NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto Subappalto “semifreddo” Subappalti, noli a caldo e a freddo, fornitura con posa in opera…… Ovvero, la confusione tutta italiana che consente di aggirare “legalmente”, in nome della libera iniziativa economica prevista dalla carta costituzionale, il divieto di cessione del contratto di appalto. NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto R ecentemente, ho avuto modo di interessarmi, sia pur a grandi linee, della disciplina di esclusione automatica prevista dall’art.21, comma 1-bis, della Legge 109/1994, degli effetti distorsivi che essa produce sull’importantissima fase dell’affidamento nonché delle misure (inutili o auspicabili) che dovrebbero diminuire l’attuale, agevole ed unanimemente conosciuta alterabilità del libero svolgimento degli incanti (Le Strade, maggio 2004, Appalti e collegamento sostanziale tra concorrenti). In tale occasione, analizzando particolari aspetti della vigente normativa in materia di appalti di lavori, è stato agevole evidenziarne alcuni limiti fondamentali capaci di trasformare la procedura di gara, ancorché involontariamente, in una sorta di rappresentazione teatrale dove - ferme restanti le diverse coreografie allestite dalle singole stazioni appaltanti - attori, trama e “coup de théätre” sembrano sempre più restare fedeli ad un copione scritto altrove e, inesorabilmente, destinato a superare, per numero di repliche, i successi dei più conosciuti musicals americani. I ben noti limiti del meccanismo algebrico elaborato dal legislatore per la, tutt’altro che casuale, individuazione dell’aggiudicatario, nel degradare l’importantissima fase dell’affidamento dei lavori pubblici ad un (inutile e penoso) esempio di puro formalismo bizantino (caratterizzato, per la maggior parte, dall’anacronistica ceralacca e dell’innumerevole serie di autocertificazioni o certificazioni), riescono, infatti, a connotare l’intero procedimento concorsuale di aneddoti addirittura tragicomici. Ecco, ad esempio, comparire, dal “plico debitamente sigillato su tutti i lembi di chiusura”, l’amministratore unico dell’impresa concorrente che presenta un certificato del Casellario Giudiziale fittofitto di annotazioni per minacce ma in possesso di una “regolare” certificazione SOA e di un porto d’armi mai ritirato dalla Prefettura competente, l’impresa qualificata per eseguire importi illimitati di Opere strutturali speciali rappresentata da una bucolica signora nata agli albori dell’inizio del secolo scorso e dalla firma incerta e tremolante o, ancora, i coniugi imprenditori che, pur di non incappare nelle ipocrite maglie del collegamento sostanziale, sono addivenuti ad un’apparente separazione consensuale nota, nell’ambiente, quasi quanto quello dei principi Carlo e Diana. Le devianze della normativa vigente, tuttavia, non riguardano solo la fase prodromica dell’affidamento dei lavori ma anche, purtroppo, quella della loro esecuzione. Spesso accade, infatti, che tutti i meccanismi creati per individuare un appaltatore qualificato, che possa garantire “l’affidamento dei lavori in assicurazione di qualità” (art.19, comma 1-quinquies, Legge 109/1994), si riducono all’inutile orpello di un palinsesto che poi, spesso, non verrà di fatto rispettato. L’INVOLUZIONE LEGISLATIVA SUL SUBAPPALTO Il quadro normativo che, oggi, disciplina il subappalto di lavori pubblici è costituito da un insie- me di norme di natura civile, amministrativa e penale, frutto dei ripetuti, incessanti e, a volte, contraddittori interventi con i quali il legislatore, nell’ultimo decennio, ha cercato di porre un freno alla sempre crescente infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici. Focalizzando la nostra attenzione sulla produzione legislativa più recente, si potrà osservare che le Leggi 415/1998 e 166/2002, meglio note come Merloni-ter e Merloni-quater, hanno modificato, innovandolo, l’art.18 della Legge 19.03.1990, n.55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso ed altre forme di pericolosità sociale), già rimaneggiato, in rapida successione, dall’art.22 della Legge 12 luglio 1991, n.203 e dall’art.34 del D.Lgs. 19 dicembre 1991, n.406. Ulteriori precisazioni alla disciplina in esame sono state apportate dal Regolamento di attuazione della legge-quadro (Dpr 21 dicembre 1999, n.554) quali la definizione delle categorie di lavori che le stazioni appaltanti devono indicare nel bando di gara e, conseguentemente, la determinazione delle relative quote subappaltabili; le modalità di subaffidamento di opere ed impianti speciali e l’espressa previsione di una formale istanza di autorizzazione al subappalto, di cui la legge lasciava solo intuire la necessità. L’attuale versione dell’art.18 della Legge 55/1990 prevede alcuni obblighi a carico sia del soggetto appaltante (indicare nel bando di gara la categoria prevalente con il relativo importo e tutte le altre categorie previste in progetto con i rispettivi importi; indicare nel bando di gara che si provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dei lavori dagli stessi eseguiti, o, in alternativa, che è fatto obbligo ai soggetti aggiudicatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi aggiudicatari via via corrisposti al subappaltatore) sia dell’appaltatore (indicare i lavori che si intende subappaltare all’atto della presentazione dell’offerta; depositare il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative lavorazioni; trasmettere la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore della cittadinanza italiana o di uno stato membro della Comunità Europea e la qualificazione, in base al Dpr 34/2000, per la categoria dei lavori da realizzare; non praticare per le opere affidate in subappalto prezzi unitari con un ribasso superiore al 20% dell’aggiudicazione; indicare nei cartelli esposti al cantiere i nominativi delle imprese subappaltatrici; rispettare tutte le norme previste per il trattamento economico degli operai e a sua volta pretendere il rispetto di tali obblighi dal subappaltatore nei confronti dei propri operai; constatare che il subappaltatore abbia realizzato il piano operativo di sicurezza). Non voglio dilungarmi, in tale sede, sui dettagli della vigente normativa né, tantomeno, sugli aspetti meramente procedurali dell’iter amministrativo finalizzato all’eventuale rilascio dell’autorizzazione a far eseguire alcune delle lavorazioni al subappal- Roberto Troccoli dottore commercialista 11/2004 LE STRADE 3 NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto tatore; desidero, invece, analizzare il fatto che tale peculiare disciplina, più che di un normale e progressivo affinamento della relativa normativa, appare il frutto di una inspiegabile ed innaturale involuzione legislativa, connotata da atteggiamenti ondivaghi e contraddittori che hanno, via via, allargato o ristretto le maglie attraverso cui deve, necessariamente, transitare il provvedimento autorizzatorio. Il 2° comma del succitato art.18 stabilisce che l’appaltatore (sia esso singolo, associato o consorziato) è tenuto ad eseguire in proprio le opere o i lavori compresi nel contratto e che questo non può essere ceduto, a pena di nullità. In realtà, la preferenza per l’esecuzione diretta dei lavori da parte dell’aggiudicatario non rappresenta, in alcun modo, una novità poiché tale principio generale era già presente, nel nostro ordinamento, sin dalla legge fondamentale sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, n.2248, quale conseguenza della natura almeno parzialmente fiduciaria del contratto di appalto. L’art. 339 della legge fondamentale vietava, infatti, il su- parte di quest’ultimo, dei requisiti soggettivi per l’iscrizione all’albo nazionale dei costruttori. L’autorizzazione non può essere rilasciata nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della L. 31 maggio 1965, n. 575.”) e b) con la citata Legge “antimafia” 55/1990, a subordinare l’autorizzazione al subappalto all’osservanza di requisiti e condizioni predeterminati, limitando le quote di lavori affidabili a terzi e sottoponendo all’applicazione della legge stessa gli altri contratti derivati che, per la prevalenza delle attività di manodopera, devono essere equiparati al subaffidamento di lavori. C’è chi, parlando addirittura di “ostracismo legislativo”, si dice convinto che le finalità perseguite dal legislatore debbano essere ricercate nell’esigenza di porre un freno all’espansione dell’infiltrazione mafiosa nel settore degli appalti pubblici non disgiunta dalla necessità di evitare che soggetti che non abbiano partecipato alle procedure concorsuali indette dalla stazione appaltante si sostituiscano di fatto, dopo l’aggiudicazione, ai legittimi affidatari del contratto. LA MAGICA FORMULA PER ELUDERE IL DIVIETO DI CESSIONE, ANCHE PARZIALE, 1 DEL CONTRATTO DI APPALTO Ebbene, se così fosse, il quadro normativo dovrebbe essere totalmente diverso. Se si volesse, realmente, contrastare la dilagante infiltrazione dove: CESCO = Cessione del contratto mafiosa e se, parimenti, si volesse bappalto e la cessione non autorizdi appalto evitare che “i cartelli di imprese” e zata dal committente, pena la re= Subappalto Saut la criminalità economica continuiscissione del contratto e l’irroga= Nolo a caldo Ncaldo no ad accordarsi per predeterminazione di una multa pari ad un ven= Fornitura con posa in opera Forpos = Nolo a freddo Nfreddo re il risultato della gara ed a decitesimo del suo importo. Per altro = Assunzione operai Aop dere chi, di fatto, debba eseguire i verso, anche la normativa codicidalla medesima lavori appaltati, allora sarebbe nestica (art. 1656 del codice civile) impresa noleggiatrice α = Sovrapprezzo pattuito cessario vietare sic et simpliciter il vieta, tuttora, per gli appalti priva= Fattura per consulenza Fcons subappalto e tutte le figure affini ed ti il subaffidamento senza autoriz“operativa” i contratti similari. zazione. A meno di non voler privare di Alcuni ritengono che l’affermazione di una generica preferenza per l’esecuzio- qualsiasi significato pratico il dettato normativo che ne dei lavori da parte dell’appaltatore abbia, nel tem- dispone l’assoluto divieto di cessione dell’appalto, po, lasciato il posto a norme sempre più rigide, so- occorrerebbe iniziare ad interrogarsi sulle misure stanzialmente tendenti a scoraggiare il fenomeno dei operative che possano garantire, veramente, l’imsubaffidamenti e che, per questo motivo, si sia giun- possibilità di una sovrapposizione soggettiva incompatibile con la richiamata esigenza di evitare ti a prevedere: a) con l’art. 21, della Legge 646/1982, un reato con- l’ingresso di nuovi contraenti “a valle” della protravvenzionale (“chiunque, avendo in appalto ope- cedura d’affidamento. I maggiorenti della maggioranza degli operatori re riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tut- del settore e dei giuristi (e, soprattutto, coloro che to o in parte le opere stesse, senza l’autorizzazione hanno tutto l’interesse, nella loro veste di consulendell’autorità competente, è punito con l’arresto da ti o lobbisti, a che i propri clienti, più o meno occulti, sei mesi ad un anno e con l’ammenda non inferio- possano perseverare in comportamenti mirati alla re ad un terzo del valore dell’opera concessa in su- cessione di fatto del contratto di appalto) oppongobappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del no, al riguardo, la “doverosa salvaguardia delle esivalore complessivo dell’opera ricevuta in appalto. genze produttive ed imprenditoriali”, specialmente Nei confronti del subappaltatore e dell’affidatario delle piccole e medie imprese, ma anche la natura di del cottimo si applica la pena dell’arresto da sei me- contratto derivato del subappalto, in virtù della quasi ad un anno e dell’ammenda pari ad un terzo del le l’appaltatore è unico e diretto responsabile delvalore dell’opera ricevuta in subappalto o in cotti- l’esecuzione dei lavori nei confronti del commitmo. È data all’amministrazione appaltante la facoltà tente, che a sua volta rimane estraneo al “rapporto a di chiedere la risoluzione del contratto. L’autoriz- valle” e alle sue eventuali patologie. Quanto alla prima motivazione, potrebbe semzazione prevista dal precedente comma è rilasciata previo accertamento dei requisiti di idoneità tec- brare che l’ipotesi di un’abolizione del subappalto nica del subappaltatore, nonché del possesso, da contrasti con il dettato costituzionale ed in parti- 4 LE STRADE 11/2004 NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto colare con l’art.41 (L’iniziativa economica privata è libera…) e che, quindi, non abbia alcuna possibilità di essere messa seriamente in discussione. In affetti, a ben guardare, il citato art.41 prevede che l’iniziativa economica privata è, sì, libera ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e che “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.” Ecco, quindi, che il principio sacro previsto dai padri dalla costituente appare tutt’altro che un ostacolo all’abolizione del subappalto bensì la ragione stessa per eliminare uno strumento, molto spesso, utilizzato in contrasto con l’utilità sociale e per evitare, così facendo, che la criminalità organizzata e/o quella economica continuino a proliferare ed a rafforzarsi nel nostro tessuto sociale. Siamo proprio sicuri, infatti, che l’uso distorto del subappalto e del sistema globale dei subaffidamenti non sia in contrasto con l’utilità sociale? C’è, realmente, qualcuno che, in piena scienza e coscienza, possa affermare che le patologie del subappalto non abbiano costituito una delle elette modalità di minaccia alla vita produttiva del Paese e la linfa vitale grazie alla quale la criminalità, non necessariamente mafiosa, ha emancipato i propri orizzonti verso mete assai più ambite di sostentamento economico? E poi. Le “formule” usate in questo articolo (utilità sociale, sicurezza, indirizzata, coordinata, fini sociali, etc.) sono così ampie - ma niente affatto “generiche” - che la stessa Corte costituzionale vi ha scorto una implicita “riserva di legge”. In altre parole, spetta al legislatore riempire queste espressioni di contenuti, colorandole politicamente ... Non certo nel senso che ci si debba impegnare nell’anacronistico tentativo di invertire la rotta della politica economica verso la fallita teoria del socialismo reale, ma piuttosto nel senso che bisogna tener sempre presenti tali criteri-guida al momento dell’elaborazione legislativa per far sì che la volontà dell’Assemblea costituente di prevedere dei “limiti passivi” alla libera iniziativa economica non risulti, inesorabilmente, vanificata dal desiderio di raggiungere risultati empirici di breve periodo. In pratica, è che la condivisibile necessità politica di rendere visibile l’apertura dei cantieri promessi in campagna elettorale, di realizzare nuove infrastrutture strategiche per la ripresa dello sviluppo economico e di eseguire tutti i lavori di manutenzione capaci di garantire la sicurezza e la piena efficienza delle opere già esistenti non possono continuare a costituire l’alibi per non affrontare il problema di cui trattasi, impiegando nel discutere più energie di quante non ne servano per risolverlo. I CONTRATTI SIMILARI E GLI ALTRI SUB-AFFIDAMENTI La giurisprudenza si è trovata più volte a decidere in merito all’applicabilità del citato art.21 a fattispecie diverse da quelle che vi sono espressamen- te contemplate, quali i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Inizialmente, anche in ossequio all’art.14 delle disposizioni sulla legge in generale, che vieta l’interpretazione estensiva delle norme penali, l’orientamento era stato quello di attenersi al dato letterale dell’art.21 e di considerare, conseguentemente, punibili soltanto i subappalti di lavori e i cottimi non autorizzati. In un secondo momento, la situazione è mutata e la Corte di cassazione ha considerato punibili anche fattispecie estranee alla previsione dell’art. 21 partendo dall’assunto che un’interpretazione estensiva delle norme penali è non solo possibile, ma doverosa, ogniqualvolta risponda alla necessità di armonizzarle con la ratio del sistema nel quale sono inserite. Diversi anni or sono, la Cassazione (Sez. I - 4 dicembre 1995, n°11862) si occupò, in sede penale, di un caso che ben si collega al discorso che stiamo affrontando, stabilendo, in tale sede, che “La contravvenzione prevista dall’art. 21 della legge 13.09.1982 n°646 e s.m. è reato istantaneo, il cui momento consumativo coincide con la concessione dei lavori in subappalto”. Ma l’aspetto che più interessa è che, il reato contestato era stato commesso “nella specie, con la conclusione di un c.d. “ nolo a freddo “, che dissimulava il contratto di subappalto”. Non spetta a me stabilire le percentuali statistiche che potrebbero essere elaborate se si volesse applicare, alla generalità dei casi, il percorso logico-sistematico seguito in tale arresto giurisprudenziale. Ritengo, tuttavia, che non possa essere sottaciuto il fatto che l’istituto della simulazione sia di casa nel mondo dei subappalti. Com’è noto, il contratto simulato è un contratto apparente. In sostanza le parti si accordano per far apparire ai terzi una intenzione che non è quella vera fra di loro. Il contratto segreto si chiama “dissimulato” e la simulazione può essere assoluta (quando si vuole che non si produca alcun effetto) o, invece, relativa (quando si vogliono effetti diversi da quelli che appaiono formalmente). Ad esempio, si potrebbe verificare, come non frequentemente discusso nelle aule dei tribunali, che l’appaltatore si accordi con un terzo soggetto affinché imbastendo una serie di contratti apparenti (subappalto, noli a caldo, noli a freddo e/o fornitura e posa in opera), opportunamente mixati secondo le esigenze del singolo lavoro, si raggiunga un effetto totalmente diverso e, soprattutto, sconosciuto alla stazione appaltante. Il condizionale volutamente usato, lo ammetto, è fortemente retorico perché, com’è ben noto, la tattica quotidianamente utilizzata è quella, per un verso, di subappaltare tutto il subappaltabile (ossia il 30% della categoria prevalente ed il 100% delle categorie scorporabili con la sola esclusione, ovviamente, di quelle che per importo percentuale e/o per loro natura sono soggette a specifiche ipotesi di divieto di affidamento) e, per altro verso, di coprire la restante parte dei lavori mediante la creazione di un sistema complesso di sub-contratti. 11/2004 LE STRADE 5 NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto Tra questi, quello dotato di maggior forza dirompente e capacità elusiva della norma relativa alla cessione del contratto di appalto è il cd. nolo a freddo. Anche qui, c’è chi, sforzandosi di relegare tale pratica illecita alle organizzazione mafiose, afferma che il meccanismo sopra indicato ha costituito la via preferenziale della malavita imprenditrice ogni qualvolta sulla propria strada si parava un prefetto che, bloccando ogni piano, non rilasciava il certificato antimafia. Ed ecco allora pronta la pista alternativa, quella del nolo a freddo, ovvero la cessione in locazione alla società appaltatrice dei mezzi da utilizzare con la fittizia assunzione delle maestranze dalla medesima società proprietaria delle attrezzature locate. Un subappalto occulto, un metodo sicuro per dribblare veti e verifiche e lavorare ugualmente per conto dei clan. Il libero pensatore non può escludere, però, la possibilità che anche le imprese cd. “sane” abbiano, talvolta, non disdegnato la possibilità di cedere di fatto il contratto di appalto e di “accontentarsi”, evitando di impiantare un cantiere a centinaia di chilometri di distanza dalla propria sede, di un soddisfacente x % sull’importo dei lavori. È certamente vero che, con questo metodo, la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta (e chi più ne ha più ne metta) sono riuscite ad inserirsi nei lavori, ma è pur vero che, forse, con lo stesso metodo sono, esponenzialmente, proliferate una miriade di imprese essenzialmente costituite da corpose certificazioni SOA, berline di lusso e valigette 24 ore. Ma, allora, se tutto questo è vero e se l’appaltatore concede, anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere affidate, perché non i terzi (stazione appaltante) non cercano di dimostrare, con la stessa frequenza con la quale ciò accade, quale è la realtà effettiva delle cose, che le parti hanno tentato di nascondere mediante il contratto simulato, e far, quindi, valere i loro diritti e, soprattutto, l’illiceità del contratto dissimulato, ai sensi degli articoli 1417 del codice civile (“Prova della simulazione - La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda e proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valer l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti”)? È semplice! Perché la prova è estremamente difficile da trovare, perché gli strumenti a disposizione sono pochi, perché “è più importante realizzare le opere appaltate e non perdere i fondi stanziati” e perché, a meno di non voler essere ipocriti, si ha paura! Paura di andare contro corrente, di “bloccare i lavori”, di apparire politicamente scorretto e, talvolta, di rischiare la propria incolumità fisica e/o professionale. E, tutto ciò, apparirà ancora più difficilmente confutabile se si consideri che la disciplina dei cosiddetti “contratti similari” (di quelle attività, cioè, che comportano l’impiego di manodopera e che sono astrattamente assimilabili al subappalto di lavori e al cottimo) è senza dubbio la più tormentata tra quelle contenute nell’art.18, avendo subito modifiche sostanziali ogniqualvolta il legislatore ha messo mano alla della Legge 55/1990. Inizialmente, il comma 12 dell’art. 18 sottopo- 6 LE STRADE 11/2004 neva tout court all’applicazione delle norme sul subappalto i “noli a caldo o i contratti similari che prevedono l’impiego di manodopera”. Conseguentemente, ogni subcontratto che comportasse l’impiego di manodopera da parte dell’affidatario, indipendentemente dall’effettiva incidenza del facere rispetto all’importo dell’affidamento, sottostava all’applicazione delle norme procedurali e sostanziali previste dall’art.18, autorizzazione inclusa. Successivamente, invece, la disciplina dei contratti in esame è stata resa meno rigorosa, equiparando ai subappalti le “attività similari” nella quale il valore della manodopera fosse preponderante rispetto a quello del materiale fornito e sottraendo all’applicazione dell’art. 18 i contratti conclusi con fornitori che fossero al tempo stesso produttori dei beni forniti. In un secondo tempo, è stato abbandonato il criterio della prevalenza della materia sulla manodopera e si è fatto riferimento ad un mero rapporto proporzionale tra l’importo del contratto principale e quello del contratto derivato fino ad arrivare, secondo la migliore tradizione italiana, all’odierna, evidente soluzione di compromesso. Affinché il contratto derivato venga sottoposto all’applicazione delle norme sul subappalto previste dall’art. 18 devono, infatti, ora coesistere (l’uso della congiunzione “e” non sembra lasciare dubbi in proposito) due condizioni: che il contratto derivato abbia un importo superiore al 2 per cento di quello del contratto principale, ovvero sia pari ad almeno 100.000 ecu, e che nell’ambito di tale “contratto similare” l’incidenza del costo della manodopera e del personale superi il 50 per cento. In linea teorica, il ritorno al criterio della prevalenza economica della manodopera sul bene fornito dovrebbe apparire coerente con quanto disposto dalle norme in materia di appalti pubblici che si occupano di distinguere gli appalti di lavori da quelli di servizi e forniture al fine dell’individuazione della legge applicabile. In realtà, invece, la formulazione della norma in esame, continuando a lasciare spazio a qualche dubbio interpretativo (vedi il riferimento non solo al costo della manodopera ma anche del personale e quello alle attività con impiego di manodopera ovunque espletate), lascia immutato il problema maggiormente avvertito, ovvero quello del difficile rapporto tra la disciplina dell’art. 18, comma 12, Legge 55/90, come ripetutamente modificato, e l’inossidabile previsione dell’art. 21 della Legge 646/82, che commina le sanzioni penali nei soli casi di subappalti e cottimi non autorizzati. IL CONTRIBUTO DELL’AUTORITÀ DI VIGILANZA In relazione alle problematiche sopra evidenziate ed alle difficoltà, quotidianamente, affrontate dalle stazioni appaltanti per i subcontratti non classificabili come subappalti, è doveroso ricordare lo sforzo fatto dall’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, con la Determinazione n°6 del 27 febbraio 2003, per ovviare all’ingiustificabile e variabile “larghezza” delle maglie legislative. Tale determinazione, infatti, ha stabilito che per NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto tutti i sub-affidamenti non qualificabili subappalti, pur in assenza di un obbligo di autorizzazione, deve comunque essere assicurato il rispetto dei principi generali che regolamentano la materia e che, quindi, vada riconosciuto ai soggetti preposti alla conduzione dell’appalto il diritto-dovere di esercitare appieno il ruolo attribuito in forza di legge, con ciò potendo configurare - indirettamente - delle limitazioni nel ricorso agli anzidetti sub-affidamenti. L’indicazione data dall’Autorità appare ancor più importante allorché prevede, in particolare, che qualora ci si avvalga più volte di un identico nolo a caldo nell’ambito dello stesso appalto e tale circostanza non sia giustificata da fatti oggettivamente verificabili (quali, ad esempio, la necessità di eseguire la relativa lavorazione in fasi temporali nettamente distinte - come da previsioni del cronoprogramma allegato al contratto - o l’intervenuta approvazione di una perizia di variante che reintroduce, in un momento diverso e non prevedibile all’atto della consegna dei lavori, le condizioni per l’ulteriore ricorso ad un nolo a caldo di cui l’appaltatore si sia già avvalso in precedenza), risulterebbe pienamente legittimo, se non addirittura doveroso, che l’amministrazione appaltante, attraverso i propri organi, richiedesse all’aggiudicatario di fornire adeguate motivazioni accompagnate - se del caso - dalla produzione degli opportuni atti a corredo o dalla redazione di nuovi elaborati a modifica ed integrazione di quelli esistenti in precedenza. Seppur, quindi, l’Autorità non sollevi alcun dubbio circa il fatto che i subaffidamenti non qualificabili come subappalti non siano soggetti a preventiva autorizzazione, viene affermata, ove mai ce ne fosse bisogno, la facoltà di controllo che può e deve essere esercitata dalla stazione appaltante al fine di evitare un aggiramento delle norme che regolano il subappalto, mediante l’ingiustificato ricorso a subcontratti frazionati e ripetuti nel tempo, con l’intento di mantenere sotto soglia i subcontratti medesimi così frazionati e di eludere la configurazione dei medesimi obblighi normativi correlati al subappalto dei lavori. Nonostante venga richiamata, a tal fine, la responsabilità e la doverosità d’intervento da parte del Responsabile Unico del Procedimento, del Direttore dei Lavori e del Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione (tenuti ad effettuare tutti i controlli necessari ad individuare la effettiva qualificazione giuridica del subcontratto esercitando il diritto di chiedere all’appaltatore le motivazioni del ricorso a tale procedura qualora lo stesso se ne avvalga più volte nell’ambito del medesimo appalto), non può non essere evidenziata l’assenza di qualsiasi indicazione circa le possibili conseguenze derivanti da un rifiuto dell’appaltatore a fornire tali giustificazioni. Né, parimenti, sembra esservi alcuna valutazione della spirale inflattiva, in termini di contenzioso, che potrebbe originarsi tra esecutore e stazione appaltante e delle concrete garanzie di non vedere quest’ultima soccombente in un Paese in cui, come si sa bene, è sufficiente ricorrere ad un semplice fitto d’azienda per “ripulire”, in una sorta di metempsicosi aziendale, la macchiata biografia di una qualsiasi impresa di costruzioni ed annullare la valenza pratica delle annotazioni inserite, a suo carico, nel famigerato Casellario Informatico. CONCLUSIONI Nonostante l’impegno profuso dalla giurisprudenza, dalla dottrina e dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici per cercare di ovviare, anche tramite un’interpretazione forzata delle norme, alla problematica di cui trattasi, permane la necessità di un intervento definitivo ed unitario sulla materia, che consenta agli operatori di confrontarsi con un quadro di riferimento finalmente stabile ed organico. Tutta la copiosa produzione legislativa maturata, in questi decenni, dalla comune matrice antidiffusiva della criminalità organizzata è, del resto, chiara ed irrefutabile attestazione di una confusa e mal coordinata giustapposizione di leggi, decreti e da una messe consistente di circolari esplicative degli organi amministrativi competenti. ART. 18 DELLA LEGGE 19.03.1990, N. 55 (come modificato dalla Merloni-Ter) ART. 41 della Coststituzione della Repubblica Italiana 2 Ed è per questo motivo che ancora oggi, così come agli inizi degli anni ’90 (allorché fu varata la più volte citata Legge 55/1990), l’appaltatore ha la possibilità materiale, una volta aggiudicatasi la realizzazione dell’opera pubblica, non solo di acquisire la maggior parte degli impianti e macchinari necessari da soggetti contigui alle associazioni mafiose ma, anche, di cedere, in tutto o in parte, il contratto di appalto ad imprenditori locali che (indipendentemente dalla criminalità organizzata e dalle sempreverdi pressioni politiche) potrebbero entrare (o rientrare) “in gara” nonostante la loro impresentabilità o esclusione dalla procedura di affidamento. E così, grazie alle strane alterazioni termiche della normativa sul subappalto, i dipendenti (gruisti o altri operai specializzati nella conduzione dei costosi macchinari) dell’impresa locale, con l’avvio del contratto di noleggio con l’aggiudicatario dell’opera pubblica (peraltro supervalutato, onde includere la c.d. “vigilanza di cantiere”) iniziano una nuova e temporanea trasmigrazione; infatti, essi vengono “licenziati” per essere, guarda caso, contestualmente “assunti” dall’impresa appaltatrice e fanno si che il 11/2004 LE STRADE 7 NORMATIVA Cessione Contratto di Appalto 3 “nolo a freddo” diventi, in realtà, un “nolo a caldo” con palese elusione dei rigori della norma. Una famosa campagna pubblicitaria ci ricorda, quotidianamente, che “l’ottimismo è il profumo della vita” ma come si potrà mai non provare un enorme disagio accompagnato da una profonda amarezza quando perfino gli amministratori di importanti imprese, pubbliche o private, dichiarano, sottovoce ma con finta convinzione, che il miscelare sapientemente subappalti, noli a caldo e a freddo e subcontratti di qualsiasi genere non significa violare i divieti esistenti e “nel pieno rispetto della norma” creare situazioni di mera apparenza? Potrebbe anche trattarsi di una riflessione esagerata, può darsi che le mie riflessioni facciano soltanto sorridere “gli esperti del settore” perché, in definitiva, è un sistema che fa comodo a tutti. Eppure ritengo che, seguendo gli insegnamenti di S.Agostino (“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio, lo sdegno per ciò che accade, il coraggio per cambiarlo”), si possano mettere in campo delle contromisure per evitare per porre 8 LE STRADE 11/2004 freno e/o prevenire comportamenti devianti, responsabilizzare i soggetti a vario titolo interessati nella fase esecutiva dell’appalto e ridurre la probabilità che i sub-contratti continuino a rappresentare lo strumento “potenziale” per eludere il divieto previsto dall’art. della legge 13.09.1982 n°646. L’abrogazione dell’istituto del subappalto, ripeto, sarebbe la soluzione più facile. Non si comprende, infatti, perché l’appaltatore, il subappaltatore ed i vari noleggiatori debbano trovare un accordo a valle dell’aggiudicazione definitiva e non possano, invece, impegnarsi per costituire un’associazione temporanea al momento della presentazione delle offerte. Forse perché, in tal modo, la situazione apparente coinciderebbe con quella reale e tutti passerebbero per le maglie di una verifica più puntuale? Perché mai ci si deve impegnare sin dalla fase della stesura del bando per far si che partecipino e legittimamente vengano ammessi a concorrere solo quelle imprese “in possesso di idonee qualificazioni” quando, poi, la piena subappaltabilità delle categorie scorporabili e del 30% della prevalente costringe ad una nuova verifica in fase di esecuzione? Forse perché la previsione di un’unica percentuale rapportata all’importo complessivo delle opere da realizzare diminuirebbe il numero di soggetti che possono transitare attraverso le maglie della normativa? E perché mai, ancora, non si stabilisce che i noli a freddo non sono consentiti? Forse perché si ammetterebbe la dubbia utilità delle attestazioni SOA in ordine “all’adeguatezza dell’attrezzatura tecnica” posseduta dalla singola impresa o la sua inutilità visto che è necessario, per eseguire il lavoro affidato, trovare all’esterno i macchinari necessari o perché si eliminerebbe la possibilità di un simulato raffreddamento dei noli a caldo? E perché, infine, non vengono quotidianamente adottate iniziative volte ad allargare l’operatività dei Gruppi Interforze, previsti dalla c.d. “Legge Obiettivo”, al fine di monitorare tutte le procedure di appalto e, così facendo, prevenire o reprimere eventuali tentativi di infiltrazione criminale, mafiosa o economica, nella relativa realizzazione (così come, ad esempio, fatto con successo dal Compartimento Anas del Molise e dalla Prefettura di Campobasso in virtù dell’intesa siglata nel 2003)? Forse perché ne risulterebbe agevolata la verifica della regolarità dei cantieri ed il rispetto della normativa in materia di tutela e sicurezza dei lavoratori? Forse, tutto questo non si fa perché in definitiva, come ho già avuto modo di dire, fa comodo un po’ a tutti che la “ragnatela normativa” che la disciplina il subappalto continui ad essere caratterizzata dall’indefinita larghezza delle maglie attraverso cui passa l’esecuzione di un’opera pubblica. Ebbene se così fosse veramente, non resterebbe che ammettere la disarmante attualità del pensiero di Solone, il celebre legislatore ateniese vissuto tra il VII ed il VI secolo a.c., secondo cui : “La giustizia è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e ■ restano liberi…..!”