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Contrazione PDF(1)

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Muscolo-scheletrico struttura e funzione
Fig. 1 Sezione di muscolo scheletrico e
disposizione delle guaine di tessuto
connettivale (A). L’endomisio copre le singole
fibre. Il perimisio circonda gruppi di fibre
chiamate fasci e l’epimisio avvolge l’intero
muscolo in una guaina di tessuto connettivale.
Il sarcolemma, una membrana sottile ed
elastica, ricopre la superficie di ciascuna fibra
muscolare.
(B) Dettagli della struttura del tendine. Le
microfibrille originano da cinque molecole di
tropocollagene fra loro parallele che si uniscono
a formare fibrille e poi fibre di collagene,
circondate dall'endotenonio. Il tendine è
ricoperto dall’epitenonio, una guaina di tessuto
connettivo contenente il supporto vascolare,
linfatico, nervoso. L’epitenonio penetra
all'interno del tendine prendendo il nome di
endotenonio. Più superficialmente l’epitenonio
è ricoperto da paratenonio, tessuto connettivo
costituito essenzialmente da fibre collagene di
tipo I e tipo II, fibre elastiche e uno strato
interno di cellule sinoviali. Epitenonio e
paratenonio prendono il nome di peritendine
(µm=10-6 m; nm=10-9 m). (C) Sezione
trasversale del reticolo sarcoplasmatico e del
sistema dei tubuli-T che circonda le miofibrille.
Si noti lo stretto contatto fra i mitocondri, la rete
delle membrane intracellulari e il sistema dei
tubuli.
Prima di iniziare un chiarimento sui termini.
Il termine contrazione muscolare viene
normalmente riferito a processi che coinvolgono la
generazione di tensioni muscolari associate
all'accorciamento muscolare. Nel muscolo striato
possono verificarsi tre eventi durante la
generazione di tensione:
1. Il muscolo si accorcia (azione concentrica)
2. Il muscolo rimane della stessa lunghezza
(azione statica-isometrica)
3. Il muscolo si allunga (azione eccentrica)
I termini contrazione e azione sono da considerare
equivalenti e fanno riferimento allo stesso evento
anche se il termine azione muscolare è più
corretto.
Organizzazione macroscopica del muscolo
scheletrico
Gli esseri umani possiedono tre tipi di muscolo, il
muscolo cardiaco, il muscolo liscio e il muscolo
scheletrico, che presentano specifiche differenze
funzionali e anatomiche. Il muscolo cardiaco condivide
diverse caratteristiche comuni al muscolo-scheletrico,
entrambi appaiono striati, si contraggono e si
accorciano allo stesso modo. Il muscolo liscio non
presenta striature ma condivide con il muscolo
cardiaco la regolazione involontaria operata dal sistema
nervoso autonomo. Il muscolo-scheletrico opera sotto
controllo volontario. L'individuo può facilmente
controllare la velocità di movimento, l'ampiezza del
movimento e il numero di ripetizioni effettuate di un
determinato gesto.
Nell'esecuzione di un gesto il giocatore controlla tutti
gli aspetti dei movimenti coordinati e, si spera,
perfettamente sincronizzati, di braccia, gambe e busto.
La situazione è ben diversa per il tessuto muscolare
cardiaco e liscio perché l'attività di questi tessuti
avviene involontariamente, sebbene la mediazione dei
centri nervosi centrali possa esercitare una certa
influenza. Questo determina una generale assenza di
controllo volontario della frequenza con cui batte il
cuore, o di quanto velocemente il cibo si muove
attraverso il sistema digestivo. Ciascuno degli oltre 600
e più muscoli scheletrici del corpo contiene vari
involucri di tessuto connettivo fibroso. La figura 1
illustra una sezione trasversale della struttura dei
muscoli scheletrici e della disposizione degli involucri di
tessuto connettivo, che comprendono le migliaia di
strutture cilindriche chiamate fibre.
Queste fibre lunghe, sottili e multinucleate sono
disposte parallele l'una all'altra, con l'asse di
contrazione orientato lungo l'asse maggiore della fibra.
Il loro numero probabilmente rimane in gran parte
invariato a partire dal secondo trimestre di sviluppo
fetale. La lunghezza della singola fibra varia da alcuni
millimetri, nei muscoli degli occhi, a quasi 30 cm nei
grandi muscoli antigravitari della gamba (con una
larghezza che raggiunge 0,15 mm).
Curiosità sui muscoli
Muscoli esterni dell'occhio: i muscoli degli occhi
provvedono costantemente a riaggiustare le svariate
posizioni dell'occhio durante la veglia. Quando la
testa si muove, i muscoli esterni regolano la
posizione dell'occhio per mantenere costante il
punto di fuoco. In un'ora di lettura continua di questi
appunti, i muscoli degli occhi compiono circa 10.000
movimenti coordinati per mantenere una corretta
visione. Eppure anche questi muscoli sono soggetti
alla fatica. Cambiare frequentemente la posizione
della testa e concentrarsi su diversi oggetti su
diversi piani focali aiuta a limitare l'affaticamento dei
muscoli oculari.
LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE
L'endomisio, un sottile strato di tessuto connettivo,
avvolge ciascuna fibra muscolare e la separa dalle fibre
vicine. Un altro strato di tessuto connettivo, il
perimisio, circonda un ammasso di fibre muscolari fino
a 150 fibre, denominato fascicolo. Una fascia di
tessuto connettivo fibroso, l’epimisio, circonda l'intero
muscolo.
Questa guaina protettiva si rastrema alle sue estremità
distale e prossimale mentre si fonde e si unisce alle
guaine di tessuto intramuscolare a formare il tessuto
connettivo denso e resistente del tendine.
I tendini collegano entrambe le estremità del muscolo
al periostio, il rivestimento più esterno dell'osso. I
tessuti del tendine si intrecciano con il collagene delle
fibre dell'interno dell'osso. Questo costituisce un
potente legame tra i muscoli e le ossa, che rimangono
di fatto inseparabili tranne in caso di stress estremi,
quando si può giungere alla resezione o al completo
distacco nell'inserzione tendinea dell'osso. L'osso
lungo presenta un'estremità allargata tale da garantire
una più stabile unione fra osso e tendine. A seconda
delle dimensioni dell'osso, il termine tubercolo,
tuberosità o trocantere descrive questa specifica
porzione dell’osso. La forza esercitata dall'azione
muscolare si trasmette direttamente al fascio di tessuto
connettivale che circonda le unità contrattili del
muscolo e ai tendini, che poi eserciterà trazione
sull'osso nel punto di inserzione fra osso e tendine. Le
forze esercitate sotto sforzo muscolare sulle inserzioni
tendinee vanno da 20 a 50 N
per cm2 di area di
sezione trasversale.
L'origine del muscolo si riferisce al punto in cui il
tendine si unisce a una parte dello scheletro
relativamente stabile, generalmente l'estremità
prossimale o il fulcro del sistema a leva o quella più
vicina alla linea mediana del corpo; il punto di unione
più distale del muscolo sull'osso in movimento
rappresenta l’inserzione.
La Figura 1B illustra i dettagli ultrastrutturali del
tendine. Il collagene proteico comprende circa il 70%
della massa secca del tendine. Al di sotto
dell'endomisio e a circondare ogni singola fibra
muscolare troviamo il sarcolemma, una membrana
sottile ed elastica che avvolge le fibre del tessuto
muscolare e che comprende la membrana plasmatica
(plasmalemma) e la lamina basale. La membrana
plasmatica, con una struttura a doppio strato di matrice
lipidica, consente la propagazione dell'onda
elettrochimica di depolarizzazione sulla superficie della
fibra muscolare. Il sarcolemma presenta profonde
invaginazioni tubulari connesse tra loro in senso
trasversale e longitudinale, deputate alla propagazione
dell'impulso all'interno della fibrocellula. Nel corso della
depolarizzazione la membrana isola inoltre la fibra
muscolare da quella adiacente. La membrana basale è
una struttura laminare specializzata costituita da
proteine di membrana e fasci di fibrille di collagene che
si fondono con le fibre collagene nel rivestimento
esterno del tendine. Tra la membrana basale e la
plasmamembrana si trovano le cellule staminali
muscolari, conosciute anche come cellule satelliti, i
mioblasti normalmente quiescenti che partecipano alla
crescita cellulare rigenerativa e forniscono possibili
adattamenti fisiologici all'esercizio nel recupero della
lesione. L'incorporazione di nuclei di cellule satelliti
nelle fibre muscolari preesistenti sembra fornire una
convincente spiegazione all'ipertrofia delle fibre
muscolari conseguenti all'esercizio fisico.
Il sarcoplasma o protoplasma acquoso della fibra
contiene enzimi, grassi e particelle di glicogeno, i
mitocondri e altri organelli specializzati. La Figura 1C
descrive il reticolo sarcoplasmatico, un ampio
reticolo longitudinale di canali tubulari e vescicole.
Questo sistema altamente specializzato garantisce
l'integrità strutturale alla cellula. Consente la rapida
propagazione dell'onda di depolarizzazione dalla
superficie esterna della fibra al suo ambiente interno
attraverso il sistema dei tubuli-T per innescare la
contrazione muscolare. Il reticolo sarcoplasmatico che
circonda ciascuna miofibrilla contiene "pompe"
biologiche che riassorbono Ca2+ dal sarcoplasma della
fibra. Questo produce un gradiente di concentrazione
di calcio tra il reticolo sarcoplasmatico (elevata [Ca2+]) e
il sarcoplasma che circonda i filamenti (bassa [Ca2+]).
COMPOSIZIONE CHIMICA DEI MUSCOLI
L'acqua costituisce circa il 75% della massa muscolare
scheletrica mentre le proteine ne rappresentano il 20%.
Il restante 5% contiene sali e altre sostanze, compresi i
gruppi fosfato ad alta energia, urea, lattato, minerali
calcio, magnesio e fosfato, vari enzimi, ioni sodio,
potassio e cloruro, aminoacidi, grassi e carboidrati. Tra
le più abbondanti proteine espresse a livello muscolare
troviamo la titina, la più grande proteina del corpo
umano composta da 27.000 aminoacidi (rappresenta
circa il 10% di tutta la massa muscolare), la miosina
(circa il 60% delle proteine muscolari), l'actina e la
tropomiosina. Ogni 100 g di tessuto muscolare
contengono circa 700 mg di mioglobina, una proteina
globulare la cui funzione specifica è quella di legare
reversibilmente l’ossigeno
APPORTO EMATICO
Arterie e vene che decorrono parallelamente lungo le
fibre muscolari sono in grado di garantire un elevato
apporto ematico al muscolo. Questi vasi si diramano in
numerose arteriole, capillari e venule che realizzano
un’estesa rete all'interno e intorno all'endomisio.
Questa importante vascolarizzazione assicura a ogni
singola fibra muscolare un adeguato apporto di sangue
ossigenato proveniente dal distretto arterioso è un
rapido allontanamento dell'anidride carbonica
attraverso la circolazione venosa. Durante un lavoro
muscolare che comporta un consumo di ossigeno
dell'ordine di 4 l/min, il consumo di ossigeno dei
muscoli in attività aumenta di circa 70 volte rispetto al
basale, raggiungendo un valore di 11 ml per 100 g di
tessuto al minuto, corrispondente a un consumo di O2
muscolare totale di 3400 ml・min per un atleta
professionista impegnato in attività aerobiche di
resistenza. La rete vascolare locale trasporta grandi
quantità di sangue ai tessuti metabolicamente attivi per
rispondere all'aumentato fabbisogno di ossigeno. Nel
corso di attività che comportano un'alternanza di
contrazione e rilassamento dei muscoli (attività di tipo
dinamico) come il nuoto, la corsa o il ciclismo, il flusso
di sangue ai muscoli è oscillante: diminuisce nel corso
della contrazione muscolare e aumenta nella fase di
rilasciamento muscolare. L'alternanza di contrazione
rilasciamento permette l'afflusso di sangue al muscolo
e favorisce nel contempo il ritorno venoso al cuore
tramite un effetto di spremitura delle vene (azione di
pompa muscolare scheletrica). L’aumento di perfusione
muscolare si realizza anche in virtù della maggior
vascolarizzazione capillare. La rapida dilatazione dei
capillari muscolari (il reclutamento capillare) tende a
compensare l'effetto pulsatorio dell'afflusso di sangue
al muscolo. Si può stimare che vengano reclutati circa
200-500 capillari per mm2 di sezione muscolare; in
pratica ogni fibra muscolare sarebbe in contatto alla
sua superficie con almeno quattro capillari. Negli atleti
impegnati in attività di resistenza, da cinque a sette
capillari contattano ogni singola fibra muscolare,
questo positivo adattamento assicura un più alto
afflusso di sangue al muscolo è un adeguata
ossigenazione tissutale nel momento di maggior
bisogno.
La situazione di perfusione muscolare è diversa nel
caso in cui l'attività fisica comporti contrazioni
muscolari di entità rilevante e mantenuta per un tempo
relativamente prolungato (attività di tipo statico, come
esercitare una forza tesa a spostare un oggetto
vincolato). In effetti, quando il muscolo esercita una
forza pari a circa il 60% della tensione massimale per
un tempo pari a diversi secondi, si verifica, a causa
dell'aumento della pressione intramuscolare, una
completa occlusione delle arterie, che azzera il flusso di
sangue al muscolo. Se questa condizione si protrae per
un tempo sufficientemente lungo, il muscolo non può
che trarre energia dai depositi intramuscolari dei fosfati
ad alto contenuto energetico e dalle reazioni glicolitiche
anaerobiche.
Fig. 2 Organizzazione macroscopica e microscopica del muscolo scheletrico. (A) Fasci di singole fibre muscolari formano
l'intero muscolo. (B) Le fibre contengono le miofibirille costituite da filamenti di actina e miosina. (C-F) Veduta microscopica di
un singolo sarcomero con evidenziati i filamenti di actina e miosina, la sezione trasversa dei filamenti e la tipica colorazione del
sarcomero
Capillarizzazione del muscolo
Uno degli adattamenti legati all'allenamento di tipo
aerobico è l'aumento della densità dei capillari nel
distretto muscolare; l'aumento del rapporto fra il
numero dei capillari e le fibre muscolari che si osserva
nei muscoli ben allenati consente di spiegare il
miglioramento delle performance atletiche che si
osserva nel corso dell'allenamento aerobico di
resistenza. Un miglioramento della perfusione a livello
del microcircolo migliora i processi diffusivi dei gas
respiratori, favorisce gli scambi di nutrienti e ormoni e
promuove la rimozione dei metaboliti; inoltre viene
favorito il processo di termodispersione. Studi condotti
mediante microscopia elettronica dimostrano che il
numero di capillari e la loro densità per unità di
superficie (numero di capillari per mm2 di sezione
muscolare) è del 40% maggiore negli atleti dediti ad
attività sportive aerobiche di resistenza rispetto a
soggetti sedentari di controllo. Tale differenza è circa
uguale alla differenza di VO2 max che si osserva tra i
due gruppi (41%). Vi sono anche evidenze che
correlano il massimo consumo di ossigeno alla densità
capillare dei muscoli. Una migliore vascolarizzazione
capillare risulta ovviamente favorevole in attività che
richiedono un elevato metabolismo energetico aerobico
allo stato stazionario. Lo stiramento delle pareti e lo
sforzo di taglio che si esercita sulle cellule endoteliali
dei vasi sanguigni in condizioni di elevato flusso di
sangue, come si verifica nel corso di intenso lavoro
muscolare, stimola la proliferazione dei capillari
rilevabile nei soggetti che praticano un intenso
allenamento aerobico.
Ultrastruttura del muscolo scheletrico
La Figura 2A-F presenta i vari livelli di organizzazione
subcellulare delle fibre muscolari. Ogni singola fibra
muscolare multinucleata contiene un gran numero di
piccole unità funzionali dette fibrille o miofibrille
disposte longitudinalmente nella fibra stessa. Queste
fibrille o miofibrille hanno un diametro pari a 1 µm (1 µm
= 1/1000 mm) e a loro volta sono composti da unità
elementari dette filamenti o miofilamenti, sempre
disposti in parallelo e parallelamente all'asse maggiore
della miofibrilla. I miofilamenti sono organizzati in
coordinati assemblaggi di due proteine principali,
l'actina e la miosina, che rappresentano circa l'85% del
complesso miofibrillare. Sono presenti, inoltre, altri
12-15 proteine che svolgono una funzione strutturale o
che rientrano nel processo di interazione molecolare
che sostiene il fenomeno della contrazione muscolare.
Fra queste troviamo le seguenti sei proteine:
1. La tropomiosina, che rappresenta il 5% delle
proteine del miofilamento, è localizzata lungo il
filamento di actina;
2. La troponina (comprende troponina-1, T, C),
localizzata nel filamento di actina e che rappresenta
il 3% delle proteine totali;
3. L'𝛼-actinina, distribuita nella regione delle bande Z
(7% delle proteine totali);
4. La 𝛽-actinina, reperibile nei filamenti di actina (1%
delle proteine totali);
5. La proteina M, identificata nel sarcomero a livello
delle strisce M (meno dell'1% delle proteine totali);
6. La proteina C (meno dell'1% delle proteine totali),
coinvolta nel garantire l'integrità strutturale del
sarcomero.
IL SARCOMERO
A basso ingrandimento microscopico, l'alternanza di
bande chiare e scure lungo l'asse longitudinale della
fibra muscolare determina la tipica striatura. I dettagli
strutturali che contribuiscono a conferire l'aspetto
striato sono forniti in Figura 3. La zona più chiara viene
denominata banda I. Mentre la zona più scura banda A.
La linea Z è posta a metà della banda I, è strettamente
aderente al sarcolemma e provvede a stabilizzare
l'intera struttura.
Tra le due linee Z si ripete l’unità funzionale e strutturale
elementare della fibra muscolare denominata
sarcomero.
I filamenti di actina e miosina del sarcomero
contribuiscono principalmente alla meccanica della
contrazione muscolare. In ogni fibrilla i sarcomi sono
disposti in serie, i vari filamenti sono disposti in
parallelo. A riposo, la lunghezza media del sarcomero è
pari a 2,5 µm. Una miofibrilla lunga 15 mm contiene
circa 6000 sarcomi in serie. La lunghezza del
sarcomero determina grandemente le proprietà
funzionali del muscolo.
La disposizione del filamento sottile di actina e di
quello spesso di miosina nel sarcomero è tale che
esiste una zona di sovrapposizione fra i due filamenti. Il
centro della banda A corrisponde alla cosiddetta zona
H, una zona di bassa densità ottica nella quale
mancano i filamenti di actina. La zona H presenta nel
suo centro la linea M, che corrisponde al centro del
sarcomero. A livello della linea M sono presenti
proteine strutturali di supporto alle molecole di miosina.
La Figura 3B presenta una visione dettagliata della
struttura del sarcomero e la Tabella 1 riassume le
funzioni relative alle proteine strutturali che
compongono il sarcomero.
Allineamento delle fibre muscolari
La disposizione delle fibre muscolari può variare in
relazione all'asse maggiore del ventre muscolare,
inteso come la linea immaginaria che congiunge i punti
di inserzione del muscolo, nel senso che la
disposizione delle fibre può avvenire secondo una
precisa angolazione rispetto a quella linea che
rappresenta l'asse di generazione della forza. Questa
possibilità di diverso orientamento delle fibre modifica
alquanto la capacità del muscolo di generare forza (Fig.
4). Se l'orientamento delle fibre è parallelo all'asse
principale del muscolo (come, per esempio, nel caso
del muscolo bicipite brachiale), le fibre sono dette
fusiformi. Se sono poste in modo obliquo rispetto
all'asse principale del muscolo con angolo in genere
inferiore a 30°, sono dette pennate.
Figura 3 (A) disposizione dei miofilamenti nel sarcomero. Un sarcomero è delimitato all'estremità dalle linee Z. (B) visione
dettagliata del sarcomero che tiene conto di tutte le strutture proteiche elencate in Tabella 1
Filamento sottile
Actina
Principale proteina che reagisce con la miosina nel processo di contrazione
Tropomiosina
Concorre alla variazione conformazionale della molecola di actina
Troponina
Lega il Ca2+ e influenza l'attività della tropomiosina. Il legame con il Ca2+ rappresenta lo stimolo che
induce l'attivazione del ciclo dei ponti trasversali
Nebulina
È disposta in prossimità dell'actina e si ritiene che controlli il numero di monomeri dell'actina uniti in uno
stesso filamento sottile
Miosina
Scinde l'ATP ed è responsabile del colpo di forza della testa della miosina
Strisce C
Proteina C
Mantiene la regolare disposizione spaziale dei filamenti di miosina.consente di mantenere le proteine H di
filamenti spessi adiacenti a distanza costante durante la contrazione.può anche controllare il numero di
molecole di miosina in un filamento spesso
Linea M
Proteina M
Contribuisce a mantenere la regolare disposizione spaziale dei filamenti spessi
Miomesina
Rappresenta un forte punto di ancoraggio per la proteina Titina
M-CK
È localizzata in prossimità delle teste della miosina; consente la formazione di ATP a partire dalla
fosfocreatina
𝜶-actina
Mantiene la disposizione spaziale dei filamenti sottili
Desmina
Forma connessioni fra linee Z adiacenti appartenenti a diverse miofibrille; aiuta a mantenere
l'allineamento del sarcomero garantendo il tipico aspetto striato.
Titina
Aiuta a mantenere il filamento spesso centrato rispetto alle due linee Z durante la contrazione muscolare;
si ritiene che controlli anche il numero di molecole di miosina contenuto in un filamento spesso
Filamento spesso
Linea Z
Elementi elastici
Tabella 1 Le 12 proteine che concorrono alla struttura del sarcoma ero e loro funzione
Fig. 4 (A) Varie tipologie di disposizione delle fibre del muscolo scheletrico umano. (B) Sviluppo della forza massima (Fmax) in un
muscolo fusiforme senza angolo di pennazione (𝟇=0°, cos 𝟇=1) e con angolo di pennazione (𝟇=30°, cos 𝟇=87). Nel secondo
caso la forza sviluppata è F = Fmax x 0,87, con una perdita quindi è il 13% della forza massima erogata da ciascuna fibra sul
tendine, facendo esclusivamente riferimento alla meccanica muscolare. L'angolo di pennazione aumenta il numero di fibre che
si compattano in un dato volume del muscolo (in basso a destra). Nel confronto tra diversi individui, per un dato muscolo la
capacità contrattile e proporzionalmente correlata alla massa muscolare. A causa dell'effetto dell'angolo di pennazione, non
necessariamente ne consegue che la massa muscolare di per sé correli con una equivalente erogazione della forza nei diversi
gruppi muscolari.
Nel muscolo soleo, per esempio, l'angolo tra le fibre e
l’asse del muscolo è di 25°, mentre nel caso del vasto
mediale è di soli 5°; l'angolo è uguale a zero per il
muscolo sartorio. La pennazione consente alle singole
fibre di rimanere corte, mentre l'intero muscolo può
raggiungere una considerevole lunghezza.
Una fibra fusiforme non presenta pennazione, così la
sua sezione trasversale rappresenta la vera sezione
anatomica. Nel muscolo pennato, la complessa
organizzazione del tessuto connettivo, dei tendini, e le
fibre relativamente corte, determinano una sezione
trasversa che è più grande di quello delle fibre
fusiformi, poiché più sarcomeri sono compresi in un
dato volume muscolare. Si definisce come sezione
trasversale fisiologica (physiologic cross-sectional
area PCSA) la sezione che risulta dalla somma delle
sezioni di tutte le fibre muscolari presenti in un
muscolo. Un angolo di pennazione insolitamente
elevato, pari a 30°, determina una riduzione pari a solo
il 13% nella capacità di generare forza da parte della
singola fibra; questo fatto si traduce in un enorme
aumento nella capacità totale di impacchettamento
delle fibre. La pennazione consente quindi di
raggruppare un gran numero di fibre in una sezione
trasversa più piccola. I muscoli pennati tendono a
sviluppare considerevole potenza. Nella Fig. 4 e
illustrato l'effetto della pennazione sul impaccamento
delle fibre e sulla capacità di generare forza.
Le fibre in un muscolo fusiforme sono disposte
parallelamente all'asse maggiore del muscolo. In
questo caso la lunghezza della fibra è uguale alla
lunghezza del muscolo e la forza generata dalla fibra si
trasmette direttamente al tendine. Questa disposizione
favorisce un'elevata velocità di accorciamento durante
la contrazione. Nel caso di un muscolo unipennato, la
disposizione obliqua delle fibre muscolari rispetto al
tendine aumenta l’area della sezione effettiva del
muscolo rispetto alla disposizione fusiforme. I muscoli
con angolo di penna maggiore sono in grado di
esercitare maggior forza e potenza ma con velocità di
contrazione minore rispetto ai muscoli fusiformi (a parità
di altri fattori), poiché più sarcomeri simultaneamente
contribuiscono all'azione muscolare. Un muscolo
pennato presenta due gruppi di fibre muscolari posti
obliquamente rispetto all'asse centrale, costituito da un
tendine di inserzione comune (questo è il caso del
muscolo gastrocnemio e del retto femorale). Un
muscolo multipennato, come il deltoide, si compone di
numerosi fasci che convergono, con diversi angoli, su
un tendine comune a entrambe le estremità. I muscoli
pennati differiscono da quelli fusiformi per le seguenti
tre caratteristiche:
1. contengono generalmente fibre più corte;
2. presentano un numero più alto di singole fibre
(maggior numero di miofilamenti);
3. generano movimenti di minor ampiezza.
Organizzazione del complesso fusiforme
Nel complesso muscolare di tipo "parallelo" (noto
anche come muscolo a fibre in serie) le singole fibre
sono disposte parallelamente alla linea di trazione,
l'asse maggiore del muscolo. Nel muscolo con
organizzazione di tipo "fusiforme semplice" le fibre si
distribuiscono per l'intera lunghezza del muscolo,
mentre nella modalità "a complesso parallelo" le fibre si
Fig.5 A sinistra: caratteristiche strutturali del muscolo della gamba. I quadricipiti e i flessori plantari presentano un'elevata
erogazione della forza in funzione del ridotto rapporto lunghezza della fibra/lunghezza del muscolo (FL:ML) e delle relativamente
grandi aree trasversali fisiologiche (PCSA). Il bicipite femorale e il muscolo dorsoflessore presentano un'architettura progettata
per un'elevata velocità di contrazione in riferimento al relativamente elevato rapporto FL:ML e alla lunghezza della fibra. In A e B
sono rappresentate le curve forza lunghezza e forza velocità per un muscolo fusiforme e per un muscolo pennato che non
differiscono per la composizione delle proteine contrattili totali. La curva forza lunghezza (A) mostra come il muscolo fusiforme
presenti uno spettro più ampio di lunghezza è una bassa erogazione della forza rispetto al muscolo pennato. L'inferiore
erogazione della forza è dovuta al fatto che per una data lunghezza del muscolo i singoli sarcomeri si allungano di meno,
facendo sì che il cambiamento di lunghezza del muscolo sia distribuito di fatto su più sarcomeri. Una più ampia PCSA (C)
determina una più grande erogazione della forza. La curva forza-velocità (B) mostra come il muscolo fusiforme, che presenta
fibre muscolari più lunghe, presenti una più alta velocità di contrazione a una più bassa erogazione della forza
assottigliano per terminare, a circa metà del ventre
muscolare, sulla matrice connettivale e/o sulle fibre
muscolari adiacenti. Questa disposizione consente un
raggruppamento di fibre parallele relativamente corte
all'interno di un muscolo lungo (come, per esempio, nel
muscolo sartorio, di 50 cm di lunghezza). Questa
specifica organizzazione strutturale con numerose
terminazioni intrafascicolari genera inoltre tensione
laterale, sia attraverso il tessuto connettivo nel tendine
sia attraverso le fibre adiacenti e in serie nel tessuto
connettivo, in punti strategici lungo la superficie della
fibra.
questo ipotetico esempio le differenze si possono così
riassumere: il muscolo fusiforme genera una forza
massima inferiore, ma può generare forza su uno
spettro di lunghezza più ampio per la presenza di
singole fibre muscolari più lunghe e per la ridotta
sezione fisiologica (Fig. 5C); il muscolo pennato
dispone di fibre più corte e presenta una sezione
fisiologica più grande ed è in grado, quindi, di generare
una forza doppia. Per quanto riguarda la relazione
forza-velocità, il muscolo fusiforme presenta fibre
muscolari più lunghe e raggiunge una velocità di
contrazione superiore, erogando però una forza minore.
Rapporto tra lunghezza della fibra
muscolare e lunghezza del muscolo
Disposizione dei filamenti di actina e
miosina
Il rapporto tra la lunghezza della fibra muscolare e la
lunghezza del muscolo oscilla in genere tra 0,2 0,6, il
che indica che anche nel caso dei muscoli più lunghi,
come quelli degli arti superiori e inferiori, la lunghezza
delle fibre è inferiore a quello del muscolo. L'entità del
rapporto tra la lunghezza della fibra e lunghezza del
muscolo per quattro muscoli dell'arto inferiore è
presentata nella Figura 5A.
Le fibre dei muscoli quadricipiti hanno in media un
angolo di pennazione di 4,6°, con una sezione
fisiologica totale (PCSA) di 21,7 cm² e una lunghezza
media di 68 mm. Nel caso del bicipite femorale, invece,
le fibre hanno una lunghezza media di 111 mm e una
sezione fisiologica totale di 11,7 cm². In termini di forza,
il quadricipite femorale è in grado di generare una forza
superiore di circa il 50% rispetto al bicipite femorale,
che però è in grado di contrarsi a velocità superiore.
Questa differenza può essere giustificare come, nel
corso di uno scatto, come nella partenza dei 100 m
piani, il bicipite femorale possa strapparsi come
conseguenza di uno squilibrio nell’erogazione delle
forze generate, durante l'attivazione massimale,
rispettivamente dal bicipite e dal quadricipite femorale.
Questo squilibrio può in parte essere dovuto a un
deficit di forza nel bicipite femorale nei confronti del
quadricipite femorale, e può predisporre i soggetti
dediti ad attività sportive che prevedono "sprint" a
ricorrenti lesioni del bicipite femorale.
Rapporto tra la forza generata dal bicipite è quella
generata dal quadricipite femorale può essere
facilmente calcolato dividendo il momento massimale
flessore del ginocchio (bicipite femorale) per il
momento estensore del ginocchio (quadricipite
femorale). Quando gli allenatori sportivi e fisioterapisti
valutano questi rapporti e rilevano deficit maggiori del
previsto, durante la valutazione funzionale di inizio
stagione, possono prescrivere, come parte integrante
della riabilitazione funzionale, specifici allenamenti
muscolari a velocità pre impostate, studiate
appositamente per poi migliorare il deficit bicipitequadricipite.
La Figura 5 A-B illustra le relazione forza lunghezza e
forza velocità per un muscolo fusiforme e per un
muscolo pennato che presenta la stessa quantità di
proteine contrattili totali e identica tipologia di fibre. In
In una fibra muscolare vi sono migliaia di filamenti di
actina e miosina affiancati gli uni agli altri. Nella Figura
6A è illustrata la precisa disposizione spaziale in senso
longitudinale dei due tipi di filamenti in un sarcomero a
riposo, mentre la Figura 6B presenta in senso
trasversale l'organizzazione spaziale di tipo esagonale
dei filamenti di actina e miosina. I filamenti di miosina
Figura 6 (A). Ultrastruttura della disposizione spaziale dei
filamenti di actina e miosina in un sarcomero in un muscolo
a riposo. (B) rappresentazione schematica di una
microfotografia al microscopio elettronico che mostra la
sezione trasversa delle miofibrille in una singola fibra
muscolare. Si nota la distribuzione ad esagono dei filamenti
sottili di actina che circondano i filamenti spessi di miosina
e l'orientamento dei ponti trasversali che si estendono dal
filamento spesso a quello sottile.
sono composti da un fascio di molecole che
presentano code polipeptidi che e teste globulari. I
filamenti di actina si compongono di due catene di
monomeri accoppiate legate fra loro da catene
polipeptidiche di tropomiosina. Un filamento spesso di
miosina (del diametro di circa 150 Å e di lunghezza di
1,5 µm) e circondato da sei filamenti di actina del
diametro di 50 Å e di lunghezza di 1 µm. Questa
particolare disposizione dei filamenti determina una
suggestiva configurazione substrutturale. Una
miofibrilla del diametro di 1 mm contiene 450 filamenti
spessi di miosina al centro del sarcomero e 900
filamenti sottili di actina che si staccano dagli estremi
del sarcomero e si protendono verso il centro del
sarcomero stesso. Una singola fibra muscolare lunga 1
cm e del diametro di 100 µm contiene circa 8000
miofibrille, ogni miofibrilla contiene 4500 sarcomeri, in
totale i sarcomeri contengono 16 miliardi di filamenti di
miosina e 64 miliardi di filamenti di actina.
La Figura 7 illustra l'orientamento spaziale delle varie
componenti molecolari del sarcomero. I ponti della
miosina si staccano dal filamento di miosina con un
andamento a spirale e si protendono, mediante
strutture filamentose, verso l'actina nella zona in cui
actina e miosina si sovrappongono. I ponti sono
regolarmente spaziati a distanza di circa 450 Å lungo il
filamento di miosina. Le teste globulari di miosina si
staccano perpendicolarmente dal filamento spesso di
miosina per andare ad agganciarsi al filamento sottile
di actina così da formare, durante il processo di
contrazione, legami funzionali tra i due miofilamenti.
Una singolare caratteristica del miofilamento spesso è
quella di presentare le due teste della miosina orientate
in modo opposto alle due estremità del filamento
stesso. L'idrolisi dell'ATP attiva le due teste, ponendole
in una posizione ottimale per legarsi ai siti attivi
dell'actina, tirando così filamenti sottili e le linee Z verso
il centro del sarcomero.
aggancio e sgancio dei ponti della miosina con l’actina.
La tropomiosina si distribuisce lungo tutta la lunghezza
della doppia elica dell'actina e, dal punto di vista
chimico, previene la formazione del legame tra actina e
miosina. Il complesso della troponina è disposto a
intervalli spaziali regolari lungo la molecola di actina e
possiede un'elevata affinità per gli ioni calcio (Ca2+). Gli
ioni Ca 2+ sono coinvolti nel meccanismo della
contrazione muscolare e nella genesi della fatica
muscolare. Per esempio, è proprio l'azione del calcio
insieme a quella della troponina che inizia il processo
della contrazione, innescando il legame tra i filamenti di
miosina e actina e lo scivolamento degli uni sugli altri.
Quando una fibra muscolare viene stimolata dal nervo
motore, le molecole di troponina subiscono una
modificazione conformazionale che genera una
trazione sulla tropomiosina. Come risultato di questa
trazione la tropomiosina viene spostata più
profondamente all'interno della struttura elicoidale
dell’actina: il risultato finale è che si scoprono e si
rendono liberi i punti di attacco dell'actina per i ponti
della miosina, dando quindi inizio al processo della
contrazione muscolare. Una marcata riduzione della
concentrazione degli ioni Ca2+ a livello dei tubuli
trasversi, in associazione a modificazioni intrinseche
dell'apparato contrattile e della funzione del reticolo
sarcoplasmatico, sono alla base dello sviluppo della
fatica muscolare, che si osserva nel corso di attività
fisica prolungata.
La banda M corrisponde a strutture proteiche poste
trasversalmente e longitudinalmente che svolgono una
funzione di sostegno per i filamenti di miosina, così che
p o s s a n o m a n t e n e re i l c o r re t t o
orientamento nel sarcomero. Come si
può vedere dalla Figura 7, le parti
orientate perpendicolarmente del
ponte M funzionano da supporto
meccanico per sei molecole di miosina
disposte spazialmente secondo un
esagono.
Sistema tubulare intracellulare
La Figura 8 illustra la complessa
disposizione dei sistemi canalicolari
all'interno della fibra muscolare.
L'estremità laterale di ogni canale
tubolare termina in una struttura
vescicolare a sacco (cisterna) che
immagazzina ioni Ca2+. Un'altra rete di
tubuli, il sistema dei tubuli trasversi o
sistema dei tubuli T, è disposta
perpendicolarmente alla direzione
Figura 7 Dettagli dei filamenti proteici spessi e sottili; sono indicati anche la
delle miofibrille. Il sistema dei tubuli T
tropomiosina, il complesso della troponina e il ponte M. La miosin-ATPasi è
è rappresentato da invaginazioni della
situata sulle teste globose della miosina. La testa, appunto, opportunamente
membrana della cellula muscolare, veri
attivata, libera l'energia dell'ATP che serve per il processo di contrazione
e propri tunnel scavati nella cellula che
muscolare.
attraversano la cellula da parte a parte.
I tubuli T corrono parallelamente alle
La tropomiosina e la troponina sono altre due
cisterne, e ogni tubulo T è adiacente a due cisterne una
importanti molecole presenti nella struttura a elica della
disposizione che prende il nome di triade. Esistono
miosina. Queste molecole intervengono nel processo di
due triadi, disposte nella zona corrispondente alle linee
Z, per ogni sarcomero, e questa configurazione si
ripete regolarmente lungo tutta l'estensione della fibra
muscolare.
Meccanica della contrazione muscolare:
il modello a filamenti scorrevoli
La teoria propone che le variazioni di
lunghezza del muscolo dipendano dallo
scivolamento dei filamenti spessi rispetto
ai filamenti sottili, senza che questi varino
effettivamente di lunghezza. La base
molecolare di questo comportamento
dipende dal fatto che i ponti della miosina
sono in grado di reagire con l'actina e
variare la loro conformazione strutturale
(permettendo l'aggancio, la rotazione e il
d i s t a c c o d a i fi l a m e n t i d i a c t i n a ) ,
realizzando quindi la possibilità di
movimento reciproco dei due miofilamenti,
il che risulta, in definitiva, in una variazione
di lunghezza del sarcomero. Questo si
traduce in un'importante variazione delle
dimensioni relative delle bande e delle
zone all'interno del sarcomero e nel
trascinamento delle linee Z verso il centro
del sarcomero. L'ATP è coinvolto in questo
processo in quanto la sua idrolisi fornisce
l'energia necessaria alla variazione di
conformazione strutturale delle teste della
Figura 8 spaccato tridimensionale di una fibro cellula muscolare per
miosina. Come illustrato in Figura 9
mostrare il reticolo sarcoplasmatico e la disposizione del complesso sistema
durante la contrazione l'accorciamento del
dei tubuli T.
sarcomero si realizza per lo scivolamento
del filamento di actina su quello di miosina,
I tubuli T attraversano la fibra e si aprono all'esterno
l'actina si insinua tra le molecole di miosina per un
della cellula muscolare. Le triadi e il sistema dei tubuli T
determinato cammino e penetra nella zona H
sono coinvolti nel processo di conduzione dell'onda di
avvicinandosi alla linea M durante il processo di
depolarizzazione, associata al potenziale d'azione, dalla
contrazione (e si muove in direzione opposta durante
superficie della membrana a tutta la cellula muscolare e
nel processo di innesco delle reazioni chimiche che
portano alla contrazione muscolare. Quando un nervo
motore, dal suo terminale presinaptico, libera una
sufficiente quantità di neuromediatore eccitatorio, si
genera a livello postsinaptico, nella cellula muscolare
prospiciente la sinapsi, un fenomeno elettrico detto
potenziale d'azione (transitoria positivizzazione del
potenziale intracellulare). La propagazione del
potenziale d'azione, lungo il sistema dei tubuli T,
stimola le cisterne della triade a rilasciare ioni Ca2+, che
diffondono a breve distanza per "attivare" i filamenti di
actina. La contrazione muscolare inizia nel momento in
cui i ponti dei filamenti di miosina si agganciano
temporaneamente ai siti attivi posti sui filamenti di
actina. Quando la stimolazione elettrica termina, la
concentrazione citoplasmatica degli ioni Ca 2+
diminuisce; questo si traduce nel rilasciamento del
muscolo. In un certo qual modo, la propagazione del
potenziale d'azione dipende dal mantenimento del
gradiente di Na+ e K+ a cavallo della membrana
sarcoplasmatica. Una diminuzione del gradiente
chimico di questi due elettroni, conseguente a una
ridotta attività della pompa Na+/K+ ATPasi, agisce in
modo marcato sull'eccitabilità della fibra muscolare e
conseguentemente sulle performance della contrattilità
muscolare.
Figura 9 Riorganizzazione strutturale dei filamenti di actina
e miosina a riposo e durante la contrazione muscolare.
l'allungamento o il rilasciamento del muscolo). In
questo modo la maggior variazione strutturale in
termini di struttura si verifica a carico della banda I, che
si restringe nel corso della contrazione. Questa banda
si riduce d’ampiezza quando le linee Z sono tirate
verso il centro del sarcomero. Non vi è variazione nella
dimensione della banda A (che corrisponde alla
lunghezza dei filamenti di miosina in un sarcomero). La
zona H finisce per non essere più identificabile se i
filamenti di actina si avvicinano molto, fino a entrare in
contatto, nella parte centrale del sarcomero. Quando
viene mantenuta una contrazione isometrica si genera
forza senza che si verifichi variazione di lunghezza del
sarcomero, l'ampiezza della banda I e A rimane
costante: in questa condizione sia una continua
interazione chimica tra i miofilamenti (sono gli stessi
gruppi molecolari che interagiscono ripetutamente). Nel
caso di una contrazione eccentrica la banda A si
allarga, mentre la fibra si allunga durante la generazione
della forza.
AZIONE MECCANICA DEI PONTI TRASVERSALI
La miosina svolge un ruolo meccanico ma anche
enzimatico nel processo della contrazione muscolare.
La parte globulare del ponte della miosina ( detta testa)
contiene un’ATPasi che può essere attivata dall’actina
a livello del punto preciso di attacco della testa della
miosina sulle molecole dell’actina. L’attivazione
dell’enzima porta all’idrolisi dell’ATP, che libera l'energia
necessaria al fenomeno meccanico di scivolamento dei
mio filamenti. La ciclica oscillazione in avanti e
all'indietro delle teste della miosina (alimentata
dall'energia liberata dall'idrolisi dell'ATP) realizza un
movimento molto simile a quello delle pale dei remi
nell'acqua Figura 10. Ma a differenza dei remi, che in
una barca si muovono in modo sincrono, i punti laterali
della miosina non si muovono in sincronia. Infatti, se
così fosse, l'azione muscolare risultante sarebbe fatta
di tanti successivi sussulti di contrazione al posto di
essere, come in effetti è, un fenomeno fuso, continuo e
finemente graduato. Nel corso di una contrazione ogni
ponte va incontro a successivi episodi di aggancio e
sgancio in modo indipendente dagli altri.
In ogni momento circa il 50% dei punti della miosina è
agganciato all'actina e in questo caso si parla di
complesso dell'actomiosina, che di fatto sviluppa
l'azione contrattile, mentre gli altri ponti si trovano in
varie fasi del processo di aggancio e sgancio. Come
illustrato nella figura 10, ogni ponte contribuisce a un
piccolo spostamento longitudinale in riferimento al
fenomeno complessivo dello scivolamento dei
miofilamenti. I ponti stabiliscono un punto di contatto e
poi, ruotando esercitano una forza che causa una
progressione dei filamenti sottili lungo i filamenti spessi,
a questo punto si verifica lo sgancio e ricomincia il
processo. Sperimentazioni condotte con estrema
accuratezza hanno determinato che la miosina genera
una forza compresa fra 1 e 10 piconewton (pN; 10-12
N), con un movimento della miosina compreso fra 1 e
10 nanometri (nm; 10-9 m) in un intervallo di tempo pari
a circa 5 ms.
Figura 10 (A) posizione dei filamenti di actina e miosina
durante i movimenti di oscillazione delle teste (ponti) della
miosina. (B) l'azione meccanica legata alla rotazione di ogni
testa contribuisce a generare uno scivolamento tra i
filamenti di actina e miosina e quindi ad accorciare il
sarcomero.
Aggancio e sgancio tra actina e miosina e ruolo
dell’ATP
Durante la contrazione muscolare i ponti della miosina
oscillano in continuazione dalla posizione di aggancio a
quella di rilascio realizzando lo scivolamento dei
miofilamenti. Questo naturalmente se il muscolo, nel
corso della contrazione si può accorciare (contrazione
concentrica). Se al muscolo non è consentito
accorciarsi (contrazione isometrica), allora i ponti
possono solamente agganciarsi sugli stessi punti di
attacco dell’actina. Il distacco del ponte della miosina
dall’actina si realizza quando la molecola di ATP si lega
al complesso actomiosina. Questa reazione consente
al ponte della miosina di liberarsi del legame e di
riportarsi nella condizione iniziale, pronto a rigenerare
un nuovo legame.
Reazione di dissociazione dell’attica:
Actomiosina + ATP ➝ Actina + Miosina - ATP
L’energia, che si libera dall’idrolisi dell’ATP ad ADP e
fosfato inorganico, viene convertita in energia
meccanica. Uno dei siti attivi della testa del ponte della
miosina presenta l’enzima adenosin-trifosfatasi
miofibrillare (miosin-ATPasi), attivato dall’actina
stessa. Questo enzima provoca la scissione dell’ATP e
l'energia chimica che si libera si trasforma in energia
meccanica. La velocità di scissione dell'ATP è
relativamente bassa se actina e miosina non sono
agganciate, tuttavia aumenta di molto se fra i due
filamenti si stabilisce l’aggancio. Si ritiene inoltre che
l'energia che si libera dalla scissione dell'ATP causi
un’oscillazione della testa della miosina che facilita il
legame del ponte con l'appropriato sito dell’actina.
Questa modalità di trasferimento energetico causa un
cambiamento conformazionale della testa della miosina
che facilita il legame con la molecola di actina. Il
filamento di actina scivola verso le teste che hanno
modificato la loro conformazione e si generano quindi
contatti tra actina e miosina in vari punti. Prima della
contrazione, la testa della miosina è letteralmente
piegata attorno alla molecola di ATP, avvolta come la
spira di una molla. Avvenuto l'aggancio con l'actina e in
concomitanza con la scissione dell'ATP, si verifica il
rilascio di energia meccanica che corrisponde a una
variazione della conformazione strutturale della testa
della miosina stessa, che sostanzialmente si estende ed
esercita una forza tale (colpo di forza) da generare lo
scorrimento dei miofilamenti.
Avviamento eccitazione-contrazione
Con il termine accoppiamento eccitazionecontrazione si intende la sequenza degli eventi,
innescati dal fenomeno elettrico suscitato dalla
liberazione del mediatore chimico a livello della placca
neuromuscolare in seguito all'attivazione del nervo
motore che, attraverso l'aumento della concentrazione
di Ca2+ intracellulare, si conclude con la contrazione
muscolare. Il Ca2+ intracellulare svolge un ruolo
primario nel regolare l'attività contrattile metabolica di
una fibra muscolare. La concentrazione di Ca2+
all'interno di una fibra muscolare a riposo rimane
relativamente bassa rispetto a quella del fluido
extracellulare che bagna la cellula. La stimolazione
delle fibre muscolari provoca un immediato, piccolo
aumento del Ca2+ intracellulare, che procede l'attività
contrattile. Il potenziale d'azione si distribuisce sulla
superficie della cellula muscolare e, attraverso un
sistema di tubuli T, giunge in prossimità delle cisterne
del reticolo sarcoplasmatico, dove causa la liberazione
degli ioni calcio (Ca 2+ ), la cui concentrazione
intracellulare è molto importante per regolare il livello di
contrattilità del muscolo. Quando la zona delle cisterne
viene raggiunta dal potenziale d'azione, si ha un
aumento del contenuto intracitoplasmatico del Ca2+. Il
calcio, legandosi con la troponina, rimuove l'inibizione
chimica alla realizzazione dell'aggancio tra actina e
miosina. In presenza di Ca2+ si realizza dunque
l'aggancio tra actina e miosina e il muscolo si prepara
alla "contrazione" questo rende anche possibile
l'azione facilitante dell'actina sull’enzima miosin-ATPasi
che causa la scissione dell'ATP e la liberazione di
energia. La sequenza delle reazioni può essere così
schematizzato:
Actina + Miosin-ATPasi ➝ Actmiosina + ATPasi
Quando i siti attivi su actina e miosina sono uniti, la
miosin-ATPasi è attivata per la scissione dell'ATP.
L'energia generata da questo processo causa il
movimento dei ponti della miosina e il muscolo genera
tensione.
Actomiosina ATP ➝ Actomiosina + ADP + P + Energia
Il ponte si disaccoppia dall’actina quando l’ATP si lega
al ponte di miosina. Il ciclo può ricominciare fintanto
che la concentrazione del calcio rimane
sufficientemente elevata da rimuovere l'inibizione
esercitata dal complesso troponina-tropomiosina sul
legame actina-miosina. Se la stimolazione lungo il
nervo motore viene a mancare, il calcio dal citoplasma
ripassa all'interno delle cisterne, e pertanto prevale
l'inibizione del complesso troponina-tropomiosina e
quindi actina e miosina rimangono separate, almeno in
presenza di ATP. Infatti, nel rigor mortis, il muscolo si
irrigidisce subito dopo la morte poiché la mancanza di
ATP non consente lo sgancio tra l'actina e la miosina.
La Figura 11 riassume la serie di eventi
(accoppiamento eccitazione-contrazione) che
caratterizzano l'interazione tra i filamenti di actina e di
miosina con il Ca2+ e l’ATP, in una fibra muscolare
rilasciata e in una fibra muscolare contratta.
Rilasciamento muscolare
Quando cessa la stimolazione proveniente dal nervo
motore, la concentrazione citoplasmatica del calcio
diminuisce, e si instaura nuovamente l'azione inibitoria
del complesso troponina-tropomiosina sul legame
actina-miosina. Il calcio passa di nuovo nelle cisterne,
dove si concentra mediante un meccanismo attivo
operato da specifici trasportatori (pompe). La
scomparsa del calcio "inattiva" i punti di aggancio
dell'actina per la miosina. Sostanzialmente, il processo
di inattivazione include due aspetti:
1. non si rende possibile il legame meccanico tra le
teste della miosina e filamenti di actina;
2. viene inibita l'attività della miosin-ATPasi, il cui ruolo
è quello di favorire la scissione dell’ATP.
Il rilasciamento muscolare si realizza quando i filamenti
di actina e di miosina ritornano al loro stato iniziale.
Figura 11 interazione tra filamenti di actina e miosina, ioni
calcio e ATP in condizioni di riposo e durante contrazione
muscolare. In condizioni di rilasciamento la troponina e la
tropomiosina interagiscono con l'actina per prevenire la
possibilità di legame tra i punti della miosina e l’actina.
Durante la contrazione avviene il legame dei ponti
trasversali della miosina all'actina dopo che il calcio si è
legato a troponina e tropomiosina
Sequenza degli eventi che caratterizzano la
contrazione muscolare
La Figura 12 riassume in modo schematico la
sequenza degli eventi che portano alla contrazione
muscolare. La sequenza inizia con l'attivazione del
nervo motore che normalmente corrisponde a un
ordine motorio impartito dalla corteccia. L'impulso si
propaga quindi lungo l'intera superficie della fibra
muscolare (sarcolemma), che viene così depolarizzata.
Successivamente si hanno le seguenti nove fasi:
1. La generazione di un potenziale d'azione nel
motoneurone fa sì che le piccole vescicole
contenute nel compartimento assonale liberano
l'acetilcolina (ACh) dal terminale presinaptico.
L'acetilcolina, una volta diffusa nello spazio
sinaptico, va a legarsi a particolari gruppi
molecolari sulla membrana postsinaptica, i recettori
per l’ACh. Esiste una simmetria quasi perfetta tra
“l’impronta" delle vescicole presinaptiche che
contengono ACh e "l'impronta" dei recettori
postsinaptici che legano l’ACh.
2. Il potenziale d'azione muscolare depolarizza i tubuli
trasversali a livello della banda A del sarcomero alla
giunzione A-I.
3. La depolarizzazione del sistema dei tubuli T
provoca il rilascio del calcio dalle cisterne terminali
del reticolo sarcoplasmatico.
4. Il calcio, una volta nel citoplasma, si lega al
complesso troponina-tropomiosina sul filamento di
actina e ciò rimuove l'inibizione al legame tra actina
e miosina.
5. Durante la contrazione muscolare l'actina si
combina con il complesso miosin-ATP. L'actina
attiva inoltre l'enzima miosin-ATPasi che idrolizza
l’ATP. La scissione dell'ATP fornisce l'energia
necessaria alla variazione di conformazione
strutturale dei punti della miosina: da ciò ne risulta
un effetto meccanico di scivolamento tra actina e
miosina e si genera tensione.
6. Perché lo scivolamento si realizzi, la miosina si deve
staccare dall’actina. Questo si realizza mediante un
nuovo legame della miosina con l’ATP (che deve
essere disponibile nel citoplasma). I filamenti spessi
e sottili scorrono così l'uno sopra l'altro e il muscolo
si accorcia.
7. L'attivazione dei ponti trasversali continua fintanto
c h e l a c o n c e n t r a z i o n e d e l C a2+ r i m a n e
sufficientemente elevata da inibire la formazione del
complesso troponina-tropomiosina.
8. Se si arresta la stimolazione nervosa (quindi la
liberazione di acetilcolina), la concentrazione
citoplasmatica del calcio diminuisce rapidamente. Il
c a l c i o r i t o r n a n e l l e c i s t e r n e d e l re t i c o l o
sarcoplasmatico grazie a un trasporto attivo
operato dall'idrolisi dell’ATP.
9. La riduzione della concentrazione citoplasmatica
del calcio ripristina l'inibizione del complesso
troponina-tropomiosina sull'aggancio actinamiosina. La condizione di sgancio si mantiene
fintanto che è disponibile ATP nel citoplasma.
Tipologia delle fibre muscolari
I muscoli scheletrici non contengono una tipologia
o m o g e n e a d i fi b re m u s c o l a r i c o n l e s t e s s e
caratteristiche metaboliche e proprietà contrattili. In
riferimento alla terminologia relativa ai criteri di
classificazione, si considerano due tipi di fibre
muscolari che sono ben distinguibili in base ai
meccanismi primari che usano per produrre ATP, al tipo
di innervazione del motoneurone e al tipo di catena
pesante della miosina espressa. La distribuzione delle
diverse tipologie di fibre muscolari varia nei diversi
muscoli e da individuo a individuo.
Fibre a contrazione rapida (tipo II)
Le fibre muscolari a contrazione rapida presentano le
quattro seguenti proprietà:
1. un'elevata velocità di trasmissione del potenziale
d'azione;
2. un'elevata attività della miosin-ATPasi;
3. rapido rilascio e riassorbimento del Ca2+ grazie a un
reticolo sarcoplasmatico molto sviluppato;
4. un'elevata velocità di aggancio e sgancio dei ponti
trasversali.
Queste quattro proprietà determinano sul piano
dell'accoppiamento tra eccitazione e contrazione lo
Figura 12 illustra la sequenza degli eventi che portano alla contrazione e al rilassamento del muscolo. I numeri indicano la
sequenza delle nove fasi. A livello della giunzione neuromuscolare, con la liberazione delle vescicole di acetilcolina dal terminale
assonale del motoneurone spinale prende avvio il processo di trasmissione. Il segnale elettrochimico attraversa lo spazio
sinaptico tra la terminazione neuronale e la fibra muscolare. L'impulso elettrico, diffonde lungo il sistema dei tubuli T fino a
raggiungere in profondità l'apparato contrattile delle miofibrille.
sviluppo di forze elevate con elevata velocità di
contrazione. Quest'ultima può essere da tre a cinque
volte superiore rispetto alle fibre classificate come
lente. Le fibre rapide possiedono un sistema glicolitico
di produzione energetica a breve termine ben
sviluppato. L'attivazione delle fibre rapide è ovviamente
indispensabile in tutte le attività rapide di tipo
anaerobico che richiedono elevata velocità e in tutte le
altre attività di potenza che sono principalmente
incentrate sul metabolismo energetico di tipo
anaerobico. L'attivazione delle fibre rapide risulta
determinante anche in quelle attività che richiedono
una continua alternanza di soste e scatti, come nei
giochi di squadra. Tutte queste attività richiedono una
pronta disponibilità di ATP che solo la via di produzione
energetica di tipo anaerobico può garantire. Le fibre di
tipo due si distribuiscono in tre sottotipi primari: tipo
IIa, tipo IIb e tipo IIc.
La fibra di tipo IIa mostra una rapida velocità di
accorciamento è una capacità moderatamente ben
sviluppata di trasferimento di energia sia da fonti
aerobiche (alto livello dell'enzima aerobico succinato
deidrogenasi o SDH) sia da fonti anaerobiche (alto
livello dell'enzima anaerobico fosfofruttochinasi, o
PFK). Queste fibre rappresentano le fibre velociossidative-glicolitiche (FOG). La fibra di tipo IIb
possiede il massimo potenziale anaerobico e la più
rapida velocità di accorciamento; rappresenta la "vera"
fibra glicolitica veloce (FG). Una fibra di tipo IIc, per
quanto concerne le caratteristiche fisiologiche e
metaboliche, cade a metà strada tra le altre due.
Fibre a contrazione lenta (tipo I)
Fibre a contrazione lenta utilizzano l'energia liberata
dall'ATP prodotta prevalentemente attraverso la via
aerobica. Le fibre lente presentano le quattro seguenti
proprietà:
1. possiedono una minore attività miosin-ATPasica;
2. i movimenti del calcio attraverso le cisterne si
verificano con velocità inferiore, così come inferiore
e la velocità di contrazione;
3. la capacità glicolitica è molto meno sviluppata
rispetto alle fibre rapide;
4. possiedono un maggior numero di mitocondri di
maggiori dimensioni.
Queste caratteristiche, unite all'elevata concentrazione
mitocondriale di coenzimi che contengono ferro e
all'alta concentrazione citoplasmatica di mioglobina,
conferiscono alle fibre lente il caratteristico colore
rosso. Queste fibre sono coinvolte soprattutto nelle
attività di resistenza di tipo aerobico. Le fibre lente, o
rosse, sono dunque specificatamente differenziate per il
metabolismo aerobico, risultano molto resistenti
all’affaticamento e quindi adatte all'attività aerobica
prolungata. Per queste fibre è stato anche proposta la
sigla SO per indicare la loro lenta velocità di
contrazione e attività di tipo ossidativo che le
caratterizza. A differenza delle fibre rapide, che si
affaticano rapidamente, le fibre SO (più precisamente,
le unità motorie) vengono selettivamente reclutate nel
corso di attività di tipo aerobico.
La valutazione dei profili di riduzione del contenuto di
glicogeno a livello muscolare indica che nel corso di
attività aerobiche intense e prolungate vengono quasi
esclusivamente coinvolte le fibre muscolari lente.
Anche dopo un esercizio di resistenza della durata di
1 2 o re , i l p o c o g l i c o g e n o r i m a s t o s i t ro v a
esclusivamente nelle fibre veloci che sono rimaste
inattive. Le fibre lente ossidative godono di una
maggior densità del letto capillare che le circonda e, in
relazione al flusso di sangue che raggiunge il muscolo,
le fibre SO sono favorite nel riceverne quindi una
quantità superiore rispetto alle fibre rapide.
Vi sono condizioni nelle quali entrambi i tipi di fibre
sono coinvolti: si tratta di attività con intensità prossime
al massimo consumo di ossigeno con l'aggiunta di una
componente anaerobica, tipicamente il mezzofondo in
atletica, ma anche in altri sport nei quali la richiesta
energetica e dello stesso tipo come nel nuoto,
pallacanestro, calcio.
Differenti tipologie di fibre muscolari nei diversi
gruppi di atleti
Sono state fatte interessanti osservazioni sperimentali
relativamente alla tipologia muscolare e alla possibile
influenza dell'allenamento sulle caratteristiche
metaboliche e funzionali delle stesse fibre. In media,
adulti e adolescenti maschi e femmine possiedono il
45-50% di fibre di tipo lento nei muscoli delle gambe e
delle braccia. Per quanto riguarda le fibre rapide, esse
si distribuiscono equamente tra tipo IIa e tipo IIb. Non
esistono differenze legate al sesso, ma grandi
differenze interindividuali. Inoltre, la composizione è
relativamente simile in tutti i gruppi muscolari.
La tipologia muscolare si correla strettamente alle
caratteristiche atletiche. Atleti che eccellono nelle prove
di resistenza possiedono un'elevata concentrazione di
fibre lente nei gruppi muscolari che vengono attivati
dalla specifica pratica sportiva. Viceversa per i
campioni delle discipline di scatto c'è prevalenza delle
fibre rapide. La Figura 13 riporta la distribuzione
percentuale delle fibre lente in vari gruppi di atleti.
Come si vede, gli atleti che eccellono le prove di
resistenza, come maratona e sci di fondo, possiedono
la maggior concentrazione di fibre lente (fino al 90-95%
nel muscolo gastrocnemio) e anche la maggior potenza
aerobica. Il sollevatore di pesi, i giocatori di hockey e
gli scattisti, invece, hanno una bassa concentrazione di
fibre lente e una bassa capacità aerobica. Per maschi e
femmine che praticano il mezzofondo vi è eguale
concentrazione di fibre rapide e lente. Questo vale
anche per i lanciatori, i saltatori in lungo in alto.
Le caratterizzazioni presentate nella figura 13 valgono
per atleti che hanno effettivamente raggiunto livelli di
eccellenza nelle loro specifiche discipline sportive.
Tuttavia, anche tra costoro, la semplice composizione
muscolare non è sufficiente a fare di un atleta un
campione. Infatti, molti ricercatori hanno messo in
evidenza che, sulla base della semplice composizione
muscolare non è possibile fare alcuna estrapolazione
Il testo del salto verticale
Il test del salto verticale consiste nel
misurare il massimo spostamento
verticale del baricentro che un
soggetto è in grado di raggiungere
con la singola prova di salto:
1.La posizione di partenza: il
soggetto si pone a fianco della
parete in stazione eretta, talloni a
terra e braccia distese lungo i
fianchi. Con la mano destra (la
sinistra se mancino) sporca di gesso
tocca la parete lasciando un segno.
2.La misura in cm dell'altezza
massima raggiunta sul tabellone del
polpastrello del dito medio
Figura 13 composizione delle fibre muscolari (percentuale fibre a contrazione lenta,
rappresenta la posizione di
lato sinistro) e massimo consumo di ossigeno (lato destro) atleti impegnati in diverse
partenza.
discipline sportive.le barre bianche esterne indicano la variabilità.
3.Il soggetto flette le gambe a 90° e
sposta le braccia all’indietro.
riguardo le capacità prestazionali. Questo non risulta in
4. Il soggetto esegue un salto andando a toccare il più
effetti sorprendente, poiché la prestazione atletica è
in alto possibile con la mano sporca di gesso, il
frutto dell'integrazione di molti fattori che riflettono
tabellone posto sul muro.
caratteristiche fisiologiche, biochimiche, neurologiche e
5. Si effettuano tre prove con un intervallo di recupero
biomeccaniche e non solo dipendenti dalla tipologia
di 3-5 minuti e si registra la migliore.
muscolare.
6. Sì calcola la differenza tra l'altezza raggiunta sul
In termini di dimensioni delle fibre gli atleti delle
tabellone del tocco della mano dell'atleta durante il
discipline di resistenza hanno fibre muscolari di calibro
salto con l'altezza della posizione di partenza e si
relativamente normale, con una leggera tendenza a un
ottiene così l’elevazione.
incremento del diametro delle fibre lente. Viceversa, i
7. La differenza tra la misurazione iniziale a riposo è la
sollevatori di pesi e altri atleti coinvolti in specialità di
misura raggiunta con salto corrisponde alla
potenza hanno fibre muscolari, in particolare quelle
massima forza esplosiva degli arti inferiori.
rapide, di calibro elevato, superiore almeno del 45%
rispetto a un soggetto sedentario o atleta di resistenza
Stima della potenza anaerobica
di età simile. Questa diversità dipende dall'effetto
La seguente equazione, applicabile a maschi e
specifico che deriva dall'allenamento di forza che
femmine, fornisce una stima della potenza alattacida
induce un aumento della componente contrattile, in
(potenza anaerobica massimale) espressa in watt
modo particolare dei filamenti di actina e miosina, oltre
(PAPW) a partire dalla misura dell'elevazione raggiunta
che al contenuto intracellulare di glicogeno. La solo
al salto verticale espressa in cm (VJcm) e dalla misura
differenza tra i sessi in relazione alla composizione
della massa del soggetto espressa in chilogrammi
muscolare e legata al fatto che in genere negli atleti
(BMKg).
maschi è maggiore tanto la massa muscolare quanto la
sezione delle fibre muscolari.
(PAPW) = 60,7 (VJcm) + 45,3 (BMKg) - 2055
TEST DEL SALTO VERTICALE PER LA
DETERMINAZIONE DELLA POTENZA
ANAEROBICA ALATTACIDA
La possibilità di successo in molte attività sportive
sono direttamente collegati alla capacità di generare
forza in modo esplosivo. Il test di valutazione della
forza dinamica, il salto verticale da fermo, e spesso
impiegato per la valutazione del sistema ATP-CP, cioè
del sistema di potenza alattacida. il test è volto a fornire
una valutazione della forza esplosiva espressa dagli arti
inferiori.
Esempio
Un giovane di sesso maschile di 18 anni che pesa 78
kg, al test del salto verticale registra un'elevazione pari
a 43 cm (con un'altezza alla posizione di partenza pari
a 185 cm è un altezza massima al salto pari a 228 cm);
stimare la potenza alattacida in watt:
(PAPW) = 60,7 (43 cm) + 45,3 (78 Kg) - 2055 = 4088,5 W
La media della potenza alattacida (potenza di tipo
anaerobico) misurata con questo protocollo di salto
verticali e pari a 4620,2 (SD ± 822,5) W per gli uomini e
2993,7 (SD ± 542,9) W per le donne.
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