Scrivi una relazione sulla peste nera L’apertura delle Vie della seta verso l’Asia, che la Pax mongolica aveva consentito e promosso, produsse importanti cambiamenti positivi nella società che usciva dal periodo medievale: i contatti con l’estremo oriente favorirono, tramite i commerci di tessuti e spezie, la nascita della borghesia mercantile, lo sviluppo su nuovi percorsi delle scienze e della cultura, come anche l’incontro tra religioni. Ma non ci furono soltanto benefici: “Al principio dell’Ottobre (del 1347) od all’uscita di settembre di quest’anno incominciava in Messina la tremenda Peste nera che poscia desolava il resto d’Italia e tutta Europa: ella non sorgeva colà spontanea, ma eravi portata dalle galee Genovesi, siccome appresso diremo”. Questa pandemia è stata chiamata con diversi nomi: “I cristiani parlavano di “grande moria” oppure di “grande pestilenza”. Per i musulmani era “la peste universale”, “la peste delle famiglie”, “la grande distruzione”, “la grande peste”, “l’anno dell’annientamento” (…)”. Una confusione che derivava sostanzialmente dalla incapacità di distinguere tra le morti causate dalla malattia primaria (la peste, appunto) e quelle causate da malattie secondarie (ad esempio, la polmonite). La peste si sviluppò in tutta Europa, come descrive Frari “nel 1348 passò ad infettar tutta l’Italia, tranne Milano, il paese dei Grigioni (…) attraversò le montagne; si stese nella Savoja, nella Provenza, nel Delfinato, nella Borgogna, e in Ligiadocca; penetrò in Ispagna, nella Catalogna (...) Nel 1349 prese l’Inghilterra, la Scozia, l’Irlanda, e la Fiandra (...) Nel 1350 (…) invase la Frisia, la Germania, la Polonia, l’Ungheria, la Danimarca, e la Svezia”. Colpisce, in questa descrizione, tutta la crudezza e la devastazione che la peste produsse fino al 1363, allorquando “terminò, dopo tante stragi, e dopo aver distrutto, giusta il computo degli storici più accreditati, tre quinti di abitatori di tutta l’Europa”. Ovvero tra i venti e i venticinque milioni di persone. Una distruzione contro la quale la medicina del tempo nulla poteva fare, e che alimentò superstizioni e credenze, anche odiosissime: “Nella metà del 1300 si scatena una grande ondata di violenza contro gli Ebrei che vivevano nelle città del mondo cristiano (…) accusati di avvelenare i pozzi e le sorgenti per diffondere la peste”. E poiché la peste non badava né al ceto né al censo e neppure al ruolo, morirono anche re, nobili, amministratori, governatori. A Firenze la peste provocò la morte di circa 60.000 su 100.000 abitanti stimati. Giovanni Boccaccio, morto sessantaduenne nel 1375, è stato testimone di quel periodo. I dieci giovani nobili protagonisti della sua opera, il Decameron, si rifugiano in collina proprio per sfuggire alla peste. Il Decameron è stato scritto tra il 1350 e il 1353. Quella di Boccaccio è, dunque, una testimonianza diretta, e fin dal primo libro illustra le manifestazioni della malattia, che “nascevano nel cominciamento d’essa a’ maschi e alle femine parimente o nella anguinaia o sotto le ditella certe enfiature, delle quali alcune crescevano come una comunal mela, altre come uno uovo, e alcune più e alcun’ altre meno, le quali i volgari nominavan gavoccioli. E dalle due parti del corpo predette infra brieve spazio cominciò il già detto gavocciolo mortifero indifferentemente in ogni parte di quello a nascere e a venire: e da questo appresso s’incominciò la qualità della predetta infermità a permutare in macchie nere o livide, le quali nelle braccia e per le cosce e in ciascuna altra parte del corpo apparivano a molti, a cui grandi e rade e a cui minute e spesse. E come il gavocciolo primieramente era stato e ancora era certissimo indizio di futura morte, così erano queste a ciascuno a cui venieno”. FONTI: Corradi Alfonso: Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850, Parte prima, Bologna, 1865, pp.188 e segg. Naphy William, Spicer Andrew: La peste in Europa, Il Mulino, 2006 Frari Angelo Antonio, Secolo XIV, in Della peste e della publica administrazione sanitaria, Venezia, 1840, pp. 296 e segg. Foa Anna: Ebrei in Europa. Dalla peste nera all'emancipazione XIV-XVIII secolo, Laterza, 1992 Boccaccio Giovanni: Decameron, Einaudi, 2005 Roma, 04.12.2019 Isabella Tokos, 3A