconsapevole che non si rende conto di nulla, neppure della fatica cui sottoponeva il suo fisico. Ha una bocca sdentata, cammina scalzo ed ha delle gambe misere e storte; Rosso Malpelo è un ragazzo orfano di padre e abbandonato da tutti, è, infatti, crudele e vendicativo. Ha i capelli rossi e un viso con lentiggini. Entrambi i protagonisti sono condizionati dalla morte, Ciàula vede morire Calicchio, il figlio del suo padrone Zi Scarda, e provoca in lui la paura del buio e della notte; Malpelo sconvolto dalla morte del padre, avvenuta anch’essa all’interno della cava. Arriviamo così alla differenza più grande tra le due novelle: il finale in cui: Ciàula scopre che nella notte vera, non quella della miniera, la luce della Luna rappresenta una possibilità di vedere qualcosa e questa scoperta lo commuove e lo stupisce, la Luna rappresenta per lui la speranza di un avvenire migliore, la visione del cielo è quindi diversa, Malpelo guarda con diffidenza il cielo dove secondo quanto dicevano gli altri doveva esserci il paradiso; Malpelo credendo solo in ciò che vede non riesce a credere alla possibilità di qualcosa di sovrumano che possa esserci nel cielo. In Rosso Malpelo il finale è molto più triste, si perde nel tunnel, dove stava cercando un collegamento con un altro posto, non riesce più a uscirne e di lui si perdono tutte le tracce. Perciò si può concludere affermando che sia Verga che Pirandello rappresentano l’ambiente meschino della società secondo i canoni oggettivi del Verismo, ma Pirandello, nonostante faccia luce su pregiudizi e ipocrisie, ha come scopo principale di osservare la psicologia dell’uomo, senza soffermarsi all’apparenza, indagando più a fondo dentro l’animo umano e non limitandosi a testimoniare una situazione. La parola “Lavoro”, citata già varie volte, assume vari significati a seconda di che cosa si stia parlando. In fisica, viene definito come il prodotto scalare tra forza e spostamento. In economia, invece, come attività produttiva, per produrre beni o servizi, in cambio di un compenso. Dunque, sorge spontanea la domanda: Cosa è realmente il lavoro? È sempre stato così, come lo conosciamo oggi, o ci sono stati dei cambiamenti? Per cercare di rispondere a queste domande, inizieremo ad analizzare l’evoluzione del lavoro negli anni. Cominciamo con l’analizzare il termine Lavoro. Esso deriva dal latino “labor” che significa fatica. Ancora oggi i Benedettini riprendono questo termine per indicare un loro dogma: ” Ora et Labora”, Prega e Lavora. Oppure in inglese, con una pronuncia differente, significa lavoro. I cambiamenti radicali nell’ambito lavorativo, che segnano il passaggio da uno stile di vita ad un altro, sono le tre rivoluzioni industriali Prima di esse, lo stile di vita era dettato da altri standard. Come: dal dì e dalla notte, dal signore che dominava sui servi, dall’ascesa della borghesia, dal declino della nobiltà, dalle macchine che soppiantano il lavoro manuale, dalla corrente elettrica e via dicendo. Facendo un passo indietro, ricordiamo del medioevo le crociate, i conflitti tra sovrani e vassalli delle potenze europee, come la guerra dei cento anni tra Francia e Inghilterra, e lo sfruttamento dei servi e contadini da parte dei feudatari. Con il rinascimento, tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, iniziamo ad avere una borghesia composta da banchieri e proprietari terrieri, che essenzialmente domina l’Europa. Tra le famiglie più conosciute ci sono i Medici a Firenze o gli Sforza a Milano. Iniziano quindi a formarsi i comuni governati dal ceto borghese e non più dalla nobiltà. La prima rivoluzione industriale, avvenuta nella metà del ‘700 in Inghilterra, permise di sfruttare le macchine a vapore in ambito tessile e metallurgico. Ciò permise ai proprietari degli stabilimenti industriali di ridurre il numero di persone da assumere. Perché una macchina riusciva a fare il lavoro di decine di persone ad un prezzo minore senza mai fermarsi. Inoltre, prima della rivoluzione industriale, le persone erano abituate a vivere in campagna a coltivare i propri appezzamenti di terra o dei padroni, ricordiamo la servitù della gleba, abolita in alcuni paesi nel XVI secolo e in altri nel XIX, e i giorni di corvée. È proprio attorno alla città che gira il mondo industriale degli anni a venire e non più nelle campagne. In seguito, le persone cominciarono a muoversi nelle città perché divennero i punti di interesse per lavorare. La seconda rivoluzione industriale, avvenuta verso il 1870, non investì solo l’Europa; anche America, Giappone e Cina videro un grande sviluppo economico grazie all’elettricità e l’industria chimica. Probabilmente, la seconda risulta essere a noi più importante della prima perché molte scoperte o prodotti sono utilizzati ancora oggi, le macchine non necessitavano più direttamente del carbone e dell’acqua per funzionare, ma di energia elettrica. Questa poteva essere prodotta non solo dal carbone nelle centrali, ma anche dal petrolio. Di fatto, questo ultimo combustibile fossile ebbe poi un ruolo fondamentale come carburante per le automobili e i mezzi da guerra. Infine, con la terza rivoluzione industriale avvenuta nel 1970 circa, si ha un grande sviluppo dell’elettronica, dell’informatica e delle telecomunicazioni. Quest’ultime hanno permesso, e permettono tutt’ora, di vivere il mondo come lo conosciamo oggi, Hanno permesso di vivere in un mondo globalizzato e digitalizzato. Dove basta un click per ordinare da mangiare o comprare qualcosa. La digitalizzazione ha di fatto raggiunto dei livelli incredibili negli ultimi venti anni. Molti mestieri come: blogger, streamer, youtuber, influencer e tanti altri, non esistevano prima. Nella storia, siamo passati dal contadino del medioevo, che era costretto a lavorare dieci ore al giorno la terra con strumenti manuali, all’imprenditore digitale che lavora direttamente da casa attraverso dei dispositivi collegati alla rete e al web. Questa è stata una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro dell’ultimo millennio, chissà cosa ci sarà in futuro. Il lavoro quindi, ciò che facciamo, dove, come, quando, e per il quale riceviamo una retribuzione, si trasforma radicalmente come detto con la prima rivoluzione industriale. Prima tre erano i modi di produzione: In primis la bottega artigiana, contemporaneamente luogo di produzione e di formazione dove tutti i membri della bottega possedevano le stesse competenze e conoscevano tutte le fasi della lavorazione del prodotto. Poi vi è la produzione a domicilio, diffusa soprattutto nel settore tessile, dove il mercante, forniva la materia prima alla famiglia contadina, che lavorava a casa propria. Ed infine la protofactory dove la lavorazione era concentrata in un edificio apposito in cui parecchi lavoratori producevano il medesimo oggetto. In Inghilterra quest'ultimo modo di produzione lentamente cresce, si trasforma, si meccanicizza e si generalizza segnando il passaggio da un'economia agricolo-artigianale a un'economia industriale fondata sulla fabbrica. Il sistema di fabbrica cambia lentamente i metodi di produzione, le forme di organizzazione del lavoro, il rapporto fra l'uomo e il lavoro. Le trasformazioni si verificano quasi contemporaneamente nel settore tessile e in quello siderurgico. La fabbrica è un luogo di lavoro separato dall'abitazione; un gran numero di uomini, ma anche di donne e bambini, in cambio di un salario, lavorano in modo disciplinato e sotto sorveglianza su un insieme di macchinari di proprietà dell'imprenditore, mossi da energia inanimata. Conseguenze importanti sono che il lavoro: - è strettamente vincolato alla macchina che giorno e notte deve essere continuamente alimentata; - è organizzato e parcellizzato, svolto per segmenti assegnati sulla base di una crescente divisione del lavoro, con ritmi e tempi imposti; - è semplificato, ripetitivo e scarsamente qualificato. - ed infine è anche strettamente disciplinato dal regolamento. Andiamo quindi ad analizzare il regolamento, il quale: - definisce le condizioni di assunzione e di licenziamento oltre che la durata della giornata lavorativa, i salari e le multe per assenze e ritardi; - regola i comportamenti, come sospensioni per pulire le macchine o per il pranzo, spostamenti all'interno della fabbrica, entrata e uscita dalla fabbrica e scandisce i tempi; - elenca i divieti come parlare, cantare, scherzare e qualunque cosa possa distrarre dal lavoro che si sta svolgendo; - definisce le sanzioni per gli errori o le mancanze come il mancato rispetto degli orari o delle gerarchie; - e stabilisce le modalità di controllo e di perquisizione, principalmente contro i furti che dati i bassi salari erano largamente diffusi. I regolamenti non nascono da un accordo fra lavoratori e imprenditore: non sono contratti collettivi, valgono solo all'interno della specifica fabbrica. Servono a far produrre in modo continuativo e all'unisono lavoratori che fino a quel momento avevano svolto prevalentemente lavori nel settore agricolo. La fabbrica cambia il lavoro e il suo significato: adatta i ritmi biologici della fatica umana a quelli infaticabili della macchina, sostituisce il tempo segnato dal giorno, dalla notte e dalle stagioni col tempo meccanico dell'orologio. I lavoratori della prima rivoluzione industriale sono eterogenei, cioè molto diversi tra loro non solo per età e per sesso ma anche perché è differenziato il loro rapporto con la fabbrica: alcuni lavorano a tempo pieno, alcuni sono qualificati e altri non, alcuni lavorano a tempo parziale o solo fino al matrimonio, ecc... ecc… In generale si può distinguere fra un: proletariato di fabbrica ridotto ad appendice della macchina, che comprende un gran numero di donne e bambini; ed un gruppo più ristretto costituito da artigiani qualificati che, entrati in fabbrica, mantengono le proprie competenze e un certo potere contrattuale. Fatica, lunghi orari, ritmi lavorativi estenuanti, turni continui, disoccupazione ricorrente, infortuni, malattie, epidemie di colera o tubercolosi, reddito insufficiente, assenza di ogni forma di tutela come l’indennità di disoccupazione, la pensione o l’assicurazione, ambienti malsani fuori e dentro la fabbrica caratterizzano una vita segnata a fondo dalla precarietà. Nel nuovo mercato del lavoro occupano un posto rilevante le donne e i bambini, soprattutto nel settore tessile o in miniera. Verso il 1830 in Inghilterra le donne sono quasi il 60% e i bambini o i ragazzi sotto i 18 anni il 46% dei lavoratori di fabbrica. Solo nel 1831 viene introdotta in Inghilterra una legge che limita la giornata lavorativa a 12 ore giornaliere per chi ha meno di 18 anni. Le Proteste sociali Le durissime condizioni di lavoro e di vita e le profonde trasformazioni in atto provocano ben presto forme di reazione e di protesta sociale, anche organizzata e violenta. Il luddismo combatte la prima meccanizzazione distruggendo le macchine, ritenute responsabili della disoccupazione. Nonostante la politica repressiva del governo inglese come pena di morte, divieto di associazione, di rivendicazioni e di sciopero, nascono quindi anche nuove forme di organizzazione: - La società di mutuo soccorso, in sostegno e solidarietà reciproca in caso di malattie, morte, disoccupazione; - E le associazioni che rivendicano migliori condizioni di lavoro e una legislazione che non tuteli solo gli interessi industriali. Nel 1825, i lavoratori inglesi ottengono il diritto di associazione e ben presto anche l'estensione del diritto di voto a tutti gli uomini adulti. Sta emergendo la possibilità per i lavoratori di avere e di far valere il proprio punto di vista sulla realtà. Il movimento operaio internazionale Marx ed Engels favoriti dal travolgente sviluppo industriale della seconda rivoluzione nel 1864 diedero vita a Londra alla Prima Associazione internazionale dei lavoratori (1864-1876) alla quale parteciparono, inglesi, francesi, tedeschi, e le rappresentanze di Paesi a struttura ancora prevalentemente agricola, quali l’Italia e la Spagna. All’interno dell’Associazione si svolse una dura lotta tra: - il progetto marxista, che credeva in una ferrea organizzazione partitica del movimento e nella conseguente dittatura del proletariato ai fini dell’abbattimento del sistema capitalistico e della società borghese - Ed i seguaci di Bakunin, che sostenevano la rivolta spontanea delle masse nel segno dell’ideale anarchico di una libera federazione di comunità autogestite. Lo scontro si risolse con la sconfitta delle concezioni anarchiche di Bakunin, ma anche con la crisi dell’Associazione, che nel 1876 si sciolse. Il movimento socialista continuò a organizzarsi attraverso partiti rivoluzionari nazionali, che la Seconda Associazione Internazionale dei lavoratori fondata nel 1889 tentò poi di coordinare. Un'importante decisione fu quella di battersi per la limitazione della giornata lavorativa a otto ore e per la celebrazione della festa del primo maggio, in ricordo di uno sciopero a Chicago nella fabbrica di macchine agricole McCormick, durante la quale la polizia, sparò sui manifestanti provocando numerose vittime. Ma le diverse posizioni sull'intervento nella prima guerra mondiale finirono per dividere anche la Seconda Internazionale. L'Internazionale è la più famosa canzone socialista e comunista adottata come inno dalla Seconda Internazionale. Scritta in francese nel 1871 e musicata nel 1888. In molte nazioni europee fu resa illegale all'inizio del XX secolo a causa della sua immagine rivoluzionaria. Nel 1919 nacque a Mosca la Terza Internazionale, o Internazionale comunista, che raccolse intorno a sé i partiti comunisti di parecchi Paesi europei insieme con altri gruppi, anarchici e socialisti-rivoluzionari, che accettavano l'orientamento e le realizzazioni del bolscevismo. Si dichiarò che la Seconda Internazionale era “vergognosamente fallita” perché troppo vicina alla mentalità borghese e si riuscì a costituire, intorno al Partito comunista sovietico, un organismo compatto ma legato fortemente ai sovietici che finì col rappresentare gli interessi dell'URSS, in particolare nel periodo staliniano. Fu sciolta nel 1943. In Italia il movimento operaio ebbe come iniziale forma organizzativa le poche società di mutuo soccorso, sorte nel Nord della penisola pochi anni prima dell’unità, erano controllate dai moderati e aventi come iscritti ben pochi operai dell’industria. Solo negli anni Ottanta dell'Ottocento, in concomitanza con il primo vero avvio dell’industrializzazione, si fecero strada idee e organismi organizzativi di ispirazione socialista. Nel 1882 il Partito operaio italiano e nel 1892 il Partito socialista, crearono le prime Camere del lavoro su base ancora territoriale, con lo scopo di erogare assistenza; nel 1906 la fondazione della Confederazione generale del lavoro, CGL, e nel 1912 l'Unione sindacale italiana, UIL. In quel periodo nacque anche un sindacalismo cattolico. Il collegamento che si stabilì tra il movimento europeo e quello delle Americhe, alimentato dalle gigantesche ondate migratorie, contribuì a dare all’espressione movimento operaio e sindacale una dimensione internazionale. La terza rivoluzione industriale Oggi, nel mondo del lavoro, stiamo vivendo trasformazioni di grande portata, da molti paragonate a quelle verificatesi tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, quando a partire dall’Inghilterra era iniziato il lungo processo di industrializzazione Due secoli dopo la prima rivoluzione industriale, che costruì il treno e la ferrovia e un secolo dopo la seconda rivoluzione industriale, che ha prodotto l’automobile e l’aereo, è in corso una terza rivoluzione industriale basata sull’elettronica, l’informatica e la telematica che segna il passaggio da un mondo dei trasporti a un mondo della comunicazione, in cui a muoversi sono innanzitutto informazioni e dati. Il nuovo ‘modello’ è in fase di definizione; i suoi contorni non sono ancora definiti e, dunque, quella che noi viviamo è una fase di transizione di cui si possono individuare tendenze generali di sviluppo che convivono con realtà tipicamente fordiste o, addirittura, della prima rivoluzione industriale.