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Boccaccio

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Boccaccio
Nacque nel 1313 probabilmente a Certaldo, figlio illegittimo di un mercante. Riconosciuto dal
padre venne accolto e avviato ai primi studi a Firenze, nel 1327 fu mandato a Napoli per fare
pratica mercantile. Questo soggiorno fu decisivo per la sua formazione, specialmente la
frequentazione della corte angioina che, con Roberto d’Angiò, era diventata un centro di studi.
Nella corte conobbe anche Maria, celebrata col nome di Fiammetta nei suoi scritti.
Nel 1340 fu richiamato dal padre a Firenze, dove gli vennero affidati incarichi diplomatici.
Durante la peste che colpì Firenze nel 1348 perse il padre ed alcuni amici, nonostante questo clima
in questi anni compose il suo capolavoro, il Decameron.
Nel 1350 conobbe Petrarca, influenzò la sua vita e i suoi orientamenti letterari/spirituali; approfondì
gli studi classici e adottò il latino come lingua di scrittura. Dal 1351 gli furono affidate molte
missione e ambascerie. Nel 1360 fu colpito da una crisi interiore che lo portò a diventare chierico,
venne anche allontanato dalla vita politica da una congiura da parte dei suoi amici, deluso si ritirò a
Certaldo facendo della sua casa un luogo di incontro dei primi umanisti italiani.
A Napoli frequentò con regolarità la biblioteca di Roberto d’Angiò, ebbe l’opportunità di leggere i
più importanti romanzi francesi, fabliaux e opere novellistiche orientali.
Questi anni a Napoli furono una sorta di sperimentazione; le prime prove letterarie rispecchiano
l’interesse per i romanzi cavallereschi e le opere erotico-mitologiche di Ovidio, incentrate sul tema
dell’amore in uno stile erudito.
Le opere del periodo napoletano sono: Caccia di Diana, Filòloco, Filòstrato e Teseida.
Gli esperimenti letterari del periodo fiorentino seguono le orme della poesia allegorica, volte a
indagare il mondo e la vasta gamma dei comportamenti delle passioni umane, in cui affiora la
capacità di analisi psicologica che caratterizza il Decameron.
A questo periodo appartengono: Commedia delle ninfe fiorentine, Amorosa visione, Elegia di
Madonna Fiammetta, Ninfale fiesolano.
Tra il 1348 e il 1353, durante la peste, Boccaccio compose il Decameron, opera composta da cento
novelle, suddivise in 10 giornate e raccontate da 10 novellatori (7 donne e 3 uomini). Le cento
novelle sono caratterizzate da una grande varietà linguistica e hanno protagonisti di ogni ceto.
L’amicizia con Petrarca influenzò Boccaccio, a tal punto da portarlo completamente ad
abbandonare il volgare a favore del latino. Le opere più note in latino sono: De casibus virorum
illustrium, De mulieribus claris e L’epistolario.
Boccaccio ricostruisce la vita e l’opera di Dante delineandole un tratto idealizzato, il Trattatello, una
delle opere più importanti e antiche della biografia di Alighieri.
Il corbaccio, prosa satirica contro le donne, si lancia in una violenta polemica, il quale lo spinge a
rifiutare l’amore in quanto causa di abbruttimento dell’animo umano.
Le opere del periodo napoletano riprendono temi, personaggi e ambientazioni dei romanzi francesi
indagando il sentimento amoroso secondo i principi dell’amore cortese.
La formazione spirituale non gli impedì di dedicarsi allo sperimentalismo di generi, stili e contenuti;
si cimentò in vari generi: mitologico, romanzo, prosimetro, novella; in un incessante ricerca di
forme, stili, linguaggi e registri.
L’amicizia con Petrarca come citato prima portò a un ripensamento della visione della letteratura, i
due poeti divennero i maggiori esponenti ella sensibilità preumanistica che muoveva al recupero e
reinterpretazione dei classici. Dal 1351 so diede alla ricerca di codici antichi presso biblioteche; E’
una fondamentale svolta che lo spinse a scrivere opere in latino, quelle che riscossero più interesse
tra gli umanisti del 400; A lui si deve anche il rinato interesse per il greco, per merito suo fu
inaugurata una cattedra di greco, la prima in Europa.
Boccaccio fu anche un grande estimatore di Dante per l’origine fiorentina e per l’interesse del
volgare. Il debito verso Dante è evidente nelle opere del periodo fiorentino: La commedia delle
ninfe fiorentine che riprende dalla vita nova il prosimetro, e l’Amorosa visione in cui la scelta della
terzina e l’impianto allegorico rimandano alla Commedia.
L’interesse per il mondo femminile è particolare. L’apice viene raggiunto nell’Elogia di Madonna
Fiammetta, in cui la donna diventa la protagonista e la narratrice; i sentimenti di Fiammetta sono
descritti in modo non convenzionale attraverso un’acuta analisi psicologica, se Laura e Beatrice
erano proiezioni ideologiche, Fiammetta è reale, soffre e si dispera, ma sa anche analizzare la
propria situazione. Nel Decameron le donne conservano un ruolo privilegiato tanto da essere scelte
come destinatarie dell’opera. Tuttavia, sopraggiunge una crisi interiore, che porta Boccaccio a
reinterpretare il ruolo della donna, ritenuta colpevole di distogliere l’uomo da una vita dedita allo
studio.
DECAMERON
Le due patrie di Boccaccio:Napoli e Firenze. Nelle 2 città fece pratica mercantile, frequentò gente
di ogni ceto sociale. Le sue esperienze si ritrovano nel Decameron, una raccolta di novelle volta a
ritrarre la realtà umana nelle sue manifestazioni senza pregiudizi, proprio per questo è stata definita
“commedia umana”. L’opera contiene cento novelle, dieci per ogni giorno: ecco spiegato il titolo,
composto da parole greche deka (dieci) ed emeròn (giorni).
Il Decameron è ambientato nel 1348, durante la peste nera, nell’introduzione Boccaccio descrive i
sintomi e spiega come la paura del contagio aveva fatto precipitare Firenze in pieno disordine
sociale e morale.
Con questo orrido cominciamento prende il via il racconto-cornice che presenta l’incontro dei 10
novellatori. Un martedì mattina nella chiesa Santa Maria Novella si incontrano 7 donne e 3 uomini,
per evitare il contagio decidono di ritirarsi nel contado assiemi a dei servi, e così si trasferiscono in
un palazzo sui colli fiorentini.
Per passare il tempo decidono che ogni giorno sarà eletto un re o una regina, cui spetterà decidere
come organizzare le attività del giorno; trascorrono 2 settimane, dedicandosi agli svaghi, piacevoli
conversazioni e racconti. Nei 10 giorni stabiliti ogni giovane narra a turno una novella, quindi 100
novelle.
Boccaccio preferisce chiamare attraverso pseudonimi i protagonisti, i nomi sono allusivi del
carattere e delle qualità di ciascuno. Ex. <<Fiammetta>>, la fanciulla che arde d’amore.
Dietro il ritiro si cela il bisogno di ristabilire gli equilibri e i valori umani e anche ritrovare il senso
della vita a contatto con la natura. La villa nella quale dimorano è circondata da uno splendido
giardino, esso è un luogo incantevole e felice, in cui i giovani possono svagarsi. La loro convivenza
è il trionfo di una società ordinata e onesta, cosa che era andata persa con la peste.
Chichibio
È la quarta novella della sesta giornata del Decameron, detta da Elissa. Il tema principale è la
fortuna, che deve essere colta al volo da chi è dotato della virtù dell’intelligenza
Durante una battuta di caccia, Currado, nobile, trova ed uccide una gru, che invia al suo cuoco,
Chichibio. Il cuoco la cucina alla perfezione, ma giunge Brunetta, la ragazza di cui è innamorato
Chichibio, che gli domanda una coscia di gru. Inizialmente rifiuta, ma, stuzzicato e provocato cede
una coscia a Brunetta.
Successivamente Chichibio serve la gru a Currado e ai suoi ospiti. Non appena vede che manca una
zampa chiede spiegazioni al cuoco, egli risponde che le gru hanno solo una zampa. Currado irritato
lo sfida: il giorno successivo sarebbero andati a verificare questa affermazione. Giunti lì, vedono
diverse gru su una zampa, cioè nella posizione in cui sono solite dormire. Il nobile gridando “oh oh”
corre verso gli uccelli, che, spaventati scappano tirando fuori la seconda zampa. Currado allora
chiede a Chichibio: Che ti pare ghiottone, ti sembra che ne abbiano 2? Il cuoco risponde con
prontezza: Signore sì, ma non gridaste -ho ho- a quella di ieri sera; se lo aveste fatto avrebbe tirato
fuori la seconda zampa.
La risposta intelligente fa ridere Currado, che quindi perdona il cuoco.
Uno dei temi principali è l’arguzia di personaggi di estrazione sociale che riescono a comportarsi al
pari con i nobili, grazie alla loro furbizia.
Cisti fornaio
È la seconda novella della sesta giornata, il tema è l’arte della parola; è raccontata da Pampinea.
Il protagonista della novella è Cisti, un fornaio fiorentino. Ogni giorno egli vede passare davanti
alla sua bottega il nobile Geri Spina e gli ambasciatori del papa, che discutono di affari importanti.
Cisti vorrebbe offrire il suo miglior vino ai tre uomini, ma a causa della sua condizione sociale
lascia perdere. Fa in modo che Geri Spina si inviti da solo, sedendosi ogni giorno a gustare il vino.
Attirato, il terzo giorno Geri si avvicina e chiede al fornaio di fargli assaggiare il vino; ne rimane
così colpito che decide di organizzare un banchetto con altri nobili. Viene così mandato un servo
incaricato di prendere il vino da Cisti, il servo che vorrebbe un’po' di vino per sé porta un grande
contenitore, tuttavia il fornaio si rifiuta di dare il vino in quanto un contenitore così grande non va
bene per un vino così pregiato. Il servo lo riferisce a Geri, che lo rinvia con un fiasco più piccolo
che il fornaio riempie. In seguito, spiega al nobile che quel vino è così buono che non è degno di
essere bevuto da servi; infine regala il vino a Geri; così Cisti viene ricompensato e diventa amico
del nobile.
In questa novella Boccaccio esalta la virtù umana dell’intelligenza, grazie a cui i personaggi, anche
di condizioni umili, emergono grazie alla loro arguzia annullando per un istante le distanze tra i ceti,
ma non si tratta di un sovvertimento dell’ordine, in quanto la distanza rimane: Geri rimane nobile,
Cisti un fornaio. Qui è evidente che il tema da Pampinea sia, come la Fortuna e la Natura
intervengano sulla vita degli uomini.
Lisabetta da Messina
È la quinta novella della quarta giornata, la trama è quella di un amore infelice che si conclude in
modo drammatico.
Lisabetta è una ragazza messinese, orfana, che vive insieme ai suoi 3 fratelli, divenuti ricchi grazie
ad affari e commercio, la giovane donna, non ancora sposata, si innamora di Lorenzo, un ragazzo di
Pisa che aiuta i suoi fratelli a lavoro. Però, il giovane appartiene ad un ceto inferiore, di
conseguenza il loro amore assume implicazione sociali complicate per l’epoca, amplificate dalla
mentalità ristretta dei fratelli.
Il loro sembra un amore spontaneo e naturale e sembra tutto promettere un esito felice, però, i tre
fratelli scoprono che lei si recava di notte dal suo amato, cos’ decidono di contrastare la loro unione,
che, secondo la loro ottica, metterebbe in cattiva luce il nome della famiglia. Inducono cosi Lorenzo
a seguirli fuori dalla città, una volta usciti da Messina lo assassinano e ne occultano il corpo.
Tornati a casa si giustificano dicendo che si trovava altrove per affari. L’assenza però diventa
sospetta, così Lisabetta inizia a disperarsi. Una notte il defunto compare nei sogni di lei, rivelandole
di essere stato ucciso dai fratelli e mostrandole il luogo. Presa da sconforto ottiene il permesso per
una gita in campagna con una donna di servizio, Lisabetta si reca sul luogo, disseppellisce il
cadavere, e non potendoli dare una degna sepoltura, gli taglia la testa per poter conservare un
ricordo di lui. Tornata a casa, nasconde la testa in un vaso che copre con una pianta di basilico.
Ogni giorno piange e si dispera sulla pianta, trasferendo questo amore e passioni insopprimibili.
Il comportamento di Lisabetta insospettisce i vicini, che segnalano l’anomalia ai fratelli, questi le
requisiscono la pianta, e dopo aver trovato la testa fanno sparir tutto. Timorosi che la vicenda
diventi di dominio pubblico si trasferiscono a Napoli, Lisabetta morirà di li a poco per il dolore.
Boccaccio in questa novella difende la forza del sentimento amoroso, che non deve essere represso,
per motivazioni economiche/sociali
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