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microbioma intestinale

Il quarto
organo
UN RUOLO
ESSENZIALE
Il microcosmo
che abita il nostro
intestino svolge
diverse funzioni
importanti.
Il benessere
passa dall’intestino
Il microbiota intestinale è un vasto ecosistema che influisce sulla nostra salute.
Come prendersene cura? Mangiando in modo variato. Nell’attesa che la ricerca trovi rimedi mirati.
di Simona Ovadia
N
ell’intestino dell’uomo è presente
il microbiota intestinale: una
popolazione di microbi che
svolge tantissime attività. Pesa circa un
chilogrammo e mezzo ed è composto
da moltissime specie di batteri. Il ruolo
di questi microrganismi è considerato
dalla scienza talmente importante che
non è raro sentire parlare di microbiota
come di un organo in sé, in grado di
influenzare non solo la nostra salute
fisica, il metabolismo, il peso e il sistema
immunitario, ma anche quella mentale,
perché interagisce con il sistema nervoso
centrale e il cervello. Negli ultimi anni,
la ricerca si è molto focalizzata su questo
micromondo. In particolare, si sta
cercando di capire se l’impoverimento
del microbiota, riscontrato in alcuni
malati, possa essere la causa e non
solo la conseguenza di alcune malattie
tipiche della nostra epoca, come il
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Qual è la differenza?
Probiotici e prebiotici sono entrambi elementi essenziali per la flora batterica intestinale.
Ma mentre i primi sono microrganismi vivi, i secondi sono le fibre che li nutrono.
PROBIOTICI
Che cosa sono? I probiotici, sono microrganismi vivi,
generalmente batteri o lieviti, che se ingeriti sono in
grado di superare indenni la barriera acida dello stomaco
e arrivare vitali nell’intestino, dove si pensa possano
arricchire (anche se temporaneamente) la flora intestinale
e supportarla nelle sue funzioni. I probiotici non sono
essenziali se si è sani e si segue una dieta equilibrata.
Dove si trovano? I cibi più ricchi di probiotici sono i
latticini ai quali sono stati aggiunti probiotici.
Possono svilupparsi naturalmente anche in alcuni cibi
fermentati, come il kimchi (piatto coreano a base di
verdure fermentate) e il kefir (latte fermentato).
I probiotici, farmaci o integratori, si trovano anche in
farmacia.
Come riconoscere un alimento probiotico? Lo
yogurt classico non contiene microrganismi probiotici.
I suoi lattobacilli, cioè Lactobacillus bulgaricus e
Streptococcus thermophilus, non sopravvivono al
passaggio nello stomaco e non riescono ad arrivare
vivi fino all’intestino. Nei latti fermentati, invece, ci sono
microrganismi probiotici come i bifidobatteri o altri
ceppi di Lactobacillus che sono in grado di arrivare vivi
all’intestino. Nelle linee guida sui probiotici del ministero
della Salute è specificato che, per essere considerato
probiotico, un prodotto deve contenere un miliardo di
cellule vive per dose giornaliera.
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Dove si trovano? I prebiotici si trovano naturalmente
negli alimenti. I cibi che ne contengono di più sono:
cicoria, carciofi, tarassaco, aglio, porro, asparagi, crusca
e banane. Il latte materno è una fonte ricchissima di
prebiotici.
PREBIOTICI
Che cosa sono? Sono fibre alimentari solubili che si
trovano nella frutta, per esempio nella banana, e nella
verdura (negli asparagi, nella cipolla, nelle carote…). Le
più importanti sono i cosiddetti oligosaccaridi , fruttooligo-saccaridi (FOS), l’inulina, una fibra di origine
vegetale che viene estratta dalla radice della cicoria,
e i galatto-oligosaccaridi. Queste fibre non vengono
digerite durante il transito nel canale intestinale e,
giunte nel colon, stimolano lo sviluppo e la crescita
dei microrganismi che colonizzano il nostro intestino.
Possiamo considerare i prebiotici come il “nutrimento”
dei batteri probiotici.
Che cosa cercare in etichetta? Le fibre prebiotiche
possono anche essere aggiunte nei cibi trasformati
e quindi citate nell’elenco degli ingredienti, ma non
possono essere pubblicizzate in etichetta con frasi che
fanno riferimento al benessere o alla salute. Per questo, la
parola “prebiotici” è raramente usata sulle etichette, ma
è possibile trovare: Galatto-oligosaccaridi (GOS), Fruttooligosaccaridi (FOS), Oligo-fruttosi (OF), Fibre, Inulina.
Integratori
di fermenti
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cancro al colon, le malattie autoimmuni,
l’obesità, la depressione e le malattie
neurodegenerative. Se fosse così,
basterebbe modificarlo per guarire. Più
facile a dirsi che a farsi: la ricerca spinge,
ma la chiave non è ancora stata trovata.
Dal microbiota al microbioma
«Bisogna allargare lo sguardo non
soltanto al microbiota, cioè ai singoli
microrganismi che popolano il nostro
intestino, ma soprattutto al “microbioma”,
cioè all’insieme delle interazioni tra
questa popolazione microscopica e
le nostre cellule», spiega Vincenzo
Di Marzo, direttore dell’Unità mista
internazionale di ricerca chimica e
biomolecolare sul microbioma del
Cnr di Pozzuoli. Partiamo dall’inizio e
cerchiamo di capire meglio. «Il nostro
organismo è popolato da un insieme
di microrganismi, batteri, virus, lieviti,
che hanno colonizzato come risultato
di un processo evolutivo i nostri tessuti,
creando una relazione di simbiosi con
l’ospite. Si parla di microbiota intestinale
quando ci si riferisce ai microrganismi
che hanno colonizzato l’intestino, ma
esistono anche altri tipi di microbiota
(della pelle, delle vie respiratorie, degli
organi riproduttivi...). Si tratta di un
processo di colonizzazione che non è
casuale, ma dipende da fattori genetici e
ambientali. Per l’intestino, per esempio,
dipende molto da quello di cui ci
cibiamo», racconta Di Marzo.
«Il microbioma è invece l’insieme di
questi microrganismi e di tutto quello
che loro rappresentano dal punto di vista
molecolare: i loro geni, le proteine... È
l’insieme dei prodotti molecolari del
microbiota, cioè appunto il microbioma,
che influisce sui nostri processi
fisiologici. Si è visto, per esempio, che
persone con un microbiota diverso
possono avere un microbioma simile. Per
questo è importante studiare non solo i
singoli microrganismi, ma tutte le loro
complesse interazioni e questo richiede
di elaborare una tale quantità di dati - i
cosiddetti big data - che solo l’avvento
dei computer di nuova generazione ha
La scienza
dei probiotici
è giovane
ma promettente
ITALIA AL
PRIMO POSTO
Il mercato italiano
dei probiotici vale
500 milioni di euro
ed è il principale in
Europa.
consentito di farlo. L’importanza del
ruolo del microbioma sulla nostra salute
è assodata da molti anni: adesso abbiamo
gli strumenti per accelerare il percorso
verso le applicazioni pratiche di queste
conoscenze», spiega il ricercatore.
Ama la dieta variata
Vincenzo Di Marzo,
Direttore dell’Unità
Mista Internazionale
di Ricerca Chimica
e Biomolecolare
sul Microbioma,
Consiglio Nazionale
delle Ricerche
(Pozzuoli, Napoli)
e Université Laval,
Quebec City,
Canada
Questo microcosmo è di grande utilità,
perché contribuisce a svolgere alcune
funzioni che il nostro organismo non
sarebbe in grado di compiere da solo. Per
esempio aiuta ad adattarci a diete diverse
e a mantenere sani alcuni organi, come
l’intestino. Ma il microbiota interagisce
anche con il nostro sistema immunitario,
fornendogli molecole utili al suo
sviluppo. «I microrganismi che ospitiamo
hanno dovuto stabilire un “patto” per
non essere cacciati dalle nostre difese.
Questo patto è proficuo per entrambi»,
spiega ancora Di Marzo.
Come facciamo, dunque a mantenere
sana questa relazione?
«Abbiamo scoperto soltanto la punta
dell’iceberg, ma una cosa è certa: al
microbiota non piace che si mangi
sempre la stessa cosa. Bisogna variare
l’alimentazione per arricchire e
diversificare i microrganismi. La chiave
sta nella diversità: quanto più è alta
la diversità del microbiota, quanto
più è sano. Non a caso chi è affetto da
patologie intestinali generalmente ha un
microbiota povero, con poche specie. I
consigli a livello dietetico sono semplici:
la dieta mediterranea prevale su tutto,
grazie alla presenza di fibre complesse
e omega 3, molto amate da questi
microrganismi», puntualizza Di Marzo.
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Si studiano nuove terapie
Lo stato dell’arte
L’uso de probiotici
nelle cure
Malattie infiammatorie dell’intestino e colon irritabile
Uno degli ambiti in cui si utilizzano maggiormente gli
integratori a base di probiotici è quello delle malattie
croniche infiammatorie dell’intestino, malattia di Crohn e
colite ulcerosa, e nel colon irritabile. I risultati degli studi
sull’efficacia dei probiotici nel trattamento di queste
malattie, tuttavia, sono confusi: alcuni studi hanno
mostrato un miglioramento delle condizioni dei pazienti,
mentre altri non hanno mostrato alcun beneficio. Il motivo
potrebbe essere il fatto che sono state utilizzate diverse
specie o ceppi di probiotici, e diversi metodi di analisi.
Le linea guida per le malattie infiammatorie croniche
dell’intestino indicano comunque l’uso di probiotici, in
particolare di combinazioni di diversi ceppi.
Obesità e diabete Negli ultimi anni è stata prestata
attenzione al ruolo potenziale del microbiota intestinale
nello sviluppo dell’obesità e del conseguente diabete.
Diversi studi hanno mostrato che le persone obese
possono avere una diversa composizione del microbiota
intestinale rispetto alle persone normopeso. Inoltre
si sa che i batteri fecali possono svolgere un ruolo
fondamentale nel modulare il metabolismo energetico. Per
questi motivi, la rimodulazione del microbiota intestinale
con i probiotici è stata considerata un possibile metodo
per prevenire e curare l’obesità e il diabete che ne
consegue. Nonostante sia disponibile una grande quantità
di dati, l’uso di probiotici per prevenire e curare l’obesità e i
relativi problemi rimane oggetto di discussione.
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Se il microbiota è alterato o impoverito e
dà problemi di tipo intestinale e non solo
come si ripristina l’equilibrio?
«Ci sono diversi modi per modificare
il microbiota in modo selettivo. Il più
chiaro è usando gli antibiotici, che
eliminano i batteri nocivi. L’altro invece
è l’approccio contrario, che prevede
l’integrazione di probiotici. Qui però
entriamo in un ambito più nebbioso,
perché è stato dimostrato che raramente
le specie che ingeriamo colonizzano in
maniera significativa il nostro intestino.
Tuttavia se ne stanno studiando molte:
per esempio ora ci sono aspettative per
l’Akkermansia Muciniphila, un probiotico
recentemente scoperto in Belgio che
sembra essere utile per trattare l’obesità e
il diabete di tipo 2», spiega l’esperto.
«Un’ultima strategia è il trasferimento
fecale, un trattamento medico in
cui viene “infuso” un microbiota di
donatore sano in una persona malata.
Si usa, per esempio, per curare la
colite da Clostridium difficile, ma si
sta sperimentando anche sulla colite
ulcerosa, l’obesità, il diabete e persino
sull’autismo. Siamo però solo all’inizio
del percorso: per saperne di più servono
altre ricerche e sperimentazioni
cliniche», conclude Di Marzo.
Nell’attesa che la ricerca dia i suoi frutti,
le regole da seguire per mantenere
in salute il microbiota sono semplici:
seguire una dieta sana e variata, ricca di
fibre, e non dimenticare l’esercizio fisico.
I batteri buoni amano anche quello.
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