GLOSSARIO HEGELIANO - La Dialettica in Hegel è, al tempo stesso, la legge di sviluppo della realtà e la legge di comprensione della medesima. Globalmente e sinteticamente considerata, la dialettica consiste: 1) nell'affermazione o posizione di un concetto astratto e limitato che funge da tesi; 2) nella negazione di questo concetto come alcunché di limitato e di finito e nel passaggio ad un concetto opposto, che funge da antitesi; 3) nella unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi comprensiva di entrambe. Sintesi che si configura come una riaffermazione potenziata dell'affermazione iniziale (tesi), ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia (antitesi). Hegel denomina questi tre momenti, rispettivamente, «astratto o intellettuale», «dialettico o negativo-razionale» « speculativo o positivo-razionale». - Aufhebung (Superamento) è un termine tecnico adoperato da Hegel per indicare il procedimento della dialettica, che toglie, abolisce il conflitto tra tesi e antitesi, e nello stesso tempo conserva, ciascuno dei suoi momenti. L'Aufhebung allude di conseguenza ad un progresso che ha fatto proprio quello che c'era di vero nei momenti precedenti della tesi e dell'antitesi, portandolo, nel contempo, alla sua migliore e più alta espressione. - Contraddizione. A differenza della filosofia e della logica tradizionale, che escludeva la contraddizione dall'ambito della realtà e della ragione, Hegel scorge in essa il pungolo o la molla grazie a cui la realtà si sviluppa e dalla tesi si passa all'antitesi. - Necessità. E' la modalità fondamentale dell'esistente: «la vera realtà è necessità: ciò che è reale è in sé necessario». Tale necessità si manifesta nella struttura processuale ed ascendente del mondo, che è composto di una serie di gradi o momenti che rappresentano, ognuno, il risultato obbligato di quelli precedenti ed il presupposto obbligato di quelli seguenti. - Per Fenomenologia dello spirito Hegel intende la storia figurata della coscienza che, dalle sue prime manifestazioni sensibili, giunge ad apparire a se stessa nella sua vera natura, cioè come Spirito ossia Coscienza infinita o universale. In questo senso, fenomenologia dello Spirito coincide con il «divenire della scienza o del sapere», e si configura come la via attraverso la quale il singolo individuo ripercorre i gradi di formazione dello Spirito universale come figure già deposte nella coscienza individuale ossia tappe di una via già tracciata. - Per Intelletto Hegel intende un modo di pensare «statico» ed «astratto», che, attenendosi al principio di identità e di noncontraddizione, «immobilizza» gli enti nelle loro determinazioni «rigide» e reciprocamente escludentesi. All'intelletto si contrappone la ragione in senso stretto. - Per Ragione (Vernunft) Hegel intende non la ragione finita dell'individuo, ma la realtà stessa in quanto Idea (vedi), ossia in quanto unità fra pensiero ed essere: « La ragione è la certezza della coscienza di essere ogni realtà» (Fenomenologia, volume 1, pagina 194), «L'autocoscienza, ossia la certezza che le sue determinazioni sono tanto oggettive, determinazioni dell'essenza delle cose, - quanto suoi propri pensieri, è la ragione» (Enc., paragrafo 439). - «Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale». Con questa formula Hegel intende dire: 1) che la razionalità non è pura idealità, astrazione, schema, dover-essere, ma la sostanza stessa di ciò che esiste, poiché la Ragione «governa» il mondo; 2) che la realtà non è una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale (Idea) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nell'uomo. - Per Idea (Idee) in generale Hegel intende l'Assoluto («l'assoluto è l'idea», Enc., paragrafo 213), concepito come Ragione (vedi) in atto, ovvero come unità dialettica di pensiero ed essere, concetto e cosa, ragione e realtà, soggetto e oggetto, infinito e finito eccetera: «L'idea è il vero in sé e per sé, l'unità assoluta del concetto e dell'oggettività» - Giustificazionismo è un termine usato dai critici per indicare l'atteggiamento generale di Hegel di fronte alla realtà e, in particolare, la sua dottrina della filosofia come giustificazione della necessità e razionalità sostanziale del mondo. - La logica è la scienza dell'Idea «pura» o dell'Idea «in se e per sé», cioè lo studio dell'Idea considerata nel suo essere implicito e nel suo graduale esplicarsi, ma a prescindere dalla sua concreta realizzazione nella natura e nello spirito. In quanto tale la logica esamina i «concetti» che formano il programma o l'impalcatura originaria del mondo. Essa si divide in logica dell'essere, dell'essenza e del concetto. - La Natura (Natur) è l'dea «fuor di sé» o l'idea «nella forma dell'esser altro» (Enc., paragrafo 247), ossia l'estrinsecazione alienata dell'Idea nelle realtà spazio-temporale del mondo. - Lo Spirito (Geist) è l'idea che, dopo essersi alienata nella Natura, torna presso di sé nell'uomo: «lo spirito è essenzialmente questo: che, fuori dal suo esser altro e con il superamento di quest'esser altro, perviene a se stesso mediante la negazione della negazione» (Filosofia della Religione). E poiché l'Assoluto è «Risultato», in quanto «soltanto alla fine esso è quel che è in verità», Hegel vede nello Spirito il senso ultimo dell'Assoluto: «l'assoluto è lo spirito: questa è la più alta definizione dell'assoluto» (Enc., paragrafo 384). - Lo Spirito soggettivo è lo spirito individuale, considerato nel suo lento emergere dalla natura e nel suo progressivo porsi come libertà. - Lo Spirito oggettivo è lo spirito fattosi «mondo» a livello sociale,ossia in quell'insieme di determinazioni sovraindividuali che Hegel raccoglie anche sotto il concetto di diritto in senso lato. - Diritto (Recht). In Hegel questo termine è adoperato per indicare tanto una parte del sistema - il diritto astratto, che è poi il diritto propriamente detto, il diritto, per intenderci, dei giuristi, - quanto il sistema nel suo complesso, comprendente, oltre il diritto in senso stretto, tutte le materie tradizionalmente comprese nella filosofia pratica (ovvero, economia, politica e morale). Quando Hegel dice che "il sistema del diritto è il regno della libertà realizzata" usa il termine in senso ampio e improprio, tanto da comprendervi, oltre il diritto in senso proprio, la moralità e l'eticità. "Diritto" dunque indica, secondo i contesti, ora una parte ora il tutto" (N. Bobbio). Ovviamente, questa schema «comporta poi o, quanto meno, si traduce in uno smembramento e in una ridistribuzione del tutto particolare delle diverse discipline giuridiche e delle loro parti» (V. Verra). - Il Diritto astratto (abstraktes Recht) o « formale» concerne l'esistenza esterna della libertà delle persone, concepite come puri soggetti astratti di diritto e si identifica con il diritto privato e con una parte di quello penale (mentre il diritto di famiglia, altri elementi del diritto penale, il diritto pubblico e quello internazionale rientrano nella sfera dell'eticità). Il diritto astratto si articola nei momenti della «proprietà», del «contratto» e del «diritto contro il torto». - La moralità (Moralität) è la sfera della volontà soggettiva, quale si manifesta nell'azione. Le sue articolazioni interne sono: « il proponimento», « l'intenzione e il benessere», « il bene e il male». Secondo Hegel il dominio della moralità è caratterizzato dalla separazione fra la soggettività, che deve realizzare il bene, ed il bene che deve essere realizzato. Da ciò la contraddizione fra essere e dover-essere che è tipica della morale, soprattutto di quella kantiana, che Hegel critica per la sua formalità ed astrattezza, cioè per la sua mancanza di contenuti concreti e per la sua impotenza a realizzarsi nella realtà. - Per eticità (Sittlichkeit, da Sitte = costume, corrispondente al greco ethos, costume) Hegel intende la moralità sociale, ovvero la realizzazione del bene in quelle forme istituzionali che sono la famiglia (vedi), la società civile e lo Stato. Essendo la più alta manifestazione dello spirito oggettivo e della volontà di libertà che ne sta alla base, l'eticità rappresenta «il concetto della libertà divenuto mondo sussistente e natura dell'autocoscienza». - La famiglia è il primo momento dell'eticità, quello in cui il rapporto immediato e naturale fra i sessi assume la forma di un'«unità spirituale» fondata sull'amore e sulla fiducia. La famiglia si articola nel matrimonio, nel patrimonio e nell'educazione dei figli. - La società civile (Bügerliche Gesellschaft) è il secondo momento dialettico dell'eticità e si identifica con quello spazio intermedio fra l'individuo e lo Stato che coincide, di fatto, con la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme, ovvero con il luogo di scontro, ma anche di incontro, di interessi «particolari» e « indipendenti», i quali si trovano a dover coesistere fra di loro. Infatti Hegel, pur parlando della società civile come di un «sistema dell'atomistica», la definisce come una «connessione universale e mediatrice di estremi indipendenti e dei loro interessi particolari» e come uno «Stato esterno» (Enc., paragrafo 523), ovvero come un sistema di interessi privati regolati da organi pubblici che si impongono dall'esterno e nell'ambito di una universalità ancora «formale» (Enc., paragrafo 517). Stato «esterno» che il filosofo, per sottolineare il carattere di frazionamento e di scissione che è tipico della società civile, chiama anche della «necessità» o dell'«intelletto» (come si è visto, quest'ultimo è l'organo della « separazione»). La società civile, come si è visto, si divide nel sistema dei bisogni, nell'amministrazione della giustizia, nella polizia e nelle corporazioni. 1) Per evitare una serie di equivoci interpretativi che gravano tuttora su tale concetto, è bene tenere presenti le seguenti puntualizzazioni di N. Bobbio: « Sulla società civile è stato versato in questi ultimi anni dopo quasi un secolo di abbandono un profluvio di scritti. Ma sulla scia di un celeberrimo passo di Marx che identifica la società civile di Hegel con l'insieme dei rapporti materiali dell'esistenza e propone di cercare nella economia politica l'anatomia della società civile, si è finito per vedere nella nuova categoria della società civile soprattutto l'espediente di cui Hegel si servì per introdurre nel sistema i problemi dell'economia. Ma l'analisi dei bisogni, del lavoro e delle classi occupa, com'è noto, solo la prima parte della sezione. La seconda, che è oltretutto la più lunga, e anche la terza, trattano temi in gran parte giuridici. La società civile hegeliana non è tanto la descrizione del sistema dell'economia borghese e dei rapporti di classe, quanto piuttosto la descrizione del modo con cui nello stato borghese i rapporti economici sono giuridicamente regolati». Detto altrimenti: «l'identificazione tra società civile e luogo dei rapporti economici, o, che è lo stesso, la distinzione tra società civile e stato come distinzione tra società economica e società politica è opera di Marx e non di Hegel: riferita, come accade spesso, a Hegel, è puramente e semplicemente una deformazione del suo pensiero». 2) Nel pensiero anteriore ad Hegel, in particolare nel giusnaturalismo, la società civile si contrapponeva a «società naturale» ed era sinonimo di «società politica» e quindi di «Stato». Nel Sei-Settecento per società civile si comincia anche ad intendere la società «civilizzata» in antitesi alla società «selvaggia». Uso che diviene predominante in Rousseau. Come si vede, si tratta di significati distanti da quello hegeliano, il quale possiede dunque una sua spiccata originalità. - Lo Stato (Staat) è il momento culminante dell'eticità, ossia la ri-affermazione dell'unità della famiglia (tesi) al di là della dispersione della società civile (antitesi). Esso rappresenta quindi una sorta di famiglia in grande, nella quale l'ethos di un popolo esprime consapevolmente se stesso, superando i particolarismi della società civile in vista del bene comune: «Lo Stato è la sostanza etica consapevole di sé, la riunione del principio della famiglia e della società civile» (Enc., paragrafo 537). - Per Stato etico si intende abitualmente la concezione hegeliana dello Stato come incarnazione suprema della moralità sociale e promotore del bene comune. Concezione che si differenzia storicamente da quella liberale e da quella democratica (vedi il testo) e che si configura come una forma di organicismo. - Per Concezione organicistica dello Stato si intende la prospettiva anti-atomistica ed anti-individualistica che è propria della filosofia politica di Hegel, secondo cui «lo stato è un'unione e non un'associazione, un organismo vivente e non un prodotto artificiale, una totalità e non un aggregato, un tutto superiore e anteriore alle sue parti, e non una somma di parti indipendenti tra loro» (N. Bobbio). In virtù di questa prospettiva, il filosofo tedesco - il quale si compiace in più luoghi di riprendere l'affermazione aristotelica che « secondo natura il popolo (nel testo greco è polis) è precedente al singolo» (Fol., 1253a) - ritiene che non sia l'individuo a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare l'individuo. - Per Costituzione Hegel intende «l'organizzazione dello Stato» (Lin., paragrafo 271, Enc., paragrafo 539). Organizzazione che, a suo giudizio, non è il frutto di una elucubrazione a tavolino, ma un'entità che sgorga dalla vita storica di un popolo. Hegel identifica la costituzione «razionale» con la monarchia costituzionale moderna, ossia con un organismo che prevede una serie di poteri distinti, ma non divisi, tra di loro. Tali poteri sono: il legislativo, il governativo e quello principesco. - La Storia del mondo (Weltgeschichte) è «lo svolgimento dell'idea universale dello spirito» (Enc., paragrafo 536) attraverso una serie di gradi razionali e necessari che obbediscono ad un piano provvidenziale immanente. In concreto, la storia, che ha come soggetto lo Spirito del mondo incarnato nei vari «spiriti dei popoli» ( Volksgeister), è una successione di forme statali che tendono alla realizzazione della libertà. I tre momenti fondamentali di essa sono il mondo orientale (dove uno solo è libero), il mondo greco-romano (dove alcuni sono liberi) e il mondo cristiano-germanico (dove tutti sono liberi, ossia soggetti di diritto). - Astuzia della Ragione (List der Vernunft). E’forse il concetto più caratteristico della filosofia della storia di Hegel. Con esso, il filosofo ha voluto alludere al fatto che l'Idea universale fa agire nella storia le passioni degli uomini come suoi strumenti e le fa logorare e consumarsi per i propri fini: «L'Idea paga il tributo dell'esistenza e della caducità non di sua tasca ma con le passioni degli individui. Cesare doveva compiere quello che era necessario per rovesciare la decrepita libertà; la sua persona perì nella lotta ma quello che era necessario restò... » (Filosofia della storia, pagina 98). - Lo Spirito assoluto è il momento in cui l'idea giunge alla piena coscienza della propria infinità o assolutezza (cioè del fatto che tutto è Spirito e non vi è nulla al di fuori dello Spirito). Tale auto-sapersi assoluto dell'Assoluto avviene attraverso l'arte (vedi), la religione (vedi) e la filosofia (vedi). - L'Arte è il momento in cui lo Spirito acquista coscienza di se medesimo nella forma dell'intuizione sensibile (figure, parole, musica eccetera), vivendo in modo immediato ed intuitivo quella fusione fra soggetto ed oggetto, spirito e natura che la filosofia idealistica teorizza tramite la mediazione dei concetti. Ciò accade perché di fronte all'esperienza del bello artistico (si pensi ad esempio ad una statua greca), spirito e natura vengono recepiti come un tutt'uno, in quanto nella statua l'oggetto (il marmo) è già natura spiritualizzata, cioè la manifestazione sensibile di un messaggio spirituale, ed il soggetto (l'idea artistica) è già spirito naturalizzato, ovvero concetto incarnato e reso visibile. A seconda che vi sia squilibrio oppure equilibrio fra contenuto e forma, ossia fra messaggio spirituale e forma sensibile, Hegel distingue fra arte simbolica (squilibrio per povertà di contenuto), arte classica (perfetto equilibrio) e arte romantica (squilibrio per eccesso di contenuto). - La Religione è il momento in cui lo Spirito acquista coscienza di se medesimo nella forma della rappresentazione, intendendo per quest'ultima un modo di pensare: 1) che sta a metà strada fra l'intuizione sensibile ed il concetto: «le rappresentazioni in genere possono essere considerate come metafore dei pensieri e concetti» (Enc., paragrafo 3); 2) che procede in modo adialettico, ovvero giustapponendo le proprie determinazioni, quasi fossero indipendenti le une dalle altre. Ad esempio la rappresentazione cristiana di Dio-Padre che crea il mondo è la rappresentazione, ossia l'ipostatizzazione metaforica (frutto di immagini giustapposte) del fatto che la natura costituisce un momento dialettico della vita dello spirito. Lo sviluppo della coscienza religiosa inizia con le religioni naturali e culmina nel cristianesimo, religione assoluta in cui Dio appare finalmente come puro spirito, sia pure ancora nella forma imperfetta della rappresentazione. - La Filosofia è «l'Idea che pensa se stessa» (Enc., paragrafo 574) e «la verità assoluta e intera» (ivi, paragrafo 236), cioè il momento in cui l'Assoluto acquista coscienza di sé in forma concettuale. Per questa sua natura, la filosofia ha i propri oggetti in comune con la religione «perché oggetto di entrambe è la verità, e nel senso altissimo della parola - in quanto cioè Dio, e Dio solo, è la verità», anche se essa, a differenza della religione (vedi), «manifesta l'esigenza di mostrare la necessità del suo contenuto» e di «provare l'essere e i caratteri dei suoi oggetti» (ivi, paragrafo 1). La filosofia ha come fine specifico e scopo supremo la dimostrazione della razionalità del reale: «Comprendere ciò che è, è il compito della filosofia, poiché ciò che è, è la ragione» (Lin., Prefazione). Di conseguenza, essa risulta simile alla nottola di Minerva, che «inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo» (ivi). N.B. Vista in rapporto all'epoca in cui sorge, la filosofia può essere definita come il proprio tempo «compreso in pensieri (concetti)» (ivi). Tempo di cui essa rappresenta «il fiore più elevato» (Lez. sulla fil. di storia, Introduzione, B, 1, C). - La Storia della filosofia è l'insieme delle tappe necessarie attraverso cui, dai Greci ad Hegel, la verità dell'Idea è andata progressivamente manifestando se stessa. Infatti, al di là della molteplicità apparentemente caotica e accidentale delle filosofie, vi è l'auto-costituirsi di quell'unica vera Filosofia che procede dallo Spirito e in cui lo Spirito perviene finalmente alla propria compiuta consapevolezza: «l'artefice di questo lavoro di millenni è quell'Uno spirito vivente, la cui natura pensante consiste nel recarsi alla coscienza ciò ch'esso è», «La storia della filosofia mostra, da una parte, che le filosofie, che sembrano diverse, sono una medesima filosofia in diversi gradi di svolgimento; dall'altra, che i princìpi particolari, di cui ciascuno è a fondamento di un sistema, non sono altro che rami di un solo e medesimo tutto. La filosofia, che è ultima nel tempo, è insieme il risultato di tutte le precedenti e deve contenere i princìpi di tutte: essa è perciò - se è davvero una filosofia, - la più sviluppata, ricca e concreta» (Enc., paragrafo 13). Hegel : «Profeta del totalitarismo» ? Un'interpretazione in senso totalitario del pensiero di Hegel ha trovato in Karl Popper la sua voce più nota (La società aperta e i suoi nemici, traduzione italiana, Roma 1973). Sebbene Popper sia il rappresentante più autorevole di tale interpretazione, essa, in particolare nel mondo anglosassone, risulta condivisa da parecchi studiosi. Di conseguenza, la nostra esposizione tiene presente soprattutto, ma non esclusivamente, Popper.) - è quella che scorge nello Hegel politico un «nemico della società aperta» ed un «profeta del totalitarismo». Poiché tale lettura viene spesso divulgata in modo riduttivo, è bene tener presente che, con essa, non si intende affermare: 1) che le forme dello Stato hegeliano siano puntualmente identiche alle forme dello Stato fascista o nazista; 2) che le teorie di Hegel siano puntualmente coincidenti con quelle fasciste o naziste. Infatti, per quanto concerne il primo punto, sappiamo ad esempio come lo Stato del filosofo tedesco, pur non essendo uno Stato di tipo liberal-democratico, sia pur sempre uno Stato costituzionale e di diritto. Analogamente, per quanto riguarda il secondo punto, è risaputo come i principali teorici del Terzo Reich abbiano esplicitamente preso le distanze dal nostro autore, ritenendo che l'entità più alta e decisiva non sia lo Stato, ma il Sangue, il Popolo, la Razza (in rapporto ai quali lo Stato decade da fine a mezzo). In che senso Hegel sarebbe un «profeta» del totalitarismo ? In realtà, con la tesi di uno Hegel «profeta» del totalitarismo, si intende sostenere che il filosofo tedesco avrebbe lasciato «in eredità», alle dittature del Novecento (non solo di destra, ma anche di sinistra), alcune idee, o meglio, talune forme mentali atte a giustificarne la politica. Fra le tesi «incriminate» ricordiamo le seguenti: 1) lo Stato rappresenta un prius logico, storico ed assiologico al di fuori del quale l'individuo non ha consistenza e valore: «Tutto ciò che l'uomo è, egli lo deve allo Stato: solo in esso egli ha la sua essenza. Ogni valore, ogni realtà spirituale, l’uomo l'ha solo per mezzo dello Stato» (Filosofia della storia, volume 1, pagina 105); 2) lo Stato non ricava la sovranità da quella «moltitudine informe» che è il popolo, ma da se medesimo; 3) la sovranità statale si incarna in una classe di funzionari dedita al pubblico bene. Classe che, platonicamente, «pensa» e «sa quello che vuole», mentre il popolo «non sa quello che vuole» e risulta privo della possibilità di controllare "dal basso", mediante istituzioni e procedure democratiche, i propri governanti (ciò fa sì che anche a proposito della «classe universale» di Hegel, e del monarca che ne costituisce il vertice, sorga l'interrogativo che già ci si poneva a proposito dei filosofi-re di Platone, ovvero il problema, cruciale per ogni teoria non-democratica, "chi custodirà i custodi?"); 4) lo Stato deve permeare tutte le manifestazioni della vita in comune, subordinando a sé ed alla propria «organizzazione» globale l'insieme dei rapporti sociali; 5) lo Stato è un ente che non riconosce, al di là del proprio essere, alcuna idea etica; 6) lo Stato è l'Assoluto stesso, ovvero il «Dio reale»; 7) non esiste, al di sopra degli Stati, alcun diritto internazionale; 8) la guerra è un inevitabile strumento di composizione dei conflitti interstatali e giova alla «salute etica» dei popoli. L'utilizzazione dell'«arsenale teorico» hegeliano da parte dei fautori del totalitarismo. Questi (ed altri) punti costituirebbero, secondo i critici in questione, una sorta di «arsenale teorico» da cui avrebbero attinto a piene mani (anche al di là delle specifiche posizioni e intenzioni di Hegel) i fautori del totalitarismo («Il totalitarismo politico, scrivono Reale-Antiseri, ha desunto le armi concettuali per la propria autolegittimazione in larga misura da Hegel. E se è vero che questo è stato un abuso, resta però vero che Hegel fornisce effettivamente un ampio materiale disponibile a tale abuso» (Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia, 1983, volume 3, pagina 119). In particolare, la filosofia statalistica e statolatrica del pensatore tedesco sarebbe servita a diffondere e a giustificare l'idea del primato assoluto del Collettivo (comunque inteso: lo Stato, la Nazione, la Razza, la Classe, il Partito eccetera) sull'individuale (« Mossa, in origine, dall'impulso a superare ogni alienazione, a conquistare la libertà assoluta anche di tronte a Dio, questa filosofia di Hegel ha creato e anche giustificato la più enorme alienazione di sé della persona umana, l'asservimento volontario a qualsiasi Stato, Partito, Capo, che si presenti come strumento infallibile della Storia» (C. Antoni, Lo storicismo, E.R.I, Torino 1957, pagina 122). testi a cura del prof Andrea Bertuccioli