“La comunicazione costituisce il cuore della vita e della cultura stessa” Edward T. Hall (1914-2009).
La comunicazione è un’attività fondamentale comune a tutti gli uomini, nessuno escluso. È un’esigenza
primaria della nostra esistenza. Ogni giorno della nostra vita comunichiamo trasmettendo idee, pensieri,
acquisendo nuove informazioni. Il termine “comunicazione” deriva dal latino “communis”, che nel suo
significato originale vuol dire “mettere in comune” ovvero condividere con gli altri opinioni, esperienze,
sensazioni, sentimenti…
Nel 1967, gli studiosi della Scuola di Palo Alto (fondata nel 1959, California), Gregory Bateson, Paul
Watzlawick, Janet Helmick Beavin e Donald deAvila Jackson, autori del libro “Pragmatica della
comunicazione umana”, hanno elaborato l’approccio sistemico-relazionale e hanno studiato le reciproche
influenze tra comunicazione e relazione. Essi individuano cinque assiomi della comunicazione, proprietà
indiscutibili della comunicazione:
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Il primo assioma: “non si può comunicare”, dichiara che è impossibile non comunicare qualcosa,
quando si è in presenza di qualcuno. Le informazioni non arrivano soltanto attraverso i messaggi
consapevoli ma anche attraverso numerosi messaggi involontari.
Il secondo assioma: “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione in modo
tale che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione”. In ogni comunicazione
possiamo individuare il messaggio che viene trasmesso, ovvero una notizia, ma anche la forma del
messaggio che è inerente alla relazione.
Il terzo assioma: “la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di
comunicazione tra i comunicanti”. Esiste una punteggiatura nella comunicazione. Gli interlocutori si
alternano seguendo turni di parola, c’è chi prende l’iniziativa e chi risponde reagendo all’altro,
stabilendo un ordine di dipendenza.
Il quarto assioma: “gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico sia con quello
analogico”. La comunicazione avviene sia attraverso il linguaggio verbale (modulo numerico), sia
attraverso il linguaggio non verbale (modulo analogico).
Il quinto e ultimo assioma: “tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a
seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”. L’interazione simmetrica è tra due
persone che tendono a utilizzare modi comunicative simili. L’esempio tipico è quello tra due coniugi
che nella comunicazione tendono entrambi a dare la propria versione dei fatti e a stabilire la
propria verità. Spesso questa modalità d’interazione porta a un’interazione conflittuale, poiché
nessuno dei due è disposto ad accettare la posizione dell’altro, ma tende piuttosto, ad affermare la
propria. L’interazione complementare è basata invece, su modalità comunicative differenti. Questo
è il caso di una coppia in cui uno dei due prende sempre l’iniziativa e propone in modo assertivo le
sue opinioni, mentre l’altro tende a lasciar fare al partner, a non intervenire, ad accettare le
decisioni prese dell’altro. La forma migliore di comunicazione in una coppia d’individui vede
l’alternarsi momenti d’interazione simmetrica e d’interazione complementare.
La comunicazione è un processo complesso in cui convergono componenti consce e inconsce, verbale e non
verbale. Il linguaggio verbale, sistema articolato di suoni simbolici, è lo strumento più fine, complesso ed
efficace per comunicare pensieri, opinioni, esigenze. Assolve anche altre funzioni, come quella di
socializzare e definire le relazioni che esistono tra le persone. Accanto al linguaggio verbale esistono molti
altri tipi di comunicazione che vengono comunemente utilizzati dall’uomo per scambiarsi informazioni, si
tratta dei linguaggi non verbali.
La comunicazione non verbale riveste anch’essa un’enorme importanza e accompagna sempre quella
verbale. Dalla scuola di Palo Alto, è venuta l’interessante constatazione che non si può mai astenersi dal
comunicare. L’uomo, anche se non pronuncia alcun pensiero in forma verbale, attua in ogni caso, uno o più
atti comunicativi utilizzando canali e codici diversi: mimiche, gesti e movimenti, posture, uso dello spazio...
Con l’espressione del viso possiamo inviare una grande quantità di messaggi diversi: simpatia, antipatia,
disgusto… Centrale nel viso è lo sguardo. Lo sguardo reciproco di occhiate, quando due persone si parlano,
aiuta a capire le intenzioni e il significato da attribuire alle parole. Quando però lo sguardo dell’altro si fa
insistente, si preferisce distogliere il proprio. Anche la bocca consente una gamma molto ricca di
espressioni: dalla disapprovazione alla paura, dall’ironia all’affetto. Il suo coinvolgimento nel sorriso è
determinante.
I gesti e i movimenti hanno significati universali, come ad esempio l’applauso e il saluto, altri invece sono
legati alla cultura e vogliono dire cose diverse a seconda del contesto culturale. Nel 1970 Paul Ekman e
Wallace Friesen, segnarono una forte spinta alla ricerca nell’ambito della gestualità; essi individuano cinque
tipologie di gesti:
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Gesti illustratori, illustrano ciò che ci sta dicendo;
Gesti simbolici emessi intenzionali, hanno un significato specifico che può essere tradotto in parole;
Gesti indicatori dello stato emotivo, come salutare in segno di vittoria;
Gesti regolatori, atti a gestire il turno di parola o a marcare parole o frasi;
Anche lo zoologo Desmond John Morris (1928- 1952) si dedicò allo studio dei segnali non verbali e definì il
gesto come “qualunque azione capace di inviare un segnale visivo a un osservatore (…) e di comunicargli
una qualsiasi informazione”.
Le posture sono le posizioni che può assumere il corpo. Le principali posture dell’essere umano sono:
eretta, seduta, distesa. Da queste nascono molte posizioni intermedie che esprimono stati psichici e
intenzioni diverse come: sicurezza, disponibilità, timidezza; si pensi alla postura strafottente del bullo che
cerca di suscitare rispetto e paura sollevando il capo e quella opposta del melanconico che tiene il capo
abbassato. Durante una conversazione quindi, il busto leggermente inclinato in avanti indica disponibilità.
Se però è eccessiva, l’inclinazione può essere interpretata come aggressività. Il busto inclinato all’indietro
può indicare che si è rilassati, oppure increduli o distaccati.
Secondo Roman Jakobson (1896- 1982), affinché si verifica un processo di comunicazioni è necessario che
siano presenti alcuni fattori: il destinatore (emittente, chi codifica e invia il messaggio); il contesto
(referente); il contatto (canale fisico, connessione fisiologica tra chi invia e chi riceve il messaggio); il codice
(forma di comunicazione); il messaggio (contenuto); il destinatario (chi riceve e decodifica il messaggio).
Un elemento decisamente importante è il feedback, cioè l’informazione di ritorno che, restituendo i
risultati alla fonte, può modificare l’emissione successiva in quanto può confermare o disconfermare la
comprensione dell’informazione. Esso può essere formulato sia in modo verbale, e non verbale, e può
essere positivo o negativo. Nel primo caso i destinatari rispondono nella direzione degli stimoli che
ricevono dall’emittente. Nel secondo caso, invece, il destinatario o si limita a riprodurre esattamente il
messaggio, o risponde in una direzione diversa dagli stimoli ricevuti con scarso arricchimento della
comunicazione, oppure non risponde.
Un atro elemento da considerare è il disturbo, quella serie di rumori che intralciano il corretto ricevimento
del messaggio. Può essere fisico, come nel caso di una telefonata con brusio, altre volte psicologico, per
esempio, un forte stato emotivo.
Il modo di parlare e di esprimersi può essere influenzato dal luogo in cui ci si trova e dal numero dei
presenti. Il contesto influisce sulla comunicazione. La comunicazione può avvenire all’interno di un
determinato gruppo o società (comunicazione intrasistemica), e fra società o gruppi diversi (comunicazione
intersistemica). Lo psicologo sociale Bavelas ha individuato due indici per descrivere le reti di comunicazioni
nelle organizzazioni: l’indice di distanza (misura quanto un membro del gruppo è distante dagli altri) e
quello di centralità (se le informazioni arrivano a una sola persona o sono distribuite tra tutti). In ogni
gruppo numeroso, la comunicazione tende a diventare centralizzata, ovvero il leader raccoglie gli apporti
dei singoli individui che scambiano informazioni solo con lui e non con gli altri membri della rete
(comunicazione a rete). Un tipo di comunicazione decentralizzata invece, è quella a cerchio in cui ogni
individuo riceve informazioni da un solo individuo e le passa a un altro membro soltanto.
Fondamentale nella comunicazione è l’ascolto. Saper ascoltare può portare ad aprire la mente a nuove
idee, a nuove soluzioni. È un’abilità che può essere molto utile sia per la crescita professionale, ma anche
perché contribuisce decisamente ad essere dei bravi figli, dei buoni compagni.
“Come il linguaggio organizza il pensiero, così lo spazio organizza le attività”: Edward T. Hall (1914-2009).
Lo statunitense ha analizzato il modo in cui le persone si collocano in uno spazio scoprendo che esso non è
casuale, ma dipende dal tipo di relazioni che esiste tra loro. Ha chiamato “prossemica” l’organizzazione
delle distanze tra gli individui. Egli ha individuato:
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una distanza intima (meno di mezzo metro) è la distanza dell’abbraccio, dove è facile il contatto tra
le persone, si può parlare sottovoce, cogliere l’intensità delle emozioni, sentire l’odore dell’altra
persona;
una distanza personale (da mezzo metro a 120 cm circa) un’area aperta alle relazioni a breve
distanza in cui si può toccare l’altro. È la distanza abituale che si tiene con familiari o amici;
una distanza sociale (da metri 1,20 a 3,60) tipica delle relazioni più impersonali ad esempio quando
uno è dietro ad uno scrittoio, oppure quando si tiene a distanza l’interlocutore, in questo caso il
tono di voce deve essere più alto per poter essere compreso;
una distanza pubblica (superiore ai 3 metri e mezzo) tipica delle apparizioni in pubblico, dei pubblici
avvenimenti come teatri, concerti, lezioni.
La distanza sociale teorizzata dall’antropologo Edward Hall richiama la situazione particolarmente difficile
che stiamo vivendo. Il “Covid-19” è entrato in maniera prepotente nella nostra quotidianità, costringendo
tutti noi a modificare le nostre abitudini, i comportamenti, stile di vita, rimanendo confinati all’interno delle
nostre abitazioni. Per rallentare ed evitare la diffusione di questa malattia contagiosa, è essenziale
mantenere la distanza sociale. L’isolamento, a cui tutti noi siamo stati costretti, ha porta l’individuo ad
utilizzare la comunicazione digitale, per ricercare un contatto tra le persone. Un esempio sono tutti i social
network come Facebook, Instagram e Twitter e le piattaforme come Skype, che consentono di effettuare
videochiamate e chat di gruppo.
Una riflessione specifica va dedicata agli effetti prodotti dalla rivoluzione telematica, cioè dall’irruzione
delle tecnologie informatiche nel campo della comunicazione. La nascita di nuovi strumenti di
comunicazione, i cosiddetti “mass media” costituiscono dei codici comunicativi propri che si avvalgono di
suoni, immagini e parole per veicolare le informazioni e colpiscono varie sfere sensoriali acquistando un
forte potere di impatto psicologico sui destinatari dei messaggi, rivolgendosi sempre a un grande numero di
utenti. Storicamente, siamo entrati nell’era dei mass media quando, “il messaggio ha potuto viaggiare più
velocemente del messaggero” Marshall McLuhan (1911- 1980). Secondo il sociologo canadese i mass media
non concernano soltanto la maggiore rapidità ed efficace delle comunicazioni, ma investono anche la
qualità dei rapporti sociali, arrivando a trasformare interamente l’uomo. Grazie ai notiziari televisivi e a
Internet, che hanno assunto un ruolo centrale nell’ambito della comunicazione, l’uomo può conoscere in
tempo reale ciò che avviene in ogni angolo del pianeta.