Giovanni Pascoli, Nebbia, dai Canti di Castelvecchio Forma metrica 5 strofe di 6 versi ciascuna: 3 novenari + 1 ternario + 1 novenario + 1 senario. Rime: ABCBCA. Tutti i senari rimano tra loro. 1. Nascondi le cose lontane, 16. soltanto, 2. tu nebbia impalpabile e scialba, 17. che dànno i soavi lor mieli 3. tu fumo che ancora rampolli, 18. pel nero mio pane. 4. su l’alba, 5. da’ lampi notturni e da’ crolli, 19. Nascondi le cose lontane 6. d’aeree frane! 20. Che vogliono ch’ami e che vada! 21. Ch’io veda là solo quel bianco 7. Nascondi le cose lontane, 22. di strada, 8. nascondimi quello ch’è morto! 23. che un giorno ho da fare tra stanco 9. Ch’io veda soltanto la siepe 24. don don di campane… 10. dell’orto, 11. la mura ch’ ha piene le crepe 25. Nascondi le cose lontane, 12. di valerïane. 26. nascondile, involale al volo 27. del cuore! Ch’io veda il cipresso 13. Nascondi le cose lontane: 28. là, solo, 14. le cose son ebbre di pianto! 29. qui, solo quest’orto, cui presso 15. Ch’io veda i due peschi, i due meli, 30. sonnecchia il mio cane. Parafrasi Tu, nebbia leggerissima e grigiastra, devi nascondere le cose lontane e anche tu, fumo che ancora sei visibile sul far dell’alba dopo i lampi notturni e il fragore di frane nell’aria (i tuoni)! Devi nascondere le cose lontane, mi devi nascondere quello che è morto! In modo tale che io veda solo la siepe dell’orto, il suo muro di cinta, le cui crepe sono piene di piante di valeriana. Devi nascondere le cose lontane: queste cose sono piene di dolore! In modo tale che io veda solo le due piante di pesco e di melo, che producono i loro dolci frutti, a conforto della mia vita difficile (il pane nero). Devi nascondere le cose lontane, che vogliono che io mi sposi ed esca! In modo tale che io veda solo quella strada bianca (che conduce al cimitero), che il giorno del funerale devo percorrere tra un fiacco rintocco di campane… Devi nascondere le cose lontane, nasconderle, sottrarle ai desideri del cuore! In modo tale che io veda solo il cipresso laggiù, solo questo orto, vicino al quale dormicchia il mio cane. Figure retoriche Allitterazione: “NascoNdi Le cose LoNtaNe, tu NeBBia iMpaLpaBiLe e sciaLBa” (vv. 1-2); “cRolli d’aEREE fRanE” (vv. 5-6); “inVOLale al VOLO” (v. 26); Enjambement: crolli / d’aeree frane (vv. 5-6); “la siepe / dell’orto” (vv. 9-10); “le crepe / di valeriane” (vv. 11-12); “bianco / di strada” (vv. 21-22); “stanco / don don di campane” (vv. 23-24); “volo / del cuore” (vv. 26-27); Apostrofe: “tu, nebbia impalpabile e scialba” (v. 2); “tu fumo” (v. 3); Personificazione: “tu, nebbia” (v. 2); “tu fumo” (v. 3); Anafore: “nascondi le cose lontane” (vv. 1, 7, 13, 19, 25); “tu” (vv. 2-3); “ch’io veda” (vv. 9, 15, 21, 26); “nascondimi … nascondile” (con lieve variatio, v. 8 e 26); Metafore: “crolli / d’aree frane” (vv. 5-6); “ebbre di pianto” (v. 14); “pel nero mio pane” (v. 18); Ossimoro: “d’aree frane” (v. 6); Onomatopea: “don don” (v. 24); Paronomasia: “meli … mieli” (vv. 15, 17); Figura etimologica: “involale al volo” (v. 26). Commento I Canti di Castelvecchio si propongono di continuare il programma poetico iniziato con la precedente raccolta Myricae: alle immagini quotidiane della vita di campagna, si alternano continuamente i temi della tragedia famigliare e delle ossessioni segrete del poeta, come l’eros e la morte. La collocazione delle liriche all’interno della raccolta è attentamente studiata secondo un ordine che segue quello delle stagioni. Nel componimento Nebbia, Pascoli si rivolge alla nebbia personificata, elemento ricorrente della sua poesia, chiedendole di nascondergli ciò che è lontano nel tempo (le cose passate) e nello spazio (le cose lontane), perché provoca solo pianto e dolore. La nebbia non è descritta oggettivamente (come, ad esempio, in San Martino di Carducci), bensì assume un forte significato simbolico, diventando una barriera difensiva che il poeta erge tra sé e il mondo esterno, affinché lo protegga dall’ignoto e dalla morte, lasciandogli vedere solo ciò che è vicino, le poche e umili cose rassicuranti perché appartengono al “nido” (la casa, il giardino, le piante, il cane), quindi assicurandogli un po’ di serenità. La vita viene vista in una luce negativa, mentre l’atteggiamento nei confronti della morte è ambivalente. Emerge, tuttavia, anche una contraddizione: come dimostra il verso “che vogliono ch’ami e che vada”, il mondo esterno che da un lato spaventa terribilmente il poeta, dall’altro lo attrae: è molto legato al “nido”, ma coltiva anche una segreta attrazione per il mondo esterno. Secondo Gianfranco Contini, a ragione, questa lirica può essere considerata “un’allegoria generale del mondo poetico pascoliano”, perché contiene tutte le tematiche e le contraddizioni tipiche della sua poetica. Il lessico della poesia Nebbia, oscillante tra termini semplici e quotidiani e vocaboli aulici e danteschi, come è tipico del Simbolismo, prevede sempre due livelli di lettura, quello letterale e quello simbolico. La “valeriana” è da intendere come simbolo dell’oblio, la siepe e il muro dell’orto sono simboli di protezione dal mondo esterno; il cipresso è evidentemente immagine della morte, mentre il cane rappresenta la fedeltà e gli affetti domestici; la metafora “aeree frane” per indicare il tuono è molto forte e rimanda ad apocalissi cosmiche. La percezione del poeta va oltre la realtà per sconfinare nel simbolismo: la precisione dei termini non ha nulla di realistico, ma diventa profondamente evocativa. Le frequenti ripetizioni conferiscono alla poesia un ritmo cantilenante; il ritmo è continuamente spezzato da punteggiatura, pause, enjambements. I periodi hanno una struttura simmetrica, cosicché la struttura sintattica appare molto ripetitiva per mettere particolarmente in evidenza i nuclei tematici sui quali Pascoli intende focalizzare l’attenzione.