Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 1 OMOGENEIZZAZIONE Consiste nella rottura delle membrane e pareti cellulari, con rilascio dei componenti intracellulari. E’ un processo empirico, che necessita di ottimizzazione a seconda del tipo di analisi che si intende effettuare. Nel discutere questo aspetto, considereremo tre fattori principali. - Coltura cellulare o tessuto Scelta del materiale di partenza Metodo di rottura delle cellule Proprietà chimico-fisiche delle soluzioni impiegate. SCELTA E CONSERVAZIONE DEL MATERIALE DI PARTENZA È cruciale, in un processo di purificazione di organelli (o macromolecole) scegliere un materiale di partenza che contenga elevate concentrazioni dell’organello (macromolecola) che si desidera. Ad es., per la purificazione di mitocondri è preferibile un tessuto muscolare (cuore), i ribosomi si possono ottenere con una certa facilità dai reticolociti, etc. Altri fattori che si devono tenere presenti nella scelta del materiale sono la reperibilità e il costo, nonché la facilità di purificazione (a parità di contenuti di mitocondri, un cuore bovino è generalmente preferibile ad un cuore di topo – perché è reperibile commercialmente e perché da un solo organo si ottengono grandi quantità di tessuto). L’impiego delle cellule (organo, tessuto o microorganismi) dovrebbe avvenire il più rapidamente possibile (ad es. dalla macellazione dell’animale) al fine di minimizzare i processi degradativi. Se possibile, le cellule andrebbero mantenute a 4 °C fino alla omogeneizzazione. Il congelamento è possibile ma, specie per organi e tessuti (e per cellule eucariote in generale) può creare problemi. • • • • • L’acqua intracellulare, congelando lentamente fino alle temperature di un normale freezer (tra –15° e –25°C), forma macrocristalli di ghiaccio che possono danneggiare le membrane delle cellule e degli organelli. In queste condizioni, inoltre, si forma nelle cellule una soluzione proteica ad alta densità (protein soup) nella quale gli enzimi degradativi mantengono una certa attività. Il pH può variare drasticamente durante il congelamento (Cambiamento del pK dei tamponi fisiologici; precipitazione di sali…) Meglio quindi congelare rapidamente a T<25°C (in pratica, surgelare) in modo da favorire la formazione di microcristalli, meno dannosi. In altri casi si possono impiegare agenti crioprotettivi (tipicamente, glicerolo) che stabilizzano membrane e proteine alle basse temperature. Conservare il materiale alla T più bassa possibile (ad es., in un freezer da laboratorio a -80°C). Lo scongelamento deve essere rapido, anche in questo caso per evitare danni alle membrane. Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 2 METODI DI ROTTURA DELLE CELLULE I metodi di omogeneizzazione impiegati cambiano a seconda del tipo di materiale di partenza (fragilità più o meno accentuata delle cellule) ed a seconda che si intenda studiare organelli intracellulari (mitocondri, nuclei, lisosomi…) oppure il materiale citoplasmatico. Solitamente il processo è effettuato a bassa temperatura (camera fredda a 4°C, soluzioni raffreddate in ghiaccio). Il tessuto o le cellule sono sospese prima della omogeneizzazione in 2/3 volumi di tampone apposito (tampone di omogeneizzazione- vedi oltre). Si possono distinguere (a scopo didattico) metodi blandi, moderati e vigorosi di omogeneizzazione. Metodi blandi Esempi di materiale utilizzabile Metodo Lisi per osmosi Cellule fragili si lisano se immerse in acqua distillata (2 ml d’acqua per 1 ml di cellule) per la differenza di pressione osmotica tra interno ed esterno, che produce un rigonfiamento delle cellule, un aumento della pressione sulla membrana cellulare ed una lisi della stessa (anche le membrane degli organelli possono rompersi). Globuli rossi Na+, Ca2+ K+ Mg2+ Shock osmotico Le cellule animali riescono a mantenere costante la concentrazione intracellulare di soluti scambiando attivamente (consumo di ATP) ioni con l’esterno. Un abbassamento drastico della pressione osmotica esterna (immersione in acqua distillata) provoca un rigonfiamento delle cellule ed una ‘esplosione’ delle membrane. Digestione enzimatica La parete cellulare dei batteri e dei lieviti può essere digerita con enzimi (lisozima, zimoliasi…). A questo segue la lisi osmotica della membrana cellulare. Il metodo è abbastanza costoso. Parete Lisi della parete+ shock osmotico I batteri si difendono dagli eccessi di pressione osmotica grazie alla presenza della parete cellulare. Lisando la parete con enzimi appositi, le cellule batteriche divengono particolarmente fragili. Batteri, lieviti Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 3 Metodi blandi (continuazione) Esempi di materiale utilizzabile Metodo Solubilizzazione chimica La degradazione delle membrane/pareti è operata da solventi organici (ad es., 0.5% toluene, etile acetato) o detergenti (ad esempio, SDS – sodio dodecil solfato). Il rilascio di enzimi idrolitici endocellulari completa la degradazione delle membrane. Lieviti - SO3 Na+ O Sodio dodecil solfato Omogeneizzatori tipo potter Le membrane sono lacerate dalle forze frizionali che un pestello in teflon o vetro (generalmente mantenuto in rotazione grazie ad un motore elettrico) esercita contro le pareti di uno spesso cilindro di vetro. Lo spazio tra pestello e pareti del cilindro è di 50500 m (tight-fitting). Tessuti animali (fegato, reni, cuore etc.) La tecnica non è adatta per cellule batteriche o per lieviti. Metodi moderati Omogeneizzatori a lama Si tratta di normali frullatori. Il tessuto viene sminuzzato per azione delle lame. Tessuti animali e vegetali Macinazione con mortaio Le cellule vegetali, dotate di parete cellulare, possono essere mescolate con sabbia e triturate con un pestello a mano (la rottura delle pareti è data dall’effetto abrasivo della sabbia). Alternativamente, i tessuti vegetali possono essere congelati in azoto liquido (-196°C); ciò rende le pareti particolarmente fragili ed è abbastanza facile rompere le cellule con un pestello. Tessuti vegetali. Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 4 Metodi vigorosi Esempi di materiale utilizzabile Metodo French Press La sospensione di cellule è inserita in una camera di compressione di acciaio inox, dotata di pistone e chiusa da una valvola a spillo. Si rimuove tutta l’aria dalla camera (così che rimanga solo la sospensione di cellule) e mediante il pistone vengono applicate sulle cellule pressioni idrauliche elevatissime (fino a 105 kPa, cioè 1000 atmoatmosfere). Le cellule subiscono una compressione notevole. Batteri, lieviti Pistone Camera di compressione Valvola a spillo Poi si apre lentamente la valvola a spillo, così che le cellule possono fuoriuscire dalla valvola stessa. A causa del brusco sbalzo di pressione cui sono sottoposte uscendo dalla valvola, le cellule ‘esplodono’ e si frantumano. Il metodo funziona bene per volumi medi di materiale, da 10 a 30 ml, ma richiede troppo lavoro per preparazioni su larga scala. Sonicazione Nella sospensione viene immersa la sonda metallica di un sonicatore, che vibrando è in grado di emettere onde sonore ad altissima frequenza. Le cellule vengono rotte dalle elevate pressioni locali indotte da queste onde. Svantaggi: sviluppo di calore (si rimedia lavorando con le soluzioni in bagno di ghiaccio e programmando il funzionamento ‘pulsato’, cioè intermittente, della sonda), pericolo di danni per l’udito dell’operatore (è necessario usare cuffie). Batteri, sospensioni di cellule Macinazione con microsfere. Le cellule vengono mescolate con sfere di vetro di diametro molto ridotto (ad es., 500 m), e poi sottoposte a vigorosa agitazione con strumenti appositi (vortex e simili) per diversi minuti. Le cellule sono frantumate dagli urti meccanici tra le microsfere. Lieviti, sospensioni di cellule Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 5 SOLUZIONI IMPIEGATE PER FRAZIONAMENTO E OMOGENEIZZAZIONE Le soluzioni impiegate per sospendere le cellule e per stabilizzare l’omogenato devono mantenere il più possibile l’integrità degli organelli (se questi si vogliono ottenere intatti) e delle macromolecole presenti nella cellula, l’attività degli enzimi etc. La formulazione di queste soluzioni è basata sulle caratteristiche chimico-fisiche dei fluidi biologici. In particolare, sarà importante che queste soluzioni mantengano un pH simile a quello fisiologico e che siano isotoniche rispetto alle cellule ed agli organelli. MANTENIMENTO DEL pH: IL TAMPONE O BUFFER Il mantenimento del pH della soluzione a valori fisiologici o quasi è essenziale per preservare la funzionalità biologica dell’estratto. Variazioni anche minime del pH possono portare a cambiamenti nella permeabilità delle membrane, nella stabilità delle strutture macromolecolari o nelle proprietà funzionali di proteine ed enzimi (un esempio banale: l’emoglobina a basso pH tende a rilasciare l’O2 legato). Per il mantenimento del pH, la soluzione dovrà contenere un tampone (buffer) a concentrazione elevata (50-100 mM). Il tampone ideale dovrà possedere le seguenti qualità: - Tamponare a pH vicino alla neutralità (approssimativamente il pKa del tampone dovrebbe essere compreso tra 6 ed 8; il normale pH intracellulare è ~7.4 e la maggior parte dei sistemi biologici sono stabili e funzionano al meglio tra pH 5.5 ed 8.5). - Essere altamente solubile. - Non penetrare attraverso le membrane (se si studiano organelli). - Essere stabile chimicamente ed enzimaticamente (ad esempio, il fosfato è spesso substrato, o prodotto, o effettore di enzimi – questo può provocare problemi nel seguire la purificazione di tali enzimi mediante saggi enzimatici). - Non assorbire luce nelle regioni dello spettro UV-visibile (per non interferire con la determinazione spettrofotometrica delle proteine). - Non essere tossico. - Costare poco. Per quanto banale, la considerazione è importante, perché per i processi di omogeneizzazione e di frazionamento cellulare è spesso necessario preparare molti litri di soluzione tamponata. I tamponi più comunemente usati in biochimica sono costituiti da acidi deboli, soprattutto inorganici (H2CO3, H2PO4-, H3BO3, CH3COOH...) e da alcuni tipi di ammine ed amminoacidi. Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 6 ALCUNI DEI TAMPONI PIÙ COMUNEMENTE USATI IN BIOCHIMICA Acido o base pKa (a 25°C) Acido acetico 4.75 Acido citrico 4.76 (pKa2) 6.4 (pKa3) È efficace come tampone a pH <7. Tende a chelare gli ioni polivalenti. 6.1 È uno dei cosiddetti ‘Good buffers’ (dal nome di chi ne ha esplorato l’uso in biochimica e biologia cellulare), come anche Bicina, PIPES, HEPES ed altri. Poco tossico per le cellule. 6.35 (pKa1) 10.3 (pKa2) La forma diprotonata tende a formare CO 2. Più utile come tampone per la biochimica, a pH alcalini, lo ione monoacido. 6.8 Relativamente costoso, ma valido. Interagisce pochissimo con i metalli divalenti (Ca2+, Mg2+, Mn2+). Può interferire con il metodo di Lowry per la determinazione della concentrazione proteica. MES acido 2-(N-morfolino)-etansulfonico Acido carbonico PIPES acido 1,4piperazinodietansulfonico Imidazolo Acido fosforico HEPES acido N-2-idrossietil- Note È efficace come tampone solo a pH acidi (4-5.5). 7.0 7.2 (pKa2) 12.3 (pKa3) Poco costoso. È spesso metabolita o inibitore di sistemi enzimatici. Tende a precipitare i cationi polivalenti. 7.5 Vedi PIPES. 8.1 Poco costoso e molto usato. Tuttavia può dare effetti inibitori con molti sistemi enzimatici ed interagire fortemente con I metalli di transizione. Il suo pKa varia sensibilmente con la temperatura Bicina 8.35 Un ‘Good buffer’. Acido borico 9.2 Forma complessi con gli acidi nucleici. piperazina-N’-2-etansulfonico Tris Tris(idrossimetil)aminometano N,N’-bis-(2-idrossietil)glicina Glicina 9.8 (pKa2) Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 7 MANTENIMENTO DELLA PRESSIONE OSMOTICA Quando si voglia prevenire lo shock osmotico degli organuli e la loro lisi, occorre che il medium abbia una pressione osmotica analoga a quella intracellulare. Si può impiegare a questo scopo uno zucchero come il saccarosio (0.25 M). Nel caso il saccarosio interferisca con i saggi enzimatici, si può impiegare mannitolo. Questi zuccheri (ed eventualmente sali, aggiunti in concentrazioni moderate per mantenere una forza ionica prossima a quella intracellulare) sono generalmente anche stabilizzanti delle strutture proteiche. ALTRI COMPONENTI DEL MEDIUM - Ioni Mg2+ contribuiscono a mantenere integri nuclei e ribosomi (stabilizzano le strutture tridimensionali del DNA e dell’RNA). - Composti tiolici (2-mercaptoetanolo, ditiotreitolo, glutatione, cisteina…) vengono utilizzati per mantenere ridotti i gruppi sulfidrilici delle proteine ed impedire la formazione di legami disolfuro ‘spurii’ (ovviamente, questi composti non vanno usati durante le procedure di purificazione di proteine che contengono ponti disolfuro essenziali). - Inibitori di proteasi. Servono ad impedire o ritardare i fenomeni degradativi dovuti alla liberazione di proteasi intracellulari. Si usano molecole specifiche per diverse classi di proteasi: il PMSF (fenilmetilsulfonil fluoruro; è un inibitore delle proteasi a serina), la leupeptina (un tripeptide modificato; è inibitore reversibile di alcune proteasi seriniche e cisteiniche), la pepstatina A (blocca le proteasi acide quali pepsina, renina, chimosina), l’EDTA (un chelante dei metalli, che quindi inibisce indirettamente le metalloproteasi) etc. - …ovviamente, se quello che si intende purificare non sono proteine ma acidi nucleici, RNA in particolare, occorrerà usare degli inibitori di nucleasi (RNAsina, cocktails di anticorpi specifici per le ribonucleasi, vanadil nucleotidi…). La temperatura alla quale vengono effettuati l’omogeneizzazione delle cellule e la purificazione di organelli o macromolecole è importante. Di solito tutte queste operazioni vengono effettuate al freddo (soluzioni mantenute in ghiaccio; manipolazioni in camera fredda; centrifugazioni a 4°C etc.) tranne che per la purificazione di proteine termostabili. Metodologia Biochimica 2002 – Lez. 1 8 SITI WEB INTERESSANTI Per quelli di voi che volessero approfondire gli argomenti descritti in questa parte del programma e che hanno accesso al World Wide Web: Sito Web Commento http://www.esb.ucp.pt/~bungah/working/disrupt.htm Un sito con descrizione succinta ma completa dei metodi per la lisi cellulare (soprattutto batteri) http://www.ambion.com/techlib/tn/54/542.html Un sito commerciale dedicato alle metodiche per la lisi cellulare finalizzate all’estrazione di RNA (ad es., di ribosomi o di mRNA). http://www.science.smith.edu/departments/Biochem/Bi ochem_353/Buffer_Theory.html Un buon sito in cui viene descritta la teoria e la pratica della preparazione dei buffers. Vengono inoltre fornite liste dei più comuni tamponi (e combinazioni di tamponi) usati in biochimica.