I dialogi Dieci opere filosofiche suddivise in 12 libri, senza datazione. • Cicerone o Platone : 2 o più personaggi in una cornice storica Seneca ha come unico dedicatario il destinatario dell’opera. • Impianto diatriba : rivolgersi direttamente al dedicatario, domande e obiezioni fittizie. Isoliamo 3 testi che fanno parte del genere della CONSOLATIO : Consolatio ad Marciam, ad Polibium, ad Elviam matrem. Gli altri 7 sono testi di filosofia morale. Le "Consolationes": erano dei trattati filosofici il cui principale esempio è rappresentato da Cicerone. (1) La prima scritta da Seneca è la "Consolatio ad Marciam", la cui data di composizione è il 37, anno dell'inizio del principato di Caligola. Marzia, la destinataria di questa "Consolatio" era una donna nobile, e lo scopo dell'opera è consolarla per la morte del figlio. Il mezzo argomentativo scelto da Seneca è l'idea che la morte non è un male, specialmente per chi, come il figlio di Marzia, aveva vissuto con onore la propria vita, tanto da meritare forse una ricompensa nella vita ultraterrena. (2) La seconda è la "Consolatio ad Helviam matrem", scritta intorno al 42, durante l'esilio. Il destinatario è la propria madre Elvia, che Seneca vuole consolare per la sofferenza derivante dalla sua lontananza e rassicurare sulla sua situazione. In realtà c'è anche un altro scopo: quello di mostrarsi come un uomo saggio che riesce a sopportare bene le situazioni difficili come appunto l'esilio. L'argomentazione che Seneca usa è che l'esilio non è un male, ma soltanto un cambiamento di luogo, non di stato interiore, e non può togliere il vero bene che è appunto la virtù interiore; inoltre il saggio è cittadino del mondo e quindi si trova bene in qualunque luogo. (3) La terza è la "Consolatio ad Polybium", scritta anch'essa durante l'esilio. Le argomentazioni sono simili a quelle della prima: la morte è il passaggio a migliore vita. I dialoghi- trattati I. "De ira" risale al 41 quindi è successivo alla morte di Caligola. Lo scopo di questo dialogo è quello di aiutare a combattere l'ira che secondo Seneca, e secondo tutti gli stoici, è una passione terribile, in quanto offusca la ragione che è la facoltà più importante dell'uomo, causando l’allontanamento dall’autarkeia. Saggio è proprio chi controlla l’ira con il logos. Un esempio di personaggio "affetto" dall' ira è l'imperatore Caligola, definito da Seneca "una belva crudele". II. "De brevitate vitae", letteralmente "Sulla brevità della vita",( titolo antifrastico) la cui data di composizione è il 49, successiva al ritorno di Seneca dall'esilio. E ' un trattato a tesi dedicato all'amico Paolino e lo scopo è quello di confutare l'idea comune secondo la quale la vita sarebbe troppo breve. Per dimostrare ciò Seneca usa due argomentazioni: una è che in realtà, se la si usa bene, la vita è sufficientemente lunga, l'altra è che questa idea sbagliata nasce da quelle persone che Seneca chiama gli "occupati" cioè coloro che ricercano la felicità fuori da sé stessi e di conseguenza sprecano la loro vita, la cui durata quindi diventa troppo breve, in quanto in realtà non è pienamente vissuta. III. "De vita beata" letteralmente "Sulla vita felice" o "Sulla felicità" ( titolo in antitesi con ciò che vive, difatti è un periodo difficile per lui. Risale al periodo in cui Seneca era correggente dell'impero insieme a Nerone. Nella prima parte, a carattere teoretico, Seneca espone la dottrina stoica, distinguendola da quella epicurea: la felicità è vivere secondo natura e mantenendo la virtù. Molto diverso dalla tesi epicurea, che polemizza poiché il sommo bene viene identificato nel piacere ( voluptas). La seconda parte ha invece implicazioni personali, poiché Seneca respinge le critiche di chi incolpa i filosofi d’incoerenza. Per difendersi da queste accuse sviluppa l'argomentazione secondo la quale il saggio non ha bisogno della ricchezza, ma preferisce comunque essere ricco per essere libero da impegni e potersi dedicare a se stesso e al proprio perfezionamento morale, inoltre sostiene che la filosofia è ricerca e viene impiegata durante la vita per un raggiungimento dell’obiettivo. IV. “De tranquillitate animi” risale al periodo della correggenza con Nerone, è dedicato all'amico Anneo Sereno e lo scopo è quello di aiutare l'amico a superare una situazione di confusione interiore. Forse Anneo è paradigma del filosofo, che sta progredendo sulla via della filosofia stoica ma che ha ancora molti tentennamenti. V. Il “De otio” risale al 62 quindi all'inizio del ritiro di Seneca; infatti l'autore ha come scopo quello di stabilire se l'otium (il tempo dedicato al perfezionamento morale) sia preferibile al negotium (l'impegno politico). La risposta di Seneca è che il saggio, quando è possibile, deve dedicarsi all'otium, dal momento che in nessuno stato esistono le condizioni affinchè il filosofo si possa impegnare politicamente senza trovarsi costretto ad agire contro i suoi stessi principi. VI. Speculare al precedente, nel “ De constantia sapientis “, cioè "Sulla forza del saggio", anch'esso di incerta datazione, dedicato a Sereno, Seneca ha come scopo quello di dimostrare che il saggio, l'uomo ideale, non può essere colpito da nessuna offesa perché la sua forza interiore ("atarassìa, imperturbabilità") lo rende invulnerabile. VII. Nel“De providentia “, di incerta datazione, dedicato all'amico e discepolo Lucilio, Seneca si propone lo scopo di rispondere a questo problema posto da Lucilio: "Perché i buoni vengono puniti se è vero che l'universo è retto dal Logos universale e provvidente?" Seneca risponde che quelli che i buoni subiscono non sono mali ma prove che gli dei mandano per renderli più forti.