Riassunto psicologia clinica Manuale. (Sanavio, Cornoldi) – copertina blu. 1 CAPITOLO – NASCITA E AFFERMAZIONE DELLA PSICOLOGIA CLINICA. Lo psicologo clinico fornisce aiuto in molte condizioni di sofferenza e malattia attraverso il ricorso a conoscenze e procedure che derivano dalle varie branche della psicologia. Il termine clinica, deriva dal greco, kline (che significa letto) e indica le attività che il medico svolge al letto del malato, il termine fa riferimento alla malattia e alla sofferenza e al fatto di dare aiuto grazie alle conoscenze e ai metodi psicologici. Con il termine approccio clinico si indica l’osservazione diretta al letto del malato, in contrapposizione a una medicina che né spogliava né toccava il malato, ma faceva diagnosi per assiomi e sillogismi. Psicologia clinica e psicologia di base. Qual è il rapporto tra la psicologia clinica e quella di base? Nella cultura italiana esse vengono spesso presentate come separate e diverse e anche contrapposte. Oggi è palese la continuità, la psicologia clinica può essere intesa come una scienza applicata direttamente di conoscenze e metodologie sviluppate dalla psicologia di base , a letto del malato e ai problemi che lo affliggono. La psicologia clinica rimane una scienza-professione, che ha il duplice compito di aiutare le persone bisognose sul piano psicologico e cercare di approfondire la conoscenza necessaria per offrire un aiuto più efficace in futuro. Definizioni. Gli psicologi clinici, non si occupano solo di disturbi mentali, ma sono coloro che rispetto agli altri psicologi se ne occupano maggiormente e lavorano in servizi e strutture di salute mentale. Una definizione di psicologia clinica ci viene data dalla più antica associazione di psicologi, l’American Psychological Association. Essa afferma che la psicologia clinica integra scienza, teoria e pratica, sia al fine di capire, predire e alleviare disadattamento, disabilità e disagio, sia al fine di promuovere l’adattamento umano e lo sviluppo personale. Una definizione italiana: la psicologia clinica è un settore della psicologia i cui obiettivi sono la spiegazione, la comprensione, l’interpretazione e la riorganizzazione dei processi mentali disfunzionali o patologici, individuali e interpersonali. Essa è finalizzata agli interventi atti a promuovere le condizioni di benessere socio-biologico e i relativi comportamenti, anche preventivi, nelle diverse situazioni cliniche e ambientali. La psicologia clinica nasce a cavallo tra ‘800 e ‘900 attraverso: La pratica dei reattivi mentali per la valutazione dei bambini intellettualmente deficitari , ch si allargherà all’età adulta e ai test della personalità. 1 La pratica dell’ipnosi nel trattamento dell’isteria, che in seguito lasciò il passo alla psicoanalisi di Freud. Essa ha avuto il suo sviluppo maggiore negli Stati Uniti; i momenti di maggior espansione furono dati dai due conflitti mondiali, dove fu forte la richiesta di collaborare con test mentali e attitudinali per la selezione dei militari e nell’opera di reinserimento e sostegno di mutilati e reduci di guerra. Nel primo dopoguerra, negli Stati Uniti, e molto meno in Europa, troviamo èquipe per i servizi sociosanitari per l’infanzia: sotto la direzione di un medico, lo psicologo si occupava di test mentali e di terapie di rieducazione ; vi era anche un ‘assistente sociale, che faceva visite domiciliari per prendere visione dell’ambiente sociale e familiare, facendo interviste ai genitori e mantenendo contatti con la famiglia. 2 CAPITOLO- PSICODIAGNOSTICA. Secondo una formula , risalente agli anni ’50 dello psicologo americano Murray, ogni uomo è sotto certi aspetti: Come tutti gli altri uomini Come alcuni altri uomini Come nessun altro uomo L’ottica dello psicologo clinico è quella del particolare, più che guardare la foresta o il bosco , osserva il singolo albero e magari le relazioni che esso ha con gli altri alberi. L’esame psicodiagnostico, può essere descritto come un complesso processo di raccolta , analisi ed elaborazione di informazioni, volto a rispondere a uno dei tanti quesiti posti dalla psicologia clinica. Spesso esso viene descritto come un imbuto che va via via restringendosi , quanto più ampia è la base di conoscenza dello psicologo , tanto più ampio sarà i ventaglio di ipotesi alternative che egli prenderà in esame; via via che l’esame progredisce , diminuisce l’incertezza riguardo le moltissime variabili cliniche. L’esame psicodiagnostico, non è una passiva raccolta di informazioni, ma un processo attivo, simile al problem-solving e decision-making , ovvero un complesso processo di raccolta e di elaborazione di informazioni relative al soggetto in questione. È più di una diagnosi. Colloquio clinico. Unità fondamentale dell’esame psicodiagnostico è il colloquio clinico; la sua finalità è l’esame del problema che porta il paziente a rivolgersi a uno psicologo clinico. Esso non è una procedura di ascolto e registrazione passiva di informazioni , ma un processo di ricerca attiva e intelligente delle coordinate che danno un senso psicologico a quanto il paziente propone. Viene utilizzato prima di tutto il materiale verbale e viene esplorato il cosiddetto sistema cognitivo-verbale: ciò che il paziente pensa e ciò che il paziente dice di se. 2 È vero che la prima finalità del colloquio clinico è quello di esaminare il problema del paziente, ma è altrettanto vero che la sua seconda finalità è quella di stabilire un rapporto di fiducia collaborazione tra paziente e psicologo. Il colloquio tende a individuare prima i tutto variabili che influenzano gli aspetti elementari del problema posto in esame come per esempio, quando l’umore disforico del mattino migliora nel corso della giornata, peggiora il sabato o la domenica , diviene intollerabile durante le festività come il natale. Il colloquio risalirà fino poi al primo insorgere del problema e lo ripercorrerà fino al momento attuale (storia del problema). Una volta esplorato il problema iniziale, lo psicologo allargherà il suo quadro d’azione e prenderà in esame ulteriori problematiche (allargamento); un ampio spazio sarà poi dedicato alla storia personale. (fase del profilo complessivo). Infine nelle sue fasi conclusive, il colloquio ritornerà su quanto il paziente si aspetta dallo psicologo clinico e dall’esame psicodiagnostico in corso (analisi delle aspettative). Il colloquio clinico che conclude l’esame psicodiagnostico non è più volto a raccogliere informazioni, ma a fornirne, lo psicologo spiega al paziente in modo chiaro e trasparente quanto l’esame psicodiagnostico ha messo in luce. IL MODELLO MULTIDIMENSIONALE. Per concludere l’esame psicodiagnostico, lo psicologo può utilizzare svariate informazioni; queste ultime sono state classificate in classi, a seconda del canale dal quale provengono e si distinguono ulteriormente in tre classi principali: - - - La prima classe è quella proveniente dal canale verbale: sono le informazioni che un soggetto fornisce durante il colloquio clinico, durante un’intervista strutturata, nella compilazione di un questionario, ecc.. ovviamente queste informazioni non sono neutre, ma sono in diverso grado soggettive, sono influenzate da variabili legate al contesto nel quale vengono raccolte. Seconda classe è data dalle informazioni che provengono da un’osservazione diretta del comportamento della persona, come il comportamento non verbale nel corso del colloquio clinico, un’osservazione sul campo, ecc.. ad esempio in una scuola, in day hospital ; neanche queste informazioni sono neutre. La terza classe di informazioni , sono quelle ricavabili dalla registrazione delle risposte elettrodermiche , della frequenza cardiaca, dell’attività cerebrale.. (registrazioni strumentali dell’attivazione psicofisiologica). Pag 28 ASSESSMENT PSICOFISIOLOGICO. L’assessment psicofisiologico è il segmento dell’esame psicodiagnostico che è deputato alla valutazione delle specifiche modalità del sistema di risposte psicofisiologiche della persona in esame. Lo psicologo registra in forma continua, per un certo periodo di tempo (20-40 minuti) una serie di indici psicofisiologici: - L’attività mioelettrica La frequenza cardiaca 3 - La frequenza respiratoria La temperatura periferica cutanea La pressione sistolica e diastolica La conduttanza cutanea Una parte significativa della tecnologia dell’assassment psicofisiologico deriva dal lie detector (rivelatore di bugie) la macchina della verità viene utilizzata da tempo in sede giudiziale o in sede investigativa in molti stati, per evidenziare le alterazioni fisiologiche associate alla produzione di risposte errate. Una volta analizzata la linea di base, in molti casi interessa valutare una reazione di attivazione, in cui lo psicologo confronta il livello di attivazione a riposo con il livello di attivazione in presenza di condizioni stimolo che inducono stress, sforzo mentale,ecc, si parla di profilo psicofisiologico. Si parla di alessitimia per indicare l’incapacità di riconoscere, denominare e verbalizzare il mondo delle emozioni e questo favorirebbe l’insorgenza di malattie psicosomatiche. OSSERVAZIONE Si parla di osservazione naturalistica, quando l’osservazione ha luogo in un ambiente naturale nel quale si verifica spontaneamente il comportamento preso in esame; esempi di osservazione naturalistica avvengono nel caso dei disturbi alimentari; alcuni specialisti trovano utile pranzare con il paziente , ad esempio nella mensa dell’ospedale. Un’osservazione ancora più naturalistica è quella di accompagnare il paziente e pranzare con la sua famiglia, ma anche questa situazione può essere artificiosa; si definisce reattività di un comportamento , il cambiamento di comportamento di una persona quando viene osservata, la reattività va scemando con il protrarsi o con il ripetersi delle osservazioni. Osservare e registrare il comportamento manifesto, può sembrare un’operazione semplice, ma non lo è. Solitamente lo psicologo raramente dovrà costruire di sana pianta una griglia di osservazione , nella maggioranza dei casi infatti, può attingere a quelle già costruite in precedenza. Per esempio Paul studiò un aspetto frequente di ansia sociale, cioè la paura di parlare in pubblico, veniva chiesto a ciascun partecipante di tenere un breve discorso davanti ad un gruppo di ascoltatori, sia prima dell’inizio del trattamento, che alla fine. Mescolati tra il pubblico, vi erano anche due collaboratori di Paul, addestrati a valutare il comportamento dell’oratore , essi registravano su un’apposita scheda , ogni 30 secondi, la presenza o l’assenza di 20 comportamenti osservabili. Una tecnica intermedia è data dall’automonitoraggio, questa tecnica venne originariamente messa in atto riguardo una ricerca sulla riduzione del fumo di sigaretta: lo psicologo consegnava a ciascun partecipante un piccolo quaderno sul quale registrare ora e minuto ogni qualvolta si accendeva una sigaretta ; è dimostrato che il semplice fatto di tenere l’automonitoraggio di un comportamento indesiderato porta ad una sua piccola risoluzione. INTERVISTE STRUTTURATE La diagnosi è un processo decisionale complesso è legato al funzionamento mentale di chi la effettua. 4 Gli psicologi del pensiero, hanno messo in luce come le diagnosi effettuate dai medici , ma anche dagli stessi psicologi, possano essere influenzate da distorsioni del pensiero. Le procedure standardizzate e le interviste strutturate riescono a ridurre gli errori diagnostici. Le interviste strutturate , sono simili al colloquio clinico , ma sono molto meno libere, il contenuto e le modalità delle domande sono infatti prestabiliti. L’intervista strutturata, ha fondamentalmente due differenze rispetto al colloquio clinico: valuta un costrutto specifico e da luogo ad un punteggio o una classe relativa a quel costrutto. L’adult attachment interview, fu sviluppato da George, Kapian e Main allo scopo di classificare lo stile di attaccamento in età superiore ai 16 anni. Si tratta di un’intervista semistrutturata che richiede all’incirca un’ora, consiste in 18 domande aperte che indagano l’esperienza del soggetto con le principali figure di riferimento nell’infanzia (i genitori), ripensando le situazioni di difficoltà dove la presenza del genitore è fondamentale per la cura e la protezione del piccolo e si sofferma su eventuali esperienze di separazione, rifiuto, maltrattamento e lutto vissuti nell’infanzia. Le risposte vengono registrate e in seguito trascritte integralmente. Il sistema di classificazione si conclude con l’assegnazione di una categoria principale di attaccamento in parallelo con la strange situation. 1. 2. 3. 4. 5. Attaccamento distanziante Attaccamento sicuro Attaccamento coinvolto o preoccupato Attaccamento con lutti o traumi non risolti Attaccamento inclassificabile La più celebre intervista della storia della psicologia clinica è chiamata intervista struturata, è stata introdotta da due cardiologi, Rosenman e Friedman. È un’intervista provocativa , l’intervistatore non tende tanto ad ascoltare empaticamente il paziente, ma piuttosto a far emergere in lui alcune reazioni di irritazione o di ostilità, ad esempio arriva anche a parlare sopra il paziente o a non fargli completare un discorso, l’attenzione è rivolta in parte alle risposte del paziente, ma soprattutto all’osservazione del suo comportamento, alla mimica del volto, alle variazioni di intonazione della voce, alla gestualità; tutta l’intervista viene videoregistrata e si esamina in seguito in base ad una complessa griglia di analisi. Il costrutto indagato è detto di tipo A attraverso l’esame di un vastissimo campione di individui sani che sono stati seguiti per oltre 10 anni sotto il profilo cardiovascolare. Le ricerche hanno dimostrato che oltre alla sedentarietà, al fumo, l’ipertensione ,ecc.. alcuni soggetti andavano incontro a una maggiore incidenza di malattie coronariche, ed erano quei pazienti che durante le interviste registrate tanti anni prima , avevano presentato un certo pattern di risposte, che è stata denominata di tipo A mentre è stato chiamato di tipo B quel genere di risposte di cui facevano parte individui più protetti. 5 L’intervista clinica strutturata per il DSM 5 è la SCID-5 , che non è mirata ad un costrutto specifico, ma si tratta di un’intervista di carattere diagnostico riguardo alle malattie mentali, l’intervistatore utilizza dei moduli diversi a seconda del tipo di paziente che ha davanti e a seconda delle risposte iniziali; ciascun modulo prevede una serie di domande che vanno poste al paziente, in base alle risposte date, l’esaminatore deve registrare se una determinata caratteristica non è presente, se è presente a un livello sotto-soglia , se è presente a un livello clinicamente significativo. La Cambwell family interview, esplora le emozioni espresse dai familiari di pazienti psichiatrici nei confronti del loro congiunto malato e prende in considerazione soltanto l’emotività esplicita del familiare senza prendere in considerazione gli stati d’animo inespressi. È un’intervista flessibile, che non predetermina ne la forma delle domande né l’ordine con il quale porle, ma lascia l’intervistatore libero. Ha una durata media di circa un’ora e ogni singolo familiare è intervistato separatamente , le interviste vengono videoregistrate ; la valutazione si basa, oltre che sui contenuti espressi anche sulle caratteristiche extraverbali e paraverbali delle risposte . La valutazione viene condotta separatamente sia dall’intervistatore sia da un secondo psicologo abilitato. La Yale-Brown Obsessive scale è un’intervista semistrutturata e fa riferimento ai criteri diagnostici del disturbo ossessivo compulsivo forniti dal DSM al fine di misurare la gravità al momento di sintomi ossessivi e compulsivi in pazienti con disturbo ossessivo.compulsivo già diagnosticato. La K-SADS viene effettuata in ambito evolutivo e consiste nell’intervistare prima i genitori e successivamente il bambino con lo scopo di rilevare notizie sull’ambiente familiare, sulla salute del bambino, sul rendimento scolastico, la famiglia, eventuali traumi subiti e così via… TEST PSICODIAGNOSTICI AUTOVALUTATIVI accanto ai colloqui clinici vi sono anche i test psicodiagnostici, nelle fasi iniziali è opportuno il ricorso a test che offrono analisi ad ampio spettro, da essi infatti emergono ipotesi di allargamento e di approfondimento del problema, che possono aiutare lo psicologo nella messa a fuoco della sua strategia di colloquio e di esame. Nelle fasi più avanzate dell’esame sarà invece opportuno l’utilizzo di test che offrano l’analisi di costrutti più specifici e mirati. Recentemente si è sviluppata la psicodiagnostica computerizzata, grazie all’uso del computer è stato possibile minimizzare tempi e fatiche. MINNESOTA MULTIPHASIC PERSONALITY INVENTORY(MMP) è il più noto e diffuso questionario di personalità sviluppato negli anni ’30 all’università del Minnesota; l’intento principale del test era di screening, discriminare tra normalità e psicopatologia. Sono stati identificati una serie di item che permettevano di differenziare la popolazione normale dai pazienti con le diagnosi psichiatriche più comuni dell’epoca , le scale sono le seguenti: 1. Ipocondria 2. Depressione 6 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Isteria Deviazione psicopatica Mascolinità/femminilità Paranoia Schizofrenia Ipomania Introversione sociale Alle scale cliniche si aggiungono quelle di controllo. LA BATTERIA CBA l’acronimo CBA significa cognitive behavioral assessment e indica una serie di tecniche di analisi di informazioni provenienti dall’autoreferto del soggetto e ha due presupposti: - Integrazione orizzontale e presuppone il modello multidimensionale e una strategia di integrazione tra le diverse componenti dell’esame psicodiagnostico. Integrazione verticale presuppone l’adozione di una strategia flessibile e ritagliata su un caso specifico che procede per approfondimenti successivi. Le scale primarie CBA indagano in maniera generale, ampie problematiche , esse tendono a individuare eventuali aree disfunzionali della vita del soggetto. Per verificare la validità e l’attendibilità di un protocollo CBA, bisogna considerare diversi indici di validità (scale di controllo) alcuni analizzano il livello di accuratezza con cui il soggetto ha rispost, altri evidenziano possibili interferenza imputabili ad esempio ad uno stato di ansia, altri ancora considerano i tentativi di simulazione messi i atto dal soggetto per presentarsi sotto una luce favorevole, ecc… LA MISURAZIONE DELL’ANSIA Cattell fa una distinzione importante tra due forme di ansia: L’ansia di stato: è uno stato transitorio emozionale è una condizione dell’organismo umano caratterizzata da sentimenti soggettivi percepiti a livello cosciente , di tensione e apprensione, essa può variare e fluttuare nel tempo. L’ansia di tratto: si riferisce a una predisposizione stabile verso l’ansia , associata alla tendenza di rispondere con elevati livelli di intensità a situazioni percepite come minacciose. Lo STAI risale al 1970 e consiste in una scala di 40 item distribuite in due scale da 20 item ciascuna, di uno stato che viene indicato come Y1 e uno di tratto che viene indicata come Y2. Le istruzioni della scala Y1( ansia di stato) fanno riferimento a domande tipo: come si sente adesso?in questo momento? Quelle della scala Y2(ansia di tratto) chiedono invece di fare riferimento a come lei abitualmente si sente. BECK DEPRESSION INVENTORY È il test di depressione per antonomasia, lo scopo è la misurazione dell’intensità della depressione , permette quindi di monitorare l’evoluzione dello stato dell’umore nel corso di un episodio depressivo. 7 Il test risale agli anni ’60, diagnosticare uno stato di depressione o disforia anche grave , non significa che il soggetto debba essere diagnosticato come affetto da disturbo depressivo, ovviamente la diagnosi di un paziente non può basarsi su un test, ma su un assessment multidimensionale. VALUTAZIONE DEI DISTURBI DI PERSONALITA’. sono fondamentali i dati dell’osservazione diretta, del colloquio clinico, della storia personale. TECNICHE PROIETTIVE Hanno come fondamento teorico la cosiddetta ipotesi proiettiva: le risposte di un individuo a stimoli ambigui, che gli vengono presentati , riflettono caratteristiche stabili della sua personalità. Questi metodi consistono nella presentazione di stimoli poco strutturati o addirittura ambigui, con la richiesta al soggetto preso in esame di interpretarli. Ci si aspetta che il test funzioni da schermo bianco, sul quale il soggetto proietta le sue caratteristiche psicologiche: bisogni, conflitti, atteggiamenti, interessi, ecc.. Il ruolo attivo e costruttivo della persona nella percezione e nell’interpretazione della realtà. In realtà è dimostrato che tali tecniche risentono degli stati emotivi temporanei e la loro applicazione può portare a riscontri differenti. I primi metodi proiettivi, risalgono alla fine dell’800. REATTIVO PSICODIAGNOSTICO DI RORSCHACH La più nota tecnica proiettiva è quella di Rorschach del 1921, egli fece esperimenti con un gran numero di macchie d’inchiostro su gruppi di pazienti psichiatrici per studiare problemi di percezione. Si trattava di macchie casuali, ottenute facendo cadere poche gocce d’inchiostro su un foglio di carta e ripiegandolo in modo da ottenere una figura approssimativamente simmetrica. Alla fine Rorschach selezionò 10 fogli, lo psicologo mostra al soggetto ogni tavola domandandogli cosa vede , cioè cosa potrebbe rappresentare ciascuna tavola. Lo psicologo annota le risposte del soggetto, il tempo impiegato per rispondere, la posizione in cui vengono tenute le tavole e ogni altra manifestazione dl comportamento. Terminata la presentazione, lo psicologo ripresenta ciascuna tavola chiedendo quali parti e quali aspetti della figura hanno determinato la risposta o le risposte. L’interpretazione offrirebbe secondo Rorschach una valutazione globale della personalità, sia una valutazione qualitativa dell’intelligenza, sia di aiuto alla diagnosi differeziale. TEST DI INTELLIGENZA La valutazione clinica può includere l’uso di test che riguardano la sfera cognitiva, cioè le abilità di percezione, pensiero, memoria, apprendimento, attenzione, ecc… 8 La valutazione dell’intelligenza è stata oggetto di ampi dibattiti, si è affermato che le disfunzioni di un individuo possano essere associate ad una debolezza intellettiva complessiva. Ad esempio, si valuta l’intelligenza di bambini e anziani per riconoscere il grado di invalidità e capire se le difficoltà incontrate , siano riferibili a ritardo mentale o demenza , o debbano essere ricercati in fattori più specifici. La valutazione del quoziente di intelligenza viene fatta con uno strumento classico che è la scala stanfordbinet , per valutare il quoziente di intelligenza (QI) ovvero il rapporto (moltiplicato x cento) fra età mentale ed età cronologica. Un'altra scala molto conosciuta è quella delle matrici progressive di Raven , che si basa sulla richiesta di una specifica operazione di ragionamento induttivo su stimoli visivi. Queste matrici si basano su un’idea d’intelligenza unitaria , oggi messa in discussione a favore di una concezione gerarchica dell’intelligenza , per cui vi sono varie componenti intellettive distinte ognuna delle quali ha un peso diverso. LE SCALE WECHLER Sono quelle che riscuotono di maggiore popolarità, si basano sulla somministrazione di una serie di prove che esaminano aspetti differenti del funzionamento cognitivo. VALUTAZIONE COGNITIVA E NEUROPSICOLOGICA DI SPECIFICHE FUNZIONI. La necessità di valutazioni cliniche più specifiche riguardo aspetti specifici del funzionamento mentale, insorge quando non è sufficiente avere una stima complessiva dell’efficienza intellettiva dell’individuo , ma è necessario ottenere valutazioni più raffinate e mirate che tengano conto che l’individuo può avere difficoltà in una specifica area cognitiva ma non in un’altra. Le valutazioni specifiche hanno numerosi vantaggi, esse infatti consentono una diagnosi più precisa del problema del malato , in secondo luogo possono offrire informazioni preziose anche per una valutazione medica generale. Infine permettono di riconoscere lo specifico problema dell’individuo e di prendere decisioni relative alle modalità di intervento più opportune. LA CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI MENTALI. Per gran parte del ‘900 si sono avute svariate definizioni di disturbi mentali. Si osservava che la schizofrenia , negli anni ’50 e ’60, era 10 volte più diagnosticata a New York che a Londra , ad esempio. Già alla fine dell’800 si ebbero tentativi di realizzare una classificazione delle malattie mentali internazionalmente condivisa. Quando venne istituita l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) , nacque un manuale (ICD – International statistical classification of diseases) che però ignorava le malattie mentali 9 Solo nel 1946, fu inserita una sezione relativa ai disturbi mentali, si trattava di un lavoro molto grossolano che scontentò la comunità di psichiatri americani. Questi procedettero per conto loro e diedero vita nel 1952 a un loro DSM (diagnostic and statistical manual of mental diseases) , la revisione attuale è nota come DSM-5 . Per quanto riguarda la classificazione dell’organizzazione mondiale della sanità, oggi si usa l’undicesima revisione (ICD-11). Entrambi i sistemi diagnostici suddividono i disturbi mentali sulla base di set di criteri con caratteristiche descrittive, entrambi si limitano a identificare le tipologie più frequenti di disturbo mentale e a fotografarne gli elementi associati. Che rapporto c’è tra DSM E ICD? Essi sono il prodotto di due storie separate che fortunatamente si sono ricongiunte ; il DSM è molto più accurato ed è il riferimento principale della ricerca scientifica e delle valutazioni più raffinate. L’ICD è d’obbligo a livello mondiale in base a precisi accordi tra governi , è alla base delle statistiche e della burocrazia ospedaliera , anche nel sistema sanitario italiano. 3 CAPITOLO PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO. Non sempre è facile tracciare un confine tra quella che può essere considerata una crisi transitoria e ciò che costituisce invece un vero e proprio disturbo. Per esempio un bambino piccolo che ha paura del buio costituisce la normalità, mentre se lo stesso timore è presente in un’adolescente potrebbe essere un campanello d’allarme. L’adulto deve tener conto che non può usare lo stesso quadro di riferimento o comunque il confronto con bambini più grandi quando si accorge di un comportamento problematico o inadeguato. Potrà cominciare a preoccuparsi quando il suo timore viene confermato dal giudizio di un esperto o dal confronto con numerosi bambini della stessa età che non presentano lo stesso comportamento. IL CONCETTO DI DISTURBO IN ETA’ EVOLUTIVA. La presenza di problematiche caratteristiche di una certa età non costituisce un elemento psicopatologico, a meno che l’intensità e la frequenza con cui compaiono siano eccessive. Ad esempio una delle caratteristiche fra i bambini fra i 6 e i 10 anni è il tratto di iperattività , che in qualche modo è presente in percentuale maggiore nei maschietti e quindi può essere considerato normale. Ciò non esclude che l’iperattività possa assumere un grado così elevato da essere intollerabile e incontrollata. Se non esiste soluzione di continuità fra normalità e disturbo, la definizione del grado particolare (cut-off) oltre il quale si può parlare di disturbo è arbitraria. C’e chi stabilisce il cut off non tanto in base a un dato percentuale , ma in base alla probabilità che il disturbo ha di permanere nel tempo con la stessa intensità e di comportare problemi più gravi per lo sviluppo della persinalità. 10 Ad esempio la paura di un bambino di otto anni di aprire il frigorifero è rara, ma non per questo patologica a meno che non sia associata ad altre problematiche. Si parla in questo caso di sindromi per far riferimento al fatto che un singolo elemento , anche se poco frequente , non deve costituire fonte di preoccupazione , mentre una serie di elementi , possono indicare una severa diagnosi cinica. LA CLASSIFICAZIONE DIMENSIONALE DEI DISTURBI PSICOLOGICI EVOLUTIVI. Per quanto riguarda la classificazione dei disturbi psicologici evolutivi , bisogna considerare il grado di tassonomicità e il grado di continuità. Il grado di tassonomicità, si riferisce alla misura in cui i disturbi vengono classificati e si distinguono in categorie distinte i vari disturbi che possono presentarsi. Questi sistemi, hanno il vantaggio di una maggiore chiarezza e della possibilità di ricondurre casi diversi a una famiglia comune di disturbo. Ad esempio se si individua un caso con un certo profilo di problemi alimentari , la possibilità di diagnosticarlo come anoressia nervosa , permette di collegarlo al altri simili e di orientare la valutazione diagnostica e l’intervento. Molti disturbi non sono distinguibili con un sistema classificatorio e potrebbero farci credere che tipicamente i bambini che presentano un problema ne presentano un altro associato( comorbilità) , non per una semplice coincidenza, come ad esempio un bambino che presenta gli orecchioni e una frattura al perone, ma per il fatto che i due disturbi rientrano in un comune quadro sindromico. Un altro svantaggio è rappresentato dai problemi di etichettatura , per cui il bambino viene classificato in relazione a un preciso disturbo viene condizionato nel suo modo di affrontare la vita e soprattutto per l’atteggiamento che gli altri assumono nei suoi confronti, ovvero dell’etichetta che lo caratterizza. Un altro problema di molti sistemi classificatori si riferisce al grado di continuità, un grado di continuità basso indica che considerato un certo aspetto patologico, si assume che un bambino lo possieda e quindi presenti il disturbo , o non lo possieda. Ad esempio una ragazza o ha problemi alimentari e allora viene definita anoressica e considerata patologica, o non li ha , allo stesso modo in cui un individuo, ha contratto un’infezione e quindi è malato o non l’ha contratta. Il DSM-5 ha recepito maggiormente questo aspetto, suggerendo di esplicitare al meglio i diversi gradi di gravità che un determinato disturbo può presentare. ESEMPI DI DESCRIZIONE DIMENSIONALE Ad esempio la scala COM prende in considerazione le problematiche che sono presenti tipicamente presenti nei disturbi di comportamento disattento e iperattivo e basandosi sulla presenza dei sintomi descritti dai manuali diagnostici DMS e ICD e sulla loro intensità, fornisce una descrizione multidimensionale del bambino. 11 Il caso esempio è quello di Francesco un bambino di 8 anni , che non mostra problemi di apprendimento , a comportamentali (non sta mai fermo, zitto da quando è piccolissimo) ; sia i familiari sia le maestre si lamentano del comportamento iperattivo e oppositivo non aggressivo. Pratica sport, è bravo , ma gli istruttori dicono che non rispetta le regole; per ogni sintomo descritto, genitori e insegnanti sono invitati a indicare il grado di presenza e intensità su una scala da 0 a 3 punti. Un sistema dimensionale, che ha raggiunto una certa influenza è stato proposto da Achenbach e colleghi, che chiesero a insegnanti e genitori di osservare e valutare molte centinaia di bambini in relazione a una serie di tratti , rilevabili senza una specifica preparazione clinica. Le descrizioni ottenute , portarono alla classificazione di diverse dimensioni , che potessero essere ricondotte a due fattori: sintomi internalizzanti e sintomi esternalizzanti. I sintomi internalizzanti si riferiscono a problemi su cui il bambino ripiega , senza esibirli in descrizione di altri, sono di questo tipo l’ansia, le fobie, l’eccessivo autocontrollo, preoccupazioni, timidezze, somatizzazioni. I sintomi esternalizzanti sono diretti invece verso l’ambiente e le altre persone , ad esempio l’aggressività, disobbedienza, oppositività. Nei casi come quello di Francesco appare importante la dimensione rappresentata dall’autocontrollo , i problemi del bambino possono essere caratterizzati da un eccessivo autocontrollo, maggiormente caratterizzato sul versante dell’internalità , quindi fatica a manifestare le proprie difficoltà e ha paura ad affrontare il mondo esterno, o da uno scarso autocontrollo, per cui egli reagisce impulsivamente o rivolge verso gli altri i propri disagi, un bambino eccessivamente timido costituisce un esempio di soggetto ipercontrollato. Al contrario un bambino impulsivo e iperattivo costituisce un esempio di bambino ipocontrollato , il disturbo di ipercontrollo è più frequente nelle femmine , mentre quello di ipocontrollo nei maschi. TEORIE E FATTORI SOTTOSTANTI AI DISTURBI PSICOLOGICI. 12 13 14 15