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principio di induzione

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Il principio d'induzione (da non confondersi con il metodo di induzione) è un enunciato sui numeri naturali
che in matematica trova un ampio impiego nelle dimostrazioni, per provare che una certa proprietà è valida
per tutti i numeri interi. L'idea intuitiva alla sua base è l'"effetto domino": affinché le tessere da domino
disposte lungo una fila cadano tutte sono sufficienti due condizioni:
che cada la prima tessera
che ogni tessera sia posizionata in modo tale che cadendo provochi la caduta della successiva.
Il principio d'induzione estende quest'idea al caso in cui la fila sia composta da infinite tessere.
Indice
1
Enunciato formale
2
Storia
3
Dimostrazioni per induzione
3.1
Esempio
4
Il principio d'induzione forte
4.1
Utilità del principio di induzione forte
5
Forme equivalenti del principio d'induzione
6
L'induzione è un assioma o un teorema?
7
Generalizzazioni
7.1
Base di partenza diversa da zero
7.2
Induzione transfinita
8
Errori e fraintendimenti
9
Note
10
Voci correlate
11
Collegamenti esterni
Enunciato formale
Il principio d'induzione asserisce che se {\displaystyle P}P è una proprietà che vale per il numero 0, e se
{\displaystyle P(n)\Rightarrow P(n+1)}{\displaystyle P(n)\Rightarrow P(n+1)} per ogni {\displaystyle n}n,
allora {\displaystyle P(n)}P(n) vale per ogni {\displaystyle n}n.
In simboli:
{\displaystyle (\forall P)[P(0)\land (\forall k\in \mathbb {N} )(P(k)\Rightarrow P(k+1))]\Rightarrow (\forall
n\in \mathbb {N} )[P(n)]}{\displaystyle (\forall P)[P(0)\land (\forall k\in \mathbb {N} )(P(k)\Rightarrow
P(k+1))]\Rightarrow (\forall n\in \mathbb {N} )[P(n)]}
dove {\displaystyle k}k e {\displaystyle n}n sono numeri naturali.
Storia
La prima attestazione specifica del principio è del 1861, a opera di Robert Grassmann[1]. Il suo primo
utilizzo in una dimostrazione risale al 1575 da parte dell'italiano Francesco Maurolico[2]. Nel XVII secolo
Pierre de Fermat ne raffinò l'utilizzo formulandolo come principio della discesa infinita[2], e la nozione
compare anche chiaramente nei lavori più tardi di Blaise Pascal (1653)[2]. L'espressione "induzione
matematica" apparentemente sembra essere stata coniata dal logico e matematico A. De Morgan nei primi
del XIX secolo[2]. La sua formulazione completa, usata ancora oggi, è essenzialmente quella data da
Giuseppe Peano nei suoi Arithmetices Principia, pubblicati nel 1889. Il principio d'induzione deriva
direttamente dal quinto assioma di Peano, ed è ad esso equivalente: assumendolo cioè come assioma, ne
deriva il quinto assioma di Peano.
Dimostrazioni per induzione
Il principio d'induzione offre un importante strumento per le dimostrazioni. Per dimostrare che un certo
asserto {\displaystyle P(n)}P(n) in cui compare un numero naturale {\displaystyle n}n vale per qualunque
{\displaystyle n\in \mathbb {N} }n\in \mathbb{N} si può sfruttare il principio d'induzione nel seguente
modo:
Si pone {\displaystyle U=\{n\in \mathbb {N} :{\mbox{vale }}P(n)\}}{\displaystyle U=\{n\in \mathbb {N}
:{\mbox{vale }}P(n)\}},
si dimostra che vale {\displaystyle P(1)}P(1) (o {\displaystyle P(0)}P(0)), cioè che {\displaystyle 1}1 (o
{\displaystyle 0}{\displaystyle 0}) è nel sottoinsieme dei numeri naturali {\displaystyle U}U per cui vale
{\displaystyle P(n)}P(n);
si assume come ipotesi che l'asserto {\displaystyle P(n)}P(n) valga per un generico {\displaystyle n}n e da
tale assunzione si dimostra che vale anche {\displaystyle P(n+1)}P(n+1) (cioè che {\displaystyle n\in
U\Rightarrow n+1\in U}n\in U\Rightarrow n+1\in U)
e quindi si conclude che l'insieme {\displaystyle U}U dei numeri per cui vale {\displaystyle P(n)}P(n) coincide
con l'insieme dei numeri naturali. Il punto 1 è generalmente chiamato base dell'induzione, il punto 2 passo
induttivo.
Un modo intuitivo con cui si può guardare a questo tipo di dimostrazioni è il seguente: se disponiamo di
una dimostrazione della base
{\displaystyle P(0)}P(0)
e del passo induttivo
{\displaystyle \forall n\,P(n)\Rightarrow P(n+1)}\forall n\,P(n)\Rightarrow P(n+1)
allora chiaramente possiamo sfruttare queste dimostrazioni per dimostrare {\displaystyle P(1)}P(1) usando
la regola logica modus ponens su {\displaystyle P(0)}P(0) (la base) e {\displaystyle P(0)\Rightarrow
P(1)}P(0)\Rightarrow P(1) (che è un caso particolare del passo induttivo per {\displaystyle n=0}n=0), poi
possiamo dimostrare {\displaystyle P(2)}P(2) poiché adesso usiamo il modus ponens su {\displaystyle
P(1)}P(1) e {\displaystyle P(1)\Rightarrow P(2)}P(1)\Rightarrow P(2), così per {\displaystyle P(3)}P(3),
{\displaystyle P(4)}P(4), eccetera... è chiaro a questo punto che possiamo produrre una dimostrazione in un
numero finito di passi (eventualmente lunghissimo) di {\displaystyle P(n)}P(n) per qualunque numero
naturale {\displaystyle n}n, da cui deduciamo che {\displaystyle P(n)}P(n) è vero per ogni {\displaystyle n\in
\mathbb {N} }n\in \mathbb{N} .
Esempio
Dimostriamo che vale l'asserto: per ogni {\displaystyle n\in \mathbb {N} }n\in {\mathbb N} risulta:
{\displaystyle 1+2+3+4+...+n={\frac {n(n+1)}{2}}}1+2+3+4+...+n={\frac {n(n+1)}{2}}.
Abbiamo in questo caso definito {\displaystyle P(n)=1+2+3+4+...+n={\frac
{n(n+1)}{2}}}P(n)=1+2+3+4+...+n={\frac {n(n+1)}{2}}.
Base dell'induzione: l'affermazione {\displaystyle P(n)}P(n) è vera per {\displaystyle n=1}n = 1, infatti, per
sostituzione, si verifica che {\displaystyle P(1)={\frac {1\cdot (1+1)}{2}}={\frac {1\cdot 2}{2}}=1}P(1)={\frac
{1\cdot (1+1)}2}={\frac {1\cdot 2}2}=1
Passo induttivo: dobbiamo mostrare che per ogni n la validità della formula, cioè che {\displaystyle
P(n)={\frac {n(n+1)}{2}}}P(n)={\frac {n(n+1)}{2}}, implica che la formula valga anche per n+1 oppure,
esplicitamente:
{\displaystyle {\frac {n(n+1)}{2}}\quad \Rightarrow \quad {\frac {(n+1)((n+1)+1)}{2}}}{\frac
{n(n+1)}{2}}\quad \Rightarrow \quad {\frac {(n+1)((n+1)+1)}{2}}
la dimostrazione di questa affermazione diventa più semplice dopo aver premesso che sommare i primi n+1
numeri interi equivale ad aggiungere n+1 alla somma dei primi n numeri interi, cioè che:
{\displaystyle \ P(n+1)=1+2+3+4+...+n+(n+1)=P(n)+(n+1)}\ P(n+1)=1+2+3+4+...+n+(n+1)=P(n)+(n+1)
quindi la dimostrazione che cerchiamo si ottiene aggiungendo n+1 a {\displaystyle P(n)}P(n) e verificando
che il risultato coincida con {\displaystyle P(n+1)}P(n+1) i passaggi algebrici sono dunque:
{\displaystyle P(n)+(n+1)=1+2+3+4+...+n+(n+1)={\frac {n(n+1)}{2}}+(n+1)={\frac {n(n+1)+2(n+1)}{2}}={\frac
{(n+1)(n+2)}{2}}=}P(n)+(n+1)=1+2+3+4+...+n+(n+1)={\frac {n(n+1)}{2}}+(n+1)={\frac
{n(n+1)+2(n+1)}{2}}={\frac {(n+1)(n+2)}{2}}=
{\displaystyle ={\frac {(n+1)((n+1)+1)}{2}}=P(n+1)}={\frac {(n+1)((n+1)+1)}{2}}=P(n+1).
Questo conclude la dimostrazione del passo induttivo.
Avendo dunque verificato la validità sia della base dell'induzione che del passo induttivo, possiamo
concludere che la formula
{\displaystyle 1+2+3+4+...+n={\frac {n(n+1)}{2}}}1+2+3+4+...+n={\frac {n(n+1)}{2}}
è vera per ogni {\displaystyle n\in \mathbb {N} }n\in {\mathbb N}.
Il principio d'induzione forte
Il principio d'induzione forte deriva da una versione con ipotesi apparentemente più restrittive del quinto
assioma di Peano, ma equivalente: se {\displaystyle U}U è un sottoinsieme dell'insieme {\displaystyle
\mathbb {N} }\mathbb N dei numeri naturali tale che
{\displaystyle U}U contiene {\displaystyle 1}1 (o {\displaystyle 0}{\displaystyle 0}),
se {\displaystyle U}U contiene tutti i numeri minori di {\displaystyle n}n allora contiene anche {\displaystyle
n}n
allora {\displaystyle U=\mathbb {N} }U={\mathbb N}
La parola "forte" è legata al fatto che questa formulazione richiede delle ipotesi apparentemente più forti e
stringenti per inferire che l'insieme {\displaystyle U}U coincide con {\displaystyle \mathbb {N} }\mathbb N:
per ammettere un numero nell'insieme è richiesto infatti che tutti i precedenti ne facciano già parte (e non
solo il numero precedente). In pratica, la proprietà {\displaystyle {\mathcal {P}}}{\mathcal {P}} deve valere
non solo per n, ma per ogni {\displaystyle x\in \mathbb {N} :x<n}x\in {\mathbb N}:x<n. Non è difficile
dimostrare la sua equivalenza logica con il principio d'induzione, ragionando così: se vale per 1 (o 0), vale
anche per il suo successore, e per il successore di quest'ultimo, etc., fino a n. Inoltre, se la proprietà vale per
ogni numero minore di n, vale anche per 1 (o 0), e se vale per b, vale anche per b+1 ≤ n, ed è perciò
equivalente al principio d'induzione.
Utilità del principio di induzione forte
Questa formulazione, talvolta, rende più agevoli le dimostrazioni per induzione, data la possibilità di
disporre di una platea più ampia di ipotesi (tutti i numeri minori di {\displaystyle n}n) per la dimostrazione
del successivo "passo induttivo". Questo si verifica, ad esempio, nella dimostrazione della fattorizzabilità
dei numeri interi (v. teorema fondamentale dell'aritmetica): laddove, nella dimostrazione, si voglia usare il
principio d'induzione, la regressione da un numero n a fattori più piccoli non porta al numero precedente m
ma a numeri più piccoli. In tal caso il principio di induzione debole non sarebbe utile. La stessa situazione si
incontra nella fattorizzazione dei polinomi.
Forme equivalenti del principio d'induzione
In totale le forme del principio d'induzione sono 4:
induzione classica
induzione estesa
principio del minimo intero
principio della discesa infinita
Queste forme sono equivalenti nel senso che assumendone vera una si possono dimostrare le altre tre.
L'induzione è un assioma o un teorema?
Generalmente, il principio d'induzione è indicato come assioma dei numeri naturali: a volte viene
considerato al posto del quinto assioma di Peano, ottenendo un modello equivalente, in quanto, come
detto in precedenza, i due sono equivalenti. La teoria che si ottiene considerando gli assiomi classici di
Peano formalizzati (cioè gli assiomi dell'aritmetica di Peano) eccettuato il principio d'induzione viene
chiamata aritmetica di Robinson ed ammette modelli alternativi in cui il principio d'induzione è falso.
Esistono però alcuni sistemi logici in cui esso può essere dimostrato: ad esempio, quando viene usato
l'assioma
L'insieme dei numeri naturali è bene ordinato
ovvero
Ogni sottoinsieme non vuoto dell'insieme dei numeri naturali ha un numero minimo
noto anche come principio del buon ordinamento per i numeri naturali. In realtà, questo assioma
aggiuntivo è una formulazione alternativa del principio d'induzione matematica: i due assiomi sono infatti
equivalenti.
Infatti se un insieme non vuoto non ha minimo lo 0 non gli appartiene. Assumendo poi che numeri inferiori
a m numeri non gli appartengono, allora anche m non gli appartiene (altrimenti sarebbe il minimo.
Applicando l'induzione forte si ottiene che nessun numero gli appartiene.
Viceversa, dato un insieme goda delle due proprietà enunciate dal principio d'induzione senza coprire tutto
{\displaystyle \mathbb {N} }\mathbb N. Esisterà, per il buon ordinamento, il minimo numero che non gli
appartiene e sia questo m. Allora m non può essere 0. Il suo precedente m-1 non rispetta l'ipotesi induttiva.
Tuttavia, in alcuni casi il principio d'induzione non è considerato assioma, ciò dipende da come è definito
l'insieme dei numeri naturali. Se definisco l'insieme {\displaystyle \mathbb {N} }\mathbb N per via
assiomatica (con gli assiomi di Peano) avrò che il principio d'induzione è un assioma, come
precedentemente detto, viceversa se definisco l'insieme {\displaystyle \mathbb {N} }\mathbb N come il più
piccolo insieme induttivo contenuto in {\displaystyle \mathbb {R} }\mathbb R, e più precisamente come
l'intersezione di tutti gli insiemi induttivi contenuti in {\displaystyle \mathbb {R} }\mathbb R, avrò che il
principio d'induzione non si potrà considerare un assioma non essendo l'insieme {\displaystyle \mathbb {N}
}\mathbb N definito per via assiomatica, ma sarà una conseguenza del fatto che {\displaystyle \mathbb {N}
}\mathbb N è il più piccolo insieme induttivo.
Generalizzazioni
Base di partenza diversa da zero
Una prima generalizzazione molto elementare consiste nel far partire l'induzione da un numero naturale k
diverso da zero. Ovvero: se vogliamo dimostrare che un enunciato {\displaystyle P(n)}P(n) vale per ogni
numero naturale {\displaystyle n}n maggiore o uguale di un numero prefissato {\displaystyle k}k
applichiamo la tecnica di dimostrazione per induzione considerando come base dell'induzione {\displaystyle
P(k)}P(k) anziché {\displaystyle P(0)}P(0).
Induzione transfinita
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Induzione transfinita.
Il principio d'induzione transfinita generalizza il principio d'induzione alla classe degli ordinali transfiniti On
(di cui i numeri naturali sono un sottoinsieme).
Esso afferma che se {\displaystyle U}U è un sottoinsieme della classe {\displaystyle On}On di tutti gli
ordinali che verifica le seguenti due proprietà:
{\displaystyle U}U contiene {\displaystyle 0}{\displaystyle 0},
ogni volta che {\displaystyle U}U contiene tutti gli ordinali {\displaystyle a}a minori di {\displaystyle b}b
allora {\displaystyle U}U contiene anche {\displaystyle b}b,
allora {\displaystyle U}U coincide con l'intera classe degli ordinali {\displaystyle On}On.
Il principio d'induzione transfinita, a differenza del principio d'induzione forte, è un principio strettamente
più potente del principio d'induzione, infatti esistono teoremi come il Teorema di Goodstein che possono
essere dimostrati per induzione transfinita ma non possono essere dimostrati mediante l'induzione
semplice.
Errori e fraintendimenti
Una classica applicazione sbagliata del principio d'induzione è la seguente "dimostrazione" che porta a
concludere che
Tutti i cavalli sono dello stesso colore
Ragioniamo per induzione sulla grandezza dei possibili insiemi di cavalli: dimostriamo che per ogni
{\displaystyle n\in \mathbb {N} }n\in {\mathbb N} vale {\displaystyle P(n)}P(n)="un insieme di {\displaystyle
n}n cavalli contiene tutti cavalli dello stesso colore":
1. Base dell'induzione: un insieme formato da un unico cavallo (n=1) contiene tutti cavalli dello stesso
colore.
2. Passo induttivo: supponiamo vero {\displaystyle P(n)}P(n)="un insieme di {\displaystyle n}n cavalli
contiene tutti cavalli dello stesso colore" e dimostriamo {\displaystyle P(n+1)}P(n+1): un insieme di
{\displaystyle n+1}n+1 cavalli si può guardare come l'unione di due insiemi di {\displaystyle n}n cavalli che
hanno in comune {\displaystyle n-1}n-1 elementi, quindi dall'ipotesi induttiva questi insiemi hanno tutti
cavalli dello stesso colore, e dal fatto che hanno intersezione non vuota deduciamo che tutti gli
{\displaystyle n+1}n+1 cavalli hanno lo stesso colore, cioè abbiamo dimostrato {\displaystyle P(n+1)}P(n+1).
Segue dal principio d'induzione che qualunque sia il numero di cavalli presenti al mondo, questi hanno tutti
lo stesso colore.
La dimostrazione del passo induttivo precedente è solo apparente: infatti per n=1 i due insiemi di n
elementi hanno in comune n-1 = 0 elementi e non si può quindi dedurre che n+1 = 2 cavalli abbiano lo
stesso colore.
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