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NAPOLI
13 marzo 1917
Siamo [con Picasso, Sergej Djagilev
e Massine] di nuovo a Roma dopo
un viaggio a Napoli, e da lì a
Pompei in auto. Credo che nessuna
città al mondo possa piacermi
più di Napoli. L’Antichità classica
brulica, nuova di zecca, in questa
Montmartre araba, in questo
enorme disordine di una kermesse
che non ha mai sosta. Il cibo,
Dio e la fornicazione, ecco i moventi
di questo popolo romanzesco.
Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole
del mondo. Il mare è blu scuro.
Scaglia giacinti sui marciapiedi
Jean Cocteau, Lettres à sa mère, I, 1898-1918, Paris, Gallimard, 1989
organizzazione
e comunicazione
Mostra realizzata nell’ambito del progetto “Itinerari del
Contemporaneo-Confronti” programmato e finanziato
dalla Regione Campania con i fondi POC 2014-2020
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Comunicato stampa
Intorno a Parade
Scheda tecnica
Scheda catalogo
Colophon
Testi istituzionali
Saggi curatori
I protagonisti
Progetto espositivo
Scheda Teatro dell’Opera di Roma
Selezione immagini per la stampa*
Schede media partner e sponsor tecnici
* le immagini in alta risoluzione e l’elenco delle opere in mostra
sono disponibili al seguente link:
www.electa.it/ufficio-stampa/picasso-napoli-parade
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Picasso e Napoli: Parade
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
Antiquarium, Scavi di Pompei
a cura di Sylvain Bellenger e Luigi Gallo
8 aprile – 10 luglio 2017
Nel 2017 si celebra a Napoli e a Pompei il centenario del viaggio di Picasso
in Italia che l’autore compì insieme a Jean Cocteau per lavorare con i Balletti
Russi a Parade, balletto che andò in scena a Parigi a maggio del 1917, su soggetto
dello stesso Cocteau e musica di Erik Satie. Durante il soggiorno nel nostro paese
l’artista fu a Napoli due volte, tra marzo e aprile del 1917, e a Pompei.
Per l’occasione, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,
la Soprintendenza Pompei, il Museo e Real Bosco di Capodimonte
e il Teatro dell’Opera di Roma, con il contributo della Regione Campania
e attraverso la Fondazione regionale Donnaregina per le arti contemporanee
e la società regionale Scabec, con la produzione e l’organizzazione
di Electa, promuovono la mostra Picasso e Napoli: Parade, che avrà luogo
a Capodimonte e Pompei, a cura di Sylvain Bellenger e Luigi Gallo.
L’evento espositivo permetterà di sottolineare l’importanza dell’incontro diretto
di Picasso con l’antichità a Pompei e con la cultura tradizionale napoletana,
aspetto totalmente nuovo negli studi picassiani, attraverso alcune fra le sue
maggiori espressioni - il presepio, il teatro popolare e il teatro delle marionette -.
Il binomio composto dalla città antica e dalla moderna conquista Picasso: l’una per
un’antichità nella quale la storia si stempera nel quotidiano, l’altra per la vitalità
tinta di accenni drammatici.
Con Parade, il pittore cubista torna alla sua prima ispirazione legata al mondo
del circo, rinnovando inoltre l’interesse per la tradizione classica, evocata
poi da Cocteau con il suo “Richiamo all’ordine”.
Le opere in mostra provengono da diversi musei e collezioni private fra i quali
il Centre Georges Pompidou / Musée National d’Art Moderne, il Musée Picasso
Paris, il Museu Picasso Barcellona, la Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent,
la Bibliothèque Historique de la Ville de Paris, la Maison Jean Cocteau,
Milly la Forêt, la Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte (FABA),
il Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e il Teatro
dell’Opera di Roma.
organizzazione
e comunicazione
Mostra realizzata nell’ambito del progetto “Itinerari del
Contemporaneo-Confronti” programmato e finanziato
dalla Regione Campania con i fondi POC 2014-2020
NAPOLI
La reggia di Capodimonte ospiterà nella sala da ballo il sipario Parade.
Sarà a Napoli, per la prima volta, la più grande opera di Picasso, di capitale
importanza per l’arte moderna, una tela di 17 metri di base per 10 di altezza,
conservata al Centre Georges Pompidou di Parigi ma, per le sue dimensioni,
esposta solo in rare occasioni –al Brooklyn Museum (New York 1984);
al Palazzo della Gran Guardia (Verona 1990); a Palazzo Grassi (Venezia 1998)
e al Centre Pompidou di Metz (2012-2013). L’opera sarà accompagnata in mostra
da un’ampia selezione di lavori del pittore spagnolo: oltre a un insieme unico
di bozzetti provenienti dal Musée Piacsso di Parigi, che permette di seguire
il percorso creativo dell’artista nell’ideazione dei costumi di Parade, evidenziando
le diverse influenze culturali, l’esposizione si presta anche a una riflessione su
alcuni soggetti ricorrenti nell’opera di Picasso, veri e propri stilemi dell’artista,
come la natura morta, la figura del musico e degli strumenti musicali e la maschera
di Arlecchino.
Inoltre, opere come l’iconico Atleta blu del 1930, la cui ispirazione deriva dagli
acrobati di Parade, permettono di analizzare la persistenza di temi nell’opera
di Picasso.
Ad indagare ulteriormente il rapporto di Picasso con il teatro e la tradizione
partenopea, a Capodimonte saranno anche esposti i bozzetti eseguiti dall’artista
per il balletto Pulcinella (in scena nel 1920 a Parigi con musiche di Stravinsky
e coreografie di Massine) insieme a alcune marionette e pupi della maschera
napoletana dalla collezione Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte.
Per valorizzare il rapporto fra Picasso e il mondo dello spettacolo, in particolare
la cinematografia, verranno proiettati alcuni frame di film, quali Le Mistère Picasso,
diretto da Henry-Georges Clouzot nel 1956 e vincitore del Premio della Giuria
al Festival di Cannes, che mostra l’artista nel fervore della sua creatività.
POMPEI
L’Antiquarium di Pompei accoglierà i costumi del balletto disegnati dall’artista,
che fu a Pompei nel marzo del ’17. A conferma dell’influsso dell’iconografia teatrale
sull’arte di Picasso e per celebrarne la passione per
la maschera, i costumi saranno messi a confronto con una raccolta di maschere
africane, insieme a una scelta di reperti archeologici dal sito, tra cui un gruppo
di maschere teatrali, per la maggior parte inedite (antefisse, lastre
a rilievo, erme, statue…). Il confronto inedito fra i riferimenti antichi e l’art nègre
è sottolineato a Pompei dal magnifico bozzetto del quadro manifesto
del cubismo Les demoiselles d’Avignon dipinto nel 1907 e esposto per la prima
volta con grande clamore nel 1916.
Il tema della maschera, tanto nella sua accezione coreutica che nei richiami alla
tradizione antica africana, vuole sottolineare quanto Picasso abbia approfondito
il ragionamento su un artificio capace di esaminare a fondo l’identità: indossare
una maschera, in senso letterario o simbolico, significa smettere di essere se
stessi; al contrario, toglierla, permette la rivelazione di una verità psicologica.
L’immagine di Picasso, meditativo mentre si accende la pipa, e Massine, appoggiato
a un mascherone che serve da bocca di una fontana, presente all’Antiquarium,
è stata utilizzata per illustrare il programma di Parade a Parigi nel 1917.
Quest’estate il Teatro Grande di Pompei ospiterà il 27, 28 e 29 luglio due balletti
con la coreografia di Leonide Massine: Parade su musica di Erik Satie e Pulcinella
su musiche di Stravinskij, entrambi interpretati dai primi ballerini, solisti e corpo
di ballo del Teatro dell’Opera di Roma.
Se la mostra di Capodimonte ricostruisce la permanenza di Picasso a Napoli
e gli influssi partenopei nella creazione dei balletti Parade e Pulcinella,
a Pompei si offre una evocazione del concetto di maschera nell’arte del pittore
spagnolo, avvezzo alla mascherata e al trasformismo, come dimostrano le sue
personificazioni con l’Arlecchino prima e il Minotauro dopo.
Anche il Teatro di San Carlo ricorda i 100 anni dalla visita di Pablo Picasso a Napoli
e partecipa alle iniziative in occasione dell’esposizione di Parade a Capodimonte,
proiettando in loop, sul monitor collocato nel Foyer degli Specchi, e a Memus
(Museo e Archivio Storico del Teatro di San Carlo), per il periodo della mostra
(7 aprile – 10 luglio), i filmati di due balletti realizzati dal Teatro dell’Opera di Roma,
nel 2007, in occasione di una serata Picasso – Massine, che comprendeva Parade,
balletto realistico su musica di Erik Satie e Pulcinella su musica di Igor Stravinskij.
Accanto al monitor verranno altresì allestiti i costumi del balletto Pulcinella,
su disegno originale di Picasso. Dunque, negli orari di apertura del Teatro, tutti
i visitatori che vi entreranno tramite visite guidate, e tutti coloro che assisteranno
agli spettacoli nei prossimi mesi, potranno, nel foyer, ricordare l’impatto teatrale
di Picasso scenografo e costumista, in due capolavori assoluti nella storia
della danza.
La mostra Picasso e Napoli: Parade a Napoli e Pompei è l’appuntamento
inaugurale dell’iniziativa Picasso-Mediterraneo del Musée national
Picasso-Paris, un evento culturale internazionale che ha luogo dalla primavera
2017 alla primavera 2019. Più di sessanta istituzioni di 8 Paesi hanno ideato diversi
progetti di mostre sull’opera «ostinatamente mediterranea» di Pablo Picasso.
Le immagini per la stampa e l’elenco delle opere in mostra possono essere
scaricate al seguente link:
www.electa.it/ufficio-stampa/picasso-napoli-parade
Password: PICASSOPARADE
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EVENTI A CAPODIMONTE
In occasione della mostra Picasso e Napoli: Parade, il museo di Capodimonte
organizza un programma di eventi che approfondiranno temi ed aspetti
del rapporto di Picasso con la musica e il teatro.
I CONCERTI
La musica racconta Picasso
La programmazione musicale, a cura del Conservatorio di Musica San Pietro
a Majella, concepita per la mostra Picasso e Napoli: Parade a Capodimonte,
si ispira ai sentimenti e agli entusiasmi che il pittore spagnolo provò durante il suo
soggiorno napoletano, dove rimase affascinato dalla freschezza della quotidianità
e della vivacità della vita popolare napoletana, dalla sua bellezza, dalla sua arte
e dalla particolarità del suo paesaggio. Igor Stravinskij e Pablo Picasso
si conobbero a Roma esattamente un secolo fa, nel 1917, in occasione della
rappresentazione del balletto Le donne di buonumore, portato in Italia dalla
compagnia di Sergej Djagilev, fondatore dei Ballets russes in tournée.
Nello stesso anno Stravinskij e Picasso visitarono Napoli: fu una folgorazione
e un ritrovarsi in una città che esprimeva l’arte in ogni sua possibile
manifestazione. I due artisti furono attratti dalla commedia dell’arte in lingua
e dalla cultura popolare napoletana, considerata dal musicista “primitiva, dinamica
e popolare”, ma vera. Sulla scia di questa emozione, Stravinskij fu felice
di accettare, due anni dopo, la proposta di Djaghilev di ricomporre, basandosi
sul repertorio napoletano settecentesco, un balletto le cui scene e i costumi
vennero affidati, per volere del compositore stesso, a Pablo Picasso, intorno
alla figura partenopea per eccellenza: Pulcinella.
24 aprile 2017 - Concerto inaugurale
Igor Stravinskij - Pulcinella suite
Alfredo Casella - Scarlattiana
Orchestra San Pietro a Majella
Alessandro Schiano Lo Moriello, pianoforte
Francesco Vizioli, direttore
7 maggio 2017 - Vita popolare napoletana
nei quadri di Picasso
Fantasia Napoletana
Totò Fantasy
Orchestra San Pietro a Majella
Mario Ciervo, direttore
21 maggio 2017 - Napoli suona la Spagna
Musiche di Manuel De Falla, Francis Poulenc,
Erik Satie e Elsa Evangelista
Francesco Trincone, chitarra
6 giugno 2017 – Contrasti del ’900
Maurice Ravel - Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi
Igor Stravinskij - L’histoire du soldat
Orchestra San Pietro a Majella
Francesco Vizioli, direttore
LE PERFORMANCE
OLTRE PARADE di Rosalba Quindici
8 e 9 giugno 2017, ore 17.30
Oltre Parade è un’opera mimico-musicale, scritta e diretta dalla compositrice
Rosalba Quindici, ispirata al Sipario che Picasso realizzò per Parade.
Frutto di una personale interpretazione della tela picassiana, la performance
può essere letta nel suo insieme come una sorta di carousel vivant, diviso
in più scene, che si strutturano intorno all’azione di un ensemble, di una ballerina
e di personaggi appartenenti al mondo circense. Attraverso una continua
trasformazione del gesto mimico-musicale l’opera, dunque, si presenta come
un viaggio che va oltre Parade, un viaggio che della grande tela di Picasso intende
esaltare quegli elementi che sono legati al mondo infantile, al mondo del circo
e a quello misterioso e teatrale di una Napoli che incantò il pittore e lo ispirò
nella creazione delle immagini per Parade.
APPARIZIONI di Valeria Apicella
10 giugno 2017, ore 17.30
Apparizioni è una installazione coreografica, creata appositamente per Parade
dall’artista Valeria Apicella, che cerca un dialogo tra i due gruppi - aspetti diversi
di una cosmologia del teatro - rappresentati sul sipario di Parade, ma anche con
l’artista stesso al momento della creazione dell’opera.
Apparizioni è una torsione del corpo d’un danzatore sul corpo stesso dell’opera
di Picasso.
In tre tempi, la presenza corporea si disarticola e si ricompone, e indaga l’istante
di quel che fu l’ispirazione e l’indefinibile essenza di Parade.
... in una cartolina, in un fotomontaggio, tra un viaggio e il suo ricordo visuale.
... in un impeto di libertà. Io sono Picasso. Tu sei Picasso.
di Valeria Apicella
LA DIDATTICA
La didattica è a cura dei
Servizi educativi del Museo e Real Bosco di Capodimonte
domenica 7 maggio 2017, ore 10.00 e 11.30
«Parade è un giocattolo infrangibile» (Jean Cocteau)
Visita a tema, dedicata al rapporto tra arte e teatro da Picasso a Paolini,
a cura di Lorella Starita,
domenica 28 maggio 2017, ore 11.00
Tous les enfants sont des artistes…
Laboratorio per la costruzione di costumi ispirati a Picasso,
a cura di Lorella Starita
domenica 4 giugno 2017, ore 10.00 e 11.30
Si può dipingere la musica?
Visita a tema a cura di Lorella Starita
Servizi Educativi di Capodimonte
e-mail: [email protected]
tel. +39 081 7499130 (v 10.00-13.00 | 15.00-17.00 tranne il mercoledì)
e-mail: [email protected]
tel. +39 081 440438 (lun.- ven., v 10.00-14.00)
Sito web Museo di Capodimonte
www.museocapodimonte.beniculturali.it
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titolo
Picasso e Napoli: Parade
sedi
Museo e Real Bosco di Capodimonte,
via Miano 2, Napoli
Antiquarium, Scavi di Pompei
date di apertura al pubblico
8 aprile – 10 luglio 2017
a cura di
Sylvain Bellenger e Luigi Gallo
promossa da
Soprintendenza Pompei
Museo e Real Bosco di Capodimonte
Teatro dell’Opera di Roma
con il contributo di
Regione Campania
attraverso la Fondazione regionale
Donnaregina per le arti contemporanee
e la società regionale Scabec
nell’ambito dell’iniziativa
Picasso Mediterraneo del Musée
National Picasso-Paris
organizzazione e comunicazione
Electa
orari
Museo e Real Bosco di Capodimonte,
Napoli
aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì
dalle 8.30 alle 19.30
(ultimo ingresso alle 18.30)
chiuso 1 maggio
Antiquarium, Scavi di Pompei
aperto tutti i giorni
dalle 9.00 alle 19.30
(ultimo ingresso alle 18.00)
sabato e domenica apertura ore 8.30
chiuso 1 maggio
biglietti
Museo e Real Bosco di Capodimonte,
Napoli
intero mostra 10 euro
ridotto mostra 8 euro
intero mostra+museo 12 euro
Antiquarium, Scavi di Pompei
Dal 12 aprile, biglietto integrato
scavi e mostre (Picasso e Napoli:
Parade; Pompei e i Greci)
intero: 13 euro (11 euro ingresso scavi
+ 2 euro supplemento mostra)
ridotto: 7,50 euro (5,50 euro ingresso
scavi+ 2 euro supplemento mostra)
cumulativo: 22 euro (20 euro ingresso
scavi e altri siti + 2 euro supplemento
mostra)
uffici stampa
Electa
Ilaria Maggi
[email protected]
T. +39 02 71046250
responsabile comunicazione
Monica Brognoli
[email protected]
T. +39 02 71046456
Soprintendenza Pompei
ufficio stampa e comunicazione
Marella Brunetto
Lara Anniboletti
[email protected]
T. +39 081 8575327
mostrapicassoparade.it
#picassoparade
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PICASSO E NAPOLI: PARADE
a cura di editore pagine
illustrazioni
prezzo
Sylvain Bellenger
e Luigi Gallo
Electa
240 circa
150 circa
40 euro
SOMMARIO
Ritratti
Saggi
Pablo Picasso
Luigi Gallo
L’Europa a Napoli
Sylvain Bellenger
Jean Cocteau
Claude Arnaud
Il retro del nostro baraccone da fiera:
a proposito del termine Parade
Jean-François Chougnet
Erik Satie
Claudio Strinati
Serge Djagilev
Jane Pritchard
Léonide Massine
Luigi Gallo
Igor Stravinskij
Claudio Strinati
Fortunato Depero
Alessandro Nigro
Œuvres
Picasso
Il viaggio in Italia
Arlecchino
Arte popolare napoletana e moderna
Sipario
Musica e scenografia
Depero
Il balletto Pulcinella
Cocteau Parade
Claude Arnaud
“Grimaces, Pataques & Interstices”.
Parade prima di Parade
Marco Vallora
Satie compone Parade
Claudio Strinati
Depero e Djagilev: un incontro
sul filo del rasoio
Alessandro Nigro
I costumi per Parade
Jane Pritchard
Picasso, i costumi per Parade
e la scultura africana
Maria Grazia Messina
Parade a Milano
Luca Massimo Barbero
Picasso a Napoli: tra arte popolare
e teatro tradizionale
Carmine Romano
Picasso a Napoli
Maria Tamajo Contarini
Picasso incontra i ricordi del San Carlino
Silvia Cocurullo
Dalla fontana sulla Via Stabiana
ai tetti pompeiani: maschere teatrali
a Pompei
Luana Toniolo
Picasso e Pulcinella: la maschera poliforme
Luigi Gallo
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Mostra realizzata nell’ambito del progetto
“Itinerari del Contemporaneo-Confronti”
programmato e finanziato dalla
Regione Campania con i fondi POC 2014-2020
PICASSO E NAPOLI: PARADE
Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte
Scavi di Pompei
Antiquarium
8 aprile – 10 luglio 2017
Direttore generale
Sylvain Bellenger
Direttore generale
Massimo Osanna
Chief curator
Linda Martino
Direttrice Ufficio Scavi
Grete Stefani
Coordinamento organizzativo
Ornella Agrillo, Paola Giusti,
Maria Tamajo Contarini,
Patrizia Piscitello con Laura Duquesne
Responsabile unico del procedimento
Paolo Mighetto
Ufficio Mostre
Patrizia Piscitello,
Alessandra Rullo
con Mariolina Cilurzo
Coordinamento tecnico
Anna Capuano, Rosa Romano, Ciro Mauriello, Andrea Nicola,
Pasquale Corvino
Ministro
Dario Franceschini
Direttore generale Musei
Ugo Soragni
Coordinamento amministrativo
Giuseppe Mandato, Grazia Barlese,
Salvatore Capasso, Pia Raffaella Orsini
Segreteria Direttore generale
Mayra Pascariello, Anna Santoro
Coordinamento archeologico
Luana Toniolo
Segreteria Direttore generale
Ernesta Rizzo, Clelia Mazza
Funzionari Soprintendenza
Alberto Bruni
(Segretariato Generale del Mibact)
Laura D’Esposito, Andrea Garelli,
Maria Laura Iadanza, Carmela Mazza,
Alfredo Nastri
Assistente tecnico
Gennaro Di Martino
Affari Generali
Giuseppe Vitalone
Ufficio Stampa e Comunicazione
Marella Brunetto, Daniela Leone,
Alessandro Tartaglione, Lara Anniboletti, Antonio Benforte, Biagio Ricciardiello,
Giuseppe Barbella
Web e Comunicazione
Maurizio Vitiello, Alessio Cuccaro,
Marina Morra, Concetta Capasso
Guardiania, servizi per la mostra
e manutenzione
Ales
Coordinamento dei servizi
Francesco Aruta, Salvatore Carmellino, Antonio Ferola, Silvana Grassi,
Teresa Nappa
Responsabile ICT
Gennaro Martano
CED
Bruno Mandragora, Raffaele Rosa,
Callisto Russo, Antonio Tirelli
Movimentazioni interne
Coordinamento
Paola Giusti
con Maria Rosaria Sansone, Valentina
Canone
Realizzazione
Giuseppe Esposito, Vincenzo Paciello
Revisione conservativa delle opere
Angela Cerasuolo, Simonetta Funel,
Alessandra Golia, Claudio Palma,
Antonio Tosini, Giuseppe Silvestro, Giuseppe Marino, Antonio De Riggi,
Vincenzo Nacarlo, Gennaro Varvella
Trasporti e movimentazioni
Fratelli Bevilacqua
Servizi museali
MUSIS
Didattica
Le Nuvole / Pierreci
Servizi Educativi Museo e Real Bosco
di Capodimonte
Associazione Amici di Capodimonte
Picasso-Méditerranée: un’iniziativa del Musée
National Picasso-Paris “Picasso-Mediterraneo”
è un evento culturale internazionale che avrà
luogo dal 2017 al 2019. Più di sessanta istituzioni
hanno immaginato una serie di mostre
sull’opera “ostinatamente mediterranea” di
Pablo Picasso. Su iniziativa del Musée National
Picasso-Paris, questo percorso nel lavoro
dell’artista e nei luoghi che l’hanno ispirato
presenta una nuova esperienza culturale,
dedicata a rinsaldare i legami da entrambe
le sponde del Mediterraneo
Mostra e catalogo a cura di
Sylvain Bellenger
Luigi Gallo
Presidente della Giunta regionale
Vincenzo De Luca
Presidente
Virginia Raggi
Direttore Generale per le Politiche Culturali
Rosanna Romano
Sovrintendente
Carlo Fuortes
Dirigente Ufficio Beni Culturali
Nadia Murolo
Direttore Artistico opera
Alessio Vlad
Direttore Artistico sinfonica
e contemporanea
Giorgio Battistelli
Presidente
Pierpaolo Forte
Vice Presidente
Laura Cherubini
Consigliere
Chiara Falcone
Comitato Scientifico
Andrea Bellini
Johanna Burton
Bice Curiger
Hou Hanru
Gianfranco Maraniello
Direttore del Corpo di Ballo
Eleonora Abbagnato
Direttore del Coro
Roberto Gabbiani
Direttore generale
Rosanna Cappelli
Consulenza scientifica progetti
espositivi Museo di Capodimonte
Luigi Gallo
Direttore
Andrea Viliani
Responsabile mostra
Roberto Cassetta
Responsabile editoriale
e sviluppo internazionale
Carlotta Branzanti
Coordinatore amministrativo
Gianni Limone
Responsabile comunicazione
Monica Brognoli
Coordinamento attività espositive e collezioni
Silvia Salvati
Responsabile librerie museali
Laura Baini
Segreteria di produzione e comunicazione
Valeria Vacca
Organizzazione mostra
Anna Civale
Daniela Petrone
con Grazia Miracco
Museo d’Arte Contemporanea
Donnaregina – Madre Napoli
Referente per l’editoria e i progetti esterni
Anna Cuomo
Presidente
Antonio Bottiglieri
Consigliere
Teresa Armato
Consigliere
Nicola Oddati
Direttore generale
Francesca Maciocia
Coordinamento generale
Maurizio D’Amico
Responsabile ufficio amministrativo
Luigi Panaro
Catalogo
Stefania Maninchedda
Nunzio Giustozzi
Ufficio stampa
Ilaria Maggi
Stefano Bonomelli
Marketing e promozione
Aurora Portesio
Progettazione dell’allestimento
e dell’illuminazione
Hubert Le Gall
con Laurie Cousseau, Vyara Stefanova
Immagine coordinata della mostra
e progetto del catalogo
Francesco Armitti
Coordinamento per la sicurezza
e Direzione lavori
Studio Ingegneria Testa
Realizzazione allestimento
Handle
Botw (per il sipario di Parade)
Trasporti
Apice
De Marinis
Assicurazioni
Age, Blackwall Green, Eeckman,
Gras Savoye, Mag Jlt
Enti e musei prestatori
Bibliothèque Historique de la Ville
de Paris Centre Pompidou / Musée National
d’Art Moderne Centre
de Création Industrielle – Paris
FABA – Fundación Almine y Bernard
Ruiz-Picasso para el Arte – Brussels
Fondation Jean et Suzanne Planque
et Musée Granet – Aix en Provence
Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent,
Paris
Fundació Museu Picasso de Barcelona
Maison Jean Cocteau – Milly-la-Forêt
MANN, Museo Archeologico Nazionale
di Napoli
MART, Museo di Arte Moderna e
Contemporanea di Trento e Rovereto
MUDEC, Museo delle Culture – Milano
Musée National Picasso-Paris
Museo Civico di Scienze Naturali
“E. Caffi” sezione Zoologia – Bergamo
Museo Nazionale Preistorico Etnografico
“Luigi Pigorini” – Roma
Museo del Novecento – Milano
Museo internazionale delle marionette
Antonio Pasqualino – Palermo
Soprintendenza Pompei
Teatro dell’Opera di Roma
Un ringraziamento speciale a Serge Lasvignes, Presidente del Centre Pompidou
Si ringrazia inoltre
Stefania Albinni, Jean-Louis Andral, Violette
Andres, Luca Massimo Barbero, François
Bellet, Anna Biagiotti, Bianco-Valente,
Bernard Blistène, Silvia Cassini, Jean-Loup
Champion, Errico Di Lorenzo, Michele della
Cioppa, Darrell Di Fiore, Alain Durel, Elsa
Evangelista, Pierpaolo Forte, Emmanuel
Guigon, Matteo Lafranconi, Brigitte Leal,
Pascale Léautey, Laurent Le Bon, Henry
Loyrette, Claudia Montone, Rosario
Perricone, Christine Pinault, Emilia Philippot,
Almine e Bernard Picasso, Alain Seban, José
Lebrero Stals, Hélène Vassal, Andrea Viliani
Un ringraziamento speciale a
feudi di San Gregorio
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Da secoli l’Italia è una tappa fondamentale nel percorso di formazione
di artisti e intellettuali, che nel nostro paese e nelle testimonianze delle tante
civiltà che vi sono fiorite hanno trovato e continuano a trovare fonte di ispirazione
e motivo di crescita creativa.
Anche Pablo Picasso, in Italia nel 1917, ha modo di confrontarsi con le
diverse tradizioni storiche e artistiche. Viaggiando fra Roma, Napoli e Pompei,
il pittore scopre culture diverse e multiformi, dove si uniscono sacro e profano,
antico e moderno, elementi che entrano nel suo stile, rinnovandolo con un’inedita
classicità.
La mostra promossa dalla Soprintendenza di Pompei e dal Museo Nazionale
di Capodimonte racconta questa storia, illustrando l’influenza partenopea nella
sua arte e, in particolare, nel sipario dipinto per il balletto Parade. Quasi un ricordo
del viaggio in Italia di una gioiosa compagnia di artisti, la monumentale tela
intraprende un percorso a ritroso nel tempo, celebrando il centenario della visita
di Picasso a Napoli e a Pompei.
La mostra apre un ambizioso progetto culturale, promosso dal Musée
Picasso Paris, dedicato al rapporto ininterrotto fra il grande pittore spagnolo
e la cultura del mondo mediterraneo. L’iniziativa ribadisce l’importanza della
sinergia fra le diverse istituzioni nazionali che partecipano alla celebrazione:
le repliche del balletto Parade nel Teatro Grande di Pompei, prodotte dal Teatro
dell’Opera di Roma, e una grande retrospettiva in ottobre alle Scuderie
del Quirinale e a Palazzo Barberini contribuiranno a evocare il rapporto
di fascinazione fra Picasso e l’Italia. E racconteranno di un’Europa dilaniata
dalla guerra in cui la cultura ha continuato a essere un elemento fondamentale
per mantenere vivo il dialogo tra i popoli.
Dario Franceschini
Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Celebrare il centenario del viaggio a Napoli e Pompei che Pablo Picasso
eseguì nel 1917 in compagnia del poeta Jean Cocteau è l’occasione per onorare
la storia della civiltà campana, attraverso un evento di grande attrattiva culturale
che la Regione Campania ha voluto finanziare e promuovere. L’omaggio a questo
straordinario artista, icona del XX secolo, è stato realizzato attraverso una
sinergia tra il Mibact, con la Soprintendenza di Pompei e il Museo Nazionale
di Capodimonte, e la Regione Campania, a testimonianza di quanto siano
importanti ed utili le azioni comuni e condivise nell’ambito delle politiche culturali.
Meta predestinata del moderno viaggiare, la Campania ha rappresentato
sin dal Settecento per artisti, intellettuali, eruditi o connaisseurs la terra
promessa dell’arte. Napoli, Pompei, Paestum costituivano l’epicentro del viaggio
di formazione destinato allo sviluppo di una sensibilità artistica che si verificava
nell’incontro con il mondo classico. E ancora oggi sono luoghi che affascinano
e attirano visitatori da tutto il mondo. La Napoli settecentesca s’impose come
una vera capitale culturale europea, con lo sviluppo della moderna archeologia,
nata con la scoperta dei siti vesuviani, la costruzione delle Regge e la creazione
di collezioni d’arte, che ne fanno oggi una delle reti museali più importanti
d’Europa. L’Ottocento e il Novecento hanno visto crescere il turismo d’élite,
con la creazione del mito di Capri e della Penisola Sorrentina, luoghi diventati
protagonisti di romanzi, dipinti, fotografie e pellicole cinematografiche.
Innumerevoli gli artisti che si sono lasciati sedurre dalla nostra regione, riportando
nelle loro terre una nuova idea del vivere, intrisa della morbida luce mediterranea.
E tra loro anche Pablo Picasso.
Oggi, con la sua rete eccezionale di musei, siti archeologici e d’interesse
paesaggistico, la Campania rappresenta in Italia una delle realtà più interessanti
e dinamiche dal punto di vista dell’arte e del patrimonio. Conferma la sua
vocazione a terra d’ispirazione ricca di storia, ma anche quella di una terra
di nuove idee e proposte culturali.
Vincenzo De Luca
Presidente Regione Campania
“Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato
altrettanta gioia alla posterità”, scrive, a proposito di Pompei, Johann Wolfgang
von Goethe nel suo Italienische Reise, pubblicato in due volumi fra il 1816
e il 1817. Con la sua prosa, icastica e potente, il grande letterato tedesco
testimonia la fascinazione del mondo moderno verso l’antica città campana,
sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e riscoperta nel 1748. Generazioni di
artisti, scrittori, poeti, fotografi e registi si sono avvicendati nelle strade di Pompei,
visitandone i templi e il Foro, attraversando le soglie delle domus, estasiandosi
davanti alla ricca messe di reperti e di affreschi, con i loro vividi accordi cromatici.
Tutti hanno tratto ispirazione, al contempo, dalla vita degli antichi abitanti
e dalla loro morte. La contemporaneità continua a nutrirsi di questo connubio
inestricabile, come dimostra il crescente interesse del pubblico e le ininterrotte
contaminazioni artistiche e performative che trovano a Pompei una patria elettiva.
Nel novero delle importanti presenze di artisti nel Novecento va inserita
la visita che Pablo Picasso compie nell’antica città vesuviana nel mese di marzo
1917. Il pittore più iconico del XX secolo visita Pompei in compagnia di Jean
Cocteau, Sergej Djagilev e il coreografo Léonide Massine con cui lavora alla
preparazione del balletto Parade. A testimonianza della gita a Pompei restano
tre fotografie eseguite da Cocteau, che ritraggono il pittore negli scavi. L’immagine
di Picasso, meditativo mentre si accende la pipa, e Massine, appoggiato a un
mascherone che serve da bocca di una fontana, è stata utilizzata per illustrare
il programma di Parade a Parigi. Il riferimento all’antica città vesuviana in un
balletto con forti connotazioni avanguardistiche rende esplicito quanto l’incontro
con la classicità abbia influito sul pensiero dei viaggiatori. Jean Cocteau reagisce
poeticamente alla visita e, in una lettera alla madre, racconta il suo tour vesuviano:
“Siamo di nuovo a Roma dopo un viaggio a Napoli, e da lì a Pompei in auto.
(…) Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole del mondo. Il mare è blu scuro. Scaglia
giacinti sui marciapiedi”. Le parole restituiscono un’immagine della natura ormai
irrimediabilmente perduta, dopo i bombardamenti, i terremoti, la speculazione
edilizia indiscriminata. Eppure identica sembra l’anima campana in cui “l’antichità
classica brilla nuova di zecca”, scrive il letterato francese. Pompei costituisce
per Cocteau e Picasso un’occasione senza precedenti: la visita a un luogo capace
di accendere l’entusiasmo per un’antichità nella quale l’eterno ha il sapore del
quotidiano. “Pompei non mi ha stupito. Sono arrivato dritto alla mia casa. Avevo
atteso mille anni senza osare tornare a vedere le sue povere rovine” aggiunge il
poeta nella sua lettera.
L’esposizione ospitata nelle sale dell’Antiquario vuole sottolineare quanto
per la concezione dei costumi teatrali di Parade Picasso abbia tratto ispirazione
in uguale misura dai riferimenti antichi e dall’art nègre. Il confronto inedito
è testimoniato da un insieme eccezionale di maschere africane e classiche, queste
ultime conservate nei depositi della Soprintendenza e presentate al pubblico
per la prima volta. Chiude la celebrazione picassiana la messa in scena nel
Teatro Grande dei balletti con scene e costumi del pittore Parade e Pulcinella, in
onore della maschera più rappresentativa della cultura partenopea, le cui origini
risalgono al IV secolo avanti Cristo con la commedia Atellana.
Celebrare il centenario del viaggio di Pablo Picasso, significa per la
Soprintendenza di Pompei rendere un omaggio alla storia moderna del sito
archeologico, la cui visione fu di grande importanza per la svolta classicista
del pittore spagnolo. L’insieme delle manifestazioni, promosse in collaborazione
con il Museo di Capodimonte e il Teatro dell’Opera di Roma, testimoniano inoltre
la sinergia viva e fruttuosa fra le diverse istituzioni culturali.
Massimo Osanna
Direttore Generale Soprintendenza Pompei
A Parigi all’inizio del XX secolo il fermento della creazione genera
l’interazione fra le arti. Bonnard, Vuillard, Sérusier, Maurice Denis o ToulouseLautrec progettano scenografie e costumi per il teatro.
Nel 1907 il grande Djagilev porta in scena la sorpresa, lo scandalo,
la meraviglia con i suoi Balletti Russi, modernisti, slavi e orientali, decorati
da Léon Bakst, Larionov e Gončarova.
Con Parade, la sua nuova scommessa, vuole introdurre nell’arte del balletto
il cubismo, cioè la pittura più attuale, più criticata e meno teatrale. La cosa
non è priva di contrasti. Djagilev riesce a irritare i conservatori, che esecrano
il cubismo, e la sinistra intellettuale che invece ne vorrebbe di più. Per la nuova
creazione Picasso e Cocteau raggiungono Djagilev a Roma. Sarà questo viaggio
in Italia a portare la modernità cubista verso nuovi territori. Il “ritorno all’ordine”
secondo la formula sviluppata da Cocteau nel suo manifesto teatrale e musicale,
Il Gallo e l’Arlecchino, del 1918, rivendica un ordine più comprensibile,
il classicismo e il mistero surreale delle cose quotidiane. L’incontro di Picasso
con Depero – l’artista futurista che realizza macchine plastiche, giocattoli
e marionette – è fondamentale, come sottolineano da molti anni gli storici
del XX secolo. Ma ciò che è rimasto finora inesplorato è la parte napoletana
di quel viaggio italiano. Come dimostrano le ricerche alla base di questo catalogo,
al centro della nuova “distorsione del reale” (John Golding, 1980) picassiana
ci sono il pittore, poeta e scrittore futurista napoletano Francesco Cangiullo,
forse perfino il celebre Scarpetta, Pulcinella, il teatro popolare, i presepi
e le marionette, l’anima di Napoli.
Il centenario di questo viaggio andava celebrato e voglio ringraziare
Luigi Gallo che si è impegnato subito nell’avventura. Massimo Osanna ha voluto
aderire al progetto e aggiungere alla nostra visione le due visite di Picasso
a Pompei, delle quali conosciamo l’enorme eco nell’opera del pittore. Ringrazio
il ministro Franceschini e l’onorevole Vincenzo De Luca, presidente della Regione
Campania, che ci hanno sostenuto attivamente e concretamente. Patrizia Boldoni
che così spesso si è fatta interprete delle nostre esigenze oltre a tutti i membri
della Regione Campania che nella frenesia dei loro uffici hanno reso possibile
l’esposizione, in particolare, Rosanna Romano. Ringrazio per la loro professionalità
Antonio Bottiglieri e tutto lo staff della SCABEC e la casa editrice Electa, che
ha accettato con entusiasmo di organizzare l’esposizione e di assumersene
il rischio economico. Grazie a tutto il personale di Capodimonte per l’energia,
la fedeltà e l’amore per il museo: il dipartimento scientifico, in particolare
Linda Martino, il dipartimento amministrativo e quello architettonico, gli addetti
all’accoglienza e alla sorveglianza.
Ringrazio infine l’ideatore visionario dell’ambizioso progetto
Picasso-Méditerranée, Laurent Le Bon, direttore del Museo Picasso di Parigi,
senza il quale Pompei e Capodimonte non avrebbero potuto inaugurare questa
grande celebrazione.
Sylvain Bellenger
Direttore Museo e Real Bosco di Capodimonte
Il progetto “Picasso-Méditerranée” si fonda sulla valorizzazione della
ricchezza dei legami tra Picasso e il Mediterraneo nell’accezione più ampia
del termine, attraverso la programmazione, dal 2017 al 2019, di un ciclo culturale
dinamico, multiforme e pluridisciplinare.
Partendo da una mappa e da una rete di istituzioni legate al mondo
picassiano, la manifestazione si articola, prima di tutto, in una serie di
esposizioni e in un progetto scientifico, in una dimensione che è allo stesso
tempo patrimoniale e contemporanea. L’identità di ogni istituzione è pienamente
rispettata, con l’ambizione di creare una sinergia affinché ciascuna di esse possa
sviluppare un progetto mantenendo la propria unicità in una manifestazione
dall’intento aggregativo.
La rete comprende attualmente più di sessanta istituzioni che si coordinano
per costruire una comunicazione comune, in particolare attraverso un simbolo,
un’identità visiva, un sito internet e una pubblicazione. Periodicamente sono
convocati dei comitati di gestione e la manifestazione sarà costellata da seminari
di ricerca che riuniscono la comunità picassiana.
Le esposizioni già in calendario sono una quarantina: che siano
monografiche, tematiche, in dialogo con i contemporanei di Picasso o con gli
artisti di oggi, incentrate su una tecnica, un periodo, un luogo dove l’artista
ha vissuto o creato, condividono l’approccio singolare e rinnovato all’opera
picassiana, vista attraverso il prisma del Mediterraneo.
La stagione dedicata a Picasso sarà oggetto di una pubblicazione cartacea
e digitale.
Per iniziativa del Musée National Picasso-Paris questo percorso nell’opera
dell’artista e nei luoghi che lo hanno ispirato propone un’esperienza culturale
inedita, volta a rinsaldare i legami tra le diverse sponde.
Laurent Le Bon
Presidente del Musée Picasso
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L'EUROPA A NAPOLI
Sylvain Bellenger
È sorprendente osservare quanto l’Europa degli anni che precedono la prima
guerra mondiale sia europea. La letteratura, Romain Rolland e il suo romanzo
fiume Jean Christophe oppure la vita del giovane Stefan Zweig, letteralmente
stritolata dalle due guerre. A Vienna, fin dalla fine del liceo, Zweig ha un solo
progetto, andare a Berlino, a Roma, a Parigi per godere della ricchezza e della
diversità culturale che solo l’Europa può offrire. L’idea dell’Erasmus prima
dell’Erasmus, la straordinaria opportunità che oggi la comunità europea offre
ai giovani. Nei primi anni del XX secolo essere celebre come Emmanuel de Falla,
Verhaeren o Rodin significa essere conosciuti da Bruxelles a Madrid, da Londra
a Praga, da Parigi a Berlino. L’Europa si sta allora liberando dal conservatorismo,
dal puritanesimo, dal XIX secolo ormai finito e scopre la cultura del corpo,
il femminismo, la velocità, la giovinezza, intravedendo nella modernità tecnologica
un nuovo mondo, una nuova arte di vivere per una nuova umanità. Il XIX secolo
aveva inventato la storia, il XX inventa il presente: futuristi, vorticisti, cubisti,
suprematisti e molte altre dinamiche creano il concetto di avanguardia, le energie
dirompenti devono parlare della propria epoca e spesso anticiparla, fino al punto
di non essere comprese dai contemporanei. Proprio questa incomprensione, chiave
della verità, della concezione e quasi del significato stesso di avanguardia,
è il soggetto di Parade.
Il programma della prima, nel maggio 1917 al Théâtre du Châtelet, riassume
l’argomento del balletto ideato da un giovane poeta, Jean Cocteau.
Lo stile dimostra l’impazienza, il dramma, la quotidianità e l’originalità del
soggetto: “La scenografia rappresenta le case di Parigi una domenica. Teatro
forain.
Tre numeri di music-hall fanno da parata. Prestigiatore cinese, Ragazza
americana, due acrobati, tre manager fanno pubblicità. Nel loro linguaggio orribile
dicono che la folla confonde la parata con lo spettacolo in sé e cercano in modo
grossolano di farglielo capire.
Nessuno si lascia convincere. Dopo il numero finale, sforzo estremo dei
manager. Il Cinese, gli acrobati e la Ragazza americana escono dal teatro vuoto.
Vedendo il fallimento dei manager, cercano di dar prova delle loro capacità.
Ma è troppo tardi”. In questo fraintendimento surreale tra spettacolo e realtà si riconosce uno
dei meccanismi della tragedia secondo Cocteau, infermiere nell’esercito francese,
il quale in Thomas l’Impostore racconta che Thomas, per ingannare la morte, morì,
facendosi passare per morto. Tutto il surrealismo sta in questa nuova verità:
il disprezzo, la permeabilità, la vicinanza tra reale e sogno, una realtà superiore
in cui domina la poesia.
Durante la guerra Cocteau stringe amicizia con la celebre Misia, quella
“collezionista di geni, tutti innamorati di lei”, come la descrive Paul Morand.
Misia Sert, di origine polacca, musa della “Revue Blanche”, ex allieva di Fauré,
ha sposato in terze nozze l’artista spagnolo Josep Maria Sert. Il giovane
Cocteau, che per Misia è un’amicizia recente, le chiede di aiutarlo nel progetto
di un balletto rivoluzionario. È difficile capire come nel 1916 a Parigi, una città
soggetta a razionamento, a due passi dalle trincee e dal fronte dei massacri,
dove i nazionalismi si stanno acutizzando, il cosmopolitismo intellettuale che
caratterizzava il periodo precedente alla guerra riesca a sopravvivere.
Lo dimostrano il salotto di Misia o l’entourage di Gertrude Stein. Uno dei
fedelissimi del salotto Sert è il celebre direttore dei Balletti Russi, Sergej Pavlovic
ˇ Djagilev. A Siviglia con Manuel de Falla, a Parigi con Ravel, Poulenc e Debussy,
Erik Satie, a Pietrogrado, a Parigi o a Roma con Stravinskij, Djagilev rappresenta
quell’Europa artistica intraprendente, audace e bohème che sta inventando
l’arte moderna.
Il 30 maggio 1916 Misia porta Cocteau a sentire Erik Satie ed Enrique
Granados a una serata musicale organizzata da Picasso e Matisse1. È il primo
1 S. Scheijen, J. Hedley-Prôle, S. J. Leinbach, Djagilev: A Life, Profile, London 2010, p. 322.
incontro degli autori di Parade, Cocteau, Picasso e Djagilev, insieme al coreografo
Massine. Il seguito risuona come una campagna militare. Misia ha già parlato a
Satie di un pezzo per i Balletti Russi. Una settimana dopo Djagilev va a trovare
Picasso nel suo studio. Il 24 agosto Cocteau convince Picasso a imbarcarsi
nell’avventura di Parade.
I due amici vanno da Gertrude Stein per annunciare il loro viaggio di nozze in
Italia2, come racconterà Cocteau nella sua intervista del 1956.
Il 17 febbraio 1917 partono per Roma, per raggiungere Djagilev e Massine. Nel
1916 Picasso era già l’artista di avanguardia più famoso di Parigi. Si era stabilito
definitivamente nel 1904 al Bateau Lavoir, a Montmartre. Alle grandi opere del
periodo rosa e blu, indifferenti ai problemi puramente plastici, aveva fatto seguito
a partire dal 1907 l’avventura cubista, condivisa con Braque. Più che una rottura,
Parade costituirà un ritorno agli anni del circo Medrano3, stabilitosi vicino al Bateau
Lavoir, e anche un ritorno ai funamboli, arlecchini, giocolieri e acrobati, quei
quadri del circo derivati dal manierismo spagnolo che hanno influenzato la poesia
moderna, Un fantasma di nuvole di Apollinaire o le Elegie duinesi di Rilke. Il tema di
questa esposizione, Parade, Picasso e Napoli, riguarda l’avventura che darà vita a
Parade e un momento poco analizzato di quel viaggio in Italia, cioè le due settimane
che Picasso passa a Napoli tra marzo e aprile 1917. Il viaggio dura due mesi, ma è
durante le due settimane napoletane che avviene la metamorfosi del balletto. Non
si tratta più solo di portare in scena il cubismo, operazione di cui si occupano i due
manager, il manager americano e quello francese, con il loro corredo di grattacieli
e nuvole, si tratta di arte popolare, di marionette, di pupi, delle figure del presepe
di cui Picasso acquista diversi esemplari. L’arte africana ormai è solo nella testa di
quel divertente cavallo dal doppio corpo articolato.
La scenografia deriva dal teatro popolare, da Pulcinella, dal grande
Scarpetta, dal presepio napoletano come, e soprattutto, il sipario – non un sipario
ma un quadro, il più grande che Picasso abbia mai realizzato – che costituisce la
parata dello spettacolo e inquieterà molto l’intellighenzia parigina che aveva già
fatto del cubismo la nuova doxa dell’arte moderna. Quando il sipario si alza gli
spettatori capiscono che proprio quello costituiva il primo atto di Parade e che a
loro volta hanno confuso lo spettacolo e la sua parata, una derisione surrealista
in atto, un teatro nel teatro, la parata come opera comica contro la guerra e contro
la morte. Le origini napoletane e pompeiane sono il tema di questo catalogo,
dimostrando che, con Picasso, non si finisce mai.
2 C. Arnaud, Jean Cocteau, A life, Yale University Press, New Haven-London 2016, p. 182.
3 F. Olivier, Picasso and his friends, Appleton-Century, New York 1965,
p. 127.
PICASSO E PULCINELLA :
LA MASCHERA POLIFORME
Luigi Gallo
La maschera ci dice più di un volto
Oscar Wilde
Sostenuto da un talento “stregonesco”, secondo la brillante definizione
di Roberto Longhi, Pablo Picasso, come pochi altri artisti, ha saputo assimilare
e manipolare diverse tradizioni figurative, reinterpretandole nella sua opera.
Un’ispirazione inesauribile lo spinge verso repentini cambi di rotta: dall’alveo postimpressionista alle espressive deformazioni del periodo blu, dalle cadenze arcadiche
del periodo rosa al cubismo, al neoclassicismo, al surrealismo. Una lunghissima
carriera che anima la vita del “Secolo breve”, come Eric Hobsbawm definisce
il Novecento, ridefinendone i criteri, le pratiche e i raggiungimenti formali.
La sua opera, dove, come affermava Guillaume Apollinaire, “si uniscono il delizioso
e l’orribile, l’abbietto e il delicato”, testimonia l’universalità della sua ispirazione.
Picasso e la danza
Ancora immerso nelle sperimentazioni cubiste che lo avevano impegnato dal
1907, Picasso accetta nel 1916 la proposta di Jean Cocteau di collaborare a una serie
di spettacoli con la compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. Dal 1917
al 1925, il pittore partecipa a diverse rappresentazioni per le quali concepisce costumi
e scenografie. Il primo è Parade, scritto da Jean Cocteau, con musiche di Eric Satie,
cui seguono nel 1919 Tricorne, con musiche di Manuel de Falla, nel 1920 Pulcinella,
con musiche di Igor Stravinskij, nel 1921 Quadro Flamenco, con musiche
di De Falla, nel 1924 Mercure con musiche di Satie, e nel 1925 Le Train Bleu,
con musiche di Darius Milhau, per il quale esegue solo il fondale.
Pur con esiti diversi, l’esperienza teatrale permette al pittore di confrontarsi
con l’universo onirico della narrazione coreutica, dove il decoro accompagna il
movimento senza sovrapporsi ad esso. È una prova che stimola l’artista, attratto
da tali nuove possibilità formali: le scenografie e i costumi disegnati
da Picasso trasformano il corpo stesso del ballerino in un’opera d’arte, giungendo
a un’inedita espressione di quella Gesamtkunstwerk1 cara all’estetica musicale tardo
ottocentesca. Per ogni spettacolo Picasso elabora una diversa estetica. Se Parade,
com’è stato approfonditamente studiato2, rende omaggio al mondo circense, unendo
la forza dei costumi e delle scenografie cubiste alla lirica evocazione classicista
del sipario, Tricorne e Quadro Flamenco, a loro volta, rimandano all’immagine di una
Spagna iconica e fuori dal tempo, con sipari ispirati al mondo della corrida, tema che
il pittore tratterà diffusamente dagli anni 1930. Pulcinella è l’apoteosi del classicismo,
mentre nel più tardo Mercure, una serie di tableaux con le storie della divinità,
Picasso riafferma le sue credenziali moderniste con uno stile quasi astratto, legato
alle coeve esperienze surrealiste. Sul sipario campeggiano un Pulcinella bianco,
quasi un fantasma, e un Pierrot. Più legato alle fluttuazioni della moda Le train bleu,
racconta gli svaghi sulla spiaggia della borghesia in vacanza: gli elegantissimi
costumi disegnati da Coco Chanel dialogano con l’immenso fondale scenografico
che Picasso trae da un ingrandimento del dipinto Deux femmes courant sur la plage
del 19223. L’opera è intrisa di riferimenti alla pittura pompeiana: il personaggio
dell’iniziata dalla Villa dei Misteri, riemerge nella donna con le braccia protese in
avanti, come una Naiade o una Baccante discinta durante l’iniziazione dionisiaca.
In tutti gli spettacoli emerge con forza il tema della maschera, sia come parte
di un costume definito, il cavallo di Parade ad esempio, sia come entità stessa del
personaggio, come nel caso di Pulcinella. Oggetto enigmatico, la maschera è uno
strumento di metamorfosi, come affermava Breton, destinato a dissimulare il viso
di chi la indossa. Isola i tratti somatici, operando una rilettura dell’individuo:
1 Il termine indica l’ideale di teatro in cui convergono musica, drammaturgia, coreutica, poesia, arti figurative, al
fine di realizzare una perfetta sintesi delle diverse arti. Coniato nel 1827 dal filosofo K. F. E. Trahndorff, il termine
viene poi utilizzato anche da Richard Wagner che lo inserisce nel suo Arte e Rivoluzione edito nel 1849.
2 Sull’argomento si veda: La Grande Parade: Portrait de l’artiste en clown, catalogo della mostra a cura di J. Clair,
Paris 2004.
3 Parigi, Musée Picasso, MP78.
nasconde quanto svela. Si tratta, pertanto, di un artificio capace di esaminare
a fondo l’identità: indossarne una, in senso letterario o simbolico, significa smettere
di essere se stessi; al contrario, toglierla, permette la rivelazione di una verità
psicologica4. Carl Gustav Jung negli Archetipi dell’inconscio collettivo scrive a tale
proposito: “Lo specchio non ci lusinga, mostra precisamente ciò che vi si riflette;
e in particolare quel viso che non lasciamo mai vedere al mondo perché lo copriamo
con la persona, la maschera dell’attore. Ma lo specchio si trova dietro la maschera
e mostra il nostro vero volto”5. In Picasso, la ricerca dell’universalità, dell’origine
primordiale dell’uomo e del suo linguaggio, trova una risposta nei modelli primigeni
e trae spunto tanto dalle maschere africane quanto dai personaggi della cultura
popolare e della Commedia dell’Arte.
Napoli 1917
Il viaggio in Italia nel 1917, forse il più importante della sua vita, al di fuori
della Francia e dalla natia Spagna, permette al pittore di confrontarsi con diverse
tradizioni culturali6. Nel Belpaese per poco più di due mesi, egli si reca a Napoli
due volte, nei mesi di marzo e aprile. Nella capitale del Mezzogiorno, scende prima
all’Hotel Vesuvio, poi al Vittoria. Se il viaggio in Italia costituisce il punto di partenza
per una riflessione sull’antico che influenza il suo periodo neoclassico, va ricordato
come le referenze alla tradizione figurativa del passato siano costantemente presenti
nella sua carriera a cominciare dalla formazione negli anni 1890. L’ispirazione
pompeiana nelle opere del periodo rosa è immediatamente percepibile nel confronto
fra Les deux frères7 del 1906 (fig. 1) e l’affresco Teseo e il Minotauro8 conservato
al Museo Archeologico di Napoli e conosciuto attraverso il mezzo fotografico9.
Della pittura murale antica Picasso riprende la composizione, con il tamburo circense
che occupa il posto del corpo esangue del Minotauro, la posa plastica del nudo
frontale, l’aspetto materico e terroso del colore.
Tappa imprescindibile del viaggio in Campania è Pompei. Il tragitto viene
raccontato da Cocteau in una lettera alla madre del 13 marzo: “Le Vésuve fabrique
tous les nuages du monde. La mer est bleu marine. Il pousse des jacinthes sur
les trottoirs. [...]”.
Pompéi ne m’a pas étonné. J’ai été droit à ma maison. J’avais attendu mille ans sans
oser revenir voir ses pauvres décombres”10. Durante la visita scatteranno alcune
fotografie, che hanno per protagonista il pittore spagnolo e i suoi compagni. Picasso
siede tra le rovine di Pompei, elegante, in giacca e gilet neri, accanto a lui Léonide
Massine. Le fotografie sono state scattate da Jean Cocteau. Nell’antica Pompei,
Picasso raccoglie una foglia di lauro e vi scrive una dedica all’amico Apollinaire,
testimoniando un legame d’amicizia intrecciato da complessi riferimenti culturali11.
L’influsso della pittura antica nell’arte del pittore spagnolo è profondo e immediato,
come testimonia una memoria di Enrico Prampolini, redatta in occasione della mostra
della collezione di Leonide Massine nel foyer delTeatro Costanzi il 7 aprile, dove
vengono presentate le opere acquistate dal ballerino o a lui donate fra il 1914
e il 1917. Vi figurano, oltre ai russi legati a Massine da amicizia e collaborazione,
Bakst, Larionov e Gončarova, gli italiani Depero, Balla, Carrà, de Chirico e Severini,
poi spagnoli, francesi e messicani, Picasso, Gris, Léger, Braque, Derain, Rivera.
A proposito di Picasso l’autore scrive: “Alla mostra d’arte della Collezione Massine,
tenuta nel Ridotto delTeatro Costanzi, Picasso espose i risultati di quelle sue
esperienze; vedemmo, infatti le prime “teste femminili”, di grandi proporzioni,
modellate dal colore rosso pompeiano e dagli sfondi azzurri, sintesi plastiche di
forma-colore, di un’ampiezza di rapporti e grandiosità veramente scultorea,
e soprattutto di una specie quale non poteva svilupparsi che in un clima vesuviano”12.
A Napoli, oltre l’antico, Picasso si appassiona alla città. Una città che era stata
rinnovata dopo l’Unità d’Italia e che diveniva sempre più una meta ricercata
del turismo internazionale. Nel 1903 Wilhelm Jensen, nella Penisola a quattro riprese
fra il 1892 e il 1901, scrive nel suo racconto Gradiva – di cui Freud opera una rilettura
4 Sull’argomento si veda l’affascinante catalogo della mostra a cura di E. Papet, Masques. De Carpeaux à Picasso
(Parigi, Musée d’Orsay, 2008-2009), Paris 2008.
5 C. G. Jung, Archetipi dell’inconscio collettivo, 1934, ed. it. 1980, p. 19.
6 Sul viaggio si rimanda a J. Clair (a cura di), Picasso, 1917-1924: il viaggio in Italia, Paris 1998.
7 Parigi, Musée Picasso, MP7.
8 Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9043.
9 Sull’argomento si vedano le brillanti ricerche di Conchita Bomcompte, Picasso’s Iconography between 1905 and
1907. The Influence of Pompeian Painting, tesi di dottorato, Universitat de Barcelona, 2009.
10 J. Cocteau, Lettres à sa mère, 1, 1898-1918, 17 marzo 1917.
11 Parigi, Musée Picasso, MP 1990-2.
12 Enrico Prampolini “Incontro di Picasso con Roma”, in La Biennale di Venezia, n. doppio 13-14, aprile-giugno 1953,
p. 54.
psicanalitica – come il suo protagonista, l’archeologo Norbert Hanold, resti stupito
davanti al paesaggio partenopeo: “Ovunque girasse lo sguardo, gli si apriva davanti
un panorama stupendo, maestoso e insieme ameno, sintesi di un passato lontano
e di un presente foriero di gioia”13. Napoli e la sua cultura popolare, influenzano
Picasso che ritrae il paesaggio del golfo e una carrozzella in Via Scarlatti, durante
la seconda permanenza nel mese di aprile in un grazioso schizzo, eseguito sulla
carta intestata dell’Hotel Vittoria14. Anche Cocteau rimane affascinato dalle
geometrie inclinate dell’orizzonte urbano dove “l’antiquité grouille toute neuve”15;
nell’eccezionale disegno acquarellato Siloca (fig. 2), ritrae una città che contende
il suo spazio vitale con il mare e il vulcano, opera che Picasso ricorda nella
composizione della scenografia di Parade16. Nella seconda permanenza a Napoli
il pittore è con Stravinskij e Olga. Una cartolina indirizzata a Cocteau sancisce
l’inizio di un amore. Picasso stesso indica che il piccolo paesaggio, coronato
dall’immancabile Vesuvio fumante, è opera di Olga17. Accanto al vulcano, i due cuori
trafitti dal dardo di Cupido.
Quanto Napoli e la sua tradizione popolare abbiano influenzato l’artista,
è testimoniato nei costumi e nelle scenografie di Pulcinella con musiche di Igor
Stravinskij, variazioni da un’opera di Pergolesi, e coreografie di Massine. Ispirata
dalla commedia dell’arte, “che vedemmo in un’affollatissima saletta che puzzava
d’aglio”18, ricorda Stravinskij nelle sue memorie edite nel 1947, le avventure amorose
della celebre maschera napoletana furono messe in scena davanti a un’elaborata
scenografia dominata dal profilo del Vesuvio. I due artisti non capirono una parola
della rappresentazione, ma si trovarono concordi nell’entusiasmo verso un’arte
“primitiva”, dinamica e popolare. L’iconografia del folclore partenopeo, tramandata
dalla Scuola di Posillipo, piaceva particolarmente al pittore e al musicista:
“appassionati entrambi di vecchi guazzi napoletani, durante le nostre frequenti
passeggiate, facevamo delle vere razzie in tutte le piccole botteghe e presso
i rigattieri”19. I bozzetti colorati a tempera testimoniano quanto l’artista rimase
colpito dal teatro popolare italiano. Con i costumi (fig. 3), rivela Stravinskij,
“Picasso fece meraviglie; mi è difficile dire se m’incantasse più il colore, la plasticità
o il sorprendente senso teatrale di quest’uomo straordinario”20. Andato in scena
il 15 maggio del 1920 con grande successo, Pulcinella contribuì a eternare il mito
di Napoli in Europa negli Anni Ruggenti fra le due guerre mondiali.
Pulcinella: una maschera poliforme
Alla maschera di Pulcinella, Picasso dedica un’analisi approfondita, divenendo
per qualche anno una sorta di alter ego di Arlecchino, personaggio con il quale
il pittore amava identificarsi e nel cui abito ritrae il ballerino Léonide Massine
nel 191721. La scelta non è priva di significato: alla fascinazione per la figura doppia
ed enigmatica di Arlecchino, metà demiurgo creatore, metà diavolo distruttore,
si affianca quella per Pulcinella, ironico e scettico, ambiguo e inafferrabile. Le due
maschere rappresentano per l’artista l’equilibrio fra apollineo e dionisiaco, secondo
una tradizione legata alla filosofia ermetica, nella rilettura offerta da Friedrich
Wilhelm Nietzsche e diffusa nei circoli artistici parigini. Guillaume Apollinaire per
primo opera una suggestiva identificazione di Picasso come “trismegisto”, tre volte
grande, seguendo l’appellativo rinascimentale del creatore del Corpus Hermeticum,
figura mitologica dell’esoterismo. Per il pittore la maschera diviene un simbolo
della relatività dell’esistenza. Il dipinto I tre musici del 1921 (fig. 4) 22, capolavoro
del cubismo sintetico, rappresenta tre personaggi mascherati: a sinistra Pulcinella
suona il clarinetto, al centro Arlecchino con la chitarra e a destra un monaco con
gli spartiti. Tradizionalmente l’opera viene messa in relazione al terzetto di amici
composto da Apollinaire, morto nel 1918 di febbre spagnola, Max Ernst e Picasso;
tuttavia una lettura in chiave ermetica può essere suggerita dalla minacciosa
presenza del cane, nell’angolo a sinistra, il cui corpo, come un richiamo infernale,
si confonde con quello di Pulcinella. Tale simbolo rimanda alla natura doppia dei
personaggi, al contempo maschere della Commedia dell’Arte ed emissari di divinità
13 W. Jensen, Gradiva, (1903), in Fantasmi a Pompei, a cura di E. Badellino, Milano 2014, p. 86.
14 Parigi, Musée Picasso, Archives privées de Pablo Picasso, inv. 515AP\B\2\4
15 J. Cocteau, 1917, op. cit.
16 Maison Jean Cocteau, Milly-La-Forêt.
17 Bibliothèque Historique de la Ville de Paris, Fond Jean Cocteau.
18 I. Stravinskij, Cronache della mia vita, (1947), ed. it. a cura di A. Mantelli, Milano 2006, p. 115.
19 Ibidem.
20 Ibidem, p. 116
21 Sul tema si veda Picasso 1917-1937. L’Arlecchino dell’arte, catalogo della mostra a cura di Y.-A. Bois, Milano 2008.
22 New York, Museum of Modern Art.
ctonie, retaggio di un antico misticismo popolare. Nel dipinto con i musici conservato
al Museum of Modern Art di New York, si può leggere pertanto un’allegoria del
passaggio fra la vita e la morte, forse una celebrazione dell’amico scomparso.
In tal senso, Pulcinella consente di spiegare etimologicamente anche la parola
“maschera”, dal termine tardo latino màsca, che indicava un morto o un essere
demoniaco.
Le matrici rituali del pensiero popolare sono alla base delle maschere di
Arlecchino e Pulcinella, che rappresentano le polarità opposte di luce e ombre,
allegrezza e malinconia. Entrambi presentano alcuni tratti precisi e inconfondibili:
la capacità di adattarsi alle situazioni, l’ingegno acuto, l’apparenza sciocca che
nasconde una profonda saggezza, la pigrizia, la versatilità nelle arti e una misteriosa
ambivalenza che gli deriva dalla comune origine mercuriale. Delle due figure
complementari, Arlecchino incarna il lato solare di Hermes, infantile, veloce
e invincibile, mentre Pulcinella ne esprime la dimensione lunare, saturnina, solitaria
ed enigmatica. Entrambi indossano la maschera nera, Hermes è figlio della notte,
brandiscono una verga, attributo del dio, e come lui sono figure liminari legate al regno
dei morti da qualità psicopompe. Queste ultime, in particolare, contraddistinguono
l’Hermes-Thoth cui fa riferimento la filosofia ermetica. Quanto simili argomenti
affascinassero la cerchia di Picasso è testimoniato da Apollinaire che, nelle
Méditations Esthétiques del 1913, scrive: “Des Arlequins accompagnent la gloire
des femmes, ils leur ressemblent, ni mâles ni femelles. (…) Des bêtes hybrides
ont la conscience des demi-dieux de l’Egypte; des arlequins taciturnes ont les joues
et les fronts flétris par les sensibilités morbides”23. Avvicinate alle divinità antiche,
le maschere carnascialesche sono trasformate e rimodellate, sino ad assumere forme
imprevedibili.
Le origini di Pulcinella possono farsi risalire a due caratteri presenti nelle
Atellane romane, Macco e Bucco24. Questi due personaggi, l’uno spiritoso e vivo,
l’altro vile e adulatore, avevano come caratteristica l’uso della voce che riproduceva
il pigolio dei pulcini e, proprio da questo particolare, è dato loro il soprannome di pullus
gallinaceus, da cui deriva Pulcinella. La voce da pulcino, che doveva sentirsi attraverso
il naso adunco era modificata con una pivetta, strumento di latta, di legno o di osso
forato, simile ai fischi dei cacciatori, che la trasformava in maniera acuta e stridula.
Un’altra tradizione rimanda, invece, all’aspetto fisico di Pulcinella e narra che anche il
mimus albus del teatro romano incarnasse il tipo fisso della maschera napoletana, con
il costume bianco e la maschera nera. Leggende più moderne narrano che Pulcinella sia
nato da una friggitrice di pesce ad Acerra: incinta e assetata, la donna si era toccata la
fronte mettendo al mondo un bimbo mostruoso con una grande voglia di vino sul viso.
C’è chi sostiene invece che si tratti di un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello,
che nei primi decenni del Seicento si unì come buffone a una compagnia di girovaghi.
Altri autori attribuiscono l’origine del nome all’ermafroditismo intrinseco del
personaggio, un diminutivo femminilizzato di pulcino, animale non riproduttivo, del
quale imita la nascita da un uovo. Pulcinella è una figura di tramite uomo-donna,
stupido-furbo, demone-santo, un dualismo che sotto molti aspetti configura la
definizione pagano-cristiana della cultura popolare napoletana. Affascinato da questa
figura polimorfa, Picasso acquista a Napoli due maschere in cuoio dipinto, simili
a quelle appartenute a Vincenzo Cammarano, Antonio Petito e Giuseppe de Martino,
oggi conservate al Museo di San Martino. Va sottolineato in questo contesto, come
la maschera che l’artista realizza per il balletto (fig. 5) accentui il carattere ambiguo
del personaggio con il disegno di un ghigno inquietante25.
I tratti salienti del personaggio sono stati tracciati alla fine del XVIII secolo
da GiandomenicoTiepolo nei cento quattro disegni che compongono l’album
Divertimento per li ragazzi, dove l’artista veneziano racconta la storia della maschera,
dalla nascita da un uovo di tacchino assistita da vari pulcinelli di età e sesso diversi,
sino alla morte. Le tavole illustrano con tono ironico le vicende di un mondo parallelo,
con feste, giochi e varie attività, ma anche battaglie, esecuzioni e cruente impiccagioni
che ricordano la storia contemporanea delle guerre napoleoniche con la fine della
Serenissima Repubblica di Venezia. In questo universo onirico abitato da pulcinelli,
la maschera si riproduce per partenogenesi, assistendo contemporaneamente al suo
inizio e alla sua fine; unica costante è la sua fame, la sua voglia insaziabile di pasta
e di vino, la gestualità concupiscente e triviale, non controllata dalle buone maniere,
che ne contraddistingue l’origine misera.
23 G. Apollinaire, (Méditations Esthétiques) Les Peintre Cubistes, Paris 1913, p. 84.
24 Sulle origini di Pulcinella si rimanda a: F. C. Greco, Pulcinella maschera del mondo. Pulcinella e le arti dal
Cinquecento al Novecento, Napoli 1990; A. Chiancone, Pulcinella, Napoli 1991; H. Paerl, Pulcinella: la misteriosa
maschera della cultura europea, Roma 2002.
25 Parigi, Musée Picasso, MP 1790.
Se pur con alcune varianti regionali, la maschera vitale e inquietante riprodotta
da Jacques Callot nei primi ani del 1600 e Pier Leone Ghezzi nel secolo successivo,
diviene il simbolo del popolo napoletano. In un dipinto anonimo degli anni 1830
(fig. 6), Pulcinella è raffigurato insieme ai Borbone di Napoli, mentre con un gesto
apotropaico, che ricorda un omaggio a Priapo, cerca di carezzare il grosso naso
gibboso di Ferdinando I; al centro la regina Maria Carolina, a destra Carlo III, mentre
in secondo piano si trovano Francesco I e Ferdinando II. Nel dipinto, conservato
in una collezione privata napoletana, si saldano i rapporti di reciproco affetto
fra i sovrani e il popolo, rappresentato dalla sua maschera più celebre.
Nel 1899, in una temperie politica e culturale radicalmente cambiata, Benedetto
Croce, approfondisce l’identificazione della popolazione con la sua maschera nel
saggio Pulcinella e Il personaggio del napoletano in commedia in cui, tuttavia, esorta
il lettore a non cercare di dare una definizione univoca al personaggio, semplificando
le sue diverse espressioni, per non correre il rischio “che non gli resti in mano altro
che un nome e un vestito”.
Con sublime ispirazione, Picasso carpisce il segreto di Pulcinella, simbolo
partenopeo dal carattere venato di malinconia. L’artista sembra quasi assumerne
i comportamenti scanzonati, descritti nelle memorie di Stravinskij: “Pulcinella era
uno zotico ubriacone i cui gesti, e probabilmente anche ogni sua parola se mi fosse
riuscito di capirla, erano osceni”. Lo testimonia l’arresto, raccontato dal compositore
con cui il pittore viene sorpreso da alcuni vigili mentre urinavano in strada, vicino
alla Galleria Umberto e cercarono di giustificarsi con i gendarmi spiegando che
stavano lavorando per il Teatro San Carlo. I vigili li accompagnarono al Teatro per
verificare la loro identità, e solo dopo che li ebbero riconosciuti, i due artisti poterono
riguadagnare la libertà.
Vera fonte d’ispirazione, Napoli, “ce Montmartre arabe” scrive Cocteau, fu per
Picasso una rivelazione: la scoperta di una città dove il presente ha il sapore del mito.
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PABLO PICASSO
Luigi Gallo
“Ci si mette molto tempo a diventare giovani”
Pablo Picasso
Nell’ultima dichiarazione che ci rimane di Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre
1881 - Mougins, 8 aprile 1973), l’artista più iconico del Novecento lascia una chiave
di lettura della sua immensa produzione: “Tutto ciò che ho fatto è solo il primo
passo di un lungo cammino. Si tratta unicamente di un processo preliminare
che dovrà svilupparsi molto più tardi. Le mie opere devono essere viste in relazione
tra loro, tenendo sempre conto di ciò che ho fatto e di ciò che sto per fare”.
Figlio di un pittore, insegnante nelle Accademie di Belle Arti di
La Coruña e Barcellona, Picasso esplora sin da bimbo, con inusitata facilità
ogni mezzo per esprimere un estro creativo senza pari. Di volta in volta pittore,
disegnatore, incisore, scultore, ceramista, poeta, modello di grandi fotografi
e registi cinematografici, Picasso ha impresso un segno indelebile nell’arte,
condizionandone lo sviluppo. Inquieto, affamato di vita, sempre a metà strada
fra creazione e distruzione, amante appassionato e incallito traditore per
cui “L’amore è il più grande ristoro della vita”, lo spagnolo ha espresso con
immediatezza i sentimenti più contrastanti: la paura, il terrore, la disperazione,
l’ilarità, la gioia, la franca carnalità. “Mi ci vollero 4 anni per dipingere come
Raffaello, mi ci volle una vita per dipingere come un bambino”, amava dire con
sfacciata coscienza di sé, senza mai rinnegare il potere rivoluzionario della sua
creatività: “L’arte non è mai casta, si dovrebbe tenerla lontana da tutti i candidi
ignoranti. Non dovrebbero mai lasciare che gente impreparata vi si avvicini.
Sì, l’arte è pericolosa. Se è casta non è arte”.
Davanti a un uomo che ha sapientemente costruito il suo mito, offrendosi
come l’incarnazione stessa dell’artista universale, erede dei grandi maestri
del passato, da lui immensamente ammirati, compagno di viaggio dei suoi
contemporanei, che coprivano le tele al suo passaggio, timorosi della sua notoria
rapacità intellettuale, vate dei più giovani talenti, l’osservatore resta basito da
una simile capacità di reinterpretare il mondo. Un mondo che Picasso, in verità,
conosce poco, per aver viaggiato praticamente solo fra la natia Spagna e la
Francia, fatta eccezione per quel viaggio in Italia nel 1917 di cui quest’anno
si celebra il centenario. Oltre Roma, dove risiede per lavorare con i Ballets Russes
e dove conosce la prima moglie, la ballerina Olga Chochlova, egli visita Napoli
e Pompei che lasciano su di lui un’impressione profonda e duratura. Il binomio
composto dalla città moderna e dall’antica conquista Picasso: l’una per
la vitalità tinta di accenni drammatici, l’altra per un’antichità nella quale la storia
si stempera nel quotidiano. Non sono le magnificenze di Napoli a toccare Picasso,
ma la sua cultura popolare, di cui restituisce la forza vitale nello straordinario
sipario concepito per il balletto Parade. Opera complessa e di capitale importanza
per l’arte del Novecento, il sipario è l’affermazione di una pittura intrisa di
riferimenti alla tradizione, ma radicalmente nuova. Il mondo, senza Napoli
e Pompei, non avrebbe conosciuto la poesia di quella tavola disordinata, dove
l’indolenza del dopo pasto riunisce dei saltimbanchi, ritratti dei suoi compagni
di viaggio, intenti a suonare e cantare, scacciando la malinconia. Sotto la
maschera, Picasso riproduce la disperata ricerca dell’eternità verso la quale si
dirige una bimba alata, tenuta per mano da una scimmia, nella quale si raffigura
il pittore. “Dio in realtà non è che un altro artista. Egli ha inventato la giraffa,
l’elefante e il gatto. Non ha un vero stile: non fa altro che provare cose diverse.
Dio, quell’altro artigiano”.
JEAN COCTEAU
Claude Arnaud
Scrittore, cineasta e disegnatore eccezionale, Cocteau sarà uno dei creatori
più fecondi del XX secolo. Nato nello stesso anno della Torre Eiffel, nel 1889,
è capace di catturare tutte le tendenze della capitale francese, allora al centro
dell’attenzione artistica mondiale: quando Marinetti, Ezra Pound, Majakovskij
o Eisenstein passano da Parigi, è lui che vanno a trovare all’epoca del Gruppo
dei Sei e delle prime jazz-bands. Rilke e Thomas Mann celebrano questo
superdotato dall’immaginazione velocissima, Hemingway lo fa scoprire ai suoi
compatrioti costretti a osservare l’Europa da lontano; da Tokyo all’Avana, Cocteau
è l’incarnazione dell’esultanza inventiva degli anni venti del Novecento. Ancora
oggi i giovani cineasti americani citano Il sangue di un poeta o La Bella e la Bestia
tra le opere che li hanno maggiormente segnati.
Cocteau, vero termometro dell’atmosfera parigina, attraversa per mezzo
secolo tutte le correnti e tutte le arti, tranne l’architettura. Dotato di una
disposizione straordinaria a cambiare stile e forma, a “morire” per resuscitare
in modo diverso, sembra poter fare di sé ciò che vuole: al Cocteau proustiano
del 1910 succede l’avatar avanguardista di Parade, il Cocteau neoclassico degli
anni di Radiguet, il drammaturgo fiabesco degli anni trenta, il cineasta sensibile
ai miti (L’eterno ritorno, La Bella e la Bestia) del decennio successivo. Difficile non
pensare ai due giganti che furono i suoi collaboratori e amici, Picasso e Stravinskij.
Tutti e tre amano così poco ripetersi da correre spesso il rischio di tradirsi.
In Cocteau ci sono tuttavia delle costanti. La fedeltà ai miracoli dell’infanzia
e il gusto per le arti popolari (music-hall, circo). La voglia di trasmettere e di
formare, che fa di lui un prezioso Pigmalione per scrittori come Raymond Radiguet
e Maurice Sachs, per un attore come Jean Marais e per un ladro come Jean Genet,
che Cocteau impone in piena Occupazione tedesca come il genio del tempo.
Il bisogno ardente, talvolta disperato, di dare corpo, attraverso libri e film, al
suo essere indistinto e sofferente, di cambiare tutto il suo sangue in inchiostro.
Cocteau è allo stesso tempo il romanziere folgorante dei Ragazzi terribili
e l’auto-memorialista ispirato della Difficoltà di essere, perché, ben lungi dalla
fama di levità che lo accompagna, lui è la malinconia stessa – “scintillante come
una lacrima”, diceva. Se anche in gioventù si vede come un semidio, prende
presto coscienza dello sforzo terribile richiesto dalla Creazione. Da cui deriva
il disperato bisogno di riconoscimento che traspare in Parade.
Si ritiene che uno scrittore debba accumulare i libri in solitudine
e abbandonarli solo per interessarsi ai grandi problemi del tempo. Cocteau
preferisce invece lavorare con gli altri, suonare la batteria in un bar, ballare un
tango con Nižinskij, salvare dalla droga il pugile nero Panama Al Brown – lui che
non ha mai fatto sport! – per aiutarlo a riacquistare il suo titolo di campione del
mondo. Non stabilisce alcuna gerarchia tra tutte queste forme di attività, che
derivano anche dall’intendere la poesia in senso greco (dal verbo poiein, agire,
creare). È l’incarnazione di quella forma di azione portata alla massima intensità.
Alla sua morte nel 1963 Cocteau resta, con Picasso, uno degli ultimi
superstiti dei sussulti letterari degli anni dieci del Novecento. I due autori
di Parade, abili nel mantenere alta l’attenzione – il primo mostrandosi dappertutto,
il secondo non andando da nessuna parte – continuano a evocare la loro età d’oro,
quando si ritrovavano tra Villefranche-sur-Mer e Cannes, e a divertirsi a imitare
i protagonisti del balletto. Strettamente imparentati con funamboli e acrobati,
ansiosi di non morire.
ERIK SATIE
Claudio Strinati
Satie non si manifestò come genio precoce che arriva subito alla musica
magari dopo una infanzia difficile. Difficile, invero, lo fu ma i primi studi al
Conservatorio di Parigi di questo giovane, di padre normanno e madre scozzese,
nato a Honfleur il 17 maggio 1866, non furono felici, tanto da indurlo ad arruolarsi.
Ma non funzionò nemmeno questo, perché venne riformato e costretto in qualche
modo a intraprendere comunque una attività musicale. Comincia a frequentare
come pianista accompagnatore il mitico cabaret Le Chat Noir a Parigi e nel 1891
diventa secondo pianista a L’Auberge du Clou. In questo periodo entra, non
si sa bene come, nella cerchia dei Rosa-Croce, antica (o presunta tale) setta ai
confini del cristianesimo per la quale assume un ruolo ufficiale come compositore.
Ma anche questa esperienza dura poco e emerge imperiosamente sempre più il
carattere autonomo e orgoglioso dell’uomo. Cominciano, però, la prime importanti
frequentazioni dell’ambiente musicale e nasce l’amicizia con Debussy, che ammira
e teme. Acquista la fama di stravagantissimo nel 1895 quando scrive Vexations,
un brano per pianoforte che anticipa il più crudele e demenziale minimalismo
del Novecento. È un brano di otto battute che si ripetono ossessivamente per
una durata prevista di diciotto ore e riflette bene il suo temperamento bizzarro.
Continuò per parecchio a lavorare nell’ambito dei cabaret non avendo conseguito
alcun incarico ufficiale, anche se tornò a prendere lezioni da due fra i maggiori
compositori francesi del tempo, Vincent d’Indy e Albert Roussel. Puntiglioso,
ossessivo ai limiti del maniacale, ma nel contempo profondamente autoironico,
cominciò finalmente una carriera di compositore per pianoforte che lo portò
a concepire opere anomale, estranee alla normale tradizione francese, disseminate
di titoli strani e stravaganti, di prescrizioni paradossali per gli interpreti, di facezie
di ogni tipo alcune delle quali oggi mal comprensibili. Quando scrive la musica
per Parade nel 1917 Satie ha stretto rapporti molto forti e importanti con i dadaisti.
Conosce Tristan Tzara e Marcel Duchamp con il cui mondo espressivo manifesta
cospicui punti di contatto. Gli aspetti paradossali della sua creatività esplodono
nella produzione degli ultimi cinque anni di vita (muore nel 1925 per cirrosi epatica)
che vedono la nascita del dramma Le piège de Méduse, del balletto Relâche,
delle musiche per il film Entr’acte di René Clair, della sublime Socrates, capolavoro
di equilibrio e armonia rievocante il dramma greco antico, opera che chiude
la parabola di un uomo che avrà influenza profonda sul cosiddetto “gruppo dei sei”,
i rinnovatori della musica francese, annoverante figure come Darius Milhaud
e Francis Poulenc.
SERGEJ DJAGILEV
Jane Pritchard
Djagilev ha cambiato il volto della cultura europea nei primi trent’anni del
Novecento. Quando re Alfonso di Spagna gli chiese cosa facesse, Djagilev rispose:
“Sono come lei, Maestà, non faccio niente ma sono indispensabile”. Interrogato
da altri circa il suo ruolo affermava semplicemente: “Mi occupo delle luci”.
Anche se c’è della verità in tutte e due queste affermazioni, non potrebbero essere
più lontane dalla realtà. In effetti, si occupò dell’illuminazione del palcoscenico
in un periodo in cui il sistema stava diventando più sofisticato, ma supervisionava
anche ogni aspetto delle produzioni in modo che soddisfacessero i suoi standard
decisamente alti. Djagilev era un animatore nel senso più autentico del termine,
un impresario, un direttore artistico creativo e una delle figure più influenti
nel mondo artistico novecentesco. Raccolse fondi per mantenere in vita la sua
compagnia per almeno vent’anni, fece conoscere la danza classica, l’arte e la
musica a un pubblico differente e diede nuova vita al teatrodanza, riportandolo
sotto i riflettori in una dimensione diversa dal semplice intrattenimento popolare.
Incoraggiò gli spettatori a seguire intere serate di danza, diede un ruolo centrale
alle parti maschili e rigenerò le arti, incoraggiando compositori, artisti figurativi,
designer e coreografi a collaborare tra loro, al punto che la sua importanza non
è mai scemata nel corso degli anni.
Sergej (Serge) Djagilev nacque il 31 marzo 1872 vicino a Novgorod, in Russia,
ma, cosa più importante, dall’età di dieci anni, fu allevato a Perm’, ai piedi degli
Urali, al confine tra Europa e Asia. La famiglia possedeva una grande casa in città
e una tenuta di campagna, Bikbarda, a circa 400 chilometri dall’area urbana.
La madre di Serge morì tre mesi dopo la sua nascita, ma il bambino ebbe un
rapporto felice con la matrigna, Elena, che incoraggiò il suo interesse per le arti.
Perm’ aveva un teatro dell’Opera attivo e Elena assunse un insegnante tedesco,
Eduard Dennebaum, per l’educazione di Serge e dei suoi due fratellastri più piccoli
che includeva anche lezioni di piano. Djagilev divenne un abile musicista, cosa che
si rivelò utile per revisionare le musiche che commissionava, anche quelle
di Stravinskij, Debussy e Prokof’ev o quando andava in cerca di spartiti dimenticati
negli archivi italiani.
La fortuna della famiglia Djagilev era basata sul monopolio della vodka nella
regione di Perm’, ma l’ambiente economico di fine Ottocento rendeva difficile
appoggiarsi unicamente alle rendite ereditarie, era necessario produrre ricchezza.
Nel 1890, quando Serge aveva diciotto anni, la famiglia dichiarò bancarotta, la casa
in città, tutto quel che conteneva, la tenuta e le fabbriche di Bikbarda andarono
all’asta per pagare i debiti. Serge si trasferì a San Pietroburgo per studiare legge
all’università. Avendo ereditato direttamente dalla madre naturale, era l’unico
membro della famiglia con disponibilità finanziarie, e si assunse la responsabilità
dei due fratelli.
Benché inizialmente fosse una specie di “cugino di campagna”, Djagilev non
è mai stato il tipo che rimaneva in disparte. Grazie al cugino (e amante per dodici
anni), Dmitry Filosofov, compì dei viaggio in Europa alla ricerca di persone famose.
A San Pietroburgo si unì velocemente a un gruppo di artisti, inizialmente guidati
da Aleksandr Benois, che cercavano di ampliare gli orizzonti artistici. Djagilev
conosceva già bene la musica e i suoi nuovi amici lo avvicinarono alle belle arti,
a quelle applicate e al teatro e ben presto fu lui a prendere le redini nella
promozione di tutte queste discipline. Alla fine del 1898, insieme a Benois, fondò
“Mir iskusstva” (Il mondo dell’arte), il primo periodico ampiamente illustrato
che promuoveva l’arte contemporanea russa e dell’Europa occidentale.
Inoltre il gruppo promosse una serie di esposizioni che culminarono con
la Mostra storico-artistica dei ritratti russi, al Palazzo di Tauride, nel 1905. In
precedenza, nel 1899, Djagilev aveva lavorato per i Teatri imperiali con alcuni
compiti speciali, compresa la redazione dell’annuario. Cercò di cogliere l’occasione
per produrre balletti ideati dal suo amico, ma prima che questi potessero essere
realizzati, venne licenziato.
Djagilev capì che l’impatto della Rivoluzione del 1905 e della guerra russogiapponese, unite alla sua ben nota omosessualità, gli avrebbero impedito
di raggiungere i suoi obiettivi in Russia, quindi spostò la sua attenzione su Parigi
e l’Europa occidentale. La Parigi del 1906 era già affascinata dall’arte russa e
proprio Djagilev promosse mostre, concerti, opere liriche e balletti. Benché amasse
l’opera, si rese conto che la sua organizzazione era costosa e l’opera e la musica
russa stavano già avendo una nuova vita. Così non era per la danza classica,
nonostante i suoi standard fossero più alti in Russia che in qualunque altro paese.
Era questo il settore dove poteva lasciare il segno: la gamma delle sue produzioni
sarebbe stata ampia e imparò a presentare programmi misti, che avrebbero
rassicurato e al tempo stesso sorpreso il pubblico. Non fu mai ostile al dibattito e,
da pubblicista, sapeva come utilizzarlo a proprio vantaggio.
Nel 1911, dopo aver presentato per due anni stagioni di balletto estive, facendo
venire i ballerini da San Pietroburgo, Mosca e Varsavia, fondò la sua compagnia
di ballo itinerante che lavorava tutto l’anno, inizialmente organizzata attorno
al primo ballerino, e suo amante, Vaclav Nižinskij. La sua attività era scandita
in brevi stagioni parigine, durante le quali per lo più i balletti debuttavano; prove
e spettacoli per Natale e Pasqua a Monte Carlo; e lunghe stagioni a Londra, da cui
proveniva la maggior parte dei proventi.
Djagilev aveva il controllo delle produzioni, ma lavorava sempre con un comitato
di consiglieri, un circolo ristretto, la cui composizione cambiava di anno in
anno. Questo comitato informale faceva proposte sui collaboratori e i temi,
supervisionava i costumi (Coco Chanel ne fece parte negli anni venti) e aiutava
con la raccolta fondi, ma erano le decisioni di Serge che prevalevano. Riusciva
a esercitare il suo fascino su artisti riluttanti per convincerli a collaborare, come
Henri Matisse per le scene, poteva scartare spartiti di Prokof’ev o chiedergli
di riscrivere passaggi significativi; non si faceva alcuno scrupolo a suggerire
a Picasso di ripensare i suoi bozzetti. Sapeva cosa funzionava sul palcoscenico
e si aspettava che gli artisti seguissero le sue idee.
Era anche l’uomo delle contraddizioni. Mentre sembrava essere nel profondo
decisamente più conservatore (le sue grandi passioni includevano Puškin, Wagner
e Čajkovskij), la sua determinazione di essere sulla prima linea dell’avanguardia gli
consentì di abbracciare avventure decisamente più progressiste. Era un uomo
che si faceva sempre notare: grande e grosso, dall’aspetto peculiare e con ciuffi
di capelli bianchi. Abbracciò la modernità, ma era anche molto superstizioso.
Una zingara gli disse che sarebbe morto in acqua, rendendo così una
preoccupazione persino attraversare la Manica e un vero incubo solcare
l’Atlantico. Nel 1902, in una lettera alla matrigna, predisse che “sarebbe riuscito
a fare come Wagner, andare a morire a Venezia”. Nell’estate del 1929, malato
a causa del diabete, si trascinò di nuovo nella città che amava, per lui un luogo
di evasione, riposo e rinnovamento, per realizzare il suo ultimo desiderio.
Morì come visse, in un hotel, il 19 agosto 1929. In vent’anni aveva trasformato
le arti e il teatro europei. Davvero, come dichiarò il compositore Sergej Prokof’ev
era “un gigante, senza dubbio l’unico la cui grandezza aumenta con la distanza”.
LÉONIDE MASSINE
Luigi Gallo
“Fluide quanto il pensiero e belle come se fossero fatte per mano delle Grazie”,
scrive Johann Joachim Winckelmann a proposito delle delicate danzatrici scoperte
nel 1748 nella cosiddetta Villa di Cicerone a Stabia. Come descrivere meglio la vita di
Léonide Massine (Leonid Fëdorovič Mjasin), ballerino e coreografo che ha traversato
il Novecento sulle punte, riuscendo nell’intento di unire nelle sue creazioni la musica,
la pittura e la poesia.
Nato a Mosca nel 1895, Massine studia alla Scuola di ballo del Bol’šoj,
diplomandosi nel 1912. L’incontro decisivo con Djagilev muta radicalmente la sua vita
artistica. L’impresario dei Ballets Russes lo nota mentre danza nel Don Chisciotte,
rimanendo incantato dalla sua bellezza. Djagilev, che aveva appena rotto il suo
rapporto con Nižinskij, riconosce immediatamente in Massine chi avrebbe potuto
eclissare la fama del suo ex favorito e lo persuade a unirsi alla compagnia. Dal
1914, Massine diviene l’esponente più importante del balletto modernista, noto per
opere come Les femmes de bonne humeur, Parade, Tricorne, Pulcinella, La boutique
fantasque, Le chant du rossignol, Le Sacre du printemps. Del suo lavoro per Parade,
Apollinaire scrive “Massine ha realizzato questa creazione interamente nuova,
meravigliosamente seducente, di una verità così lirica, così umana, così gioiosa
che sarebbe capace d’illuminare, se ne valesse la pena, lo spaventoso sole nero della
Malinconia di Dürer”.
Durante il viaggio in Italia nel 1917, la sua bellezza conquista Cocteau, che
lo ritrae con i grandi occhi neri sgranati, sognanti, e l’aria imbronciata; lo stesso
Picasso ne eterna il portamento nelle vesti di un malinconico ed elegante Arlecchino,
appoggiato a una balaustra dietro un drappeggio rosso che richiama quello del
sipario di Parade.
In questi anni, sotto il frenetico controllo dell’impresario, il ballerino raccoglie
un’importante collezione, esposta a Roma nel foyer delTeatro Costanzi il 7 aprile
del 1917. Vi figurano, oltre ai russi legati a Massine da amicizia e collaborazione,
Bakst, Larionov e Gončarova, gli italiani Depero, Balla, Carrà, de Chirico e Severini,
poi spagnoli, francesi e messicani, Picasso, Gris, Léger, Braque, Derain, Rivera.
La collezione viene venduta in America negli anni cinquanta.
La rottura della relazione con Djagilev, nel 1920, non interrompe la sua carriera
di ballerino e coreografo; torna a collaborare con i Ballets Russes nel 1925, divenendo
il direttore artistico della compagnia dei Ballets Russes di Monte Carlo nel 1936.
Dal 1928 al 1930, Massine lavora negli Stati Uniti, rimettendo in scena Le Sacre du
printemps, con una giovanissima Martha Graham. Cittadino americano dal 1944,
coreografa la drammatica Leningrad Symphony di Šostakovič, dedicata all’assedio
nazista della città russa, che debutta con successo a New York nel 1945. Interessato
anche al cinema, partecipa a pellicole come Scarpette rosse, premiato con l’Oscar
nel 1948, e Carosello napoletano, del 1954, dove riprende il ruolo di Pulcinella in una
magnifica coreografia in technicolor. Nel 1947 Massine fa ritorno in Europa, ospite
delle più note compagnie e dei più importanti teatri non smettendo mai di creare
nuove coreografie, fino alla morte nel 1979.
L’Italia e la Campania, tuttavia, restano nel suo cuore, come testimonia
l’acquisto nel 1922 del piccolo arcipelago de Li Galli, davanti a Positano, dove si farà
realizzare una magnifica residenza, con la partecipazione di Le Corbusier. Del luogo
scrive nelle sue memorie: “Fui sopraffatto dalla bellezza della vista sul mare, col
Golfo di Salerno che si estendeva in lontananza. Con Paestum a sud e i tre faraglioni
di Capri all’estremità settentrionale del Golfo, essa possedeva tutta la potenza
drammatica di un dipinto di Salvator Rosa. Il silenzio era infranto solo dal mormorio
del mare e da qualche grido di gabbiano. Sapevo che in quel luogo avrei trovato la
solitudine che cercavo, un rifugio dalle pressioni estenuanti della carriera che avevo
intrapreso”. Eternando il mito, Nureyev acquistò l’arcipelago alla morte di Massine.
IGOR STRAVINSKIJ
Claudio Strinati
Pur essendo figlio del primo Basso dell’Opera imperiale di San Pietroburgo,
Igor Stravinskij cominciò tardi la sua formazione di musicista e non fece studi
regolari. Riuscì, però, a diventare allievo privato di Nikolaj Rimskij-Korsakov,
uno dei più grandi didatti del tempo, dal 1903 (quando Igor aveva già ventun’anni)
al 1908 anno della morte del maestro. Era così potuto entrare precocemente
nella cerchia di Djagilev attraverso il quale poté conoscere l’opera dei più noti
compositori francesi, in particolare Dukas, Debussy e Ravel oltre che dei due
rinomatissimi autori tedeschi Richard Strauss e Max Reger. Djagilev lo impiegò
presto come compositore per i suoi balletti e così nel giro di appena tre anni
nacquero Fuochi d’artificio, Petruška, L’Uccello di Fuoco e la Sagra della primavera.
Stravinskij entrò quindi dalla porta principale dentro il mondo degli artisti
e intellettuali parigini che gli tributarono onore, riconoscendone la prodigiosa
genialità. Il sopraggiungere della grande guerra spinse Stravinskij a trasferirsi
in Svizzera dove trovò un nuovo ambiente di estimatori, primo fra tutti il sommo
direttore d’orchestra Ernest Ansermet, che favorirono l’espandersi della sua
attività. Con la rivoluzione del ’17 Stravinskij subì gravi danni perdendo gran parte
dei suoi beni e questo fatto lo indusse a seguire ancor di più Djagilev nei suoi
innumerevoli viaggi, fatto che ampliò a dismisura il suo orizzonte creativo. Ciò
risulta evidente già nel capolavoro dell’Histoire du Soldat del 1918.
All’inizio degli anni venti torna a Parigi dove rimane per un buon ventennio.
Sono gli anni in cui approfondisce ed espande la sua poetica basata in sostanza
sul recupero di quella grande dimensione mitologica, dalla Russia al Mediterraneo,
che negli stessi anni ispira parzialmente anche l’arte figurativa di Picasso.
Un recupero in cui rientra persino una sorta di arcana conversione al cattolicesimo
ortodosso che lo allontana progressivamente dal mondo dei Balletti Russi.
Nel 1927 l’oratorio Oedipus Rex segna il culmine di questa fase “mitologica”
che ha già visto una serie impressionante di capolavori come Les Noces, Mavra,
Le Rossignol, Apollon Musagète, Le Baiser de la fée, Perséphone, Pulcinella, cui
seguirà un intenso periodo di musica soprattutto strumentale fondata su una
nuova e inedita concezione di moderno classicismo che lo porta a un contatto
profondo e coinvolto con il mondo statunitense culminante, dopo una serie di
memorabili composizioni tra cui la potentissima Sinfonia di Salmi, con l’incarico
della cattedra di poetica presso l’Università di Harvard. Alla fine del fatale quinto
decennio compone l’opera lirica La carriera di un libertino che, presentata in prima
esecuzione a Venezia nel 1951, cementerà il rapporto tra il maestro
e la città lagunare, durato fino alla morte nel 1971, giunta dopo un decennio
di lavori sempre più improntati a un progressivo rovello spirituale che lo portò
a elaborare uno stile intimo e dolente connesso persino con le esperienze
dodecafoniche che in giovinezza aveva mostrato di apprezzare ben poco.
Consegnò le sue memorie all’amico Robert Craft, conosciuto nel 1947 e rimastogli
accanto per tutto il resto della vita come assistente, collaboratore, estensore
dei libri di conversazioni e memorie dai quali ricaviamo una infinità di informazioni
e aneddoti sulla vita del grande maestro.
FORTUNATO DEPERO
Alessandro Nigro
Fortunato Depero (1892-1960) attraversa la prima metà del Novecento nel segno
del Futurismo, ritagliandosi sin dall’esordio della sua carriera uno spazio autonomo
e originale. Gli studi di arte applicata a Rovereto sembrano orientarlo verso
suggestioni mitteleuropee, ma un viaggio a Firenze e a Roma nel corso del 1913 gli
schiude nuovi orizzonti, dalla rivista “Lacerba” alla mostra boccioniana presso
la Galleria Sprovieri. I primi contatti con i futuristi si rinsaldano nel 1914, durante
un secondo soggiorno romano in cui partecipa all’Esposizione Libera Futurista
Internazionale. Allo scoppio della guerra, Depero si trasferisce definitivamente
nella capitale dove si fa più stretto il legame con Balla, con cui pubblica nel 1915
il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo: illustrato dalle fotografie di
sei complessi plastici polimaterici e meccanomorfi, lo scritto, in cui si dichiara
l’intenzione di “ricostruire l’universo rallegrandolo”, è la premessa di un’apertura
del futurismo alle arti applicate. Poco dopo la pubblicazione del manifesto, Depero
fa il suo ingresso ufficiale nelle file futuriste.
L’artista, esonerato dal servizio militare, lavora alacremente, tenendo nel 1916
la sua prima importante personale e iniziando poi una collaborazione con Djagilev
per la tournée romana dei Balletti Russi (aprile 1917), che tuttavia non andrà a buon
fine: forse per un ritardo nella consegna delle scenografie e dei costumi, forse per un
ripensamento, l’impresario russo liquida il progetto de Le chant du rossignol e chiede
invece al futurista di realizzare tre costumi per Parade. In tale frangente Depero
fa la conoscenza di Gilbert Clavel, un egittologo e scrittore svizzero che lo ospita
durante l’estate nella sua villa a Capri: Depero riceve la commissione di eseguire
le illustrazioni per una novella dell’amico e inizia ad elaborare le prime idee dello
spettacolo di marionette Balli plastici, che debutterà al Teatro dei Piccoli di Roma
nell’aprile del 1918.
Finita la guerra, Depero ritorna a Rovereto, dove apre una Casa d’Arte Futurista
che produce tarsie in panno, arazzi, cuscini, grafica pubblicitaria, etc. In questi anni
l’artista è attivo anche come architetto di interni, a Roma e in altre città italiane.
Nel 1923 partecipa con successo alla I Esposizione Internazionale delle Arti
Decorative di Monza, due anni dopo all’Esposizione Internazionale delle Arti
Decorative e Industriali Moderne di Parigi, dove sarà pluripremiato, nel 1927
è di nuovo alla Biennale monzese dove presenta il Padiglione Tipografico BestettiTumminelli-Treves, incentrato modularmente sulle lettere che compongono il nome
degli editori. Gli intensi anni venti vedono Depero iniziare anche una collaborazione
con la Campari che durerà fino al 1933: in questo contesto occorre ricordare almeno
il “quadro pubblicitario” Squisito al selz, esposto nel 1926 alla XV Biennale di Venezia.
Nel corso dell’anno successivo l’artista realizza il volume Depero futurista, ovvero
il famoso “libro imbullonato” (per via della rilegatura, ideata da Fedele Azari, che
consisteva in due bulloni): il volume si distingue per il carattere originale e innovativo
della grafica, che rende ogni pagina un unicum.
Dal 1928 al 1930 Depero è a New York: la crisi del 1929 non gli è di aiuto,
ma l’artista riesce a lavorare nel campo dell’editoria (copertine per “Vanity Fair”,
“Vogue” ed altre riviste), del teatro e della pubblicità. Al rientro in Italia riallaccia
i rapporti con la Campari, realizzando in collaborazione con Giovanni Gerbino il
Numero unico futurista Campari (Rovereto 1931), in cui pubblica il contributo teorico
Il futurismo e l’arte pubblicitaria. Ma nel complesso gli anni trenta, pur costellati di
esposizioni e pubbliche commissioni nell’ambito dell’arte applicata, non sono per
Depero altrettanto ricchi di soddisfazioni del decennio precedente.
Dal 1940, con la pubblicazione dell’autobiografia Fortunato Depero nelle opere
e nella vita, l’artista inizia un’opera di ricognizione della sua produzione e di riordino
dei suoi archivi che continuerà durante gli anni di guerra, al termine della quale, nel
1948, ha ancora la forza di progettare un secondo soggiorno americano, finalizzato
tra l’altro a commercializzare il buxus, un materiale di rivestimento autarchico, ma
purtroppo il successo non gli arride. Negli anni cinquanta non mancano all’artista
occasioni di partecipare a mostre personali o collettive nelle grandi vetrine espositive
di Biennale, Triennale e Quadriennale, ma in Italia non è ancora iniziata una rilettura
critica del futurismo in senso moderno e il clima generale nei confronti dei loro
esponenti rimane tiepido. Ciononostante, il Comune di Rovereto sigla un accordo
con l’artista che porta, nel 1959, all’inaugurazione del primo Museo futurista italiano.
Fortunato Depero si spegne l’anno successivo.
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La progettazione degli spazi espositivi è stata concepita in stretta collaborazione
con i curatori e il direttore del Museo di Capodimonte. Con questo allestimento,
ho cercato di mettere in luce il legame esistente tra le rappresentazioni dal vivo
italiane e l’ispirazione del pittore, profondamente influenzato dall’Italia, in base
a un approccio cronologico che ci ha portato a concepire le prime tre sale come
un’introduzione alla quarta. La mostra è quindi strutturata pedagogicamente, in modo
da spiegare al visitatore quanto è necessario sapere per godere appieno del sipario.
La scenografia della prima sala mette in luce il fatto che Picasso fu ispirato
da Napoli. L’idea qui è raccontare la storia del teatro popolare napoletano.
L’inclusione delle due scene locali mi ha permesso di evidenziare il fatto che Napoli
è parte integrante del tema dell’esposizione. Si tratta, in effetti, di scene del teatro
delle marionette che mostrano i diversi aspetti della cultura tradizionale locale.
Ho progettato l’esposizione in modo da istituire un parallelo tra quest’ambiente
italiano e l’ispirazione dell’artista. La seconda sala mostra il legame esistente tra
l’Italia e l’opera del pittore. Qui ho voluto sottolineare il fatto che la principale fonte
d’ispirazione del sipario di Parade va ricercata nelle città italiane e nella loro vita
artistica.
La scelta dei colori rinvia ai toni caldi del paese, soprattutto nel giallo
pompeiano.
La terza sala è stata progettata con pannelli di legno triangolari che ricreano
decor del passato, in modo da contestualizzare gli originali dei bozzetti dei costumi.
Grazie ai primi tre spazi espositivi, i visitatori si troveranno immersi
nell’ambiente napoletano e solo dopo averle attraversate, apprendendo molte cose
sulla storia del sipario e della città, arriveranno alla scoperta del capolavoro, il sipario
di Parade, esposto in una Sala da Ballo spoglia, in modo da catturare l’attenzione
di ciascun osservatore.
Hubert Le Gall
Picasso a Roma cento anni fa – partitura d’arte, danza e genio
Lunedì 10 aprile 2017, alle ore 21
il Teatro dell’Opera ricorda
uno straordinario incontro di artisti
Esattamente cento anni fa Pablo Picasso soggiornò a Roma per otto settimane: in quel periodo la città e il Teatro
Costanzi furono la cornice di una serie di incontri tra i protagonisti dell’avanguardia dell’epoca. L’occasione fu la
tournée romana della compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev, invitati all’Opera (come era già avvenuto
nel 1911) dall’impresaria del teatro, Emma Carelli. Picasso, allora trentaseienne, voleva iniziare a lavorare sul
sipario di Parade, il balletto ideato da Jean Cocteau su musiche di Erik Satie: era stato proprio il geniale Djagilev
a promuovere la collaborazione dei tre artisti su un unico progetto. Giunti a Roma Cocteau e Picasso abitarono
all’Hotel de Russie, mentre la compagnia di Djagilev alloggiava in un albergo al Pantheon. Per una delle ballerine,
Olga Koklova, il pittore ebbe un colpo di fulmine: l’avrebbe sposata pochi mesi dopo.
Il 10 aprile 1917, nel ridotto del Teatro Costanzi, fu allestita una mostra di opere della collezione di Leonid Massine,
ballerino e, da quell’anno, anche coreografo della compagnia. Erano esposte creazioni di autori dell’Avanguardia,
molti dei quali erano presenti nel foyer e nelle sale del Teatro: Bakst, Balla, Depero, Prampolini oltre naturalmente
a Djagilev, Stravinskij, Cocteau, Massine e Picasso, un cui quadro era per la prima volta presentato a Roma. La sera
del giorno precedente i Ballets Russes erano andati in scena con un programma formato da L’uccello di fuoco di
Stravinskij e Feux d’artifice dello stesso autore, che diresse anche la sua partitura con, sullo sfondo, uno “scenario
plastico” di Giacomo Balla.
“Vogliamo ricordare – ha dichiarato il sovrintendente del Teatro dell’Opera, Carlo Fuortes - questo straordinario
momento della cultura europea del Novecento, che vide la città e il nostro teatro al centro della vita artistica
internazionale. Non una celebrazione accademica, né uno spettacolo in chiave nostalgica, piuttosto una serata
in cui far rivivere lo spirito e l’entusiasmo delle Avanguardie con parole, musiche immagini e scene. Un incontro
di artisti leggendari che da quel soggiorno romano avrebbero preso molti spunti per il loro itinerario verso la
modernità.”
Per ricordare quei momenti lunedì 10 aprile 2017, alle ore 21, il Teatro dell’Opera di Roma ospiterà una serata
dal titolo “Picasso a Roma cento anni fa – partitura d’arte, danza e genio”. La narrazione di quei giorni, curata da
Lorenzo Pavolini, sarà interpretata da Maddalena Crippa e Massimo Popolizio. Durante la serata alcune pagine di
Erik Satie e Igor Stravinskij saranno interpretate al pianoforte da Enrica Ruggiero e Antonio Maria Pergolizzi.
I biglietti per la serata sono già in vendita
alla biglietteria e sul sito del Teatro
al prezzo unico di 10 €
Per informazioni:
operaroma.it
TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
Renato Bossa
Ufficio Stampa - Responsabile Opere e Concerti
+ 39 366 6973749
[email protected]
Serata Picasso-Massine
al Grande Teatro degli Scavi di Pompei
con il Balletto dell’Opera di Roma
27, 28 e 29 luglio 2017
Il Teatro dell’Opera di Roma continua a celebrare il centenario
del viaggio di Pablo Picasso in Italia,
con una serata speciale in un luogo straordinario:
Serata Picasso-Massine al Grande Teatro degli Scavi di Pompei
Dal 27 al 29 luglio i Primi Ballerini, i Solisti e il Corpo di Ballo
del Teatro dell’Opera di Roma
faranno rivivere i personaggi e la magia dei balletti
Parade e Pulcinella
Il Balletto Parade nasce a Roma nel 1917 dalla collaborazione - magistralmente orchestrata dall’impresario
dei Balletti Russi, Sergej Djagilev - tra Pablo Picasso, Jean Cocteau, Léonide Massine ed Erik Satie, anche se
rimasto in Francia. Il celebre scrittore Guillaume Apollinaire vede in questa collaborazione un Esprit Nouveau
e nel programma di sala afferma: “Parade sconvolgerà non poco le idee degli spettatori”. Parade è pensato fin
da subito dai suoi creatori come un balletto nuovo e rivoluzionario, dove per la prima volta danzano costumiscultura tridimensionali, su una partitura coreografica innovativa fatta di movimenti asciutti e veloci. Il balletto è
rappresentato in prima assoluta il 18 maggio 1917 al Théâtre du Châtelet di Parigi in piena guerra, dove tutta la sua
modernità non viene colta dal pubblico che grida allo scandalo. Ma Apollinaire non sbaglia, il balletto nel tempo
sarà riconosciuto per il capolavoro di eccellente collaborazione qual è. Parade è una parata di artisti senza trama e
Picasso si entusiasma subito all’idea, recupera il tema del circo a lui caro per il famoso sipario del balletto e realizza
una scenografia e dei costumi non convenzionali. Al Teatro Costanzi è stato danzato per la prima volta nel giugno
del 1964 dalla compagnia ospite Il Balletto del XX secolo di Maurice Béjart e il 6 febbraio 2007 dal Corpo di Ballo
del Teatro dell’Opera.
Pulcinella, balletto in un atto ambientato nella città di Napoli, è andato in scena per la prima volta il 15 maggio
del 1920 al Teatro dell’Opéra di Parigi e la “provocazione visiva” di Picasso ha subito riscosso il consenso dei
presenti. Triplice è la firma: la musica di Igor Stravinskij, la coreografia di Léonide Massine, la scenografia e
i costumi di Pablo Picasso. L’idea nasce dalle suggestioni raccolte da Djagilev, Stravinskij, Massine e Picasso
durante i due viaggi nella città di Napoli e la gita a Pompei, nel marzo e nell’aprile del 1917. Fonte d’ispirazione
per il balletto sono le atmosfere vissute nei vicoli e nei mercati napoletani, il fascino per la città antica di Pompei
e la grande tradizione della Commedia dell’arte italiana. Picasso e Stravinskij, durante il secondo viaggio, restano
affascinati dalla forza espressiva di uno spettacolo teatrale di matrice dialettale, notando come si possano superare
le barriere della lingua trascinando il pubblico con una dinamica vena popolare. A suggerire il soggetto del balletto
è il ritrovamento di un manoscritto nella Biblioteca Nazionale di Napoli, incentrato sulla celeberrima maschera
di Pulcinella. I concepteurs cominciano a lavorare intorno alla figura di Pulcinella dandole una forma del tutto
originale. Stravinskij, nel comporre la musica, intraprende una nuova direzione e realizza la prima composizione
neoclassica, il cui materiale tematico è tratto da Giovanni Battista Pergolesi ma rielaborato in chiave moderna.
Massine per supplire alla mancanza di espressività nel volto di Pulcinella che indossa una maschera, crea una
coreografia non solo ricca di valori pantomimici ma in grado di modellare espressivamente il corpo dei danzatori.
Picasso realizza una scenografia la cui scomposizione in rettangoli, quadrati e trapezi si rifà all’impostazione
geometrica del cubismo e le cui tinte fredde esaltano i colori brillanti dei costumi. Pulcinella viene rappresentato
per la prima volta al Teatro Costanzi dai Balletti Russi il 30 gennaio 1921.
Parade
Musica Erik Satie
Coreografia Léonide Massine
Ripresa da Lorca Massine
Scene Pablo Picasso ricostruite
da Maurizio Varamo
Costumi Pablo Picasso ricostruiti
da Anna Biagiotti
Interpreti
Primi Ballerini, Solisti
e Corpo di Ballo del Teatro
dell’Opera di Roma
Pulcinella
Musica Igor Stravinskij
Coreografia Léonide Massine
Ripresa da Lorca Massine
Scene Pablo Picasso ricostruite
da Maurizio Varamo
Costumi Pablo Picasso ricostruiti
da Anna Biagiotti
Prima rappresentazione
giovedì 27 luglio;
repliche venerdì 28 luglio;
sabato 29 luglio
Teatro Grande degli Scavi
di Pompei
Per informazioni:
operaroma.it
TEATRO DELL’OPERA
DI ROMA
Anna Lea Antolini
Ufficio Stampa
e Relazioni Esterne del Ballo
+ 39 338 9079261
[email protected]
[email protected]
SELEZIONE IMMAGINI PER LA STAMPA
Le immagini possono essere utilizzate solo ed esclusivamente nell’ambito di recensioni o segnalazioni giornalistiche
della mostra Picasso e Napoli: Parade (Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli e Antiquarium, Scavi di Pompei)
8 aprile –10 luglio 2017
Le immagini per la stampa possono essere scaricate al seguente link:
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Password: PICASSOPARADE
NAPOLI, MUSEO DI CAPODIMONTE
01. Pablo Picasso
I due fratelli, 1906
gouache su cartone, cm 80x59
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris
Adrien Didierjean
© Succession Picasso by SIAE 2017
03. Pablo Picasso
Pulcinella e Arlecchino, 1920
gouache bianca, penna e inchiostro nero su carta velina,
cm 27,2×21,3
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Béatrice Hatala
© Succession Picasso by SIAE 2017
02. Pablo Picasso
Arlecchino (ritratto di Léonide Massine), 1917
olio su tela, cm 116×90
Barcellona, Museu Picasso
04. Modello della scenografia di Parade posato
su una credenza, s.d.
stampa su gelatina ai sali d’argento, cm 24×29,9
Parigi, Musée Picasso
Mondadori Portfolio / Bridgeman Images
© Succession Picasso by SIAE 2017
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Droits réservés
© Succession Picasso by SIAE 2017
05. Emilio Musmeci
Cavaliere cristiano: Orlando, 1920 circa
legno, ferro, alpaca, stoffa, h cm 140
Palermo, Museo internazionale delle marionette
Antonio Pasqualino
Emilio Musmeci
Cavaliere saraceno: Argante, 1940 circa
legno, ferro, alpaca, stoffa, h cm 140
Palermo, Museo internazionale delle marionette
Antonio Pasqualino
08. Pablo Picasso
Amo Eva, 1912
olio su tela, cm 35×l27
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris
/ René-Gabriel Ojéda
© Succession Picasso by SIAE 2017
Fondale catanese raffigurante un bosco e teatro catanese,
1910 circa
legno e tela dipinta
Palermo, Museo internazionale delle marionette
Antonio Pasqualino
09. Pablo Picasso
Musicista, 1972
olio su tela, cm 194,5×129,5
Parigi, Musée Picasso
06. Pablo Picasso
Sipario del balletto Parade, 1917
tempera su tela, cm 1050×1640
Parigi, Centre Georges Pompidou
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Jean-Gilles Berizzi
© Succession Picasso by SIAE 2017
Photo © Centre Pompidou, MNAM-CCI, Dist. RMN-Grand Palais
/ Christian Bahier / Philippe Migeat
© Succession Picasso by SIAE 2017
07. Harry Lachman (attr.)
Picasso e i suoi assistenti seduti sul sipario del balletto
Parade in corso di esecuzione, 1917
stampa su gelatina ai sali d’argento, cm 17×22
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Franck Raux
© Succession Picasso by SIAE 2017
10. Pablo Picasso
Studio per il costume femminile dell’acrobata, 1917
acquerello e matita su carta velina fine da disegno,
cm 27,5×20,7
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Béatrice Hatala
© Succession Picasso by SIAE 2017
11. Pablo Picasso
L’acrobata, 1930
olio su tela, cm 162×130
Parigi, Musée Picasso
14. Pablo Picasso
Studio della scenografia del balletto Pulcinella, 1920
gouache e inchiostro di china su carta, cm 10,5×13,5
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / René-Gabriel Ojéda
© Succession Picasso by SIAE 2017
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Michèle Bellot
© Succession Picasso by SIAE 2017
12. Pablo Picasso
Studio per il trucco del prestigiatore cinese, 1917
matita e acquerello su carta velina bianca, cm 28×20,7
Parigi, Musée Picasso
15. Jean Cocteau, Picasso e Léonide Massine davanti
a una fontana pubblica e nel giardino della Casa
di Marco Lucrezio a Pompei
fotografie ai sali d’argento, 1917
Parigi, Musée Picasso
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Béatrice Hatala
© Succession Picasso by SIAE 2017
13. Fortunato Depero
Costruzione sintetica di bambina, 1917
legno dipinto, cm 47×20×18
Mart, Museo di arte moderna e contemporanea diTrento
e Rovereto, Fondo Depero
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / Franck Raux
© Succession Picasso by SIAE 2017
POMPEI, ANTIQUARIUM
16. Maschera copricapo zoomorfa Kponiugo Senufo,
Costa d’Avorio
legno e caolino, h cm 101
Bergamo, Museo di Scienze naturali
Donazione Aldo Perolari
19. Antefissa a maschera teatrale comica (V 6)
I secolo d.C.
terracotta, cm 15,9×16,2
Soprintendenza Pompei
17. Pablo Picasso
Busto (studio per Les Demoiselles d’Avignon), 1907
olio su tela, cm 60,5×59,2 cm
Parigi, Musée Picasso
20. Antefissa a maschera teatrale tragica dalla bottega
(I 17,3)
Terracotta, h cm 16,5
Soprintendenza Pompei
Photo © RMN-Grand Palais / Musée Picasso de Paris / René-Gabriel Ojéda
© Succession Picasso by SIAE 2017
18. Antefissa a maschera teatrale comica
dalla bottega (I 17,3)
I secolo d.C.
terracotta, cm 15,9×16,2
Soprintendenza Pompei
21. Antefissa a maschera teatrale comica dalla
Casa di Lesbianus (I 13,9)
I secolo d.C.
Terracotta, cm 17×18,2
Soprintendenza Pompei
PARADE 2007
FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, ARCHIVIO STORICO
22. Foto di Scena
25. Gli acrobati
23. Il Manager a cavallo
26. Il Manager di New York
24. Il Manager in frac
27. Il Prestidigitatore cinese
L’Associazione Amici di Capodimonte ONLUS affianca il Museo di Capodimonte attraverso la
realizzazione di numerose iniziative e sostenendo attività di promozione e valorizzazione del museo.
L’esigenza di costituire un’associazione a sostegno del Museo di Capodimonte e degli altri
compresi nell’allora Polo Museale di Napoli (oggi confluiti nel Polo Museale della Campania per effetto
della Riforma del MIBACT del 2014) è nata nel 2005 inizialmente da un gruppo di persone vicine ai
musei, che hanno voluto creare una struttura attraverso la quale “organizzare” la manifestazione di
interesse verso queste istituzioni e contribuire a diffondere una partecipe attenzione per il patrimonio
culturale della città. Le iniziative organizzate dall’Associazione hanno l’obiettivo di coinvolgere in
primis i napoletani alla frequentazione e alla conoscenza dei numerosi tesori sparsi sul territorio, ma
anche gruppi di non napoletani sensibili al tema dell’arte, cercando inoltre di rendere più diffusa la
pratica del mecenatismo privato per il reperimento di fondi destinati a specifici progetti.
Gli Amici di Capodimonte fanno parte della FIDAM (Federazione Italiana degli Amici dei Musei)
e coltivano proficui rapporti con altre associazioni di Amici dei Musei, al fine di condividere idee e
buone pratiche tra realtà affini per statuto e mission.
L’Associazione si compone di circa 200 Soci tra Fondatori e Ordinari e 9 Soci Corporate:
Fondazione Emiddio Mele, Contecucco srl, BPER Banca, Banca Promos, Seda Group, Getra, Scafi
Società di Navigazione e GESAC/Aeroporto Internazionale di Napoli.
A dodici anni dalla sua costituzione l’Associazione affianca il Museo e Real Bosco di
Capodimonte in un numero sempre maggiore di attività, contribuendo con il proprio sostegno a
sopperire alla strutturale carenza di risorse. Grazie alla sua attività sono state promosse e sostenute in
questi anni numerose iniziative: donazioni, acquisizioni, mostre, restauri, pubblicazioni scientifiche,
progetti destinati alle scuole, borse di studio, laboratori di disegno, visite guidate, concerti, giornate di
studio.
Tra le attività più recenti e particolarmente significative, va segnalata la borsa di studio
intitolata ad Augusto de Luzenberger, compianto presidente degli Amici di Capodimonte. La borsa,
istituita nel 2016 in occasione del decennale della nascita dell’Associazione, costituisce una importante
occasione di formazione nonché una risorsa preziosa per l'Associazione stessa e per il Museo di
Capodimonte, in quanto prevede un anno di collaborazione attiva e partecipe alle attività del museo.
Amici di Capodimonte - associazione onlus
Errico di Lorenzo, Presidente
Stefania Albinni, Responsabile attività e coordinamento
c/o Museo di Capodimonte
via Miano 2 | 80131 Napoli
+39 081 7499147 | 334 8353769
[email protected]
www.amicidicapodimonte.org
Facebook: @amicidicapodimonte
COMUNICATO STAMPA
Feudi di San Gregorio. Creare vino è un’arte.
L’arte contemporanea filtra il passato con l’occhio di oggi, proiettandosi nel futuro.
Con la stessa filosofia di produzione Feudi di San Gregorio immagina, coltiva e
crea i suoi vini. L’amore e la passione nella cura delle piante, l’impegno nella
raccolta dell’uva e la pazienza nell’attesa che il vino sia maturo, fanno sì che ogni
bottiglia esprima la sua personalità e diventi unica, come un’opera d’arte.
Allo stesso modo le emozioni indirizzano il percorso creativo di un artista e lo
portano a realizzare una scultura, uno scatto fotografico, un quadro, un’installazione.
È con questo approccio che sono nate e nascono a Feudi di San Gregorio le
collaborazioni con grandi maestri dell’architettura, del design e dell’arte.
Dall’architetto Hiraku Mori che nel 2004 ha progettato la cantina come un’icona
contemporanea del vino, a Massimo Vignelli autore del design totale di Feudi e
delle sue etichette, fino agli artisti che in questi anni hanno contribuito alla
collezione dell’azienda: VedovaMazzei (“Colature”, 2011), Marinella Senatore
(“collezione di acquarelli”, 2011), il fotografo Mimmo Jodice (installazione artistica
permanente, “Immaginazioni”, 2013).
L’obiettivo è sempre alimentare lo scambio continuo di conoscenza e creatività
fra il vino e l’arte. È anche il caso della mostra “Picasso e Napoli: Parade” alla cui
inaugurazione Feudi di San Gregorio ha l’onore di offrire il proprio Metodo Classico
DUBL in abbinamento ai formaggi dell’Azienda Carmasciando.
DUBL è un progetto nato dal desiderio di sperimentare il Metodo Classico sulle uve
della tradizione campana: Greco, Aglianico e Falanghina, che uniscono un carattere
solare e vibrante alla naturale vocazione ad essere spumantizzate.
Oggi DUBL è la sintesi perfetta della tecnica di lavorazione e dell’unicità del
territorio campano e si declina in una gamma di quattro etichette:
DUBL Brut (Falanghina), DUBL Brut Rosato (Aglianico), DUBL+ (Greco) e infine
DUBL ESSE a Dosaggio Zero (Greco). Proprio per vestire questo prezioso millesimato
in edizione limitata Feudi ha chiamato nel 2016 un altro artista, il designer
Fabio Novembre, che ha firmato un oggetto in cui estetica minimalista e poetica
metafisica si incontrano. Il design della bottiglia con le sue tre fasce parallele che
via via si restringono ricordano infatti la tiara del Papa Gregorio Magno,
cui è dedicato il nome dell’azienda.
La storia. Feudi di San Gregorio nasce a metà degli anni ‘80 a Sorbo Serpico in Irpinia,
nell’entroterra campano. Sin da subito è protagonista del rinascimento enologico del
meridione d’Italia scegliendo per i suoi vigneti i vitigni tipici del territorio come
l’Aglianico, il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo e iniziando così a valorizzare una terra
dal patrimonio ambientale unico, rimasto sospesa nel tempo. Oggi Feudi di San Gregorio
conta su oltre 250 ettari di vigneti suddivisi in quasi 800 appezzamenti.
Il Presidente è dal 2009 Antonio Capaldo.
FEUDI DI SAN GREGORIO S.p.A
Località Cerza Grossa
83050 Sorbo Serpico (AV)
Italy
Telefono +39 0825.986683
Fax +39 0825.986230
www.feudi.it – [email protected]
R.E.A 101975
P.IVA 01753470648
NAVETTA DELL’ARTE SHUTTLE CAPODIMONTE
Il servizio “Shuttle Capodimonte” della City Sightseeing Napoli, marchio
internazionale presente in oltre 100 città nel mondo e specializzato nei
percorsi turistici che consente di scoprire i principali luoghi di interesse
storico-artistico e culturale della città, è nato lo scorso aprile con l’intento di
promuovere e valorizzare il Museo di Capodimonte attraverso l’attivazione di
una nuova linea dedicata al collegamento del Museo con il centro storico
cittadino.
La linea è attiva tutti i giorni tranne il mercoledì, giorno di chiusura del
Museo, dalle 9.15 alle 18.15 con partenze ogni ora. Ultima partenza dal
Bosco di Capodimonte ore 19.30 (orario di chiusura del Museo).
Il bus utilizzato come Shuttle è un monopiano coperto di 9metri da 36 posti
euro 4.
Il Capolinea è in Piazza Trieste e Trento e le fermate previste sono: Piazza
Municipio, Museo Archeologico, Catacombe di San Gennaro e Bosco di
Capodimonte. Sono inoltre previste fermate a richiesta lungo il percorso.
Le Tariffe previste dal servizio sono:
 Shuttle a/r + ingresso Museo (SHUTTLE +MUSEO ADULT): 12€
 Bambini fino a 4 anni: gratis (non viene emesso ticket)
 Ragazzi dai 5 ai 25 anni non compiuti (SHUTTLE +MUSEO REDUCED):
6€
 Shuttle andata e ritorno (SHUTTLE A/R ADULT): 8€
 Shuttle solo andata o solo ritorno (SHUTTLE 1 TRIP): 5€
 Tariffe speciali per residenti napoletani: 2 euro singola corsa e 4 euro
andata e ritorno
CITY SIGHTSEEING NAPOLI S.R.L.
Sede legale ed amministrativa: Via Paolo Emilio Imbriani n.33, 80132 NAPOLI –
C.F./ P. IVA 04596551210 capitale sociale: € 589.300,00
TEL 0815517279 FAX 0814202379 e-mail: [email protected]
Società soggetta a direzione e coordinamento da parte di City Sightseeing Campania S.r.l.