PICASSO P A R A D E NAPOLI 13 marzo 1917 Siamo [con Picasso, Sergej Djagilev e Massine] di nuovo a Roma dopo un viaggio a Napoli, e da lì a Pompei in auto. Credo che nessuna città al mondo possa piacermi più di Napoli. L’Antichità classica brulica, nuova di zecca, in questa Montmartre araba, in questo enorme disordine di una kermesse che non ha mai sosta. Il cibo, Dio e la fornicazione, ecco i moventi di questo popolo romanzesco. Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole del mondo. Il mare è blu scuro. Scaglia giacinti sui marciapiedi Jean Cocteau, Lettres à sa mère, I, 1898-1918, Paris, Gallimard, 1989 organizzazione e comunicazione Mostra realizzata nell’ambito del progetto “Itinerari del Contemporaneo-Confronti” programmato e finanziato dalla Regione Campania con i fondi POC 2014-2020 S O M M A R I O Comunicato stampa Intorno a Parade Scheda tecnica Scheda catalogo Colophon Testi istituzionali Saggi curatori I protagonisti Progetto espositivo Scheda Teatro dell’Opera di Roma Selezione immagini per la stampa* Schede media partner e sponsor tecnici * le immagini in alta risoluzione e l’elenco delle opere in mostra sono disponibili al seguente link: www.electa.it/ufficio-stampa/picasso-napoli-parade C O M U N I C A T O S T A M P A Picasso e Napoli: Parade Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli Antiquarium, Scavi di Pompei a cura di Sylvain Bellenger e Luigi Gallo 8 aprile – 10 luglio 2017 Nel 2017 si celebra a Napoli e a Pompei il centenario del viaggio di Picasso in Italia che l’autore compì insieme a Jean Cocteau per lavorare con i Balletti Russi a Parade, balletto che andò in scena a Parigi a maggio del 1917, su soggetto dello stesso Cocteau e musica di Erik Satie. Durante il soggiorno nel nostro paese l’artista fu a Napoli due volte, tra marzo e aprile del 1917, e a Pompei. Per l’occasione, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Soprintendenza Pompei, il Museo e Real Bosco di Capodimonte e il Teatro dell’Opera di Roma, con il contributo della Regione Campania e attraverso la Fondazione regionale Donnaregina per le arti contemporanee e la società regionale Scabec, con la produzione e l’organizzazione di Electa, promuovono la mostra Picasso e Napoli: Parade, che avrà luogo a Capodimonte e Pompei, a cura di Sylvain Bellenger e Luigi Gallo. L’evento espositivo permetterà di sottolineare l’importanza dell’incontro diretto di Picasso con l’antichità a Pompei e con la cultura tradizionale napoletana, aspetto totalmente nuovo negli studi picassiani, attraverso alcune fra le sue maggiori espressioni - il presepio, il teatro popolare e il teatro delle marionette -. Il binomio composto dalla città antica e dalla moderna conquista Picasso: l’una per un’antichità nella quale la storia si stempera nel quotidiano, l’altra per la vitalità tinta di accenni drammatici. Con Parade, il pittore cubista torna alla sua prima ispirazione legata al mondo del circo, rinnovando inoltre l’interesse per la tradizione classica, evocata poi da Cocteau con il suo “Richiamo all’ordine”. Le opere in mostra provengono da diversi musei e collezioni private fra i quali il Centre Georges Pompidou / Musée National d’Art Moderne, il Musée Picasso Paris, il Museu Picasso Barcellona, la Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent, la Bibliothèque Historique de la Ville de Paris, la Maison Jean Cocteau, Milly la Forêt, la Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte (FABA), il Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e il Teatro dell’Opera di Roma. organizzazione e comunicazione Mostra realizzata nell’ambito del progetto “Itinerari del Contemporaneo-Confronti” programmato e finanziato dalla Regione Campania con i fondi POC 2014-2020 NAPOLI La reggia di Capodimonte ospiterà nella sala da ballo il sipario Parade. Sarà a Napoli, per la prima volta, la più grande opera di Picasso, di capitale importanza per l’arte moderna, una tela di 17 metri di base per 10 di altezza, conservata al Centre Georges Pompidou di Parigi ma, per le sue dimensioni, esposta solo in rare occasioni –al Brooklyn Museum (New York 1984); al Palazzo della Gran Guardia (Verona 1990); a Palazzo Grassi (Venezia 1998) e al Centre Pompidou di Metz (2012-2013). L’opera sarà accompagnata in mostra da un’ampia selezione di lavori del pittore spagnolo: oltre a un insieme unico di bozzetti provenienti dal Musée Piacsso di Parigi, che permette di seguire il percorso creativo dell’artista nell’ideazione dei costumi di Parade, evidenziando le diverse influenze culturali, l’esposizione si presta anche a una riflessione su alcuni soggetti ricorrenti nell’opera di Picasso, veri e propri stilemi dell’artista, come la natura morta, la figura del musico e degli strumenti musicali e la maschera di Arlecchino. Inoltre, opere come l’iconico Atleta blu del 1930, la cui ispirazione deriva dagli acrobati di Parade, permettono di analizzare la persistenza di temi nell’opera di Picasso. Ad indagare ulteriormente il rapporto di Picasso con il teatro e la tradizione partenopea, a Capodimonte saranno anche esposti i bozzetti eseguiti dall’artista per il balletto Pulcinella (in scena nel 1920 a Parigi con musiche di Stravinsky e coreografie di Massine) insieme a alcune marionette e pupi della maschera napoletana dalla collezione Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte. Per valorizzare il rapporto fra Picasso e il mondo dello spettacolo, in particolare la cinematografia, verranno proiettati alcuni frame di film, quali Le Mistère Picasso, diretto da Henry-Georges Clouzot nel 1956 e vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes, che mostra l’artista nel fervore della sua creatività. POMPEI L’Antiquarium di Pompei accoglierà i costumi del balletto disegnati dall’artista, che fu a Pompei nel marzo del ’17. A conferma dell’influsso dell’iconografia teatrale sull’arte di Picasso e per celebrarne la passione per la maschera, i costumi saranno messi a confronto con una raccolta di maschere africane, insieme a una scelta di reperti archeologici dal sito, tra cui un gruppo di maschere teatrali, per la maggior parte inedite (antefisse, lastre a rilievo, erme, statue…). Il confronto inedito fra i riferimenti antichi e l’art nègre è sottolineato a Pompei dal magnifico bozzetto del quadro manifesto del cubismo Les demoiselles d’Avignon dipinto nel 1907 e esposto per la prima volta con grande clamore nel 1916. Il tema della maschera, tanto nella sua accezione coreutica che nei richiami alla tradizione antica africana, vuole sottolineare quanto Picasso abbia approfondito il ragionamento su un artificio capace di esaminare a fondo l’identità: indossare una maschera, in senso letterario o simbolico, significa smettere di essere se stessi; al contrario, toglierla, permette la rivelazione di una verità psicologica. L’immagine di Picasso, meditativo mentre si accende la pipa, e Massine, appoggiato a un mascherone che serve da bocca di una fontana, presente all’Antiquarium, è stata utilizzata per illustrare il programma di Parade a Parigi nel 1917. Quest’estate il Teatro Grande di Pompei ospiterà il 27, 28 e 29 luglio due balletti con la coreografia di Leonide Massine: Parade su musica di Erik Satie e Pulcinella su musiche di Stravinskij, entrambi interpretati dai primi ballerini, solisti e corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Se la mostra di Capodimonte ricostruisce la permanenza di Picasso a Napoli e gli influssi partenopei nella creazione dei balletti Parade e Pulcinella, a Pompei si offre una evocazione del concetto di maschera nell’arte del pittore spagnolo, avvezzo alla mascherata e al trasformismo, come dimostrano le sue personificazioni con l’Arlecchino prima e il Minotauro dopo. Anche il Teatro di San Carlo ricorda i 100 anni dalla visita di Pablo Picasso a Napoli e partecipa alle iniziative in occasione dell’esposizione di Parade a Capodimonte, proiettando in loop, sul monitor collocato nel Foyer degli Specchi, e a Memus (Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo), per il periodo della mostra (7 aprile – 10 luglio), i filmati di due balletti realizzati dal Teatro dell’Opera di Roma, nel 2007, in occasione di una serata Picasso – Massine, che comprendeva Parade, balletto realistico su musica di Erik Satie e Pulcinella su musica di Igor Stravinskij. Accanto al monitor verranno altresì allestiti i costumi del balletto Pulcinella, su disegno originale di Picasso. Dunque, negli orari di apertura del Teatro, tutti i visitatori che vi entreranno tramite visite guidate, e tutti coloro che assisteranno agli spettacoli nei prossimi mesi, potranno, nel foyer, ricordare l’impatto teatrale di Picasso scenografo e costumista, in due capolavori assoluti nella storia della danza. La mostra Picasso e Napoli: Parade a Napoli e Pompei è l’appuntamento inaugurale dell’iniziativa Picasso-Mediterraneo del Musée national Picasso-Paris, un evento culturale internazionale che ha luogo dalla primavera 2017 alla primavera 2019. Più di sessanta istituzioni di 8 Paesi hanno ideato diversi progetti di mostre sull’opera «ostinatamente mediterranea» di Pablo Picasso. Le immagini per la stampa e l’elenco delle opere in mostra possono essere scaricate al seguente link: www.electa.it/ufficio-stampa/picasso-napoli-parade Password: PICASSOPARADE I N T O R N O A P A R A D E EVENTI A CAPODIMONTE In occasione della mostra Picasso e Napoli: Parade, il museo di Capodimonte organizza un programma di eventi che approfondiranno temi ed aspetti del rapporto di Picasso con la musica e il teatro. I CONCERTI La musica racconta Picasso La programmazione musicale, a cura del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella, concepita per la mostra Picasso e Napoli: Parade a Capodimonte, si ispira ai sentimenti e agli entusiasmi che il pittore spagnolo provò durante il suo soggiorno napoletano, dove rimase affascinato dalla freschezza della quotidianità e della vivacità della vita popolare napoletana, dalla sua bellezza, dalla sua arte e dalla particolarità del suo paesaggio. Igor Stravinskij e Pablo Picasso si conobbero a Roma esattamente un secolo fa, nel 1917, in occasione della rappresentazione del balletto Le donne di buonumore, portato in Italia dalla compagnia di Sergej Djagilev, fondatore dei Ballets russes in tournée. Nello stesso anno Stravinskij e Picasso visitarono Napoli: fu una folgorazione e un ritrovarsi in una città che esprimeva l’arte in ogni sua possibile manifestazione. I due artisti furono attratti dalla commedia dell’arte in lingua e dalla cultura popolare napoletana, considerata dal musicista “primitiva, dinamica e popolare”, ma vera. Sulla scia di questa emozione, Stravinskij fu felice di accettare, due anni dopo, la proposta di Djaghilev di ricomporre, basandosi sul repertorio napoletano settecentesco, un balletto le cui scene e i costumi vennero affidati, per volere del compositore stesso, a Pablo Picasso, intorno alla figura partenopea per eccellenza: Pulcinella. 24 aprile 2017 - Concerto inaugurale Igor Stravinskij - Pulcinella suite Alfredo Casella - Scarlattiana Orchestra San Pietro a Majella Alessandro Schiano Lo Moriello, pianoforte Francesco Vizioli, direttore 7 maggio 2017 - Vita popolare napoletana nei quadri di Picasso Fantasia Napoletana Totò Fantasy Orchestra San Pietro a Majella Mario Ciervo, direttore 21 maggio 2017 - Napoli suona la Spagna Musiche di Manuel De Falla, Francis Poulenc, Erik Satie e Elsa Evangelista Francesco Trincone, chitarra 6 giugno 2017 – Contrasti del ’900 Maurice Ravel - Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi Igor Stravinskij - L’histoire du soldat Orchestra San Pietro a Majella Francesco Vizioli, direttore LE PERFORMANCE OLTRE PARADE di Rosalba Quindici 8 e 9 giugno 2017, ore 17.30 Oltre Parade è un’opera mimico-musicale, scritta e diretta dalla compositrice Rosalba Quindici, ispirata al Sipario che Picasso realizzò per Parade. Frutto di una personale interpretazione della tela picassiana, la performance può essere letta nel suo insieme come una sorta di carousel vivant, diviso in più scene, che si strutturano intorno all’azione di un ensemble, di una ballerina e di personaggi appartenenti al mondo circense. Attraverso una continua trasformazione del gesto mimico-musicale l’opera, dunque, si presenta come un viaggio che va oltre Parade, un viaggio che della grande tela di Picasso intende esaltare quegli elementi che sono legati al mondo infantile, al mondo del circo e a quello misterioso e teatrale di una Napoli che incantò il pittore e lo ispirò nella creazione delle immagini per Parade. APPARIZIONI di Valeria Apicella 10 giugno 2017, ore 17.30 Apparizioni è una installazione coreografica, creata appositamente per Parade dall’artista Valeria Apicella, che cerca un dialogo tra i due gruppi - aspetti diversi di una cosmologia del teatro - rappresentati sul sipario di Parade, ma anche con l’artista stesso al momento della creazione dell’opera. Apparizioni è una torsione del corpo d’un danzatore sul corpo stesso dell’opera di Picasso. In tre tempi, la presenza corporea si disarticola e si ricompone, e indaga l’istante di quel che fu l’ispirazione e l’indefinibile essenza di Parade. ... in una cartolina, in un fotomontaggio, tra un viaggio e il suo ricordo visuale. ... in un impeto di libertà. Io sono Picasso. Tu sei Picasso. di Valeria Apicella LA DIDATTICA La didattica è a cura dei Servizi educativi del Museo e Real Bosco di Capodimonte domenica 7 maggio 2017, ore 10.00 e 11.30 «Parade è un giocattolo infrangibile» (Jean Cocteau) Visita a tema, dedicata al rapporto tra arte e teatro da Picasso a Paolini, a cura di Lorella Starita, domenica 28 maggio 2017, ore 11.00 Tous les enfants sont des artistes… Laboratorio per la costruzione di costumi ispirati a Picasso, a cura di Lorella Starita domenica 4 giugno 2017, ore 10.00 e 11.30 Si può dipingere la musica? Visita a tema a cura di Lorella Starita Servizi Educativi di Capodimonte e-mail: [email protected] tel. +39 081 7499130 (v 10.00-13.00 | 15.00-17.00 tranne il mercoledì) e-mail: [email protected] tel. +39 081 440438 (lun.- ven., v 10.00-14.00) Sito web Museo di Capodimonte www.museocapodimonte.beniculturali.it S C H E D A T E C N I C A titolo Picasso e Napoli: Parade sedi Museo e Real Bosco di Capodimonte, via Miano 2, Napoli Antiquarium, Scavi di Pompei date di apertura al pubblico 8 aprile – 10 luglio 2017 a cura di Sylvain Bellenger e Luigi Gallo promossa da Soprintendenza Pompei Museo e Real Bosco di Capodimonte Teatro dell’Opera di Roma con il contributo di Regione Campania attraverso la Fondazione regionale Donnaregina per le arti contemporanee e la società regionale Scabec nell’ambito dell’iniziativa Picasso Mediterraneo del Musée National Picasso-Paris organizzazione e comunicazione Electa orari Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì dalle 8.30 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18.30) chiuso 1 maggio Antiquarium, Scavi di Pompei aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18.00) sabato e domenica apertura ore 8.30 chiuso 1 maggio biglietti Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli intero mostra 10 euro ridotto mostra 8 euro intero mostra+museo 12 euro Antiquarium, Scavi di Pompei Dal 12 aprile, biglietto integrato scavi e mostre (Picasso e Napoli: Parade; Pompei e i Greci) intero: 13 euro (11 euro ingresso scavi + 2 euro supplemento mostra) ridotto: 7,50 euro (5,50 euro ingresso scavi+ 2 euro supplemento mostra) cumulativo: 22 euro (20 euro ingresso scavi e altri siti + 2 euro supplemento mostra) uffici stampa Electa Ilaria Maggi [email protected] T. +39 02 71046250 responsabile comunicazione Monica Brognoli [email protected] T. +39 02 71046456 Soprintendenza Pompei ufficio stampa e comunicazione Marella Brunetto Lara Anniboletti [email protected] T. +39 081 8575327 mostrapicassoparade.it #picassoparade S C H E D A C A T A L O G O PICASSO E NAPOLI: PARADE a cura di editore pagine illustrazioni prezzo Sylvain Bellenger e Luigi Gallo Electa 240 circa 150 circa 40 euro SOMMARIO Ritratti Saggi Pablo Picasso Luigi Gallo L’Europa a Napoli Sylvain Bellenger Jean Cocteau Claude Arnaud Il retro del nostro baraccone da fiera: a proposito del termine Parade Jean-François Chougnet Erik Satie Claudio Strinati Serge Djagilev Jane Pritchard Léonide Massine Luigi Gallo Igor Stravinskij Claudio Strinati Fortunato Depero Alessandro Nigro Œuvres Picasso Il viaggio in Italia Arlecchino Arte popolare napoletana e moderna Sipario Musica e scenografia Depero Il balletto Pulcinella Cocteau Parade Claude Arnaud “Grimaces, Pataques & Interstices”. Parade prima di Parade Marco Vallora Satie compone Parade Claudio Strinati Depero e Djagilev: un incontro sul filo del rasoio Alessandro Nigro I costumi per Parade Jane Pritchard Picasso, i costumi per Parade e la scultura africana Maria Grazia Messina Parade a Milano Luca Massimo Barbero Picasso a Napoli: tra arte popolare e teatro tradizionale Carmine Romano Picasso a Napoli Maria Tamajo Contarini Picasso incontra i ricordi del San Carlino Silvia Cocurullo Dalla fontana sulla Via Stabiana ai tetti pompeiani: maschere teatrali a Pompei Luana Toniolo Picasso e Pulcinella: la maschera poliforme Luigi Gallo C O L O P H O N Mostra realizzata nell’ambito del progetto “Itinerari del Contemporaneo-Confronti” programmato e finanziato dalla Regione Campania con i fondi POC 2014-2020 PICASSO E NAPOLI: PARADE Napoli Museo e Real Bosco di Capodimonte Scavi di Pompei Antiquarium 8 aprile – 10 luglio 2017 Direttore generale Sylvain Bellenger Direttore generale Massimo Osanna Chief curator Linda Martino Direttrice Ufficio Scavi Grete Stefani Coordinamento organizzativo Ornella Agrillo, Paola Giusti, Maria Tamajo Contarini, Patrizia Piscitello con Laura Duquesne Responsabile unico del procedimento Paolo Mighetto Ufficio Mostre Patrizia Piscitello, Alessandra Rullo con Mariolina Cilurzo Coordinamento tecnico Anna Capuano, Rosa Romano, Ciro Mauriello, Andrea Nicola, Pasquale Corvino Ministro Dario Franceschini Direttore generale Musei Ugo Soragni Coordinamento amministrativo Giuseppe Mandato, Grazia Barlese, Salvatore Capasso, Pia Raffaella Orsini Segreteria Direttore generale Mayra Pascariello, Anna Santoro Coordinamento archeologico Luana Toniolo Segreteria Direttore generale Ernesta Rizzo, Clelia Mazza Funzionari Soprintendenza Alberto Bruni (Segretariato Generale del Mibact) Laura D’Esposito, Andrea Garelli, Maria Laura Iadanza, Carmela Mazza, Alfredo Nastri Assistente tecnico Gennaro Di Martino Affari Generali Giuseppe Vitalone Ufficio Stampa e Comunicazione Marella Brunetto, Daniela Leone, Alessandro Tartaglione, Lara Anniboletti, Antonio Benforte, Biagio Ricciardiello, Giuseppe Barbella Web e Comunicazione Maurizio Vitiello, Alessio Cuccaro, Marina Morra, Concetta Capasso Guardiania, servizi per la mostra e manutenzione Ales Coordinamento dei servizi Francesco Aruta, Salvatore Carmellino, Antonio Ferola, Silvana Grassi, Teresa Nappa Responsabile ICT Gennaro Martano CED Bruno Mandragora, Raffaele Rosa, Callisto Russo, Antonio Tirelli Movimentazioni interne Coordinamento Paola Giusti con Maria Rosaria Sansone, Valentina Canone Realizzazione Giuseppe Esposito, Vincenzo Paciello Revisione conservativa delle opere Angela Cerasuolo, Simonetta Funel, Alessandra Golia, Claudio Palma, Antonio Tosini, Giuseppe Silvestro, Giuseppe Marino, Antonio De Riggi, Vincenzo Nacarlo, Gennaro Varvella Trasporti e movimentazioni Fratelli Bevilacqua Servizi museali MUSIS Didattica Le Nuvole / Pierreci Servizi Educativi Museo e Real Bosco di Capodimonte Associazione Amici di Capodimonte Picasso-Méditerranée: un’iniziativa del Musée National Picasso-Paris “Picasso-Mediterraneo” è un evento culturale internazionale che avrà luogo dal 2017 al 2019. Più di sessanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull’opera “ostinatamente mediterranea” di Pablo Picasso. Su iniziativa del Musée National Picasso-Paris, questo percorso nel lavoro dell’artista e nei luoghi che l’hanno ispirato presenta una nuova esperienza culturale, dedicata a rinsaldare i legami da entrambe le sponde del Mediterraneo Mostra e catalogo a cura di Sylvain Bellenger Luigi Gallo Presidente della Giunta regionale Vincenzo De Luca Presidente Virginia Raggi Direttore Generale per le Politiche Culturali Rosanna Romano Sovrintendente Carlo Fuortes Dirigente Ufficio Beni Culturali Nadia Murolo Direttore Artistico opera Alessio Vlad Direttore Artistico sinfonica e contemporanea Giorgio Battistelli Presidente Pierpaolo Forte Vice Presidente Laura Cherubini Consigliere Chiara Falcone Comitato Scientifico Andrea Bellini Johanna Burton Bice Curiger Hou Hanru Gianfranco Maraniello Direttore del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato Direttore del Coro Roberto Gabbiani Direttore generale Rosanna Cappelli Consulenza scientifica progetti espositivi Museo di Capodimonte Luigi Gallo Direttore Andrea Viliani Responsabile mostra Roberto Cassetta Responsabile editoriale e sviluppo internazionale Carlotta Branzanti Coordinatore amministrativo Gianni Limone Responsabile comunicazione Monica Brognoli Coordinamento attività espositive e collezioni Silvia Salvati Responsabile librerie museali Laura Baini Segreteria di produzione e comunicazione Valeria Vacca Organizzazione mostra Anna Civale Daniela Petrone con Grazia Miracco Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina – Madre Napoli Referente per l’editoria e i progetti esterni Anna Cuomo Presidente Antonio Bottiglieri Consigliere Teresa Armato Consigliere Nicola Oddati Direttore generale Francesca Maciocia Coordinamento generale Maurizio D’Amico Responsabile ufficio amministrativo Luigi Panaro Catalogo Stefania Maninchedda Nunzio Giustozzi Ufficio stampa Ilaria Maggi Stefano Bonomelli Marketing e promozione Aurora Portesio Progettazione dell’allestimento e dell’illuminazione Hubert Le Gall con Laurie Cousseau, Vyara Stefanova Immagine coordinata della mostra e progetto del catalogo Francesco Armitti Coordinamento per la sicurezza e Direzione lavori Studio Ingegneria Testa Realizzazione allestimento Handle Botw (per il sipario di Parade) Trasporti Apice De Marinis Assicurazioni Age, Blackwall Green, Eeckman, Gras Savoye, Mag Jlt Enti e musei prestatori Bibliothèque Historique de la Ville de Paris Centre Pompidou / Musée National d’Art Moderne Centre de Création Industrielle – Paris FABA – Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte – Brussels Fondation Jean et Suzanne Planque et Musée Granet – Aix en Provence Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent, Paris Fundació Museu Picasso de Barcelona Maison Jean Cocteau – Milly-la-Forêt MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto MUDEC, Museo delle Culture – Milano Musée National Picasso-Paris Museo Civico di Scienze Naturali “E. Caffi” sezione Zoologia – Bergamo Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” – Roma Museo del Novecento – Milano Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino – Palermo Soprintendenza Pompei Teatro dell’Opera di Roma Un ringraziamento speciale a Serge Lasvignes, Presidente del Centre Pompidou Si ringrazia inoltre Stefania Albinni, Jean-Louis Andral, Violette Andres, Luca Massimo Barbero, François Bellet, Anna Biagiotti, Bianco-Valente, Bernard Blistène, Silvia Cassini, Jean-Loup Champion, Errico Di Lorenzo, Michele della Cioppa, Darrell Di Fiore, Alain Durel, Elsa Evangelista, Pierpaolo Forte, Emmanuel Guigon, Matteo Lafranconi, Brigitte Leal, Pascale Léautey, Laurent Le Bon, Henry Loyrette, Claudia Montone, Rosario Perricone, Christine Pinault, Emilia Philippot, Almine e Bernard Picasso, Alain Seban, José Lebrero Stals, Hélène Vassal, Andrea Viliani Un ringraziamento speciale a feudi di San Gregorio T E S T I I S T I T U Z I O N A L I Da secoli l’Italia è una tappa fondamentale nel percorso di formazione di artisti e intellettuali, che nel nostro paese e nelle testimonianze delle tante civiltà che vi sono fiorite hanno trovato e continuano a trovare fonte di ispirazione e motivo di crescita creativa. Anche Pablo Picasso, in Italia nel 1917, ha modo di confrontarsi con le diverse tradizioni storiche e artistiche. Viaggiando fra Roma, Napoli e Pompei, il pittore scopre culture diverse e multiformi, dove si uniscono sacro e profano, antico e moderno, elementi che entrano nel suo stile, rinnovandolo con un’inedita classicità. La mostra promossa dalla Soprintendenza di Pompei e dal Museo Nazionale di Capodimonte racconta questa storia, illustrando l’influenza partenopea nella sua arte e, in particolare, nel sipario dipinto per il balletto Parade. Quasi un ricordo del viaggio in Italia di una gioiosa compagnia di artisti, la monumentale tela intraprende un percorso a ritroso nel tempo, celebrando il centenario della visita di Picasso a Napoli e a Pompei. La mostra apre un ambizioso progetto culturale, promosso dal Musée Picasso Paris, dedicato al rapporto ininterrotto fra il grande pittore spagnolo e la cultura del mondo mediterraneo. L’iniziativa ribadisce l’importanza della sinergia fra le diverse istituzioni nazionali che partecipano alla celebrazione: le repliche del balletto Parade nel Teatro Grande di Pompei, prodotte dal Teatro dell’Opera di Roma, e una grande retrospettiva in ottobre alle Scuderie del Quirinale e a Palazzo Barberini contribuiranno a evocare il rapporto di fascinazione fra Picasso e l’Italia. E racconteranno di un’Europa dilaniata dalla guerra in cui la cultura ha continuato a essere un elemento fondamentale per mantenere vivo il dialogo tra i popoli. Dario Franceschini Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Celebrare il centenario del viaggio a Napoli e Pompei che Pablo Picasso eseguì nel 1917 in compagnia del poeta Jean Cocteau è l’occasione per onorare la storia della civiltà campana, attraverso un evento di grande attrattiva culturale che la Regione Campania ha voluto finanziare e promuovere. L’omaggio a questo straordinario artista, icona del XX secolo, è stato realizzato attraverso una sinergia tra il Mibact, con la Soprintendenza di Pompei e il Museo Nazionale di Capodimonte, e la Regione Campania, a testimonianza di quanto siano importanti ed utili le azioni comuni e condivise nell’ambito delle politiche culturali. Meta predestinata del moderno viaggiare, la Campania ha rappresentato sin dal Settecento per artisti, intellettuali, eruditi o connaisseurs la terra promessa dell’arte. Napoli, Pompei, Paestum costituivano l’epicentro del viaggio di formazione destinato allo sviluppo di una sensibilità artistica che si verificava nell’incontro con il mondo classico. E ancora oggi sono luoghi che affascinano e attirano visitatori da tutto il mondo. La Napoli settecentesca s’impose come una vera capitale culturale europea, con lo sviluppo della moderna archeologia, nata con la scoperta dei siti vesuviani, la costruzione delle Regge e la creazione di collezioni d’arte, che ne fanno oggi una delle reti museali più importanti d’Europa. L’Ottocento e il Novecento hanno visto crescere il turismo d’élite, con la creazione del mito di Capri e della Penisola Sorrentina, luoghi diventati protagonisti di romanzi, dipinti, fotografie e pellicole cinematografiche. Innumerevoli gli artisti che si sono lasciati sedurre dalla nostra regione, riportando nelle loro terre una nuova idea del vivere, intrisa della morbida luce mediterranea. E tra loro anche Pablo Picasso. Oggi, con la sua rete eccezionale di musei, siti archeologici e d’interesse paesaggistico, la Campania rappresenta in Italia una delle realtà più interessanti e dinamiche dal punto di vista dell’arte e del patrimonio. Conferma la sua vocazione a terra d’ispirazione ricca di storia, ma anche quella di una terra di nuove idee e proposte culturali. Vincenzo De Luca Presidente Regione Campania “Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità”, scrive, a proposito di Pompei, Johann Wolfgang von Goethe nel suo Italienische Reise, pubblicato in due volumi fra il 1816 e il 1817. Con la sua prosa, icastica e potente, il grande letterato tedesco testimonia la fascinazione del mondo moderno verso l’antica città campana, sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e riscoperta nel 1748. Generazioni di artisti, scrittori, poeti, fotografi e registi si sono avvicendati nelle strade di Pompei, visitandone i templi e il Foro, attraversando le soglie delle domus, estasiandosi davanti alla ricca messe di reperti e di affreschi, con i loro vividi accordi cromatici. Tutti hanno tratto ispirazione, al contempo, dalla vita degli antichi abitanti e dalla loro morte. La contemporaneità continua a nutrirsi di questo connubio inestricabile, come dimostra il crescente interesse del pubblico e le ininterrotte contaminazioni artistiche e performative che trovano a Pompei una patria elettiva. Nel novero delle importanti presenze di artisti nel Novecento va inserita la visita che Pablo Picasso compie nell’antica città vesuviana nel mese di marzo 1917. Il pittore più iconico del XX secolo visita Pompei in compagnia di Jean Cocteau, Sergej Djagilev e il coreografo Léonide Massine con cui lavora alla preparazione del balletto Parade. A testimonianza della gita a Pompei restano tre fotografie eseguite da Cocteau, che ritraggono il pittore negli scavi. L’immagine di Picasso, meditativo mentre si accende la pipa, e Massine, appoggiato a un mascherone che serve da bocca di una fontana, è stata utilizzata per illustrare il programma di Parade a Parigi. Il riferimento all’antica città vesuviana in un balletto con forti connotazioni avanguardistiche rende esplicito quanto l’incontro con la classicità abbia influito sul pensiero dei viaggiatori. Jean Cocteau reagisce poeticamente alla visita e, in una lettera alla madre, racconta il suo tour vesuviano: “Siamo di nuovo a Roma dopo un viaggio a Napoli, e da lì a Pompei in auto. (…) Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole del mondo. Il mare è blu scuro. Scaglia giacinti sui marciapiedi”. Le parole restituiscono un’immagine della natura ormai irrimediabilmente perduta, dopo i bombardamenti, i terremoti, la speculazione edilizia indiscriminata. Eppure identica sembra l’anima campana in cui “l’antichità classica brilla nuova di zecca”, scrive il letterato francese. Pompei costituisce per Cocteau e Picasso un’occasione senza precedenti: la visita a un luogo capace di accendere l’entusiasmo per un’antichità nella quale l’eterno ha il sapore del quotidiano. “Pompei non mi ha stupito. Sono arrivato dritto alla mia casa. Avevo atteso mille anni senza osare tornare a vedere le sue povere rovine” aggiunge il poeta nella sua lettera. L’esposizione ospitata nelle sale dell’Antiquario vuole sottolineare quanto per la concezione dei costumi teatrali di Parade Picasso abbia tratto ispirazione in uguale misura dai riferimenti antichi e dall’art nègre. Il confronto inedito è testimoniato da un insieme eccezionale di maschere africane e classiche, queste ultime conservate nei depositi della Soprintendenza e presentate al pubblico per la prima volta. Chiude la celebrazione picassiana la messa in scena nel Teatro Grande dei balletti con scene e costumi del pittore Parade e Pulcinella, in onore della maschera più rappresentativa della cultura partenopea, le cui origini risalgono al IV secolo avanti Cristo con la commedia Atellana. Celebrare il centenario del viaggio di Pablo Picasso, significa per la Soprintendenza di Pompei rendere un omaggio alla storia moderna del sito archeologico, la cui visione fu di grande importanza per la svolta classicista del pittore spagnolo. L’insieme delle manifestazioni, promosse in collaborazione con il Museo di Capodimonte e il Teatro dell’Opera di Roma, testimoniano inoltre la sinergia viva e fruttuosa fra le diverse istituzioni culturali. Massimo Osanna Direttore Generale Soprintendenza Pompei A Parigi all’inizio del XX secolo il fermento della creazione genera l’interazione fra le arti. Bonnard, Vuillard, Sérusier, Maurice Denis o ToulouseLautrec progettano scenografie e costumi per il teatro. Nel 1907 il grande Djagilev porta in scena la sorpresa, lo scandalo, la meraviglia con i suoi Balletti Russi, modernisti, slavi e orientali, decorati da Léon Bakst, Larionov e Gončarova. Con Parade, la sua nuova scommessa, vuole introdurre nell’arte del balletto il cubismo, cioè la pittura più attuale, più criticata e meno teatrale. La cosa non è priva di contrasti. Djagilev riesce a irritare i conservatori, che esecrano il cubismo, e la sinistra intellettuale che invece ne vorrebbe di più. Per la nuova creazione Picasso e Cocteau raggiungono Djagilev a Roma. Sarà questo viaggio in Italia a portare la modernità cubista verso nuovi territori. Il “ritorno all’ordine” secondo la formula sviluppata da Cocteau nel suo manifesto teatrale e musicale, Il Gallo e l’Arlecchino, del 1918, rivendica un ordine più comprensibile, il classicismo e il mistero surreale delle cose quotidiane. L’incontro di Picasso con Depero – l’artista futurista che realizza macchine plastiche, giocattoli e marionette – è fondamentale, come sottolineano da molti anni gli storici del XX secolo. Ma ciò che è rimasto finora inesplorato è la parte napoletana di quel viaggio italiano. Come dimostrano le ricerche alla base di questo catalogo, al centro della nuova “distorsione del reale” (John Golding, 1980) picassiana ci sono il pittore, poeta e scrittore futurista napoletano Francesco Cangiullo, forse perfino il celebre Scarpetta, Pulcinella, il teatro popolare, i presepi e le marionette, l’anima di Napoli. Il centenario di questo viaggio andava celebrato e voglio ringraziare Luigi Gallo che si è impegnato subito nell’avventura. Massimo Osanna ha voluto aderire al progetto e aggiungere alla nostra visione le due visite di Picasso a Pompei, delle quali conosciamo l’enorme eco nell’opera del pittore. Ringrazio il ministro Franceschini e l’onorevole Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, che ci hanno sostenuto attivamente e concretamente. Patrizia Boldoni che così spesso si è fatta interprete delle nostre esigenze oltre a tutti i membri della Regione Campania che nella frenesia dei loro uffici hanno reso possibile l’esposizione, in particolare, Rosanna Romano. Ringrazio per la loro professionalità Antonio Bottiglieri e tutto lo staff della SCABEC e la casa editrice Electa, che ha accettato con entusiasmo di organizzare l’esposizione e di assumersene il rischio economico. Grazie a tutto il personale di Capodimonte per l’energia, la fedeltà e l’amore per il museo: il dipartimento scientifico, in particolare Linda Martino, il dipartimento amministrativo e quello architettonico, gli addetti all’accoglienza e alla sorveglianza. Ringrazio infine l’ideatore visionario dell’ambizioso progetto Picasso-Méditerranée, Laurent Le Bon, direttore del Museo Picasso di Parigi, senza il quale Pompei e Capodimonte non avrebbero potuto inaugurare questa grande celebrazione. Sylvain Bellenger Direttore Museo e Real Bosco di Capodimonte Il progetto “Picasso-Méditerranée” si fonda sulla valorizzazione della ricchezza dei legami tra Picasso e il Mediterraneo nell’accezione più ampia del termine, attraverso la programmazione, dal 2017 al 2019, di un ciclo culturale dinamico, multiforme e pluridisciplinare. Partendo da una mappa e da una rete di istituzioni legate al mondo picassiano, la manifestazione si articola, prima di tutto, in una serie di esposizioni e in un progetto scientifico, in una dimensione che è allo stesso tempo patrimoniale e contemporanea. L’identità di ogni istituzione è pienamente rispettata, con l’ambizione di creare una sinergia affinché ciascuna di esse possa sviluppare un progetto mantenendo la propria unicità in una manifestazione dall’intento aggregativo. La rete comprende attualmente più di sessanta istituzioni che si coordinano per costruire una comunicazione comune, in particolare attraverso un simbolo, un’identità visiva, un sito internet e una pubblicazione. Periodicamente sono convocati dei comitati di gestione e la manifestazione sarà costellata da seminari di ricerca che riuniscono la comunità picassiana. Le esposizioni già in calendario sono una quarantina: che siano monografiche, tematiche, in dialogo con i contemporanei di Picasso o con gli artisti di oggi, incentrate su una tecnica, un periodo, un luogo dove l’artista ha vissuto o creato, condividono l’approccio singolare e rinnovato all’opera picassiana, vista attraverso il prisma del Mediterraneo. La stagione dedicata a Picasso sarà oggetto di una pubblicazione cartacea e digitale. Per iniziativa del Musée National Picasso-Paris questo percorso nell’opera dell’artista e nei luoghi che lo hanno ispirato propone un’esperienza culturale inedita, volta a rinsaldare i legami tra le diverse sponde. Laurent Le Bon Presidente del Musée Picasso S A G G I C U R A T O R I L'EUROPA A NAPOLI Sylvain Bellenger È sorprendente osservare quanto l’Europa degli anni che precedono la prima guerra mondiale sia europea. La letteratura, Romain Rolland e il suo romanzo fiume Jean Christophe oppure la vita del giovane Stefan Zweig, letteralmente stritolata dalle due guerre. A Vienna, fin dalla fine del liceo, Zweig ha un solo progetto, andare a Berlino, a Roma, a Parigi per godere della ricchezza e della diversità culturale che solo l’Europa può offrire. L’idea dell’Erasmus prima dell’Erasmus, la straordinaria opportunità che oggi la comunità europea offre ai giovani. Nei primi anni del XX secolo essere celebre come Emmanuel de Falla, Verhaeren o Rodin significa essere conosciuti da Bruxelles a Madrid, da Londra a Praga, da Parigi a Berlino. L’Europa si sta allora liberando dal conservatorismo, dal puritanesimo, dal XIX secolo ormai finito e scopre la cultura del corpo, il femminismo, la velocità, la giovinezza, intravedendo nella modernità tecnologica un nuovo mondo, una nuova arte di vivere per una nuova umanità. Il XIX secolo aveva inventato la storia, il XX inventa il presente: futuristi, vorticisti, cubisti, suprematisti e molte altre dinamiche creano il concetto di avanguardia, le energie dirompenti devono parlare della propria epoca e spesso anticiparla, fino al punto di non essere comprese dai contemporanei. Proprio questa incomprensione, chiave della verità, della concezione e quasi del significato stesso di avanguardia, è il soggetto di Parade. Il programma della prima, nel maggio 1917 al Théâtre du Châtelet, riassume l’argomento del balletto ideato da un giovane poeta, Jean Cocteau. Lo stile dimostra l’impazienza, il dramma, la quotidianità e l’originalità del soggetto: “La scenografia rappresenta le case di Parigi una domenica. Teatro forain. Tre numeri di music-hall fanno da parata. Prestigiatore cinese, Ragazza americana, due acrobati, tre manager fanno pubblicità. Nel loro linguaggio orribile dicono che la folla confonde la parata con lo spettacolo in sé e cercano in modo grossolano di farglielo capire. Nessuno si lascia convincere. Dopo il numero finale, sforzo estremo dei manager. Il Cinese, gli acrobati e la Ragazza americana escono dal teatro vuoto. Vedendo il fallimento dei manager, cercano di dar prova delle loro capacità. Ma è troppo tardi”. In questo fraintendimento surreale tra spettacolo e realtà si riconosce uno dei meccanismi della tragedia secondo Cocteau, infermiere nell’esercito francese, il quale in Thomas l’Impostore racconta che Thomas, per ingannare la morte, morì, facendosi passare per morto. Tutto il surrealismo sta in questa nuova verità: il disprezzo, la permeabilità, la vicinanza tra reale e sogno, una realtà superiore in cui domina la poesia. Durante la guerra Cocteau stringe amicizia con la celebre Misia, quella “collezionista di geni, tutti innamorati di lei”, come la descrive Paul Morand. Misia Sert, di origine polacca, musa della “Revue Blanche”, ex allieva di Fauré, ha sposato in terze nozze l’artista spagnolo Josep Maria Sert. Il giovane Cocteau, che per Misia è un’amicizia recente, le chiede di aiutarlo nel progetto di un balletto rivoluzionario. È difficile capire come nel 1916 a Parigi, una città soggetta a razionamento, a due passi dalle trincee e dal fronte dei massacri, dove i nazionalismi si stanno acutizzando, il cosmopolitismo intellettuale che caratterizzava il periodo precedente alla guerra riesca a sopravvivere. Lo dimostrano il salotto di Misia o l’entourage di Gertrude Stein. Uno dei fedelissimi del salotto Sert è il celebre direttore dei Balletti Russi, Sergej Pavlovic ˇ Djagilev. A Siviglia con Manuel de Falla, a Parigi con Ravel, Poulenc e Debussy, Erik Satie, a Pietrogrado, a Parigi o a Roma con Stravinskij, Djagilev rappresenta quell’Europa artistica intraprendente, audace e bohème che sta inventando l’arte moderna. Il 30 maggio 1916 Misia porta Cocteau a sentire Erik Satie ed Enrique Granados a una serata musicale organizzata da Picasso e Matisse1. È il primo 1 S. Scheijen, J. Hedley-Prôle, S. J. Leinbach, Djagilev: A Life, Profile, London 2010, p. 322. incontro degli autori di Parade, Cocteau, Picasso e Djagilev, insieme al coreografo Massine. Il seguito risuona come una campagna militare. Misia ha già parlato a Satie di un pezzo per i Balletti Russi. Una settimana dopo Djagilev va a trovare Picasso nel suo studio. Il 24 agosto Cocteau convince Picasso a imbarcarsi nell’avventura di Parade. I due amici vanno da Gertrude Stein per annunciare il loro viaggio di nozze in Italia2, come racconterà Cocteau nella sua intervista del 1956. Il 17 febbraio 1917 partono per Roma, per raggiungere Djagilev e Massine. Nel 1916 Picasso era già l’artista di avanguardia più famoso di Parigi. Si era stabilito definitivamente nel 1904 al Bateau Lavoir, a Montmartre. Alle grandi opere del periodo rosa e blu, indifferenti ai problemi puramente plastici, aveva fatto seguito a partire dal 1907 l’avventura cubista, condivisa con Braque. Più che una rottura, Parade costituirà un ritorno agli anni del circo Medrano3, stabilitosi vicino al Bateau Lavoir, e anche un ritorno ai funamboli, arlecchini, giocolieri e acrobati, quei quadri del circo derivati dal manierismo spagnolo che hanno influenzato la poesia moderna, Un fantasma di nuvole di Apollinaire o le Elegie duinesi di Rilke. Il tema di questa esposizione, Parade, Picasso e Napoli, riguarda l’avventura che darà vita a Parade e un momento poco analizzato di quel viaggio in Italia, cioè le due settimane che Picasso passa a Napoli tra marzo e aprile 1917. Il viaggio dura due mesi, ma è durante le due settimane napoletane che avviene la metamorfosi del balletto. Non si tratta più solo di portare in scena il cubismo, operazione di cui si occupano i due manager, il manager americano e quello francese, con il loro corredo di grattacieli e nuvole, si tratta di arte popolare, di marionette, di pupi, delle figure del presepe di cui Picasso acquista diversi esemplari. L’arte africana ormai è solo nella testa di quel divertente cavallo dal doppio corpo articolato. La scenografia deriva dal teatro popolare, da Pulcinella, dal grande Scarpetta, dal presepio napoletano come, e soprattutto, il sipario – non un sipario ma un quadro, il più grande che Picasso abbia mai realizzato – che costituisce la parata dello spettacolo e inquieterà molto l’intellighenzia parigina che aveva già fatto del cubismo la nuova doxa dell’arte moderna. Quando il sipario si alza gli spettatori capiscono che proprio quello costituiva il primo atto di Parade e che a loro volta hanno confuso lo spettacolo e la sua parata, una derisione surrealista in atto, un teatro nel teatro, la parata come opera comica contro la guerra e contro la morte. Le origini napoletane e pompeiane sono il tema di questo catalogo, dimostrando che, con Picasso, non si finisce mai. 2 C. Arnaud, Jean Cocteau, A life, Yale University Press, New Haven-London 2016, p. 182. 3 F. Olivier, Picasso and his friends, Appleton-Century, New York 1965, p. 127. PICASSO E PULCINELLA : LA MASCHERA POLIFORME Luigi Gallo La maschera ci dice più di un volto Oscar Wilde Sostenuto da un talento “stregonesco”, secondo la brillante definizione di Roberto Longhi, Pablo Picasso, come pochi altri artisti, ha saputo assimilare e manipolare diverse tradizioni figurative, reinterpretandole nella sua opera. Un’ispirazione inesauribile lo spinge verso repentini cambi di rotta: dall’alveo postimpressionista alle espressive deformazioni del periodo blu, dalle cadenze arcadiche del periodo rosa al cubismo, al neoclassicismo, al surrealismo. Una lunghissima carriera che anima la vita del “Secolo breve”, come Eric Hobsbawm definisce il Novecento, ridefinendone i criteri, le pratiche e i raggiungimenti formali. La sua opera, dove, come affermava Guillaume Apollinaire, “si uniscono il delizioso e l’orribile, l’abbietto e il delicato”, testimonia l’universalità della sua ispirazione. Picasso e la danza Ancora immerso nelle sperimentazioni cubiste che lo avevano impegnato dal 1907, Picasso accetta nel 1916 la proposta di Jean Cocteau di collaborare a una serie di spettacoli con la compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. Dal 1917 al 1925, il pittore partecipa a diverse rappresentazioni per le quali concepisce costumi e scenografie. Il primo è Parade, scritto da Jean Cocteau, con musiche di Eric Satie, cui seguono nel 1919 Tricorne, con musiche di Manuel de Falla, nel 1920 Pulcinella, con musiche di Igor Stravinskij, nel 1921 Quadro Flamenco, con musiche di De Falla, nel 1924 Mercure con musiche di Satie, e nel 1925 Le Train Bleu, con musiche di Darius Milhau, per il quale esegue solo il fondale. Pur con esiti diversi, l’esperienza teatrale permette al pittore di confrontarsi con l’universo onirico della narrazione coreutica, dove il decoro accompagna il movimento senza sovrapporsi ad esso. È una prova che stimola l’artista, attratto da tali nuove possibilità formali: le scenografie e i costumi disegnati da Picasso trasformano il corpo stesso del ballerino in un’opera d’arte, giungendo a un’inedita espressione di quella Gesamtkunstwerk1 cara all’estetica musicale tardo ottocentesca. Per ogni spettacolo Picasso elabora una diversa estetica. Se Parade, com’è stato approfonditamente studiato2, rende omaggio al mondo circense, unendo la forza dei costumi e delle scenografie cubiste alla lirica evocazione classicista del sipario, Tricorne e Quadro Flamenco, a loro volta, rimandano all’immagine di una Spagna iconica e fuori dal tempo, con sipari ispirati al mondo della corrida, tema che il pittore tratterà diffusamente dagli anni 1930. Pulcinella è l’apoteosi del classicismo, mentre nel più tardo Mercure, una serie di tableaux con le storie della divinità, Picasso riafferma le sue credenziali moderniste con uno stile quasi astratto, legato alle coeve esperienze surrealiste. Sul sipario campeggiano un Pulcinella bianco, quasi un fantasma, e un Pierrot. Più legato alle fluttuazioni della moda Le train bleu, racconta gli svaghi sulla spiaggia della borghesia in vacanza: gli elegantissimi costumi disegnati da Coco Chanel dialogano con l’immenso fondale scenografico che Picasso trae da un ingrandimento del dipinto Deux femmes courant sur la plage del 19223. L’opera è intrisa di riferimenti alla pittura pompeiana: il personaggio dell’iniziata dalla Villa dei Misteri, riemerge nella donna con le braccia protese in avanti, come una Naiade o una Baccante discinta durante l’iniziazione dionisiaca. In tutti gli spettacoli emerge con forza il tema della maschera, sia come parte di un costume definito, il cavallo di Parade ad esempio, sia come entità stessa del personaggio, come nel caso di Pulcinella. Oggetto enigmatico, la maschera è uno strumento di metamorfosi, come affermava Breton, destinato a dissimulare il viso di chi la indossa. Isola i tratti somatici, operando una rilettura dell’individuo: 1 Il termine indica l’ideale di teatro in cui convergono musica, drammaturgia, coreutica, poesia, arti figurative, al fine di realizzare una perfetta sintesi delle diverse arti. Coniato nel 1827 dal filosofo K. F. E. Trahndorff, il termine viene poi utilizzato anche da Richard Wagner che lo inserisce nel suo Arte e Rivoluzione edito nel 1849. 2 Sull’argomento si veda: La Grande Parade: Portrait de l’artiste en clown, catalogo della mostra a cura di J. Clair, Paris 2004. 3 Parigi, Musée Picasso, MP78. nasconde quanto svela. Si tratta, pertanto, di un artificio capace di esaminare a fondo l’identità: indossarne una, in senso letterario o simbolico, significa smettere di essere se stessi; al contrario, toglierla, permette la rivelazione di una verità psicologica4. Carl Gustav Jung negli Archetipi dell’inconscio collettivo scrive a tale proposito: “Lo specchio non ci lusinga, mostra precisamente ciò che vi si riflette; e in particolare quel viso che non lasciamo mai vedere al mondo perché lo copriamo con la persona, la maschera dell’attore. Ma lo specchio si trova dietro la maschera e mostra il nostro vero volto”5. In Picasso, la ricerca dell’universalità, dell’origine primordiale dell’uomo e del suo linguaggio, trova una risposta nei modelli primigeni e trae spunto tanto dalle maschere africane quanto dai personaggi della cultura popolare e della Commedia dell’Arte. Napoli 1917 Il viaggio in Italia nel 1917, forse il più importante della sua vita, al di fuori della Francia e dalla natia Spagna, permette al pittore di confrontarsi con diverse tradizioni culturali6. Nel Belpaese per poco più di due mesi, egli si reca a Napoli due volte, nei mesi di marzo e aprile. Nella capitale del Mezzogiorno, scende prima all’Hotel Vesuvio, poi al Vittoria. Se il viaggio in Italia costituisce il punto di partenza per una riflessione sull’antico che influenza il suo periodo neoclassico, va ricordato come le referenze alla tradizione figurativa del passato siano costantemente presenti nella sua carriera a cominciare dalla formazione negli anni 1890. L’ispirazione pompeiana nelle opere del periodo rosa è immediatamente percepibile nel confronto fra Les deux frères7 del 1906 (fig. 1) e l’affresco Teseo e il Minotauro8 conservato al Museo Archeologico di Napoli e conosciuto attraverso il mezzo fotografico9. Della pittura murale antica Picasso riprende la composizione, con il tamburo circense che occupa il posto del corpo esangue del Minotauro, la posa plastica del nudo frontale, l’aspetto materico e terroso del colore. Tappa imprescindibile del viaggio in Campania è Pompei. Il tragitto viene raccontato da Cocteau in una lettera alla madre del 13 marzo: “Le Vésuve fabrique tous les nuages du monde. La mer est bleu marine. Il pousse des jacinthes sur les trottoirs. [...]”. Pompéi ne m’a pas étonné. J’ai été droit à ma maison. J’avais attendu mille ans sans oser revenir voir ses pauvres décombres”10. Durante la visita scatteranno alcune fotografie, che hanno per protagonista il pittore spagnolo e i suoi compagni. Picasso siede tra le rovine di Pompei, elegante, in giacca e gilet neri, accanto a lui Léonide Massine. Le fotografie sono state scattate da Jean Cocteau. Nell’antica Pompei, Picasso raccoglie una foglia di lauro e vi scrive una dedica all’amico Apollinaire, testimoniando un legame d’amicizia intrecciato da complessi riferimenti culturali11. L’influsso della pittura antica nell’arte del pittore spagnolo è profondo e immediato, come testimonia una memoria di Enrico Prampolini, redatta in occasione della mostra della collezione di Leonide Massine nel foyer delTeatro Costanzi il 7 aprile, dove vengono presentate le opere acquistate dal ballerino o a lui donate fra il 1914 e il 1917. Vi figurano, oltre ai russi legati a Massine da amicizia e collaborazione, Bakst, Larionov e Gončarova, gli italiani Depero, Balla, Carrà, de Chirico e Severini, poi spagnoli, francesi e messicani, Picasso, Gris, Léger, Braque, Derain, Rivera. A proposito di Picasso l’autore scrive: “Alla mostra d’arte della Collezione Massine, tenuta nel Ridotto delTeatro Costanzi, Picasso espose i risultati di quelle sue esperienze; vedemmo, infatti le prime “teste femminili”, di grandi proporzioni, modellate dal colore rosso pompeiano e dagli sfondi azzurri, sintesi plastiche di forma-colore, di un’ampiezza di rapporti e grandiosità veramente scultorea, e soprattutto di una specie quale non poteva svilupparsi che in un clima vesuviano”12. A Napoli, oltre l’antico, Picasso si appassiona alla città. Una città che era stata rinnovata dopo l’Unità d’Italia e che diveniva sempre più una meta ricercata del turismo internazionale. Nel 1903 Wilhelm Jensen, nella Penisola a quattro riprese fra il 1892 e il 1901, scrive nel suo racconto Gradiva – di cui Freud opera una rilettura 4 Sull’argomento si veda l’affascinante catalogo della mostra a cura di E. Papet, Masques. De Carpeaux à Picasso (Parigi, Musée d’Orsay, 2008-2009), Paris 2008. 5 C. G. Jung, Archetipi dell’inconscio collettivo, 1934, ed. it. 1980, p. 19. 6 Sul viaggio si rimanda a J. Clair (a cura di), Picasso, 1917-1924: il viaggio in Italia, Paris 1998. 7 Parigi, Musée Picasso, MP7. 8 Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9043. 9 Sull’argomento si vedano le brillanti ricerche di Conchita Bomcompte, Picasso’s Iconography between 1905 and 1907. The Influence of Pompeian Painting, tesi di dottorato, Universitat de Barcelona, 2009. 10 J. Cocteau, Lettres à sa mère, 1, 1898-1918, 17 marzo 1917. 11 Parigi, Musée Picasso, MP 1990-2. 12 Enrico Prampolini “Incontro di Picasso con Roma”, in La Biennale di Venezia, n. doppio 13-14, aprile-giugno 1953, p. 54. psicanalitica – come il suo protagonista, l’archeologo Norbert Hanold, resti stupito davanti al paesaggio partenopeo: “Ovunque girasse lo sguardo, gli si apriva davanti un panorama stupendo, maestoso e insieme ameno, sintesi di un passato lontano e di un presente foriero di gioia”13. Napoli e la sua cultura popolare, influenzano Picasso che ritrae il paesaggio del golfo e una carrozzella in Via Scarlatti, durante la seconda permanenza nel mese di aprile in un grazioso schizzo, eseguito sulla carta intestata dell’Hotel Vittoria14. Anche Cocteau rimane affascinato dalle geometrie inclinate dell’orizzonte urbano dove “l’antiquité grouille toute neuve”15; nell’eccezionale disegno acquarellato Siloca (fig. 2), ritrae una città che contende il suo spazio vitale con il mare e il vulcano, opera che Picasso ricorda nella composizione della scenografia di Parade16. Nella seconda permanenza a Napoli il pittore è con Stravinskij e Olga. Una cartolina indirizzata a Cocteau sancisce l’inizio di un amore. Picasso stesso indica che il piccolo paesaggio, coronato dall’immancabile Vesuvio fumante, è opera di Olga17. Accanto al vulcano, i due cuori trafitti dal dardo di Cupido. Quanto Napoli e la sua tradizione popolare abbiano influenzato l’artista, è testimoniato nei costumi e nelle scenografie di Pulcinella con musiche di Igor Stravinskij, variazioni da un’opera di Pergolesi, e coreografie di Massine. Ispirata dalla commedia dell’arte, “che vedemmo in un’affollatissima saletta che puzzava d’aglio”18, ricorda Stravinskij nelle sue memorie edite nel 1947, le avventure amorose della celebre maschera napoletana furono messe in scena davanti a un’elaborata scenografia dominata dal profilo del Vesuvio. I due artisti non capirono una parola della rappresentazione, ma si trovarono concordi nell’entusiasmo verso un’arte “primitiva”, dinamica e popolare. L’iconografia del folclore partenopeo, tramandata dalla Scuola di Posillipo, piaceva particolarmente al pittore e al musicista: “appassionati entrambi di vecchi guazzi napoletani, durante le nostre frequenti passeggiate, facevamo delle vere razzie in tutte le piccole botteghe e presso i rigattieri”19. I bozzetti colorati a tempera testimoniano quanto l’artista rimase colpito dal teatro popolare italiano. Con i costumi (fig. 3), rivela Stravinskij, “Picasso fece meraviglie; mi è difficile dire se m’incantasse più il colore, la plasticità o il sorprendente senso teatrale di quest’uomo straordinario”20. Andato in scena il 15 maggio del 1920 con grande successo, Pulcinella contribuì a eternare il mito di Napoli in Europa negli Anni Ruggenti fra le due guerre mondiali. Pulcinella: una maschera poliforme Alla maschera di Pulcinella, Picasso dedica un’analisi approfondita, divenendo per qualche anno una sorta di alter ego di Arlecchino, personaggio con il quale il pittore amava identificarsi e nel cui abito ritrae il ballerino Léonide Massine nel 191721. La scelta non è priva di significato: alla fascinazione per la figura doppia ed enigmatica di Arlecchino, metà demiurgo creatore, metà diavolo distruttore, si affianca quella per Pulcinella, ironico e scettico, ambiguo e inafferrabile. Le due maschere rappresentano per l’artista l’equilibrio fra apollineo e dionisiaco, secondo una tradizione legata alla filosofia ermetica, nella rilettura offerta da Friedrich Wilhelm Nietzsche e diffusa nei circoli artistici parigini. Guillaume Apollinaire per primo opera una suggestiva identificazione di Picasso come “trismegisto”, tre volte grande, seguendo l’appellativo rinascimentale del creatore del Corpus Hermeticum, figura mitologica dell’esoterismo. Per il pittore la maschera diviene un simbolo della relatività dell’esistenza. Il dipinto I tre musici del 1921 (fig. 4) 22, capolavoro del cubismo sintetico, rappresenta tre personaggi mascherati: a sinistra Pulcinella suona il clarinetto, al centro Arlecchino con la chitarra e a destra un monaco con gli spartiti. Tradizionalmente l’opera viene messa in relazione al terzetto di amici composto da Apollinaire, morto nel 1918 di febbre spagnola, Max Ernst e Picasso; tuttavia una lettura in chiave ermetica può essere suggerita dalla minacciosa presenza del cane, nell’angolo a sinistra, il cui corpo, come un richiamo infernale, si confonde con quello di Pulcinella. Tale simbolo rimanda alla natura doppia dei personaggi, al contempo maschere della Commedia dell’Arte ed emissari di divinità 13 W. Jensen, Gradiva, (1903), in Fantasmi a Pompei, a cura di E. Badellino, Milano 2014, p. 86. 14 Parigi, Musée Picasso, Archives privées de Pablo Picasso, inv. 515AP\B\2\4 15 J. Cocteau, 1917, op. cit. 16 Maison Jean Cocteau, Milly-La-Forêt. 17 Bibliothèque Historique de la Ville de Paris, Fond Jean Cocteau. 18 I. Stravinskij, Cronache della mia vita, (1947), ed. it. a cura di A. Mantelli, Milano 2006, p. 115. 19 Ibidem. 20 Ibidem, p. 116 21 Sul tema si veda Picasso 1917-1937. L’Arlecchino dell’arte, catalogo della mostra a cura di Y.-A. Bois, Milano 2008. 22 New York, Museum of Modern Art. ctonie, retaggio di un antico misticismo popolare. Nel dipinto con i musici conservato al Museum of Modern Art di New York, si può leggere pertanto un’allegoria del passaggio fra la vita e la morte, forse una celebrazione dell’amico scomparso. In tal senso, Pulcinella consente di spiegare etimologicamente anche la parola “maschera”, dal termine tardo latino màsca, che indicava un morto o un essere demoniaco. Le matrici rituali del pensiero popolare sono alla base delle maschere di Arlecchino e Pulcinella, che rappresentano le polarità opposte di luce e ombre, allegrezza e malinconia. Entrambi presentano alcuni tratti precisi e inconfondibili: la capacità di adattarsi alle situazioni, l’ingegno acuto, l’apparenza sciocca che nasconde una profonda saggezza, la pigrizia, la versatilità nelle arti e una misteriosa ambivalenza che gli deriva dalla comune origine mercuriale. Delle due figure complementari, Arlecchino incarna il lato solare di Hermes, infantile, veloce e invincibile, mentre Pulcinella ne esprime la dimensione lunare, saturnina, solitaria ed enigmatica. Entrambi indossano la maschera nera, Hermes è figlio della notte, brandiscono una verga, attributo del dio, e come lui sono figure liminari legate al regno dei morti da qualità psicopompe. Queste ultime, in particolare, contraddistinguono l’Hermes-Thoth cui fa riferimento la filosofia ermetica. Quanto simili argomenti affascinassero la cerchia di Picasso è testimoniato da Apollinaire che, nelle Méditations Esthétiques del 1913, scrive: “Des Arlequins accompagnent la gloire des femmes, ils leur ressemblent, ni mâles ni femelles. (…) Des bêtes hybrides ont la conscience des demi-dieux de l’Egypte; des arlequins taciturnes ont les joues et les fronts flétris par les sensibilités morbides”23. Avvicinate alle divinità antiche, le maschere carnascialesche sono trasformate e rimodellate, sino ad assumere forme imprevedibili. Le origini di Pulcinella possono farsi risalire a due caratteri presenti nelle Atellane romane, Macco e Bucco24. Questi due personaggi, l’uno spiritoso e vivo, l’altro vile e adulatore, avevano come caratteristica l’uso della voce che riproduceva il pigolio dei pulcini e, proprio da questo particolare, è dato loro il soprannome di pullus gallinaceus, da cui deriva Pulcinella. La voce da pulcino, che doveva sentirsi attraverso il naso adunco era modificata con una pivetta, strumento di latta, di legno o di osso forato, simile ai fischi dei cacciatori, che la trasformava in maniera acuta e stridula. Un’altra tradizione rimanda, invece, all’aspetto fisico di Pulcinella e narra che anche il mimus albus del teatro romano incarnasse il tipo fisso della maschera napoletana, con il costume bianco e la maschera nera. Leggende più moderne narrano che Pulcinella sia nato da una friggitrice di pesce ad Acerra: incinta e assetata, la donna si era toccata la fronte mettendo al mondo un bimbo mostruoso con una grande voglia di vino sul viso. C’è chi sostiene invece che si tratti di un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, che nei primi decenni del Seicento si unì come buffone a una compagnia di girovaghi. Altri autori attribuiscono l’origine del nome all’ermafroditismo intrinseco del personaggio, un diminutivo femminilizzato di pulcino, animale non riproduttivo, del quale imita la nascita da un uovo. Pulcinella è una figura di tramite uomo-donna, stupido-furbo, demone-santo, un dualismo che sotto molti aspetti configura la definizione pagano-cristiana della cultura popolare napoletana. Affascinato da questa figura polimorfa, Picasso acquista a Napoli due maschere in cuoio dipinto, simili a quelle appartenute a Vincenzo Cammarano, Antonio Petito e Giuseppe de Martino, oggi conservate al Museo di San Martino. Va sottolineato in questo contesto, come la maschera che l’artista realizza per il balletto (fig. 5) accentui il carattere ambiguo del personaggio con il disegno di un ghigno inquietante25. I tratti salienti del personaggio sono stati tracciati alla fine del XVIII secolo da GiandomenicoTiepolo nei cento quattro disegni che compongono l’album Divertimento per li ragazzi, dove l’artista veneziano racconta la storia della maschera, dalla nascita da un uovo di tacchino assistita da vari pulcinelli di età e sesso diversi, sino alla morte. Le tavole illustrano con tono ironico le vicende di un mondo parallelo, con feste, giochi e varie attività, ma anche battaglie, esecuzioni e cruente impiccagioni che ricordano la storia contemporanea delle guerre napoleoniche con la fine della Serenissima Repubblica di Venezia. In questo universo onirico abitato da pulcinelli, la maschera si riproduce per partenogenesi, assistendo contemporaneamente al suo inizio e alla sua fine; unica costante è la sua fame, la sua voglia insaziabile di pasta e di vino, la gestualità concupiscente e triviale, non controllata dalle buone maniere, che ne contraddistingue l’origine misera. 23 G. Apollinaire, (Méditations Esthétiques) Les Peintre Cubistes, Paris 1913, p. 84. 24 Sulle origini di Pulcinella si rimanda a: F. C. Greco, Pulcinella maschera del mondo. Pulcinella e le arti dal Cinquecento al Novecento, Napoli 1990; A. Chiancone, Pulcinella, Napoli 1991; H. Paerl, Pulcinella: la misteriosa maschera della cultura europea, Roma 2002. 25 Parigi, Musée Picasso, MP 1790. Se pur con alcune varianti regionali, la maschera vitale e inquietante riprodotta da Jacques Callot nei primi ani del 1600 e Pier Leone Ghezzi nel secolo successivo, diviene il simbolo del popolo napoletano. In un dipinto anonimo degli anni 1830 (fig. 6), Pulcinella è raffigurato insieme ai Borbone di Napoli, mentre con un gesto apotropaico, che ricorda un omaggio a Priapo, cerca di carezzare il grosso naso gibboso di Ferdinando I; al centro la regina Maria Carolina, a destra Carlo III, mentre in secondo piano si trovano Francesco I e Ferdinando II. Nel dipinto, conservato in una collezione privata napoletana, si saldano i rapporti di reciproco affetto fra i sovrani e il popolo, rappresentato dalla sua maschera più celebre. Nel 1899, in una temperie politica e culturale radicalmente cambiata, Benedetto Croce, approfondisce l’identificazione della popolazione con la sua maschera nel saggio Pulcinella e Il personaggio del napoletano in commedia in cui, tuttavia, esorta il lettore a non cercare di dare una definizione univoca al personaggio, semplificando le sue diverse espressioni, per non correre il rischio “che non gli resti in mano altro che un nome e un vestito”. Con sublime ispirazione, Picasso carpisce il segreto di Pulcinella, simbolo partenopeo dal carattere venato di malinconia. L’artista sembra quasi assumerne i comportamenti scanzonati, descritti nelle memorie di Stravinskij: “Pulcinella era uno zotico ubriacone i cui gesti, e probabilmente anche ogni sua parola se mi fosse riuscito di capirla, erano osceni”. Lo testimonia l’arresto, raccontato dal compositore con cui il pittore viene sorpreso da alcuni vigili mentre urinavano in strada, vicino alla Galleria Umberto e cercarono di giustificarsi con i gendarmi spiegando che stavano lavorando per il Teatro San Carlo. I vigili li accompagnarono al Teatro per verificare la loro identità, e solo dopo che li ebbero riconosciuti, i due artisti poterono riguadagnare la libertà. Vera fonte d’ispirazione, Napoli, “ce Montmartre arabe” scrive Cocteau, fu per Picasso una rivelazione: la scoperta di una città dove il presente ha il sapore del mito. I R I T R A T T I PABLO PICASSO Luigi Gallo “Ci si mette molto tempo a diventare giovani” Pablo Picasso Nell’ultima dichiarazione che ci rimane di Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre 1881 - Mougins, 8 aprile 1973), l’artista più iconico del Novecento lascia una chiave di lettura della sua immensa produzione: “Tutto ciò che ho fatto è solo il primo passo di un lungo cammino. Si tratta unicamente di un processo preliminare che dovrà svilupparsi molto più tardi. Le mie opere devono essere viste in relazione tra loro, tenendo sempre conto di ciò che ho fatto e di ciò che sto per fare”. Figlio di un pittore, insegnante nelle Accademie di Belle Arti di La Coruña e Barcellona, Picasso esplora sin da bimbo, con inusitata facilità ogni mezzo per esprimere un estro creativo senza pari. Di volta in volta pittore, disegnatore, incisore, scultore, ceramista, poeta, modello di grandi fotografi e registi cinematografici, Picasso ha impresso un segno indelebile nell’arte, condizionandone lo sviluppo. Inquieto, affamato di vita, sempre a metà strada fra creazione e distruzione, amante appassionato e incallito traditore per cui “L’amore è il più grande ristoro della vita”, lo spagnolo ha espresso con immediatezza i sentimenti più contrastanti: la paura, il terrore, la disperazione, l’ilarità, la gioia, la franca carnalità. “Mi ci vollero 4 anni per dipingere come Raffaello, mi ci volle una vita per dipingere come un bambino”, amava dire con sfacciata coscienza di sé, senza mai rinnegare il potere rivoluzionario della sua creatività: “L’arte non è mai casta, si dovrebbe tenerla lontana da tutti i candidi ignoranti. Non dovrebbero mai lasciare che gente impreparata vi si avvicini. Sì, l’arte è pericolosa. Se è casta non è arte”. Davanti a un uomo che ha sapientemente costruito il suo mito, offrendosi come l’incarnazione stessa dell’artista universale, erede dei grandi maestri del passato, da lui immensamente ammirati, compagno di viaggio dei suoi contemporanei, che coprivano le tele al suo passaggio, timorosi della sua notoria rapacità intellettuale, vate dei più giovani talenti, l’osservatore resta basito da una simile capacità di reinterpretare il mondo. Un mondo che Picasso, in verità, conosce poco, per aver viaggiato praticamente solo fra la natia Spagna e la Francia, fatta eccezione per quel viaggio in Italia nel 1917 di cui quest’anno si celebra il centenario. Oltre Roma, dove risiede per lavorare con i Ballets Russes e dove conosce la prima moglie, la ballerina Olga Chochlova, egli visita Napoli e Pompei che lasciano su di lui un’impressione profonda e duratura. Il binomio composto dalla città moderna e dall’antica conquista Picasso: l’una per la vitalità tinta di accenni drammatici, l’altra per un’antichità nella quale la storia si stempera nel quotidiano. Non sono le magnificenze di Napoli a toccare Picasso, ma la sua cultura popolare, di cui restituisce la forza vitale nello straordinario sipario concepito per il balletto Parade. Opera complessa e di capitale importanza per l’arte del Novecento, il sipario è l’affermazione di una pittura intrisa di riferimenti alla tradizione, ma radicalmente nuova. Il mondo, senza Napoli e Pompei, non avrebbe conosciuto la poesia di quella tavola disordinata, dove l’indolenza del dopo pasto riunisce dei saltimbanchi, ritratti dei suoi compagni di viaggio, intenti a suonare e cantare, scacciando la malinconia. Sotto la maschera, Picasso riproduce la disperata ricerca dell’eternità verso la quale si dirige una bimba alata, tenuta per mano da una scimmia, nella quale si raffigura il pittore. “Dio in realtà non è che un altro artista. Egli ha inventato la giraffa, l’elefante e il gatto. Non ha un vero stile: non fa altro che provare cose diverse. Dio, quell’altro artigiano”. JEAN COCTEAU Claude Arnaud Scrittore, cineasta e disegnatore eccezionale, Cocteau sarà uno dei creatori più fecondi del XX secolo. Nato nello stesso anno della Torre Eiffel, nel 1889, è capace di catturare tutte le tendenze della capitale francese, allora al centro dell’attenzione artistica mondiale: quando Marinetti, Ezra Pound, Majakovskij o Eisenstein passano da Parigi, è lui che vanno a trovare all’epoca del Gruppo dei Sei e delle prime jazz-bands. Rilke e Thomas Mann celebrano questo superdotato dall’immaginazione velocissima, Hemingway lo fa scoprire ai suoi compatrioti costretti a osservare l’Europa da lontano; da Tokyo all’Avana, Cocteau è l’incarnazione dell’esultanza inventiva degli anni venti del Novecento. Ancora oggi i giovani cineasti americani citano Il sangue di un poeta o La Bella e la Bestia tra le opere che li hanno maggiormente segnati. Cocteau, vero termometro dell’atmosfera parigina, attraversa per mezzo secolo tutte le correnti e tutte le arti, tranne l’architettura. Dotato di una disposizione straordinaria a cambiare stile e forma, a “morire” per resuscitare in modo diverso, sembra poter fare di sé ciò che vuole: al Cocteau proustiano del 1910 succede l’avatar avanguardista di Parade, il Cocteau neoclassico degli anni di Radiguet, il drammaturgo fiabesco degli anni trenta, il cineasta sensibile ai miti (L’eterno ritorno, La Bella e la Bestia) del decennio successivo. Difficile non pensare ai due giganti che furono i suoi collaboratori e amici, Picasso e Stravinskij. Tutti e tre amano così poco ripetersi da correre spesso il rischio di tradirsi. In Cocteau ci sono tuttavia delle costanti. La fedeltà ai miracoli dell’infanzia e il gusto per le arti popolari (music-hall, circo). La voglia di trasmettere e di formare, che fa di lui un prezioso Pigmalione per scrittori come Raymond Radiguet e Maurice Sachs, per un attore come Jean Marais e per un ladro come Jean Genet, che Cocteau impone in piena Occupazione tedesca come il genio del tempo. Il bisogno ardente, talvolta disperato, di dare corpo, attraverso libri e film, al suo essere indistinto e sofferente, di cambiare tutto il suo sangue in inchiostro. Cocteau è allo stesso tempo il romanziere folgorante dei Ragazzi terribili e l’auto-memorialista ispirato della Difficoltà di essere, perché, ben lungi dalla fama di levità che lo accompagna, lui è la malinconia stessa – “scintillante come una lacrima”, diceva. Se anche in gioventù si vede come un semidio, prende presto coscienza dello sforzo terribile richiesto dalla Creazione. Da cui deriva il disperato bisogno di riconoscimento che traspare in Parade. Si ritiene che uno scrittore debba accumulare i libri in solitudine e abbandonarli solo per interessarsi ai grandi problemi del tempo. Cocteau preferisce invece lavorare con gli altri, suonare la batteria in un bar, ballare un tango con Nižinskij, salvare dalla droga il pugile nero Panama Al Brown – lui che non ha mai fatto sport! – per aiutarlo a riacquistare il suo titolo di campione del mondo. Non stabilisce alcuna gerarchia tra tutte queste forme di attività, che derivano anche dall’intendere la poesia in senso greco (dal verbo poiein, agire, creare). È l’incarnazione di quella forma di azione portata alla massima intensità. Alla sua morte nel 1963 Cocteau resta, con Picasso, uno degli ultimi superstiti dei sussulti letterari degli anni dieci del Novecento. I due autori di Parade, abili nel mantenere alta l’attenzione – il primo mostrandosi dappertutto, il secondo non andando da nessuna parte – continuano a evocare la loro età d’oro, quando si ritrovavano tra Villefranche-sur-Mer e Cannes, e a divertirsi a imitare i protagonisti del balletto. Strettamente imparentati con funamboli e acrobati, ansiosi di non morire. ERIK SATIE Claudio Strinati Satie non si manifestò come genio precoce che arriva subito alla musica magari dopo una infanzia difficile. Difficile, invero, lo fu ma i primi studi al Conservatorio di Parigi di questo giovane, di padre normanno e madre scozzese, nato a Honfleur il 17 maggio 1866, non furono felici, tanto da indurlo ad arruolarsi. Ma non funzionò nemmeno questo, perché venne riformato e costretto in qualche modo a intraprendere comunque una attività musicale. Comincia a frequentare come pianista accompagnatore il mitico cabaret Le Chat Noir a Parigi e nel 1891 diventa secondo pianista a L’Auberge du Clou. In questo periodo entra, non si sa bene come, nella cerchia dei Rosa-Croce, antica (o presunta tale) setta ai confini del cristianesimo per la quale assume un ruolo ufficiale come compositore. Ma anche questa esperienza dura poco e emerge imperiosamente sempre più il carattere autonomo e orgoglioso dell’uomo. Cominciano, però, la prime importanti frequentazioni dell’ambiente musicale e nasce l’amicizia con Debussy, che ammira e teme. Acquista la fama di stravagantissimo nel 1895 quando scrive Vexations, un brano per pianoforte che anticipa il più crudele e demenziale minimalismo del Novecento. È un brano di otto battute che si ripetono ossessivamente per una durata prevista di diciotto ore e riflette bene il suo temperamento bizzarro. Continuò per parecchio a lavorare nell’ambito dei cabaret non avendo conseguito alcun incarico ufficiale, anche se tornò a prendere lezioni da due fra i maggiori compositori francesi del tempo, Vincent d’Indy e Albert Roussel. Puntiglioso, ossessivo ai limiti del maniacale, ma nel contempo profondamente autoironico, cominciò finalmente una carriera di compositore per pianoforte che lo portò a concepire opere anomale, estranee alla normale tradizione francese, disseminate di titoli strani e stravaganti, di prescrizioni paradossali per gli interpreti, di facezie di ogni tipo alcune delle quali oggi mal comprensibili. Quando scrive la musica per Parade nel 1917 Satie ha stretto rapporti molto forti e importanti con i dadaisti. Conosce Tristan Tzara e Marcel Duchamp con il cui mondo espressivo manifesta cospicui punti di contatto. Gli aspetti paradossali della sua creatività esplodono nella produzione degli ultimi cinque anni di vita (muore nel 1925 per cirrosi epatica) che vedono la nascita del dramma Le piège de Méduse, del balletto Relâche, delle musiche per il film Entr’acte di René Clair, della sublime Socrates, capolavoro di equilibrio e armonia rievocante il dramma greco antico, opera che chiude la parabola di un uomo che avrà influenza profonda sul cosiddetto “gruppo dei sei”, i rinnovatori della musica francese, annoverante figure come Darius Milhaud e Francis Poulenc. SERGEJ DJAGILEV Jane Pritchard Djagilev ha cambiato il volto della cultura europea nei primi trent’anni del Novecento. Quando re Alfonso di Spagna gli chiese cosa facesse, Djagilev rispose: “Sono come lei, Maestà, non faccio niente ma sono indispensabile”. Interrogato da altri circa il suo ruolo affermava semplicemente: “Mi occupo delle luci”. Anche se c’è della verità in tutte e due queste affermazioni, non potrebbero essere più lontane dalla realtà. In effetti, si occupò dell’illuminazione del palcoscenico in un periodo in cui il sistema stava diventando più sofisticato, ma supervisionava anche ogni aspetto delle produzioni in modo che soddisfacessero i suoi standard decisamente alti. Djagilev era un animatore nel senso più autentico del termine, un impresario, un direttore artistico creativo e una delle figure più influenti nel mondo artistico novecentesco. Raccolse fondi per mantenere in vita la sua compagnia per almeno vent’anni, fece conoscere la danza classica, l’arte e la musica a un pubblico differente e diede nuova vita al teatrodanza, riportandolo sotto i riflettori in una dimensione diversa dal semplice intrattenimento popolare. Incoraggiò gli spettatori a seguire intere serate di danza, diede un ruolo centrale alle parti maschili e rigenerò le arti, incoraggiando compositori, artisti figurativi, designer e coreografi a collaborare tra loro, al punto che la sua importanza non è mai scemata nel corso degli anni. Sergej (Serge) Djagilev nacque il 31 marzo 1872 vicino a Novgorod, in Russia, ma, cosa più importante, dall’età di dieci anni, fu allevato a Perm’, ai piedi degli Urali, al confine tra Europa e Asia. La famiglia possedeva una grande casa in città e una tenuta di campagna, Bikbarda, a circa 400 chilometri dall’area urbana. La madre di Serge morì tre mesi dopo la sua nascita, ma il bambino ebbe un rapporto felice con la matrigna, Elena, che incoraggiò il suo interesse per le arti. Perm’ aveva un teatro dell’Opera attivo e Elena assunse un insegnante tedesco, Eduard Dennebaum, per l’educazione di Serge e dei suoi due fratellastri più piccoli che includeva anche lezioni di piano. Djagilev divenne un abile musicista, cosa che si rivelò utile per revisionare le musiche che commissionava, anche quelle di Stravinskij, Debussy e Prokof’ev o quando andava in cerca di spartiti dimenticati negli archivi italiani. La fortuna della famiglia Djagilev era basata sul monopolio della vodka nella regione di Perm’, ma l’ambiente economico di fine Ottocento rendeva difficile appoggiarsi unicamente alle rendite ereditarie, era necessario produrre ricchezza. Nel 1890, quando Serge aveva diciotto anni, la famiglia dichiarò bancarotta, la casa in città, tutto quel che conteneva, la tenuta e le fabbriche di Bikbarda andarono all’asta per pagare i debiti. Serge si trasferì a San Pietroburgo per studiare legge all’università. Avendo ereditato direttamente dalla madre naturale, era l’unico membro della famiglia con disponibilità finanziarie, e si assunse la responsabilità dei due fratelli. Benché inizialmente fosse una specie di “cugino di campagna”, Djagilev non è mai stato il tipo che rimaneva in disparte. Grazie al cugino (e amante per dodici anni), Dmitry Filosofov, compì dei viaggio in Europa alla ricerca di persone famose. A San Pietroburgo si unì velocemente a un gruppo di artisti, inizialmente guidati da Aleksandr Benois, che cercavano di ampliare gli orizzonti artistici. Djagilev conosceva già bene la musica e i suoi nuovi amici lo avvicinarono alle belle arti, a quelle applicate e al teatro e ben presto fu lui a prendere le redini nella promozione di tutte queste discipline. Alla fine del 1898, insieme a Benois, fondò “Mir iskusstva” (Il mondo dell’arte), il primo periodico ampiamente illustrato che promuoveva l’arte contemporanea russa e dell’Europa occidentale. Inoltre il gruppo promosse una serie di esposizioni che culminarono con la Mostra storico-artistica dei ritratti russi, al Palazzo di Tauride, nel 1905. In precedenza, nel 1899, Djagilev aveva lavorato per i Teatri imperiali con alcuni compiti speciali, compresa la redazione dell’annuario. Cercò di cogliere l’occasione per produrre balletti ideati dal suo amico, ma prima che questi potessero essere realizzati, venne licenziato. Djagilev capì che l’impatto della Rivoluzione del 1905 e della guerra russogiapponese, unite alla sua ben nota omosessualità, gli avrebbero impedito di raggiungere i suoi obiettivi in Russia, quindi spostò la sua attenzione su Parigi e l’Europa occidentale. La Parigi del 1906 era già affascinata dall’arte russa e proprio Djagilev promosse mostre, concerti, opere liriche e balletti. Benché amasse l’opera, si rese conto che la sua organizzazione era costosa e l’opera e la musica russa stavano già avendo una nuova vita. Così non era per la danza classica, nonostante i suoi standard fossero più alti in Russia che in qualunque altro paese. Era questo il settore dove poteva lasciare il segno: la gamma delle sue produzioni sarebbe stata ampia e imparò a presentare programmi misti, che avrebbero rassicurato e al tempo stesso sorpreso il pubblico. Non fu mai ostile al dibattito e, da pubblicista, sapeva come utilizzarlo a proprio vantaggio. Nel 1911, dopo aver presentato per due anni stagioni di balletto estive, facendo venire i ballerini da San Pietroburgo, Mosca e Varsavia, fondò la sua compagnia di ballo itinerante che lavorava tutto l’anno, inizialmente organizzata attorno al primo ballerino, e suo amante, Vaclav Nižinskij. La sua attività era scandita in brevi stagioni parigine, durante le quali per lo più i balletti debuttavano; prove e spettacoli per Natale e Pasqua a Monte Carlo; e lunghe stagioni a Londra, da cui proveniva la maggior parte dei proventi. Djagilev aveva il controllo delle produzioni, ma lavorava sempre con un comitato di consiglieri, un circolo ristretto, la cui composizione cambiava di anno in anno. Questo comitato informale faceva proposte sui collaboratori e i temi, supervisionava i costumi (Coco Chanel ne fece parte negli anni venti) e aiutava con la raccolta fondi, ma erano le decisioni di Serge che prevalevano. Riusciva a esercitare il suo fascino su artisti riluttanti per convincerli a collaborare, come Henri Matisse per le scene, poteva scartare spartiti di Prokof’ev o chiedergli di riscrivere passaggi significativi; non si faceva alcuno scrupolo a suggerire a Picasso di ripensare i suoi bozzetti. Sapeva cosa funzionava sul palcoscenico e si aspettava che gli artisti seguissero le sue idee. Era anche l’uomo delle contraddizioni. Mentre sembrava essere nel profondo decisamente più conservatore (le sue grandi passioni includevano Puškin, Wagner e Čajkovskij), la sua determinazione di essere sulla prima linea dell’avanguardia gli consentì di abbracciare avventure decisamente più progressiste. Era un uomo che si faceva sempre notare: grande e grosso, dall’aspetto peculiare e con ciuffi di capelli bianchi. Abbracciò la modernità, ma era anche molto superstizioso. Una zingara gli disse che sarebbe morto in acqua, rendendo così una preoccupazione persino attraversare la Manica e un vero incubo solcare l’Atlantico. Nel 1902, in una lettera alla matrigna, predisse che “sarebbe riuscito a fare come Wagner, andare a morire a Venezia”. Nell’estate del 1929, malato a causa del diabete, si trascinò di nuovo nella città che amava, per lui un luogo di evasione, riposo e rinnovamento, per realizzare il suo ultimo desiderio. Morì come visse, in un hotel, il 19 agosto 1929. In vent’anni aveva trasformato le arti e il teatro europei. Davvero, come dichiarò il compositore Sergej Prokof’ev era “un gigante, senza dubbio l’unico la cui grandezza aumenta con la distanza”. LÉONIDE MASSINE Luigi Gallo “Fluide quanto il pensiero e belle come se fossero fatte per mano delle Grazie”, scrive Johann Joachim Winckelmann a proposito delle delicate danzatrici scoperte nel 1748 nella cosiddetta Villa di Cicerone a Stabia. Come descrivere meglio la vita di Léonide Massine (Leonid Fëdorovič Mjasin), ballerino e coreografo che ha traversato il Novecento sulle punte, riuscendo nell’intento di unire nelle sue creazioni la musica, la pittura e la poesia. Nato a Mosca nel 1895, Massine studia alla Scuola di ballo del Bol’šoj, diplomandosi nel 1912. L’incontro decisivo con Djagilev muta radicalmente la sua vita artistica. L’impresario dei Ballets Russes lo nota mentre danza nel Don Chisciotte, rimanendo incantato dalla sua bellezza. Djagilev, che aveva appena rotto il suo rapporto con Nižinskij, riconosce immediatamente in Massine chi avrebbe potuto eclissare la fama del suo ex favorito e lo persuade a unirsi alla compagnia. Dal 1914, Massine diviene l’esponente più importante del balletto modernista, noto per opere come Les femmes de bonne humeur, Parade, Tricorne, Pulcinella, La boutique fantasque, Le chant du rossignol, Le Sacre du printemps. Del suo lavoro per Parade, Apollinaire scrive “Massine ha realizzato questa creazione interamente nuova, meravigliosamente seducente, di una verità così lirica, così umana, così gioiosa che sarebbe capace d’illuminare, se ne valesse la pena, lo spaventoso sole nero della Malinconia di Dürer”. Durante il viaggio in Italia nel 1917, la sua bellezza conquista Cocteau, che lo ritrae con i grandi occhi neri sgranati, sognanti, e l’aria imbronciata; lo stesso Picasso ne eterna il portamento nelle vesti di un malinconico ed elegante Arlecchino, appoggiato a una balaustra dietro un drappeggio rosso che richiama quello del sipario di Parade. In questi anni, sotto il frenetico controllo dell’impresario, il ballerino raccoglie un’importante collezione, esposta a Roma nel foyer delTeatro Costanzi il 7 aprile del 1917. Vi figurano, oltre ai russi legati a Massine da amicizia e collaborazione, Bakst, Larionov e Gončarova, gli italiani Depero, Balla, Carrà, de Chirico e Severini, poi spagnoli, francesi e messicani, Picasso, Gris, Léger, Braque, Derain, Rivera. La collezione viene venduta in America negli anni cinquanta. La rottura della relazione con Djagilev, nel 1920, non interrompe la sua carriera di ballerino e coreografo; torna a collaborare con i Ballets Russes nel 1925, divenendo il direttore artistico della compagnia dei Ballets Russes di Monte Carlo nel 1936. Dal 1928 al 1930, Massine lavora negli Stati Uniti, rimettendo in scena Le Sacre du printemps, con una giovanissima Martha Graham. Cittadino americano dal 1944, coreografa la drammatica Leningrad Symphony di Šostakovič, dedicata all’assedio nazista della città russa, che debutta con successo a New York nel 1945. Interessato anche al cinema, partecipa a pellicole come Scarpette rosse, premiato con l’Oscar nel 1948, e Carosello napoletano, del 1954, dove riprende il ruolo di Pulcinella in una magnifica coreografia in technicolor. Nel 1947 Massine fa ritorno in Europa, ospite delle più note compagnie e dei più importanti teatri non smettendo mai di creare nuove coreografie, fino alla morte nel 1979. L’Italia e la Campania, tuttavia, restano nel suo cuore, come testimonia l’acquisto nel 1922 del piccolo arcipelago de Li Galli, davanti a Positano, dove si farà realizzare una magnifica residenza, con la partecipazione di Le Corbusier. Del luogo scrive nelle sue memorie: “Fui sopraffatto dalla bellezza della vista sul mare, col Golfo di Salerno che si estendeva in lontananza. Con Paestum a sud e i tre faraglioni di Capri all’estremità settentrionale del Golfo, essa possedeva tutta la potenza drammatica di un dipinto di Salvator Rosa. Il silenzio era infranto solo dal mormorio del mare e da qualche grido di gabbiano. Sapevo che in quel luogo avrei trovato la solitudine che cercavo, un rifugio dalle pressioni estenuanti della carriera che avevo intrapreso”. Eternando il mito, Nureyev acquistò l’arcipelago alla morte di Massine. IGOR STRAVINSKIJ Claudio Strinati Pur essendo figlio del primo Basso dell’Opera imperiale di San Pietroburgo, Igor Stravinskij cominciò tardi la sua formazione di musicista e non fece studi regolari. Riuscì, però, a diventare allievo privato di Nikolaj Rimskij-Korsakov, uno dei più grandi didatti del tempo, dal 1903 (quando Igor aveva già ventun’anni) al 1908 anno della morte del maestro. Era così potuto entrare precocemente nella cerchia di Djagilev attraverso il quale poté conoscere l’opera dei più noti compositori francesi, in particolare Dukas, Debussy e Ravel oltre che dei due rinomatissimi autori tedeschi Richard Strauss e Max Reger. Djagilev lo impiegò presto come compositore per i suoi balletti e così nel giro di appena tre anni nacquero Fuochi d’artificio, Petruška, L’Uccello di Fuoco e la Sagra della primavera. Stravinskij entrò quindi dalla porta principale dentro il mondo degli artisti e intellettuali parigini che gli tributarono onore, riconoscendone la prodigiosa genialità. Il sopraggiungere della grande guerra spinse Stravinskij a trasferirsi in Svizzera dove trovò un nuovo ambiente di estimatori, primo fra tutti il sommo direttore d’orchestra Ernest Ansermet, che favorirono l’espandersi della sua attività. Con la rivoluzione del ’17 Stravinskij subì gravi danni perdendo gran parte dei suoi beni e questo fatto lo indusse a seguire ancor di più Djagilev nei suoi innumerevoli viaggi, fatto che ampliò a dismisura il suo orizzonte creativo. Ciò risulta evidente già nel capolavoro dell’Histoire du Soldat del 1918. All’inizio degli anni venti torna a Parigi dove rimane per un buon ventennio. Sono gli anni in cui approfondisce ed espande la sua poetica basata in sostanza sul recupero di quella grande dimensione mitologica, dalla Russia al Mediterraneo, che negli stessi anni ispira parzialmente anche l’arte figurativa di Picasso. Un recupero in cui rientra persino una sorta di arcana conversione al cattolicesimo ortodosso che lo allontana progressivamente dal mondo dei Balletti Russi. Nel 1927 l’oratorio Oedipus Rex segna il culmine di questa fase “mitologica” che ha già visto una serie impressionante di capolavori come Les Noces, Mavra, Le Rossignol, Apollon Musagète, Le Baiser de la fée, Perséphone, Pulcinella, cui seguirà un intenso periodo di musica soprattutto strumentale fondata su una nuova e inedita concezione di moderno classicismo che lo porta a un contatto profondo e coinvolto con il mondo statunitense culminante, dopo una serie di memorabili composizioni tra cui la potentissima Sinfonia di Salmi, con l’incarico della cattedra di poetica presso l’Università di Harvard. Alla fine del fatale quinto decennio compone l’opera lirica La carriera di un libertino che, presentata in prima esecuzione a Venezia nel 1951, cementerà il rapporto tra il maestro e la città lagunare, durato fino alla morte nel 1971, giunta dopo un decennio di lavori sempre più improntati a un progressivo rovello spirituale che lo portò a elaborare uno stile intimo e dolente connesso persino con le esperienze dodecafoniche che in giovinezza aveva mostrato di apprezzare ben poco. Consegnò le sue memorie all’amico Robert Craft, conosciuto nel 1947 e rimastogli accanto per tutto il resto della vita come assistente, collaboratore, estensore dei libri di conversazioni e memorie dai quali ricaviamo una infinità di informazioni e aneddoti sulla vita del grande maestro. FORTUNATO DEPERO Alessandro Nigro Fortunato Depero (1892-1960) attraversa la prima metà del Novecento nel segno del Futurismo, ritagliandosi sin dall’esordio della sua carriera uno spazio autonomo e originale. Gli studi di arte applicata a Rovereto sembrano orientarlo verso suggestioni mitteleuropee, ma un viaggio a Firenze e a Roma nel corso del 1913 gli schiude nuovi orizzonti, dalla rivista “Lacerba” alla mostra boccioniana presso la Galleria Sprovieri. I primi contatti con i futuristi si rinsaldano nel 1914, durante un secondo soggiorno romano in cui partecipa all’Esposizione Libera Futurista Internazionale. Allo scoppio della guerra, Depero si trasferisce definitivamente nella capitale dove si fa più stretto il legame con Balla, con cui pubblica nel 1915 il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo: illustrato dalle fotografie di sei complessi plastici polimaterici e meccanomorfi, lo scritto, in cui si dichiara l’intenzione di “ricostruire l’universo rallegrandolo”, è la premessa di un’apertura del futurismo alle arti applicate. Poco dopo la pubblicazione del manifesto, Depero fa il suo ingresso ufficiale nelle file futuriste. L’artista, esonerato dal servizio militare, lavora alacremente, tenendo nel 1916 la sua prima importante personale e iniziando poi una collaborazione con Djagilev per la tournée romana dei Balletti Russi (aprile 1917), che tuttavia non andrà a buon fine: forse per un ritardo nella consegna delle scenografie e dei costumi, forse per un ripensamento, l’impresario russo liquida il progetto de Le chant du rossignol e chiede invece al futurista di realizzare tre costumi per Parade. In tale frangente Depero fa la conoscenza di Gilbert Clavel, un egittologo e scrittore svizzero che lo ospita durante l’estate nella sua villa a Capri: Depero riceve la commissione di eseguire le illustrazioni per una novella dell’amico e inizia ad elaborare le prime idee dello spettacolo di marionette Balli plastici, che debutterà al Teatro dei Piccoli di Roma nell’aprile del 1918. Finita la guerra, Depero ritorna a Rovereto, dove apre una Casa d’Arte Futurista che produce tarsie in panno, arazzi, cuscini, grafica pubblicitaria, etc. In questi anni l’artista è attivo anche come architetto di interni, a Roma e in altre città italiane. Nel 1923 partecipa con successo alla I Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza, due anni dopo all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Parigi, dove sarà pluripremiato, nel 1927 è di nuovo alla Biennale monzese dove presenta il Padiglione Tipografico BestettiTumminelli-Treves, incentrato modularmente sulle lettere che compongono il nome degli editori. Gli intensi anni venti vedono Depero iniziare anche una collaborazione con la Campari che durerà fino al 1933: in questo contesto occorre ricordare almeno il “quadro pubblicitario” Squisito al selz, esposto nel 1926 alla XV Biennale di Venezia. Nel corso dell’anno successivo l’artista realizza il volume Depero futurista, ovvero il famoso “libro imbullonato” (per via della rilegatura, ideata da Fedele Azari, che consisteva in due bulloni): il volume si distingue per il carattere originale e innovativo della grafica, che rende ogni pagina un unicum. Dal 1928 al 1930 Depero è a New York: la crisi del 1929 non gli è di aiuto, ma l’artista riesce a lavorare nel campo dell’editoria (copertine per “Vanity Fair”, “Vogue” ed altre riviste), del teatro e della pubblicità. Al rientro in Italia riallaccia i rapporti con la Campari, realizzando in collaborazione con Giovanni Gerbino il Numero unico futurista Campari (Rovereto 1931), in cui pubblica il contributo teorico Il futurismo e l’arte pubblicitaria. Ma nel complesso gli anni trenta, pur costellati di esposizioni e pubbliche commissioni nell’ambito dell’arte applicata, non sono per Depero altrettanto ricchi di soddisfazioni del decennio precedente. Dal 1940, con la pubblicazione dell’autobiografia Fortunato Depero nelle opere e nella vita, l’artista inizia un’opera di ricognizione della sua produzione e di riordino dei suoi archivi che continuerà durante gli anni di guerra, al termine della quale, nel 1948, ha ancora la forza di progettare un secondo soggiorno americano, finalizzato tra l’altro a commercializzare il buxus, un materiale di rivestimento autarchico, ma purtroppo il successo non gli arride. Negli anni cinquanta non mancano all’artista occasioni di partecipare a mostre personali o collettive nelle grandi vetrine espositive di Biennale, Triennale e Quadriennale, ma in Italia non è ancora iniziata una rilettura critica del futurismo in senso moderno e il clima generale nei confronti dei loro esponenti rimane tiepido. Ciononostante, il Comune di Rovereto sigla un accordo con l’artista che porta, nel 1959, all’inaugurazione del primo Museo futurista italiano. Fortunato Depero si spegne l’anno successivo. P R O G E T T O E S P O S I T I V O La progettazione degli spazi espositivi è stata concepita in stretta collaborazione con i curatori e il direttore del Museo di Capodimonte. Con questo allestimento, ho cercato di mettere in luce il legame esistente tra le rappresentazioni dal vivo italiane e l’ispirazione del pittore, profondamente influenzato dall’Italia, in base a un approccio cronologico che ci ha portato a concepire le prime tre sale come un’introduzione alla quarta. La mostra è quindi strutturata pedagogicamente, in modo da spiegare al visitatore quanto è necessario sapere per godere appieno del sipario. La scenografia della prima sala mette in luce il fatto che Picasso fu ispirato da Napoli. L’idea qui è raccontare la storia del teatro popolare napoletano. L’inclusione delle due scene locali mi ha permesso di evidenziare il fatto che Napoli è parte integrante del tema dell’esposizione. Si tratta, in effetti, di scene del teatro delle marionette che mostrano i diversi aspetti della cultura tradizionale locale. Ho progettato l’esposizione in modo da istituire un parallelo tra quest’ambiente italiano e l’ispirazione dell’artista. La seconda sala mostra il legame esistente tra l’Italia e l’opera del pittore. Qui ho voluto sottolineare il fatto che la principale fonte d’ispirazione del sipario di Parade va ricercata nelle città italiane e nella loro vita artistica. La scelta dei colori rinvia ai toni caldi del paese, soprattutto nel giallo pompeiano. La terza sala è stata progettata con pannelli di legno triangolari che ricreano decor del passato, in modo da contestualizzare gli originali dei bozzetti dei costumi. Grazie ai primi tre spazi espositivi, i visitatori si troveranno immersi nell’ambiente napoletano e solo dopo averle attraversate, apprendendo molte cose sulla storia del sipario e della città, arriveranno alla scoperta del capolavoro, il sipario di Parade, esposto in una Sala da Ballo spoglia, in modo da catturare l’attenzione di ciascun osservatore. Hubert Le Gall Picasso a Roma cento anni fa – partitura d’arte, danza e genio Lunedì 10 aprile 2017, alle ore 21 il Teatro dell’Opera ricorda uno straordinario incontro di artisti Esattamente cento anni fa Pablo Picasso soggiornò a Roma per otto settimane: in quel periodo la città e il Teatro Costanzi furono la cornice di una serie di incontri tra i protagonisti dell’avanguardia dell’epoca. L’occasione fu la tournée romana della compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev, invitati all’Opera (come era già avvenuto nel 1911) dall’impresaria del teatro, Emma Carelli. Picasso, allora trentaseienne, voleva iniziare a lavorare sul sipario di Parade, il balletto ideato da Jean Cocteau su musiche di Erik Satie: era stato proprio il geniale Djagilev a promuovere la collaborazione dei tre artisti su un unico progetto. Giunti a Roma Cocteau e Picasso abitarono all’Hotel de Russie, mentre la compagnia di Djagilev alloggiava in un albergo al Pantheon. Per una delle ballerine, Olga Koklova, il pittore ebbe un colpo di fulmine: l’avrebbe sposata pochi mesi dopo. Il 10 aprile 1917, nel ridotto del Teatro Costanzi, fu allestita una mostra di opere della collezione di Leonid Massine, ballerino e, da quell’anno, anche coreografo della compagnia. Erano esposte creazioni di autori dell’Avanguardia, molti dei quali erano presenti nel foyer e nelle sale del Teatro: Bakst, Balla, Depero, Prampolini oltre naturalmente a Djagilev, Stravinskij, Cocteau, Massine e Picasso, un cui quadro era per la prima volta presentato a Roma. La sera del giorno precedente i Ballets Russes erano andati in scena con un programma formato da L’uccello di fuoco di Stravinskij e Feux d’artifice dello stesso autore, che diresse anche la sua partitura con, sullo sfondo, uno “scenario plastico” di Giacomo Balla. “Vogliamo ricordare – ha dichiarato il sovrintendente del Teatro dell’Opera, Carlo Fuortes - questo straordinario momento della cultura europea del Novecento, che vide la città e il nostro teatro al centro della vita artistica internazionale. Non una celebrazione accademica, né uno spettacolo in chiave nostalgica, piuttosto una serata in cui far rivivere lo spirito e l’entusiasmo delle Avanguardie con parole, musiche immagini e scene. Un incontro di artisti leggendari che da quel soggiorno romano avrebbero preso molti spunti per il loro itinerario verso la modernità.” Per ricordare quei momenti lunedì 10 aprile 2017, alle ore 21, il Teatro dell’Opera di Roma ospiterà una serata dal titolo “Picasso a Roma cento anni fa – partitura d’arte, danza e genio”. La narrazione di quei giorni, curata da Lorenzo Pavolini, sarà interpretata da Maddalena Crippa e Massimo Popolizio. Durante la serata alcune pagine di Erik Satie e Igor Stravinskij saranno interpretate al pianoforte da Enrica Ruggiero e Antonio Maria Pergolizzi. I biglietti per la serata sono già in vendita alla biglietteria e sul sito del Teatro al prezzo unico di 10 € Per informazioni: operaroma.it TEATRO DELL’OPERA DI ROMA Renato Bossa Ufficio Stampa - Responsabile Opere e Concerti + 39 366 6973749 [email protected] Serata Picasso-Massine al Grande Teatro degli Scavi di Pompei con il Balletto dell’Opera di Roma 27, 28 e 29 luglio 2017 Il Teatro dell’Opera di Roma continua a celebrare il centenario del viaggio di Pablo Picasso in Italia, con una serata speciale in un luogo straordinario: Serata Picasso-Massine al Grande Teatro degli Scavi di Pompei Dal 27 al 29 luglio i Primi Ballerini, i Solisti e il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma faranno rivivere i personaggi e la magia dei balletti Parade e Pulcinella Il Balletto Parade nasce a Roma nel 1917 dalla collaborazione - magistralmente orchestrata dall’impresario dei Balletti Russi, Sergej Djagilev - tra Pablo Picasso, Jean Cocteau, Léonide Massine ed Erik Satie, anche se rimasto in Francia. Il celebre scrittore Guillaume Apollinaire vede in questa collaborazione un Esprit Nouveau e nel programma di sala afferma: “Parade sconvolgerà non poco le idee degli spettatori”. Parade è pensato fin da subito dai suoi creatori come un balletto nuovo e rivoluzionario, dove per la prima volta danzano costumiscultura tridimensionali, su una partitura coreografica innovativa fatta di movimenti asciutti e veloci. Il balletto è rappresentato in prima assoluta il 18 maggio 1917 al Théâtre du Châtelet di Parigi in piena guerra, dove tutta la sua modernità non viene colta dal pubblico che grida allo scandalo. Ma Apollinaire non sbaglia, il balletto nel tempo sarà riconosciuto per il capolavoro di eccellente collaborazione qual è. Parade è una parata di artisti senza trama e Picasso si entusiasma subito all’idea, recupera il tema del circo a lui caro per il famoso sipario del balletto e realizza una scenografia e dei costumi non convenzionali. Al Teatro Costanzi è stato danzato per la prima volta nel giugno del 1964 dalla compagnia ospite Il Balletto del XX secolo di Maurice Béjart e il 6 febbraio 2007 dal Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera. Pulcinella, balletto in un atto ambientato nella città di Napoli, è andato in scena per la prima volta il 15 maggio del 1920 al Teatro dell’Opéra di Parigi e la “provocazione visiva” di Picasso ha subito riscosso il consenso dei presenti. Triplice è la firma: la musica di Igor Stravinskij, la coreografia di Léonide Massine, la scenografia e i costumi di Pablo Picasso. L’idea nasce dalle suggestioni raccolte da Djagilev, Stravinskij, Massine e Picasso durante i due viaggi nella città di Napoli e la gita a Pompei, nel marzo e nell’aprile del 1917. Fonte d’ispirazione per il balletto sono le atmosfere vissute nei vicoli e nei mercati napoletani, il fascino per la città antica di Pompei e la grande tradizione della Commedia dell’arte italiana. Picasso e Stravinskij, durante il secondo viaggio, restano affascinati dalla forza espressiva di uno spettacolo teatrale di matrice dialettale, notando come si possano superare le barriere della lingua trascinando il pubblico con una dinamica vena popolare. A suggerire il soggetto del balletto è il ritrovamento di un manoscritto nella Biblioteca Nazionale di Napoli, incentrato sulla celeberrima maschera di Pulcinella. I concepteurs cominciano a lavorare intorno alla figura di Pulcinella dandole una forma del tutto originale. Stravinskij, nel comporre la musica, intraprende una nuova direzione e realizza la prima composizione neoclassica, il cui materiale tematico è tratto da Giovanni Battista Pergolesi ma rielaborato in chiave moderna. Massine per supplire alla mancanza di espressività nel volto di Pulcinella che indossa una maschera, crea una coreografia non solo ricca di valori pantomimici ma in grado di modellare espressivamente il corpo dei danzatori. Picasso realizza una scenografia la cui scomposizione in rettangoli, quadrati e trapezi si rifà all’impostazione geometrica del cubismo e le cui tinte fredde esaltano i colori brillanti dei costumi. Pulcinella viene rappresentato per la prima volta al Teatro Costanzi dai Balletti Russi il 30 gennaio 1921. Parade Musica Erik Satie Coreografia Léonide Massine Ripresa da Lorca Massine Scene Pablo Picasso ricostruite da Maurizio Varamo Costumi Pablo Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti Interpreti Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma Pulcinella Musica Igor Stravinskij Coreografia Léonide Massine Ripresa da Lorca Massine Scene Pablo Picasso ricostruite da Maurizio Varamo Costumi Pablo Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti Prima rappresentazione giovedì 27 luglio; repliche venerdì 28 luglio; sabato 29 luglio Teatro Grande degli Scavi di Pompei Per informazioni: operaroma.it TEATRO DELL’OPERA DI ROMA Anna Lea Antolini Ufficio Stampa e Relazioni Esterne del Ballo + 39 338 9079261 [email protected] [email protected] SELEZIONE IMMAGINI PER LA STAMPA Le immagini possono essere utilizzate solo ed esclusivamente nell’ambito di recensioni o segnalazioni giornalistiche della mostra Picasso e Napoli: Parade (Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli e Antiquarium, Scavi di Pompei) 8 aprile –10 luglio 2017 Le immagini per la stampa possono essere scaricate al seguente link: www.electa.it/ufficio-stampa/picasso-napoli-parade Password: PICASSOPARADE NAPOLI, MUSEO DI CAPODIMONTE 01. Pablo Picasso I due fratelli, 1906 gouache su cartone, cm 80x59 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris Adrien Didierjean © Succession Picasso by SIAE 2017 03. Pablo Picasso Pulcinella e Arlecchino, 1920 gouache bianca, penna e inchiostro nero su carta velina, cm 27,2×21,3 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Béatrice Hatala © Succession Picasso by SIAE 2017 02. Pablo Picasso Arlecchino (ritratto di Léonide Massine), 1917 olio su tela, cm 116×90 Barcellona, Museu Picasso 04. Modello della scenografia di Parade posato su una credenza, s.d. stampa su gelatina ai sali d’argento, cm 24×29,9 Parigi, Musée Picasso Mondadori Portfolio / Bridgeman Images © Succession Picasso by SIAE 2017 Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Droits réservés © Succession Picasso by SIAE 2017 05. Emilio Musmeci Cavaliere cristiano: Orlando, 1920 circa legno, ferro, alpaca, stoffa, h cm 140 Palermo, Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino Emilio Musmeci Cavaliere saraceno: Argante, 1940 circa legno, ferro, alpaca, stoffa, h cm 140 Palermo, Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino 08. Pablo Picasso Amo Eva, 1912 olio su tela, cm 35×l27 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / René-Gabriel Ojéda © Succession Picasso by SIAE 2017 Fondale catanese raffigurante un bosco e teatro catanese, 1910 circa legno e tela dipinta Palermo, Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino 09. Pablo Picasso Musicista, 1972 olio su tela, cm 194,5×129,5 Parigi, Musée Picasso 06. Pablo Picasso Sipario del balletto Parade, 1917 tempera su tela, cm 1050×1640 Parigi, Centre Georges Pompidou Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Jean-Gilles Berizzi © Succession Picasso by SIAE 2017 Photo © Centre Pompidou, MNAM-CCI, Dist. RMN-Grand Palais / Christian Bahier / Philippe Migeat © Succession Picasso by SIAE 2017 07. Harry Lachman (attr.) Picasso e i suoi assistenti seduti sul sipario del balletto Parade in corso di esecuzione, 1917 stampa su gelatina ai sali d’argento, cm 17×22 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Franck Raux © Succession Picasso by SIAE 2017 10. Pablo Picasso Studio per il costume femminile dell’acrobata, 1917 acquerello e matita su carta velina fine da disegno, cm 27,5×20,7 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Béatrice Hatala © Succession Picasso by SIAE 2017 11. Pablo Picasso L’acrobata, 1930 olio su tela, cm 162×130 Parigi, Musée Picasso 14. Pablo Picasso Studio della scenografia del balletto Pulcinella, 1920 gouache e inchiostro di china su carta, cm 10,5×13,5 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / René-Gabriel Ojéda © Succession Picasso by SIAE 2017 Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Michèle Bellot © Succession Picasso by SIAE 2017 12. Pablo Picasso Studio per il trucco del prestigiatore cinese, 1917 matita e acquerello su carta velina bianca, cm 28×20,7 Parigi, Musée Picasso 15. Jean Cocteau, Picasso e Léonide Massine davanti a una fontana pubblica e nel giardino della Casa di Marco Lucrezio a Pompei fotografie ai sali d’argento, 1917 Parigi, Musée Picasso Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Béatrice Hatala © Succession Picasso by SIAE 2017 13. Fortunato Depero Costruzione sintetica di bambina, 1917 legno dipinto, cm 47×20×18 Mart, Museo di arte moderna e contemporanea diTrento e Rovereto, Fondo Depero Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Franck Raux © Succession Picasso by SIAE 2017 POMPEI, ANTIQUARIUM 16. Maschera copricapo zoomorfa Kponiugo Senufo, Costa d’Avorio legno e caolino, h cm 101 Bergamo, Museo di Scienze naturali Donazione Aldo Perolari 19. Antefissa a maschera teatrale comica (V 6) I secolo d.C. terracotta, cm 15,9×16,2 Soprintendenza Pompei 17. Pablo Picasso Busto (studio per Les Demoiselles d’Avignon), 1907 olio su tela, cm 60,5×59,2 cm Parigi, Musée Picasso 20. Antefissa a maschera teatrale tragica dalla bottega (I 17,3) Terracotta, h cm 16,5 Soprintendenza Pompei Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / René-Gabriel Ojéda © Succession Picasso by SIAE 2017 18. Antefissa a maschera teatrale comica dalla bottega (I 17,3) I secolo d.C. terracotta, cm 15,9×16,2 Soprintendenza Pompei 21. Antefissa a maschera teatrale comica dalla Casa di Lesbianus (I 13,9) I secolo d.C. Terracotta, cm 17×18,2 Soprintendenza Pompei PARADE 2007 FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, ARCHIVIO STORICO 22. Foto di Scena 25. Gli acrobati 23. Il Manager a cavallo 26. Il Manager di New York 24. Il Manager in frac 27. Il Prestidigitatore cinese L’Associazione Amici di Capodimonte ONLUS affianca il Museo di Capodimonte attraverso la realizzazione di numerose iniziative e sostenendo attività di promozione e valorizzazione del museo. L’esigenza di costituire un’associazione a sostegno del Museo di Capodimonte e degli altri compresi nell’allora Polo Museale di Napoli (oggi confluiti nel Polo Museale della Campania per effetto della Riforma del MIBACT del 2014) è nata nel 2005 inizialmente da un gruppo di persone vicine ai musei, che hanno voluto creare una struttura attraverso la quale “organizzare” la manifestazione di interesse verso queste istituzioni e contribuire a diffondere una partecipe attenzione per il patrimonio culturale della città. Le iniziative organizzate dall’Associazione hanno l’obiettivo di coinvolgere in primis i napoletani alla frequentazione e alla conoscenza dei numerosi tesori sparsi sul territorio, ma anche gruppi di non napoletani sensibili al tema dell’arte, cercando inoltre di rendere più diffusa la pratica del mecenatismo privato per il reperimento di fondi destinati a specifici progetti. Gli Amici di Capodimonte fanno parte della FIDAM (Federazione Italiana degli Amici dei Musei) e coltivano proficui rapporti con altre associazioni di Amici dei Musei, al fine di condividere idee e buone pratiche tra realtà affini per statuto e mission. L’Associazione si compone di circa 200 Soci tra Fondatori e Ordinari e 9 Soci Corporate: Fondazione Emiddio Mele, Contecucco srl, BPER Banca, Banca Promos, Seda Group, Getra, Scafi Società di Navigazione e GESAC/Aeroporto Internazionale di Napoli. A dodici anni dalla sua costituzione l’Associazione affianca il Museo e Real Bosco di Capodimonte in un numero sempre maggiore di attività, contribuendo con il proprio sostegno a sopperire alla strutturale carenza di risorse. Grazie alla sua attività sono state promosse e sostenute in questi anni numerose iniziative: donazioni, acquisizioni, mostre, restauri, pubblicazioni scientifiche, progetti destinati alle scuole, borse di studio, laboratori di disegno, visite guidate, concerti, giornate di studio. Tra le attività più recenti e particolarmente significative, va segnalata la borsa di studio intitolata ad Augusto de Luzenberger, compianto presidente degli Amici di Capodimonte. La borsa, istituita nel 2016 in occasione del decennale della nascita dell’Associazione, costituisce una importante occasione di formazione nonché una risorsa preziosa per l'Associazione stessa e per il Museo di Capodimonte, in quanto prevede un anno di collaborazione attiva e partecipe alle attività del museo. Amici di Capodimonte - associazione onlus Errico di Lorenzo, Presidente Stefania Albinni, Responsabile attività e coordinamento c/o Museo di Capodimonte via Miano 2 | 80131 Napoli +39 081 7499147 | 334 8353769 [email protected] www.amicidicapodimonte.org Facebook: @amicidicapodimonte COMUNICATO STAMPA Feudi di San Gregorio. Creare vino è un’arte. L’arte contemporanea filtra il passato con l’occhio di oggi, proiettandosi nel futuro. Con la stessa filosofia di produzione Feudi di San Gregorio immagina, coltiva e crea i suoi vini. L’amore e la passione nella cura delle piante, l’impegno nella raccolta dell’uva e la pazienza nell’attesa che il vino sia maturo, fanno sì che ogni bottiglia esprima la sua personalità e diventi unica, come un’opera d’arte. Allo stesso modo le emozioni indirizzano il percorso creativo di un artista e lo portano a realizzare una scultura, uno scatto fotografico, un quadro, un’installazione. È con questo approccio che sono nate e nascono a Feudi di San Gregorio le collaborazioni con grandi maestri dell’architettura, del design e dell’arte. Dall’architetto Hiraku Mori che nel 2004 ha progettato la cantina come un’icona contemporanea del vino, a Massimo Vignelli autore del design totale di Feudi e delle sue etichette, fino agli artisti che in questi anni hanno contribuito alla collezione dell’azienda: VedovaMazzei (“Colature”, 2011), Marinella Senatore (“collezione di acquarelli”, 2011), il fotografo Mimmo Jodice (installazione artistica permanente, “Immaginazioni”, 2013). L’obiettivo è sempre alimentare lo scambio continuo di conoscenza e creatività fra il vino e l’arte. È anche il caso della mostra “Picasso e Napoli: Parade” alla cui inaugurazione Feudi di San Gregorio ha l’onore di offrire il proprio Metodo Classico DUBL in abbinamento ai formaggi dell’Azienda Carmasciando. DUBL è un progetto nato dal desiderio di sperimentare il Metodo Classico sulle uve della tradizione campana: Greco, Aglianico e Falanghina, che uniscono un carattere solare e vibrante alla naturale vocazione ad essere spumantizzate. Oggi DUBL è la sintesi perfetta della tecnica di lavorazione e dell’unicità del territorio campano e si declina in una gamma di quattro etichette: DUBL Brut (Falanghina), DUBL Brut Rosato (Aglianico), DUBL+ (Greco) e infine DUBL ESSE a Dosaggio Zero (Greco). Proprio per vestire questo prezioso millesimato in edizione limitata Feudi ha chiamato nel 2016 un altro artista, il designer Fabio Novembre, che ha firmato un oggetto in cui estetica minimalista e poetica metafisica si incontrano. Il design della bottiglia con le sue tre fasce parallele che via via si restringono ricordano infatti la tiara del Papa Gregorio Magno, cui è dedicato il nome dell’azienda. La storia. Feudi di San Gregorio nasce a metà degli anni ‘80 a Sorbo Serpico in Irpinia, nell’entroterra campano. Sin da subito è protagonista del rinascimento enologico del meridione d’Italia scegliendo per i suoi vigneti i vitigni tipici del territorio come l’Aglianico, il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo e iniziando così a valorizzare una terra dal patrimonio ambientale unico, rimasto sospesa nel tempo. Oggi Feudi di San Gregorio conta su oltre 250 ettari di vigneti suddivisi in quasi 800 appezzamenti. Il Presidente è dal 2009 Antonio Capaldo. FEUDI DI SAN GREGORIO S.p.A Località Cerza Grossa 83050 Sorbo Serpico (AV) Italy Telefono +39 0825.986683 Fax +39 0825.986230 www.feudi.it – [email protected] R.E.A 101975 P.IVA 01753470648 NAVETTA DELL’ARTE SHUTTLE CAPODIMONTE Il servizio “Shuttle Capodimonte” della City Sightseeing Napoli, marchio internazionale presente in oltre 100 città nel mondo e specializzato nei percorsi turistici che consente di scoprire i principali luoghi di interesse storico-artistico e culturale della città, è nato lo scorso aprile con l’intento di promuovere e valorizzare il Museo di Capodimonte attraverso l’attivazione di una nuova linea dedicata al collegamento del Museo con il centro storico cittadino. La linea è attiva tutti i giorni tranne il mercoledì, giorno di chiusura del Museo, dalle 9.15 alle 18.15 con partenze ogni ora. Ultima partenza dal Bosco di Capodimonte ore 19.30 (orario di chiusura del Museo). Il bus utilizzato come Shuttle è un monopiano coperto di 9metri da 36 posti euro 4. Il Capolinea è in Piazza Trieste e Trento e le fermate previste sono: Piazza Municipio, Museo Archeologico, Catacombe di San Gennaro e Bosco di Capodimonte. Sono inoltre previste fermate a richiesta lungo il percorso. Le Tariffe previste dal servizio sono: Shuttle a/r + ingresso Museo (SHUTTLE +MUSEO ADULT): 12€ Bambini fino a 4 anni: gratis (non viene emesso ticket) Ragazzi dai 5 ai 25 anni non compiuti (SHUTTLE +MUSEO REDUCED): 6€ Shuttle andata e ritorno (SHUTTLE A/R ADULT): 8€ Shuttle solo andata o solo ritorno (SHUTTLE 1 TRIP): 5€ Tariffe speciali per residenti napoletani: 2 euro singola corsa e 4 euro andata e ritorno CITY SIGHTSEEING NAPOLI S.R.L. Sede legale ed amministrativa: Via Paolo Emilio Imbriani n.33, 80132 NAPOLI – C.F./ P. IVA 04596551210 capitale sociale: € 589.300,00 TEL 0815517279 FAX 0814202379 e-mail: [email protected] Società soggetta a direzione e coordinamento da parte di City Sightseeing Campania S.r.l.