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Marketing

2.
Marketing
Il primo libro di testo con la parola marketing nel titolo è stato
pubblicato negli USA nel 1914
(Ralph S.Butler, H. De Bower, J.
G. Jones, Marketing Methods and
Salesmanship, New York, NY,
Alexander Hamilton Institute,
1914), ma già un libro del 1912
conteneva sales management
nel titolo (Charles Wilson Hoyt,
Scientific Sales Management A
Practical Application of the Principles of Scientific Management to
Selling, New Haven, CT, George
B. Woolson and Co., 1912).
Il primo volume sul marketing
di carattere accademico, senza
riferimenti diretti al termine nel
titolo, è del 1913 (Paul Terry
Cherington, Advertising as a Business Force, New York, Doubleday,
Pageand Co., 1913); nonostante
il titolo, questo testo riguardava
più il marketing che la pubblicità.
In effetti, la prima pubblicazione
con il termine advertising nel
titolo la si può trovare già nel
1850 (Horace Greeley, The Philosophy of Advertising, in Hunt’s
Merchants Magazine, vol. 23,
pp.580-583, 1850).
2. Marketing
Il problema della definizione e i termini del marketing
Il termine “marketing” è stato usato per la prima volta negli USA intorno al 1910, anche se le
origini di questa tecnica risalgono alla metà del XVII secolo in Giappone.
Nei primi vent’anni del XX secolo sono sorte negli Stati Uniti le prime istituzioni e organizzazioni che riunivano gli operatori abituali di questo settore; negli anni Trenta nelle università
americane si sono avviati i primi corsi di marketing, di distribuzione, di vendita e di tecniche
per conoscere il mercato, in altre parole le ricerche di mercato.
Il processo di vendita diffusa e l’estensione del mercato statunitense, difficile da coprire in
maniera capillare, hanno caratterizzato lo sviluppo di questa disciplina, che ha focalizzato l’attenzione degli operatori principalmente sul settore della distribuzione. L'analisi del mercato
e delle opportunità di vendita sono passati in questo modo in secondo piano. Alla fine degli
anni Cinquanta e nel corso dei primi anni Sessanta, il marketing è approdato in Italia, favorito
da un’accresciuta disponibilità di beni e servizi.
Naturalmente, prima che termini come marketing e advertising divenissero l’espressioni generalmente accettate, venivano usati altri termini come signs (propaganda), advertisement e altri
ancora. Allo stesso modo, venivano impiegati termini diversi da marketing, come commerce,
distribution, trade, etc… Le origini delle parole e delle espressioni utilizzate è rilevante non
solo per la storia del termine, ma anche per quella delle idee.
L’evoluzione del concetto di marketing emerge dall’analisi dei molteplici studi fatti dagli inizi
del XX secolo, o quantomeno negli ultimi sessant’anni; gli studi sono stati influenzati dai cambiamenti che nel tempo sono avvenuti nei rapporti fra le imprese e i loro mercati di sbocco.
I cambiamento che spingono il marketing a mutare nel tempo riguardano diversi fattori:
la domanda che cresce in varietà, variabilità, richiesta di personalizzazione e attenzione alla
combinazione tra costi del capitale e di gestione, e qualità dei beni e servizi offerti, oppure la
crescita del potere contrattuale degli intermediari commerciali. Di particolare rilevanza è lo
sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che
modificano il potere nelle relazioni consumatori-impresa.
Evoluzione dei concetti
La tecnologia rappresenta il comune denominatore che ha caratterizzato l'evoluzione del
sapere umano nei secoli; per molte scuole di pensiero economico il vantaggio competitivo
nella catena del valore è caratterizzato da un forte progresso tecnologico. Il cliente rappresenta l’altra importante e fondamentale materia di studio del marketing, soprattutto in termini di
evoluzione.
Se si considera l’evoluzione dell'impresa nel suo insieme, fino all’inizio della rivoluzione industriale (XVIII secolo) vi era una economia basata essenzialmente sull'auto-bisogno della persona. Il processo di crescita della società che portò alla rivoluzione industriale, ha introdotto
nuove materie di studio; la prima fu il profitto, che ha spinto le imprese a investire sempre di
più nella tecnologia per produrre e vendere sempre di più.
Solo intorno alla metà del XX secolo, però, la concorrenza da una parte e l’esigenza di maggior profitto dall’altra, oltre alla definizione di nuove scienze sociali (sociologia e psicologia)
conducono a considerare “cosa” influenza il comportamento di acquisto del consumatore.
Inizialmente la risposta è semplice: è il modello stimolo/risposta (stimoli di marketing)
che influenzano il sistema cognitivo del consumatore e danno origine a processi d'acquisto.
Le reazioni del consumatore agli stimoli di marketing sono influenzate da quattro processi
psicologici.
• Motivazione. La piramide dei bisogni di Maslow spiega come la persona abbia dei bisogni e quindi una motivazione in base ad una scala gerarchica. Dai bisogni primari e di
sicurezza, a quelli sociali.
• Percezione. Selezione e codifica dei messaggi che arrivano dall'esterno che vanno incanalati poi ai bisogni.
• Apprendimento. Conoscere come la persona si comporta dietro a determinati stimoli.
• Memoria. Come entrare e rimanere positivamente nella mente del cliente.
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Dagli anni '60 in poi, la concorrenza è sempre più agguerrita e la legge del profitto induce il
marketing a sviluppare strategie per far passare un cliente da soddisfatto a fedele. Negli '70
e '80 il valore percepito dal cliente, la soddisfazione del cliente e la qualità del prodotto sono
mission aziendali per spostare il cliente soddisfatto a cliente leale.
A quel punto evolve anche la consapevolezza nel dover considerare anche in che modo i
clienti fanno le loro scelte. E la risposta degli esperti di management è che il cliente acquista il
prodotto che porta loro maggiore informazione. Le imprese introducono così il concetto di
valore percepito dal cliente come rapporto tra tutti i benefici (economici, funzionali, psicologici) e la somma dei costi (economici, temporali, energia, psicologici). Il compito dell'azienda, perciò, è quello di creare un forte valore percepito e si inizia a parlare di branding. In quei
decenni le imprese scoprono che un alto livello di soddisfazione crea prima o poi un legame
emotivo con il marchio o con l'impresa che fa spostare l'asticella verso la fedeltà. La misurazione della soddisfazione del cliente inizia così ad essere un passaggio importante e i sondaggi
periodici diventano fondamentali strumenti di feedback.
Negli anni '80 la qualità intesa come l’insieme delle caratteristiche di un prodotto o servizio
che vanno a soddisfare i bisogni impliciti ed espliciti delle persone, prende definitivamente
piede nella disciplina del marketing.
Ma dal punto di vista dell’organizzazione della comunicazione e dello scambio nell’economia, la pratica di marketing non è un’attività nuova, poiché svolge funzioni che sono in realtà
sempre esistite e che sono sempre state realizzate in modo differente in tutti i sistemi fondati
sullo scambio volontario. Anche in un sistema autarchico, fondato sulla forma più rudimentale di scambio (il baratto) esistono flussi di scambio e di comunicazione, ma la loro manifestazione è spontanea e non richiede né impiego di risorse specifiche, né modalità particolari di
organizzazione che ne assicurino il funzionamento.
È la complessità dei contesti tecnologico, economico e concorrenziale che ha progressivamente condotto l’impresa prima a creare e poi a rinforzare la funzione marketing. È quindi
interessante ripercorrere la storia di questa evoluzione al fine di comprendere meglio il ruolo
attuale del marketing. Si possono individuare cinque fasi che riportano anche al concetto di
ciclo di vita.
Teoria di Maslow
Negli anni Cinquanta Abraham
Maslow (psicologo statunitense
fondatore della psicologia umanistica) sviluppa una teoria che
prende il suo nome, con la quale si analizzano le motivazioni
del comportamento d’acquisto
del consumatore, quale individuo appartenente ad un preciso
gruppo di riferimento.
È noto per aver ideato una gerarchia dei bisogni umani, la cosiddetta “piramide di Maslow”. Nel
1954 pubblicò “Motivazione e
personalità”, dove espose la teoria di una gerarchia di motivazioni che muove dalle più basse
(originate da bisogni primari - fisiologici) a quelle più alte (volte
alla piena realizzazione del proprio potenziale umano - autorealizzazione).
1. Le origini 1910-1940
La prima fase dello sviluppo del marketing è incentrata sull’obiettivo principale di produrre. Lo scenario sociale ed economico fino agli anni Quaranta del XX secolo è determinato
da una domanda che chiede bisogni primari, semplici, omogenei. Lo sviluppo tecnologico è
quello di passaggio da processi di produzione artigianali a processi standardizzati (fordismo).
Ma l’impresa è ancora concepita come sistema chiuso e l’organizzazione del lavoro è tayloristica. Il costo rappresenta ancora il fattore critico principale.
Prima dell’introduzione di un chiaro concetto di marketing, le imprese concepivano e realizzavano i prodotti (e quindi pensavano di venderli) secondo il principio della maggiore produzione per l’impulso esercitato sui mercati dalla rivoluzione industriale. La meccanizzazione
del lavoro nelle fabbriche consentiva sia di realizzare alti volumi di produzione che di impiegare manodopera con modesta specializzazione. I mercati avevano ancora però un ramo
d’azione limitato, la concorrenza era modesta e i punti vendita erano fisicamente ristretti.
Risultavano poche anche le ricerche sulla necessità del mercato, poiché si era ancora lontani
dalla saturazione e i problemi di vendita venivano risolti direttamente dall’imprenditore. Pian
piano però, la funzione del marketing, inizialmente orientata all’analisi dei processi di traspor2
2. Marketing
Definizione classica
di marketing
“Il complesso di attività
di un’impresa che va
dall’ideazione di un
prodotto o servizio al
suo utilizzo da parte
del consumatore.”
Autarchia
Termine usato in economia politica per indicare l’indipendenza
assoluta o relativa, permanente o
temporanea, della vita economica di un paese, concepito come
mercato chiuso. Quella assoluta
è sempre teoricamente raggiungibile con la semplice chiusura
delle frontiere, perché è sempre
concepibile lo svilupparsi della
vita umana in un qualsiasi territorio, per quanto esso scarseggi
di materie prime. Il fine principale dell’autarchia relativa è invece quello di rendere la nazione
economicamente autonoma per
tutto ciò che riguarda i prodotti
essenziali alla vita e alla difesa in
caso di guerra.
to e di distribuzione delle materie prime (ovvero alla vendita e alla distribuzione fisica dei
prodotti) si sviluppa come pratica commerciale e di promozione pubblicitaria dei manufatti
realizzati.
Fino alla metà del XX secolo i principi teorici dominanti sono quelli di “Economia aziendale”; nell’ambito degli studi gestionali esiste la “Tecnica commerciale” (o mercantile), mentre
l’insegnamento del marketing inizia a diffondersi attraverso le scuole e i centri di formazione
post-universitari. Nelle facoltà di Economia e Commercio i contenuti del marketing sono
oggetto di insegnamenti denominati “Tecnica delle ricerche di mercato e della distribuzione”.
2. Lo sviluppo 1950-1965
In questo periodo la vendita diventa il mezzo per fare profitti e dalla produzione l’interesse si
sposta verso i metodi di distribuzione dei prodotti.
Dai primi anni Cinquanta la società è sottoposta agli effetti di sorprendenti progressi scientifici e tecnologici, derivati dalla ricaduta della ricerca sviluppata a scopi militari. Sono gli anni
della ricostruzione, della fine dell’autarchia e della riaffermazione dell’economia di mercato,
intesa come organizzazione economica di quei Paesi che si fondano sulla proprietà privata,
sulla libertà di impresa e sullo scambio di beni e servizi in mercati liberi.
Le imprese traggono vantaggio da questa situazione e ampliano le proprie dimensioni, sviluppando tecniche che conducono alla distribuzione di massa. Le aziende più innovative potenziano la funzione delle vendite, fino a d’ora trascurate, e sviluppano tecniche più d’impatto,
manovrano prezzi utilizzando promozioni e aggiornando i metodi di distribuzione.
Si presume che con adeguati investimenti nella promozione si giunga ad ampliare la domanda di qualsiasi prodotto. Le funzioni tradizionali del marketing, in un contesto di questo genere, risultano inappropriate e poco coerenti con lo sviluppo economico in atto. Per la ricerca
di nuove identità e modalità di intervento si utilizzano i principi della psicologie e della sociologia, per comprendere e spiegare le modificazioni in atto nei mercati e nei nascenti consumi
di massa.
Intanto, negli anni Cinquanta il marketing approda anche in Italia, favorito dallo sviluppo
economico del dopoguerra, e si evolve in due direzioni distinte. Da una parte si rivolge all’incentivazione e all’estensione degli studi interdisciplinari con l’economia politica, l’economia
aziendale, la psicologia, la statistica, la matematica e la sociologia, e da un’altra si cerca di concettualizzare il marketing con una definizione che sistemi i differenti significati a cui nel tempo si è pervenuti, in modo da formulare una definizione più formale.
Il marketing supera pian piano la limitazione dettate dalla necessità della vendita e il potenziale compratore diventa il punto di riferimento fondamentale.
3. La maturità 1965-1980
Definizione moderna
di marketing
“L’insieme di attività con
cui un organizzazione
soddisfa le esigenze di
persone o altre organizzazioni, mediante prodotti o
servizi, oppure sostenendo
idee e valori..”
2. Marketing
La distribuzione di massa e la vendita aggressiva di prodotti si dimostrano praticamente insufficienti, soprattutto a sostenere il lancio di un prodotto sbagliato, ovvero a convincere all’acquisto di un prodotto di cui il consumatore non manifesti una reale necessità. Il consumatore
con i suoi bisogni specifici diventa perciò il protagonista e l’attenzione delle imprese si sposta
su di lui; il marketing diventa funzione critica della gestione aziendale, coordinando risorse e
capacità per incentivare l’azienda ed esercitare un più corretto orientamento al mercato.
Le aziende diventano così marketing oriented e ogni programma considera prioritarie le esigenze del consumatore e dei modi per soddisfarle, integrando tutte le funzioni che fino a quel
momento erano separate: sviluppo dei prodotti, previsione, prezzi, distribuzione, promozioni. Quindi, si deve:
1.
2.
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4.
individuare cosa richiede il mercato;
studiare e sviluppare i prodotti a prezzi competitivi;
promuoverne la conoscenza e la vendita;
realizzare la loro distribuzione.
La grande rivoluzione portata avanti dal marketing in questi decenni è racchiusa nell’idea
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che non si produce più per vendere, ma si vende per produrre. Ovvero, si cerca di soddisfare
i bisogni dei consumatori, talvolta anche anticipandoli. Ma questo concetto racchiude però
anche un grande rischio, che non si produce più per soddisfare i bisogni del consumatore,
facendo così del consumatore uno strumento per soddisfare i bisogni dell’azienda.
Verso la fine degli anni Sessanta e dall’inizio degli anni Settanta viene anche introdotto il concetto di marketing scientifico, che prende il nome di marketing mix: gli obbiettivi aziendali
sono possibili solo in presenza di una “cosciente manipolazione” e di un preciso coordinamento tra le possibili variabili del marketing.
Si perfezionano i principi e i criteri per la suddivisione del mercato in sottoinsiemi (o segmenti)
omogenei di consumatori, utilizzando determinati parametri (segmentazione della domanda), ma nel contempo si determina una maggiore coerenza tra i prodotti offerti sul mercato e
i bisogni manifestati dai consumatori, concretizzando così un maggiore ordine nelle teorie del
ciclo di vita di un prodotto. Tipica di questi decenni è infatti la grande proliferazione di prodotti
proposti sul mercato, dalla quale nascono paradossalmente nuovi e futili bisogni, alla quale il
consumatore tende a reagire.
La metà degli anni Settanta, inoltre, è il momento di una intensa crisi congiunturale dovuta
alla forte crescita dei prezzi petroliferi che procura recessione, inflazione e stagnazione. Basso
sviluppo e calo della domanda sono le costanti presenti in quasi tutti i settori produttivi. Poiché la capacità produttiva di quest’epoca è relazionata a periodi con domanda più alta, generalmente si opera in condizioni di eccesso di offerta. L’attenzione è allora rivolta sia al compratore che al concorrente e l’azienda, prima marketing oriented, diventa competition oriented.
Altroconsumo è un’associazione
italiana di consumatori senza fini
di lucro, la prima e la più diffusa,
nata nel 1973 sotto il nome di
Comitato Difesa Consumatori.
Si pone come obiettivo l’informazione e la tutela dei consumatori, attraverso le sue numerose
pubblicazioni, i servizi di consulenza e l’azione di lobby politica
a difesa dell’interesse generale
tanto a livello nazionale che internazionale.
4. Il riorientamento 1980-1990
Nel decennio successivo si fa strada anche un’interpretazione sociale del concetto di marketing, dovuta all’intervento dello Stato, dei movimenti di difesa dei consumatori e di alcune
aziende più sensibili e anticipatrici; non basta vendere, ma si devono considerare le reali esigenze della società. Il concetto di marketing viene rielaborato e allargato, ed è caratterizzato da
un’attenzione particolare al marketing strategico, al trade marketing e alla customer satisfaction.
I prodotti, quindi, devono essere più sicuri e possedere un’effettiva utilità; negli anni Ottanta
la produzione tiene in grande considerazione i bisogni del consumatore e in un mercato dove
l’offerta dei prodotti supera la domanda, tecniche di studio e di lancio dei nuovi prodotti si
fanno via via più sofisticate. Il marketing diventa globale, coinvolgendo non solo i reparti
commerciali, ma tutti quadri aziendali e negli anni Novanta il concetto di marketing si fa sia
internazionale che diversificato.
• Internazionale in quanto ogni azienda ha la necessità di gestire più prodotti e più mercati, con un raggio geografico allargato.
• Diversificato in quanto rivolto ad una società che da industriale via via si trasforma in
una società progressivamente rivolta ai servizi e all’informazione.
Congiutura
Approfondimento: www3.istat.it/servizi/studenti/valoredati/Tavole/Tav_Congiuntura.htm
In ambito economico, la congiuntura è la
fase che l’attività economica attraversa in
un dato periodo di breve durata. Si distingue un alta congiuntura (fase di massima
espansione dell’attività economica) e una
bassa congiuntura (fase di depressione).
La recessione è la fase della congiuntura
identificata da una riduzione del livello
4
(o, più raramente, del tasso di crescita)
dell’attività economica aggregata, misurata tipicamente dal PIL, in almeno due
trimestri consecutivi. Esistono, tuttavia,
altre definizioni di questo termine.
Per inflazione si intende l’aumento progressivo del livello medio generale dei
prezzi, o anche la diminuzione progressi-
va del potere di acquisto (cioè del valore)
della moneta.
Nel linguaggio economico, la stagnazione
è la condizione in cui produzione e reddito
nazionale restano immobili, senza aumentare né diminuire; se è relativa a un periodo
prolungato, individua una fase di progressiva contrazione della crescita economica.
2. Marketing
5. L’evoluzione 1990-oggi
In economia con il termine stakeholder (o portatore di interesse) si indica genericamente un
soggetto (o un gruppo di soggetti) influente nei confronti di
un’iniziativa economica, sia essa
un’azienda o un progetto.
Fanno, ad esempio, parte di questo insieme: i clienti, i fornitori, i
finanziatori come banche e azionisti (o shareholder), i collaboratori, ma anche gruppi di interesse
locali o gruppi di interesse esterni,
come i residenti di aree limitrofe
all’azienda e le istituzioni statali relative all’amministrazione locale.
La parola paradigma è stata utilizzata in modi differenti da Platone
(modello) e da Aristotele (esempio). Attualmente in sociologia si
usa molto e ha diversi significati
(teoria, articolazione interna di
una teoria, scuola o pensiero).
Senza un paradigma una scienza
non ha orientamenti né criteri
di scelta, perché tutti i criteri, i
problemi e le tecniche diventano ugualmente rilevanti. Il paradigma è una guida e fornisce
agli scienziati un modello e le
indicazioni per costruirlo. Con il
paradigma lo scienziato acquisisce contemporaneamente teorie,
metodi e criteri. Il paradigma è
qualcosa di più ampio di una teoria, è una visione del mondo, una
finestra mentale, una griglia di
lettura che precede l’elaborazione
teorica.
2. Marketing
Le tendenze attuali del marketing sono in gran parte ancora tutte da scrivere, in quanto ancora
in atto; di sicuro il periodo in cui stiamo vivendo è un contesto che richiede nuove strategie,
per il quale le precedenti si dimostrano in gran parte inadeguate.
In un mercato reso sempre più competitivo dall’innovazione tecnologica e dai processi di globalizzazione, l’orientamento al cliente diviene indispensabile e l’evoluzione si presenta come
un processo “integrativo”; per somma quindi, e non per sostituzione degli aspetti peculiari
delle fasi precedenti.
Il reale valore nel XXI secolo per le aziende e per i manager che le dirigono sarà sempre meno
legato al fatturato che producono, ma sempre di più al numero ed alla qualità delle relazioni
che sapranno instaurare con i loro interlocutori e stakeholders, interni ed esterni. Cresce perciò
l’importanza degli aspetti caldi (emozioni e sensazioni) rispetto a quelli freddi (ragioni), così
come cresce l’importanza del consumo rispetto all’acquisto, vale a dire cosa accade quando il
prodotto entra nel quotidiano del consumatore lasciando definitivamente il mercato.
Prende sempre più piede quindi l’esigenza di ragionare sull’economia dell’esperienza, sul capitalismo delle emozioni che si genera per conseguenza di un evoluzione del consumo, non
più basata sul prodotto, ma sul bisogno che sta alla base del consumo stesso. Ed è un bisogno/
consumo che non è più interpretabile solo attraverso il modello di analisi che ha come oggetto il processo di acquisto, ma sposta il fuoco della sua attenzione sull’esperienza del consumo, che nella relazione ed interazione con gli altri vede il suo fulcro. Assume un’importanza
fondamentale la dimensione sociale del comportamento del consumatore, amplificata dal
proliferare dei socialnetwork. Nel marketing esperienziale cresce quindi l’importanza di una
prospettiva di ricerca di tipo “interpretativista”.
La ricerca sociale si è storicamente orientata fin dal suo nascere sulla base di due paradigmi: il
positivismo e l’interpretativismo. I due paradigmi si caratterizzano per differenti concezioni, sia di pensiero che di metodo.
La sociologia positivista si fonda sull’assunto che esiste una realtà sociale oggettiva, esterna
all’uomo e quindi conoscibile nella sua reale essenza; ciò significa che lo studioso e l’oggetto
studiato sono due entità indipendenti, non influenzabili l’un l’altra. Le scienze sociali, quindi,
non sono diverse dalle scienze naturali. Secondo questo paradigma, l’obiettivo della ricerca
sociale è di arrivare alla formulazione di leggi generali fondate sulle categorie di causa-effetto.
Il modo di procedere di questa conoscenza è caratterizzato dal ragionamento induttivo:
l’osservazione empirica, l’individuazione di regolarità e ricorrenze, la formulazione di generalizzazioni o leggi universali. La tecnica ideale è quindi quella dell’esperimento, basato sulla
manipolazione e il controllo delle variabili implicate, e sul binomio separazione-distacco osservatore-osservato.
Sul versante del tutto opposto si collocano autori e scuole che esprimono un approccio di
tipo umanistico, attento alla soggettività, che volge l’attenzione verso l’esperienza degli individui e le interrelazioni personali, che prende appunto il nome di interpretativismo. Per i rappresentanti di questa corrente di pensiero i fenomeni sociali non sono semplicemente determinati da leggi sociali, ma sono il prodotto dell’azione volontaria dell’uomo, volontà esercitata in
modo razionale. La concezione del mondo esterno è relativista: secondo questo paradigma
il mondo che si conosce è quello del significato attribuito dagli individui, significato che varia
fra gli individui e nelle diverse culture. Non esiste, quindi, una realtà sociale universale valida
per tutti gli uomini, ma ne esistono molteplici. In contrapposizione con la visione positivista,
la ricerca sociale viene così definita come “una scienza interpretativa”.
Dal punto di vista concettuale, a questo punto, il marketing ha bisogno dell’antropologia per
porre realmente al centro delle sue strategie l’uomo/consumatore e l’antropologia ha bisogno del marketing per essere riconosciuta e valorizzata sul piano professionale. Da queste
premesse è nato il marketing antropologico, un approccio interdisciplinare che utilizza strategie e tecniche che uniscono la ricerca qualitativa rivolta allo studio dei valori culturali del
target alle esigenze di mercato.
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5
L’applicazione del concetto di marketing si è imposta in periodi diversi a seconda del settore e
in base al grado di sviluppo raggiunto dal mercato di appartenenza. Le imprese che operano nel
settore dei beni di largo consumo, ad esempio, sono state fra le prime ad adottare la dimensione
strategica del concetto di orientamento al mercato. Altri settori, come quello dei computer o
dell’industria petrolifera si sono trovati esposti all’inizio del nuovo millennio a un improvviso
calo strutturale della domanda, scoprendo la necessità di accentuare il proprio orientamento
al mercato.
Si possono distinguere tre fasi evolutive, ciascuna caratterizzata da diverse priorità negli obiettivi di marketing: il marketing passivo, il marketing operativo e il marketing strategico.
3.
Evoluzione
del ruolo del
marketing
Il marketing passivo: l’orientamento al prodotto
Si tratta di una modalità che prevale in un ambiente economico caratterizzato dall’esistenza di
un mercato potenzialmente importante in cui, tuttavia, sussiste una scarsità di offerta, essendo
le capacità di produzione insufficienti per soddisfare i bisogni del mercato.
Il marketing passivo è efficace in presenza di bisogni noti e stabili, nonché di un ritmo d’innovazione tecnologica lento. Questo tipo di situazione economica è stato osservato, per esempio,
all’inizio del secolo scorso, nel corso della rivoluzione industriale e, più recentemente, immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Si tratta di uno scenario che esiste tuttora in molti Paesi in via di sviluppo, in particolare nell’Europa dell’Est.
In un ambiente caratterizzato da scarsità di offerta, la pratica di marketing ha un ruolo limitato
e passivo: il marketing strategico si sviluppa spontaneamente, dal momento che i bisogni sono
conosciuti; il marketing operativo si riduce all’organizzazione dello smercio dei prodotti fabbricati, e le attività promozionali diventano superflue, visto che l’impresa non può alimentare
il mercato come vorrebbe.
I contatti con il mercato si fermano il più delle volte al primo stadio, al primo acquirente del
prodotto, il quale spesso è un intermediario, un grossista o un distributore industriale. Ci sono
dunque pochi contatti con la domanda finale e le indagini di mercato non sono frequenti.
Questo stato di cose si riflette anche nell’organizzazione d’impresa, dominata dalla funzione di
produzione, poiché le preoccupazioni prioritarie sono lo sviluppo della capacità produttiva e
il miglioramento della produttività. Il marketing serve solo a vendere ciò che è stato prodotto.
Il marketing passivo rappresenta una modalità di organizzazione che non conviene più in un
contesto come quello nel quale opera oggi la maggior parte delle imprese dei Paesi industrializzati. L’ottica di prodotto resiste, tuttavia, all’interno di alcune imprese industriali, che commercializzano prodotti standardizzati o materie prime o nelle aziende high-tech che devono gestire
una domanda in rapida crescita.
Il marketing operativo: l’orientamento alla vendita
Mette l’accento sulla dimensione azione del concetto di orientamento al mercato. L’orientamento alla vendita è stato progressivamente adottato nelle economie occidentali nel corso de-
Il progresso tecnologico
Una delle caratteristiche più significative degli ultimi cent’anni
è stata la straordinaria diffusione del progresso tecnologico, che
ha influenzato in modo determinante la maggior parte dei settori industriali; di fatto una crescita continua, una vera e propria
esplosione quantitativa e qualitativa di nuovi prodotti e di nuove
industrie. Un gran numero di prodotti che oggi utilizziamo quotidianamente non esisteva fino a pochi anni fa.
La diffusione del progresso tecnologico è il risultato di un’accelerazione, di una generalizzazione e di una sistematizzazione della
ricerca scientifica.
6
La diffusione del progresso tecnologico accelera, nel senso che
è possibile osservare una crescita del ritmo d’innovazione e un
accorciamento dei tempi richiesti per passare dallo sviluppo del
nuovo prodotto allo sfruttamento commerciale su larga scala.
Questa evoluzione comporta un accorciamento della durata della vita tecnologica dei prodotti e quindi del tempo disponibile per
far fruttare le attività di ricerca e sviluppo.
La diffusione del progresso tecnologico si generalizza attraverso
i settori, le imprese e i Paesi. Alcuni settori di base – come quello dell’acciaio, del cuoio, dei tessuti o della carta – si sono dovuti
2. Marketing
gli anni Cinquanta da parte delle imprese produttrici di beni di consumo, quando la domanda
era in forte aumento e le capacità di produzione erano in grado di assecondarla. D’altra parte,
sebbene si trattasse di mercati in fase di piena crescita, il sistema di distribuzione spesso era
inefficiente.
A causare questo cambiamento nell’approccio alla gestione di marketing sono stati dei cambiamenti nella situazione economica. La comparsa di nuove forme distributive, soprattutto il
self-service, ha contribuito a modificare la struttura della rete distributiva tradizionale, poco
adatta alle esigenze della distribuzione di massa. Inoltre, l’allargamento geografico dei mercati e
il conseguente allontanamento fisico e psicologico fra produttori e consumatori ha reso necessario un maggior ricorso ai mezzi di comunicazione, come per esempio la pubblicità sui media.
Si è infine verificato uno sviluppo generalizzato della politica di marca, necessaria nella vendita
self-service e utilizzata dalle imprese come mezzo di controllo della propria domanda finale.
L’obiettivo prioritario del marketing in questa fase è la creazione di un’organizzazione commerciale efficace. Il ruolo del marketing diventa meno passivo; si tratta ora di ricercare e organizzare
gli sbocchi commerciali per i prodotti realizzati. In questa fase, la maggior parte delle imprese
si concentra sui bisogni del nocciolo duro del mercato con prodotti rispondenti ai bisogni della maggioranza dei clienti. La funzione principale del marketing consiste nell’organizzare una
distribuzione efficiente dei prodotti e nel gestire tutti i compiti che ricadono in quest’attività.
Alcune imprese che vendono prodotti non richiesti spontaneamente dai clienti, come le assicurazioni sulla vita o i dispositivi di misurazione, hanno sviluppato delle tecniche di vendita
sotto pressione (hard selling) rese popolari da numerose opere sull’arte della vendita. Inoltre,
quando si realizza una situazione di eccesso di offerta in un settore, non è raro osservare il ricorso a queste tecniche di vendita da parte delle imprese che desiderano liquidare i propri stock,
utilizzando in modo aggressivo le pubblicità televisive, l’invio per posta di materiale pubblicitario, le inserzioni sui giornali e così via. Non stupisce quindi constatare che il grande pubblico,
come accade d’altronde per alcune imprese, tenda ad assimilare il marketing sia alla vendita
sotto pressione sia alla vendita forzata.
Il marketing operativo ha favorito lo sviluppo dell’ottica di vendita che implica una certa aggressività commerciale e si fonda sull’ipotesi implicita che il mercato sia in grado di assorbire
tutto, esercitando una pressione adeguata. Quest’ottica si è dimostrata efficace in determinate
situazioni, a giudicare dagli elevati tassi di crescita del consumo privato e dai livelli di diffusione dei beni durevoli raggiunti durante il secondo dopoguerra. Un ricorso troppo entusiastico
alla pubblicità e alla vendita può però portare nei casi estremi a un marketing manipolatorio
o selvaggio, il cui obiettivo è plasmare la domanda alle esigenze dell’offerta, anziché quello di
adattare l’offerta alle attese della domanda.
Gli eccessi del marketing selvaggio hanno portato alla nascita di una forza compensatrice, su
iniziativa dei consumatori (sotto forma di associazioni di consumatori) e del potere pubblico
(sotto forma di leggi che hanno progressivamente rinforzato la tutela dei diritti dei consumatori). Inoltre, l’autodisciplina impostasi dalle aziende e l’adozione di regole etiche hanno dato
confrontare con prodotti sostitutivi provenienti da settori spesso tecnologicamente molto lontani. Questa evoluzione richiede
quindi una maggiore attenzione nei confronti degli ambienti tecnologico e competitivo.
La diffusione del progresso tecnologico si sistematizza, nel senso
che l’attività di ricerca scientifica, in precedenza svolta da individui più o meno isolati, s’istituzionalizza all’interno delle imprese,
delle università e degli organismi specializzati pubblici o privati.
Lo Stato gioca un ruolo non trascurabile in questo campo, distribuendo importanti contributi alla ricerca scientifica e industriale.
L’innovazione tecnologica non dipende più dalla casualità delle
invenzioni. Essa è il risultato di uno sforzo concertato e pianifica2. Marketing
to, guidato a sua volta da alcuni schemi teorici. Esiste continuità
fra l’elaborazione degli strumenti teorici, che spetta alla ricerca di
base, e la messa a punto di metodi direttamente utilizzabili nella
produzione di beni e servizi. La ricerca stessa è organizzata in conformità a metodi comprovati e in funzione di obiettivi prefissati.
Questa evoluzione della tecnologia ha un’incidenza diretta sulla
politica di prodotto e conduce in particolare l’impresa a mettere
in discussione la struttura del suo portafoglio di prodotti a un ritmo molto più rapido rispetto al passato.
Questa maggiore dipendenza nei confronti dell’ambiente tecnologico richiede quindi un rafforzamento delle funzioni di analisi e
di controllo dei mercati.
7
il loro contributo allo sviluppo di un comportamento etico. Oggi è chiaro che il marketing
selvaggio è autodistruttivo e va nella direzione opposta rispetto agli interessi a lungo termine
dell’impresa o della marca.
Il marketing strategico: l’orientamento al cliente
La tentazione di ridurre il marketing al solo aspetto operativo è particolarmente forte nei settori
in fase di rapida espansione e quando il mercato potenziale da conquistare è ampio. La necessità d’integrare la dimensione strategica del concetto di orientamento al mercato è percepita
quando i mercati raggiungono la maturità, la segmentazione e le strategie di posizionamento
diventano fondamentali, la concorrenza s’intensifica e il ritmo d’innovazione accelera.
In situazioni di questo tipo il ruolo della pratica di marketing non è più semplicemente quello
di sfruttare una domanda esistente utilizzando tecniche di marketing di massa. Gli obiettivi
prioritari sono l’identificazione di segmenti o nicchie di mercato in grado di produrre crescita,
lo sviluppo di idee relative a prodotti nuovi, la diversificazione del portafoglio di prodotti, la
definizione del tipo di vantaggio competitivo difendibile e l’individuazione di una strategia di
marketing per ogni unità di attività strategica.
La dimensione d’analisi del concetto di orientamento al mercato diventa una capacità manageriale di primo piano, che deve selezionare opzioni strategiche solide su cui basare programmi
di marketing operativo più efficienti. A questo livello, un’azienda orientata al mercato sviluppa
una prospettiva dall’esterno all’interno.
La fase di rinforzo dell’orientamento al mercato è caratterizzata all’interno dell’azienda dallo
sviluppo e/o dalla crescita del ruolo del marketing strategico e dall’adozione di un orientamento al consumatore. Due sono i fattori che stanno alla base di questo tipo di evoluzione: da una
parte, la fase di maturità dei mercati e la progressiva saturazione dei bisogni nel nucleo centrale
del mercato; dall’altra, l’accelerazione della velocità con cui il progresso tecnologico si diffonde.
Nelle imprese orientate al cliente, il ruolo del venditore è molto diverso da quello di un’impresa
orientata alla vendita; il concetto di orientamento al cliente, infatti, nelle attività di vendita, sostituisce e ribalta la logica dell’ottica di vendita. In quest’ottica il ruolo del venditore non è tanto
quello di cercare di vendere, quanto quello di aiutare ad acquistare. L’attività di vendita si basa
inizialmente sui bisogni del cliente.
L’ipotesi implicita alla base dell’orientamento al cliente è quindi la seguente: la soddisfazione
dei bisogni del cliente è l’obiettivo prioritario dell’impresa, non per altruismo, ma perché è proprio questo il modo migliore per l’impresa di raggiungere i propri obiettivi di redditività e/o di
crescita.
L’orientamento al mercato: il market-driven management
Come l’orientamento al prodotto e alla vendita, anche l’orientamento al cliente presenta dei limiti che bisogna conoscere. Tre
sono le problematiche normalmente addotte a detrimento del
tradizionale concetto di marketing.
Il marketing si deve preoccupare del benessere dei clienti?
La pratica di marketing non tende a soddisfare i bisogni individuali a scapito dei bisogni collettivi?
Un’adozione troppo entusiastica dell’orientamento al cliente non
rischia di spingere l’impresa a mettere troppo l’accento sui prodotti richiesti dal mercato, a scapito dei prodotti, sconosciuti dal
mercato ma spinti dalla tecnologia?
L’orientamento al mercato e il market-driven management costituiscono il tentativo di rispondere a queste tre spinose domande.
Si tratta di un’evoluzione della filosofia aziendale che è il risultato
di tre cambiamenti in corso nell’ambiente del macro-marketing:
1) la globalizzazione dell’economia mondiale, 2) la rivoluzione
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delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione
(ICT) con il conseguente sviluppo del commercio elettronico e
3) l’emergere di nuovi valori che promuovono un’economia sociale di mercato orientata a uno sviluppo sostenibile.
Tali cambiamenti richiedono un’evoluzione del ruolo e della
struttura della funzione di marketing all’interno delle imprese.
All’inizio del nuovo millennio, il cambiamento in corso nelle imprese più attente ha preso la forma di uno spostamento dall’orientamento al cliente a uno di più vaste dimensioni, in cui il mercato
è visto come un ecosistema complesso e in cui la dimensione
culturale del concetto di orientamento al mercato è presente nel
complesso dell’organizzazione aziendale.
Mentre il concetto di marketing tradizionale è sostanzialmente
orientato al cliente, l’orientamento al mercato si rivolge agli attori
principali del mercato (clienti, concorrenti, distributori, prescrittori e altre persone interessate).
2. Marketing
Le funzioni del marketing
Nel linguaggio tecnico, le funzioni indicano tutte le attività svolte da un’azienda per raggiungere i propri obiettivi. Pur essendo in parte diverse, a seconda che l’azienda produca servizi o
sia di trasformazione, le funzioni si possono ricondurre alle azioni necessarie per:
• acquistare i mezzi necessari alla produzione;
• gestire le risorse umane;
• trasformare i fattori di produzione e produrre i servizi e le intermediazioni;
• organizzare i mezzi finanziari;
• raccogliere informazioni e controllare la gestione;
• adottare comportamenti di marketing.
Le relazioni fra il marketing e le altre funzioni sono molto strette, poiché da questo dipendono
sia i volumi di vendita, i ricavi e i margini di utile, che i contatti diretti con i potenziali compratori e utilizzatori dei prodotti dell’azienda.
Le diverse funzioni che possono essere riscontrate all’interno di un’azienda, possono essere
riassunte nella tabella seguente.
Pianificazione
dei prodotti
Determinazione
dei prezzi
Marchi di
fabbrica
Canali di
distribuzione
Vendita diretta
Pubblicità
Confezione
Promozione
vendite
Esposizione
Servizio alla
clientela
Distribuzione
Analisi ed
inchieste
Inoltre, sul funzionamento di ogni azienda, influiscono numerosi fattori legati al comportamento d’acquisto del consumatore, l’atteggiamento dei commercianti (grossisti e dettaglianti) oltre al comportamento e alla posizione della concorrenza. Momento centrale di questa
delicata struttura è la pubblicità, che oltre alla funzione commerciale può avere profonde influenze sia a livello culturale che sociale, spesso con effetti collaterali che possono essere in
qualche modo previsti con un’attenta analisi a livello psicologico e sociologico.
Determinare come il mercato reagisce a tutti questi fattori è un compito che la direzione
marketing di un’azienda deve assolvere utilizzando strumenti e funzioni diversificate, ma tutte interagenti.
I compiti di una direzione marketing possono essere raggruppati secondo alcune funzioni
che possono essere diversi a seconda della tipologia di impresa a cui si riferisce; in ogni caso
può valere una suddivisione come quella proposta a seguito.
1. Ricerche e studi utilizzabili per tutte le attività di marketing.
2. Interventi utili alla produttività, come il lancio di nuovi prodotti, le verifiche sugli standard qualitativi e l’analisi di confronto con la concorrenza.
3. Attività commerciali: organizzazione e pianificazione delle vendite.
4. Gestione dei servizi accessori, come assistenza, garanzia, assicurazioni, verifica dell’assistenza tecnica e assistenza post-vendita.
5. Attività di comunicazione e promozione: budget di investimento, rapporti con le agenzie di pubblicità e i mezzi di comunicazione.
6. Sostegno alla gestione del personale (ricerca, selezione, addestramento, formazione, sviluppo e incentivazione).
7. Sostegno alla gestione dei servizi marketing e amministrativi, come la messa a punto dei
sistemi informativi, ad esempio tra i vari settori aziendali, o dei meccanismi di controllo
dei risultati delle linee di prodotto.
2. Marketing
9
La pubblicità in Rete è una forma di promozione relativamente nuova: il primo banner ri- Le norme di
sale, infatti, al 1994 e fu pubblicato dalla AT&T sulla rivista telematica HotWired. In Italia riferimento per la
l’advertising online comparve qualche anno più tardi sulla spinta dei primi provider che rila- pubblicità online
sciavano in Rete informazioni commerciali sui propri servizi. Oggi i messaggi pubblicitari si
sono evoluti, innestandosi negli automatismi tipici di Internet: sono interattivi, multimediali,
ipertestuali e fanno uso di tecnicismi che possono lasciare libertà ai lettori o costringerli a
subire passivamente un messaggio. Le forme di pubblicità sono esplose in un variegato sistema che comprende, a fianco dei classici banner, le sponsorizzazioni, i bottoni, le vetrine,
i loghi, testi pubblicitari, intertitial, immagini a comparsa, pop-up, newsletter, jump pages e
video promozionali.
A differenza di quanto accade sugli altri media, la pubblicità online vive in un rapporto di
stretta contiguità con il testo. Non è alternativa, depositata in contenitori separati, a livello
temporale (come uno spot radiofonico o televisivo) o spaziale (come sulle pagine dei periodici). È concorrente rispetto al contenuto di Internet, poiché tende a rubare spazio e attenzione.
In questo contesto è lecito domandarsi se esistano oggi leggi che regolino il corretto uso della
pubblicità, tutelino i consumatori e permettano una giusta competizione in questo nuovo
campo di battaglia che è la Rete. La risposta non è univoca.
Se è vero, infatti, che non ci sono disposizioni di legge specifiche per questo ambito, è altresì
corretto dire che sia a livello europeo sia italiano esiste un corpus di leggi trasversali ed eterogenee all’interno delle quali è possibile evincere norme adattabili anche al Web. In generale
la pubblicità (non soltanto quella online) è regolamentata in differenti ambiti e tocca sia il
diritto pubblico sia quello privato, ma anche il diritto amministrativo, penale e civile, oltre al
diritto all’immagine.
In estrema sintesi si può dire che tutta la normativa relativa alla pubblicità tout court è estendibile anche a quella online. Nonostante la frammentazione e la disomogeneità, ci sono alcune
leggi che possono essere considerate pietre miliari per la pubblicità online e fanno da spartiacque nell’ambito legislativo.
Si tratta del decreto legislativo 30 giugno 2003 n° 196, denominato Codice in materia di
protezione dei dati personali, entrato in vigore il 1° gennaio 2004 e che sostituisce la legge n°
675/1996 (nota come Legge sulla Privacy) e molte disposizioni di legge e di regolamento.
Questa decreto disciplina il trattamento di dati personali anche attraverso servizi di comunicazione elettronica (si pensi all’e-mail marketing o alla profilazione degli utenti sui portali
Internet). Al rispetto della nuova legge sulla privacy vigila l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
Un’altra authority, invece, ha il compito di controllare la concorrenza sleale in ambito pubblicitario: l’Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato (Agcm) che ha potere sanzionatorio nei confronti di chi effettua campagne ingannevoli o scorrette. Questa istituzione
fa rispettare il decreto legislativo 25 gennaio 1992 n° 74, un testo fondamentale in materia
di pubblicità ingannevole e comparativa. Rispetto alla promozione di servizi di e-commerce,
invece, una fonte importante è il recente decreto legislativo 9 aprile 2003 n° 70 che all’articolo 9 parla espressamente di «comunicazione commerciale non sollecitata».
Infine, una delle fonti normative più importanti su pubblicità e campagne promozionali (anche per gli operatori Internet) è il Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria Italiana. Non
è una vera legge, ma chi aderisce all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (Iap) è tenuto a
rispettarla e a sottostare alle decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì. Questi organi
decidono in caso di controversie o messaggi equivoci che non rispettano le regole che si sono
imposti i pubblicitari in Italia.
Resta salvo il fatto, comunque, che al di là delle attività delle authority e dello Iap, l’attività
pubblicitaria (compresa quella su Internet) è soggetta a tutte le leggi civili e penali dello Stato
italiano.
Sebbene ancora poco centrato su Internet esiste, comunque, un “cappello legislativo” con una
tesa abbastanza larga, a tutela del navigatore e della libera concorrenza in Rete.
10
2. Marketing
4.
Il marketing
mix
Ogni azienda ha problemi propri che influiscono in maniera positiva o fallimentare sulla vendita
di un prodotto, in quanto la pubblicità è solamente una delle variabili che incidono sulla vendita.
Fra tutte la variabili possibili l’azienda adotta quelle più utili a se stessa per la realizzazione strategica del piano di marketing, che si sviluppa in due momenti:
1. 1. l’identificazione degli obbiettivi (market targets) e delle difficoltà per raggiungerli;
2. 2. la formulazione e la selezione delle scelte che portano alla definizione di un insieme di
fattori, che prende il nome di marketing mix.
Il marketing mix è appunto una “miscela” che compone un piano globale in grado di far raggiungere all’azienda gli obiettivi prestabiliti, utilizzando una mescolanza delle quattro funzioni
fondamentali del marketing: prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione. In termini anglosassoni questo processo prende il nome di marketing della quattro P, in quanto i termini corrispondenti hanno tale lettera come iniziale (product, price, place e promotion). Recentemente le
quattro P sono state estese a sei, con l’aggiunta del potere e delle relazioni pubbliche (power e
public relations).
In un piano di marketing coerente è necessario una manipolazione, un dosaggio e un’armonizzazione degli ingredienti, tali da consentire l’ottenimento di un prodotto che soddisfi le maggiori
aspettative del mercato e che comunque consideri tali fattori come la base necessaria dell’attività
di ogni operatore di marketing.
Le decisioni prese all’interno del mix sono determinate da una preoccupazione di partenza: la
vendita del prodotto. Sarebbe più opportuno invece partire da un altro punto di vista: il soddisfacimento del consumatore.
Le variabili del marketing mix infatti, rappresentano una configurazione product oriented; data la
crescente importanza che il consumatore ha assunto nel mercato, dovrebbe essere invece sempre più consumer oriented. È importante dunque considerare che il fulcro di ogni operazione di
marketing deve essere il cliente, definito dal suo valore (costumer value) ovvero dalle sue caratteristiche, le sue esigenze, i suoi bisogni.
Il prodotto (product)
Si intende ovviamente la sua pianificazione, la qualità, la domanda e il valore aggiunto. Questa
variabile, oltre agli attributi fisici del prodotto, include le scelte relative alla marca, alla linea di
prodotti, alla confezione, ai servizi offerti che possono soddisfare i bisogni del consumatore.
In base al tipo di business si può operare una prima classificazione in prodotti di consumo (destinati al consumatore finale) e strumentali (destinati all’azienda che li acquista per produrre il
bene/servizio finale).
Altra classificazione è quella che valuta la lunghezza della loro vita e perciò alla frequenza d’acquisto: durevoli (ad acquisto speciale), semidurevoli (ad acquisto saltuario) e non durevoli
(ad acquisto frequente) oppure di largo consumo (si consumano durante il loro utilizzo).
Se si considera invece il grado di diffusione e di conoscenza della marca, si può operare un altro
genere di classificazione dei prodotti: branded, unbranded o senza marca, legati a una sottomarca e legati a una marca privata (con garanzia del punto vendita).
Ma i prodotti possono essere legati anche alla motivazione per la quale il consumatore è spinto
ad acquistarli; anche in questo caso si possono distinguere alcuni esempi.
Prodotti funzionali. Sono acquistati semplicemente perché in grado di soddisfare un
bisogno; sono generalmente prodotti unbranded, il cui nome della marca non riveste una
grande importanza per l’acquisto.
Prodotti edonistici. Vengono acquistati per soddisfazione personale e possono appartenere a diverse categorie merceologiche, sono in genere branded e avere un costo elevato, ma
anche essere unbranded ed acquistati per soddisfazione momentanea.
Prodotti di status. Sono acquistati perché posseggono una forte valenza simbolica, in
quanto simboleggiano l’appartenenza ad un ceto sociale ed economico rilevante, oppure
perché generano nell’acquirente la sensazione di appartenere a un gruppo sociale considerato superiore.
Prodotti di prestigio. Sono prodotti che a causa del prezzo molto elevato non possono es2. Marketing
11
sere altro che la prova tangibile dell’appartenenza ad un elevato ceto sociale ed economico.
Prodotti di austerità. Sono prodotti acquistati per la loro valenza simbolica, ma legati ad
una situazione di crisi ed incertezza finanziaria, che danno la sensazione di una stabilità economica che non si possiede.
Prodotti di maturità. Sono prodotti il cui acquisto simboleggia il raggiungimento di una
certa età (vera o presunta che sia).
La decisione finale che porta all’acquisto del prodotto è inoltre sempre collegata ad una componente di rischio, percepito dal consumatore nel momento che precede la decisione d’acquisto e
che è il realtà composto da diversi fattori.
Rischio economico. È il rischio più sentito dal consumatore che ha paura di spendere
male i propri soldi.
Rischio funzionale. È legato all’utilizzo del prodotto; l consumatore ha paura di farsi del
male o di non essere in grado di utilizzarlo al meglio, oppure di non ottenere il risultato
sperato oppure di ottenere dall’utilizzo degli effetti indesiderati.
Rischio simbolico. Il consumatore ha paura di ricevere delle critiche e di perdere la sicurezza che lo ha portato ad acquistare il prodotto; ha perciò paura che la componente
simbolica insita nella marca del prodotto non venga interpretata in modo corretto oppure
non rispecchi l’idea che lui stesso vuole dare di sé attraverso quel prodotto.
Esistono inoltre prodotti ad alto coinvolgimento, per i quali si verifica una forte percezione di
rischio a causa del costo, delle implicazioni simboliche insite nel valore della marca, del funzionamento più o meno complesso e della confusione generata dalle diverse alternative del mercato.
Rientrano in questa categoria i beni ad acquisto saltuario e comunque i prodotti il cui acquisto si
rivela piuttosto impegnativo. In questi casi il consumatore valuta con attenzione le diverse offerte del mercato, le differenze insite nelle diverse marche, le differenze funzionali e qualitative dei
prodotti e le differenze di prezzo.
Molto diverso è il comportamento del consumatore nella situazione in cui acquista prodotti a
basso coinvolgimento. In questo caso non ha molta importanza la differenza tra un prodotto
e l’altro, o la differenza di prezzo spesso molto bassa. Il consumatore non considera rischioso
l’acquisto, in quanto potrebbe decidere di disfarsi del prodotto senza subire un grande danno.
Il prezzo (price)
È una variabile fondamentale, che richiede scelte relative non solo al suo livello globale (basso,
medio, alto) ma anche a livelli specifici, che vanno dalla formazione dei prezzi di vendita alle politiche del prezzo che deve essere competitivo rispetto a prodotti analoghi e giustificato riguardo
al target cui è rivolto il prodotto.
Il valore economico che l’azienda attribuisce a un prodotto potrebbe essere giudicato molto
conveniente per l’azienda ma troppo caro per il consumatore, che potrebbe rifiutarsi di compire
l’acquisto. Il valore del prezzo presenta perciò due limiti:
• uno superiore, determinato dalla disponibilità del consumatore a compire l’acquisto di
quel prodotto a quel prezzo;
• uno inferiore, costituito dalle spese sostenute dall’azienda per la sua produzione e distribuzione.
Il pezzo è quindi il valore economico attribuito al bene o al servizio, giudicato accettabile da
entrambe le parti della transazione: chi vende (l’offerta) e chi compera (la domanda). Si tratta quindi di un punto in cui domanda e offerta si incontrano e si accordano: il prodotto viene
scambiato con una quantità di denaro giudicata conveniente da entrambe le parti.
La distribuzione (place)
Questa variabile comprende le decisioni relative alle considerazioni della distribuzione fisica del
bene, alla scelta dei canali distributivi più adatti, alla struttura dell’organizzazione di vendita.
La distribuzione fisica del prodotto è il complesso delle attività utili a trasferire i prodotti dai
luoghi di produzione ai punti di vendita, prevede decisioni legate al magazzinaggio, alle scorte
e al trasporto.
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2. Marketing
Il ciclo di vita
del prodotto
Ad ogni modificazione delle caratteristiche di un prodotto e del
mercato, corrisponde una necessaria modificazione o adattamento del marketing mix all’evoluzione del ciclo di vita del prodotto,
che è il tentativo di riconoscere
fasi distinte nella storia di vendita
del prodotto, definendo opportunità e problemi diversi rispetto
alla strategia di marketing e al potenziale di profitto.
La storia delle vendite di un prodotto viene suddivisa in quattro
fasi fondamentali.
L’introduzione è il periodo di
inserimento del prodotto sul
mercato e di crescita lenta delle
vendite (alti costi di produzione
e distribuzione, prezzo elevato
del prodotto, profitti inesistenti in
quanto gli incassi non pareggiano
gli investimenti effettuati).
La crescita è il periodo di veloce accelerazione del prodotto da
parte del mercato (diminuzione
dei costi unitari e del prezzo, miglioramento dell’efficienza tecnica, distribuzione in rapido sviluppo, buoni profitti).
La maturità è il periodo di rallentamento nella crescita delle vendite, in quanto il prodotto è oramai accettato dalla maggioranza
dei potenziali clienti (profitti
stabilizzati o in leggera diminuzione, dovuti ai prezzi stabilizzati
e alle nuove spese da sostenere
per contrastare la concorrenza e
per creare l’immagine di eventuali prodotti differenziati).
Il declino è il periodo di diminuzione delle vendite (aumento dei
costi unitari di produzione, forte
concorrenza sul prezzo, erosione
di profitti).
Durante le varie fasi di vita del
prodotto, gli elementi del marketing mix si adattano dunque e si
evolvono in maniera diversa.
2. Marketing
I canali distributivi rappresentano le decisioni relative ai percorsi che un prodotto compie, per
giungere dal produttore al consumatore, e a tutte le politiche da attivare per assicurarsi la collaborazione attiva di tutti gli intermediari commerciali.
Tutti i mezzi per mantenere i collegamenti tra il produttore ed il consumatore finale, rappresentano invece l’organizzazione di vendita.
Esistono differenti tipi di canali distributivi, determinati dal numero di transizioni che il prodotto
deve subire per arrivare al cliente finale.
Canale diretto (produttore – consumatore). Permette al consumatore finale di acquistare direttamente il prodotto dall’azienda produttrice. In questo caso il consumatore
si rivolge direttamente al produttore senza l’intermediazione di figure che non siano diretti
dipendenti dell’azienda. Questo tipo di vendita permette all’azienda di coltivare un rapporto diretto con il consumatore e nello stesso tempo di scavalcare gli eventuali costi aggiuntivi
che comporterebbero gli intermediari della distribuzione (spacci aziendali, telemarketing,
mailing, e-mailing).
Canale corto (produttore – punto vendita – consumatore). Si inserisce una figura intermedia tra produttore e consumatore; il punto vendita al dettaglio si fornisce dalle
aziende produttrici e si preoccupa della distribuzione al consumatore finale.
Canale lungo (produttore – grossista – punto vendita – consumatore). Un’ulteriore figura, il grossista, funge da intermediario tra il punto vendita al dettaglio e il produttore; si tratta di un distributore generalmente specializzato in una determinata categoria
merceologica e che non vende sempre il prodotto singolarmente, ma in stock. Il punto di
vendita al dettaglio si rivolge ai grossisti per rifornirsi di prodotti appartenenti alle diverse
categorie merceologiche, così da offrire al cliente più opportunità per soddisfare i diversi
bisogni e perciò maggiori occasioni di vendita.
La comunicazione (promotion)
Le variabili che compongono il mix includono le tecniche di incentivazione delle vendite che
vengono comunicate al relativo target; la comunicazione pubblicitaria adempie al compito utilizzando tutti i mezzi di comunicazione di massa per raggiungere tutti consumatori. Semplificando al massimo, le comunicazioni rappresentano gli strumenti attraverso i quali si determina
il successo di ogni prodotto, ovvero si costruisce l’immagine pubblica dell’azienda e si sostiene la
forza di vendita utilizzando le opportune strategie di vendita.
Nell’ambito degli obbiettivi generali della comunicazione, ogni azienda è interessata al raggiungimento di obiettivi specifici, quali la diffusione di informazioni, l’accrescimento della propria
notorietà, la creazione e il mantenimento della differenziazione.
Poiché la comunicazione pubblicitaria è progettata e realizzata da professionisti della comunicazione pagati dal soggetto promotore, difficilmente potrà mai essere obbiettiva; generalmente
nasce sempre dal punti di vista dell’azienda ed è perciò una comunicazione di parte, che cerca di
contribuire allo sviluppo degli interessi aziendali. Si articola comunque su due componenti fondamentali – una emotiva (persuasione) e una razionale (informazione) – e si avvale di diverse
tecniche.
Con il termine “persuasione” si intende la capacità di influenzare non solo il pensiero, le opinioni
e le idee delle altre persone, ma addirittura il comportamento.
Con il termine “informazione” si intende l’esposizione dei dati relativi a elementi concreti del
prodotto (ad esempio il suo funzionamento).
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Il prodotto nella fase di introduzione viene adattato per incontrare le esigenze del consumatore, rimane pressoché inalterato
nella fase di crescita per essere nuovamente modificato nella fase
di maturità.
Il prezzo nella fase di introduzione viene opportunamente
selezionato per una penetrazione estensiva (basso, con modeste possibilità per la concorrenza, ma con bassi profitti) o una
penetrazione selettiva (alto, con un lento processo di adozione
da parte dei potenziali consumatori, ma con alti profitti e forte
presenza concorrenziale); nella fase di maturità e in quella di declino si tende a ridurre i prezzi ed a salvaguardare i profitti, che
vanno sostenuti con interventi sull’immagine del prodotto con
differenziazioni tecniche, qualitative e psicologiche.
La distribuzione nella fase di introduzione richiede scelte selettive: pochi punti vendita che si dimostrano particolarmente
attivi; nella fase di crescita ed in quella di maturità si richiedono
scelte estensive per collocare il prodotto nel maggior numero di
punti vendita.
Fasi del ciclo di vita del prodotto
introduzione
sviluppo
maturità
declino
alto
medio
basso
in aumento
minima
frequente
scarsa
nessuna
trascurabili
alti
medi
bassi
ai canali di
distribuzione
ai canali di
distribuzione
ai consumatori ed ai
canali di distribuzione
ai canali di
distribuzione
semplice
della seconda
generazione
articolata e spesso
sofisticata
elementare ed
essenziale
sovracapacità
sovracapacità
equilibrio
variabile
scadente
buona
eccellente
alterna
PREZZO
prezzo
riduzione dei costi
profitti
incentivi
PRODOTTO
configurazione
capacità produttiva
qualità tecnica
DISTRIBUZIONE
canale di
distribuzione
pochi
molti e con scarse
concessioni
molti e con poche
concessioni
pochi e in
diminuzione
promozione delle
vendite
molta
moderata
rilevante
minima
concorrenza
poca
abbastanza numerosa
molta
minima e in
diminuzione
di tipo innovativo
di un mercato di
massa
di un mercato di
massa
in basso numero
contenuti della
pubblicità
consapevolezza
superiorità
competitività dei
prezzi
differenziazione
della marca
approccio della
comunicazione
sul prodotto
sulla marca
sulla marca
sulla specializzazione
COMUNICAZIONE
rivolta ai consumatori
Nella tabella le fasi del ciclo sono riportate come se avessero la stessa durata, ma il realtà ogni fase dura in
modo differente a seconda dei diversi tipi di prodotto e di mercato.
14
2. Marketing