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RELAZIONE DI FISICA

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RELAZIONE DI FISICA
MISURA DEL RAPPORTO CARICA MASSA DELL’ELETTRONE
OBBIETTIVO: lo scopo dell’esperimento è misurare il rapporto carica- massa dell’elettrone detto
anche carica specifica attraverso le bobine di Helmholtz.
MATERIALE UTILIZZATO: -tubo a raggio filiforme
-supporto con bobine di Helmholtz
-un alimentatore per il tubo a a raggio
-un alimentatore da 6 V e 22° per le bobine
-un reostato a cursore
-un amperometro
-un voltmetro
-un righello con sensibilità di 1 cm
PREMESSA TEORICA: Il tubo a fascio filiforme è costituito da un’ampolla di vetro di forma sferica,
contenente idrogeno a bassa pressione (motivo per cui osservo il fascio di elettroni di colore
azzurro). Un filamento posto all’interno del tubo viene portato all’incandescenza ed emette
elettroni per effetto termoionico. Gli elettroni vengono accelerati da una differenza di potenziale
che si applica tra il filamento e un anodo posto immediatamente sopra di esso. L’anodo, a forma di
cono, presenta sulla punta un piccolo foro che permette agli elettroni di uscire. L’energia degli
elettroni è sufficiente per eccitare per urto gli atomi di idrogeno presenti nell’ampolla; gli atomi
decadono poi rapidamente allo stato fondamentale emettendo fotoni che rendono visibile il
percorso degli elettroni all’interno del tubo.
Un elettrone, di carica e, che si muove in un campo magnetico B è soggetto alla forza di Lorentz.
Se il campo magnetico è omogeneo e la velocità 𝑣 è in direzione perpendicolare al campo, il
modulo della forza di Lorentz si può scrivere in forma semplice: 𝐹 = π‘žπ‘£π΅. Essendo la forza di
Lorentz perpendicolare alla velocità, e quindi allo spostamento, non compie lavoro e pertanto essa
non produce alcun cambiamento nell'energia cinetica della carica e quindi del modulo della sua
velocità. L'azione di questa forza, che svolge il ruolo di forza centripeta, è quella di cambiare la
direzione della velocità della carica costringendola a muoversi di moto circolare uniforme;
pertanto si può scrivere: π‘š
𝑣2
π‘Ÿ
= π‘žπ‘£π΅ → π‘šπ‘£ 2 = π‘žπ‘‰π‘…π΅
Usiamo la conservazione dell’energia tra l’anodo e il catodo, supponendo che la velocita` con cui
l’elettrone lascia il catodo sia trascurabile e che V sia la differenza di potenziale tra i due elettrodi :
1
2
π‘šπ‘£ 2 = π‘žV → π‘šπ‘£ 2 = 2π‘žπ‘£. Uguagliando i secondi membri delle due equazioni otteniamo:
2𝑉
π‘ž
𝑣
π‘žπ‘‰π΅π‘… = 2π‘žπ‘£ dove 𝑣 = 𝑅𝐡 . Da quest’ultima ricaviamo π‘š = 𝐡𝑅 e sostenendo il valore ottenuto
dalla precedente relazione ottengo
π‘ž
π‘š
2𝑉
= 𝐡2 𝑅2 .
L’ampolla del apparato dell’esperimento è collocata al centro di una coppia di bobine di Helmholtz
che, percorse da una corrente I, producono nella zona del tubo un campo di induzione magnetica
3
B altamente uniforme, di intensità pari a: 𝐡 =
4 2𝑁
πœ‡0 (5) π‘Ÿ 𝐼
= KI dove K è il dato che ci fornisce la
casa costruttrice delle bobine. In questa formula N è il numero di spire di ciascuna delle due
bobine, r il loro raggio e μ0 è la permeabilità magnetica del vuoto (μo = 4π 10‐7 N/A2 ). Il campo
magnetico prodotto dalle bobine è diretto lungo l’asse di simmetria del sistema e gli elettroni
accelerati escono dall’anodo in direzione verticale.
SVOLGIMENTO: inizialmente abbiamo osservato il sistema senza il campo magnetico esterno
andando a notare come gli elettroni, di colore blu poiché eccitati dallo scontro con le particelle a
bassa pressione dell’idrogeno contenente nell’ampolla, siano perpendicolari al piano di appoggio
dell’apparato poiché il fascio di elettroni mantiene la stessa direzione del campo elettrico.
Successivamente abbiamo utilizzato un magnete e lo abbiamo posto nelle vicinanze dell’ampolla
notando come il fascio di elettroni si muovesse cambiando il suo asse di inclinazione. Una volta
osservato questi fenomeni abbiamo attivato il campo magnetico prodotto dalle due bobine e si è
potuto notare un nuovo moto del fascio di elettroni che corrispondeva a quello di una
circonferenza. Abbiamo poi potuto osservare che posizionando un magnete esterno
perpendicolare all’asse delle due bobine il fascio compieva una traiettoria a spirale che man mano
si avvicinava aumentava la distanza delle due spire. Successivamente, misurando i diversi
parametri che ho fatto riferimento precedentemente nella parte teorica abbiamo potuto andare a
π‘ž
calcolare la carica specifica π‘š .
RACCOGLIMENTO DATI:
βˆ†π‘‰(v)
𝑖(A)
π‘Ÿ(cm)
245±1
1,39±0,001
4,3 × 10−2 ± 0,1
B=KI= 7,79× 10−4 × 1,4 =1,08× 10−3 𝑇
q/m=2V/(B^2 R^2 )= 2,27× 1011 𝐢⁄𝐾𝑔
𝐡(𝑇)
1.08× 10−3 ±
π‘ž⁄ 𝐢
π‘š( ⁄𝐾𝑔)
K(𝑇⁄𝐴)
2,27× 10−11 ±
K=7,79× 10−4
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