Riassunto psicologia clinica
Manuale. (Sanavio, Cornoldi) – copertina blu.
1 CAPITOLO – NASCITA E AFFERMAZIONE DELLA PSICOLOGIA CLINICA.
Lo psicologo clinico fornisce aiuto in molte condizioni di sofferenza e malattia attraverso il ricorso a
conoscenze e procedure che derivano dalle varie branche della psicologia.
Il termine clinica, deriva dal greco, kline (che significa letto) e indica le attività che il medico svolge al letto
del malato, il termine fa riferimento alla malattia e alla sofferenza e al fatto di dare aiuto grazie alle
conoscenze e ai metodi psicologici.
Con il termine approccio clinico si indica l’osservazione diretta al letto del malato, in contrapposizione a una
medicina che né spogliava né toccava il malato, ma faceva diagnosi per assiomi e sillogismi.
Psicologia clinica e psicologia di base.
Qual è il rapporto tra la psicologia clinica e quella di base? Nella cultura italiana esse vengono spesso
presentate come separate e diverse e anche contrapposte.
Oggi è palese la continuità, la psicologia clinica può essere intesa come una scienza applicata direttamente
di conoscenze e metodologie sviluppate dalla psicologia di base , a letto del malato e ai problemi che lo
affliggono.
La psicologia clinica rimane una scienza-professione, che ha il duplice compito di aiutare le persone
bisognose sul piano psicologico e cercare di approfondire la conoscenza necessaria per offrire un aiuto più
efficace in futuro.
Definizioni.
Gli psicologi clinici, non si occupano solo di disturbi mentali, ma sono coloro che rispetto agli altri psicologi
se ne occupano maggiormente e lavorano in servizi e strutture di salute mentale.
Una definizione di psicologia clinica ci viene data dalla più antica associazione di psicologi, l’American
Psychological Association.
Essa afferma che la psicologia clinica integra scienza, teoria e pratica, sia al fine di capire, predire e alleviare
disadattamento, disabilità e disagio, sia al fine di promuovere l’adattamento umano e lo sviluppo personale.
Una definizione italiana: la psicologia clinica è un settore della psicologia i cui obiettivi sono la spiegazione,
la comprensione, l’interpretazione e la riorganizzazione dei processi mentali disfunzionali o patologici,
individuali e interpersonali.
Essa è finalizzata agli interventi atti a promuovere le condizioni di benessere socio-biologico e i relativi
comportamenti, anche preventivi, nelle diverse situazioni cliniche e ambientali.
La psicologia clinica nasce a cavallo tra ‘800 e ‘900 attraverso:

La pratica dei reattivi mentali per la valutazione dei bambini intellettualmente deficitari , ch si
allargherà all’età adulta e ai test della personalità.
1

La pratica dell’ipnosi nel trattamento dell’isteria, che in seguito lasciò il passo alla psicoanalisi di
Freud.
Essa ha avuto il suo sviluppo maggiore negli Stati Uniti; i momenti di maggior espansione furono dati dai
due conflitti mondiali, dove fu forte la richiesta di collaborare con test mentali e attitudinali per la selezione
dei militari e nell’opera di reinserimento e sostegno di mutilati e reduci di guerra.
Nel primo dopoguerra, negli Stati Uniti, e molto meno in Europa, troviamo èquipe per i servizi sociosanitari
per l’infanzia: sotto la direzione di un medico, lo psicologo si occupava di test mentali e di terapie di
rieducazione ; vi era anche un ‘assistente sociale, che faceva visite domiciliari per prendere visione
dell’ambiente sociale e familiare, facendo interviste ai genitori e mantenendo contatti con la famiglia.
2 CAPITOLO- PSICODIAGNOSTICA.
Secondo una formula , risalente agli anni ’50 dello psicologo americano Murray, ogni uomo è sotto certi
aspetti:



Come tutti gli altri uomini
Come alcuni altri uomini
Come nessun altro uomo
L’ottica dello psicologo clinico è quella del particolare, più che guardare la foresta o il bosco , osserva il
singolo albero e magari le relazioni che esso ha con gli altri alberi.
L’esame psicodiagnostico, può essere descritto come un complesso processo di raccolta , analisi ed
elaborazione di informazioni, volto a rispondere a uno dei tanti quesiti posti dalla psicologia clinica.
Spesso esso viene descritto come un imbuto che va via via restringendosi , quanto più ampia è la base di
conoscenza dello psicologo , tanto più ampio sarà i ventaglio di ipotesi alternative che egli prenderà in
esame; via via che l’esame progredisce , diminuisce l’incertezza riguardo le moltissime variabili cliniche.
L’esame psicodiagnostico, non è una passiva raccolta di informazioni, ma un processo attivo, simile al
problem-solving e decision-making , ovvero un complesso processo di raccolta e di elaborazione di
informazioni relative al soggetto in questione.
È più di una diagnosi.
Colloquio clinico.
Unità fondamentale dell’esame psicodiagnostico è il colloquio clinico; la sua finalità è l’esame del problema
che porta il paziente a rivolgersi a uno psicologo clinico.
Esso non è una procedura di ascolto e registrazione passiva di informazioni , ma un processo di ricerca
attiva e intelligente delle coordinate che danno un senso psicologico a quanto il paziente propone.
Viene utilizzato prima di tutto il materiale verbale e viene esplorato il cosiddetto sistema cognitivo-verbale:
ciò che il paziente pensa e ciò che il paziente dice di se.
2
È vero che la prima finalità del colloquio clinico è quello di esaminare il problema del paziente, ma è
altrettanto vero che la sua seconda finalità è quella di stabilire un rapporto di fiducia collaborazione tra
paziente e psicologo.
Il colloquio tende a individuare prima i tutto variabili che influenzano gli aspetti elementari del problema
posto in esame come per esempio, quando l’umore disforico del mattino migliora nel corso della giornata,
peggiora il sabato o la domenica , diviene intollerabile durante le festività come il natale.
Il colloquio risalirà fino poi al primo insorgere del problema e lo ripercorrerà fino al momento attuale (storia
del problema).
Una volta esplorato il problema iniziale, lo psicologo allargherà il suo quadro d’azione e prenderà in esame
ulteriori problematiche (allargamento); un ampio spazio sarà poi dedicato alla storia personale. (fase del
profilo complessivo).
Infine nelle sue fasi conclusive, il colloquio ritornerà su quanto il paziente si aspetta dallo psicologo clinico e
dall’esame psicodiagnostico in corso (analisi delle aspettative).
Il colloquio clinico che conclude l’esame psicodiagnostico non è più volto a raccogliere informazioni, ma a
fornirne, lo psicologo spiega al paziente in modo chiaro e trasparente quanto l’esame psicodiagnostico ha
messo in luce.
IL MODELLO MULTIDIMENSIONALE.
Per concludere l’esame psicodiagnostico, lo psicologo può utilizzare svariate informazioni; queste ultime
sono state classificate in classi, a seconda del canale dal quale provengono e si distinguono ulteriormente in
tre classi principali:
-
-
-
La prima classe è quella proveniente dal canale verbale: sono le informazioni che un soggetto
fornisce durante il colloquio clinico, durante un’intervista strutturata, nella compilazione di un
questionario, ecc.. ovviamente queste informazioni non sono neutre, ma sono in diverso grado
soggettive, sono influenzate da variabili legate al contesto nel quale vengono raccolte.
Seconda classe è data dalle informazioni che provengono da un’osservazione diretta del
comportamento della persona, come il comportamento non verbale nel corso del colloquio clinico,
un’osservazione sul campo, ecc.. ad esempio in una scuola, in day hospital ; neanche queste
informazioni sono neutre.
La terza classe di informazioni , sono quelle ricavabili dalla registrazione delle risposte
elettrodermiche , della frequenza cardiaca, dell’attività cerebrale.. (registrazioni strumentali
dell’attivazione psicofisiologica). Pag 28
ASSESSMENT PSICOFISIOLOGICO.
L’assessment psicofisiologico è il segmento dell’esame psicodiagnostico che è deputato alla valutazione
delle specifiche modalità del sistema di risposte psicofisiologiche della persona in esame.
Lo psicologo registra in forma continua, per un certo periodo di tempo (20-40 minuti) una serie di indici
psicofisiologici:
-
L’attività mioelettrica
La frequenza cardiaca
3
-
La frequenza respiratoria
La temperatura periferica cutanea
La pressione sistolica e diastolica
La conduttanza cutanea
Una parte significativa della tecnologia dell’assassment psicofisiologico deriva dal lie detector (rivelatore di
bugie) la macchina della verità viene utilizzata da tempo in sede giudiziale o in sede investigativa in molti
stati, per evidenziare le alterazioni fisiologiche associate alla produzione di risposte errate.
Una volta analizzata la linea di base, in molti casi interessa valutare una reazione di attivazione, in cui lo
psicologo confronta il livello di attivazione a riposo con il livello di attivazione in presenza di condizioni
stimolo che inducono stress, sforzo mentale,ecc, si parla di profilo psicofisiologico.
Si parla di alessitimia per indicare l’incapacità di riconoscere, denominare e verbalizzare il mondo delle
emozioni e questo favorirebbe l’insorgenza di malattie psicosomatiche.
OSSERVAZIONE
Si parla di osservazione naturalistica, quando l’osservazione ha luogo in un ambiente naturale nel quale si
verifica spontaneamente il comportamento preso in esame; esempi di osservazione naturalistica
avvengono nel caso dei disturbi alimentari; alcuni specialisti trovano utile pranzare con il paziente , ad
esempio nella mensa dell’ospedale.
Un’osservazione ancora più naturalistica è quella di accompagnare il paziente e pranzare con la sua
famiglia, ma anche questa situazione può essere artificiosa; si definisce reattività di un comportamento , il
cambiamento di comportamento di una persona quando viene osservata, la reattività va scemando con il
protrarsi o con il ripetersi delle osservazioni.
Osservare e registrare il comportamento manifesto, può sembrare un’operazione semplice, ma non lo è.
Solitamente lo psicologo raramente dovrà costruire di sana pianta una griglia di osservazione , nella
maggioranza dei casi infatti, può attingere a quelle già costruite in precedenza.
Per esempio Paul studiò un aspetto frequente di ansia sociale, cioè la paura di parlare in pubblico, veniva
chiesto a ciascun partecipante di tenere un breve discorso davanti ad un gruppo di ascoltatori, sia prima
dell’inizio del trattamento, che alla fine.
Mescolati tra il pubblico, vi erano anche due collaboratori di Paul, addestrati a valutare il comportamento
dell’oratore , essi registravano su un’apposita scheda , ogni 30 secondi, la presenza o l’assenza di 20
comportamenti osservabili.
Una tecnica intermedia è data dall’automonitoraggio, questa tecnica venne originariamente messa in atto
riguardo una ricerca sulla riduzione del fumo di sigaretta: lo psicologo consegnava a ciascun partecipante
un piccolo quaderno sul quale registrare ora e minuto ogni qualvolta si accendeva una sigaretta ; è
dimostrato che il semplice fatto di tenere l’automonitoraggio di un comportamento indesiderato porta ad
una sua piccola risoluzione.
INTERVISTE STRUTTURATE
La diagnosi è un processo decisionale complesso è legato al funzionamento mentale di chi la effettua.
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Gli psicologi del pensiero, hanno messo in luce come le diagnosi effettuate dai medici , ma anche dagli
stessi psicologi, possano essere influenzate da distorsioni del pensiero.
Le procedure standardizzate e le interviste strutturate riescono a ridurre gli errori diagnostici.
Le interviste strutturate , sono simili al colloquio clinico , ma sono molto meno libere, il contenuto e le
modalità delle domande sono infatti prestabiliti.
L’intervista strutturata, ha fondamentalmente due differenze rispetto al colloquio clinico: valuta un
costrutto specifico e da luogo ad un punteggio o una classe relativa a quel costrutto.
L’adult attachment interview, fu sviluppato da George, Kapian e Main allo scopo di classificare lo stile di
attaccamento in età superiore ai 16 anni.
Si tratta di un’intervista semistrutturata che richiede all’incirca un’ora, consiste in 18 domande aperte che
indagano l’esperienza del soggetto con le principali figure di riferimento nell’infanzia (i genitori),
ripensando le situazioni di difficoltà dove la presenza del genitore è fondamentale per la cura e la
protezione del piccolo e si sofferma su eventuali esperienze di separazione, rifiuto, maltrattamento e lutto
vissuti nell’infanzia.
Le risposte vengono registrate e in seguito trascritte integralmente.
Il sistema di classificazione si conclude con l’assegnazione di una categoria principale di attaccamento in
parallelo con la strange situation.
1.
2.
3.
4.
5.
Attaccamento distanziante
Attaccamento sicuro
Attaccamento coinvolto o preoccupato
Attaccamento con lutti o traumi non risolti
Attaccamento inclassificabile
La più celebre intervista della storia della psicologia clinica è chiamata intervista struturata, è stata
introdotta da due cardiologi, Rosenman e Friedman.
È un’intervista provocativa , l’intervistatore non tende tanto ad ascoltare empaticamente il paziente, ma
piuttosto a far emergere in lui alcune reazioni di irritazione o di ostilità, ad esempio arriva anche a parlare
sopra il paziente o a non fargli completare un discorso, l’attenzione è rivolta in parte alle risposte del
paziente, ma soprattutto all’osservazione del suo comportamento, alla mimica del volto, alle variazioni di
intonazione della voce, alla gestualità;
tutta l’intervista viene videoregistrata e si esamina in seguito in base ad una complessa griglia di analisi.
Il costrutto indagato è detto di tipo A attraverso l’esame di un vastissimo campione di individui sani che
sono stati seguiti per oltre 10 anni sotto il profilo cardiovascolare.
Le ricerche hanno dimostrato che oltre alla sedentarietà, al fumo, l’ipertensione ,ecc.. alcuni soggetti
andavano incontro a una maggiore incidenza di malattie coronariche, ed erano quei pazienti che durante le
interviste registrate tanti anni prima , avevano presentato un certo pattern di risposte, che è stata
denominata di tipo A mentre è stato chiamato di tipo B quel genere di risposte di cui facevano parte
individui più protetti.
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L’intervista clinica strutturata per il DSM 5 è la SCID-5 , che non è mirata ad un costrutto specifico, ma si
tratta di un’intervista di carattere diagnostico riguardo alle malattie mentali, l’intervistatore utilizza dei
moduli diversi a seconda del tipo di paziente che ha davanti e a seconda delle risposte iniziali; ciascun
modulo prevede una serie di domande che vanno poste al paziente, in base alle risposte date,
l’esaminatore deve registrare se una determinata caratteristica non è presente, se è presente a un livello
sotto-soglia , se è presente a un livello clinicamente significativo.
La Cambwell family interview, esplora le emozioni espresse dai familiari di pazienti psichiatrici nei confronti
del loro congiunto malato e prende in considerazione soltanto l’emotività esplicita del familiare senza
prendere in considerazione gli stati d’animo inespressi.
È un’intervista flessibile, che non predetermina ne la forma delle domande né l’ordine con il quale porle,
ma lascia l’intervistatore libero.
Ha una durata media di circa un’ora e ogni singolo familiare è intervistato separatamente , le interviste
vengono videoregistrate ; la valutazione si basa, oltre che sui contenuti espressi anche sulle caratteristiche
extraverbali e paraverbali delle risposte .
La valutazione viene condotta separatamente sia dall’intervistatore sia da un secondo psicologo abilitato.
La Yale-Brown Obsessive scale è un’intervista semistrutturata e fa riferimento ai criteri diagnostici del
disturbo ossessivo compulsivo forniti dal DSM al fine di misurare la gravità al momento di sintomi ossessivi
e compulsivi in pazienti con disturbo ossessivo.compulsivo già diagnosticato.
La K-SADS viene effettuata in ambito evolutivo e consiste nell’intervistare prima i genitori e
successivamente il bambino con lo scopo di rilevare notizie sull’ambiente familiare, sulla salute del
bambino, sul rendimento scolastico, la famiglia, eventuali traumi subiti e così via…
TEST PSICODIAGNOSTICI AUTOVALUTATIVI
accanto ai colloqui clinici vi sono anche i test psicodiagnostici, nelle fasi iniziali è opportuno il ricorso a test
che offrono analisi ad ampio spettro, da essi infatti emergono ipotesi di allargamento e di approfondimento
del problema, che possono aiutare lo psicologo nella messa a fuoco della sua strategia di colloquio e di
esame.
Nelle fasi più avanzate dell’esame sarà invece opportuno l’utilizzo di test che offrano l’analisi di costrutti più
specifici e mirati.
Recentemente si è sviluppata la psicodiagnostica computerizzata, grazie all’uso del computer è stato
possibile minimizzare tempi e fatiche.
MINNESOTA MULTIPHASIC PERSONALITY INVENTORY(MMP) è il più noto e diffuso questionario di
personalità sviluppato negli anni ’30 all’università del Minnesota; l’intento principale del test era di
screening, discriminare tra normalità e psicopatologia.
Sono stati identificati una serie di item che permettevano di differenziare la popolazione normale dai
pazienti con le diagnosi psichiatriche più comuni dell’epoca , le scale sono le seguenti:
1. Ipocondria
2. Depressione
6
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Isteria
Deviazione psicopatica
Mascolinità/femminilità
Paranoia
Schizofrenia
Ipomania
Introversione sociale
Alle scale cliniche si aggiungono quelle di controllo.
LA BATTERIA CBA
l’acronimo CBA significa cognitive behavioral assessment e indica una serie di tecniche di analisi di
informazioni provenienti dall’autoreferto del soggetto e ha due presupposti:
-
Integrazione orizzontale e presuppone il modello multidimensionale e una strategia di integrazione
tra le diverse componenti dell’esame psicodiagnostico.
Integrazione verticale presuppone l’adozione di una strategia flessibile e ritagliata su un caso
specifico che procede per approfondimenti successivi.
Le scale primarie CBA indagano in maniera generale, ampie problematiche , esse tendono a individuare
eventuali aree disfunzionali della vita del soggetto.
Per verificare la validità e l’attendibilità di un protocollo CBA, bisogna considerare diversi indici di validità
(scale di controllo) alcuni analizzano il livello di accuratezza con cui il soggetto ha rispost, altri evidenziano
possibili interferenza imputabili ad esempio ad uno stato di ansia, altri ancora considerano i tentativi di
simulazione messi i atto dal soggetto per presentarsi sotto una luce favorevole, ecc…
LA MISURAZIONE DELL’ANSIA
Cattell fa una distinzione importante tra due forme di ansia:


L’ansia di stato: è uno stato transitorio emozionale è una condizione dell’organismo umano
caratterizzata da sentimenti soggettivi percepiti a livello cosciente , di tensione e apprensione, essa
può variare e fluttuare nel tempo.
L’ansia di tratto: si riferisce a una predisposizione stabile verso l’ansia , associata alla tendenza di
rispondere con elevati livelli di intensità a situazioni percepite come minacciose.
Lo STAI risale al 1970 e consiste in una scala di 40 item distribuite in due scale da 20 item ciascuna, di uno
stato che viene indicato come Y1 e uno di tratto che viene indicata come Y2.
Le istruzioni della scala Y1( ansia di stato) fanno riferimento a domande tipo: come si sente adesso?in
questo momento?
Quelle della scala Y2(ansia di tratto) chiedono invece di fare riferimento a come lei abitualmente si sente.
BECK DEPRESSION INVENTORY
È il test di depressione per antonomasia, lo scopo è la misurazione dell’intensità della depressione ,
permette quindi di monitorare l’evoluzione dello stato dell’umore nel corso di un episodio depressivo.
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Il test risale agli anni ’60, diagnosticare uno stato di depressione o disforia anche grave , non significa che il
soggetto debba essere diagnosticato come affetto da disturbo depressivo, ovviamente la diagnosi di un
paziente non può basarsi su un test, ma su un assessment multidimensionale.
VALUTAZIONE DEI DISTURBI DI PERSONALITA’.
sono fondamentali i dati dell’osservazione diretta, del colloquio clinico, della storia personale.
TECNICHE PROIETTIVE
Hanno come fondamento teorico la cosiddetta ipotesi proiettiva: le risposte di un individuo a stimoli
ambigui, che gli vengono presentati , riflettono caratteristiche stabili della sua personalità.
Questi metodi consistono nella presentazione di stimoli poco strutturati o addirittura ambigui, con la
richiesta al soggetto preso in esame di interpretarli.
Ci si aspetta che il test funzioni da schermo bianco, sul quale il soggetto proietta le sue caratteristiche
psicologiche: bisogni, conflitti, atteggiamenti, interessi, ecc..
Il ruolo attivo e costruttivo della persona nella percezione e nell’interpretazione della realtà.
In realtà è dimostrato che tali tecniche risentono degli stati emotivi temporanei e la loro applicazione può
portare a riscontri differenti.
I primi metodi proiettivi, risalgono alla fine dell’800.
REATTIVO PSICODIAGNOSTICO DI RORSCHACH
La più nota tecnica proiettiva è quella di Rorschach del 1921, egli fece esperimenti con un gran numero di
macchie d’inchiostro su gruppi di pazienti psichiatrici per studiare problemi di percezione.
Si trattava di macchie casuali, ottenute facendo cadere poche gocce d’inchiostro su un foglio di carta e
ripiegandolo in modo da ottenere una figura approssimativamente simmetrica.
Alla fine Rorschach selezionò 10 fogli, lo psicologo mostra al soggetto ogni tavola domandandogli cosa vede
, cioè cosa potrebbe rappresentare ciascuna tavola.
Lo psicologo annota le risposte del soggetto, il tempo impiegato per rispondere, la posizione in cui vengono
tenute le tavole e ogni altra manifestazione dl comportamento.
Terminata la presentazione, lo psicologo ripresenta ciascuna tavola chiedendo quali parti e quali aspetti
della figura hanno determinato la risposta o le risposte.
L’interpretazione offrirebbe secondo Rorschach una valutazione globale della personalità, sia una
valutazione qualitativa dell’intelligenza, sia di aiuto alla diagnosi differeziale.
TEST DI INTELLIGENZA
La valutazione clinica può includere l’uso di test che riguardano la sfera cognitiva, cioè le abilità di
percezione, pensiero, memoria, apprendimento, attenzione, ecc…
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La valutazione dell’intelligenza è stata oggetto di ampi dibattiti, si è affermato che le disfunzioni di un
individuo possano essere associate ad una debolezza intellettiva complessiva.
Ad esempio, si valuta l’intelligenza di bambini e anziani per riconoscere il grado di invalidità e capire se le
difficoltà incontrate , siano riferibili a ritardo mentale o demenza , o debbano essere ricercati in fattori più
specifici.
La valutazione del quoziente di intelligenza viene fatta con uno strumento classico che è la scala stanfordbinet , per valutare il quoziente di intelligenza (QI) ovvero il rapporto (moltiplicato x cento) fra età mentale
ed età cronologica.
Un'altra scala molto conosciuta è quella delle matrici progressive di Raven , che si basa sulla richiesta di
una specifica operazione di ragionamento induttivo su stimoli visivi.
Queste matrici si basano su un’idea d’intelligenza unitaria , oggi messa in discussione a favore di una
concezione gerarchica dell’intelligenza , per cui vi sono varie componenti intellettive distinte ognuna delle
quali ha un peso diverso.
LE SCALE WECHLER
Sono quelle che riscuotono di maggiore popolarità, si basano sulla somministrazione di una serie di prove
che esaminano aspetti differenti del funzionamento cognitivo.
VALUTAZIONE COGNITIVA E NEUROPSICOLOGICA DI SPECIFICHE FUNZIONI.
La necessità di valutazioni cliniche più specifiche riguardo aspetti specifici del funzionamento mentale,
insorge quando non è sufficiente avere una stima complessiva dell’efficienza intellettiva dell’individuo , ma
è necessario ottenere valutazioni più raffinate e mirate che tengano conto che l’individuo può avere
difficoltà in una specifica area cognitiva ma non in un’altra.
Le valutazioni specifiche hanno numerosi vantaggi, esse infatti consentono una diagnosi più precisa del
problema del malato , in secondo luogo possono offrire informazioni preziose anche per una valutazione
medica generale.
Infine permettono di riconoscere lo specifico problema dell’individuo e di prendere decisioni relative alle
modalità di intervento più opportune.
LA CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI MENTALI.
Per gran parte del ‘900 si sono avute svariate definizioni di disturbi mentali.
Si osservava che la schizofrenia , negli anni ’50 e ’60, era 10 volte più diagnosticata a New York che a Londra
, ad esempio.
Già alla fine dell’800 si ebbero tentativi di realizzare una classificazione delle malattie mentali
internazionalmente condivisa.
Quando venne istituita l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) , nacque un manuale (ICD –
International statistical classification of diseases) che però ignorava le malattie mentali
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Solo nel 1946, fu inserita una sezione relativa ai disturbi mentali, si trattava di un lavoro molto grossolano
che scontentò la comunità di psichiatri americani.
Questi procedettero per conto loro e diedero vita nel 1952 a un loro DSM (diagnostic and statistical manual
of mental diseases) , la revisione attuale è nota come DSM-5 .
Per quanto riguarda la classificazione dell’organizzazione mondiale della sanità, oggi si usa l’undicesima
revisione (ICD-11).
Entrambi i sistemi diagnostici suddividono i disturbi mentali sulla base di set di criteri con caratteristiche
descrittive, entrambi si limitano a identificare le tipologie più frequenti di disturbo mentale e a fotografarne
gli elementi associati.
Che rapporto c’è tra DSM E ICD? Essi sono il prodotto di due storie separate che fortunatamente si sono
ricongiunte ; il DSM è molto più accurato ed è il riferimento principale della ricerca scientifica e delle
valutazioni più raffinate.
L’ICD è d’obbligo a livello mondiale in base a precisi accordi tra governi , è alla base delle statistiche e della
burocrazia ospedaliera , anche nel sistema sanitario italiano.
3 CAPITOLO PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO.
Non sempre è facile tracciare un confine tra quella che può essere considerata una crisi transitoria e ciò che
costituisce invece un vero e proprio disturbo.
Per esempio un bambino piccolo che ha paura del buio costituisce la normalità, mentre se lo stesso timore
è presente in un’adolescente potrebbe essere un campanello d’allarme.
L’adulto deve tener conto che non può usare lo stesso quadro di riferimento o comunque il confronto con
bambini più grandi quando si accorge di un comportamento problematico o inadeguato.
Potrà cominciare a preoccuparsi quando il suo timore viene confermato dal giudizio di un esperto o dal
confronto con numerosi bambini della stessa età che non presentano lo stesso comportamento.
IL CONCETTO DI DISTURBO IN ETA’ EVOLUTIVA.
La presenza di problematiche caratteristiche di una certa età non costituisce un elemento psicopatologico,
a meno che l’intensità e la frequenza con cui compaiono siano eccessive.
Ad esempio una delle caratteristiche fra i bambini fra i 6 e i 10 anni è il tratto di iperattività , che in qualche
modo è presente in percentuale maggiore nei maschietti e quindi può essere considerato normale.
Ciò non esclude che l’iperattività possa assumere un grado così elevato da essere intollerabile e
incontrollata.
Se non esiste soluzione di continuità fra normalità e disturbo, la definizione del grado particolare (cut-off)
oltre il quale si può parlare di disturbo è arbitraria.
C’e chi stabilisce il cut off non tanto in base a un dato percentuale , ma in base alla probabilità che il
disturbo ha di permanere nel tempo con la stessa intensità e di comportare problemi più gravi per lo
sviluppo della persinalità.
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Ad esempio la paura di un bambino di otto anni di aprire il frigorifero è rara, ma non per questo patologica
a meno che non sia associata ad altre problematiche.
Si parla in questo caso di sindromi per far riferimento al fatto che un singolo elemento , anche se poco
frequente , non deve costituire fonte di preoccupazione , mentre una serie di elementi , possono indicare
una severa diagnosi cinica.
LA CLASSIFICAZIONE DIMENSIONALE DEI DISTURBI PSICOLOGICI EVOLUTIVI.
Per quanto riguarda la classificazione dei disturbi psicologici evolutivi , bisogna considerare il grado di
tassonomicità e il grado di continuità.
Il grado di tassonomicità, si riferisce alla misura in cui i disturbi vengono classificati e si distinguono in
categorie distinte i vari disturbi che possono presentarsi.
Questi sistemi, hanno il vantaggio di una maggiore chiarezza e della possibilità di ricondurre casi diversi a
una famiglia comune di disturbo.
Ad esempio se si individua un caso con un certo profilo di problemi alimentari , la possibilità di
diagnosticarlo come anoressia nervosa , permette di collegarlo al altri simili e di orientare la valutazione
diagnostica e l’intervento.
Molti disturbi non sono distinguibili con un sistema classificatorio e potrebbero farci credere che
tipicamente i bambini che presentano un problema ne presentano un altro associato( comorbilità) , non per
una semplice coincidenza, come ad esempio un bambino che presenta gli orecchioni e una frattura al
perone, ma per il fatto che i due disturbi rientrano in un comune quadro sindromico.
Un altro svantaggio è rappresentato dai problemi di etichettatura , per cui il bambino viene classificato in
relazione a un preciso disturbo viene condizionato nel suo modo di affrontare la vita e soprattutto per
l’atteggiamento che gli altri assumono nei suoi confronti, ovvero dell’etichetta che lo caratterizza.
Un altro problema di molti sistemi classificatori si riferisce al grado di continuità, un grado di continuità
basso indica che considerato un certo aspetto patologico, si assume che un bambino lo possieda e quindi
presenti il disturbo , o non lo possieda.
Ad esempio una ragazza o ha problemi alimentari e allora viene definita anoressica e considerata
patologica, o non li ha , allo stesso modo in cui un individuo, ha contratto un’infezione e quindi è malato o
non l’ha contratta.
Il DSM-5 ha recepito maggiormente questo aspetto, suggerendo di esplicitare al meglio i diversi gradi di
gravità che un determinato disturbo può presentare.
ESEMPI DI DESCRIZIONE DIMENSIONALE
Ad esempio la scala COM prende in considerazione le problematiche che sono presenti tipicamente
presenti nei disturbi di comportamento disattento e iperattivo e basandosi sulla presenza dei sintomi
descritti dai manuali diagnostici DMS e ICD e sulla loro intensità, fornisce una descrizione
multidimensionale del bambino.
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Il caso esempio è quello di Francesco un bambino di 8 anni , che non mostra problemi di apprendimento , a
comportamentali (non sta mai fermo, zitto da quando è piccolissimo) ; sia i familiari sia le maestre si
lamentano del comportamento iperattivo e oppositivo non aggressivo.
Pratica sport, è bravo , ma gli istruttori dicono che non rispetta le regole; per ogni sintomo descritto,
genitori e insegnanti sono invitati a indicare il grado di presenza e intensità su una scala da 0 a 3 punti.
Un sistema dimensionale, che ha raggiunto una certa influenza è stato proposto da Achenbach e colleghi,
che chiesero a insegnanti e genitori di osservare e valutare molte centinaia di bambini in relazione a una
serie di tratti , rilevabili senza una specifica preparazione clinica.
Le descrizioni ottenute , portarono alla classificazione di diverse dimensioni , che potessero essere
ricondotte a due fattori: sintomi internalizzanti e sintomi esternalizzanti.
I sintomi internalizzanti si riferiscono a problemi su cui il bambino ripiega , senza esibirli in descrizione di
altri, sono di questo tipo l’ansia, le fobie, l’eccessivo autocontrollo, preoccupazioni, timidezze,
somatizzazioni.
I sintomi esternalizzanti sono diretti invece verso l’ambiente e le altre persone , ad esempio l’aggressività,
disobbedienza, oppositività.
Nei casi come quello di Francesco appare importante la dimensione rappresentata dall’autocontrollo , i
problemi del bambino possono essere caratterizzati da un eccessivo autocontrollo, maggiormente
caratterizzato sul versante dell’internalità , quindi fatica a manifestare le proprie difficoltà e ha paura ad
affrontare il mondo esterno, o da uno scarso autocontrollo, per cui egli reagisce impulsivamente o rivolge
verso gli altri i propri disagi, un bambino eccessivamente timido costituisce un esempio di soggetto
ipercontrollato.
Al contrario un bambino impulsivo e iperattivo costituisce un esempio di bambino ipocontrollato , il
disturbo di ipercontrollo è più frequente nelle femmine , mentre quello di ipocontrollo nei maschi.
TEORIE E FATTORI SOTTOSTANTI AI DISTURBI PSICOLOGICI.
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