La sepsi, come condizione medica, fu introdotta per la prima volta da Ippocrate (dal 460 al 470 aC), e deriva dalla parola greca sipsi, cioè"fare il marcio". Lo sviluppo dimisure antisettiche, la teoria dei germi della malattia e lo sviluppo della batteriologia portarono alla diffusa convinzione che la sepsi fosse un'infezione sistemica risultante da un organismo patogeno che invade l'ospite diffondendosi attraverso il flusso sanguigno (cioè setticemia). La sepsi è una crisi sanitaria globale. Colpisce da 27 a 30 milioni di persone ogni anno, da 7° 9 milioni di morti: un decesso ogni 3,5 secondi. A seconda del paese, la mortalità varia tra 15 e oltre il 50%. Molti pazienti sopravvissuti soffrono delle conseguenze della sepsi per il resto della loro vita. L’incidenza della sepsi è in costante aumento come conseguenza di: nostiche e terapeutiche altamente invasivee Alcuni clinici spesso associano in maniera imprecisa la sepsi ai criteri della Sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), che includono i parametri della temperatura, frequenza cardiaca e respiratoria e conta dei globuli bianchi, ma che si sono dimostrati di difficile applicazione sia nella clinica che in studi clinici randomizzati. Un incontro internazionale di consenso nel1991,ha creato e definito termini, come la sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), la sepsi, la sepsi grave e lo shock settico. La sindrome settica è un continuum che va dalla sindrome da risposta infiammatoria sistemica(Systemic Inflammatory Response Syndrome, SIRS) alla sindrome da insufficienza multiorgano (Multiple-Organ-Dysfunction Syndrome, MODS). Le fasi intermedie sono rappresentate dalla sepsi, la sepsi severa e lo shock settico. Gli stessi concetti erano stati ripresi dalla seconda International Sepsis Definition Conference nel 2001 con l’aggiunta di una serie ampia ed articolata di criteri per il riconoscimento del paziente settico. L’utilizzo del concetto di SIRS per la definizione di sepsi è gravato dal problema della scarsa specificità, in quanto molteplici condizioni cliniche non infettive possono essere associate ad un quadro di SIRS. La recente definizione del 2016 descrive la sepsi come un’insufficienza degli organi generata da una risposta abnorme dell’ospite all’infezione, e che mette in pericolo la vita. Da questa definizione emerge un nuovo concetto, quello della sepsi come emergenza medica, quindi come sindrome la cui gravità aumenta fino alla morte nello scorrere rapido del tempo: un concetto che obbliga ad un profondo cambiamento nel management territoriale e ospedaliero. Quello che distingue la sepsi da altre infezioni, localizzate o meno, è la risposta dell’ospite, definita come disfunzionale, generalizzata e che contribuisce all’alterazione multipla di organi e tessuti, anche non coinvolti direttamente nel processo infettivo; potenzialmente, la sepsi evolve in shock settico. La nuova definizione nasce dalla terza conferenza internazionale di consenso sulla definizione di sepsi e shock settico (SEPSIS-3) e considera l’infezione come un’interazione fra un ospite ed un patogeno che induce una risposta (locale o sistemica) dell’ospite. SEPSI: una disfunzione d’organo dovuta ad una risposta incontrollata dell’ospite all’infezione, e che mette in pericolo la vita. SHOCK SETTICO: evoluzione clinica della sepsi, in cui profonde anormalità circolatorie, cellulari e metaboliche sono associate con un maggiore rischio di mortalità rispetto alla sola sepsi. Le probabilità di sopravvivenza diminuiscono drasticamente, ritardando l'inizio del trattamento. Se un paziente riceve una terapia antimicrobica entro la prima ora della diagnosi, le probabilità di sopravvivenza sono vicine all'80%; questo è ridotto del 7,6% per ogni ora successiva. Se un paziente riceve un trattamento antimicrobico iniziale inappropriato, ha una probabilità cinquevolte inferiore di sopravvivere. La rilevazione in laboratorio di batteriemia e fungemia rimane una delle funzioni più importanti dei laboratori di microbiologia clinica. L’indagine emocolturale (emocoltura) rappresenta il “gold standard” per la diagnosi di BSI. Si basa sulla ricerca di microrganismi vitali presenti nel sangue. L’emocoltura può essere definita come un’indagine “life saving” importante per il miglioramento della prognosi del paziente settico. L’efficacia clinica dell'emocoltura dipende da diversi fattori, sia metodologici che interpretativi, relativi soprattutto dalla fase pre-analitica: 1.il momento (timing) del prelievo 2.il numero e la frequenza dei prelievi 3.il volume del campione 4.l'accuratezza del prelievo 5.il tempo che intercorre tra il prelievo e l’incubazione dei flaconi Il prelievo dovrebbe essere effettuato in qualunque momento dell’episodio febbrile, il più precocemente possibile e possibilmente prima dell’inizio della terapia empirica o prima di una sua nuova somministrazione (quando la quantità di antibiotico nel sangue è minima) (Baron et al., 2013; Dellinger et al., 2013). Solo alcuni lavori hanno cercato di valutare il corretto timing per il prelievo. I dati della letteratura mostrano che dopo l’ingresso dei batteri nel circolo vi è una fase di latenza di circa un’ora prima che compaia il brivido e/o la febbre. Sebbene sia consuetudine raccogliere i campioni ad intervalli di 30-60’, la cosa è del tutto arbitraria (Li et al., 1994), invece, soprattutto se è necessario iniziare una terapia antibiotica empirica, i prelievi devono essere ravvicinati (Strand et al., 1988; Thompson et al., 1991). Inoltre, non ci sono variazioni significative nel tasso di positività se e quando i prelievi vengono effettuati al picco febbrile, infatti alcuni pazienti possono essere ipotermici anche nella fase batteriemica o essere incapaci di attivare una risposta di tipo febbrile all’infezione. La febbre da sola quindi non è un utile indicatore, mentre devono essere considerati altri parametri: ipotensione, numero dei globuli bianchi, la presenza/assenza di brivido, marcatori biologici (PCR, PCT Proposta di Percorso Diagnostico presentato durante il XXXVII Congresso Nazionale AMCLI Stresa, 5-8 ottobre 2008 – Revisione: settembre 2014 3 ecc…). È quindi, importante più che stabilire il corretto timing di prelievo assicurarsi che il prelievo sia effettuato in maniera adeguata (in termini di volume di sangue prelevato, di numero di prelievi eseguiti e di corretta procedura di prelievo) (Jaimes et al., 2004) Nella pratica comune i prelievi dovrebbero essere effettuati simultaneamente (o distanziati di 5-15’ l’uno dall’altro) alla comparsa della febbre o comunque in caso di sospetto clinico di sepsi e possibilmente prima dell’inizio della terapia. Nei casi di endocardite acuta valgono le stesse considerazioni (la ripetizione può essere utile per monitorare il successo terapeutico). Nelle endocarditi subacute sono consigliati tre set di emocolture in 30- 60’ed in caso di negatività altri 3 set dopo 24h. (CLSI M47A; Jaimes et al., 2004; Bennet et al., 1994, Riedel et al., 2008) Ogni set include una bottiglia aerobica e una bottiglia anaerobica e ogni flacone deve essere inoculato con circa 10 ml di sangue. L’uso del flacone anaerobio ha un valore duplice: incrementa il volume di sangue e quindi la sensibilità dell’emocolture e consente non solo la crescita dei batteri anaerobi ma anche dei batteri anaerobi facoltativi e aereotolleranti. Se il paziente sta ricevendo una terapia antimicrobica, dovrebbero essere utilizzati mezzi specializzati con capacità di neutralizzazione antibiotica. È stato dimostrato che i mezzi di neutralizzazione antibiotica aumentano il recupero e forniscono tempo di rilevamento più rapido rispetto al media standard. I flaconi sono formati da un triplo strato di policarbonato con una membrana in terna che li rende sicuri;i l terreno di coltura nelle tre tipologie è l a stessa e prevede una composizione di peptone di soia, estratto di cuore o cervello, menadione(vitaminak3), emina(fattoreX), aminoacidi, piridoxinacloridrato, anticoagulantesodiopolianetol-solfonato(SPS), carboneattivatooresine. Il carbone attivato e leparticelle polimeriche assorbenti hanno la funzione di rimuovere gli antimicrobici, e altre sostanze inibenti la crescita microbica nel sangue come il complemento, il lisozima, le gamma-globuline e la transferrina. PER RIASSUMERE: nel caso di sepsi severa, dovendo procedere velocemente all’esecuzione delle emocolture per poter somministrare l’antibiotico il più precocemente possibile, converrà prelevare simultaneamente, o nel più breve tempo possibile, al momento del riconoscimento del paziente gravemente settico, non meno di due emocolture (2 set) da siti venosi differenti (per esempio braccio destro e braccio sinistro) preferendo vene periferiche; se possibile, non eseguire prelievi da cateteri vascolari, a meno che non vi sia il ragionevole sospetto di una infezione a partenza dal catetere stesso. Le emocolture da Catetere Venoso Centrale sono sconsigliate per facilità di contaminazione. In caso vengano eseguite è importante eseguire un’accurata disinfezione del raccordo. Sono ammesse solo in particolari casi come: - sospetta infezione catetere - sospetta batteriemia catetere correlata assoluta inagibilità degli accessi venosi periferici (l’antisepsi è cruciale) In caso di sospetta infezione catetere correlata è possibile utilizzare una metodologia particolare di esecuzione delle emocolture, utile al fine di confermare o meno l’origine dell’infezione dal catetere. In questo caso bisognerà: eseguire due set di emocolture (aerobi-anaerobi) ciascuno composto da un prelievo da vena periferica e un altro (in questo caso il solo prelievo per aerobi, come già precedentemente specificato) dal catetere centrale. È opportuno eseguire un prelievo per aerobi da ciascun lume o, se vi sono controindicazioni, dal solo lume distale del catetere - prelevare la stessa quantità di sangue per ciascun flacone, senza scartare la prima parte di liquido prelevato dal lume del catetere centrale (è la componente più significativa per l’esito dell’esame in corso) - il laboratorio, in caso di positività per lo stesso germe dei campioni, andrà a calcolare il delta temporale di crescita (la differenza di tempo di crescita): una crescita più rapida dei germi di almeno 2 ore nell’emocoltura da catetere rispetto all’emocoltura da vena periferica suggerisce un’ipotesi di sepsi catetere correlata. Tempo differenziale di positività (TTP): criterio sensibile e specifico per la batteriemia da catetere . L’ emocoltura prelevata da catetere vascolare si positivizza almeno 2 ore prima rispetto all’emocoltura prelevata da vena periferica. set raccolti vanno inviati immediatamente presso il laboratorio per l’incubazione. La consegna immediata permette di iniziare l’incubazione dei campioni immediatamente, anticipando, pertanto, i tempi di risposta; inoltre, alle consegne tardive possono essere associati risultati non attendibili. Il tempo di incubazione è di 5 giorni, ma le positività di solito si sviluppano entro le prime 48-72 ore. Successivamente si procede alla tipizzazione del germe e all’antibiogramma. Infatti, siregistrauna significativariduzione(30-50%) nellasensibilitàdiagnosticadell’emocolturaquandoiflaconi: vengonolasciatia RT per piùdi 12 h vengonopre-incubatia 37°C prima dell’arrivoin laboratorio1. Il campione deve essere trasportato a temperatura ambiente. Non refrigerare il campione (incompatibile con la tipologia del campione, presenza di microrganismi termosensibili). Il trasporto deve avvenire «in sicurezza»per l’operatore, utilizzando un contenitore rigido per evitare rotture, perdite accidentali o stillicidio. Non ci sono indicazioni per il prelievo nei giorni successivi per il follow-up, perché quest’ultimo si basa sui dati clinici. Esistono, tuttavia, alcune eccezioni: endocardite, infezioni CVC-relate: la persistenza dell’infezione può richiedere una modificazione della terapia; sepsi da S. aureus,in cui il prelievo dopo 2 e 4 giorni può fornire utili indicazioni di complicanze infettive insorte per via ematogena (es. endocardite od osteomielite) o per estensione dell’infezione in altre sedi (metastatizzazione: tromboflebite settica, ascessi); se la coltura è negativa dopo 24-72h di incubazione ed il paziente è ancora potenzialmente settico, ripetere altri 2-3 sets. Si consiglia inoltre di utilizzaredue o tre set di flaconi (due flaconi per set) per episodio settico, vale a dire, per gli adulti, da 40 a 60 ml di sangue prelevato dal paziente per 4-6 flaconi, con 10 ml per flacone . Per ogni millilitro aggiuntivo di sangue coltivato, la resa di microrganismi recuperati dal sangue adulto aumenta in proporzione diretta fino a 30 ml. Questa correlazione è correlata al numero relativamente basso di CFU in un millilitro di sangue adulto. Frequenza di prelievo (timing):5 la maggior parte delle linee-guida esistenti raccomanda l’esecuzione di tutte le emocolture simultaneamenteo entro un breve intervallo di tempo7,11,15, quando vi sia la necessità clinica di iniziare una terapia antibiotica empirica.8 In caso di sospetta sepsi/febbre origine sconosciuta: eseguire i prelievi da siti separati. * 1 set emocolturaleè formato da: 1 flacone per aerobi + 1 flacone per anaerobi L’indagine emocolturale viene attualmente effettuata mediante sistemi automatizzati dotati di un sistema integrato di moduli che consentono l’incubazione, il monitoraggio continuo del campione e la rilevazione di crescita microbica. Lacrescita microbica viene rivelata mediante l’analisi del rilascio di CO2, prodotta dal metabolismo microbico, attraverso varie tecniche: sensori fluorescenti (Bactec 9240; Becton Dickinson) sensori colorimetrici (BacT/Alert; bioMerieux, France) misurando le variazioni di pressione nel flacone a seguito di consumo e/o produzione di gas (VersaTREK; TREK Diagnostic Systems). Sistema BD BACTEC: funzionamento I flaconi,precedentemente inoculati con il campione, vengono inseriti nello strumento per l’incubazione e la lettura periodica. Icampioni sono mantenuti in agitazione da un sistema meccanico di inclinazione (da orizzontale a 20°), in modo da favorire la crescita microbica. La lettura in continuo(ogni flacone viene letto ogni 10 min), consente unavalutazionerealtimedella crescita sulla base di un sofisticato meccanismo ottico che consentelavalutazionedella produzione di CO2derivante dal metabolismo batterico. Ogni flacone contiene infatti un sensore chimico, posto sul fondo del flacone all’interno di una matrice protettiva, contenente composti fluorescenti che reagiscono in presenza di CO2prodotta dal microrganismo. Formatodaun diodo ad emissione luminosa, un rivelatore di fotodiodi e filtri adeguati, il sistema misura la fluorescenza proveniente dal sensore fluorimetrico. L’aumento della fluorescenza del sensore sarà direttamente proporzionale all’aumento di CO2presente.